14 Sistema fiscale e spesa pubblica

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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
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CAPITOLO
14 Sistema fiscale e spesa pubblica
Lo spirito di un popolo, il suo livello culturale, la sua struttura sociale, le iniziative politiche allo studio,
tutto ciò e altro ancora è scritto nella sua storia fiscale... Colui che sa come ascoltare il suo messaggero
percepisce qui l’eco della storia del mondo più chiaramente che in qualunque altro luogo.
Joseph Schumpeter
Quando osserviamo un’economia di mercato (che
produce beni di ogni tipo, dalle mele e dalle barche
fino ai macchinari per i raggi X e alla playstation)
siamo tentati di credere che tutto ciò di cui mercati
hanno bisogno sono lavoratori qualificati e grandi
capitali. La storia ha invece dimostrato che i mercati per funzionare in modo efficace hanno bisogno
dell’intervento pubblico. Come minimo, un’economia di mercato necessita di una politica per garantire
la sicurezza fisica; un sistema giudiziario indipendente per far rispettare i contratti, meccanismi di
regolamentazione per prevenire gli abusi monopolistici e l’inquinamento letale, scuole per formare i
giovani e un sistema sanitario pubblico per scongiurare le malattie trasmissibili.
In questa parte analizzeremo alcune delle più
importanti applicazioni di microeconomia, che ci
consentono di usare gli strumenti economici per
analizzare i mezzi di cui il governo dispone per intervenire direttamente nelle attività di mercato, per
promuovere una concorrenza vigorosa, per proteggere l’ambiente e, infine, per attenuare le diseguaglianze.
L’esatto punto di separazione tra le attività
pubbliche e private rimane una questione difficile e controversa dato che molto dipende dalla
impostazione ideologica dell’osservatore. Come
economisti, cercheremo di limitarci ad analizzare
le funzioni dello Stato, il suo ruolo in un sistema
economico misto e in un’economia industriale
avanzata. Il capitolo analizza il sistema fiscale e la
spesa pubblica, evidenziando le finalità della politica economica in un sistema di mercato e i mezzi
più appropriati per realizzarle.
14.1 Controllo del sistema economico da parte dello Stato
I dibattiti sul ruolo dello Stato si svolgono spesso con slogan a effetto come “No a nuove tasse”,
“Risanate il bilancio” o “Tagliare i costi della politica” frasi spesso semplicistiche che non riescono
a cogliere la complessità della politica economica
pubblica. Decidere se destinare maggiori risorse
alla sanità pubblica o alla protezione dell’ambiente
piuttosto che all’istruzione dei giovani sono scelte
che un’economia di mercato non è in grado di risolvere automaticamente. Ognuno di questi obiettivi può essere raggiunto se, e solo se, il governo
modifica la pressione fiscale, la spesa pubblica e le
regole. Il sistema fiscale fa sentire l’eco della storia
del mondo perché la pressione fiscale e la spesa
pubblica sono strumenti di cambiamento sociale
estremamente potenti.
14.1.1 Gli strumenti della politica
pubblica
In un’economia industriale moderna non esiste
sfera della vita economica completamente ignorata
dallo Stato, che, per influenzare l’attività economica privata, si serve di tre principali strumenti:
1. le imposte, che, riducendo il reddito privato,
limitano le spese dei privati (per beni come le
automobili o i pranzi al ristorante) e forniscono le risorse per la spesa pubblica (per esempio
ospedali, strade e mense scolastiche). Il sistema
fiscale ha inoltre la funzione di scoraggiare alcune attività tassandole maggiormente (come
il consumo di sigarette) e di incoraggiare altri
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
settori tassandoli meno (per esempio la ristrutturazione degli immobili);
2. le spese, che inducono le imprese o i lavoratori
a produrre determinati beni o servizi (come l’istruzione o l’ordine pubblico) e i trasferimenti
(come la previdenza sociale e l’assistenza sanitaria) che sostengono i redditi dei meno abbienti;
3. le regolamentazioni o controlli che spingono
gli individui a eseguire o a evitare certe attività
economiche (come per esempio le norme che limitano l’inquinamento prodotto dalle imprese, o
che regolamentano le condizioni degli ambienti
di lavoro, o che ripartiscono le frequenze radio
o che prescrivono studi sulla sicurezza di nuovi
medicinali).
La dimensione delle attività statali
Quando Schumpeter scrisse delle ripercussioni
della storia fiscale, si stava riferendo al dramma
dei bilanci statali e al loro impatto sull’economia.
Per più di un secolo il reddito nazionale e la produzione hanno presentato un andamento crescente
in quasi tutte le economie industriali e, contemporaneamente, la spesa pubblica è aumentata ancora
più rapidamente dell’economia nel suo complesso.
I periodi di crisi (depressioni, guerre o problemi
sociali quali la povertà o l’inquinamento) allargano
l’attività dello Stato, ma, una volta superata la situazione critica, i controlli e la spesa pubblica non
tornano mai ai livelli precedenti.
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale la
Pubblica Amministrazione fu costretta a consumare circa metà dell’output nazionale totale, che nel
frattempo era notevolmente aumentato; nel 2007
la spesa pubblica degli Stati Uniti rappresentava il
30% circa del PIL. La Grande Crisi ha determinato
sia un innalzamento consistente della spesa pubblica che una riduzione marcata delle entrate dovuta
alla drastica riduzione del PIL. Il risultato è stato
un aumento considerevole del disavanzo statunitense.
Nella Figura 14.1 si osserva la tendenza delle
entrate e delle spese di tutte le amministrazioni negli Stati Uniti: le curve crescenti indicano che nel
secolo scorso le quote delle imposte e della spesa
pubblica sono aumentate costantemente, sia pure
con forti oscillazioni.
In Italia, così come in altri Paesi europei, il
rapporto tra spesa pubblica e PIL è assai più alto
che negli Stati Uniti, e si colloca oggi intorno al
45-50%. Il rapporto è cresciuto notevolmente negli
anni ’70 e ’80, mentre la pressione tributaria, ossia
il rapporto tra entrate fiscali e PIL, è cresciuta in
misura inferiore, e in ritardo rispetto alla dinamica
Figura 14.1 In questo secolo l’intervento pubblico nell’economia statunitense è notevolmente aumentato.
Le spese pubbliche includono le spese per i beni, i servizi e i trasferimenti a livello federale, statale e locale. Si noti che la spesa è
cresciuta rapidamente in tempo di guerra, dopodiché non è tornata ai livelli precedenti. La differenza tra spese e entrate costituisce
il disavanzo o avanzo del bilancio pubblico. (Fonte: US Department of Commerce.)
40
Seconda Guerra Mondiale
35
30
25
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Spese
15
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Entrate
5
Anno
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2013
2010
2007
2001
2004
1998
1995
1992
1929
1989
1983
1977
1980
1974
1968
1971
1965
1962
1956
1959
1953
1947
1950
1941
1944
1938
1935
1932
0
1929
Spesa e imposte quale percentuale del PIL
Spesa pubblica e entrate 1929-2013
CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
della spesa; l’effetto è stato l’accumulo di debito
pubblico, che è stato contrastato dalla politica di
risanamento della seconda metà degli anni ’90; risanamento che è stato compromesso con l’avvento
del nuovo millennio.
La Figura 14.2 illustra come la spesa pubblica,
quale percentuale del PIL, varia da Nazione a Nazione: i Paesi con redditi elevati tendono a introdurre imposte elevate e a spendere una parte più
consistente del PIL rispetto ai Paesi poveri. È possibile individuare un modello seguito dalle Nazioni
più ricche? Nelle Nazioni con redditi elevati non
esiste una semplice regola che metta in relazione
gli oneri tributari con il benessere dei cittadini, e
che sia in grado di giustificare le differenze tributarie tra le Nazioni1. Per esempio, il finanziamento
dei sistemi scolastici e sanitari, due delle principali
componenti della spesa pubblica, è organizzato in
modo molto diverso nei vari Paesi.
1
Le Figure 14.1 e 14.2 mostrano le spese totali dello Stato. Esse comprendono le spese per beni e servizi (come gli acquisti di missili e le
spese per l’istruzione) e i trasferimenti (come le spese per la previdenza sociale e gli interessi sul debito pubblico). Le spese per i beni e
servizi incidono direttamente sulla produzione di uno Stato, mentre i
trasferimenti incrementano il reddito degli individui e consentono loro
di acquistare beni e servizi disponibili per il consumo e l’investimento
dei privati.
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La crescita dei controlli e della regolamentazione
Oltre alla rapida crescita della spesa pubblica e
dell’imposizione fiscale, si è verificato anche un
enorme potenziamento delle leggi e delle regolamentazioni che controllano l’attività economica
sebbene all’origine della Grande Crisi vi sia anche
una mancanza di regolazione dei mercati finanziari. Nel XIX secolo la società americana si avvicinò
al laissez-faire (il sistema che lo storico britannico
Thomas Carlyle definì “anarchia più polizia”) più
di quanto sia mai accaduto a qualsiasi altra Nazione, e ciò garantì una notevole libertà personale nel
perseguire le proprie ambizioni economiche, determinando un secolo di rapidi progressi materiali.
Ma i critici evidenziarono i molti difetti del
paradiso del laissez-faire: gli storici infatti hanno
registrato periodiche crisi economiche, estremi di
povertà e sperequazione, discriminazione razziale
radicata e inquinamento di aria, acqua e territorio;
la pubblica opinione e i politici progressisti richiedevano perciò che fosse posto un freno al capitalismo, affinché questa creatura ribelle potesse essere
spinta in direzioni più umane.
A partire dagli anni ’90 del XVIII secolo gli
Stati Uniti abbandonarono gradualmente la credenza che “governa meglio chi governa poco”: pur
di fronte a un’accanita opposizione, i presidenti
Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson e Franklin
Figura 14.2 La spesa pubblica è maggiore nei Paesi con redditi elevati.
I governi dei Paesi poveri introducono imposte limitate e spendono relativamente poco del reddito nazionale. Il benessere è accompagnato da un aumento della domanda di beni pubblici e dall’imposizione fiscale ridistributiva a favore delle famiglie a basso reddito.
(Fonte: United Nations.)
Francia
Svezia
Italia
Regno Unito
Germania
Brasile
Canada
Stati Uniti
Russia
India
Argentina
Messico
Cina
Tailandia
0
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Roosevelt ampliarono i confini del controllo federale sul sistema economico e crearono nuovi strumenti normativi e fiscali.
I poteri costituzionali del governo furono interpretati in maniera più estensiva e utilizzati per
garantire l’interesse pubblico e vigilare sul sistema
economico.
Nel 1887 fu creata la Commissione Federale per
il Commercio tra gli Stati (Interstate Commerce
Commission, ICC) al fine di regolamentare il traffico ferroviario tra gli Stati; poco più tardi furono
introdotte leggi antitrust (Sherman Antitrust Act) e
altre leggi per combattere i monopoli che limitavano gli scambi.
Negli anni ’30 varie industrie furono sottoposte a regolamentazione economica, con la quale
vennero fissati i prezzi, le condizioni di ingresso
e uscita e gli standard di sicurezza. Tra le industrie
regolamentate negli anni successivi ricordiamo:
compagnie aeree, trasporto su strada e sull’acqua,
traffico di chiatte, forniture di energia elettrica e
gas, servizio telefonico, mercati finanziari, petrolio, gas naturale e oleodotti.
Oltre a regolamentare i prezzi e gli standard
aziendali, lo Stato ha tentato di salvaguardare la
salute e la sicurezza tramite regolamentazioni sociali sempre più severe. In seguito ad alcuni scandali scoppiati all’inizio del XX secolo, furono introdotte leggi che tutelavano la genuinità dei cibi
e l’innocuità dei farmaci; negli anni ’60 e ’70 il
Congresso approvò una serie di leggi che garantivano la sicurezza dei minatori e dei lavoratori in
generale, regolamentavano l’inquinamento atmosferico e idrico, imponevano standard di sicurezza
su automobili e su prodotti di consumo e, infine,
regolamentavano le miniere a cielo aperto, l’energia nucleare e i rifiuti tossici.
L’Italia è sempre stata più lontana degli Stati
Uniti da un regime di laissez-faire pieno. L’intervento statale nell’economia, sia mediante regolamentazione sia mediante la creazione di imprese
pubbliche, si accrebbe notevolmente durante il
fascismo, e la tendenza è continuata anche dopo
la fine della dittatura e l’instaurazione della Repubblica. La storia economica italiana degli ultimi
cinquant’anni anni ha visto, tra l’altro, la creazione
e l’ampliamento del sistema delle partecipazioni
statali e l’estensione dell’assistenza sanitaria pubblica a tutta la popolazione. Solo negli ultimi anni
questa tendenza sembra essersi arrestata, e in parte
invertita, con l’avvio di alcune importanti privatizzazioni e liberalizzazioni.
Negli ultimi vent’anni, negli Stati Uniti si è assistito al riflusso delle regolamentazioni pubbliche
dell’economia; gli studiosi hanno sostenuto con
convinzione che molte di esse ostacolavano la concorrenza e favorivano l’aumento dei prezzi invece che la loro diminuzione. Infatti, il primo ente
importante di regolamentazione, la Commissione
Federale per il Commercio tra gli Stati (ICC) fu
abolito poco dopo il suo centenario. Nell’ambito
dell’assistenza sociale, gli economisti hanno sottolineato la necessità di garantire che i benefici ottenuti siano superiori ai costi sostenuti. Ciononostante, un ritorno all’epoca del laissez-faire è altamente
improbabile: l’opinione pubblica ha infatti accettato le limitazioni pubbliche che hanno modificato la
natura stessa del capitalismo. La proprietà privata è
sempre meno privata e la libera iniziativa è diventata sempre meno libera: l’irreversibilità dell’evoluzione è una caratteristica della storia. Purtroppo
la Grande Crisi ha messo in evidenza come lo stesso tipo di errori possa ripresentarsi sotto diverse
spoglie. Come vedremo nel Capitolo 34 tra le cause microeconomiche della Grande Crisi c’è proprio
la bassa qualità dei meccanismi di regolazione dei
mercati finanziari.
14.1.2 Le funzioni della Pubblica
Amministrazione
Gli obiettivi economici della Pubblica Amministrazione in una moderna economia mista sia di
natura prevalentemente microeconomica, quali
l’incremento dell’efficienza economica e il miglioramento della distribuzione del reddito che di
natura prevalentemente macroeconomica, quali la
stabilizzazione del sistema economico e la rappresentanza del Paese a livello internazionale.
Queste ultime due verranno affrontate in seguito nelle parti dedicate alla macroeconomia, mentre di seguito verranno esaminate le due principali
funzioni pubbliche di natura prevalentemente microeconomica:
1. incremento dell’efficienza economica;
2. miglioramento della distribuzione del reddito.
Miglioramento dell’efficienza economica
Le politiche microeconomiche variano da Stato a
Stato a seconda della loro storia, delle loro istituzioni e delle diverse abitudini e filosofie politiche.
Vi sono Paesi che preferiscono un approccio di
non-intervento, nello stile del laissez-faire, e la-
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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
sciano che sia il mercato a prendere la maggior
parte delle decisioni; in altri l’intervento pubblico
è invece più consistente: vengono accentuati gli
interventi di controllo e lo Stato spesso è proprietario di imprese in cui le decisioni relative alla
produzione sono di competenza di pianificatori
pubblici.
Nelle economie di mercato ci attendiamo, almeno per quello che riguarda le questioni microeconomiche, che sia il mercato a risolvere i problemi; eppure talvolta l’intervento pubblico si rende
necessario per annullare le decisioni allocative derivanti dalla domanda e dall’offerta di mercato.
I limiti della mano invisibile Nei capitoli precedenti abbiamo visto che la mano invisibile della
concorrenza perfetta può produrre un’efficiente allocazione delle risorse, ma tale risultato è raggiungibile solo in presenza di condizioni ben precise:
tutti i beni devono essere prodotti in modo efficiente da imprese perfettamente concorrenziali; tutti i
beni devono essere omogenei e privati, ovvero caratterizzati da rivalità ed escludibilità al consumo,
è richiesta l’assenza di esternalità, come per esempio l’inquinamento atmosferico, e i consumatori e
le imprese devono essere perfettamente informati
sui prezzi e sulle caratteristiche dei beni che acquistano e vendono e non devono esistere barriere
all’entra e/o all’uscita nel/dal mercato.
Se tutte queste condizioni fossero soddisfatte,
la mano invisibile sarebbe in grado di garantire una
produzione e una distribuzione dell’output nazionale perfettamente efficienti ed eque rendendo inutile l’intervento pubblico.
Tuttavia, anche qualora si realizzassero le sopraccitate condizioni, il ruolo della Pubblica Amministrazione rimarrebbe importante. Servirebbero, ad esempio, tribunali e forze dell’ordine per
garantire il rispetto dei contratti e dei diritti di proprietà e per evitare comportamenti disonesti, atti di
violenza, furti e aggressioni.
Interdipendenze inevitabili Un sistema liberista
con un intervento pubblico minimo potrebbe rappresentare un sistema valido, se le condizioni elencate in precedenza fossero soddisfatte.
In tutte le società umane in realtà queste condizioni vengono in qualche misura violate, come
suggeriscono i seguenti esempi: la maggior parte
della produzione può avvenire nel modo più efficiente soltanto in unità troppo grandi per un sistema di concorrenza perfetta; le fabbriche non rego-
5
lamentate tendono a inquinare l’aria, l’acqua e il
territorio; quando si diffondono malattie infettive, i
mercati privati non sono sufficientemente incentivati a sviluppare efficaci programmi di sanità pubblica; i consumatori sono talvolta poco informati
sulle caratteristiche dei beni che acquistano; il mercato non è ideale e sono possibili suoi fallimenti.
In altre parole, la Pubblica Amministrazione opera
per correggere i principali fallimenti del mercato,
tra i quali vanno ricordati:
fallimento della concorrenza perfetta. Quando le imprese monopolistiche o oligopolistiche
colludono per ridurre la rivalità o per spingere
i concorrenti fuori dal mercato, possono essere
introdotte politiche o regolamentazioni antitrust;
esternalità e beni pubblici. Il mercato non regolamentato può produrre un eccesso di inquinamento atmosferico e l’investimento nel settore
sanitario o scolastico può essere insufficiente.
L’intervento pubblico può rendersi necessario
per controllare le esternalità dannose, oppure per
finanziare programmi scientifici o relativi al settore sanitario; è infatti possibile introdurre imposte sulle attività che comportano costi pubblici
esterni (come il consumo di sigarette) o sovvenzionarne altre che procurano un beneficio sociale
(per esempio l’istruzione e le cure sanitarie prenatali);
informazioni incomplete. I mercati non regolamentati tendono a non fornire ai consumatori
tutte le informazioni necessarie per prendere le
decisioni appropriate. In passato esistevano venditori ambulanti che proponevano farmaci a base
di olio di serpente che potevano con la stessa
facilità guarire o uccidere; si è arrivati così alla
regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici che obbliga le società farmaceutiche a
far pervenire alla Pubblica Amministrazione dati
completi sulla sicurezza ed efficacia dei nuovi
farmaci prima di poterli mettere in commercio.
Per la stessa ragione, le imprese vengono obbligate a fornire informazioni sulla resa energetica
di elettrodomestici come frigoriferi e scaldabagni. Il governo può inoltre utilizzare la sua capacità di spesa per raccogliere e fornire informazioni di propria iniziativa, come nel caso dei dati
sugli incidenti stradali e sulla sicurezza.
È ovvio che i possibili problemi allocativi sono talmente numerosi che l’intervento pubblico non può
essere in grado di occuparsi di tutti.
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Miglioramento della distribuzione del reddito
Anche se la mano invisibile opera nel modo più
efficiente possibile, si può ugualmente verificare
un’enorme sperequazione nella distribuzione del
reddito. In un sistema caratterizzato dal laissezfaire gli individui possono essere ricchi o poveri a seconda del luogo di nascita, della ricchezza
ereditata e dell’impegno personali, della fortuna
che consente, per esempio, di trovare il petrolio, e
infine in base all’appartenenza a un sesso piuttosto
che all’altro e al colore della pelle. Ad alcuni la
distribuzione del reddito derivante dalla concorrenza non regolamentata appare tanto arbitraria
quanto la distribuzione darwiniana del cibo tra gli
animali.
Nelle società più povere l’eccedenza di reddito prelevabile dai ricchi per trasferirla ai poveri è
modesta, ma via via che le società umane si arricchiscono, possono anche aumentare le risorse disponibili per i servizi sociali. La ridistribuzione del
reddito è la seconda funzione economica pubblica
in ordine di importanza. Oggi gli Stati del Nord
America e dell’Europa occidentale destinano una
parte significativa del reddito al mantenimento di
livelli minimi di sanità, alimentazione e reddito;
ciò avviene in genere tramite politiche di imposizione fiscale e di spesa, ma in alcuni casi anche la
regolamentazione riveste un ruolo importante. Nei
Paesi ricchi si è stabilito che i bambini non devono
soffrire la fame a causa delle condizioni economiche dei genitori, che i poveri non devono morire
perché non possono permettersi cure adeguate, che
i giovani devono essere istruiti a spese dello Stato
e che gli anziani devono disporre di un livello minimo di reddito.
14.1.3 Teoria delle scelte pubbliche
In gran parte, la nostra analisi si è concentrata sulla teoria normativa dell’intervento pubblico, sulle
politiche appropriate che lo Stato dovrebbe seguire
per aumentare la prosperità dei cittadini; tuttavia
gli economisti non sono fortemente attratti dallo Stato più di quanto non lo siano dal mercato: i
governi possono, per esempio, prendere decisioni
errate o non attuare nel modo migliore decisioni
giuste; così come esistono i fallimenti del mercato
quali il monopolio e l’inquinamento, possono infatti verificarsi anche “fallimenti pubblici”, vale
a dire situazioni in cui gli interventi pubblici provocano sprechi o distribuiscono il reddito in modo
indesiderato.
Questi problemi riguardano la teoria delle
scelte pubbliche, cioè la branca dell’economia e
della politologia che studia il modo in cui i governi prendono le loro decisioni. La teoria delle
scelte pubbliche esamina il modo in cui possono
funzionare diversi meccanismi di voto e dimostra
che nessuno di essi è adatto a riassumere le preferenze individuali in scelte sociali; questo approccio analizza inoltre i fallimenti dello Stato, che si
verificano quando l’azione pubblica non riesce a
migliorare l’efficienza economica o quando il governo opera una ridistribuzione iniqua del reddito.
La teoria delle scelte pubbliche si occupa di temi
quali le prospettive a breve termine dei rappresentanti eletti, la mancanza di un rigido vincolo
di bilancio e i finanziamenti elettorali come fonte di fallimenti del governo. Uno studio attento di
tali fallimenti è fondamentale per capire i limiti
dell’intervento pubblico e per garantire che i programmi di governo non siano troppo invadenti o
dispendiosi.
Applicazione
Economia e scelte pubbliche
Sin dai tempi di Adam Smith gli economisti si sono soprattutto sforzati di capire il funzionamento del mercato, ma
alcuni importanti studiosi hanno valutato anche il ruolo del
settore pubblico nella società. Joseph Schumpeter introdusse la teoria delle scelte pubbliche nel suo Capitalism, Socialism, and Democracy, del 1942, mentre lo studio effettuato
dal vincitore del premio Nobel Kenneth Arrow sulle scelte
sociali introdusse in questo campo il rigore matematico.
Nella sua opera fondamentale, An Economic Theory of Democracy, del 1957, Anthony Downs delineò un’interessante
(e credibile) teoria secondo la quale i politici elaborano le
politiche economiche allo scopo di essere rieletti. Downs
mostrò come i partiti tendono a spostarsi verso il centro
dello spettro politico ed espose il “paradosso del voto”, secondo il quale è assurdo che gli individui votino, data la
bassissima possibilità che il singolo individuo influisca sul
risultato.
Studi successivi effettuati da James Buchanan e Gordon
Tullock ed esposti in The Calculus of Consent, del 1959,
sostenevano la necessità del ricorso all’unanimità nelle decisioni politiche, argomentando che le decisioni unanimi non
costituiscono un obbligo per nessuno e quindi non impongono costi. Per questo e altri lavori Buchanan ricevette il premio Nobel per l’economia nel 1986. La teoria delle scelte
pubbliche, studiata con attenzione dai politici conservatori
americani all’inizio degli anni ’80, fu applicata a settori quali
la politica agricola, la regolamentazione e l’amministrazione
della giustizia; negli Stati Uniti costituì la base teorica di un
emendamento costituzionale proposto al fine di equilibrare
il bilancio.
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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
7
14.2 La spesa pubblica
Mai come nell’ambito della spesa pubblica è possibile vedere così chiaramente i cambiamenti del
ruolo del governo. Si ritorni alla Figura 14.1: essa
mostra la quota di prodotto nazionale destinata
alla spesa pubblica e include voci quali acquisto
di beni, retribuzione dei dipendenti pubblici, previdenza sociale e altri trasferimenti. Si può notare
che la quota pubblica è cresciuta per quasi tutto il
XX secolo, con punte transitorie durante le guerre,
ma si è ridimensionata negli anni antecedenti alla
Grande Crisi in concomitanza della quale ha fatto
registrare un repentino aumento.
14.2.1 Il federalismo fiscale
Abbiamo fatto riferimento alla Pubblica Amministrazione come se si trattasse di un’entità unica,
ma in realtà gli Stati moderni si caratterizzano per
la presenza simultanea di differenti livelli di governo. Il governo degli Stati Uniti, per esempio, si
suddivide in tre livelli: federale, statale e locale;
in Italia, accanto alla Pubblica Amministrazione
centrale operano gli enti locali: Regioni, Province
e Comuni.
In teoria, la suddivisione di poteri e responsabilità tra i diversi livelli della Pubblica Amministrazione dovrebbe riflettere l’esistenza di una suddivisione delle responsabilità fiscali tra i diversi livelli
amministrativi, ovvero di un sistema denominato
federalismo fiscale. I confini tra i livelli non sono
sempre delineati con precisione, ma in linea generale il governo centrale dovrebbe svolgere le attività che interessano l’intera Nazione, per esempio la
Difesa e gli Affari Esteri, mentre le amministrazioni locali dovrebbero occuparsi dell’istruzione primaria, della sicurezza nelle strade e della raccolta
dei rifiuti. Nell’analisi della divisione fiscale del
lavoro tra le amministrazioni, gli economisti sottolineano che i programmi pubblici presentano livelli
variabili di esternalità.
La Tabella 14.1 mostra i livelli di spesa dei diversi governi statunitensi. La prevalenza del ruolo federale è un fenomeno relativamente recente:
prima del XX secolo, l’amministrazione locale era
di gran lunga la più importante delle tre, mentre
quella federale si limitava al sostegno delle forze
armate, al pagamento degli interessi sul debito
pubblico e al finanziamento di alcune opere pubbliche; gran parte della raccolta fiscale proveniva
dalle imposte sui consumi di alcolici e tabacco e
dai dazi sulle importazioni. Ma la combinazione
delle Guerre Mondiali e della Guerra Fredda, insieme all’aumento dei trasferimenti (per esempio la
previdenza sociale e l’assistenza sanitaria), hanno
alimentato la spesa, mentre l’avvento dell’imposta
Tabella 14.1 Spesa pubblica statunitense suddivisa per livelli amministrativi.
In passato, la maggior parte della spesa era localizzata a livello statale e locale; attualmente ha invece origine a livello federale. (Fonte:
US Bureau of Economic Analysis.)
Parte A In miliardi di dollari correnti (In corsivo valori stimati)
Livello
amministrativo
Federal Spending
2010
3457,10
2011
52,6%
3603,10
2012
53,3%
3537,10
2013
52,9%
3454,30
52,2%
State Spending
1458,00
22,2%
1507,60
22,3%
1495,60
22,4%
1485,60
22,4%
Local Spending
1653,90
25,2%
1650,80
24,4%
1657,30
24,8%
1679,50
25,4%
Parte A In migliaia di dollari procapite (In corsivo valori stimati)
Livello
amministrativo
2010
2011
2012
9766,50
2013
Federal Spending
10068,60
10201,00
9236,50
State Spending
4246,50
4268,20
4129,50
3972,30
Local Spending
4817,00
4673,60
4576,00
4491,00
* Sono esclusi i trasferimenti ai livelli inferiori.
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
nazionale sui redditi nel 1913 fornì una fonte di
finanziamento ineguagliabile da parte di qualsiasi
amministrazione locale.
In generale, le amministrazioni locali sono re-
sponsabili dei beni pubblici locali, vale a dire attività i cui benefici sono essenzialmente limitati
ai residenti locali: le biblioteche e l’illuminazione stradale di una città, per esempio, sono pagate
1980
75 030
9 076
84 106
69 464
474
69 938
–5 566
–5 165
–14 168
1990
336 478
37 025
373 503
291 659
1 596
293 255
–44 819
–9 521
–80 248
2000
519 569
30 814
550 383
535 377
5 044
540 421
15 808
65 599
Debito
pubblico
Indebitamento
netto
Saldo
primario
Saldo
corrente
Totale
entrate
Entrate
c/capitale
Entrate
correnti
Totale
uscite
Uscite
c/capitale
Uscite
correnti
Anni
Tabella 14.2 Italia, Conto economico consolidato delle Amministrazioni Pubbliche; anni 1980-2012 (in milioni di euro).
Fonte: Conti e aggregati economici delle Amministrazioni Pubbliche SEC95 – anni 1980-2007, Istat, Roma e Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato, 2012 - Corte dei Conti.
–
663 831
–9 962 1 300 341
2001
548 765
52 077
600 842
558 872
3 469
562 341
10 107
40 263
–38 501 1 358 333
2002
567 051
46 932
613 983
571 231
5 667
576 898
4 180
34 434
–37 085 1 368 512
2003
590 664
57 809
648 473
579 569
22 290
601 859
–11 095
21 736
–46 614 1 393 495
2004
612 560
54 979
667 539
607 047
12 180
619 227
–5 513
17 197
–48 312 1 444 603
2005
633 599
58 377
691 976
625 596
5 952
631 548
–8 003
4 272
–60 428 1 511 534
2006
655 466
74 008
729 474
675 366
4 474
679 840
19 900
18 610
–49 634 1 575 630
2007
684 932
68 493
753 425
719 632
4 614
724 246
34 700
47 547
–29 179 1 596 705
2009
731 502
66 934
798 436
699 199
15 634
714 833
–32 303
–12 740
–83 603 1 769 226
2010
741 101
51 783
792 884
716 482
7 135
723 617
–24 619
1 886
–69 267 1 851 252
2011
747 964
48 116
79 608
724 730
11 334
736 064
–23 234
18 335
–60 016 1 906 737
2012
753 255
47 827
801 082
747 107
6 342
753 449
–6 148
39 084
–47 633 1 988 658
Valori percentuali in rapporto al PIL
1980
36,9
4,5
41,4
34,2
0,2
34,4
–2,7
–2,5
–7,0
1990
48,0
5,3
53,3
41,6
0,2
41,8
–6,4
–1,4
–11,4
94,7
2000
43,6
2,6
46,2
44,9
0,4
45,4
1,3
5,5
–0,8
109,2
2001
43,9
4,2
48,1
44,8
0,3
45,0
0,8
3,2
–3,1
108,8
2002
43,8
3,6
47,4
44,1
0,4
44,5
0,3
2,7
–2,9
105,7
2003
44,2
4,3
48,6
43,4
1,7
45,1
–0,8
1,6
–3,5
104,4
2004
44,0
4,0
48,0
43,6
0,9
44,5
–0,4
1,2
–3,5
103,8
2005
44,4
4,1
48,4
43,8
0,4
44,2
–0,6
0,3
–4,2
105,8
2006
44,3
5,0
49,3
45,6
0,3
45,9
1,3
1,3
–3,4
106,5
2007
44,6
4,5
49,1
46,9
0,3
47,2
2,3
3,1
–1,9
104,0
2009
48,1
4,4
52,5
46,0
1,0
47,0
-2,1
-0,8
-5,5
116,4
2010
47,8
3,3
51,1
46,2
0,5
46,6
-1,6
0,1
-4,5
119,3
2011
47,4
3,0
50,4
45,9
0,7
46,6
-1,5
1,2
-3,8
120,8
2012
48,1
3,1
51,2
47,7
0,4
48,1
-0,4
2,5
-3,0
127,0
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
–
CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
dai residenti locali. Analogamente, l’esercito degli Stati Uniti che combatteva nel Golfo Persico
proteggeva l’offerta di petrolio del Medio Oriente
nell’interesse dell’intera Nazione. I problemi relativi ai beni pubblici globali, come le variazioni
climatiche, l’assottigliamento dello strato di ozono
o la minaccia di estinzione di alcune specie, sono
invece soggetti ad accordi internazionali in quanto
superano i confini dei singoli Paesi.
Un sistema efficiente di federalismo fiscale deve
tenere conto del modo in cui i benefici della spesa
pubblica superano i confini politici: la cosa migliore è collocare le imposte e le decisioni di spesa in modo tale che i beneficiari dei programmi
che pagano le tasse possano valutare lo scambio.
9
La tradizione amministrativa italiana (e di altri
Paesi europei) è molto diversa da quella statunitense. Nel nostro Paese gli organi centrali dello
Stato hanno sempre giocato un ruolo preponderante, con gli enti locali in posizione subordinata.
La situazione è leggermente cambiata con l’introduzione delle Regioni nel 1970, ma i poteri delle Regioni italiane restano ben lontani da quelli
degli Stati che formano gli Stati Uniti d’America,
anche dopo la modifica costituzionale del 2001.
Nel 2008, il nuovo Governo ha annunciato una
riforma complessiva per attuare il federalismo fiscale, basata sui principi di una maggiore quota
di attribuzione agli enti locali dell’imposizione
fiscale, di una appropriata quota di trasferimenti
fra regioni ricche e regioni povere per attuare la
Tabella 14.3 La spesa federale degli Stati Uniti è dominata dai programmi per la Difesa e le spese sociali.
Circa un quinto della spesa federale riguarda la Difesa e le pensioni di guerra, e più di metà è costituita dai programmi delle spese
sociali (sostegno del reddito, previdenza sociale e salute), in rapida crescita. Si noti l’esiguità della voce relativa ai costi del governo
che è inferiore all’1%. (Fonte: Office of Management and Budget, Budget of The US Government, Fiscal Year 2013.)
Spese federali per gli anni fiscali 2010 e 2011 (in milioni di dollari)
Superfunction and Function
2010
National Defense
Human resources
Education, Training, Employment, and Social Services
Health
Medicare
Income Security
Social Security
Veterans Benefits and Services
Physical resources
Energy
Natural Resources and Environment
Commerce and Housing Credit
Transportation
Community and Regional Development
Net interest
Other functions
International Affairs
General Science, Space, and Technology
Agriculture
Administration of Justice
General Government
Allowances
Undistributed offsetting receipts
Total, Federal outlays
693 485
2 386 633
128 598
369 068
451 636
622 210
706 737
108 384
88 835
11 618
43 667
– 82 316
91 972
23 894
196 194
174 048
45 195
30 100
21 356
54 383
23 014
..........
– 82 116
3 457 079
As percentages
2010
20,1
69,0
2,6
5,7
5,0
-2,4
2011
705 554
2 414 742
101 233
372 504
485 653
597 352
730 811
127 189
161 923
12 174
45 473
– 12 573
92 966
23 883
229 962
179 345
45 685
29 466
20 662
56 056
27 476
..........
– 88 467
3 603 059
As percentages
2011
19,6
67,0
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
4,5
6,4
5,0
2,5
10
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
solidarietà e di una maggiore quota di autonomia
organizzativa di risorse personale attribuita agli
enti locali. Ad oggi può dirsi che la riforma non è
giunta a compimento sia per l’inerzia tipica delle
istituzioni italiane che per l’avvento della Grande Crisi che ha certamente spostato l’ordine delle
priorità.
14.2.2 La composizione
della spesa pubblica
Presenteremo ora alcuni dati sulla composizione
della spesa pubblica negli Stati Uniti e in Italia.
Iniziamo a considerare il governo centrale statunitense. Nella Tabella 14.3 sono elencate le prin-
cipali categorie della spesa federale per gli anni
fiscali 2010-2011. Le prime due voci riguardano
sicurezza nazionale e la spesa sociale. Seguono le
spese per energia, ambiente e trasporti e quindi
quelle relative ad altre funzioni.
La voce che negli ultimi vent’anni ha presentato la crescita maggiore riguarda i programmi delle
spese sociali, i quali prevedono indennità o pagamenti a individui in possesso di determinati requisiti stabiliti dalla legge. I principali sono la previdenza sociale (assicurazione per anziani, reduci di
guerra e disabili), i programmi sanitari (compresi i
programmi Medicare per le persone oltre i sessantacinque anni e Medicaid per le famiglie povere,
Tabella 14.4 La Spesa Pubblica in Italia; anni 1980-2012 (in milioni di euro).
Fonte: Conti ed aggregati economici delle Amministrazioni pubbliche SEC95 – anni 1980-2007 e anni 2009-2013, Istat, Roma.
Voci economiche
1980
1990
21,822
3,848
7,589
2,676
381
–284
–1,252
0
–367
85,612
18,044
35,080
10,505
2,124
–819
–6,899
–106
–2,325
Spesa per consumi finali
Contributi alla produzione
Interessi passivi
Rendite dei terreni
Imposte dirette
Prestazioni sociali in denaro
Premi di assicurazione
Trasferimenti a enti pubblici
Aiuti internazionali
Trasferimenti correnti diversi
34,413
5,368
9,003
8
71
25,030
37
0
159
941
Totale uscite correnti
Investimenti fissi lordi
Acquisizioni nette di oggetti di valore
Acquisizioni nette di attività non finanziarie non
prodotte
Contributi agli investimenti
Altri trasferimenti in c/capitale
Uscite
Redditi da lavoro dipendente
Acquisto di beni e servizi prodotti da produttori
market
Consumi intermedi
Ammortamenti
Imposte indirette
Risultato netto di gestione
Produzione servizi vendibili (–)
Produzione di beni e servizi per uso proprio (–)
Vendite residuali (–)
Totale uscite in conto capitale
Totale uscite complessive
2000
2006
2008
2010
2012
124,306 162,889 169.666
42.780
41,331
27,541
84.287
77,661
59,853
29.149
26,554
19,124
17.312
16,038
11,561
-1.439
–1,125
–342
–15,976 –16,692 -17.998
-529
–183
–154
-7.822
–7,399
–6,185
172.002 165.883
43.228
45.549
90.177 88.627
31.379
31.346
17.262
18.146
-2.129
-1.525
-19.827 -19.743
-494
-477
-9.057
-8.388
141,216
12,830
70,727
17
362
105,392
159
0
1,253
4,522
219,728
14,097
75,561
38
1,435
195,422
413
0
1,230
11,645
327.003
17.412
71.153
43
725
298.418
986
0
1.615
23.746
314.956
15.817
86.674
43
714
311.410
1.012
0
1.656
21.648
75,030
6,042
0
190
336,478
22,347
0
759
519,569 655,466
27,720
34,792
0
0
–13,575
159
715.387
35.225
0
-46
741.101
32.380
0
139
753.930
29.089
0
267
2,326
518
11,466
2,453
15,979
690
22,292
16,765
22.338
1.692
17.850
1.414
17.579
891
9,076
37,025
30,814
74,008
68,493
51.783
47.826
373,503 550,383
729,474
753,425 792.884
801.756
84,106
299,074 315.406
13,057
16.107
68,244
81.312
47
41
893
779
252,119 277.183
897
883
0
0
1,552
1.905
19,583
21.771
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
della riforma Obama si parla nell’apposito box di
approfondimento) e i programmi a sostegno del
reddito (inclusi i pagamenti per i generi alimentari, l’assicurazione contro la disoccupazione e i
pagamenti in contanti ai poveri).
Un’altra categoria comprende programmi per
settori specifici dell’economia: sostegno dell’agricoltura e finanziamenti per le esplorazioni spaziali. Un’ultima categoria è quella del governo in
generale, che include le funzioni tradizionali del
governo, come per esempio l’attività del Congresso, il sistema giuridico e la presidenza; è interessante osservare che il costo di tali funzioni tradizionali sembra modesto rispetto a quello delle
altre voci.
A partire dal 1960 tutti i programmi, di fatto, hanno
visto diminuire la propria importanza, con l’eccezione di quelli delle spese sociali.
Le Tabelle 14.2 e 14.4 forniscono alcune indicazioni sull’andamento della spesa pubblica in Italia,
prendendo come punti di riferimento gli anni dal
1980 al 2012. Come si può osservare confrontando
le Tabelle 14.2 e 14.4: tutte le componenti sono cresciute, ma va soprattutto segnalata la crescita della
spesa per prestazioni sociali e il conseguente accumulo di debito pubblico.
Sebbene negli Stati Uniti le questioni relative al
bilancio federale siano le più dibattute, molte delle
funzioni economiche essenziali sono oggi garantite
11
dalle amministrazioni statali e locali, di cui la Figura 14.3 illustra la spesa. La voce più rilevante in
assoluto è l’istruzione, in quanto la maggior parte
dei bambini americani frequenta scuole finanziate
principalmente dalle amministrazioni locali; cercando di distribuire equamente le risorse scolastiche a disposizione di ciascun bambino, l’istruzione
pubblica contribuisce a ridurre le enormi differenze di opportunità economiche.
In anni recenti le categorie di spesa che hanno
presentato la crescita più rapida a livello statale e
locale sono state l’assistenza sanitaria e il sistema
carcerario. Negli anni ’80 il numero di detenuti
nelle prigioni statali degli Stati Uniti è triplicato
in seguito all’attuazione di un progetto di lotta
alla criminalità basato su pene detentive prolungate, in particolar modo per i reati di droga. Allo
stesso tempo, le amministrazioni statali e locali
sono state costrette ad assorbire anche un aumento delle spese per la sanità.
Per l’Italia va innanzitutto segnalato che gran
parte della spesa viene decisa a livello centrale.
La Figura 14.4 e la Tabella 14.5 mostrano che la
spesa a livello comunale si concentra nell’erogazione di beni pubblici locali (viabilità, trasporti
pubblici, nettezza urbana, centri sportivi) e nell’istruzione, soprattutto a livello di base. La spesa
regionale è invece destinata soprattutto al settore
sanitario.
Figura 14.3 Le amministrazioni locali si concentrano sui beni pubblici locali.
Negli Stati Uniti, i programmi statali e locali comprendono la fornitura dei servizi scolastici, il finanziamento degli ospedali, la
manutenzione delle strade e attività analoghe. La difesa è di esclusiva competenza federale mentre l’istruzione è di competenza
prevalentemente locale. (Fonte: US Bureau of Economic Analysis, anno 2012)
Altre spese
Spese generali
Trasporti
Ambiente
Federale
Stato sociale
Difesa
Statale
Istruzione
Locale
Sanità
Pensioni
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
Spese (miliardi di dollari)
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
235
318
289
–4,3
–4,8
152
–3,6
0,8
–3,2
24,5
11,8
138
134
197
1613
4701
2100
137
226
276
1040
697
98
4398
–3,1
–4,0
–9,7
–1,5
2,1
–8,6
–9,6
7,9
88 –34,3
212
1380 –14,4
4297
1897
110 –19,1
230
240 –13,1
1008
668
89
4333
7852
46
120
1214
1817
849
68
119
185
497
357
58
2523
2011 var% 2010
Sud
2,9 15 617 14 552 –6,8
–9,8
158 –25,1
2073
3148
2726
80 –30,8
201 –17,3
527 –23,6
1494
851
–5,2 14 584 15 007
–5,2
211
2142
2529
–1,1
46 –28,9
3565
2011 var% 2010
Centro
6655
3249
364
11,9
–3,3
577
1472
2,7 2 399
–7,5
–1,6
–3,0
–6,6
24,7
825
–5,5
0,8
–2,0
807
–2,7
–2,4
736 –15,4
9410
7587 –3,4 71 960 70 031
57
870
9960
–8,0
481 –16,5
1354
0,3 14 552 14 671
88 –26,4
1134
1822
–4,3
–1,7
–7,7
2135 –11,0
6371
3194
336
757 –10,7 10 476 10 264
76
115
190
460
351
57
–1,4
2011 var%
Italia
2480 –1,7 20 561 20 272
2011 var% 2010
Isole
a) Gli enti locali della Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste non forniscono la disaggregazione funzionale della spesa finale. Per esigenze di elaborazione tutta la spesa viene attribuita alla funzione generale di amministrazione e controllo.
(b) Il totale è diverso da quello riportato nel Prospetto 4 poiché al netto della spesa per rimborso prestiti.
–1,5 13 722 13 007
34,7
116
243
689
1550
845
65
–8,7 2 438
–5,6
–7,0
–1,8
–7,5
–3,4
–8,0
–3,3 3604
144 –11,8
2322
–2,6 2322
163
1874
1663
96
451
586
–0,2 1967
134 –25,3
2 600
3 530
–1,5 1822
101
119 –23,0
3221
485
597
1 479
–2,0 1598
–9,3
484
501
–1,1
57
61
3661
5,8
–0,3 3787
2011 var% 2010
Nord-Est
357 –10,5
592
1930
840
87
6233
2011 var% 2010
24 185 19 878
175
Funzioni relative a servizi produttivi
Totale (b)
179
Funzioni nel campo dello sviluppo
economico
2669
Funzioni nel settore sociale
155
Funzioni nel campo turistico
3538
399
Funzioni nel settore sportivo
e ricreativo
Funzioni riguardanti la gestione
del territorio e dell’ambiente
652
Funzioni relative alla cultura
e ai beni culturali
3268
1970
Funzioni di istruzione pubblica
Funzioni nel campo della viabilità
e trasporti
849
Funzioni di polizia locale
82
6249
Amministrazione, gestione e
controllo (a)
Giustizia
2010
Funzioni
Nord-Ovest
Tabella 14.5 Spesa delle amministrazioni comunali per ripartizione geografica e funzione – Impegni. Anni 2010 e 2011, dati provvisori e in milioni di euro (Fonte: Istat, I
bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali, anno 2011, Istat, Roma 23 maggio 2013).
12
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
13
Figura 14.4 Composizione della spesa delle amministrazioni locali in Italia.
Anche in Italia la spesa dei Comuni si concentra prevalentemente sulla fornitura di beni pubblici locali. Negli ultimi anni si è comunque
registrato un aumento relativo della voce di spesa relativa all’amministrazione in seguito al processo di devoluzione intrapreso. (Fonte:
I bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali, anno 2011, Istat, Roma 23 maggio 2013.
Composizione spesa dei Comuni, anni 2010-2011, dati provvisori.
28,9
28,6
Funzioni generali di amministrazione, gestione e controllo
20,9
20,2
Funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente
Funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti
Funzioni nel settore sociale
9,1
9,2
Funzioni di istruzione pubblica
Funzioni di polizia locale
Funzioni relative alla cultura e ai beni culturali
1,9
2,0
1,2
1,1
1,1
1,2
0,7
0,8
0,5
0,5
Funzioni nel settore sportivo e ricreativo
Funzioni relative a servizi produttivi
Funzioni nel campo dello sviluppo economico
Funzioni nel campo turistico
Funzioni relative alla giustizia
0,0
14,7
14,6
13,4
13,8
4,6
4,5
3,0
3,3
2011
5,0
Impatto tecnologico e culturale
della spesa pubblica
Il governo americano rese famosi gli Stati Uniti per
le molte aree scientifiche e tecnologiche e diede una
notevole spinta iniziale all’industria elettronica: lo
sviluppo del transistor nei Bell Labs, per esempio,
fu parzialmente finanziato dall’esercito degli Stati
Uniti, ansioso di disporre di radar e sistemi di comunicazione migliori. Anche le industrie statunitensi dell’aeronautica e dell’informatica nei primi
anni furono sorrette da cospicui aiuti governativi.
Lo stesso è successo in tempi più recenti con il raddoppio del finanziamento delle ricerche in campo
sanitario che ha contribuito al boom del settore delle biotecnologie.
10,0
15,0
20,0
25,0
2010
30,0
35,0
I modelli di spesa pubblica influiscono in modo
determinante anche sulle decisioni di consumo degli individui: la costruzione di sistemi stradali ha
notevolmente velocizzato i trasporti e quindi ha
favorito una maggiore mobilità della popolazione,
contribuendo inoltre ad accelerare la crescita urbana e delle periferie.
Spesso, ripercorrendo all’inverso il cammino
che porta a un’invenzione di successo, si scopre che
lo Stato ha pagato gli studi all’inventore, ha sponsorizzato le prime ricerche universitarie in biologia
e fisica e ha acquistato prototipi per la difesa. Studi
economici indicano che si tratta di fondi ben spesi
anche in base al confronto dei tassi di rendimento
dell’istruzione e della ricerca con altre aree.
Approfondimento
Perché lo Stato interviene nell’economia?
In una prospettiva microeconomica possiamo individuare due
motivazioni principali per cui lo Stato interviene nell’economia:
1. per correggere i fallimenti di mercato;
2. per perseguire valori sociali universali.
Dei fallimenti di mercato ci siamo già interessati nei precedenti capitoli. Un governo può cercare di introdurre, o
mantenere elevata, la competizione in un mercato caratterizzato da imprese dotate di potere di mercato e capaci di
abusarne. Un altro tipo di intervento è quello finalizzato a
promuovere la produzione di certi tipi di beni quali la ricerca
e l’innovazione mentre in altre circostanze l’intervento potrebbe sostanziarsi nella limitazione di alcune attività caratterizzate da esternalità negative. Operativamente potrebbero
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
14
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Pensioni
di vecchiaia
Pensioni di
reversibilità
Pensioni
di invalidità
Sanità
Istruzione
Famiglia
Casa
Mercato
del lavoro
Altro
Francia
economico sfavorevole alla crescita economica. Per questo
motivo, oltre che per la sua valenza universale, l’equità è riconosciuta come un obiettivo sociale fondamentale.
Nel capitolo relativo all’efficienza dei mercati abbiamo appreso
come anche la piena efficienza di un mercato possa in realtà
celare situazioni di profonda iniquità mentre lo studio dell’equilibrio economico generale ci ha chiarito che i redditi degli
individui dipendono dalle attività che possiedono (fattori produttivi inclusi) e dalla loro produttività. Per questi motivi gli stati
elaborano programmi di intervento destinati ai più poveri
per garantire loro una rete di sicurezza sociale e programmi
di istruzione in cui le opportunità di istruzione non differiscano da bambino a bambino sulla base del gruppo sociale di
appartenenza.
La tabella sottostante individua le principali voci di spesa per
i principali paesi europei espressa come percentuale del PIL.
Totale
Paese
essere previsti delle sovvenzioni o dei sussidi nel primo caso
mentre la tassazione rappresenta lo strumento principe nel
secondo caso.
Storicamente l’intervento dello Stato ha avuto anche obiettivi
più ad ampio respiro. La Politica Agricola Comunitaria si prefiggeva originariamente, tra gli altri, gli obiettivi di perseguire la
sicurezza alimentare europea, la stabilità dei prezzi e un adeguato tenore di vita dei lavoratori agricoli. Lo strumento principe attraverso cui si raggiunsero tali obiettivi fu una politica dei
prezzi garantiti che eliminava almeno il rischio economico in
seno all’attività di produzione agricola.
Tra i valori sociali più rilevanti vi è senza dubbio quello
dell’equità perseguito, generalmente, attraverso la politica di
redistribuzione dei redditi. La disuguaglianza sociale (elevata
disparità nei redditi) produce notevoli tensioni sociali e politiche che a loro volta concorrono a determinare un ambiente
34,1
10,6
1,5
2,1
7,2
5,6
2,8
0,9
2,9
0,4
Germania
31,7
11,7
0,4
2,3
8,0
4,3
1,9
0,2
2,3
0,5
Italia
29,3
11,3
2,6
2,1
6,3
4,9
1,0
0,0
1,1
0,0
Regno Unito
26,5
8,1
0,6
2,5
6,1
4,7
2,2
1,5
0,6
0,2
–
8,8
1,1
2,9
6,1
–
2,2
0,4
2,1
0,4
UE 15
Fonte: OECD 2004.
Il quadro che emerge si caratterizza per una notevole eterogeneità. Relativamente alla spesa sanitaria questa in Italia è
inferiore rispetto a Francia e Germania al pari della spesa per
le politiche a sostegno della famiglia che è pari all’1% del PIL
mentre è del 2,2% nel Regno Unito e del 2,8% in Francia.
La spesa pubblica in tema di abitazioni in Italia è pressoché
nulla mentre nel Regno Unito è l’1,5% del PIL e in Francia
sfiora l’1%. Passando al mercato del lavoro la spesa, comprensiva dei sussidi di disoccupazione, è leggermente superiore in
Italia, 1,1%, che nel Regno Unito, 0,6% ma rappresenta pur
sempre la metà della media dell’Unione Europea a 15, 2,1%,
ed è nettamente inferiore alla spesa della Francia con il 2,9%
e della Germania con il 2,3%. La struttura quantitativa della
spesa nei settori qui indagati non è poi così dissimile tra Italia
e Regno Unito ma le differenze si acuiscono quando si vanno
a indagare le voci in termini qualitativi. Nel caso dell’istruzione,
per esempio, è molto difforme la composizione della spesa tra
capitale e lavoro, dato che il rapporto tra studenti e insegnanti
è considerevolmente inferiore in Italia in tutti i gradi di istruzione scolastica, ma in particolare nei livelli più bassi. Abbiamo
infatti 12,8% vs. 26,6% nella materna; 10,6% vs. 19,9% nella
primaria; 9,9% vs. 17,6% nella secondaria inferiore; 10,3% vs.
12,5% nella secondaria superiore. Per l’istruzione universitaria, invece, il rapporto è invertito: 23,1% vs. 18,3% rispetto a
una media in Europa del 15,4% (OECD 2004).
Per la sanità, il confronto relativo sulla qualità è meno agevole
anche a causa della delega alle regioni.
È interessante notare infine come la diversità nei modelli di
welfare tra Italia e Regno Unito si evidenzi più nella composizione della spesa pubblica che nel suo livello data la confrontabilità dei due valori che è ben superiore, per esempio, alla
confrontabilità tra Regno Unito e USA dove esiste un modello
di welfare “liberale” come oltre manica.
Riferimenti bibliografici OECD (2004), Social Expenditure
DataBase, OECD, Paris.
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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
15
14. 3 L’imposizione fiscale
Le tasse sono il prezzo che paghiamo per una società civilizzata.
Oliver Wendell Holmes
I governi finanziano i propri programmi di spesa
soprattutto con i fondi provenienti dalle imposte e,
nel caso siano insufficienti, facendo ricorso al debito
pubblico. Ma in economia occorre sempre andare
al di là dei flussi monetari per comprendere il flusso
delle risorse reali. Il flusso monetario costituito dalle imposte nasconde le reali necessità dello Stato di
utilizzare fattori economici scarsi quali terra, lavoro
e capitale. Quando la Nazione combatte una guerra,
gli organi politici studiano il tipo di finanziamenti, ma ciò che realmente accade è che gli individui
vengono allontanati dalle loro occupazioni civili, gli
aerei e le navi trasportano soldati invece di turisti e
il petrolio viene utilizzato per i carri armati piuttosto che per le auto. Quando il governo concede una
sovvenzione per la ricerca nel settore delle biotecnologie, in realtà accade che un terreno che avrebbe
potuto essere utilizzato per costruire un ufficio viene
invece usato per allestire un laboratorio.
Quando il governo introduce un’imposta, in
realtà decide in che modo trarre le risorse necessarie dalle famiglie e dalle imprese della Nazione per destinarle a finalità pubbliche. I fondi
raccolti tramite le imposte rappresentano il veicolo con cui le risorse reali vengono trasferite
dai beni privati ai beni pubblici.
14.3.1 Princìpi di imposizione fiscale
Princìpi del beneficio
e della capacità contributiva
Il governo può scegliere tra una gamma sorprendentemente vasta di imposte per procurarsi i fondi
necessari: può introdurre imposte sul reddito, sui
profitti o sulle vendite; può tassare i ricchi o i poveri, gli anziani o i giovani. Esistono tuttavia alcune
linee guida che contribuiscono a creare un sistema
fiscale equo ed efficiente. Economisti e filosofi politici hanno proposto due princìpi fondamentali per
l’organizzazione di un sistema fiscale:
il principio del beneficio afferma che individui
diversi dovrebbero essere tassati in proporzione
al beneficio che ricevono dai programmi di spesa
pubblica. Così come gli individui pagano priva-
tamente in proporzione al loro consumo privato
di pane, le imposte pagate da un individuo dovrebbero essere correlate al suo utilizzo di beni
pubblici come le strade o i parchi;
il principio della capacità contributiva afferma
che le imposte pagate dagli individui dovrebbero
essere correlate al loro reddito o patrimonio. Maggiore è il reddito o patrimonio, maggiori saranno
le imposte. Solitamente i sistemi fiscali organizzati in base al principio della capacità contributiva
sono anche ridistributivi, cioè prelevano fondi dagli individui con redditi elevati per incrementare i
redditi e il consumo dei gruppi meno abbienti.
Se, per esempio, la costruzione di un nuovo ponte
viene finanziata facendo pagare il pedaggio, si tratta di un’applicazione del principio del beneficio, in
quanto un individuo paga solo se utilizza il ponte;
se invece viene finanziata da un fondo costituito
con le imposte sul reddito, si ha un esempio del
principio della capacità contributiva.
Equità orizzontale e verticale
Indipendentemente dal fatto che siano organizzati
secondo i princìpi del beneficio o della capacità contributiva, quasi tutti i moderni sistemi fiscali tentano
di incorporare anche i concetti di giustizia o equità.
Un principio importante è quello dell’equità orizzontale, secondo il quale individui sostanzialmente
uguali devono essere tassati allo stesso modo.
La nozione di uguale trattamento ha profonde
radici nella filosofia politica occidentale: se due
persone hanno caratteristiche identiche, a eccezione del colore degli occhi, in base a tutti i princìpi
fiscali dovrebbero pagare le stesse imposte. Nel
caso dell’imposizione fiscale basata sul principio
del beneficio, se entrambi ricevono esattamente gli
stessi benefici dalle autostrade o dai parchi, il principio dell’equità orizzontale afferma che devono
pagare le medesime imposte. In un sistema fiscale basato sul principio della capacità contributiva,
l’equità orizzontale imporrebbe che le persone con
redditi uguali pagassero le stesse imposte.
Un principio più controverso è quello dell’equità verticale, che riguarda il trattamento fiscale di
persone con redditi diversi; in questo caso, princìpi
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
16
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
filosofici astratti sono di scarso aiuto per la risoluzione del problema dell’equità. Supponiamo che
A e B siano identici a eccezione del fatto che le
proprietà e il reddito di B sono 10 volte maggiori
di quelli di A; questo significa che A e B devono
pagare le stesse imposte totali in termini monetari
per servizi pubblici quali il mantenimento dell’ordine pubblico? Oppure B deve pagare imposte corrispondenti alla stessa percentuale di reddito? O,
ancora, se le forze dell’ordine impiegano più tempo per proteggere le proprietà del ricco B, è forse
giusto che B paghi imposte corrispondenti a una
percentuale maggiore del reddito?
Occorre ricordare che la struttura fiscale di una
Nazione non può essere determinata da princìpi generali e astratti: la campagna di Ronald Reagan a
favore di una riduzione della pressione fiscale era
motivata dalla sua convinzione che fosse ingiusto
far pagare imposte elevate a chi aveva lavorato duramente e risparmiato per il futuro; dieci anni più
tardi Bill Clinton affermò: “Il nostro Codice Fiscale è ora perfettamente equo, in quanto l’80% delle
nuove imposte grava su coloro che guadagnano più
di 200 000 dollari all’anno”. Ciò che è giusto per
qualcuno non lo è per qualcun altro!
L’equità orizzontale è il principio in base al
quale gli individui sostanzialmente uguali devono
essere tassati allo stesso modo. L’equità verticale
sostiene che le persone con redditi diversi devono
ricevere un trattamento fiscale equo e differenziato, ma non esiste accordo sulle modalità di applicazione di questo principio.
Compromessi pragmatici nell’imposizione fiscale
In che modo le società hanno risolto queste complesse questioni filosofiche? In genere i governi
hanno adottato soluzioni pragmatiche, basate solo
parzialmente sugli approcci del beneficio e della
capacità contributiva. I rappresentanti politici sanno che le imposte non sono gradite da alcuno: una
protesta di carattere fiscale ha dato il via alla Rivoluzione Americana, così come a quella Francese. I
moderni sistemi fiscali rappresentano uno scomodo
compromesso tra nobili princìpi e pragmatismo politico. Come scrisse il ministro delle finanze francese Colbert tre secoli fa, “Aumentare le imposte è
come spennare un’oca: si vuole ottenere il massimo
numero di piume riducendo al minimo la quantità
di chiasso”.
Quali pratiche ne sono derivate? Spesso, a beneficiare dei servizi pubblici sono soprattutto determinati gruppi che non hanno alcun diritto partico-
lare di ricevere un trattamento speciale in virtù dei
loro redditi medi o di altre caratteristiche. In questi
casi i governi moderni si basano essenzialmente su
imposte fondate sul principio del beneficio.
Di conseguenza, la costruzione di strade locali viene in genere finanziata dai residenti locali; le
“imposte d’uso” si pagano per l’acqua e le fognature, che vengono considerate come beni privati; le
imposte sulla benzina possono essere stanziate per
la costruzione di strade di grande comunicazione.
Imposte progressive e regressive Le imposte basate sul principio del beneficio rappresentano una parte
decrescente delle entrate statali. Ai giorni nostri i Paesi avanzati si basano in larga misura sulle imposte
progressive sul reddito: una famiglia con un reddito di 50 000 euro viene tassata più di un’altra con
un reddito di soli 20 000 euro. Di fatto la famiglia
con il reddito più elevato non paga solo un’imposta
sul reddito maggiore, ma anche una maggiore percentuale del reddito stesso. L’imposta progressiva
si contrappone a un’imposta strettamente proporzionale, che preleva dai contribuenti esattamente la
stessa percentuale di reddito; per contro, un’imposta regressiva preleva dai poveri una percentuale di
reddito maggiore di quella versata dai ricchi.
Un’imposta è proporzionale, progressiva o regressiva se preleva dagli individui con redditi
elevati la stessa percentuale di reddito, una percentuale di reddito maggiore o una percentuale
di reddito minore di quella riscossa dagli individui con redditi modesti2.
I diversi tipi di imposte sono illustrati nella Figura
14.5. Un’imposta sul reddito delle persone fisiche
proporzionata in modo da prelevare somme sempre maggiori per ogni euro aggiuntivo di reddito
è progressiva. Gli economisti hanno scoperto, per
esempio, che l’imposta sulle sigarette è regressiva
e ciò dipende dal fatto che la spesa per questo bene
cresce meno rapidamente del reddito. Alcuni studi,
per esempio, hanno stabilito che l’elasticità delle
sigarette rispetto al reddito è pari allo 0,6 circa. Ciò
significa che un aumento del reddito pari al 10%
determina un incremento della spesa per sigarette e
delle relative imposte del 6%. I gruppi ad alto reddito pagano quindi una frazione minore di imposte
sulle sigarette rispetto ai gruppi a basso reddito.
2
Si noti che “progressivo” e “regressivo” sono termini tecnici dell’economia che si riferiscono alle proporzioni delle imposte relativamente a
redditi diversi.
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
Percentuale versata in imposte
I/Y
Imposta progressiva
Imposta proporzionale
Imposta regressiva
Y
Reddito
Figura 14.5 Imposte progressive, proporzionali e regressive.
Le imposte sono progressive se aumentano all’aumentare del
reddito, proporzionali se rappresentano una percentuale costante del reddito e regressive se gravano maggiormente sulle
famiglie a basso reddito che non su quelle con redditi elevati.
Imposte dirette e indirette Le imposte si suddividono in dirette e indirette: le imposte indirette
gravano su beni e servizi e quindi soltanto “indirettamente” sugli individui; esempi di tali imposte
sono quelle sui consumi e sulle vendite, le imposte
sulla benzina e sulle sigarette, i dazi doganali sulle
importazioni e le imposte fondiarie. Per contro, le
imposte dirette gravano direttamente sugli individui o sulle imprese; ne sono esempi le imposte sul
reddito delle persone fisiche, la previdenza sociale
o le imposte sulle successioni e sulle donazioni. Le
imposte dirette presentano il vantaggio di essere facilmente adattabili alle singole circostanze, quali la
dimensione di un nucleo familiare, il reddito, l’età e
più in generale la capacità contributiva. Al contrario,
il vantaggio delle imposte indirette risiede nella loro
economicità e facilità di raccolta, in quanto possono
essere applicate sia al dettaglio sia all’ingrosso.
14.3.2 Il sistema fiscale
La struttura di un moderno sistema fiscale si basa sulle imposte: le Tabelle 14.6 e 14.7 riportano le principali imposte progressive, proporzionali e regressive del
governo federale statunitense e dello Stato italiano.
Le imposte sul reddito delle persone fisiche
In primo luogo considereremo l’imposta sul reddito delle persone fisiche, che costituisce di gran
lunga la parte più complessa e controversa di un
moderno sistema fiscale. Si tratta di un’imposta
diretta e, tra tutte le imposte, è quella che maggiormente riflette il principio della capacità contributiva.
È anche una delle imposte più delicate dal
17
punto di vista politico, perché viene pagata direttamente dai singoli contribuenti, che ne avvertono
con più chiarezza il peso, e soprattutto perché nella
sua struttura si riflettono direttamente le preferenze politiche di una collettività. Quanto deve essere
progressiva l’imposta sul reddito? Quali riduzioni
o esenzioni devono essere concesse? In che misura aliquote d’imposta elevate sui redditi più alti si
giustificano alla luce dell’equità sociale, e in che
misura rischiano di scoraggiare l’iniziativa economica e l’impegno lavorativo?
Su ciascuna di queste domande si sono accese
roventi polemiche, nelle quali la difesa di specifici interessi si è intrecciata con la battaglia ideale
per i princìpi di efficienza ed equità; la struttura
dell’imposta sul reddito che ne è derivata, nei diversi Paesi, riflette la particolare evoluzione storica
e la specifica sensibilità politico-sociale di ciascuna Nazione.
Come si calcola l’imposta sul reddito delle
persone fisiche? Benché tale calcolo possa apparire complesso, in realtà si basa su un principio molto semplice. Innanzi tutto si determina il
reddito dell’individuo in questione, e da questo
si sottraggono spese, detrazioni ed esenzioni per
Tabella 14.6 Le imposte sul reddito e sul monte salari
costituiscono la principale fonte di reddito del governo
federale degli Stati Uniti.
Le imposte progressive rimangono la principale fonte di gettito
fiscale negli Stati Uniti, ma le imposte sul monte salari stanno
crescendo rapidamente di importanza. Le imposte regressive
sui consumi stanno invece drasticamente diminuendo a livello
federale. (Fonte: Office of Management and Budget, Budget of
the US Government, Anni vari.)
Entrate fiscali del governo federale USA,
media anni 2009-2012
Entrate
(% del totale)
Progressive:
Imposte sul reddito delle persone fisiche
Imposte su successioni e donazioni
Imposte sul reddito delle società
46,1
12
12,9
Proporzionali:
Imposte sul monte salari
34,9
Regressive:
Imposte sui consumi
Dazi doganali
Altre imposte ed entrate
Totale
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
2,2
1,2
0,8
100,0
18
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Tabella 14.7 Entrate delle amministrazioni pubbliche* (in percentuale del PIL).
In Italia, storicamente la quota più rilevante del gettito fiscale proviene dalle imposte dirette. Dal 2002 questo primato spetta però alle
imposte indirette, che nel 2007 hanno rappresentato il 15,2% delle entrate delle Amministrazioni pubbliche. (Fonte: Banca d’Italia,
Relazione del Governatore 2013. Fonte: Elaborazone sui dati Istat.)
Voci
1998
1999
2000
2001
2003
2005
2007
2009
2011
2012
Imposte dirette
14,3
14,9
14,4
14,7
13,4
13,3
15,2
14,6
14,3
15,1
Imposte indirette
15,1
14,9
14,7
14,2
14,0
14,2
14,7
13,6
14,1
14,9
Imposte in c/capitale
0,4
0,1
0,1
0,1
1,3
0,1
0,0
0,8
0,4
0,1
Pressione tributaria
29,7
29,9
29,2
29,0
28,7
27,6
29,9
29,0
28,8
30,2
Contributi sociali
12,6
12,5
12,4
12,3
12,6
12,8
13,3
14,0
13,7
13,8
Pressione fiscale
42,3
42,4
41,6
41,3
41,4
40,5
43,3
43,0
42,6
44,0
Altre entrate correnti
3,6
3,6
3,4
3,5
3,4
3,5
3,6
3,8
3,8
3,8
Altre entrate in c/capitale
0,3
0,4
0,3
0,2
0,3
0,3
0,3
0,2
0,3
0,3
46,2
46,4
45,4
45,0
45,1
44,2
47,2
47,0
46,6
48,1
Totale entrate
* Eventuali mancate quadrature sono dovute all’arrotondamento delle cifre decimali.
ottenere l’imponibile su cui calcolare l’imposta.
L’imposta, in tutti i sistemi economici più avanzati, è progressiva, ossia grava in misura maggiore
sui redditi più elevati.
Il meccanismo della progressività è illustrato
nella Tabella 14.8, nella quale, a titolo esemplificativo, si fa riferimento alle aliquote dell’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) attualmente
in vigore in Italia.
L’imposta si calcola per scaglioni successivi
di reddito: fino a 15 000 euro l’imposta è pari al
23% dell’intero importo. Ulteriori redditi eccedenti
quell’importo e fino a 28 000 euro sono tassati al
27%. Nello scaglione successivo il reddito eccedente è tassato al 38% e così via.
Un aspetto fortemente controverso dell’imposta sul reddito delle persone fisiche riguarda la possibilità che imposte eccessivamente progressive
(ossia con aliquote marginali che crescano troppo
rapidamente, o che raggiungano livelli troppo elevati) siano un freno per l’attività economica. Come
sappiamo, in base al principio marginale gli individui devono prendere le proprie decisioni alla luce
dei costi e dei benefici aggiuntivi, o marginali; se
il reddito marginale derivante, per esempio, da un
impegno eccezionale sul lavoro viene tassato con
un’aliquota troppo elevata, potrebbe venir meno
l’incentivo a lavorare di più.
Questo problema è stato posto con particolare
forza negli Stati Uniti, dove ha costituito un tema
fondamentale della scuola di pensiero nota come
“economia orientata verso l’offerta”, o supply-side
economics, e della “rivoluzione conservatrice” avviata nei primi anni ’80 durante la presidenza di
Ronald Reagan. Notiamo che l’aliquota marginale
massima (sui redditi più elevati) negli Stati Uniti
è stata ridotta da Bush al 35%, ossia decisamente
più bassa che in Italia, ma che non sempre è stato
così: come si può vedere nella Figura 14.6, durante
la Seconda Guerra Mondiale l’aliquota marginale
massima superava il 90%.
La previdenza sociale
Un’altra categoria di imposte, la cui importanza è
cresciuta enormemente negli ultimi decenni, è destinata al finanziamento della previdenza sociale.
Negli Stati Uniti praticamente tutte le industrie
sono oggi regolate dal Social Security Act (Legge sulla previdenza sociale). I lavoratori ricevono
indennità pensionistiche che dipendono dai loro
guadagni passati e dalle imposte sulla previdenza
sociale versate in precedenza. Il programma di assicurazione sociale stanzia inoltre finanziamenti a
favore degli invalidi e per l’assicurazione sanitaria
ai poveri e agli anziani.
Per finanziare tali indennità, i lavoratori e i datori di lavoro devono pagare un’imposta (la cosiddetta imposta sul monte salari), approssimativamente
proporzionale al reddito da lavoro percepito.
In Italia, un ruolo analogo viene svolto dai
contributi sociali, come mostra la Tabella 14.7. Si
tratta di imposte che si applicano, in genere come
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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
19
Tabella 14.8 Esempio di calcolo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Reddito (per scaglioni)
Aliquota
(per scaglioni)
Imposta dovuta sui redditi intermedi
compresi negli scaglioni
23
23% sull’intero importo
Fino a 15 000
Oltre euro 15 000
e fino a euro 28 000
27
3 450,00 + 27% parte eccedente 15 000,00
Oltre euro 28 000
e fino a euro 55 000
38
6 960,00 + 38% parte eccedente 28 000,00
Oltre euro 55 000
e fino a euro 75 000
41
17 220,00 + 41% parte eccedente 55 000,00
43
25 420,00 + 43% parte eccedente 75 000,00
Oltre euro 75 000
Figura 14.6 L’aliquota d’imposta marginale massima negli Stati Uniti.
L’aliquota d’imposta marginale è l’imposta aggiuntiva che si paga per ciascuna unità monetaria di reddito aggiuntiva. Negli Stati Uniti
l’aliquota d’imposta marginale massima sui redditi delle persone fisiche raggiunse il 94% durante la Seconda Guerra Mondiale, fu
in seguito gradatamente ridotta fino al 28% durante l’amministrazione Reagan, salì al 39% nel pacchetto economico del presidente
Clinton e fu ridotta al 35% da Bush nel 2003. Si noti il leggero aumento registrato negli ultimi anni. (Fonte: IRS, Statistics of Income
Division, Historical Table 23.)
US Top Marginal Tax Rate (Federal Individual Income Tax)
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
2013
2008
1998
2003
1993
1988
1983
1978
1973
1968
1963
1958
1953
1948
1943
1938
1933
1928
1918
1923
1913
0%
Applicazione
Riforma radicale del sistema fiscale:
l’imposta ad aliquota fissa
L’imposta sul reddito delle persone fisiche è un potente strumento per la raccolta delle entrate, ma è divenuto man mano
più complesso negli anni dalla sua introduzione; inoltre è pieno di scappatoie e “privilegi fiscali” che vanno a beneficio di
particolari categorie di redditi o di spese e persino di singoli
gruppi di contribuenti; per esempio, le spese per interessi sui
mutui e le spese mediche sono detraibili dal reddito: si tratta,
in pratica, di spese sovvenzionate.
Gli economisti si sono battuti instancabilmente per un sistema fiscale più semplice, che aumenti la base imponibile
e aumenti quindi le entrate eliminando scaglioni d’imposta
non necessari, e sia di conseguenza capace di ridurre l’aliquota media d’imposta. Una delle proposte più radicali e innovative per una riforma basilare del sistema fiscale è l’impo-
sta ad aliquota fissa, che è stata sviluppata dettagliatamente
da Robert Hall e Alvin Rabushka di Stanford3. L’aliquota da
loro proposta presenta le seguenti caratteristiche principali
(a titolo di esempio si veda la Domanda 9 alla fine di questo
capitolo):
si applica sul consumo invece che sul reddito. Come vedremo più avanti in questo capitolo, la tassazione del consumo
serve a incentivare maggiormente il risparmio e può contribuire a stimolare la crescita del tasso di risparmio nazionale;
integra le imposte sul reddito delle persone fisiche e delle
persone giuridiche. Viene così eliminata una delle principali
distorsioni del sistema fiscale;
3
The Flat Tax, Hoover Institute Press, Palo Alto, CA 1995 (seconda edizione).
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20
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
elimina in pratica ogni scappatoia e privilegio fiscale, per
esempio le agevolazioni per spese mediche, case di proprietà e versamenti a enti di beneficenza;
stabilisce una esenzione iniziale di circa 20 000 dollari a
famiglia e applica poi un’aliquota media d’imposta costante
del 19% oltre quel livello.
Un’imposta ad aliquota fissa produrrebbe effetti di vasta portata: la maggior parte dei commercialisti rimarrebbe senza
lavoro; organizzazioni tartassate dal fisco come le società per
azioni registrerebbero un risparmio fiscale e un significativo
capital gain; i contribuenti che percepiscono salari elevati si ve-
percentuale fissa, sui salari che le imprese pagano
ai dipendenti; il gettito di tali contributi è destinato al finanziamento del sistema di previdenza
sociale.
Imposte sul reddito delle società
Dopo aver pagato tutte le spese e calcolato il reddito annuo, una società per azioni deve versare parte
del proprio reddito allo Stato sotto forma di imposte. In Italia, per esempio, l’IRPEG (imposta sul
reddito delle persone giuridiche) colpisce i profitti
delle società con un’aliquota fissa del 36%.
L’imposta sul reddito delle società è pesantemente criticata dagli economisti; alcuni di essi
sono contrari a tale imposta, in quanto ritengono
che la società per azioni non sia altro che una finzione legale e quindi non dovrebbe essere soggetta
a imposte. Tassando i profitti della società prima, e
poi i dividendi pagati dalla società agli individui, il
governo impone una doppia tassazione.
L’amministrazione di George Bush si è fatta
carico della questione e, nel 2003, ha raccomandato l’abolizione dell’imposta sui dividendi a livello
individuale. Il Congresso ha optato per un compromesso, riducendo l’aliquota massima sui dividendi al 15% (rispetto al livello massimo del 35% sul
reddito ordinario del 2003).
Imposte sui consumi
Gli Stati Uniti fanno largo uso delle imposte sui
redditi, mentre un approccio radicalmente diverso è dato dalle imposte sui consumi che vengono
applicate sugli acquisti di beni e servizi piuttosto
che sui redditi; la logica sta nel colpire l’utilizzo
dei beni invece che la loro produzione e l’esempio
più comune è l’imposta sulle vendite. Negli Stati
Uniti non esiste un’imposta di questo tipo a livello
nazionale, sebbene esista una serie di imposte sulle vendite a livello federale su beni specifici come
drebbero dimezzare le imposte. Allo stesso tempo, le case di
proprietà e le spese mediche si contrarrebbero e le donazioni
a enti di beneficenza diminuirebbero drasticamente.
Gli oppositori fanno notare che il progetto produrrebbe un’importante ridistribuzione delle risorse tra gli individui a reddito
elevato a scapito delle famiglie a reddito medio-basso, le quali
si interrogherebbero sull’opportunità di fare un ulteriore regalo
inaspettato ai più ricchi, che hanno già beneficiato di massicci
aumenti dei loro redditi durante gli anni ’80 e ’90. Si tratta
di un esempio ulteriore di compromesso tra giustizia ed efficienza che attraversa molti dei temi più controversi di politica
economica.
le sigarette, l’alcol e la benzina. Le imposte sulle
vendite e sui consumi sono in genere regressive,
perché incidono per una frazione maggiore sui redditi bassi rispetto ai redditi alti.
Nell’Unione Europea è molto utilizzata l’imposta sul valore aggiunto o IVA; è come un’imposta sulle vendite ma si applica a tutti i livelli di
produzione: nel caso del pane, quindi, l’IVA viene prelevata dall’agricoltore per la produzione del
grano, dal mugnaio per la produzione della farina,
dal fornaio per la produzione della pagnotta e dal
negoziante nella fase di vendita.
Inoltre su benzina, tabacchi e alcolici sono applicate le accise, che sono imposte a cifra fissa (per
esempio: 0,70 euro per litro di benzina).
I sostenitori delle imposte sui consumi ritengono che gli attuali livelli di risparmio e di investimento degli Stati Uniti non siano sufficienti per i
bisogni futuri e che sostituendo le imposte sui redditi con imposte sui consumi, il tasso di risparmio
nazionale aumenterebbe; i critici rispondono che
un tale cambiamento non è auspicabile in quanto le imposte sulle vendite sono più regressive
dell’attuale imposta sui redditi. L’imposta ad aliquota fissa discussa precedentemente equivale in
realtà a un sistema estremamente semplificato di
tassazione dei consumi personali; un tale approccio fisserebbe tutte le aliquote di imposta marginale a un tasso ridotto uniforme (intorno al 20%)
ed eliminerebbe gran parte delle detrazioni e dei
fringe benefit esenti da imposte, per esempio l’assistenza sanitaria e gli interessi sui mutui (vedi la
Domanda 9).
14.3.3 Imposte ed efficienza
Le imposte influenzano sia l’efficienza economica sia la distribuzione del reddito. In anni recenti
l’impatto sull’efficienza economica è divenuto un
problema di primaria importanza per la politica
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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
Per quanto riguarda risparmio e investimento, le
imposte producono ovviamente effetti significativi sull’attività economica: se le imposte sono
elevate in un settore, le risorse si trasferiscono
in altri settori in cui le imposte sono inferiori; se,
per esempio, il capitale di una società è soggetto
a doppia tassazione, i risparmi degli azionisti si
trasferiranno dalle azioni della società ad altri settori poco tassati, come quello petrolifero o quello
delle seconde case, che offrono rendimenti deducibili dalle imposte. Se le imposte sugli investimenti azionari sono sfavorevoli, è possibile che
gli investitori preferiscano optare per titoli esenti
da imposte, o tassati in modo più leggero. L’inefficienza deriva tanto dalla differenza di imposte
in diversi settori quanto dalla presenza di imposte
elevate4.
4
Un esempio interessante dell’interazione tra efficienza e imposte è
la curva di Laffer, che viene discussa alla Domanda 8 al termine del
capitolo.
Figura 14.7 La reazione del lavoro alle imposte dipende
dalla forma della curva di offerta.
Se s’introduce un’imposta sul reddito da lavoro del 25%, la curva di offerta di lavoro prima dell’imposta (Ob) si sposta verticalmente verso l’alto assumendo la forma Oa. Se la domanda di
lavoro interseca l’offerta nella parte inferiore della curva, si nota
la diminuzione attesa dell’offerta di lavoro da N a N’. Se la curva dell’offerta di lavoro è rivolta all’indietro, come per esempio
nella parte superiore, l’offerta di lavoro crescerà all’aumentare
dell’imposta, spostandosi da B a B’.
Tb
Ob
Tasso salariale orario prima dell’imposta
fiscale; gli economisti e i legislatori studiano l’effetto degli incentivi sul comportamento dei singoli individui e delle imprese, ovvero analizzano il
modo in cui gli individui reagiscono in presenza di
livelli diversi di aliquote d’imposta marginali. Negli anni ’80 si sviluppò un importante movimento
politico, l’economia dell’offerta. Questo programma, portato avanti dal presidente repubblicano
Ronald Reagan, perseguì una politica macroeconomica finalizzata alla crescita di lungo periodo
piuttosto che alla gestione del ciclo economico;
sviluppò una politica di bilancio a sostegno della
difesa, il taglio dei programmi civili e prestò una
scarsa attenzione ai disavanzi fiscali; avviò un piano di riduzione del fardello delle norme federali,
specialmente nel campo della sanità, della sicurezza e dell’ambiente; infine, soprattutto, ridusse le
aliquote e il carico fiscale.
Le principali eredità di questo periodo sono
state le riforme fiscali del 1981 e del 1986, che ridussero drasticamente le aliquote d’imposta marginali, ampliarono la base imponibile e rivoluzionarono completamente le imposte sul reddito delle
persone fisiche; le politiche fiscali di quell’epoca
comportarono inoltre un grosso incremento del
disavanzo del bilancio federale e il drastico aumento del debito pubblico in rapporto al prodotto
nazionale.
In che modo aliquote d’imposta elevate influenzano il comportamento economico? Per quanto riguarda l’offerta di lavoro, l’effetto è ambivalente. L’impatto delle aliquote d’imposta sulle ore
lavorative non è chiaro, poiché gli effetti reddito
e di sostituzione dei salari modificano il lavoro in
varie direzioni: le imposte progressive possono indurre alcuni individui ad aumentare le ore di svago
piuttosto che quelle di lavoro, mentre altri possono
decidere di lavorare di più per arricchirsi; numerosi
medici, artisti, personaggi famosi e dirigenti aziendali con redditi elevati, che amano il loro lavoro
e la sensazione di potere o di appagamento che
procura, lavoreranno con lo stesso impegno sia per
1 000 000 sia per 800 000 dollari al netto delle imposte. Inoltre, imposte elevate sulle attività di tipo
winner-take-all (il vincitore prende tutto) possono
ridurre l’offerta di talenti nelle aree sovraffollate.
La Figura 14.7 mostra che un aumento dell’aliquota
d’imposta sui redditi da lavoro incide sull’offerta
di lavoro: notate il paradosso costituito dal fatto
che il tempo di lavoro può effettivamente diminuire in seguito a un taglio dell’aliquota d’imposta, se
la curva dell’offerta di lavoro è rivolta all’indietro.
21
B
Oa
B⬘
DB
N⬘
N
DN
L
Ore lavorative
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22
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Efficienza e giustizia
Da tempo gli economisti si occupano dell’impatto
delle imposte sull’efficienza economica. La moderna teoria dell’imposizione fiscale efficiente ha
prodotto la regola delle imposte di Ramsey, che
afferma che lo Stato dovrebbe imporre le imposte
più elevate sugli input e gli output con domanda e
offerta maggiormente anelastiche rispetto al prezzo. La regola delle imposte di Ramsey si basa sul
fatto che se l’offerta o la domanda di un bene è
molto anelastica rispetto al prezzo, un’imposta su
quel bene avrà un’influenza limitata sui consumi e
sulla produzione. In alcune circostanze le imposte
di Ramsey possono costituire un metodo per incrementare le entrate tributarie riducendo al minimo
la perdita di efficienza economica.
Occorre tuttavia tenere presente che l’economia
e la politica non si basano esclusivamente sull’efficienza; una pesante imposizione fiscale sulle rendite della terra o sui generi alimentari, per esempio,
può essere efficiente, ma verrebbe giudicata ingiusta da molti.
Un esempio concreto di questo problema si
ebbe in Gran Bretagna nel 1990 con la proposta di
introdurre una poll tax, cioè un’imposta in somma
fissa per persona; il vantaggio di una tale imposta è
che, come per l’imposta sulla terra, essa non avrebbe prodotto inefficienze, in quanto è improbabile
che gli individui migrino in Russia o facciano harakiri per evitare l’imposta, quindi le distorsioni economiche sarebbero state minime.
Purtroppo il governo inglese non si rese conto della misura in cui la popolazione riteneva
quest’imposta ingiusta; la poll tax, infatti, è altamente regressiva, poiché grava proporzionalmente
molto di più sui redditi bassi che non su quelli elevati. Le critiche rivolte alla poll tax furono uno dei
principali motivi che causarono la caduta del governo Thatcher dopo undici anni di potere. Questo
esempio illustra chiaramente le difficoltà presentate dalla scelta tra efficienza ed equità nell’elaborazione della politica economica.
Il problema dell’incidenza fiscale
Chi paga in realtà le imposte riscosse dalla Pubblica Amministrazione?
È errato pensare che gli individui e le imprese che
hanno l’obbligo di pagare siano effettivamente coloro che pagano le imposte: il fatto che una raffineria
di petrolio versi l’imposta sulla benzina al Ministero
delle Finanze non significa che le imposte vengano
prelevate dai profitti della società petrolifera.
Può accadere infatti che le imprese trasferiscano
l’imposta “in avanti” ai loro clienti, aumentando
il prezzo di un ammontare pari all’imposta, oppure “all’indietro” ai fornitori (proprietari di lavoro,
terra e altri fattori), i quali otterranno salari, rendite
e prezzi di altri fattori inferiori rispetto a quanto
avrebbero percepito in assenza di imposte.
La questione del trasferimento delle imposte
riguarda l’incidenza fiscale, cioè il modo in cui
si ripartisce l’onere fiscale e gli effetti globali sui
prezzi, sulle quantità e sulla composizione di produzione e consumo.
Le domande che si pongono sull’incidenza fiscale possono essere le seguenti: qual è l’effetto
di un aumento dell’imposta sui carburanti? Ricade
sui consumatori oppure determina una diminuzione del prezzo del greggio, gravando pertanto sui
produttori? O forse l’imposta produce una combinazione di queste due soluzioni? I prezzi del
carbone ne sono influenzati? E infine, l’imposta
annulla la produzione di petrolio per cui gli effetti
sono andati al di là di quelli mostrati da prezzi e
Applicazione
Imposizione fiscale sui “mali” piuttosto che
sui “beni”
Benché gli economisti abbiano difeso raramente imposte come la poll tax, essi hanno favorito un approccio nel
quale il sistema fiscale attribuisse più peso ai “mali” che ai
“beni”. La fonte principale di inefficienze deriva dal fatto che
le imposte vengono generalmente applicate ai “beni” (attività economiche come il lavoro, l’investimento, il risparmio
o l’assunzione di rischi), per cui scoraggiano tali attività. Un
approccio alternativo consiste nel tassare i “mali”, e questo
tipo di tassazione include le imposte sugli alcolici, le sigarette
e altre sostanze che danneggiano la salute.
Un nuovo tipo di imposizione fiscale è costituito dalle imposte sull’inquinamento e su altre esternalità negative, imposte
che vengono definite imposte verdi poiché mirano a proteggere l’ambiente oltre che a incrementare le entrate fiscali.
Supponiamo che una Nazione decida di dare un contributo
alla limitazione del riscaldamento del pianeta introducendo
una “carbon tax”, ovvero un’imposta sulle emissioni di anidride carbonica delle centrali elettriche e di altre fonti: in base
al comune ragionamento economico, un’imposta di questo
tipo induce le imprese a ridurre le emissioni di anidride carbonica, con il conseguente miglioramento dell’ambiente;
l’imposta verde garantisce inoltre entrate che lo Stato può
utilizzare per finanziare le proprie attività, oppure per ridurre
le aliquote d’imposta su attività positive quali il lavoro e il
risparmio.
Le imposte verdi presentano quindi un duplice vantaggio:
forniscono fondi e migliorano le condizioni ambientali in
quanto scoraggiano le esternalità dannose.
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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
salari e addirittura oltre l’onere distribuibile tra i
cittadini?
La microeconomia fornisce alcuni strumenti
importanti per analizzare l’incidenza fiscale. Nei
Capitoli precedenti abbiamo considerato l’incidenza di un’imposta sulla benzina: negli esempi più
semplici che riguardano l’offerta e la domanda di
un singolo bene, l’analisi dell’incidenza non presenta alcuna difficoltà, mentre in altre situazioni
gli effetti a cascata sul sistema economico rendono
l’analisi estremamente complessa, tanto che talvolta si rende necessario ricorrere ad approcci di
equilibrio generale.
Può accadere di voler conoscere l’incidenza
fiscale del sistema tributario e dei trasferimenti
pubblici in generale. L’incidenza fiscale esamina
l’impatto dei programmi di imposizione fiscale e
di spesa sui redditi della popolazione e riguarda il
loro livello generale di progressività o regressività;
per calcolarla occorre distribuire tutte le imposte e
i trasferimenti tra i diversi gruppi; ma uno studio di
questo tipo non può che essere approssimativo, in
quanto non è possibile determinare con esattezza in
quale misura un’imposta fondiaria o sulle società
venga trasferita. L’esperimento concettuale che si
desidera effettuare è il seguente:
stema economico fosse un laboratorio; grazie agli
strumenti offerti dalla teoria economica, è comunque possibile fornire misurazioni abbastanza accurate e valutazioni degli effetti di imposte e spese.
Incidenza delle imposte
e dei trasferimenti federali negli Stati Uniti
Nella Figura 14.8 sono illustrati i risultati di uno
studio recente sull’incidenza delle imposte e dei
trasferimenti monetari negli Stati Uniti: i trasferimenti vengono considerati come imposte negative
e misurati sull’asse verticale al di sotto dello zero.
L’aspetto interessante di questo approccio è il fatto che esamina il reddito e le imposte nell’ambito
dell’intera vita del contribuente, invece di considerare un solo anno: in sostanza, lo studio prende
in considerazione i cambiamenti importanti che si
verificano nell’arco della vita (gli individui, per
esempio, entrano ed escono dal mercato del lavoro, pagano le imposte per la previdenza sociale da
giovani e le recuperano sotto forma di indennità
da anziani). Questo studio considera inoltre l’estrema complessità del sistema fiscale americano.
I risultati ottenuti indicano che il sistema fiscale
degli Stati Uniti è in genere progressivo dall’estremità superiore a quella inferiore della scala dei
redditi, e che il gruppo al livello inferiore riceve
trasferimenti netti, mentre quello al livello superiore presenta l’aliquota d’imposta media più elevata. Un’analisi più approfondita della struttura
del sistema fiscale e dei trasferimenti rivela che la
sua struttura progressiva, in particolare nella parte
inferiore, è principalmente dovuta ai trasferimenti
piuttosto che alle imposte.
Questo modello di impatto fiscale è simile a
misurare i redditi senza imposte e trasferimenti;
misurare quindi i redditi con imposte e trasferimenti;
misurare infine l’incidenza, data dalla differenza
tra le due situazioni precedenti.
Aliquota d’imposta netta (percentuale)
Nella realtà, gli economisti non sono in grado di
eseguire tali esperimenti controllati come se il siFigura 14.8 Chi paga le imposte e chi beneficia
dei trasferimenti?
In che modo il moderno Stato assistenziale influenza
il reddito dei cittadini durante l’intero corso della vita?
Fullerton e Rogers hanno calcolato l’impatto sul reddito di una famiglia, nell’intero arco della vita, di tutte
le imposte e i trasferimenti federali, statali e locali nel
1984. Il sistema fiscale e dei trasferimenti è progressivo in quasi tutte le categorie di reddito. Si noti che
in effetti il sistema trasferisce il reddito ai gruppi più
poveri mentre i gruppi più ricchi pagano un’aliquota
d’imposta netta del 15%. (Fonte: Fullerton, D., Lim
Rogers, D., Who Bears The Lifetime Tax Burden,
Brookings Institution, Washington, DC 1993, p. 123.
I redditi nell’arco della vita sono stati trasformati in
redditi calcolati su base annua utilizzando un tasso di
interesse reale del 5%.)
23
20
15
10
5
0
–5
–10
–15
0
50
100
150
200
Reddito nell’arco della vita calcolato su base annua
(migliaia di dollari)
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
250
24
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
quello riscontrato in altri Paesi. Studi sui sistemi
fiscali dei Paesi ad alto reddito hanno stabilito che
il sistema fiscale non ha quasi effetto sulla distribuzione del reddito. Questo risultato sorprendente dipende dal fatto che gli effetti delle imposte
progressive sul reddito sono controbilanciate dalle
imposte regressive, in particolare i contributi per
la previdenza sociale e le imposte sulle vendite e
sui consumi. I principali elementi progressivi dei
programmi pubblici (cioè, i principali elementi
di ridistribuzione della ricchezza alle famiglie a
basso reddito) sono i programmi di sostegno dei
redditi come i trasferimenti monetari, i buoni alimentari, le pensioni statali e l’assistenza sanitaria
gratuita.
Considerazioni finali
La nostra indagine introduttiva sul ruolo del gover-
no nell’economia mette in evidenza le responsabilità e le carenze dell’iniziativa pubblica: da una
parte, i governi devono difendere i propri confini,
stabilizzare l’economia, proteggere la sanità pubblica e controllare l’inquinamento; d’altra parte le
politiche riflettono spesso soprattutto il tentativo di
redistribuire il reddito dai consumatori ai gruppi di
interesse politicamente rilevanti.
Ci vuole più o meno Stato nell’economia? La
teoria economica non è in grado di dare una risposta a questioni politiche così profonde; tutto ciò
che può fare è analizzare pregi e difetti sia delle
scelte pubbliche sia di quelle del mercato e indicare i meccanismi (per esempio, le imposte verdi
o i sussidi alla ricerca e allo sviluppo) attraverso i
quali l’azione pubblica correttrice può essere più
efficace dei due estremi di un totale laissez-faire o
di un burocratismo senza limiti.
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CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
25
Guida per lo studio
Per ripassare i concetti fondamentali
P
14.1 Controllo del sistema economico
da parte dello Stato
1. Il ruolo economico dello Stato è notevolmente aumentato
negli ultimi cento anni, influenzando e controllando l’attività
economica privata mediante le imposte, la spesa e la regolamentazione diretta.
2. Uno Stato moderno ha quattro funzioni economiche, due
microeconomiche e due macroeconomiche: (a) pone rimedio ai fallimenti del mercato; (b) opera la ridistribuzione
del reddito e delle risorse; (c) elabora politiche di stabilizzazione macroeconomica per equilibrare il ciclo economico
e promuovere la crescita economica a lungo termine; (d)
gestisce i rapporti economici internazionali.
3. La teoria delle scelte pubbliche analizza il comportamento
dei governi. Così come la mano invisibile può smettere di
funzionare, i governi possono fallire, con interventi pubblici che determinano sprechi o ridistribuiscono il reddito in
modo indesiderato.
14.2 La spesa pubblica
4. Il sistema americano della finanza pubblica è caratterizzato dal federalismo fiscale. Il governo federale si concentra
su problemi di interesse nazionale, ovvero i beni pubblici
nazionali come la Difesa e l’esplorazione dello spazio. Le
amministrazioni statali e locali in genere si occupano dei
beni pubblici locali, cioè quelli che garantiscono benefici
solitamente limitati allo Stato o alla città in questione.
In Italia il sistema è assai più centralizzato. Gli enti previdenziali e gli altri enti centrali dello Stato hanno vaste competenze, assai superiori a quelle degli enti locali (Regioni,
Province e Comuni).
5. Oggi la spesa pubblica e l’imposizione fiscale negli Stati Uniti
riguardano circa un terzo dell’output nazionale totale, di cui
il 60% viene speso a livello federale e il rimanente viene ripartito tra le amministrazioni statali e locali. Solo una percentuale minima della spesa pubblica è destinata alle funzioni
tradizionali del governo, quali ordine pubblico e giustizia.
In Italia la spesa pubblica è oggi intorno al 48,4% del PIL.
Anche nel nostro Paese le spese tradizionali di amministrazione e ordine pubblico sono limitate, mentre sempre maggiore importanza hanno assunto la spesa previdenziale e la
spesa per interessi.
14.3 L’imposizione fiscale
6. Le nozioni di “beneficio” e “capacità contributiva” sono due
teorie fondamentali dell’imposizione fiscale. Un’imposta è
progressiva, proporzionale o regressiva se preleva una parte
maggiore, uguale o minore di reddito dalle famiglie ricche
rispetto a quelle povere. Alle imposte dirette e progressive
sui redditi si contrappongono le imposte indirette e regressive sulle vendite e sui consumi.
7. Più di metà delle entrate federali negli Stati Uniti derivano
dalle imposte sul reddito delle società e dall’imposta sul
reddito delle persone fisiche. Il rimanente proviene dalle
imposte sul monte salari o sui beni di consumo. Le amministrazioni locali ricavano la maggior parte dei fondi dalle
imposte fondiarie, mentre le imposte sulle vendite sono la
principale fonte di ricavo fiscale a livello statale.
In Italia le principali fonti di entrata per lo Stato sono costituite dalle imposte dirette, da quelle indirette e dai contributi sociali. Le amministrazioni locali hanno invece come
principali fonti di entrata i trasferimenti pubblici. Le imposte
a livello locale hanno finora giocato un ruolo ridotto nel
sistema tributario italiano.
8. L’imposta sul reddito delle persone fisiche si riscuote sul
“reddito proveniente da qualsiasi fonte” dal quale vanno
sottratte alcune esenzioni e detrazioni. L’aliquota d’imposta
marginale, che indica la percentuale di imposte per ogni
unità monetaria di reddito aggiuntivo, è fondamentale per
determinare l’impatto delle imposte sugli incentivi al lavoro
e al risparmio. Le aliquote d’imposta marginali furono drasticamente ridotte negli anni ’80, ma le aliquote massime
furono successivamente aumentate nel pacchetto fiscale
del presidente Clinton del 1993 e infine abbassate dal pacchetto fiscale del presidente Bush nel 2003.
Le aliquote dell’imposta sul reddito in Italia sono state nettamente più alte che negli Stati Uniti, fino alla riforma del
2002.
9. L’imposta federale che presenta la crescita più rapida è l’imposta sul monte salari che serve a finanziare la previdenza
sociale. Si tratta di un’imposta “per scopi speciali” che raccoglie fondi da destinare ai programmi pubblici a favore di
pensionati, invalidi e malati. Dato che nella fase finale del
flusso di pagamenti vi sono benefici visibili, l’imposta sul
monte salari presenta elementi di un’imposta sul beneficio.
In Italia un ruolo analogo è svolto dai contributi sociali, destinati a finanziare il sistema di sicurezza sociale.
10. Gli economisti sono attratti dalla regola delle imposte di
Ramsey, che sottolinea che l’efficienza viene stimolata tassando più pesantemente le attività relativamente anelastiche rispetto al prezzo; un nuovo approccio è costituito dalle
imposte verdi, che tassano le esternalità ambientali, riducendo le attività dannose e aumentando allo stesso tempo le entrate che altrimenti deriverebbero da beni o fattori
produttivi. Tuttavia, per ogni imposta l’equità e l’accettabilità
politica costituiscono vincoli rigorosi.
11. L’incidenza di un’imposta si riferisce all’onere economico
finale e al suo effetto globale sui prezzi e su altre grandezze
economiche. Spesso, chi versa un’imposta può trasferire
l’onere in avanti ai consumatori o all’indietro ai fattori di
produzione. L’attuale sistema fiscale e dei trasferimenti negli
Stati Uniti è moderatamente progressivo.
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26
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Per fissare i concetti chiave
P
Funzioni pubbliche
tre strumenti del controllo economico pubblico:
- imposte
- spesa
- regolamentazione
fallimenti del mercato e fallimenti pubblici
teoria delle scelte pubbliche
quattro funzioni pubbliche:
- efficienza
- distribuzione
- stabilizzazione
- rappresentanza internazionale
Spesa pubblica e incidenza fiscale
federalismo fiscale e beni pubblici locali e nazionali
impatto economico della spesa pubblica
principi del beneficio e della capacità contributiva
equità orizzontale e verticale
imposte dirette e indirette
imposte progressive, proporzionali e regressive
incidenza delle imposte e dei trasferimenti; trasferimento
dell’onere fiscale
imposte di Ramsey e imposte verdi
Domande per studiare e autovalutarsi
D
1. Elencate le modalità con cui il governo interviene nella vita
dei cittadini operando sull’istituzione mercato.
2. Illustrate i motivi dell’intervento pubblico nell’economia
con particolare riferimento alle imperfezioni del mercato e
all’equità.
3. Spiegate gli interventi dello Stato relativamente all’efficienza
e alla stabilizzazione del sistema economico.
4. Cosa si intende per federalismo fiscale?
5. Sapreste indicare alcune caratteristiche di un buon sistema
fiscale?
6. Illustrate la differenza tra equità orizzontale ed equità verticale.
7. Illustrate la differenza tra progressività e regressività di un
imposta.
8. Illustrate la differenza tra imposte dirette e imposte indirette.
9. Spiegate il concetto di incidenza fiscale.
10. Spiegate il concetto di imposta a somma fissa.
Domande e problemi per esercitarsi
D
1. Ricordando l’affermazione di Oliver Wendell Holmes, “le
tasse sono il prezzo che paghiamo per una società civilizzata”, interpretate queste parole, tenendo presente che in
economia dobbiamo sempre guardare oltre i flussi monetari per capire il flusso delle risorse reali.
2. Nello stabilire se è preferibile un sistema economico
basato esclusivamente sul laissez-faire oppure la regolamentazione pubblica, discutete se lo Stato dovrebbe imporre controlli su prostituzione, consumo di stupefacenti,
trapianti di cuore, armi d’assalto e alcolici, e quali sono i
vantaggi relativi delle imposte elevate e del divieto di beni
di questo tipo.
3. I critici del sistema fiscale statunitense sostengono che esso
danneggia gli incentivi al lavoro, al risparmio e all’innovazione, per cui riduce la crescita economica nel lungo periodo.
Per quale ragione le “imposte verdi” possono promuovere l’efficienza e la crescita economica? Considerate, per
esempio, le imposte sulle emissioni di anidride solforosa
o sulle petroliere che perdono petrolio in mare. Elencate le
imposte che a vostro parere aumenterebbero l’efficienza e
confrontate i loro effetti con quelli delle imposte sul reddito
da lavoro e da capitale.
4. Gli economisti spesso parlano di “imposte in somma fissa”
che si riscuotono sulle persone fisiche indipendentemente
dalla loro attività economica. Queste imposte sono efficienti
in quanto impongono aliquote d’imposta marginali pari a
zero su tutti gli input e output. Supponendo che lo Stato introduca un’imposta in somma fissa di 200 euro su ciascun
individuo, mostratene gli effetti in un grafico di domanda e
offerta. Il ricavo del prodotto marginale del lavoro è sempre
uguale al salario di equilibrio?
In un quadro relativo all’arco della vita, l’equivalente dinamico dell’imposta in somma fissa è “un’imposta sulle capacità” che grava sugli individui in base ai loro potenziali redditi da lavoro. Fullerton e Rogers ritengono che un’imposta
sulle capacità perfettamente efficiente incrementerebbe i
redditi vitalizi medi dell’1,3%. Esprimete un’opinione favorevole o contraria a questo proposito e descrivete alcune
delle difficoltà presentate dall’applicazione di un’imposta di
questo tipo.
5. Fate un elenco delle diverse imposte in ordine di progressività. Se il governo federale dovesse aumentare le imposte
sul consumo o sulle vendite, quale sarebbe l’effetto in termini di progressività generale del sistema fiscale?
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27
CAPITOLO 14 Sistema fiscale e spesa pubblica
R
Entrate fiscali totali
L
A
B
0
25
50
75
100
Aliquota d’imposta
Figura 14.9 La curva di Laffer.
I sostenitori di una bassa pressione fiscale invocano spesso
la curva di Laffer nelle loro argomentazioni: essi indicano
i tagli fiscali degli anni ’60 per suggerire che l’economia
si trova a destra del punto più elevato della montagna di
Laffer, diciamo nel punto B. In realtà, essi dicono che dopo
le riduzioni delle imposte di Kennedy-Johnson del 1964, le
entrate federali sono aumentate da 110 miliardi di dollari
nel 1963 a 133 miliardi di dollari nel 1966; perciò il taglio
delle imposte fa crescere le entrate. Spiegate perché questo
non dimostra che il sistema economico non si trovava a
destra del punto L.
9. Con l’imposta ad aliquota fissa, tutti i redditi delle persone
e delle società vengono tassati una sola volta con un’aliquota fissa ridotta; la Tabella 14.9 ne mostra il possibile
funzionamento. Confrontate l’aliquota d’imposta marginale
ed effettiva dell’imposta fissa con gli scaglioni fiscali illustrati
nella Tabella 14.8. Elencate vantaggi e svantaggi di entrambe. Qual è la più progressiva?
Tabella 14.9 Funzionamento di un’imposta ad aliquota fissa.
(1)
Reddito lordo rettificato
(euro)
(2)
Detrazioni ed esenzioni
(euro)
(3)
Imponibile
(euro)
(4)
Imposta sul reddito
delle persone fisiche (euro)
5 000
20 000
0
0
10 000
20 000
0
0
20 000
20 000
0
0
50 000
20 000
30 000
6 000
100 000
20 000
80 000
16 000
1 000 000
20 000
980 000
196 000
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6. Alcuni beni pubblici sono locali e quindi utilizzati dai residenti in piccole zone, altri sono nazionali per cui sono
a disposizione dell’intera Nazione, altri ancora sono globali
e quindi indirizzati a tutte le Nazioni. Nel caso di un bene
privato le esternalità sono irrilevanti. Fornite alcuni esempi
di beni puramente privati e di beni pubblici locali, nazionali
e globali, o esternalità; per ciascuno indicate quale livello
di potere pubblico potrebbe sviluppare le politiche più efficienti e suggerite uno o due interventi pubblici adatti a
risolvere l’esternalità.
7. Di seguito sono riportati alcuni problemi di incidenza ai quali è possibile rispondere utilizzando gli strumenti di domanda e offerta. Utilizzate i grafici per spiegare le risposte.
a. Nel Budget Act del 1993 il Congresso aumentò le imposte federali sulla benzina di 4,3 centesimi al gallone. Se
il prezzo all’ingrosso della benzina viene determinato sui
mercati mondiali, indicate l’impatto di quest’imposta sui
produttori e sui consumatori americani.
b. Le imposte per la previdenza sociale vengono generalmente riscosse sui redditi da lavoro. Quale sarà la loro
incidenza se l’offerta di lavoro è perfettamente anelastica? E se invece la curva di offerta di lavoro fosse rivolta
all’indietro?
c. Se le imprese devono incassare un tasso di rendimento degli investimenti al netto d’imposta determinato
dai mercati finanziari mondiali, quale sarà l’incidenza di
un’imposta sul reddito delle società in un piccolo sistema
economico aperto?
8. Una domanda interessante riguarda la curva di Laffer, che
ha preso il nome dall’economista e aspirante senatore californiano Arthur Laffer. Nella Figura 14.9, la curva di Laffer
mostra che l’incremento delle aliquote d’imposta determina un aumento delle entrate, che salgono fino a un punto massimo L e poi scendono fino a zero con un’aliquota
fiscale del 100% in quanto l’attività viene completamente
scoraggiata. La forma esatta della curva di Laffer per le diverse imposte è molto controversa.
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