Occhio semplice e occhio cattivo di Lc 11,34 alla luce

OCCHIO SEMPLICE E OCCHIO CATTIVO IN Lc 11,34
ALLA LUCE DEL TARGUM
G. Bissoli
“La lucerna del tuo corpo è l’occhio.
Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce;
ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre (Lc 11,34)”.
La traduzione della CEI parla di “occhio sano” e di “occhio malato”.
L’esegeta B. Prete osserva che la traduzione “non rende bene la pointe originaria del detto; non si tratta di occhio malato, bensì di occhio malvagio, cattivo; il logion non si muove sul piano fisico, ma su quello morale”1. Il caso è
stato rilevato da lungo tempo. Nel secolo scorso Godet2 spiegava il versetto,
ricorrendo all’analogia esistente tra piano fisico e quello spirituale.
Commentari recenti come Fitzmyer3 e Bovon4 a motivo del vocabolario usato interpretano il detto in senso morale. Già padre Lagrange si dilungava nella spiegazione, richiamando il significato che aveva il cuore per la cultura
biblica: “Presso gli Ebrei il cuore era simbolo dell’intelligenza. Quindi era
molto naturale spiegare la sovrana importanza della disposizione del cuore
assimilandola a una conoscenza” e perciò alla funzione dell’occhio rispetto
alla luce. Nel caso di Gesù si domanda: “Perché i Giudei non accettano la sua
testimonianza? Perché per vedere (così come nell’ordine intellettuale comprendere) non basta una luce interiore, occorre una luce interiore che ognuno
possiede in sé”. Il commento di Lagrange è riportato da C. Spicq in un lungo
articolo sulla semplicità5.
1. B. Prete, “Il logion sulla lampada nella duplice attestazione di Luca 8,16 e 11,33”, in L’ope-
ra di Luca. Contenuti e prospettive, Torino - Leumann 1986, 201, nota 35.
2. F. Godet, Commentaire sur l’Évangile de Saint Luc, II, Neuchâtel 19694, 106-107.
3. J.A. Fitzmyer, The Gospel According to Luke X-XXIV (AB 28A), Garden City - New York
1985, 940.
4. F. Bovon, Das Evanglium nach Lukas (Lk 9,51-14,35) (EKK III/2), Zürich - Düsseldorf
1996, 210.
5. C. Spicq, “La vertu de simplicité dans l’Ancien et le Nouveau Testament”, RSPhTh 22
(1933) 5-26, ripreso in forma abbreviata nell’articolo “aplo/thß, aplouvß, aplw◊ß”, in Note
di lessicografia neotestamentaria, I, Brescia 1988 (ed. francese 1978), 213-217. Il tema è
stato sviluppato, estendendo la ricerca anche all’intertestamento, nella monografia di C.
Edlund, Das Auge der Einfalt. Eine Untersuchung zu Matth. 6,22-23 und Luk. 11,34-35
(ASNU 19), Uppsala 1952, che interpreta aplouvß in senso di semplice e intero come espresLA 46 (1996) 45-51
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Nel testo evangelico citato ricorre l’aggettivo greco aplouvß. La Vulgata
traduce con “oculus simplex” / “occhio semplice” e il suo contrario “nequam”
/ “cattivo”6. Ma l’accezione esatta proviene dall’uso del greco che ne fanno i
LXX. Questi adoperano il sostantivo aplo/thß (“semplicità”) per tradurre i
termini ebraici rv,y e µOT. I due termini esprimono rispettivamente “rettitudine” e “integrità” (es. 2Sam 15,11: CEI “semplicità”) ed anche “innocenza”
(1Cr 29,17: CEI “rettitudine”). Nei LXX si trovano pure l’aggettivo aplouvß
in Pr 11,25 (CEI: persona “benefica”) e il verbo aplouvn in Gb 22,3 (CEI:
condotta “integra”). In 1Mac 2,37 abbiamo l’esortazione aÓpoqa¿nwmen
pa¿nteß e˙n thˆv aplo/teti hJmw◊n, “moriamo tutti nella nostra innocenza”. Il contesto parla della sfida che i soldati Siri lanciarono ai Giudei perché si arrendessero. Questi non cedettero e preferirono morire piuttosto che infrangere il
riposo del sabato. Il Signore avrebbe considerato la loro innocenza e rettitudine di comportamento nel rispetto della Legge, giunto fino al martirio7.
Nonostante queste premesse Spicq scrive: “Non è facile precisare il significato di aplouvß nell’abbozzo di parabola costituito dal logion dei due lumi,
in cui si chiede di verificare il buono stato del lume del corpo, ovvero dell’occhio. Se consideriamo aplouvß / ponero/ß sul piano materiale, intenderemo
‘sano’ ‘normale’ / ‘malato’ […]. Trovandoci di fronte a un settantismo è
preferibile intendere il logion in senso morale, quindi «occhio tenebroso»,
depravato nelle intenzioni”8.
Per togliere ogni incertezza sul senso da dare ad aplouvß e per sottolineare che il testo evangelico viene inteso bene solo in senso morale, vogliamo
integrare gli studi sinora fatti, confermando i loro risultati con l’apporto delle
recensioni del Targum Palestinese al Pentateuco9.Anche il Targum parla dell’aspetto fisico dell’occhio. In Gn 6,2, nel contesto della caduta degli angeli,
si dice che questi furono presi da passione per la bellezza delle “figlie degli
sione dell’affidarsi totalmente della creatura a Dio. Si veda inoltre J. Amstutz, APLOTHS. Eine
begriffsgeschichtliche Studie zum jüdisch-christlichen Griechisch (Theophaneia 19), Bonn
1968, monografia che comprende oltre alla Scrittura anche apocrifi, letterature rabbinica e
qumranica.
6. R. Weber R. et al., Biblia Sacra iuxta Vulgatam Versionem, II, Stuttgart 1969, 1631.
7. Spicq, “La vertu de simplicité”, 21.
8. Spicq, “aplo/thß”, 214-215.
9. Recensioni palestinesi complete del Pentateuco sono il Targum Neofiti (abbr.: TN) e il
Targum dello Pseudo-Jonata (TJ). Possiamo confrontare le due versioni in: R. Le Déaut,
Targum du Pentateuque. Traduction des deux recensions palestiniennes complètes avec
introduction, parallèles, notes et index, Vol. I-V (SC 245.256.261.271.282), Paris 1978-1981.
Importante è anche una raccolta di passi, chiamata Targum Frammentario (TF), cui sono spesso parallele le glosse marginali di Neofiti (TN M).
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uomini”. Il TJ precisa che “avevano occhi dipinti, capelli inanellati e che
nell’incedere lasciavano vedere la (loro) nudità (arçyb, lett.: “carne”). In occasione della benedizione che Isacco impartì a Giacobbe, il racconto biblico
narra il precedente scambio tra i fratelli Giacobbe ed Esaù fatto dal patriarca
e ne dà la seguente motivazione: ad Isacco “gli occhi si erano indeboliti, tanto che non ci vedeva più” (Gn 27,1). Il Targum cambia la nota sul difetto fisico in motivo di onore per Isacco. “Infatti – scrive il TJ – quando suo padre
l’aveva legato, [Isacco] aveva contemplato il trono di gloria e, a partire da
quel momento, i suoi occhi avevano cominciato ad indebolirsi”. Anche una
delle grandi madri di Israele, Lia, aveva un difetto d’occhi: erano cisposi. Per
questo Giacobbe le preferì la più giovane Rachele, “bella di forme e avvenente di aspetto” (Gn 29,17). Anche in questo caso il Targum fa passare il difetto
fisico della matriarca in un motivo di lode, perché si era così ridotta “a forza
di piangere e domandare al cospetto di Dio che non la destinasse (in matrimonio) all’empio Esaù” (TJ).
Per il nostro caso non molte, ma significative, sono le ricorrenze dove il
Targum parla degli occhi in contesto morale. Dopo il grande peccato del vitello d’oro, Dio usò parole dure contro Israele, assicurando: “io non verrò in
mezzo a te, per non doverti sterminare lungo il cammino” (Es 33,3). La Bibbia continua il racconto con la vicenda di Mosè che pianta la tenda dell’incontro ad un certa distanza, fuori dell’accampamento degli Israeliti (v. 7). A
questo punto il Targum (TJ a Es 33,7-8) inserisce nel testo biblico delle aggiunte esplicative. Nella traduzione le mettiamo in evidenza, usando il carattere corsivo.
Mosè […] prese di là la tenda e la fissò fuori dell’accampamento, l’allontanò dall’accampamento del popolo […]. La chiamò la tenda della casa di
istruzione.
E chiunque si convertiva con cuore perfetto davanti a Jahvè (yyy µdq µylç
blb abwttb) usciva verso la tenda della casa d’istruzione, che era fuori del
campo; confessava i suoi peccati e pregava per i suoi peccati e, pregando, gli
era perdonato (v. 7).
Quando Mosè usciva dal campo e se ne andava verso la tenda, tutti gli empi
(y[yçr lk) del popolo si alzavano e tenendosi in piedi, ciascuno all’ingresso
della sua tenda, guardavano verso Mosè con occhio cattivo (hçm yrwja açyb
any[b ˆylktsm), fino al momento della sua entrata nella tenda (v. 8).
All’inizio del capitolo Dio indirizza la parola a Mosè, parlandogli del
“suo” popolo: “Su, esci di qui tu e il tuo popolo, che hai fatto uscire dal paese
d’Egitto” (Es 33,1). Sembra che il Signore sottolinei la separazione con Isra-
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ele in seguito al peccato di idolatria. Non lo considera più suo, ma popolo di
Mosè, il quale sarebbe anche autore dell’esodo. È popolo “di dura cervice”
(vv. 3.5). Anche la Tenda, ubicata fuori dell’accampamento, indica lontananza fra Dio e Israele. Tuttavia si fa distinzione per una parte del popolo. Quelli
che tornano a Jahvè convertiti, escono dall’accampamento e vanno “fuori del
campo” verso la Tenda, pregando e confessando i propri peccati. Fisicamente
si portano alla Tenda e interiormente si volgono a Dio con “un cuore perfetto”. Così ottengono perdono10. La maggioranza, invece, resta incredula. Il testo descrive questi ultimi che seguono Mosè, guardandolo con “occhio
cattivo”. L’espressione ricorre anche nella pericope degli esploratori del paese di Canaan, i quali descrivono così il territorio esplorato (TN a Nm 13,32):
Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi
abitanti e tutta la gente che vi abbiamo visto ha occhi cattivi (açyb ˆnyy[)[e]
una statura da giganti11.
Nel racconto della prova di Abramo, mentre il testo biblico scrive che il
patriarca e il figlio Isacco camminavano insieme (Gn 22,6.8: wD;jy] æ µh,ynev] Wkl]Ywe )æ ,
il Targum aggiunge tutt’e due le volte “con cuore perfetto”, hmlç hblb (TN
a Gn 22,6.8). Nel racconto del Sinai alla proposta di Dio di stipulare l’alleanza, il testo biblico scrive “tutto il popolo rispose insieme” e il Targum aggiunge “con cuore perfetto”, amlç ablb (TN a Es 19,8). Nel rito di fondazione
dell’alleanza descritto in Es 24, Mosè riferisce al popolo “le parole e le norme” del Signore, e il popolo ad una voce (dj;a, l/q) risponde: “Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo” (v. 3). Il Targum precisa che la
risposta non solo vien data all’unisono (adjk), ma anche amlç ablb “con
cuore perfetto” (TN M).
In Dt 6 la celebre frase “Ascolta, Israele, […] amerai il Signore tuo Dio
con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (vv. 4-5) offre lo spunto al Targum per inserire un’espansione midrashica. In punto di morte il patriarca Giacobbe riunì le dodici tribù attorno al suo letto e come testamento
10. M. McNamara, The New Testament and the Palestinian Targum to the Pentateuch (AB
27), Roma 1966, 177-181, presenta il passo del Targum per chiarire il testo di 2Cor 3,12-13
sul velo di Mosè. Per il testo critico di TJ cf. D. Rieder (edited by), Pseudo-Jonathan: Targum
Jonatha Ben Uziel on the Pentateuch, Copied from the London Ms. (British Museum add.
27031), Jerusalem 1974.
11. McNamara nella sua traduzione in nota commenta: “i.e. sorceress, magicians”; cf. Targum
Neofiti 1: Numbers, Translated, with Apparatus and Notes by Martin McNamara; Targum
Pseudo-Jonathan: Numbers, Translated, with Notes by Ernest G. Clarke with the Assistence
of Shirley Magder (The Aramaic Bible 4), Edinburgh 1995, 82.
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ricordò che l’impuro Ismaele proveniva da Abramo e l’impuro Esaù da
Isacco. C’era quindi la possibilità che anche le dodici tribù in seguito scegliessero di venerare o il Dio di Giacobbe, loro padre, o gli dèi che già erano della
famiglia di Abramo o quelli cui prestava culto Labano. Secondo la recensione di Neofiti il Targum continua:
Le dodici tribù di Giacobbe rispondendo all’unanimità con cuore perfetto
(hmlç hblb hdjk) dissero: “Ascoltaci, Israele, nostro Padre! Jahvè, nostro
Dio, Jahvè è uno! Che il suo Nome sia benedetto per i secoli dei secoli!”. Voi
amerete l’insegnamento della Legge di Jahvè con tutto il vostro cuore e con
tutta la vostra anima e con tutte le vostre ricchezze.
A questo punto il midrash introduce il concetto di culto da prestare all’unico vero Dio, contrapponendolo all’idolatria. Anche il TJ ritiene che il
passo di Dt si riferisca prima di tutto al culto. Scrive: “Mosè, il profeta, disse
al popolo della casa d’Israele: Seguite il vero culto dei vostri padri e amate
Jahvè, vostro Dio…”. Usa l’espressione afyçq anjlwp, cioè “culto onesto”
(fçq: giusto, vero). L’espressione ebraica Wdbo[Ätæ /taow], “a lui servirete” (LXX
secondo A: kai autw douleusete), in TN a Dt 13,5 è resa con “servirete con
cuore perfetto”, hmlç hblb ˆwjlpt. L’espressione hmlç hblb, che il Targum
usa sia in Gn 22,6 come in Dt 6,4, per Sokoloff si traduce “with a whole
hearth”, “con tutto il cuore”12.
Ritornando ancora al TN di Gn 22,14 troviamo una bellissima preghiera
di intercessione:
Poi Abramo rese culto e pregò in nome della Parola di Jahvè, dicendo: “Te
ne prego, per l’amore davanti a te, Jahvè! Tutte le cose sono manifeste e
conosciute davanti a te. Non c’è stata divisione nel mio cuore (wglp yblb
hwwh&&ald) dal primo momento in cui m’hai detto di sacrificare mio figlio
Isacco, di ridurlo in polvere e cenere davanti a te. Ma subito mi sono levato
di buon mattino e sollecitamente ho messo in esecuzione le tue parole con
gioia e ho compiuto la tua volontà. E ora, quando i suoi figli si troveranno in
tempo di angoscia, ricordati dell’aqedah del loro padre Isacco e ascolta la
preghiera della loro supplica. Esaudiscili e liberali da ogni tribolazione”.
Ritornando al problema dell’occhio, troviamo che nella Bibbia ricorre
ancora una volta con valenza negativa. Come massimo delle maledizioni il
Signore minaccia Israele che persino “l’uomo più raffinato e più delicato tra
12. M. Sokoloff, A Dictionary of Jewish Palestinian Aramaic of the Byzantine Period
(Dictionaries of Talmud, Midrash and Targum 2), Jerusalem 1990, 275, alla voce bl.
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voi guarderà con occhio malvagio suo fratello” (Dt 28,54). L’ebraico scrive
wyjia;b] /ny[e [ræTe,, il Targum ywjab hynyy[ çabt: al verbo ebraico [[r che ha il
senso di “guardare con occhio torvo/maligno qualcuno”13, corrisponde
l’aramaico çab con senso di “essere malato, cattivo” o anche “essere dispiaciuto”. Da questa radice verbale deriva l’aggettivo vyBi, che Sokoloff traduce
“bad, evil, sad”, ossia cattivo14.
In conclusione i dati che risultano dalla lettura del Targum Palestinese al
Pentateuco presentano la frase mlç blb come la più adatta ad esprimere il
rapporto di alleanza che si esplica nel vero culto all’unico Dio e serve pure
per significare l’atteggiamento interiore di conversione. L’espressione ricorre anche nella prova di Abramo in Gen 22, per esprimere l’atteggiamento spirituale positivo sia del Patriarca sia del figlio Isacco. A tale espressione
corrisponde l’altra che dice come “nel cuore non c’è stata divisione”, cioè
senza alcun dubbio o esitazione, ma nella sua integrità e “semplicità” il cuore
di Abramo era tutto abbandonato al volere di Dio. L’atteggiamento contrario
è detto plasticamente con l’espressione açyb any[b, atteggiamento proprio
degli abitanti del paese di Canaan e degli Israeliti increduli. Sia l’occhio che
il cuore hanno in questi contesti valenza morale15, come troviamo anche nel
nostro passo evangelico.
Il contesto immediato lega insieme i vv. 34-36.
34 La
lucerna (oJ lu/cnoß) del corpo è il tuo occhio.
Se il tuo occhio è semplice (aplouvß), anche tutto il tuo corpo è luminoso,
ma se è cattivo (ponhro/ß), anche il tuo corpo è tenebroso.
35 Guarda dunque che la luce che è in te non sia tenebra.
36 Se dunque tutto il tuo corpo è luminoso, senza avere alcuna parte tenebrosa,
tutto sarà luminoso, come quando il bagliore (oJ lu/cnoß) d’un lampo ti illumina.
Il linguaggio si basa sull’opposizione luce/tenebra. Il primo versetto è una
sentenza proverbiale, seguita da due possibilità per l’individuo che può a scelta essere semplice o cattivo, con la conseguenza di essere nella luce o nella
tenebra. A rinforzare la decisione personale mira l’ammonizione del v. 35 e
13. F. Zorell, Lexicon Hebraicum Veteris Testamenti, Roma 1967, 782, alla voce [[r.
14. Dictionary, 102.
15. Cf. H.W. Wolff, Antropologia dell’Antico Testamento (Strumenti 2), Brescia 1975: a p.
102 parla degli organi attraverso i quali si compie la comunicazione, ma a lungo nelle pp. 5883 tratta del cuore nella Bibbia con i vari sensi di aspetto puramente fisico oppure esprimente
sentimento, desiderio, pensiero e decisione. L’espressione dtr lebab shalem ’im Yhwh, che
qualifica i re davidici dal comportamento pari a quello di David, vuol dire “obbedienza piena
e incondizionata” propria di un cuore indiviso (p. 77 e nota 23).
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la conclusione del v. 36, che insiste sul fatto che la semplicità deve escludere
qualsiasi parte che non sia luce, in modo che questa sfolgori come al bagliore
del lampo.
Il passo parallelo di Mt 6,22-23 si trova nel contesto del Discorso della
Montagna e fra altri detti che richiedono ai discepoli di Gesù una condotta
pienamente decisa per lui, pena di essere sottoposto al giudizio. Per Matteo il
detto termina con un’ammonizione riguardante la tenebra totale (Mt 6,23),
mentre per Luca è un richiamo ad una piena apertura alla persona di Gesù.
Egli infatti è l’uomo più forte che vince il possessore che ha occupato l’abitazione (Lc 11,21-22): Gesù “è rettamente inteso solo come Parola di Dio diretta a tutti (v. 28) e quindi segno che supera tutti i re e i profeti (vv. 29-32),
luce che permea ogni cosa (vv. 33-36)”16.
Luca ha posto questi versetti come conclusione della pericope 11,14-32,
che con la pericope seguente compresa nei vv. 39-52 “è l’unico blocco di
materiale dove c’è un diretto confronto fra Gesù e i suoi oppositori”17. Si tratta dei leaders religiosi che interpretano falsamente un esorcismo compiuto da
Gesù, attribuendo questo potere ad un’intesa con Beelzebul, capo dei demoni
e per giunta sfidandolo a presentare un segno dal cielo (vv. 14-16). La reazione di Gesù confuta l’accusa come assurda (vv. 20-26) e rifiuta drasticamente
di concedere un segno “a questa generazione” incredula (vv. 29-32). Il suo
rimprovero è allo stesso tempo condanna e appello urgente a conversione,
perché “più di Giona… più di Salomone c’è qui”. Questo richiamo alla conversione si può riconoscere anche nell’uso del vocabolario che riflette quello
del Targum: “occhio semplice / occhio cattivo”. Dipende dalla personale decisione interna dell’uomo il fatto che nel suo cuore non ci sia nessuna parte
oscura, ma che tutto sia aperto al rapporto con Dio che lo interpella.
Luca introduce questa dottrina nel racconto del viaggio che porta Gesù a
Gerusalemme (9,51-19,27). Il viaggio presta a Luca l’occasione di insistere
sul rigetto del Messia da parte del popolo e nello stesso tempo sull’urgenza
della conversione.
Giovanni Bissoli, ofm
Studium Biblicum Franciscanum
16. E. Schweizer, Das Evangelium nach Lukas (NTD 3), Göttingen 1982, 129.
17. S. Chow, The Sign of Jonah Reconsidered. A Study of its Meaning in the Gospel Traditions
(CBNT 27), Stockholm 1995, 157.