Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata LA COMUNICAZIONE MEDIATA “ I media ridefiniscono l’ambito della territorialità (intima, personale, sociale e pubblica), estendendo il campo di attività degli attori sociali, le arene per la presentazione del loro sè individuale e collettivo, gli scenari dell’interazione, l’accesso a culture ulteriori, gli scambi di informazioni che scavalcano I confini territoriali, le transazioni finanziarie e molto altro…” 1 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata FUNZIONI DEI MEDIA ALL’INTERNO DELLA SOCIETÀ (1): Nella società contemporanea i media: • funzionano come agenzie di socializzazione • esercitano una funzione istituzionale: • normativa • bardica • autolegittimante • moltiplicano la mobilità, comprimendo lo spazio e il tempo • costruiscono la realtà sociale attraverso processi di selezione, naturalizzazione e legittimazione 2 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata FUNZIONI DEI MEDIA ALL’INTERNO DELLA SOCIETÀ (2): • Forniscono le risorse simboliche per il rafforzamento di identità e consentono nuovi percorsi di formazione dell’identità individuale • Consentono nuove modalità di autoposizionamento nel mondo sociale e per l’interazione • Attraverso la propria natura (aspetto “strutturale”) in contesti macro e micro-sociali • Attraverso i propri contenuti (processi di semplificazione della realtà a fini interpretativi) 3 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata EVOLUZIONE DEGLI STUDI SUL RUOLO DEI MEDIA NELLA SOCIETÀ: Da Paradigma degli effetti (media come inoculatori di messaggi, pubblico come target) A Media come ambienti di relazioni e repertori di risorse simboliche (media come costruttori di ambienti, pubblico attivo e dotato di consapevolezza) 4 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata LA FUNZIONE STRUTTURALE: I MEDIA COME AMBIENTE • I processi di compressione spaziotemporale propri della modernità trovano origine nello sviluppo tecnologico e veicolo e sostegno nei media • La dimensione locale si scopre non autosufficiente e connessa tramite profondi e influenti legami con ciò che le è geograficamente lontano • Secondo McLuhan, lo spazio scompare (svalorizzazione tout-court della località); secondo Castells, lo spazio si trasforma (la “network society” come nuovo paradigma; il luogo diventa nodo, aperto e permeabile, attraversato da flussi) • Nuova dialettica globale/locale: il globale contribuisce a costruire il locale (“il fuori come parte del dentro”); fine della monogamia geografica 5 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata MODELLI DI RISPAZIALIZZAZIONE • Globalizzazione: la dimensione locale si è estesa all’intero pianeta; tutto è “qui”, compreso l’altro • Aspazialità-despazializzazione: lo spazio, scavalcabile sia fisicamente (con effetti deterritorializzanti) che simbolicamente (con effetti delocalizzanti), si ridefinisce e pluralizza, e così facendo perde il suo ruolo orientante • Reticolarità: una topografia culturale basata sugli stati-nazione risulta obsoleta; i media contribuiscono a costruire nuove possibilità di connessione e relazione, trasformando i luoghi in nodi di passaggio e smistamento dei flussi 6 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata MODELLI DI RISPAZIALIZZAZIONE (2) I processi di rispazializzazione disegnano almeno cinque paesaggi della contemporaneità, fra loro intrecciati: • Ethnoscapes: paesaggi disegnati da flussi di soggetti in movimento; • Mediascapes: paesaggi disegnati dal flusso transnazionale delle immagini mediali, dalle periferie al centro del mondo; • Tecnhoscapes: paesaggi disegnati dai flussi diffusori delle tecnologie e dalle loro diseguaglianze; • Ideoscapes: paesaggi disegnati dal flusso di valori e parole chiave propri di una cultura • Financescapes: paesaggi disegnati dai flussi di capitali finanziari 7 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata IDEOSCAPES: ISLAM E DEMOCRAZIA • Ideoscapes: concatenazioni esplicitamente politiche di immagini relative a ideologie e controideologie; • L'idea di democrazia, centrale nell'ideoscape dell'occidente, è problematizzata in quello islamico dal sacrificio della dimensione razionalistica (Averroè) a vantaggio di quella meno illuminata (Avicenna), percepita, in un momento di crisi quale l'attuale post-colonialismo globalizzato, come più utile a una ricompattazione popolare; • Ricompattazione come strategia di resistenza prima e rivalsa poi sulla colonizzazione occidentale; 8 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata IDEOSCAPES: ISLAM E DEMOCRAZIA (2) • La libertà di pensiero viene associata nella cultura araba al concetto di shirk (“associare”), contrario di islam (“sottomettersi”); shirk è il caos pre-islamico e ha quindi connotazione negativa; • L'ambito ideale per la realizzazione personale, che in Occidente è rappresentato dalla democrazia, nel mondo islamico è la rahma (empatia fra i membri della comunità); • L‘Occidente sceglie di rinunciare a parte della propria libertà per ottenere la pace attraverso il controllo sull'individuo; la cultura araba propone invece la rinuncia alla ahwa (desideri personali, ma anche “opinione personale”) come chiave per raggiungere la rahma; • La permeabilità dei confini aggiunge alla paura del caos interiore la minaccia del mondo extra-islamico, portatore di valori nocivi; 9 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata IDEOSCAPES: ISLAM E DEMOCRAZIA (3) • La deteriorializzazione conseguente al processo migratorio (che passa dalla cancellazione della dimensione religiosa dall'evidenza sociale nel paese ospitante), induce il singolo/comunità a problematizzare la propria identità; per risolvere questa impasse, il territorio virtuale fornito dai media diventa luogo della umma, o comunità dei credenti, “globale”, su base ideale e non territoriale; • La Rete in questo senso agisce come spazio di elaborazione di identità complesse e bacino di risorse simboliche; • Il nuovo paesaggio mediatico sviluppatosi intorno ad Al Jazeera (“digital islam”) funziona come: • spazio di autorappresentazione; • potenziale territorio di opposizione al fondamentalismo (arte del jadal nei talk show); 10 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata Il nuovo mediascape islamico conduce a una problematicizzazione degli hudud o confini protettivi (personali e sociali), con ricadute emancipatorie per realtà come quella femminile e altresì conseguente inasprimento del fondamentalismo 11 ISLAM (in arabo ﺇإﺱسﻝلﺍاﻡمda pronunciare "Islàm", che significa sottomissione, abbandono [a Dio]), è una religione monoteista manifestatasi nella cittadina higiazena di Mecca ( Penisola Araba) nel VII secolo in seguito alla predicazione di Maometto (in arabo ﻡمﺡحﻡمﺩد, Muhammad), considerato dai musulmani l'ultimo e definitivo profeta inviato da Dio (in arabo ﺍاﻝلﻝلﻩه, Allāh) al mondo intero, cioè a tutti i popoli, incluse le comunità religiose precedenti, di cui peraltro si accettano gli assunti e i profeti (da Adamo a Noè, da Abramo a Mosè, fino a Gesù), sebbene si ritenga che le rispettive religioni istituite da Dio per mezzo di tali profeti siano state alterate dal fluire del tempo e dalla malizia degli uomini. L'Islam, secondo i musulmani, è l'ultima religione celeste istituita da Dio ed è destinata a perdurare, inalterata, fino al Giorno del Giudizio. Essendo universalistica ed egalitaria, la religione islamica tende ad accogliere tutti gli esseri umani, senza distinzioni di sorta." 12 • Quanto al lessico impiegato, se in contesti linguistici diversi da quello italiano la differenza fra il termine Islam e Islamismo è abbastanza sfumata, in Italiano una diversità sostanziale invece esiste, perché con la parola Islam s'intende quell'insieme di atti di fede, di pratiche rituali e di norme comportamentali che è praticato da sunniti e sciiti che, insieme, rappresentano quasi il 99% dei fedeli musulmani, mentre il termine Islamismo indica di fatto una concezione dell'uomo e del mondo che s'ispira ai valori dell'Islam ma che si esprime a livello politico. La disciplina che studia l'Islam è tradizionalmente detta in italiano islamistica, e islamisti sono detti i suoi cultori e studiosi. Senonché, per il disinvolto e improprio uso fattone dai media, il termine "islamista" tende a essere percepito dalla massa come sinonimo di "estremista islamico", generando difficoltà per gli studiosi della materia che potrebbero ricorrere al gallicismo islamologi (e qualcuno, in ambiente non specialistico, ha cominciato a farlo da qualche anno), se ciò non fosse tuttavia completamente estraneo alla tradizione culturale accademica del nostro Paese dove l'islamistica rimane in tutti gli ambiti scientifici la dizione ufficiale della branca disciplinare relativa alla cultura dell'Islam." • Altra crescente confusione riguarda negli ultimi anni gli aggettivi sinonimi musulmano e islamico. Oggi il secondo aggettivo - per l'uso improprio che ne fanno i media - si è fortemente caricato di connotazioni negative, in quanto trasformato in sostantivo utile a indicare i militanti di movimenti radicali che spesso tracimano nel terrorismo. Sicché oggigiorno i linguisti osservano una crescente divaricazione semantica nell'uso dei due termini, inizialmente perfetti sinonimi: "musulmano", a differenza di "islamico", sembra tuttora mantenere una connotazione più neutra e meno legata ad aspetti ideologici ed emotivi connessi con l'attualità." 13 LA FEDE • La fede islamica predicata da Maometto aveva una struttura semplice, basata su tre articoli fondamentali:" • Unicità di Allah" • Profezia di Maometto" • Mistero dei giorni estremi" • Per essere un "uomo dell'islam" si deve possedere perfettamente la fede in questi principi ed esercitare il bene e la pietà (birr). Le parole "Islam" e "salam" (pace) hanno la stessa radice consonantica e sono come fuse. L'Islam si configura quindi come "intima pace dell'uomo con Dio" e il mùslim (musulmano) è colui che si affida con pienezza al Signore. Questo fiducioso abbandono è manifestato dal credente assolvendo per quanto può ai doveri espressi dai cinque arkàn al-Islàm, vale a dire i cinque "pilastri della fede islamica"." • A differenza del Cristianesimo, l'Islam non prevede un'ortodossia (un'intima persuasione di fede), ma un'ortoprassi, cioè una serie di azioni e comportamenti obbligatori. I comportamenti esteriori sono giudicati secondo la shari'a, la disciplina legale islamica, mentre per quelli interiori il solo giudice è Dio." 14 I PILASTRI DELL’ISLAM • sono quei doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante (pubere e sano di corpo e di mente) per potersi definire a ragione tale. La loro intenzionale evasione comporta una sanzione morale o materiale. Essi sono:" 1. la shahāda, o "testimonianza" di fede (affermazione, espressa con retta intenzione, dell'esistenza in Dio Uno e Unico nella missione profetica di Maometto);" 2. la zakāt, o versamento a scopo pio di un'imposta di "purificazione" della ricchezza, attualmente devoluta volontariamente a organizzazioni di carità o aventi come fine l'islamizzazione all'interno o all'esterno dei paesi islamici;" 3. la ṣalāt, preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momentiche sono scanditi dal richiamo del muezzin delle moschee;" 4. digiuno del mese lunare di Ramadan per chi sia in grado di sostenerlo;" 5. ḥajj, pellegrinaggio canonico a Mecca e dintorni, nel mese lunare per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente." In ambienti come quello hanbalita, si aggiunge un sesto pilastro, il jihad, lo "sforzo", o "impegno per Dio", erroneamente tradotto come "guerra santa" (semmai, nella sua accezione minore, si dovrebbe tradurre "guerra canonica" o "guerra obbligatoria"), che viene invocato ogni volta che la Umma, la comunità musulmana, trovi minacciata la sua esistenza, la sua libertà e la sua sicurezza. Esiste un "jihad minore", o "piccolo" verso un nemico esterno ed un "jihad maggiore", o "grande" verso i nemici interni, intesi come la disubbidienza a Dio, le proprie meschine debolezze e le proprie passionalità peccaminose." 15 Mancanza di clero, scuole teologiche e culto " • Le correnti principali dell'Islam non ammettono né riconoscono clero e tanto meno gerarchie (indirettamente una forma di ambiente clericale esiste però nell'ambito sciita) dal momento che si crede non possa esistere alcun intermediario fra Dio e le Sue creature. Gli imam sono coloro che presiedono alla preghiera, gli ‘ulamā’ interpretano il Corano, i muftì consigliano i fedeli ed esprimono dei pareri in materie giuridiche, mentre i qadi giudicano e applicano il diritto, ma nessuna di queste figura è assimilabile a un sacerdote." • Ognuno è quindi sacerdote di se stesso e responsabile dei suoi errori. Questo fa sì che il discrimine fra quanto è considerato consono all'Islam e quanto gli è contrario potrà scaturire solo dall'approfondito dibattito fra esperti "dottori" ( ʿulamāʾ ). Esiste pertanto un pluralismo di scuole giuridiche e teologiche, con numerose diverse interpretazioni di una stessa fattispecie (salvo, ovviamente, nel caso degli assetti dogmatici che non sono discutibili e contestabili per non incorrere nella pronuncia di kufra (infedeltà massima) che fa conseguire la qualifica di "eretico" (kāfir, pl. kāfirūn). " 16 Testi fondamentali • I testi fondamentali a cui fanno riferimento i musulmani sono, in ordine di importanza:" • il Corano (letteralmente "Recitazione"), che è considerato dai musulmani espresso parola per parola da Dio (Allah). I musulmani ritengono che Maometto abbia ricevuto il Corano da Dio attraverso l' Arcangelo Gabriele, che glielo avrebbe rivelato in lingua araba. È per questo che i fondamentali atti liturgici islamici sono recitati in tale idioma in tutto il mondo musulmano. Dopo la Rivelazione ricevuta da Maometto l'Islamismo crede, per dogma, che nessun altro profeta sarà più identificato da Dio fra gli uomini. Volendo fare un paragone con il cristianesimo, il Corano, più che al Nuovo Testamento, è assimilabile al Cristo stesso, in quanto "Verbo di Dio". Il Corano non venne messo immediatamente per iscritto: Maometto era analfabeta e lo "lesse" per grazia divina via via che l'Arcangelo Gabriele glielo srotolava attorno alla testa come una lunga fascia luminosa; lo memorizzò e lo recitò più volte ai suoi seguaci finché essi stessi non lo memorizzarono. Solo più tardi fu messo per iscritto e da allora il testo è immutabile." • la Sunna (letteralmente "consuetudine") è una serie di detti e fatti di Maometto." • I musulmani credono che siano d'ispirazione divina, ma corrotti dal tempo o dagli uomini:" • キ "il Vangelo; キ "i Salmi;" 17 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata LA RICONFIGURAZIONE CULTURALE DELLO SPAZIO MEDIATICO: • In riferimento ai fenomeni diasporici della modernità, il territorio costruito dai media si offre come • Luogo di interconnessione fra gruppi lontani • Ribalta per culture minacciate • Costruttori di una sfera pubblica condivisa, in assenza di altri spazi d'incontro • Gli small media (video, lettere, viaggi, telefonate...) collegano i segmenti delle diaspore culturali (“produzione di vicinato”), intrecciandosi anche con i mass media e facendo scaturire ibridi mediali come le tv etniche o dell'esilio; 18 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata MEDIA, EMOZIONE E AZIONE Lo sviluppo mediatico della contemporaneità contribuisce: • al sorgere di nuove modalità di azione a distanza; • a estendere delle possibilità di accesso, che consente il “dissequestro dell'esperienza” (Thompson); • a moltiplicare la mobilità simbolica, rafforzando ed esplicitando i legami fra qui e altrove; • a configurare nuove modalità di azione: • dissociazione fra vedere e agire (spettacoli mediati di sofferenza producono risposte che si esauriscono sul solo piano emotivo) • diniego: neutralizzazione dell'angoscia causata da spettacoli di sofferenza percepito come meccanismo di protezione dall'overload informativo (e quindi emotivo); 19 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata SINCRONIE DI AZIONE • I media investono anche la dimensione temporale, sincronizzando e desincronizzando i tempi sociali, attraverso i riti mediali; • Contribuiscono a rendere l'esperienza temporale multipla e discontinua, tramite meccanismi di segmentazione e sovrapposizione che consentono una moltiplicazione dei presenti abitabili; • I media possono altresì farsi ricostruttori di realtà locali o globali comuni; a loro volta, gli usi sociali dei media (e i relativi rituali) creano e sostengono nuovi regimi spaziotemporali che confluiscono nei paesaggi della modernità; • Le risorse simboliche generate dal rito funzionano da confini ambivalenti: mentre caratterizzano e distinguono, altresì distinguono e separano; • I media si fanno palcoscenici di riti di passaggio tesi a produrre soggetti locali in funzione difensiva da parte della comunità locale verso minacce esterne, e di riti di degradazione e demonizzazione dell'avversario, finalizzati all'autolegittimazione; 20 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata LA FUNZIONE RELAZIONALE: MEDIARE LE INTERAZIONI • I media non soltanto ridefiniscono lo spazio sociale (funzione strutturale), ma ristrutturano anche quello personale (funzione relazionale); • I media pluralizzano ed estendono gli abiti relazionali, sia in termini quantitativi che configurando nuove cornici di interazione; • Thompson identifica tre tipi di interazione: • interazione faccia a faccia • interazione mediata • quasi interazione mediata 21 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata LA FUNZIONE RELAZIONALE: MEDIARE LE INTERAZIONI (2) La possibilità di praticare l'intimità reciproca a distanza tramite telefono/Rete è risorsa fondamentale per il migrante sotto diversi aspetti: • manutenzione della sociability (prevalenza della funzione fatica); • costituzione di un nodo (anche mobile, cfr. telefonia cellulare) di un network; • spazio in cui praticare la propria identità (ad es. parlando la lingua madre) con conseguente disomogeneizzazione dello spazio fisico di inserimento; • possibilità di strategie e tattiche di presentazione del sé a distanza (selezionando le informazioni); 22 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata CORNICI INTERPRETATIVE E RISORSE SIMBOLICHE • I media operano come produttori (fornendo contenuti) e vettori (fornendo gli spazi virtuali) di risorse simboliche utilizzate dagli attori sociali per definire e interpretare il mondo, comunicare e stabilire appartenenze; • Le immagini mediali sono rappresentazioni sociali dotate di oggettività, capaci di aggregare e produrre azione collettiva; l'immaginazione è, nella modernità, una proprietà collettiva non più utilizzata in funzione escapistica ma come terreno dove modellizzare azioni possibili; • I processi di naturalizzazione, normalizzazione e legittimazione delle immagini mediali hanno funzione di • costruttori di cornici interpretative macro e micro • produttori e riproduttori del “senso comune” su cui si basa la capacità del soggetto di interagire fluidamente con gli altri membri del gruppo 23 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata I media non sono finestre trasparenti sul mondo; la logica che ne sottende in funzionamento non è la riproduzione, quanto la rappresentazione 24 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata I MEDIA COME MECCANISMI DI RAPPRESENTAZIONE Possibili significati di “rappresentazione”: • immagine della realtà sottesa da un processo di selezione del punto di vista e degli aspetti da valorizzare (accento sulla produzione); • oggetto di sguardo, a partire da un frame comunicativo (accento sulla fruizione); • rappresentanza, lo “stare per” qualcosa di non presente (accento sulla funzione); Rappresentare significa proiettare in modo convincente una definizione della situazione in presenza di qualcuno; il legame con la realtà delle rappresentazioni tende a volte a oscurarne la funzione discorsiva 25 Giaccardi, La comunicazione interculturale, Il Mulino, 2005 Capitolo 3. La comunicazione mediata I MEDIA COME MECCANISMI DI RAPPRESENTAZIONE (2) • In assenza di esperienza diretta, le rappresentazioni mediali possono costruire frames di lettura della realtà; • Emblematica è la rappresentazione mediale dello straniero, caratterizzata da orientalismo, deindividuazione e stereotipo, con ricadute: • sulla definizione del frame interpretativo dello straniero (percepito come minaccia); • sul rafforzamento di alcuni aspetti del senso comune (senso di insicurezza -- “tautologia della paura”); • sulla legittimazione (l’integrazione, non-notiziabile, scompare dall’orizzonte sociale); • sull'autopoiesi (i frame interpretativi prodotti rafforzano le tesi dell’enunciatore) 26 • Il fondamentalismo religioso è un atteggiamento mirante a imporre un’interpretazione letterale dei testi fondamentali di una religione e una loro applicazione a ogni aspetto della vita sociale, economica e politica. Risposta alla globalizzazione In un mondo sempre più globalizzato che esige motivazioni razionali, il fondamentalismo fa appello a risposte basate sulla fede e sulla tradizione. 27 profeti sacerdote imam • Religioni monoteistiche (origine in medio Oriente) - Giudaismo (o ebraismo): risale circa al 1000 a.C.; fede in un unico Dio onnipotente; Dio richiede obbedienza a rigidi codici morali; certezza nel monopolio della verità. - Cristianesimo: risale a circa 2000 anni fa; filiazione del giudaismo; cattolicesimo, protestantesimo e ortodossia sono le principali ramificazioni. - Islam: risale al VI secolo d.C.; il profeta Maometto ne è il fondatore; Allah ha il dominio su tutta la vita umana e naturale. 28 • Fondamentalismo religioso Cristiano Islamico - Bibbia ⇒ guida per tutte le attività umane; - si erge contro la ‘crisi morale’ prodotta dalla modernizzazione. - 1978-79 ‘rivoluzione islamica’ iraniana guidata da -Khomeini; costruzione di uno Stato fondato sulla legge islamica tradizionale; - la religione è il fondamento della vita economica e politica. Es. ‘nuovi conservatori’ negli Stati Uniti Risveglio islamico 29 appendice La questione araba 30 ISRAELE • " L'attuale stato d'Israele è sorto il 14 maggio 1948, alla scadenza del Mandato britannico della Palestina. La Legge Fondamentale del 1980 (Israele, come la Gran Bretagna, non ha una Costituzione scritta) afferma che la capitale è Gerusalemme; tuttavia, lo status di Gerusalemme non è riconosciuto dalla comunità internazionale in quanto territorio occupato ed è contestato dalla Autorità Nazionale Palestinese che rivendica la parte orientale della città quale sua capitale. Tutti gli Stati che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono infatti le proprie ambasciate a Tel Aviv o nelle vicinanze, in ossequio a quanto disposto in sede di Consiglio di Sicurezza e Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ad oggi, Israele ha raggiunto accordi ufficiali sui confini solo con Egitto (1979) e Giordania (1988); continuano a non essere mutuamente riconosciuti quelli con Siria e Libano. Resta a tutt'oggi in discussione anche lo status finale di Cisgiordania e Striscia di Gaza (da cui Israele si è ritirata completamente nell'estate del 2005). " 31 Il Sionismo e il Mandato britannico Lo stato di Israele • La popolazione ebraica, ridottasi a circa 10.000 unità all'inizio del XIX secolo, ricominciò ad aumentare alla fine dell'Ottocento. Fu in quel periodo che si sviluppò il sionismo, movimento nazionale che auspicava la creazione di un'entità politica ebraica in Palestina e che ebbe da allora prima di Theodor Herzl e poi in David Ben Gurion il suoi promotori." • Alla fine della prima guerra mondiale, la Società delle Nazioni trasferisce la Palestina sotto il controllo dell'Impero britannico, togliendola all'Impero Ottomano. I Britannici, con la Dichiarazione Balfour, si erano fatti promotori della costituzione di una patria (national home) ebraica in Palestina. L'avvento del Nazismo e la tragedia della Shoah portarono ad un ulteriore flusso migratorio di ebrei provenienti da diverse nazioni europee incoraggiati anche da Ben Gurion che vedeva nell'immigrazione e nell'aumento della popolazione l'unico mezzo per Israele di affermarsi. A seguito della massiccia immigrazione di popolazioni ebraiche provenienti in gran parte dall'Europa orientale, organizzata per lo più dal movimento sionista, la popolazione ebraica nella regione che poi sarebbe divenuta Israele, passò dalle circa 80.000 unità registrate nel 1918 a 175.000 nel 1931 e a 400.000 nel 1936." • A tale movimento migratorio, a partire dal 1935 e sino al 1939, si oppose, anche con la violenza, la maggioranza araba della popolazione locale, dando vita a quella che fu poi definita come Grande rivolta araba (1935-1939): un'esplosione di violenza e terrore tesa sia a rivendicare l'indipendenza dal mandato britannico e la creazione di uno Stato indipendente palestinese, sia la fine dell'immigrazione ebraica e l'espulsione dei nuovi arrivati. Nel marzo 1939, alla fine della rivolta, secondo fonti britanniche, si contavano tra i caduti circa 5.000 arabi, 400 ebrei e 200 britannici, a cui andavano ad aggiungersi diverse centinaia di feriti da entrambe le parti." 32 • Per porre fine alla rivolta, nel 1939 l'amministrazione britannica pose forti limitazioni all'immigrazione e alla vendita di terreni a ebrei e respinse le navi cariche di immigranti ebrei in arrivo, purtroppo proprio alla vigilia della Shoa. Vari movimenti sionisti, dotati di bracci militari clandestini, frattanto, e sin dalla metà degli anni '30, passarono ad operare attivamente per la creazione dello Stato d'Israele, operando violenze (a volte con caratteri terroristici) contro gli Arabi di Palestina e le istituzioni britanniche, provocando a loro volta centinaia di morti e feriti." • Nel 1947 l'Assemblea delle Nazioni Unite, dopo sei mesi di lavoro da parte dell'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), il 29 novembre approvò la Risoluzione dell'Assemblea Generale n. 181, che prevedeva la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo in Palestina, con la città e la zona di Gerusalemme sotto l'amministrazione diretta dell'ONU." • Nella sua relazione l'UNSCOP si pose il problema di come accontentare entrambe le fazioni, giungendo alla conclusione che soddisfare le pur motivate richieste di entrambi era "manifestamente impossibile", ma che era anche "indifendibile" accettare di appoggiare solo una delle due posizioni. Nel decidere su come spartire il territorio considerò, per evitare possibili rappresaglie da parte della popolazione araba, la necessità di radunare tutte le zone dove i coloni ebrei erano presenti in numero significativo (seppur spesso in minoranza) nel futuro territorio ebraico." • Le reazioni alla risoluzione dell'ONU furono diversificate: la maggior parte degli ebrei, rappresentati ufficialmente dall' Agenzia Ebraica, l'accettarono, pur lamentando la non continuità territoriale tra le varie aree assegnate allo stato ebraico. " • La Gran Bretagna, che negli anni 30 durante la Grande Rivolta Araba aveva già tentato diverse volte senza successo di spartire il territorio tra la popolazione araba preesistente e i coloni ebrei in forte aumento, si astenne nella votazione e rifiutò apertamente di seguire le raccomandazioni del piano, che riteneva si sarebbe rivelato inaccettabile per entrambe le parti, ed annunciò che avrebbe terminato il proprio mandato il 15 maggio 1948." • Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l'ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione." 33 David Ben Gurion (Primo Ministro di Israele) durante la dichiarazione della nascita dello Stato di Israele, il 14 maggio 1948, a Tel Aviv, sotto un grande ritratto di Theodore Herzl, comunemente considerato il fondatore del pensiero sionista" La guerra d'indipendenza! Il 15 maggio, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori del Mandato. Lo stesso giorno gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Transgiordania, attaccarono l'appena nato Stato di Israele. L'offensiva venne bloccata dall' esercito israeliano e le forze arabe vennero costrette ad arretrare. Israele distrusse centinaia di villaggi palestinesi, ciò che favorì l'esodo degli abitanti. La guerra terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949 e produsse 726mila profughi palestinesi; a loro ed ai loro discendenti è tuttora vietato il ritorno in territorio israeliano." In seguito all'armistizio ed al ritiro delle truppe ebraiche l'Egitto occupò la striscia di Gaza mentre la Transgiordania occupò la Cisgiordania, assumendo il nome di Giordania. Israele si annetté la Galilea e altri territori a maggioranza araba conquistati nella guerra. Negli anni immediatamente successivi, dopo l'approvazione (5 luglio 1950) della Legge del Ritorno, da parte del governo israeliano, si assiste ad una nuova forte immigrazione, che porterà al raddoppio della popolazione di Israele. In gran parte, inizialmente, si tratta di profughi ebrei sefarditi provenienti dai paesi arabi, espulsi dai loro paesi di origine dopo la nascita dello stato." 34 Israele mantenne la legge militare per gli arabi israeliani fino al 1966. La guerra dei sei giorni e la guerra del Kippur! Nel 1967, scoppiò un nuovo conflitto fra Israele e i vicini Paesi arabi, denominato guerra dei sei giorni. Constatato che Egitto, Siria e Giordania stavano ammassando truppe a ridosso dei propri confini, Israele decise di passare ad un attacco preventivo." Sotto il comando dei generali Ytzhak Rabin (Capo di Stato Maggiore) e Moshe Dayan (Ministro della Difesa), in soli sei giorni, a partire dal 5 giugno 1967, Israele sconfisse gli eserciti dei tre paesi arabi, conquistando la Cisgiordania con Gerusalemme Est (che erano sotto l'amministrazione giordana), la Penisola del Sinai, le Alture del Golan, la Striscia di Gaza, trovandosi così occupare fino ad ora vaste aree di territorio (i cosiddetti Territori occupati) al di fuori dei propri confini originari." Nei Territori Occupati Israele rifiuta di applicare la Quarta Convenzione di Ginevra. I palestinesi dei Territori Occupati non hanno i diritti politici dei cittadini israeliani, né dei benefici accordati dalle leggi di Israele." Dopo la guerra, Israele annesse non solo la città di Gerusalemme (6 kmq), ma anche i villaggi cisgiordani circostanti (64 kmq). I palestinesi che abitano a Gerusalemme Est non hanno i diritti dei cittadini israeliani ma solo quelli riconosciuti ai 'residenti permanenti' nello stato di Israele; non possono votare per la Knesset, ma solo per le elezioni locali." Nel 1973 Egitto e Siria attaccarono a sorpresa Israele nel giorno della festività ebraica dello Yom Kippur. Nei primi giorni di conflitto, denominato oggi appunto guerra del Kippur, i due paesi arabi ebbero la meglio ma, dopo una fase di stallo, le truppe israeliane riuscirono a riprendere il controllo della situazione e a rovesciare le sorti del conflitto, ricacciando egiziani e siriani al di là delle posizioni iniziali." In seguito, nel 1978, con gli accordi di Camp David, Israele si impegnava a restituire la Penisola del Sinai mentre l'Egitto si impegnava al riconoscimento dello Stato di Israele. Con il trattato per 35 la prima volta si crearono normali relazioni diplomatiche fra Israele e uno dei Paesi confinanti. Palestina Il piano di spartizione suggerito dalla Commissione Peel nel 1937. Secondo il rapporto della commissione c'erano 225.000 arabi nel territorio del possibile stato ebraico e 1.250 ebrei in quello del possibile stato arabo." Al giorno d'oggi il termine Palestina indica anche l'area amministrata dall'ANP o comunque la zona del Medio Oriente abitata da Palestinesi, ma nell'accezione di "regione storica" col termine Palestina si indica grosso modo l'area in cui si estende l'odierno Israele, compresi i territori occupati e la striscia di Gaza. Da notare anche che un Mandato del Regno Unito aveva nome Palestina e comprendeva i territori che adesso sono sotto l'amministrazione di Israele o della Giordania." Il territorio del mandato Britannico, diviso tra Palestina e Transgiordania" La "Palestina" rimase sotto il dominio dei turchi (Impero Ottomano) per 400 anni, fino a quando essi la persero alla fine della Prima guerra mondiale a favore della Gran Bretagna." 36