Valutazione post-traumatica della limitazione funzionale

Valutazione post-traumatica
della limitazione funzionale
Dopo un trauma muscolare non esistono test o prove funzionali che siano in grado di
fornirci i dati della limitazione funzionale derminata dal trauma.
Un insieme di prove funzionali, saranno in grado di fornire informazioni utili . Disporre di un
maggior numero di informazioni significa avere un quadro sempre più chiaro e delineato
della situazione funzionale nella quale versa il paziente che permetterà di conseguenza una
maggiore e più efficace possibilltà d'intervento.
Test isocinetico
Il test principale è sempre stato ed è tuttora il test isocinetico.
Ma I'isocinetica non è una metodica valutativa veramente affidabile e non può fornire le
informazioni necessarie per il tipo di movimento che l'atleta stesso si troverà ad affrontare
sul campo. Infatti I'isocinetica ha indubbiamente consentito un significativo progresso.
Limiti dei test isocinetici
Per comprendere a fondo i limiti del test isocinetico è necessario capire la differenza che
esiste tra la contrazione isocinetica e quella naturale.
Nella contrazione isocinetica il muscolo si contrae a velocità costante, in quella naturale,
abbiamo una fase di accellerazione. Inoltre nella contrazione naturale abbiamo una fase di
contrazione eccentrica, poiuna fase di stabilizzazione e quindi una fase di contrazione
concentrica.
Questo particolare tipo di attivazione è comunemente definito come ciclo stiramento
accorciamento (SSC). A una fase di prestiramento, immediatamente seguita da una
contrazione concentrica, consegue un accumulo d'energia elastica potenziale a carico del
complesso muscolo-tendineo che è restituita, sotto forma di lavoro meccanico, durante la
fase concentrica del movimento.
Nel corso di un esercizio o di un test isocinetico, l'accumulo d'energia elastica durante la
fase eccentrica del movimento è, di fatto, impedito dalla resistenza dell’apparecchiatura,
che è proporzionale alla forza espressa dal soggetto. Questo fa sì che non sia necessario
esercitare alcuna forza eccentrica per frenare il carico, che di per sé non tende a ritornare
alla posizione di partenza per effetto della forza di gravità.
A tutto ciò si uniscono anche le marcate differenze nel tracciato elettromiografico registrato
durante una contrazione isocinetica e una di tipo eterotonico (ossia naturale), che
sottolineano ulteriormente le diversità tra i pattern di attivazione dei due tipi di movimento.
Vi sono, però, anche altri punti che meritano di essere sottolineati e che rinforzano I'idea
dell'inadeguatezza della valutazione isocinetica soprattutto in ambito sportivo.
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Velocità costante
La condizione isocinetica, ossia il rispetto della velocità costante, non è sempre osservata
durante un movimento definito come tale. Infatti, durante la fase iniziale (fase oscillatoria),
I'apparecchiafura isocinetica richiede un certo intervallo di tempo per regolare la velocità
impostata e, durante questo intervallo di tempo, il movimento non avviene a velocità
costante . Durante la fase oscillatoria, inoltre, quanto maggiore risulta essere la velocità
impostata, tanto maggiore e il tempo necessario al controllo dl quest’ ultima da parte
dell'apparecchiatura. Ne consegue che, se la velocità impostata e relativamente elevata, la
velocità effettivamente raggiunta durante la prima fase del movimento può, in effetti, essere
maggiore anche del 50% rispetto a quella effettivamente programmata.
La condizione isocinetica non viene rispettata nemmeno nella fase finale del movimento
(fase decelerativa). Ci si trova perciò di fronte a un movimento che avviene in forma ibrida e
non ben definibile e che costituisce un melange tra movimento a isovelocità e movimento a
velocità variabile.
Produzione di potenza
La produzione di potenza durante un test isocinetico viene sistematicamente sottostimata.
Dal momento che, nei migliori dinamometri isocinetici, le massime velocità angolari
ottenibili sono dell'ordine di circa 400-450° s-1, a fronte di velocità massimali che sono ben
oltre i 1000° s-1, come nel caso dell'articolazione della spalla, è facilmente comprensibile
come, durante una valutazione isocinetica, la massima potenza del gruppo muscolare
testato sia sistematicamente sottostimata.
Picco di forza
Il momento nel quale si registra il picco di forza in un movimento isocinetico differisce
totalmente dal momento in cui si verifica la massima espressione di forza nel corso di un
movimento isotonico. Nell'esercizio isotonico, meglio definibile con i termini di eterotonico o
auxotonico, dal momento che a differenti angoli del movimento corrispondono diversi valori
di forza, il movimento delle leve ossee avviene a velocità variabile e a carico costante: per
tale motivo, un movimento di questo genere può essere anche definito isoinerziale, in
ragione della costanza dell’inerzia gravitazionale del carico durante tutto I'arco del
movimento stesso. In tale movimento, poiché alla variazione della leva articolare
corrisponde una variazione dell'espressione di forza muscolare, il massimo valore di
quest'ultima si registra nel momento più sfavorevole della leva stessa. Nelle
apparecchiature isocinetiche, la forza muscolare viene espressa come momento di forza e
corrisponde quindi al prodotto tra la forza e la distanza tra il punto di applicazione della
forza e il centro di rotazione. Per questo motivo, durante un movimento isocinetico il picco
del momento di forza (eur o peak torque) viene registrato nel punto più favorevole della
leva articolare, al contrario di quanto avviene durante un movimento auxotonico.
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Forza eccentrica
In molti tipi di apparecchiature isocinetiche è possibile effettuare una registrazione dei valori
di forza eccentrica della muscolatura testata. Questo tipo di indagine risulterebbe in effetti
particolarmente interessante soprattutto per quei muscoli, per esempio i muscoli flessori
della coscia, che vengono particolarmente sollecitati in contrazione eccentrica durante i
movimenti naturali.
Tuttavia, come d'altro canto avviene anche durante la modalità concentrica, il valore di
forza eccentrica che viene così registrato si riferisce a un movimento eccentrico effettuato a
velocità costante, modalità di comportamento muscolare che differisce molto da quella
osservabile durante un movimento eccentrico naturale, che si svolge invece a velocità di
allungamento muscolare variabile.
Queste considerazioni devono quindi indurre a una seria riflessione sull’opportunità
dell'utilizzo dei test isocinetici nell’ambito della riabilitazione funzionale dell'atleta. Resta,
infatti, molto discutibile il fatto di poter trarre indicazioni idonee a un efficace recupero
funzionale da un tipo di valutazione che comporta un pattern di attivazione muscolare molto
diverso rispetto a quello che l’atleta ritrova durante il gesto naturale, quando il pieno
recupero di quest'ultimo è, in definitiva, I'obiettivo del programma di riabilitazione.
Valutazione isoinerziale
Un atleta necessita, ancor più di un sedentario, di una metodica valutativa atta a mettere in
luce gli eventuali deficit funzionali nell’ambito del pattern di attivazione neuromuscolare che
si ritrovano poi nel gesto tecnico specifico.
Per questo motivo, la metodica di tipo isoinerziale costituisce senza dubbio la più affidabile
tecnica valutativa in ambito funzionale.
La valutazione isoinerziale e il “concetto del puzzle" , ossia la costruzione attraverso più
test, ognuno specifico per un determinato tipo di comportamento neuromuscolare,
costituiscono quindi la nuova chiave interpretativa del concetto di diagnosi funzionale dello
sportivo, ovviamente estendibile anche a chi non pratica alcuno sport.
I tasselli dell'ipotetico "puzzle funzionale" messi a punto sinora sono costituiti da otto diversì
test :
work test , quantifica la produzione di forza e di potenza, la velocità di contrazione e
la capacità di lavoro dell'arto leso e confronta i suddetti parametri con gli equivalenti
dell'arto controlaterale sano;
bí-test, abbina l'elettromiografia di superficie alla dinamometria isometrica e
permette, in tal modo, di indagare il pattern di attivazione neuromuscolare dei due
arti;
test FVR (force velocity relationship), prova funzionale che permette di costruire Ia
relazione forza/velocità dell'arto leso e di confrontarla con quella dell'arto contro
laterale sano;
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test- elasticity , da cui si ricavano i valori percentuali di restituzione di energia
elastica nelle sue diverse componenti (aumento delI'impulso di forza, di velocita di
contrazione e di produzione di potenza media) ;
fatigue test ,indica il possibile cambiamento relativo alla tipologia delle fibre
muscolari dell'arto traumatizzalo in seguito al periodo di lmmobllizzazione e di
riabilitazione successivo al trauma;
power test, attraverso il quale è possibile costruire le relazioni forza/potenza e
velocltà/potenza sia per l'arto leso sia per l'arto controlaterale sano;
stiffness test, permette di calcolare la rigidità del complesso muscolo-tendineo
(espressa in n . m-1 .kg 1). Si è rivelato particolarmente adatto e innovativo
nell'ambito di alcune patologie specifiche come, per esemplo, le lesioni al tendine di
Achille;
syncro plates, ulllizza una doppia piattaforma di forza sincronizzata e permette,
attraverso una particolare analisi del segnale di forza registrato, di ripercorrere e di
interpretare, in un'ottica riabilitativa, la sequenza dei diversi pattern di attivazione
neuromuscolare che si susseguono durante il più tipico dei movimenti balistici, il
salto.
Visione d'insieme
Cominciando ad assemblare virtualmente il puzzle, al fine di razionalizzare il più possibile la
valutazione funzionale
Work Test
Il primo dei tasselli da utilizzare è costituito dal work test: questo tipo di prova funzionale
permette di quantificare, attraverso un movimento effettuato in catena cinetica sia chiusa
sia aperta, la produzione di forza e di potenza,la velocità di contrazione e la quantità di
lavoro dell'arto lesionato e di confrontarle con quelle relative all'arto contro laterale sano. Si
ottiene così una visione d'insieme delle principali caratteristiche biomeccaniche del
movimento che può orientare il riabilitatore sugli aspetti piu deficitari dal punto di vista
funzionale e che, dunque, meritano un ulteriore approfondimento, effettuabile in un
secondo momento con un tipo di test più specifico che costituirà, quindi, un ulteriore
tassello in grado di rendere ancora più chiara e intelligibile la situazione funzionale da
indagare.
Nell'ambito di un piano riabilitativo ottimale, è di grande importanza poter monitorare, con
un metodo obiettivo e non soggettivo (ossia non legato alla sola manualità del terapista), i
fondamentali parametri biomeccanici dell'azione muscolare. Inoltre, in caso di valutazione
funzionale di un atleta, è particolarmente importante poter eseguire prove funzionali che
utilizzino lo stesso pattern di attivazione che l'atleta ritrova eseguendo il gesto tecnico
specifico, il che giustifica pienamente la preferenza da accordare ai test isoinerziali rispetto
ai test isocinetici.
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Il verificarsi di un evento traumatico a livello artromuscolare comporta, di norma, una
marcata amiotrofia della muscolatura offesa e una perdita di funzionalità sia muscolare sia
articolare. Nel caso, per esempio, di rottura traumatica isolata o associata del legamento
crociato anteriore (LCA), cui consegua una sua ricostruzione chirurgica - normalmente
effettuata in artroscopia utilizzando il tendine rotuleo si verifica una marcata amiotrofia della
muscolatura della coscia . L'ipotonotrofia muscolare coinvolge sia la muscolatura flessoria
sia quella estensoria, anche se la sofferenza a carico dei muscoli estensori sembra
notevolmente maggiore. La lesione associata del menisco interno sembra aggravare il
deficit funzionale dinamico in flessione, mentre le lesioni a carico del menisco esterno
aggraverebbero il quadro funzionale dinamico estensorio. La perdita di tono muscolare,
registrabile soprattutto a carico del muscolo quadricipite femorale, si traduce in una perdita
di capacità contrattile durante la contrazione muscolare effettuata sia con modalità
isocinetica sia con quella isometrica. La perdita di forza a carico dei muscoli estensori, in
pazienti che hanno subìto un intervento di chirurgia ricostruttiva del LCA, appare correlata
alla velocità di contrazione richiesta e diverrebbe particolarmente evidente a basse velocità
di contrazione muscolare. Il quadro di ipofunzionalità che si viene a creare comporta quindi
una perdita di forza, potenza e lavoro (inteso come l'integrale della curva
forza/spostamento) dell'arto leso rispetto all'arto sano. In questo caso il work test, grazie a
una specifica apparecchiatura e a un programma software dedicato, permette di
quantificare in modo agevole e obiettivo l'entità di tale deficit. Il protocollo del test prevede
in primo luogo che il paziente esegua con I'arto leso una serie di ripetizioni a esaurimento
muscolare completo, con un carico determinato dal terapista; successivamente, lo stesso
carico e lo stesso numero di ripetizioni sono riproposte sull'arto sano. In tal modo viene
calcolato il deficit percentuale a carico della forza, della potenza, della velocità e della
capacità di lavoro dell'arto leso rispetto all'arto contro laterale sano. Nel caso di
riabilitazione successiva a ricostruzione artroscopica del LCA l'atleta può ragionevolmente
pensare a una graduale ripresa dell'attività sportiva quando i suddetti parametri (arto
leso,/arto controlaterale sano) non differiscono di una percentuale maggiore del 50%; oltre
tale valore limite, I'arto leso non è ancora da considerarsi pienamente funzionale.
Bi-test
Anche se ll work test è in grado di fornire una visione globale dell’ ipofunzionalità del
paziente, è comunque spesso necessario, soprattutto in presenza di procedure di
riabilitazione particolarmente delicate, come appunto nel caso di un atleta, approfondire
alcuni aspetti essenziali del meccanismo di attivazione neuromuscolare, come per esempio
il diverso grado di attivazione dei gruppi muscolari sinergici, attivi durante il movimento
considerato.
Preoccuparsi solo di quantificare dinamometricamente la produzione di forza nell'arto leso
e nell'arto controlaterale sano, senza indagare i meccanismi neuromuscolari che
sottendono a tale produzione, significa ignorare un aspetto fondamentale della
problematica riabilitativa, esponendo il paziente a notevoli rischi. Il bi-test, mettendo in
relazione il segnale elettromiografico di superficie con il segnale dinamometrico, chiarisce e
quantifica l'intervento dei diversi gruppi muscolari implicati nel movimento e permette,
quindi, di mettere a confronto i pattern di attivazione neuromuscolare dei due arti.
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ELETTROMIOGRAFIA
Il segnale elettromiografico ricavabile attraverso la tecnica dell'elettromiografia di superficie
dipende , a ogni istante, dal numero di unità motorie (UM) attive, dalla loro frequenza di
scarica, dal loro grado di sincronizzazione e dalla forma del loro potenziale di azione.
L'insulto traumatico subito a livello muscolare può essere la causa di un'alterazione del
segnale EMG, in particolare della ratio F/EMG Forza/EMG), a carico dell'arto leso nei
confronti di quello registrabile nell'arto contro laterale sano. Questa alterazione del segnale
EMG può essere causata essenzialmente da due tipi di meccanismi:
il primo è legato alla sensazione dolorosa percepita durante la contrazione stessa.
La risposta nocicettiva può essere, infatti, responsabile di un'alterazione della
risposta di un numero più o meno importante di pool motoneuronici, la cui
attivazione sarebbe condizionata sia dal sito anatomico della lesione muscolare
subita, sia dall’intensità della sensazione dolorosa percepita.
il secondo non è necessariamente legato alla percezione dolorosa da parte del
paziente. Effettivamente in alcuni casi, la severità della lesione e la conseguente
limitazione funzionale a essa correlate non sono accompagnate da una sensazione
dolorosa di pari gravità.
Nell’ambito di questo particolare quadro clinico, l’alterazione della ratio F/EMG a carico
dell’arto leso rispetto I'arto controlaterale sano può essere imputabile a un aumento del
numero di motoneuroni reclutati al fine di compensare il deficit di forza del gruppo
muscolare leso. Questo particolare tipo di meccanismo compensativo può interessare
alcune UM appartenenti a un'area dello stesso gruppo muscolare non direttamente toccata
dall'insulto traumatico, oppure coinvolgere un certo numero di UM appartenenti ad altri
gruppi muscolari sinergici, che siano in grado di svolgere lo stesso tipo di azione
biomeccanica.
Per ritornare all'esempio di ricostruzione del LCA, già utilizzato nel caso del work test,
l'ipotonotrofia e la conseguente perdita di forza colpirebbero soprattutto il muscolo vasto
mediale oblique, fatto che potrebbe comportare un’alterazione della ratio EMG/vasto
mediale obliquo/vasto laterale compromettendo in tal modo il pattern di attivazione
neuromuscolare statico e dimamico.
In effetti una delle principali cause di instabilità del ginocchio in seguito a intervento
ricostruttivo dopo una sua rottura, isolate o associate, è costituita proprio dall’ipotonia e
dall’ipotrofia del muscolo quadricipite femorale.
Diviene sopratutto interessante, ai fini diagnostici e preventivi, poter mettere a confronto la
ratio VMO/VL dell'arto sano con quella dell'arto controlaterale leso. Un'alterazione di
quest'ultima comporta, infatti, una contemporanea alterazione dei pattern di attivazione
neuromuscolare che potrebbe, in ultima analisi, esporre l'arto leso al rischio di una recidiva
traumatica, soprattutto nella fase in cui, alla fine del periodo di riabilitazione, il paziente si
appresta a riprendere l'attività sportiva. Infatti, la semplice riacquisizione di forza dell'arto
leso nei confronti dell’arto controlaterale sano, rilevabile attraverso modalità isometriche,
isotoniche o isocinetiche, non garantisce un parallelo ripristino dei pattern di attivazione
neuromuscolare, che potrebbero essere comunque sostanzialmente diversi, anche in
presenza di un'eguale espressione di forza, grazie all'esistenza di meccanismi muscolari di
compenso. Una contemporanea valutazione dinamometrica ed elettromiografica, effettuata
grazie al bi-test, permette invece di disporre di un quadro valutativo della situazione
artromuscolare sicuramente più completo, attendibile e scevro da possibili rischi.
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Duplice aspetto
Alla luce di quanto esposto, l'esempio del puzzle forse ora non appare più così banale
come poteva sembrare a prima vista. Esso, se non altro, è servito a chiarire come nella
valutazione funzionale non esista un test esaustivo, che possa rendere completamente
edotti sulla situazione fisiologica indagata; occorre al contrario, con molta più pazienza,
mettere insieme numerosi tasselli che permettano una visione d'insieme flnale chiara e
coerente. La logica di utllizzo, e conseguentemente di lettura funzionale, dei due primi
tasselli del puzzle - work-test e bitest - è quella secondo cui I'equilibrio artromuscolare di un
arto deve essere necessariamente inteso sia sotto l'aspetto delle capacità contrattili sia
considerando il pattern di attivazione neuromuscolare attraverso il quale si esprime la
contrattilità muscolare.
Solo se si considera il problema sotto questo duplice aspetto, l'approccio riabilitativo puo
considerarsi veramente completo.
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