1 di 16 Indice 1. 2. 3. 4. 5. 6. Introduzione pag. 3 Cenni storici pag. 3 Applicazioni pag. 5 3.1. Interessi degli investimenti pag. 5 3.2. Geologia, archeologia e decadimento radioattivo pag. 6 3.3. Biologia e sostenibilità: la crescita esponenziale, modello malthusiano e modello logistico pag. 8 3.4. Magnitudine delle stelle e legge di WeberFechner pag. 12 Estensione di ex nel campo complesso pag. 13 Conclusioni pag. 15 Bibliografia pag. 15 2 di 16 1. Introduzione Ritengo di dover preliminarmente motivare la scelta di questo argomento molto tecnico, ma nello stesso tempo caratterizzato dal fascino innegabile del calcolo infinitesimale e delle sue applicazioni a gran parte della scienza moderna. La matematica ha una storia che risale al 2000 a.C. quando gli Egiziani e i Babilonesi crearono la base di una metodica speculativa condotta sul piano razionale dalla civiltà Greca e specialmente per opera della Scuola Pitagorica (V° secolo a.Ch.) che pose la scienza dei numeri come fondamento di ogni conoscenza della natura. La traccia delle argomentazioni di Euclide e del grande siracusano Archimede si ritrova nei secoli successivi anche grazie ai contatti con il mondo arabo che restituisce all’Europa i testi della scienza greca arricchiti dall’influenza degli Indiani ai quali è dovuto il sistema di numerazione decimale che permette di scrivere qualsiasi numero mediante nove cifre e lo zero. I grandi algebristi del periodo Rinascimentale (Leonardo da Vinci, Tartaglia, Cardano e in Francia Descartes) consentono, ad esempio, a Galileo di iniziare lo studio dei problemi del moto con metodi matematici avviando quella meccanica che tanta parte occupa nella civiltà dei secoli successivi, fino ai nostri giorni. Nel lavoro e nella ricerca che ho svolto, entrando nello specifico della mia scelta, vorrei cimentarmi nel dimostrare come la matematica non sia dominio esclusivo di “addetti ai lavori” ma patrimonio di tutta l’umanità, responsabile anche del suo futuro se non si perde di vista il concetto di ARMONIA che regola la vita di tutti gli esseri e del cosmo nelle sue molteplici manifestazioni, persino a livello siderale. La ricerca si sofferma in quelli che sono i modelli matematici più rappresentativi che sono serviti nella storia a descrivere relazioni non lineari di crescite e decadimenti, che dipendono da variabili sia interne che ambientali. I matematici percepirono l’esistenza di un numero dalle caratteristiche particolari, che rappresentava la base “naturale” della funzione esponenziale, la crescita più semplice di tutte. Cosa rende così affascinante il misterioso numero di Nepero e, tanto da coinvolgere nel suo studio le menti matematiche più brillanti? Cercherò allora di far vedere come questo numero interviene in molti ambiti e applicazioni: dall'economia, alla biologia, alla geologia, alla archeologia, alla bio-chimica e alla sostenibilità ambientale; nonostante esso non sia molto noto all’infuori dell’ambiente matematico. 2. Cenni storici Durante il XVI secolo diversi matematici si occuparono della relazione che intercorreva 3 di 16 tra iperboli e logaritmi. Tra di essi possono essere citati il gesuita belga Grégoire de Saint Vincent (Prologomena a Santo Vincento, Opus geometricum quadraturae circuli et sectionum coni (1647), Vera circuli et hyperbolae quadratura (1667)), l’olandese Christiaan Huygens che pur riconoscendo il lavoro di de Saint Vincent rivendicò per sé la scoperta di tale relazione, Mercatore, Newton e infine Leibniz. I logaritmi erano già noti al tempo grazie al lavoro del matematico scozzese John Naiper (Mirifici Logarithmorum Canonis Description (1618)) che studiò un modo di semplificazione dei calcoli matematici; all'epoca infatti non esistevano macchine per il calcolo ed i calcoli necessari ad esempio all'astronomia erano molto lunghi e complicati. I matematici che si occuparono dello studio dell’andamento dell’area sottesa all'iperbole equilatera, partendo da x=1 fino ad una retta verticale con ascissa variabile, osservarono che esso era di tipo logaritmico, ma non prestarono particolare attenzione alla base del logaritmo. La base del logaritmo iperbolico è quell’ascissa che stacca un segmento iperbolico di area 1. Fu Leonhard Euler che introdusse il numero e: "scribitur pro numero cujus logarithmus est unitas e, qui est 2.7182817...." nella sua opera Meditatio in Experimenta explosione, pubblicata postuma nel 1862 e ne diede una prima rappresentazione nell'opera Introductio in Analysin infinitorum nella forma Il numero e compare anche negli studi di Jacob Bernoulli, in uno scritto datato 1683 e dedicato allo studio dell’interesse composto, un problema frequente all’epoca ed in una lettera che il matematico e filosofo Gottfried Wilhelm von Leibniz scrisse a Huygens. Bisognerà tuttavia aspettare circa un secolo affinché qualcosa di nuovo sia provato relativamente a questo numero: Hermite nel suo lavoro Sur la fonction exponentielle (Parigi, 1874) provò infatti che esso non è algebrico, cioè non è radice di nessuna equazione polinomiale a coefficienti interi. I numeri, tra cui e, che appartengono a questo insieme si chiamano “numeri trascendenti”. Nel 1935 la rivista "Sapere" propose un concorso chiedendo ai lettori di inventare una poesia per ricordare il numero di Nepero. Fra le più apprezzate ci fu: Ai modesti o vanitosi ai violenti o timorosi 4 di 16 do, cantando gaio ritmo, logaritmo... 3. Applicazioni 3.1) Interessi degli investimenti: Il problema che studiò Bernoulli e che gli permise di rivelare l’esistenza e approssimare il numero e è relativo all’interesse composto degli investimenti. Supponiamo di depositare in banca una somma S di denaro e che ogni anno venga calcolato sul capitale versato un interesse del 100% annuo; alla fine del primo anno il deposito sarà pari a 2S. Ma se l’interesse viene calcolato in semestri, cioè viene pagato un interesse del 50% ogni sei mesi, a fine anno il deposito sarà maggiore di 2S, ottenuto considerando l'interesse una sola volta all'anno. Il motivo è che anche l’interesse di metà anno è diventato parte del montante su cui poi è stato calcolato il secondo interesse. Un po’ come nella crescita di una popolazione, dove anche i nuovi nati contribuiranno a loro volta alla creazione di altri individui. Per calcolare quanto abbiamo ottenuto in più procediamo in questo modo: Dopo sei mesi si otterrà la somma di e a fine anno si aggiungerà l’interesse calcolato su quest’ultima somma, cioè si avrà . In generale, facendo opportuni calcoli, ci si accorge che se n è il numero di suddivisioni dell’anno in cui l’interesse viene calcolato e composto, il denaro a fine anno ammonterà a (1+1/n)n S. È naturale chiedersi quanto buono sarebbe il nostro investimento se facessimo diventare infinito il numero di volte in cui l'interesse è composto in un anno. n 1 2 3 4 10 100 1.000.000 (1+1/n)n 2 2,25 2,370370370 2,44140625 2,593742460 2,704813829 2,718280469 Bernoulli usò il Teorema del Binomio per studiare proprio questo limite: e dedusse che esso è un numero finito tra 2 e 3; questa è la prima approssimazione del numero e. 5 di 16 Euler dimostrò che le seguenti due uguaglianze erano verificate: il che aiutò fortemente i primi calcoli delle sue cifre. 3.2) Geologia, archeologia e decadimento radioattivo Gli atomi di cui è composta la materia presentano un nucleo di neutroni e protoni attorno al quale orbitano gli elettroni. I protoni nel nucleo tendono a respingersi per via dell’interazione elettromagnetica che dà luogo ad una forza di Coulomb tra le loro cariche positive, ma a tenerli insieme e assicurare la struttura del nucleo incorre un’altra delle forze fondamentali, quella “nucleare forte”, che è 100 volte maggiore della prima. Un piccolo nucleo è generalmente stabile quando il numero di protoni (Z) è uguale al numero di neutroni, ma se ci si sposta verso nuclei più grandi c’è un bisogno ulteriore di neutroni che intensifichino la forza nucleare forte per far fronte a quella elettromagnetica sempre crescente. 6 di 16 Quando un nucleo però presenta un alto numero di particelle, e ciò si verifica almeno per numeri atomici Z>83 (Polonio), le forze attrattive non riescono più in nessun modo a bilanciare le forze repulsive e il nucleo può decadere in uno più stabile, emettendo particelle ed energia (conservazione massa/energia e quantità di moto). I tipi di decadimento radioattivo principali sono tre: emissione di particelle alfa, emissione di particelle beta, emissione di radiazioni gamma. In questa classificazione le radiazioni sono ordinate per pericolosità per l’uomo: le particelle alfa non penetrano quasi nessuna superficie solida, essendo nuclei di elio; le particelle beta sono semplicemente elettroni, quindi molto meno massive delle alfa e infine le gamma sono onde elettromagnetiche ad altissima frequenza. Madame Curie notò che l’emissione radioattiva di un materiale era direttamente proporzionale alla quantità di materiale radioattivo (nel suo caso di Uranio) presente nel campione e che quindi l’elemento radioattivo dimezzasse in quantità in un tempo fisso, chiamato tempo di dimezzamento. Il fatto che in natura esistono elementi radioattivi con periodo di dimezzamento noto consente di datare avvenimenti accaduti da poche centinaia a qualche migliaio di anni fa. Il carbonio-14 o radiocarbonio è uno dei più importanti: è composto da 6 protoni e 8 neutroni ed è un isotopo radioattivo del carbonio nel quale nucleo attraverso il decadimento β un suo neutrone si trasforma in un protone liberando un elettrone e un neutrino, facendolo diventare un atomo di azoto. Willard Libby, verso la fine degli anni 40 scoprì il tempo di dimezzamento del Carbonio-14 (5730 anni) e con esso ideò e mise a punto il metodo di datazione di reperti organici, che gli valse il Nobel nel 1960. Con il metodo del Carbonio-14 è possibile datare tracce e resti umani, animali, fibre vegetali, strutture in legno e tutti quei reperti fossili e archeologici che conservano una traccia di carbonio. Dato che il Carbonio-14 si forma e decade continuamente, si può supporre costante nel tempo la sua abbondanza relativa rispetto al carbonio-12. Le piante assorbono dall'aria indistintamente Carbonio-14 e Carbonio-12 e con esse anche gli esseri viventi che si cibano di queste piante. La proporzione dei due isotopi del carbonio resta costante fino al momento della morte dell'organismo. Da quel momento cessa l'interazione con la biosfera e, non essendoci nuovo apporto, il carbonio-14 inizia a decadere. Misurando la quantità di Carbonio-14 rimasto è stato possibile datare eventi geologici a partire dall'ultima glaciazione. Spieghiamo ora più in dettaglio la legge matematica che governa il decadimento radioattivo: sia N(t) la funzione che determina il numero di atomi ancora non decaduti fino all’istante t. Dopo un certo intervallo di tempo ∆t un certo numero di atomi ∆N è decaduto e quindi il numero N di atomi, ancora attivi all’istante t, è diminuito della quantità ∆N. Questa quantità ∆N è proporzionale al numero N di atomi non decaduti (dimezzando il numero di atomi che possono decadere, dimezzeranno anche i decadimenti). 7 di 16 La costante di proporzionalità si indica con la lettera λ, si chiama “costante di decadimento” ed è propria di ogni elemento e isotopo radioattivo. L’equazione differenziale quindi impostata ha come soluzione una equazione che rappresenta un decadimento esponenziale, dove compare il numero e. 3.3) Biologia e sostenibilità: La crescita esponenziale, modello malthusiano e modello logistico Molti altri processi naturali riguardano grandezze che aumentano o diminuiscono con una rapidità proporzionale al loro valore: ad esempio la massa di una coltura di batteri che si sviluppano in un ambiente nutritivo adeguato. Tutte le funzioni il cui tasso di crescita è direttamente proporzionale al valore della funzione stessa, sono crescite (o decadimenti) esponenziali. Più questo valore è alto, più la funzione crescerà o decrescerà rapidamente nelle ascisse successive, che genereranno a loro volta crescite o decrescite maggiori. Facile capire quindi anche intuitivamente che la funzione presenta una monotonia, crescente oppure decrescente a seconda della situazione considerata e che essa tende a infinito o a zero molto più rapidamente di ogni altra funzione. Con il calcolo differenziale abbiamo visto che la forma generale della funzione è: Dove x0 è il numero iniziale di individui o oggetti all’istante t=0 e k è la costante di crescita. L’esempio per eccellenza, oltre al decadimento radioattivo già visto, in cui viene usata questa funzione è il modello dell’inglese Thomas Robert Malthus (1766-1834) di crescita di una popolazione. È il primo e più semplice modello di dinamica delle popolazioni della storia e compare nel suo “Saggio sui principi della popolazione” del 1798. Secondo il modello che abbiamo enunciato prima, la crescita della popolazione dipende dal numero di individui presenti in un certo istante perché, più possibili genitori ci sono, più figli all’anno potrebbero nascere. Per fare un esempio si pensi ad un modello discreto, in cui una colonia formata inizialmente da N0 batteri ha un tasso netto di crescita (cioè differenza tra natalità e mortalità) costante e positivo, in cui ogni istante ogni batterio dà vita ad un altro 8 di 16 batterio. Sia Nt il numero di batteri in un certo istante di tempo t, allora vale la relazione: I termini di questa successione ricorsiva crescono in progressione geometrica, poiché il rapporto tra un termine e il precedente, chiamato ragione e indicato con q, è sempre constante e in questo caso è 2: N0, 2N0, 4N0, 8N0, .... La legge per calcolare il termine t-esimo di questa progressione, e quindi per calcolare il numero di individui presenti nell’istante t è quindi: Se consideriamo intervalli di tempo sempre più piccoli, possiamo portare il modello dal discreto al continuo, arrivando quindi ad ottenere una crescita esponenziale. Infatti ponendo k = ln(q) -> q = ek, la funzione diventa: Dove k è il potenziale biologico o tasso di crescita della popolazione. Per k<0 la popolazione tende ad estinguersi, per k=0 essa rimane costante, e per k>0 la popolazione tende a crescere in modo repentino come nell’esempio dei batteri. Quello che preoccupava Malthus era questa pericolosa e vertiginosa crescita della funzione. Nel suo testo sostenne che l’incremento demografico avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con conseguente penuria di generi di sussistenza per giungere all’arresto dello sviluppo economico, poiché la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, cioè esponenziale, quindi più velocemente della disponibilità di alimenti, che crescono invece in progressione aritmetica e ne segue che l’aumento delle risorse non riesce a tenere il passo con la crescita della popolazione. “Posto che la popolazione attuale ascenda a 1000 milioni, la razza umana crescerebbe secondo i numeri 1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, e i viveri secondo i numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9. In due secoli la popolazione si troverebbe, rispetto ai viveri, come 256 a 9; in tre secoli, come 4096 a 13; in duemila anni la differenza sarebbe quasi impossibile a calcolarsi.” Malthus prevede dunque gli scenari peggiori per il futuro dell’umanità, dando il via alla corrente pessimistica del malthusianesimo, favorevole a frenare la naturale crescita della popolazione attraverso per esempio l’astensione dal matrimonio. Malthus si fa precursore e ispiratore della teoria evoluzionistica di Charles Darwin, volendo lasciare intatto il naturale principio secondo cui i forti prevalgono sui deboli, lasciando entrambi liberi e privi di qualunque assistenza, in modo tale da colmare il divario tra le risorse per la 9 di 16 sussistenza e la crescita demografica. La teoria però prevede qualcosa che in realtà non avviene, perché se le popolazioni effettivamente seguissero il modello maltusiano di crescita, oggi non ci sarebbe più spazio nell’intero universo per accogliere per esempio le colonie batteriche che si riproducono, tale è la rapidità con cui esse dovrebbero essere arrivate a crescere. Cos’è quindi che impedisce il verificarsi di tali situazioni di sovrappopolazione estrema? La verità è che nessuna popolazione potrà mai mantenere a lungo una crescita esponenziale, perché interverranno a rallentarla i limiti imposti dall’ambiente, i quali faranno aumentare il tasso di mortalità e diminuiranno quello di natalità. Si pensi sempre alla colonia batterica, la quale ad un certo punto della sua crescita esponenziale comincerà a risentire della limitatezza dello spazio e delle sostanze nutritive. Più individui ci sono in un ambiente e meno cibo e spazio sarà disponibile per ciascuno, in alcuni casi inoltre una sovrabbondanza di individui attira un numero maggiore di predatori e una popolazione densa favorisce il diffondersi di malattie. Tutti questi fattori contribuiscono ad aumentare il tasso di mortalità in modo proporzionale al numero degli individui presenti. Le proporzionalità ora che intercorrono nella nuova funzione, che per semplicità consideriamo discreta, sono quella del modello malthusiano e quella del tasso di mortalità: Il tasso di crescita è la differenza tra il tasso di natalità (r) e quello di mortalità (m): La quale si può scrivere semplicemente in modo ricorsivo: Ponendo in un grafico la successione ottenuta si vede come effettivamente, durante le prime fasi caratterizzate da una abbondanza di risorse, la crescita segue quasi un 10 di 16 andamento esponenziale, ma all’aumentare del tempo la funzione presenta un flesso e comincia a decrescere, avvicinandosi asintoticamente a quella che viene chiamata “capacità portante dell’ambiente”, rappresentata dalla retta orizzontale di altezza y=r/p. Nel caso del grafico sopra sono stati presi i seguenti valori r=1/2, p=1/1000 e N 0=1 Questo modello, che tiene conto dei fattori ambientali che limitano la crescita della popolazione, è detto “di crescita logistica” e fu proposto dal matematico belga Pierre Verhulst nel 1837. Il modello di crescita logistica riflette appieno quello che viene chiamato dai demografi il fenomeno della transizione demografica, cioè il passaggio dal regime demografico tradizionale, basato su alti livelli sia di natalità sia di mortalità, soprattutto infantile, al regime demografico moderno, che è viceversa caratterizzato dai bassi livelli sia delle nascite sia dei decessi. La prima fase della transizione demografica, cioè un intenso e prolungato aumento della popolazione, iniziò in Europa occidentale nella seconda metà del Settecento e si estese all’Europa orientale e meridionale nel secondo Ottocento. Tale aumento fu dovuto al fatto che la natalità rimase alta ma la mortalità diminuì, a causa della scomparsa della peste, dell’aumento delle risorse alimentari, poi delle migliorate condizioni igieniche delle città: queste cause erano in gran parte legate alle 11 di 16 rivoluzioni agricola, industriale e dei trasporti, e ciò spiega la precocità della transizione in Inghilterra e nell’Europa nord-occidentale, rispetto al resto del continente. Il declino della mortalità in Europa è stato un fenomeno di lungo corso, che ha riguardato molte differenti generazioni e con un’alta natalità e una mortalità in calo, la popolazione europea aumentò molto e rapidamente tra l’Ottocento e il 1914, tanto che in quel periodo 50 milioni di europei emigrarono verso le Americhe e l’Australia. Si è visto come, anche matematicamente parlando, con un tasso di crescita positivo la popolazione cresce molto rapidamente e in modo esponenziale, e dato che questo accadde proprio negli anni in cui Malthus fece le sue osservazioni, probabilmente lo portò a non considerare l’effettiva esistenza di un limite ambientale e che la crescita non si sarebbe mai arrestata. Ma dato che si sa che nessuna crescita può rimanere di carattere esponenziale tanto a lungo, inizia ad un certo punto una nuova fase della transizione. Nel momento in cui la dimensione complessiva della popolazione comincia ad ostacolare il successivo processo di crescita, si riduce progressivamente anche il tasso di natalità. Questo calo avvenne nel nostro continente a inizio Novecento, favorito anche dall’industrializzazione e l’urbanizzazione le quali cambiarono la considerazione dei figli da utili lavoratori nei campi a pesanti bocche da sfamare. Anche la stessa diminuzione della mortalità fu causa della seconda fase della transizione, infatti man mano che aumentarono i figli che sopravvivevano, i genitori iniziarono a generarne un numero minore. Ciò fu al contempo causa ed effetto di una grande trasformazione della mentalità e dei comportamenti, in cui ebbe un ruolo fondamentale la progressiva emancipazione femminile, nella seconda metà del Novecento: si passò da un sistema di procreazione naturale a forme sempre più efficaci di controllo e di programmazione delle nascite (la “pillola” contraccettiva iniziò a diffondersi negli anni ’60). In tutta Europa il calo della natalità iniziò negli anni ’20 e fu molto forte durante la Seconda guerra mondiale. Dopo una temporanea inversione di tendenza dal dopoguerra agli anni ’60 (il cosiddetto “baby-boom”), la natalità tornò a calare fino a toccare negli anni settanta la cosiddetta “crescita 0”, cioè un equilibrio al ribasso tra nati e morti in tutto il Nord del mondo, un riallineamento dei due tassi su valori molto più bassi del regime tradizionale: così si concluse la transizione, che instaurò il regime demografico moderno. 3.4) Magnitudine delle stelle e legge di Weber-Fechner Il numero di Nepero si è reso molto utile in numerosi campi per la descrizione di alcuni fenomeni naturali, come ad esempio in psicofisica dove compare nella legge di WeberFechner, la quale cerca di descrivere la relazione che intercorre tra la percezione umana dell’intensità di uno stimolo e la reale portata fisica di quest’ultimo, così da quantificare effettivamente per la prima volta una sensazione. 12 di 16 Celebre è l’esperimento di Weber, che evidenziò come la percezione umana della variazione di peso di un oggetto tenuto in mano non è costante, ma dipende dal peso stesso. Tenendo per esempio in mano un chilo di qualche materiale, l’aggiunta di un altro chilo è molto rilevante a livello percettivo, ma se all’inizio il peso è di 10kg, l’aggiunta dello stesso chilo viene percepita molto debolmente. Si arriva quindi a stabilire la seguente relazione, che non è lineare, ma è logaritmica: Come si nota, la percezione (p) è direttamente proporzionale non allo stimolo (S), ma al logaritmo in base e (ln) di esso, ed è quindi spiegato il fatto che accade nell’esperimento precedente. Per un organismo è molto importante avere un’ampia gamma di intensità di stimoli percepibili, ma una grande sensibilità alla variazione di questi è richiesta solo a livelli bassi di intensità. Condizioni pressoché soddisfatte da un andamento logaritmico della percezione. La legge spiega anche perché di giorno non si vedono le stelle. Di notte la loro luce rappresenta un certo incremento di intensità su quella del cielo. Di giorno lo stesso incremento si aggiunge ad una intensità della luce del cielo molto più grande ed è quindi impercettibile. Nel II secolo a.C. Ipparco di Nicea aveva classificato le grandezze delle stelle rispetto alla loro luminosità (dato che un tempo si pensava che le stelle stessero tutte alla stessa distanza nel cielo delle stelle fisse, vedi Dante), e le aveva raggruppate in 6 classi di luminosità, e quindi di grandezza, decrescente in modo lineare secondo la percezione visiva. Ma la linearità nella percezione visiva abbiamo visto che non corrisponde ad una linearità nella effettiva luminosità di una stella, e quindi le 6 classi di luminosità furono mantenute, ma diventarono 6 magnitudini, ancora oggi usate per la classificazione delle stelle per luminosità, tali che una stella di magnitudine 1 è fisicamente 100 volte più luminosa di una stella di magnitudine 6. Si riuscì quindi a codificare la formula, usata tutt'oggi, mediante cui si legano magnitudine apparente (la luminosità risultante di una stella agli occhi di un osservatore terrestre), la magnitudine assoluta (quella percepita da un osservatore posto arbitrariamente a 10 parsec di distanza) e la distanza effettiva di una stella: Dove il logaritmo è in base dieci per convenienza di calcoli. 13 di 16 4. Estensione di ex nel campo complesso Voglio ora dare un significato alla famosa identità di Eulero: eiπ+1=0 estendendo la definizione di ex in modo che abbia significato anche nel campo complesso e che conservi la legge degli esponenti: ea · eb = ea+b. L’identità è considerata tra le più affascinanti della matematica poiché pone in una semplice relazione cinque numeri importanti e significativi, all’apparenza completamente slegati fra loro; perfino Richard Feynman chiamò la formula di Eulero "la formula più straordinaria in matematica". Se poniamo z = x+iy, per la legge degli esponenti deve risultare: ez = ex+iy = ex · eiy . Dobbiamo quindi capire che valore assegnare al numero complesso eiy. Supponiamo che, al variare di y, eiy = a(y) + ib(y); con a, b funzioni derivabili almeno due volte. Se deriviamo due volte e immaginiamo di poter utilizzare le usuali regole di derivazione, otteniamo: eiy = a(y) + ib(y) ieiy = a’(y) + ib’(y) −eiy = a’’(y) + ib’’(y) Inoltre, poiché e0 = 1, risulta a(0) = 1, a’(0) = 0, b(0) = 0, b’(0) = 1. Dalla prima e dalla terza equazione, si ottiene a’’(y) = −a(y) b’’(y) = −b(y) e da queste due equazioni, unitamente ai valori di a e b prima trovati si ottiene a(y) = cos(y), b(y) = sin(y) e dunque eiz = ex (cos(y) + isin(y)). Da tale formula possiamo ottenere: eit = cos t + i sin t 14 di 16 e−it = cos t − i sin t Sostituendo a t il numero π otteniamo l’identità di Eulero cercata: 5. Conclusioni Questa ricerca sul numero di Nepero e le funzioni esponenziali è stata una esperienza produttiva e fruttifera, che mi ha permesso di conoscere legami tra materie che all’inizio sembravano più lontane tra loro, inoltre ha esercitato la mia capacità di ricerca, di utilizzo della bibliografia, di sintesi, di linguaggio e di interpretazione anche di testi in lingua inglese. Le rappresentazioni grafiche e le scritture matematiche hanno richiesto una discreta padronanza dei software, come Geogebra e Maple, e dei rispettivi linguaggi di programmazione. 15 di 16 6. Bibliografia [1] R. A. Adams "Calcolo Differenziale 1", quarta edizione Casa Editrice Ambrosiana (2007) [2] S. Andreou, J. Lambright "A Reflection of Euler's Constant and Its Applications", 2012 Int. Trans. J. of Eng., Management, & Appl. Sciences & Technologies, (2012) pp 371-380 [3] J. J. O'Connor and E. F. Robertson “The numer e”, http://www-history.mcs.standrews.ac.uk/PrintHT/e.html [4] J.L. Coolidge "The number e", The Amer. Math. Mounthly, vol 57, (9) 1950, pp 591602. [5] G. F. Simmons, M. Abate "Calcolo differenziale e integrale", McGraw-Hill (2001) [6] http://spuntieappunti.altervista.org/appunti/numeri/e.shtml 16 di 16