Farmaci generici 12-05-11 - Servizio di informazione sul farmaco

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Il farmaco generico, ormai ridefinito farmaco equivalente, è considerato
“essenzialmente simile” al medicinale già in commercio (farmaco
originatore) dal punto di vista qualitativo e quantitativo ma con il
vantaggio di costare meno.
Il farmaco equivalente è un farmaco non più coperto da brevetto.
I farmaci coperti da brevetto possono essere commercializzati solo dalle
aziende che ne detengono il brevetto. Allo scadere del brevetto, altre
aziende autorizzate potranno produrre e immettere sul mercato lo
stesso prodotto.
Il medicinale equivalente è “essenzialmente simile” a quello “di marca”
il cui profilo di sicurezza ed efficacia e ben delineato, per questo motivo
la ditta produttrice dovrà solo documentare l’equivalenza con il
farmaco di marca il cui brevetto è scaduto.
Il farmaco equivalente deve essere offerto a un prezzo almeno del 20%
inferiore a quello della corrispondente specialità medicinale.
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L’equivalenza dei farmaci “non di marca” con quelli di marca viene
stabilita dalle Agenzie nazionali dei farmaci sulla base delle linee guida
e di procedure definite da normative uniformi nei Paesi Europei
interessati.
Due prodotti si definiscono bioequivalenti se sono equivalenti
farmaceutici (stessa quantità di principio attivo, stessa forma
farmaceutica, anche con eccipienti diversi, standard di qualità identici
o comparabili, stessa via di somministrazione) e se le loro
biodisponibilità dopo somministrazione sono così simili che è
improbabile che producano differenze rilevanti in termini di sicurezza
e di efficacia.
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La bioequivalenza di due farmaci indica che entrambi i farmaci
vengono assorbiti dall’organismo in quantità simili e a velocità simili.
Pertanto significa che due farmaci (l’equivalente e quello di “marca”)
devono avere lo stesso comportamento, una volta entrati nel nostro
organismo, in termini qualitativi e quantitativi.
Pertanto, per essere bioequivalenti deve esistere una stretta
correlazione tra le loro caratteristiche farmacocinetiche. Questo
permette di estendere tra correlazione alla ai loro effetti terapeutici e al
profilo di sicurezza.
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Relazione tra farmacocinetica (quello che l’organismo fa ad un farmaco)
e farmacodinamica (quel che un farmaco fa all’organismo).
La farmacocinetica descrive la relazione tra la dose e la concentrazione
di farmaco libero al sito d’azione (un recettore farmacologico), nonché
l’andamento nel tempo della concentrazione del farmaco nel corpo. I
processi per mezzo dei quali l’organismo manipola le sostanze
chimiche estranee, farmaci compresi, sono l’assorbimento, la
distribuzione, il metabolismo e l’escrezione.
La farmacodinamica descrive la relazione tra la concentrazione di
farmaco libero nei pressi del recettore e la risposta farmacologica (da
ultimo,
l’effetto
terapeutico).
Modelli
farmacocinetici
e
farmacodinamici possono essere combinati per fornire una
rappresentazione dell’andamento nel tempo della risposta
farmacologica.
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Equivalenti farmaceutici: Due prodotti sono equivalenti farmaceutici se
contengono la stessa quantità di principio attivo, hanno la stessa forma
farmaceutica (compresse, capsule, etc.), posseggono standard di qualità
identici o comparabili e sono somministrati attraverso la stessa via di
somministrazione. Gli equivalenti farmaceutici non necessariamente
sono bioequivalenti.
Gli equivalenti farmaceutici potrebbero differire per il meccanismo di
rilascio del principio attivo, il confezionamento (processo di
fabbricazione della formulazione), gli eccipienti (es. diverso colorante o
conservante), data di scadenza, condizioni di conservazione e, entro
certi limiti, etichettatura
Alternativi farmaceutici: Due prodotti sono alternativi farmaceutici se ,
sono sali o esteri o complessi diversi dello stesso principio attivo o
sono differenti formulazioni o dosaggi (es. tetraciclina cloridrato 250
mg capsule vs tetraciclina fosfato 250 mg capsule; chinidina solfato, 200
mg compresse vs chinidina solfato 200 mg capsule)
Equivalenti terapeutici: Due prodotti sono equivalenti terapeutici solo
se sono equivalenti farmaceutici o alternativi farmaceutici, e se hanno
lo stesso effetto clinico e lo stesso profilo di safety quando
somministrati a pazienti sotto le stesse condizioni (come da etichetta).
L’approccio più appropriato per dimostrare l’equivalenza terapeutica
tra due prodotti, è quello di effettuare uno studio di bioequivalenza
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Un farmaco per poter essere riconosciuto come bioequivalente al
farmaco “di marca” deve essere non solo un equivalente farmaceutico
(cioè contenere lo stesso principio attivo nella stessa forma
farmaceutica), ma anche un equivalente terapeutico (cioè deve
esercitare la stessa azione terapeutica) rispetto alla specialità
medicinale corrispondente.
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Un equivalente farmaceutico è considerato bioequivalente all’originator
se la massima concentrazione plasmatica, il tempo per raggiungere la
massima
concentrazione
e
l’area
sotto
la
curva
della
concentrazione/tempo (AUC) non sono statisticamente differenti da
quelle dell’originator, quando è somministrato a pazienti o soggetti
sani alla stessa concentrazione in condizioni sperimentali simili.
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La valutazione di biodisponibilità di un prodotto bioequivalente
rispetto all’originale viene valutata in base ad una serie di parametri
chimici e fisiologici, con procedure semplificate rispetto alla
registrazione del farmaco originale. In particolare la biodisponibilità di
un prodotto farmaceutico viene valutata dal profilo medio delle curve
concentrazione-tempo del principio attivo misurato su un campione di
soggetti, generalmente soggetti sani, e utilizzando il parametro "area
sotto la curva" come indicatore della quantità di farmaco reso
biodisponibile; vengono considerati anche altri parametri: la
"concentrazione di picco massimo" e il "tempo di picco massimo" come
indicatore di velocità in cui il principio attivo è reso disponibile
I test di bioequivalenza consistono nel dimostrare che le differenza di
biodisponibilità tra due prodotti essenzialmente simili non superino un
certo range di variabilità ritenuto compatibile con l’equivalenza
terapeutica
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Le Agenzie Regolatorie ammettono per consenso che due preparazioni
siano considerate bioequivalenti quando le differenze incontrate dal
confronto tra la loro biodisponibilità non superano il +/-20%. Il valore ±
20% è stato scelto perché i fenomeni biologici sono variabili, infatti due
unità posologiche dello stesso farmaco, somministrate a due differenti
soggetti o in diversi momenti, danno curve di biodisponibilità
differenti entro un range del ± 20%.
Per misurare queste differenze si confrontano i parametri
farmacocinetici principali. Si stabilisce che gli intervalli di confidenza
del 90% (IC 90%) dei quozienti della media delle AUC e delle Cmax del
farmaco originale e del suo generico rientrino nel limite prefissato del
+/-20%, che equivale ad un limite da 0,8 a 1,25 in scala logaritmica.
Quindi si tiene conto sia della media che della dispersione di valori
farmacocinetici.
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Cmax: massima concentrazione plasmatica
Tmax: tempo per raggiungere la massima concentrazione
AUC: Area sotto la curva della concentrazione/tempo
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L’AUC rappresenta un indice della biodisponibilità. Tuttavia, valori
uguali di AUC non consentono, da soli, di assumere che farmaci (o
forme farmaceutiche) diversi siano bioequivalenti.
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Se consideriamo la curva 2 come quella del farmaco di riferimento e le
curve 1 e 3 quelle dei farmaci di confronto, i farmaci 1 e 3 non possono
essere considerati bioequivalenti, anche se ACU1 = AUC2 = AUC3.
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Una volta conclusi gli studi di bioequivalenza, anche i farmaci
equivalenti dovranno chiedere l’autorizzazione all’immissione in
commercio all’AIFA così come aveva fatto in passato il farmaco di
marca. Ciò implica che quando un farmaco equivalente arriva in
farmacia l’AIFA ha già accertato che il suo comportamento è
perfettamente sovrapponibile a quello del medicinale di riferimento e
quindi le garanzie per il paziente restano intatte.
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I farmaci con indice terapeutico ridotto presentano maggiori problemi
di sostituibilità, perché piccole variazioni di biodisponibilità, passando
dal farmaco di marchio al farmaco equivalente possono comportare
sensibili variazioni di efficacia e/o di tollerabilità. Questo problema ha
portato a riconsiderare gli intervalli di accettazione della
bioequivalenza (90% I.C. intervallo 0,80-1,25) per i farmaci a margine
terapeutico stretto.
La bioequivalenza non è una proprietà transitiva: se il farmaco A è
bioequivalente al farmaco B ed il farmaco C è bioequivalente al farmaco
B, non necessariamente il farmaco A è bioequivalente a quello B.
Questo dipende dal range di variabilità del ±20%.
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