Campi in movimento - "Ferraris"

Francesco Fontana1
Campi in movimento
Ancora campi. Che si muovono. Mi appassiona la fisica inglese dell’Ottocento quando impara a considerare “materiali” i campi, tradendo il vuoto che ha reso sommo il suo Maestro. Perché il moto di un campo non ha affatto, ancor
oggi, la stessa intuitività del moto delle sue sorgenti. E la sua inerzia rimane per me qualcosa di straordinario. Avvincente come possa spiegare in maniera semplice l’irraggiamento di una carica accelerata, fenomeno che ha decretato
la morte dell’atomo di Rutherford – pur così comprensibile e familiare – nel momento stesso della sua postulazione.
Ma anche fenomeni come quell’interazione delle particelle cariche con la materia che prende il nome tedesco di
Bremsstrahlung e che spiega come produciamo i raggi X. E quella diffusione della luce per effetto Rayleigh che colora
il cielo, il Sole e la Luna nelle diverse ore del giorno, dipingendo di rosso le albe e i tramonti.
Ovviamente non invento nulla. Secondo la lettura di D.V. Schroeder, seguo una traccia solida, il classico di elettromagnetismo di Edward M. Purcell2, un capolavoro della didattica3.
Com’è noto, la fisica di Isaac Newton (1642-1727) si afferma4 in un’Europa settecentesca sedotta dal meccanicismo di René Descartes (1596-1650). Se questi aveva contribuito ad
edificare un quadro filosofico (ed epistemologico) per la comprensione della res extensa, al
principio del XVIII secolo due fatti si rivelano molto più fecondi nello studio della “filosofia
naturale”. Si tratta, da una parte, della prosecuzione di quel processo di “svuotamento” dello
spazio, iniziato dalla scuola italiana di Galileo e portato a compimento nella postulazione
dell’azione a distanza, e, dall'altra, della sostituzione – come qualità prima dei corpi – della
estensione con la massa che consente di trattare in modo più disinvolto e fecondo la meccanica del punto materiale.
Con l’invenzione delle azioni a distanza la nuova fisica inglese si disinteressa dello spazio vuoto e conquista le leggi del mondo celeste facendo pieno uso proprio dell’inerzia cartesiana e senza ricorrere a postulazioni ad hoc di moderne eteree “quintessenze”. Da
quell’inerzia scaturisce il nuovo ruolo delle forze centrifughe.
Paradossalmente sarà di nuovo un uomo d’Oltremanica, Michael Faraday (1791-1867)5, a
rivoluzionare, 150 anni dopo, la teoria dell’azione a distanza6 – applicata al caso elettrico –
pensando come “reali” le linee di forza e ricorrendo all’etere per la propagazione di queste
1
Docente di matematica e fisica al liceo scientifico Ferraris.
Purcell, cap. 5, vol. 2, parte I, pp. 172-211.
3
A confronto col testo italiano che 37 anni fa mi addestrava alla fisica matematica dell'elettromagnetismo.
4
Un curioso sguardo su alcuni caratteri di questa affermazione in un articolo di un vecchio annuario del liceo (cfr.
Fontana [1]).
5
Faraday chiese di non essere sepolto a Westminster Abbey dove riposavano le spoglie del suo grande predecessore.
Lì, vicino alla tomba di Newton, si trova oggi solo una placca in sua memoria.
6
La teoria dei campi dell’Ottocento, edificata sui successi raggiunti dal calcolo infinitesimale.
2
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nuove entità fisiche. Le linee di forza riempiranno lo spazio vuoto dell’azione a distanza
newtoniana con un nuovo traliccio capace di trasmettere “azioni per contatto” e che si rivelerà presto estremamente fecondo.
Ma questi nuovi oggetti elettrici nello spazio si rivelano incompatibili con la relatività
galileiana. La storia è nota e qui mi defilerò rapidamente: con Einstein nel 1905 si sceglierà
infatti che tutte le leggi della fisica, non solo quelle della meccanica, valgano per tutti gli osservatori inerziali.
Il prezzo da pagare sarà quello di correggere l’insieme degli invarianti per questa classe
di osservatori. In particolare, l’energia e la massa non saranno invarianti7 mentre lo sarà, insieme alla velocità della luce e al nuovo “intervallo” spaziotemporale, la carica elettrica.
Cariche in movimento
L’invarianza della carica per ogni osservatore inerziale non è un postulato relativistico:
discende dall’osservazione sperimentale della validità della legge di Gauss anche per cariche
in movimento.
La legge di Gauss è infatti una proprietà “profonda” dei campi elettrico, magnetico e gravitazionale ed è strettamente legata alla definizione stessa di sorgente. Così, ad esempio,
dopo avere introdotto carica e campo elettrico in una situazione statica, si potrebbe definire
la carica totale Q, costituita da cariche in movimento e contenuta in una superficie chiusa S
(ferma rispetto all’osservatore O), come l’integrale di superficie8 della legge di Gauss (il
flusso ΦS(E) del campo) moltiplicato per la costante dimensionale ε:
⃗ =ε Φ S ( ⃗
Q :=ε∫S ⃗
E⋅dS
E)
La superficie S è ferma rispetto all’osservatore O e il vettore E si intende misurato sui
punti di S nello stesso istante di tempo per O.9
Il fatto che il flusso del campo non dipenda dal moto delle cariche contenute in S ha una
evidenza sperimentale molto forte. Esperimenti condotti con idrogeno e con elio, costituiti
dalle stesse particelle cariche, ma dotate di velocità molto diverse10, hanno confermato
l’annullamento della carica totale con una precisione superiore a 10-20.
Se per un osservatore O la carica portata da una massa non dipende dalla velocità, allora
per il principio di relatività speciale tale carica deve essere la stessa per ogni osservatore
inerziale11.
7
L’energia non è un invariante già nella fisica classica: basti pensare all’energia cinetica valutata da osservatori inerziali diversi.
8
Nel linguaggio liceale l'integrale di superficie del flusso è:
⃗ dS
⃗
∫S E⋅
n
=
∑ E⃗ i⋅dS⃗ i
i =1
9
Per la misura di E si può immaginare che l’osservatore inerziale O distribuisca cariche unitarie ferme su tutta la superficie ferma S e che ottenga i valori del campo da quelli della forza in uno stesso istante.
10
I protoni nel nucleo di elio hanno energie cinetiche dell’ordine del MeV, mentre nell’atomo di idrogeno il loro
moto è quello termico, con energie di otto ordini di grandezza inferiori.
11
Si tengano ovviamente distinti il principio di conservazione dall’invarianza relativistica: la carica di un sistema isolato si conserva ed è anche un invariante relativistico; l’energia di un sistema isolato si conserva, pur non essendo un invariante relativistico.
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Ma se la carica è un invariante, che accade al vettore intensità di campo elettrico quando
è misurato da osservatori in moto relativo?
Fig. 1. Un chiaro esempio di invarianza della carica ma non della massa è rappresentato in questa
figura di Purcell (p. 181). Appesa a un dinamometro si trova una scatola contenente due particelle
cariche pesanti poste agli estremi di una sbarretta girevole. Nel caso di destra la sbarretta ruota
intorno a un suo asse trasversale con velocità delle masse di modulo v. La carica totale nelle scatola rimane 2q mentre la scatola di destra pesa di più (si è considerata la sbarretta di rigidità infinita per non avere contributi di energia potenziale elastica).
Cariche elettriche e campi in moto rettilineo uniforme
Per quanto detto sulla validità della legge di Gauss, due diversi osservatori inerziali trovano lo stesso flusso attraverso la medesima (ma anche qualsiasi) superficie chiusa che contenga lo stesso insieme di cariche. Ma non significa che i valori di campo misurati sulla medesima superficie siano gli stessi. Significa solo che:
⃗⋅dS
⃗ = Q = ε∫ E⃗ '⋅dS
⃗'
ε∫S E
S'
dove si richiede che ogni osservatore valuti il campo E nel medesimo istante del suo tempo (diverso da quello dell’altro) e che le rispettive superfici S e S’ semplicemente racchiudano tutti e soli gli stessi portatori di carica.
Quanto vale il campo elettrico misurato da un osservatore in moto a velocità v rispetto a
una carica Q ? E come cambia rispetto a chi lo misura con la carica ferma12?
12
Una deduzione elementare delle trasformazioni di Lorentz complete dei campi elettrico e magnetico si può trovare
anche in un recente annuario del liceo Ferraris (cfr. Fontana [2]).
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Campo elettrico perpendicolare alla direzione del moto della carica
Consideriamo dapprima il caso semplice di un campo uniforme dentro un condensatore
ideale. In figura 2 le distribuzioni di cariche +Q e -Q sono viste (invarianti) da due osservatori: O le vede ferme distribuite uniformemente su due superfici piane parallele di dimensioni lx e ly, a distanza d << min{lx, ly}, mentre O’ le
vede muoversi con velocità v diretta secondo il
suo semiasse negativo delle ascisse.
Secondo O il campo elettrico E nel condensatore è:
E= σ
ε=
Q
εl x l y
Mentre secondo O’ il campo E’ vale:
γQ
σ'
Q
E'= ε =
=
=γ E
εl ' x l ' y εlx ly
γ=
√
1
1
v2
c2
Fig. 2. Osservatore in moto in direzione parallela a
una distribuzione piana di carica
a causa dell’invarianza di Q edi ly e della contrazione della dimensione lx osservata da O’.
La relazione E’ = γE, ricavata per il caso semplice considerato, si dimostra valere per la
generica componente di un campo elettrico perpendicolare alla direzione del moto della carica (nel caso considerato Ex = Ey = 0).
Campo elettrico nella direzione del
moto della carica
Consideriamo poi lo stesso condensatore fermo rispetto a O e disposto come
nella figura 3. In questo caso l'intensità
del campo (rivolto lungo l’asse x del movimento) per entrambi gli osservatori è:
E= σ
ε=
Q
σ'
= ε =E '
ε l z ly
Fig. 3. Osservatore in moto in direzione perpendicolare
a una distribuzione piana di carica
Fig. 4. Campo di carica puntiforme (coulombiano)
come visto da un osservatore O fermo con la carica
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Fig. 5. Campo di una carica puntiforme Q in
moto uniforme lungo l’asse x rispetto a O'
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Anche questo risultato si estende in generale a ogni componente del campo elettrico lungo la direzione del moto delle cariche.
In definitiva (figg. 4 e 5):
Dato un qualunque sistema rigido di cariche fermo rispetto a O, un osservatore O’ che
veda muoversi O e le cariche con velocità v lungo l’asse x troverà le seguenti relazioni tra
le rispettive componenti ortogonali dei campi elettrici per ogni punto dello spazio:
E ' x =E x
E ' y =γ E y
E ' z=γ E z
Campo elettrico di una carica puntiforme in moto
Consideriamo ora una carica puntiforme +Q ferma nell’origine del sistema O(x,y,z), rispetto al quale l’osservatore O’ si muove a velocità costante -v diretta lungo l’asse x e al
tempo t=t’=0 si trova, insieme a O, in corrispondenza della carica.
Consideriamo inoltre il punto generico P(x,y)≡P(r,θ) nella sezione piana z=0 di O.
Per i campi E(x, y, t=0), misurato da O, e E’(x’, y’, t'=0), misurato da O’ al tempo
t’=t=0, e le loro componenti x e y valgono le seguenti relazioni:
E x=
kQ
cos ϑ
r2
E ' x =E x
Perciò
E y=
kQ
sin ϑ per la legge elettrostatica di Coulomb
r2
E ' y =γ E y
per la teoria della relatività speciale
E'y
=γ , ma per
E'x
la contrazione delle lunghezze
è anche
y'
=γ e dunque
x'
y' E'y
=
: il vettore E’ è alx' E' x
lineato con il raggio r’, cioè
anche O’ vede il campo radiale rispetto alla carica.
Fig. 6. Campi elettrici di una carica ferma rispetto a un osservatore
e di un’altra in moto rettilineo uniforme
Tuttavia il campo E’ non è
isotropo poiché risulta più intenso nelle
direzioni perpendicolari a quella del
moto della carica. In termini di linee di
forza si usa descrivere questo fatto rappresentando una maggiore densità di linee di campo.
È certamente degno di nota che il
campo elettrico visto da O’ non è conservativo. Se seguiamo la circuitazione
lungo la linea ABCD della figura 7, troviamo che il suo valore è minore di
zero:
la circuitazione di E dipende
dalla linea chiusa scelta.
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Fig. 7. Campo elettrico di una carica
in moto a velocità relativistica (Purcell)
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Come fa notare il Purcell13, non esiste alcuna distribuzione statica di cariche che possa
generare questo campo elettrico nello spazio.
Occorrono tuttavia velocità prossime a c affinché γ sia sensibilmente superiore all’unità e
si possano “vedere” gli effetti relativistici. Ad esempio, nelle figure14 8 e 9 si possono osservare le distribuzioni di linee di campo per velocità della carica v=1/3 c (γ=1.06) e v=4/5 c
(γ=1.67). Le distribuzioni, rappresentate in un grafico spaziale, si riferiscono a 3 diversi
istanti temporali.
Fig. 8. Campi elettrici di una carica in moto rettilineo uniforme con v=c/3, in 3 diversi istanti di tempo (Purcell)
In particolare nella figura 9 le linee di forza (e i campi) sono rappresentati nei tre istanti
di tempo: 0, 2·10-10 e 4·10-10 s. Ad esempio, al tempo t=2 (10-10 s) il campo in tutto lo spazio
circostante è quello descritto nella rappresentazione centrale, quando la carica si trova nel
punto A=(4.8 cm; 0) e in questo modo conosciamo il campo nel punto P, che si trova a 7 cm
dall’origine O, in t=2.
Ma come fa il punto P a “sapere” che la carica si trova in A? Riceve forse informazioni sulla posizione A della carica a velocità infinita?
Campi in moto rettilineo uniforme
La teoria della relatività insegna che esiste un limite superiore invalicabile per ogni segnale (c = 3·108 m/s), limite che non può essere superato nemmeno dalla trasmissione del
campo elettrico. Eppure il campo al tempo t=2 ha ovunque la forma rappresentata in figura
9!
Non resta che immaginare che il campo in P a t=2 derivi dalla “storia del campo” nei
tempi precedenti, come se le linee di forza avessero una vita propria e seguissero una legge
di inerzia: Q si muove da sempre con velocità v nel verso positivo delle ascisse e con lei il
campo che si trascina.
13
Purcell, p. 191.
Purcell, p. 193. In queste figure, per semplicità, l’autore ha indicato con le lettere senz’apici il sistema dell’osservatore che vede la carica in moto: l'O’ dei casi precedenti.
14
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Fig. 9. Campi elettrici di una carica in moto rettilineo uniforme con v = 4c/5, in 3 diversi istanti di tempo (Purcell)
Possiamo ora, con Purcell, immaginare che la carica sia sempre rimasta ferma in O fino
al tempo t=0, quando istantaneamente acquista la velocità v. Il segnale della partenza non
può aver raggiunto P al tempo t=2 perché in quei 2·10-10 s può aver percorso al massimo15 6
cm e non i 7 che separano P da O. In altre parole P, all’istante 2, non sa ancora che la carica
è partita e dunque deve vedere il campo di una carica ferma in O.
Questo ci conduce in modo naturale al caso di una carica accelerata.
Cariche elettriche e campi in moto accelerato
Ci limitiamo al caso semplice di una carica ferma nell’origine che al tempo t=0 si mette
rapidamente in moto rettilineo uniforme con velocità v, e a quello, simmetrico, di una carica
in moto rettilineo uniforme con velocità v che al tempo t=0 bruscamente si arresta nell’origine. Nel breve intervallo temporale t0 in cui avviene la variazione dello stato di moto le linee
di forza devono adattarsi alla nuova situazione e questo avviene in un guscio sferico di spessore ct0 con centro nell’origine (dove è avvenuto il cambiamento) e con raggio r = ct, crescente alla velocità della luce.
15
s = v t = 3 108 · 2 10-10 m = 6 cm.
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Fig. 10. Campo elettrico di una carica negativa che parte con velocità +v al tempo t=0 nell'origine (Purcell)
La figura 10 rappresenta il caso citato in precedenza: il punto P discusso, a 7 cm da O, si
trova ancora fuori dal guscio. Le linee esterne al guscio puntano ancora alla posizione tenuta
dalla carica (ora però negativa) fino al tempo zero: fuori dal guscio non è ancora possibile
sapere in alcun modo che la carica si è messa in movimento.
La figura 11 può sembrare ancora più sconcertante. In essa le linee esterne al guscio puntano verso la posizione che avrebbe avuto la carica se avesse continuato nel suo moto rettilineo uniforme: l’inerzia del campo!
La stessa figura 11 mostra l’applicazione del teorema di Gauss su una superficie chiusa
la cui sezione è rappresentata, nella sua metà superiore, dalla linea EABCDF in figura: la superficie completa si ottiene facendo ruotare la linea aperta EABCDF di 360° intorno a EF.
L'arco BC segue la linea di campo di raccordo16.
16
Per ogni punto di un campo passa una e una sola linea di forza e ognuna di queste nasce o termina solo su cariche o
all’infinito: quindi le linee interne ed esterne devono raccordarsi.
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Fig. 11. Campo elettrico di una carica negativa in moto con velocità +v che si arresta al tempo t=0 (Purcell, p.195)
Per il teorema di Gauss il flusso totale deve essere nullo poiché la superficie chiusa non
contiene cariche. È facile rendersi conto che il flusso attraverso le superfici ottenute dalla rotazione dei segmenti AB e CD e dell’arco BC è nullo17. Poiché il campo interno al guscio a
piccoli angoli è minore di quello esterno, gli
angoli che corrispondono alle superfici di rotazione di AE e DF per le quali i flussi (opposti in segno) si annullano sono diversi; in
particolare, θ0 < φ0.18
Sul web esistono diverse simulazioni
Java che riproducono le linee di campo per
diversi stati di moto della carica puntiforme
(cfr. bibliografia).
Ad esempio il caso di una carica che si
muova a velocità +v lungo l’asse x, quando,
al tempo t=0 nell’origine, inverte la sua velocità in un urto perfettamente elastico, produce un grafico come quello in figura 1219.
Qui il punto pieno rappresenta la posizione
attuale della carica dopo l’urto, quello vuoto
la posizione che la carica avrebbe se non
avesse subìto l’urto, mentre il punto a stella
Fig. 12. Campo elettrico di una carica positiva con velocità v che con urto elastico rimbalza a velocità -v (sono
rappresentate le posizioni attuale, dell’urto e quella che
sarebbe assunta dalla carica senza urto (Schroeder, p.31)
17
Le superfici di rotazione di AB e CD sono superfici laterali di tronchi di cono sulle quali il vettore E è ovunque parallelo alla superficie. Anche sulla superficie di rotazione della linea BC giacciono le linee di campo.
18
Calcolando E²(φ) nel piano (x,y) e quindi calcolando e imponendo uguali i flussi attraverso le superfici di rotazione
di AE e DF (scegliendo i raggi di AE e DF uguali per semplicità di calcolo), con qualche passaggio si ottiene infatti
tg φ0 = γ tg θ0.
19
Schroeder [1], p. 31.
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è il luogo dell’urto. La velocità della carica è non relativistica, come mostrano le linee di
campo pressoché isotrope.
Il campo di radiazione e la potenza irraggiata
La regione di transizione tra i due campi radiali è un guscio sferico che si espande (irradia) alla velocità della luce; il campo ivi presente ha una componente trasversale, il campo
di radiazione: di questo è possibile calcolare il valore in modo elementare.
Assumiamo allo scopo che la carica Q proceda a velocità +v0 lungo il semiasse negativo
delle ascisse finché al tempo t=0 subisce una forte decelerazione -a lungo lo stesso asse x
che la arresta nell’origine in una durata t0 (fig. 13).
All’interno del guscio sferico il campo E si
può scomporre, in un piano contenente l'asse x,
nelle componenti radiale Er e trasversale Et. La
radiale è data dalla legge di Coulomb.
Per trovare la trasversale occorre anzitutto
notare (fig. 13) che le due componenti sono
nello stesso rapporto delle componenti spaziali
del tratto di linea di campo nel guscio; in un
istante T > t0:
E t v 0 T sin ϑ
=
Er
ct 0
Quindi, se esprimiamo il rapporto in funzione dell'accelerazione a e del raggio R (interno)
del
guscio
nell’istante
T >> t0,
a=
v0
t0
R=cT , otteniamo:
E t aR
= sin ϑ
Er c2
a=
v0
,
t0
R=cT
e, con la legge di Coulomb per il campo radiale:
Et=
Fig. 13. Campo elettrico all'interno del guscio sferico
in una sezione passante per la carica
e per la direzione del moto (Schroeder, p. 32)
1 q aR
q
a
sin ϑ=
sin ϑ
2
4 π ǫ0 R2 c 2
4 π ǫ0 c R
1
2
2
Ricordando infine che la densità spaziale di energia elettrostatica vale w E = ǫ0 E , nel-
la direzione θ si ha:
wE=
q2 a 2 sin2 ϑ
32 π 2 ǫ 0 c4 R2
[ J / m3 ] .
Ora dovremmo trovare il valor medio della densità wE per 0 ≤ θ ≤ π che si ottiene calcolando il valor medio con il teorema di Lagrange dei valori della funzione pesati sull’area dei
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segmenti circolari corrispondenti all’intervallo (θ, θ+dθ). Poiché tali segmenti circolari infinitesimi hanno superficie S(θ) = 2πRsinθ · Rdθ, si trova20:
π
2
2
2
2
2
π
1
q a sin ϑ
q a
2
3
(w E ) p =
2 π R sin ϑ d ϑ =
sin ϑ d ϑ
2∫
2
4 2
2
4 2∫
4 π R 0 32 π ǫ0 c R
64 π ǫ 0 c R 0
L’integrale vale 4/3 e si ottiene:
2
2
q a
48 π2 ǫ0 c 4 R2
(w E ) p =
Poiché lo spessore ct0 diventa rapidamente trascurabile rispetto a R, il guscio ha volume
dato da:
2
2
V = 4 π R dR = 4 π R ct 0
e l’energia totale WE del campo elettrico contenuta nel guscio vale:
q2a2 t 0
WE =
12 π ǫ0 c 3
[J]
Con la variazione del campo elettrico, nel guscio esiste anche un campo magnetico associato che porta con sé la stessa quantità di energia21, per cui l’energia totale W nel guscio risulta:
2
W=
2
q a t0
6 π ǫ0 c
3
[J]
mentre la potenza P irradiata durante il tempo t0 di accelerazione è:
P=
q2 a2
6 π ǫ 0 c3
[W ]
Questa è nota come formula di Larmor22 valida per cariche accelerate a velocità non relativistiche.
Applicazioni
La fugace esistenza dell’atomo di sir Rutherford
Utilizzando quanto visto è possibile stimare in modo approssimativo la vita di un atomo,
la cui durata rappresenta il problema del modello classico di Rutherford.
Troviamo l’energia cinetica dell’elettrone dell’atomo di idrogeno nello stato fondamentale, la dividiamo per la potenza irradiata e stimiamo il tempo in cui viene dissipata
quell’energia nell’ipotesi semplificativa che l’accelerazione rimanga costante. Le leggi sono
quelle note del moto orbitale coulombiano:
2
ma=k
e
(legge di Coulomb)
r2
e
mv 2
ma=
(forza centrifuga)
r
20
Schroeder riporta un metodo molto bello e sintetico per il calcolo del valor medio pesato di E2t in coordinate cartesiane (cfr. Schroeder [1], p. 34).
21
Come noto, per le onde elettromagnetiche le densità medie di energia we = 1/2 ε0 E2 e wm = 1/2 B2/µ0 sono uguali.
22
J.J. Larmor la trovò nel 1897, mentre la derivazione qui esposta, che riporto da Schroeder [1] e [2], si trova pubblicata da J.J. Thomson nel 1907.
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Prendendo il raggio orbitale uguale al raggio r0 di Bohr23, per l’accelerazione a e l’energia cinetica K si ricavano i valori:
2
ke
22
2
a=
= 9.03⋅10 m/ s
2
m r0
2
K=
e
1
1 ke
2
= 2.18⋅10
mv =
2
2 r0
18
J = 13.6 eV
Assumendo l’accelerazione costantemente uguale al valore trovato24 si ha una potenza irraggiata da un singolo atomo P = 4.6·10-8 W. Dunque la vita dell’atomo di idrogeno di Rutherford è dell’ordine di:
K
2.18⋅10
∆t ≈
=
P
4.64⋅10
18
8
= 4.7⋅10
11
s ≈ 0.05 ns
Come si producono i raggi X
Con la formula di Larmor si spiega quel fenomeno noto con il nome di Bremsstrahlung
(letteralmente “radiazione di frenamento”) grazie al quale il rallentamento di elettroni veloci
in materiali ad alto Z produce i raggi X negli apparecchi radiogeni ad uso medico o industriale.
Quando una particella carica con energia E penetra in uno strato di materiale di numero
atomico Z e numero di massa A, tra le modalità di cessione di energia che la portano a rallentare e fermarsi c'è l'irraggiamento. La particella, interagendo con un nucleo atomico, ha
una certa probabilità (quantistica) di emettere un fotone durante la sua decelerazione. La stima dell'energia che viene trasferita alla radiazione è complicata dal fatto che, oltre ad essere
un fenomeno quantistico, siamo in presenza di un'interazione a tre corpi25. Il fenomeno è più
importante per gli elettroni che per le particelle cariche pesanti, poiché nel medesimo campo
coulombiano dei nuclei sono soggetti ad accelerazioni maggiori. Utilizzando la formula di
Larmor è possibile calcolare in modo semiclassico e molto approssimativo26 la perdita di
energia lineare o potere frenante lineare per irraggiamento Sirr di elettroni, cioè l'energia
che l'elettrone perde per unità di percorso:
S irr =
2
e6 N A
dE
ρ 2 E +me c
≈
Z
≈ 1.5⋅10
dx
12 π me h ǫ 30 c3 A
me c 2
3
2
ρ 2 E +me c
Z
A
me c2
[MeV / cm]
In fisica delle radiazioni si usa il potere frenante massico, meno dipendente dal materiale27,
definito come il potere frenante lineare diviso per la densità ρ del materiale. Se inoltre si tiene conto che il rapporto Z/A per i materiali biologici è di poco inferiore a 0.5 si trova che il
potere frenante massico per irraggiamento dipende dal numero atomico Z del materiale attraversato e dall'energia dell'elettrone; questo rende il bremsstrahlung più importante per i materiali pesanti:
23
Raggio di Bohr r0 = 0.5292·10-10 m ≈ 53 pm, calcolabile con il modello “semiclassico” dell'atomo di Bohr.
Si tratta di una stima dell’ordine di grandezza: l’elettrone spiraleggia verso il nucleo cambiando la sua accelerazione e dunque l’irraggiamento non ha potenza costante e inoltre lo spettro atteso dovrebbe essere continuo.
25
Normalmente nell'interazione con un nucleo viene emesso un solo fotone e anche il nucleo può assorbire energia e
quantità di moto di rinculo.
26
Cfr. Amaldi, cap. 8, § 18, pp. 377-384. In formula: e, me sono carica e massa dell'elettrone, c è la velocità della
luce, h la costante di Planck, ε0 la costante dielettrica del vuoto e NA il numero di Avogadro. La densità ρ va espressa in
g/cm³.
27
Per lo meno nelle interazioni per collisione (gli urti dell'elettrone con gli atomi del materiale).
24
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2
2
S irr
E +me c
E +me c
Z
3
≈
ρ ≈ 0.7⋅10 Z
2
1500
me c
me c 2
2
[MeV cm / g ]
In particolare, se l'elettrone è relativistico:
2
E ≫me c = 0.511 MeV
→
S irr
ZE
ρ ≈ 750
Se è non relativistico, allora il potere frenante massico dipende sempre meno da E fino a diventare costante alle energie inferiori:
E ≪0.5 MeV
→
S irr
Z
ρ ≈ 1500
Fig. 14. Potere fenante massico per irraggiamento da elettroni in acqua e piombo. Il modello semiclassico
dà risultati non molto diversi da quelli esatti (il grafico, doppio logaritmico, si trova in Amaldi, p. 384).
Nei tubi a raggi X, dove è richiesta un'intensa produzione di fotoni, si accelerano elettroni
all'energia necessaria (da poche decine a poche centinaia di keV) e con
essi si bombardano bersagli di alto
Z contenenti tungsteno (Z=74).
Lo spettro dei raggi X ha come
energia massima quella degli elettroni accelerati – caso in cui tutta
l'energia cinetica dell'elettrone viene trasferita al fotone di bremsstrahlung emesso – e come energia media un valore tra 1/3 e 1/2 di quella
massima.
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Fig. 15. Spettri di raggi X prodotti da bombardamento di elettroni
su anodi di tungsteno per diverse accelerazioni degli elettroni.
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Perché il cielo è azzurro e non nero?
Il cielo sarebbe nero come di notte se non ci fosse il fenomeno della diffusione della luce
solare. Ma il fatto che ci appaia azzurro piuttosto che del colore della luce solare è spiegato
dalla diversa dipendenza della diffusione dalla lunghezza d'onda della luce. E tale dipendenza è a sua volta spiegata dalla formula di Larmor.
Quando un fotone solare di
lunghezza d'onda λ interagisce
con un atomo dell'atmosfera, interagisce con il suo nucleo e con
la sua nube elettronica. Entrambi questi oggetti carichi entrano
in oscillazione forzata con la
stessa frequenza del campo elettrico del fotone:
Fig. 16. La luce blu "mancante" nel Sole al tramonto è quella vista
da chi, più a Ovest di noi, sta guardando il suo cielo orientale
(immagine da Schroeder [2], p. 38).
c
.
f =
λ
L'equazione del loro moto è
la nota legge delle oscillazioni elastiche:
x (t) = x0 cos (ω t )
con
ω=2 π
c
λ
Dunque sia la nube elettronica sia il nucleo, in versi opposti, oscillano con accelerazioni
pari a:
d2x
a (t) =
=
dt 2
x 0 ω 2 cos(ω t )
Per la formula di Larmor il moto accelerato delle cariche è accompagnato dall'emissione
di radiazione con una potenza irraggiata dipendente dal quadrato dell'accelerazione28:
1
2
4
2
P irr ∝ ā ∝ ω cos (ω t ) ∝ 4
λ
Ora, poiché: λrosso ≈ 2 λvioletto, la luce violetta è diffusa (e quindi parzialmente rimossa dal
fascio primario) in misura 16 volte maggiore.
La luce blu, rimossa dall'immagine del Sole al tramonto/alba è quella stessa luce che si
osserva qualche decina di minuti prima/dopo osservando il cielo di Oriente/Occidente.
28
Il valor medio di coseno quadro è uguale a ½ come si dimostra anche solo con la formula di bisezione e sapendo
(per la sua simmetria) che il valor medio di un coseno è nullo.
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BIBLIOGRAFIA
Il testo di riferimento è:
Purcell E.M., La fisica di Berkeley, vol. 2: Elettricità e magnetismo, 2 tomi, Zanichelli, Bologna 1971.
Altri testi utilizzati o citati:
Schroeder D.V. [1], Magnetism, Radiation and Relativity. Supplementary notes for a calculus-based introductory physics course, Department of Physics, Weber State University,
http://physics.weber.edu/schroeder/mrr/MRRnotes.pdf
Schroeder D.V. [2], Purcell simplified or Magnetism, Radiation and Relativity, Department of Physics, Weber
State University,
http://physics.weber.edu/schroeder/mrr/mrrtalk.html
Amaldi U., Fisica delle radiazioni, Boringhieri, Torino 1971
In precedenti pubblicazioni dell'annuario:
Fontana F. [1], Un gesuita newtoniano nella Francia del Settecento, in Agorà, Annuario del liceo scientifico G.
Ferraris, Anno II, Varese 1998, pp. 41-58. Reperibile anche alla pagina web:
http://www.francescofontana.eu/public/Annuari/Agor%C3%A0_1998.pdf
Fontana F. [2], Su Magnetismo e Relatività, in: Prismi, Quaderni di cultura, Liceo scientifico G. Ferraris, Anno
VII, Varese 2008, pp. 63-79. Reperibile anche alla pagina web:
http://www.francescofontana.eu/public/Annuari/Prismi_2008.pdf
Simulazioni Java nel web - Campi elettrici di cariche accelerate:
http://webphysics.davidson.edu/Applets/Retard/Retard.html
http://www.cco.caltech.edu/~phys1/java/phys1/MovingCharge/MovingCharge.html
http://www.phy.ntnu.edu.tw/ntnujava/index.php?topic=322.0
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