Recentemente negli allevamenti di acqua marina sono stati segnalati numerosi casi di oodiniasi. Riteniamo quindi possa essere interessante trattare brevemente una rassegna sulle principali caratteristiche di questa patologia. Oodinium ocellatum, per alcuni autori sinonimo di Amyloodium ocellatum, è l’agente eziologico che causa gravi perdite nei pesci di mare, mentre le specie O. pilluraris e O. limneticum sono stati riconosciuti esclusivamente nei pesci di acqua dolce. In bibliografia l’oodiniasi sembra tipica soprattutto nei pesci d’acquario o in pesci mantenuti in vasche con limitata circolazione di acqua ma nel nostro Paese le specie allevate più suscettibili al parassita sono il branzino e l’orata. Oltre che nelle nostre regioni l’oodiniasi è stata individuata anche in Israele, Iugoslavia, Francia e sembra colpire i pesci già ammalati o sottoposti a stress in sistemi chiusi, specialmente se gli animali sono ammassati. La temperatura sembra essere un fattore determinante l’evoluzione di questa infestione, in modo particolare gli sbalzi termici. Inizialmente conosciuta come una malattia dei pesci acquario, l’oodiniasi sta diventando una patologia emergente nella moderna maricoltura. Alcuni ricercatori considerano l’Oodinium come uno degli agenti patogeni più gravi per i possibili danni economici che si determinano negli allevamenti di tipo intensivo. La fase infestante del parassita, che in questo stadio è denominata trofozoita (vedi Fig. 1), ad un esame microscopico evidenzia una struttura morfologica circolare/ovoidale caratterizzata all’estremità da numerose proiezioni filiformi (rizoidi) che garantiscono l’adesione all’ospite. All’interno del trofozoita si possono evidenziare dei granuli, alcuni dei quali contenenti clorofilla, che determinano una colorazione marrone/giallastra, ampi vacuoli digestivi con materiale particolato e un nucleo. All’estremità del corpo è presente uno stigma rosso, caratteristica peculiare di questo parassita. Dopo aver completato l’accrescimento il trofozoita si stacca dall’ospite, cade sul fondo e inizia la fase di incistamento con la formazione di una robusta parete cellulare. Subisce quindi una serie di divisioni attraverso le quali vengono prodotte spore flagellate (dinospore Fig. 2). Dopo 1 o 3 giorni, a seconda della temperatura e di altri fattori (affollamento, pulizia, circolazione dell’acqua, ecc) le dinospore infestano altri pesci. Accanto alla diagnosi microscopica alcuni studiosi hanno anche messo a punto un test immunoenzimatico, cioè un sistema di identificazione e riconoscimento di alcune proteine del parassita. I sintomi di infestione più significativi, che possono variare da specie a specie, includono un aumento irregolare della frequenza respiratoria (con caratteristica cavità buccale aperta) e anoressia. Si osservano inoltre anomalie nel comportamento rappresentate da alterazioni del movimento natatorio, tendenza a raggrupparsi alla superficie dell’acqua o sul fondo, movimenti spastici o rallentati (letargici), scarso senso dell’orientamento. La superficie corporea è spesso caratterizzata da petecchie grigiastre localizzate in prevalenza sul dorso e sulle branchie. Inoltre i pesci ammalati possono evidenziare emorragie branchiali e alterazione della frequenza respiratoria. Infatti anche se il parassita vive e si alimenta nella cute presenta uno spiccato tropismo, cioè una tendenza a localizzarsi, verso le branchie. Una nota curiosa è rappresentata dalla colorazione grigiastra che i pesci affetti da oodiniasi vengono ad assumere, e che ha fatto nominare volgarmente questa parassitosi anche “malattia della ruggine” o “del velluto”. Inoltre si è osservato che nel punto in cui il parassita si impianta il tessuto epiteliale gradualmente prolifera, accompagnato da infiammazione e da emorragia che può comportare necrosi e collassamento dell’area interessata. In particolare il tessuto molle dell’epitelio branchiale facilmente viene distrutto dall’azione del parassita e rimangono soltanto le cartilagini della lamella primaria, quadro che fa prevedere una prognosi infausta. Il trattamento dell’oodiniasi è molto difficoltoso. In passato venivano impiegati disinfettanti come formalina (25 ppm in bagno permanente, 150 ppm per 30 minuti a T> di 15°C) e solfato di rame (0,75 ppm in bagno continuo per 12 - 14 giorni), che al momento non sono autorizzate dalla legislazione vigente. D’altra parte opportuni mezzi di disinfezione delle avannotterie supportati da un’accurata analisi della situazione contingente (ad esempio: età e stato di salute del pesce, temperatura, qualità dell’acqua e tipologia della struttura impiantistica) forniscono sufficienti risultati. Sembra che il pesce una volta superata l’infestione diventi immune a successivi contatti con l’agente patogeno. Va comunque ricordato che questa patologia risulta difficile da eradicare nell’ambito dello stesso ciclo produttivo una volta introdotta in avannotteria. Un sistema per ridurre il rischio di introduzione del patogeno in un allevamento è rappresentato anche dal pre-trattamento dell’acqua mediante ozono o raggi ultravioletti. La luce UV (ultravioletta) infatti può distruggere le spore di Oodinium in brevi tempi di esposizione. In conclusione, come per qualsiasi patologia è necessario ponderare il tipo di approccio terapeutico più idoneo con il quale intervenire, anche attraverso una corretta collaborazione tra la figura del tecnico e quella del produttore. Dott. Massimo Sarti Dott.ssa Antonella Magni Dott.ssa Sandra Zanchetta