acqua dolce possono ridurre il numero dei

98
acqua dolce possono ridurre il numero dei parassiti presenti sul corpo dei pesci, ma gli Amphyprion sono spesso poco
resistenti a questi trattamenti.
Per questa malattia sono stati consigliati i classici trattamenti con solfato di rame e verde malachite. Tuttavia, a conti
fatti, sembra che sia più efficace un trattamento prolungato con solfato di rame (almeno 28 giorni) in combinazione
con condizioni di iposalinità. In ogni caso, pesci fortemente colpiti dal parassita (condizione questa che si verifica già
dopo tre-quattro giorni dalla comparsa dei primi sintomi) hanno scarse possibilità di sopravvivenza. Sono stati anche
suggeriti trattamenti con una combinazione di antibiotici e sulfamidici, che però producono risultati positivi solo se
applicati ancora prima della comparsa di sintomi evidenti.
In definitiva, le tre principali malattie sostenute da protozoi nell’acquario marino tropicale si curano tradizionalmente
con ioni rame e condizioni di iposalinità, a discapito degli invertebrati e della funzionalità del filtro biologico. Inoltre, un
problema fondamentale del solfato di rame è costituito dal dosaggio. Chi non è esperto tende a sottovalutare l’effetto dei materiali calcarei, e va detto che, in presenza di materiali calcarei nell’acquario marino, poche ore dopo il
primo dosaggio tutto il rame aggiunto a scopo terapeutico sarà stato adsorbito da sabbia corallina e scheletri di
madrepore!
Anche i più attenti, comunque, pur effettuando frequenti misurazioni e ridosaggi del composto attivo, non potranno
essere certi che in alcune ore del giorno la concentrazione dello ione rame non scenda al di sotto della soglia di attività. In questo caso il trattamento non sortirà effetto alcuno, perché i (pur pochi) parassiti che erano liberi in quel particolare momento riusciranno facilmente a ripristinare l’infezione.
Similmente, i trattamenti a base di formalina sono caratterizzati da forte tossicità e il composto, potenzialmente carcinogenico, deve essere maneggiato con estrema cautela, essendo pericoloso anche per l’uomo. Inoltre la formalina,
se conservata in presenza di radiazioni luminose, produce un precipitato di paraformaldeide estremamente tossico
anche a bassissimo dosaggio. Pertanto, anche brevi bagni con formalina fortemente diluita possono condurre alla
morte dei soggetti trattati.
SOLUZIONI AMERICANE. Una possibile soluzione viene dall’America. Alcuni autori americani, infatti, riportano dati molto
incoraggianti relativi all’uso di clorochina fosfato. Si tratta di una sostanza utilizzata nella terapia delle malattie infettive
dell’uomo e quindi presente in alcuni farmaci. Sviluppata inizialmente per la cura della malaria, ha una molecola
simile a quella del “chinino” (chinino idrocloruro). Il prodotto è stato testato nel campo degli acquari già da una decina d’anni ed è stata dimostrata la sua efficacia anche in grandi vasche pubbliche, ma solo di recente si è diffuso nel
mondo degli acquari domestici per la terapia di varie malattie sostenute da protozoi.
Il composto non è molto tossico ed è possibile quindi reperirlo con una certa facilità sia in farmacia sia nelle rivendite
di prodotti chimici. Dettaglio non trascurabile è la sua innocuità sui batteri nitrificanti: il filtro non subirà danni rilevanti
durante il trattamento. Il farmaco non uccide neppure gli invertebrati e, quindi, anche un dosaggio diretto nell’acqua
permetterà di conservare molluschi e cnidari privi di zooxantelle.
Purtroppo, però, è tossico per le alghe simbionti di vari cnidari e altri invertebrati: se sono presenti invertebrati che ospitano alghe simbionti, è possibile somministrare il composto assieme al cibo dei pesci, ottenendone un effetto anche
più intenso sui parassiti. È sufficiente includerlo in un alimento preparato con liofiizzati mescolati a farina di guarr o
agarosio, aggiungendolo a bassa temperatura, prima che la gelatina si rapprenda. In questo modo non osserveremo
alcun effetto dannoso sull’ambiente (pochissimo composto sarà disperso nell’acqua) e le potenzialità terapeutiche
saranno accresciute.
Se non sono presenti invertebrati contenenti zooxantelle, invece, il trattamento è molto semplice: basta disciogliere
direttamente nell’acqua dell’acquario il prodotto per ottenere una concentrazione finale di 20 mg/l, conservandola
per una settimana. Dopo una settimana si potrà cambiare una parte dell’acqua (10-20%) e aggiungere ancora
mezza dose del prodotto per sette giorni. Dopo questo periodo i protozoi parassiti saranno stati debellati.
UN ESEMPIO CONCRETO. Per esempio, volendo effettuare la somministrazione in una vasca da 100 l, bisognerà prelevare circa 1 l d’acqua trasferendolo in un contenitore di vetro e qui aggiungere 2 g della polverina bianca (100 l x 20
mg = 2000 mg = 2 g) e agitare bene sino a completa dissoluzione. Si potrà poi versare lentamente la soluzione in
vasca. Dopo sette giorni, si sostituisce il 10% dell’acqua e si aggiunge ancora 1 g di prodotto ben sciolto in 1 l d’acqua dell’acquario.
Dopo ancora una settimana il trattamento sarà completato e si potrà sostituire parte dell’acqua o filtrare attraverso carbone attivo. Se qualcuno dei sintomi persiste, si potrà ripetere il trattamento per due settimane (con le stesse modalità)
e ottenere buoni risultati. In effetti, è stato osservato che il trattamento di sole due settimane produce ottimi risultati, ma
le reinfezioni sono frequenti. Un trattamento di 28 giorni, al contrario, produce quasi sempre risultati definitivi.
Poiché questo composto non colora l’acqua, non danneggia il filtro e i pesci appaiono in ottima salute già dopo la
prima settimana, suggeriamo al negoziante specializzato di effettuarlo in modo completo (quattro settimane) per evitare recidive. Si hanno notizie di negozianti specializzati americani che lo hanno adottato come sistema principale di
trattamento, i quali sostengono di non aver più perso pesci da anni.
Consigliamo dunque di tentare questo approccio, perché il composto utilizzato è poco tossico, decisamente meno
pericoloso di rame e formalina, innocuo per l’ambiente e per gli invertebrati, molto efficace sui protozoi. Potrebbe
rappresentare una moderna alternativa ai classici trattamenti con ioni rame o zinco, in grado di rendere più redditizio il commercio dei pesci marini tropicali evitando, nel contempo, la perdita di preziosi esemplari nelle mani degli
hobbisti.