Ipsoa - Il business plan di Carriero Fabrizio, Ferrandina Antonio

annuncio pubblicitario
La fattibilità di marketing
Definizione dell’area strategica di affari
2.
2.1.
2.1. DEFINIZIONE DELL’AREA STRATEGICA DI AFFARI
La business idea deve essere sottoposta ad un complesso di analisi, perché si possa
esprimere in anticipo un giudizio sulla concreta possibilità di affermazione competitiva.
L’approccio adottato per l’elaborazione del Business Plan (BP) prende in esame, in
prima istanza, il mercato, delimitando l’area strategica d’affari cui intende rivolgersi
l’imprenditore; circoscritta l’area se ne scorgono le potenzialità, stimando il trend della
domanda su un orizzonte temporale a respiro triennale o quinquennale.
L’analisi di settore, invece, è diretta a studiare l’altra dimensione del mercato, vale a dire
l’offerta ed il sistema concorrenziale.
In altre parole, si indagano i principali caratteri in termini di risorse e capacità competitive degli attori che direttamente e indirettamente si confrontano nel settore, nonché
l’intensità e le modalità di sviluppo della competizione tra essi.
Le possibilità, in termini di potenzialità e prospettive di un progetto, possono essere
comprese solo dopo un’indagine attenta e critica del mercato di riferimento. È al mercato
e alle sue potenzialità che, in prima istanza, va quindi rivolta l’attenzione, mediante l’acquisizione di informazioni relative al volume della domanda ed ai potenziali di mercato.
Nella realtà tracciare i confini di mercato risulta operazione tutt’altro che semplice tanto
che il tentativo di pervenire all’individuazione delle combinazioni prodotto/mercato è
comunque destinato a produrre risultati non puntuali e a risolversi in una semplificazione della realtà. L’indeterminatezza dei confini, che rende complicato stabilire chi
siano i clienti e chi i concorrenti, è dovuta al fenomeno della sostituibilità tra prodotti e
alla diversità di comportamento dei consumatori.
Tale relatività è ancora più accentuata dai fenomeni che investono già da tempo l’economia mondiale ed il rapporto impresa-ambiente 1.
Non esistono, pertanto, strumenti di accezione generale in grado di individuare deterministicamente i più volte citati confini; a tal proposito, vari sono gli approcci proposti
per operare tali delimitazioni 2.
Lo strumento che verrà descritto, in questa sede, sia da un punto di vista concettuale
che operativo, fa leva sui fattori-chiave che riguardano sia la domanda quanto l’offerta,
giungendo a definire lo spazio del mercato nel quale si intende operare.
Tale approccio, in altri termini, individua l’area strategica d’affari (business) attraverso
uno schema tridimensionale, laddove, gruppi di clienti da servire, funzioni d’uso da
soddisfare e tecnologie da impiegare a tale fine, rappresentano le variabili base. A
queste ultime se ne possono comunque aggiungere altre, ove fosse necessario (ad es.
benefici del sistema di offerta, occasioni d’uso).
1
Infatti, i processi di integrazione tecnologica e produttiva hanno prodotto un affievolimento dei
tradizionali confini di mercato e settoriali dando vita al cosiddetto fenomeno della convergenza
settoriale particolarmente evidente se si considera il comparto dei computer e dell’elettronica di
consumo la cui barriera è stata già da tempo abbattuta oppure il settore assicurativo, bancario e della
consulenza finanziaria.
2
Si spazia dal criterio delle omogeneità, elasticità (Volpato,1980), al Cubo di Kotler, al posizionamento
del prodotto, ai gruppi strategici (Porter, 1977), al raggruppamento competitivo (Rispoli, 1992).
Q Wolters Kluwer Italia
11
2.
La fattibilità di marketing
2.1. Definizione dell’area strategica di affari
In particolare, ciascuna variabile (clienti, funzioni d’uso, tecnologie) presuppone che venga
individuato il rispettivo insieme di elementi ritenuto più adatto a descriverle. Ad esempio i
criteri, generalmente utilizzati per individuare i gruppi di clienti riportano a quelli in uso per
la segmentazione (criterio psicografico, geografico, socio-economico ecc.).
L’intersezione degli elementi facenti capo a ciascuna variabile consente di ottenere tutte
le possibili combinazioni fra clienti, funzioni, tecnologie e di circoscrivere, quindi, in
modo puntuale i relativi business (Abell, 1986) 3.
La matrice (Tavola 2.1) induce almeno due riflessioni: in primo luogo è evidente che
quanto più esteso è l’insieme degli elementi citati e conseguentemente il numero delle
combinazioni che scaturiscono, tanto più complesso risulta il processo di definizione
delle ASA; in secondo luogo si può constatare, come non tutti gli incroci individuano
effettivi business.
Tavola 2.1 - Matrice dell’area strategica d’affari
Inoltre, l’efficacia dello strumento dipende in modo decisivo da una oculata individuazione degli elementi posti lungo gli assi e delle eventuali variabili da considerare.
L’omissione o la impropria rilevazione, anche di un solo elemento, potrebbero compromettere l’intero processo di analisi.
Lo strumento in esame, come del resto quelli che la letteratura contempla, non ha
3
È la segmentazione nell’arena competitiva e consiste nell’identificazione e nella selezione di una o
più combinazioni «Prodotto/Mercato/Tecnologia», nelle quali operare concentrando le risorse aziendali. È in sostanza la definizione dell’ASA o delle ASA (Area Strategica d’Affari) che costituiranno il
campo d’azione dell’impresa.
12
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
La stima della domanda corrente
2.
2.2.
validità generale e non è esente da limiti, essendo la realtà cosı̀ multiforme da non
trovare esaustiva interpretazione in uno solo 4.
Sarà pertanto, l’analista a realizzare di volta in volta a seconda del progetto in esame, il
miglior adattamento, attraverso l’adozione dello strumento più consono; nella Parte
seconda del testo verranno individuati ulteriori strumenti per definire e descrivere
facilmente settore e mercati.
Infine, si ricorda che una corretta definizione del business rappresenta la base indispensabile per le successive analisi della domanda e della concorrenza e proprio a tali
aspetti saranno dedicati i prossimi paragrafi.
2.2. LA STIMA DELLA DOMANDA CORRENTE
La stima della domanda corrente e la previsione della domanda futura, necessarie per
avere contezza delle dimensioni del potenziale di mercato cui rivolgersi, rappresentano la
base informativa indispensabile per la successiva analisi della concorrenza, per la predisposizione del piano di marketing, nonché di quello relativo all’attività produttiva 5.
La stima della domanda corrente prevede metodi, la cui natura prevalentemente euristica e soggettiva comporta un coefficiente di aleatorietà e un diverso grado di attendibilità dovuto sia al carattere intrinseco degli stessi sia al tipo di prodotto oggetto dell’indagine.
Sotto quest’ultimo aspetto infatti, occorre distinguere tra quelli per i quali esistono
rilevazioni statistiche ufficiali ad es. autovetture, stampa periodica, alimenti di origine
animale ecc, e quelli per i quali, invece, la conoscenza delle quantità prodotte e vendute richiede il ricorso alle rilevazioni effettuate da banche dati, riviste specializzate di
settore, ecc.
Inoltre, vi sono prodotti con una vita di mercato già sperimentata, altri invece totalmente o relativamente nuovi il cui fabbisogno non è stato ancora espresso dal mercato.
In riferimento alla trattazione dei metodi, il più comune, riportato in moltissimi testi, è
quello dei rapporti concatenati o a catena basato su una successione di stime interrelate (Tavola 2.2).
L’idea di base è quella di partire dalla osservazione di fenomeni più ampi rispetto a
quello da esaminare (spesso si parte dalla popolazione totale nazionale) e, attraverso
successive suddivisioni, giungere alla stima del potenziale di mercato d’interesse.
Il metodo però, pone almeno due problemi: il primo riguarda la scelta dei moltiplicatori,
poiché non sempre sono disponibili statistiche ufficiali per cui si sopperisce attraverso
stime. In secondo luogo, è necessario tenere presente che, per quanto accurata possa
essere la scelta dei moltiplicatori, un certo margine di errore comunque permane e
4
Lo stesso Abell ne intravede l’utilità più in sede decisionale, di scelta, cioè del contesto competitivo
in cui operare, che come strumento atto a descrivere il complesso di forze che vi agiscono.
5
Per potenziale di mercato si intende: «il volume massimo di vendite espresse in quantità o valore
disponibile per tutte le imprese operanti nell’area di business in un dato periodo di tempo, a un livello
dato dello sforzo di marketing attivato dalle stesse e sotto determinate condizioni ambientali».
Q Wolters Kluwer Italia
13
2.
La fattibilità di marketing
2.3. La stima della domanda futura
quanto più questo si verifica nei primi livelli del procedimento tanto più lo stesso ne
risulterà investito, con evidente pregiudizio del risultato finale.
Tavola 2.2 - Stima della domanda con il metodo a catena: una bevanda cola 6
Popolazione italiana
58.000.000
Spesa pro-capite in bibite
x 5 euro
Spesa totale in bibite
290.000.000 euro
% di spesa in cole
35%
Spesa totale in cole
101.500.000 euro
Quota stimata della marca y
x 56%
Spesa potenziale della marca y
56.840.000 euro
Un secondo metodo è quello dell’indice del potere di acquisto o di consumo
adoperato per i beni di consumo. Tale metodo si avvale di una formula matematica
piuttosto semplice, attraverso la quale il mercato potenziale di un dato prodotto è
individuato sulla base della popolazione residente in un’area, del suo potere d’acquisto,
del suo indice di consumo.
Cosı̀, se si vuole misurare il potenziale di mercato di un dato prodotto in una specifica
area sul totale nazionale, è possibile ricorrere alla seguente relazione matematica:
ICi = Ri + Vi+ Pi
laddove ICi è denominato indice di consumo, Ri è la percentuale del potere di acquisto
(reddito spendibile) dell’area i sul totale nazionale, Vi è la percentuale di vendite del
bene di consumo in esame nell’area, sul totale nazionale e Pi è la percentuale di
popolazione sul totale nazionale residente nell’area i mentre ; ; ; sono i coefficienti
che si ricavano da studi empirici e analisi di regressione.
Talvolta, l’assenza di valide alternative tra i metodi quantitativi rende inevitabile il
ricorso a quelli soggettivi basati sul parere espresso da esperti del settore, come si vedrà
meglio nel prossimo paragrafo.
2.3. LA STIMA DELLA DOMANDA FUTURA
La fattibilità di un progetto di una nuova impresa comporta che alla stima della domanda corrente si aggiunga la previsione di quella futura. Tale previsione deve necessariamente coprire un periodo di tempo non breve, essendo solitamente pluriennale il payback degli investimenti. Inoltre le proiezioni di lungo periodo consentono di trascurare
la rilevazione delle componenti stagionali e cicliche, essendo queste pressoché ininfluenti ai fini del giudizio di convalida dell’iniziativa.
6
Cfr. Vescovi T., «Principi di marketing», in Volpato G., La gestione d’impresa, Cedam, Padova, 2000.
14
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
La stima della domanda futura
2.
2.3.
Il problema previsionale pone però, varie difficoltà legate non solo all’orizzonte temporale da abbracciare, in quanto, al crescere di questo aumenta la difficoltà di stima e la
probabilità di commettere errori, ma anche in relazione alla possibilità o meno di
disporre di informazioni storiche sul prodotto oggetto della stima.
In questa sede, in relazione alla necessità di fornire un quadro concettuale che possa
essere utile per l’analista che dovrà redigere il BP, riportiamo una breve rassegna dei
principali metodi previsionali utilizzati nella pratica aziendale.
Il parametro di distinzione più diffuso fa riferimento al tipo di processo utilizzato
(soggettivo-informale/oggettivo-informale).
Il primo tipo è legato all’intuizione e all’esperienza: ci si basa su pochi dati fondamentali, per elaborare ipotesi e scenari sommari, ma con risultati talvolta poco difformi
rispetto ad una previsione basata su complessi sistemi matematici.
Le tecniche del secondo tipo si basano invece su veri e propri modelli, che fanno
riferimento alla struttura del fenomeno stesso; d’altra parte un modello coglie solo un
aspetto peculiare del sistema osservato e precisamente quell’aspetto sintetizzato dal
modello stesso.
Questo va tenuto presente da quanti credono di poter adoperare in modo meccanico i
software statistici come strumenti di previsione delle vendite.
Bisogna poi ricordare che l’applicazione di un metodo soggettivo non esclude necessariamente l’impiego a latere di uno strumento analitico; anche quando i sistemi sono
applicati in combinazione, è opportuno quindi che le metodologie matematiche non
prendano il sopravvento su una visione manageriale, che deve rimanere sempre ragionevole ed equilibrata.
Vediamo ora in sintesi quali sono i principali sistemi da utilizzare 7.
2.3.1 Metodi soggettivi di previsione
Sono i metodi che si basano sull’esperienza, le intuizioni dei dirigenti, dello staff, degli
esperti esterni e dei venditori.
Si tratta di sistemi, che tutte le aziende, anche le più piccole, possono adottare, perché
non richiedono grandi mezzi e conoscenze avanzate.
A) Il contributo della forza vendita
L’apporto dei venditori nel delineare futuri scenari di mercato è senza dubbio un input
di grande rilevanza.
In particolare, un metodo usato con frequenza per prevedere la domanda di mercato e
le vendite si basa proprio sulla consultazione verbale dei rappresentanti e dei negozianti.
I vantaggi principali di queste tecniche sono i seguenti:
le previsioni sono abbastanza attendibili e poco costose; gli uomini della vendita
vivono sul mercato e quindi ne possono facilmente tastare il polso;
7
Cfr. Valdani E. - Busacca B., Previsioni delle vendite e ciclo di vita del prodotto, Etas Libri, Milano,
1987 p. 66 e segg.
Q Wolters Kluwer Italia
15
2.
La fattibilità di marketing
2.3. La stima della domanda futura
A
l’integrazione del personale nel forecasting (previsione) determina una serie di
sinergie positive in termini di morale, partecipazione e responsabilizzazione.
parte i vantaggi vi sono poi degli svantaggi; in particolare:
il tempo passato a far previsioni non è tempo passato a vendere; tale considerazione costituisce un notevole deterrente al coinvolgimento della Sales Force nel
processo di raccolta dei dati;
spesso le previsioni sono interpretate come obiettivi; quindi i venditori prevedono
prudenzialmente meno vendite di quelle che ritengono di effettuare;
d’altronde i venditori sono in genere ottimisti e quindi previsioni eccessivamente
alte risultano poco credibili;
le previsioni della forza vendita sono spesso pure proiezioni, se non predizioni;
sono quindi statiche e non tengono conto della dinamica futura, con il rischio
quindi di tradursi più in semplici reports che in forecasts.
B) Il metodo Delphi e l’impiego di esperti
Si tratta di sistemi abbastanza conosciuti, che prevedono la partecipazione di tecnici del
settore, interpellati mediante questionari. Il metodo Delphi infatti, sottopone a ciascun
esperto selezionato un questionario riguardante l’area specifica del mercato da indagare. Ognuno esprime il proprio giudizio singolarmente e in forma anonima; le valutazioni raccolte vengono cosı̀ elaborate e comunicate agli interpellati, i quali, procederanno a ulteriori tornate di giudizi sulla base di quelle precedentemente formulate, fino
a realizzare un’integrazione più o meno affinata dei giudizi stessi
In genere, le fasi di consultazione e feedback sono almeno tre e non superano le 6.
I vantaggi della tecnica sono:
la validità delle previsioni è legata al prestigio e al know-how degli esperti;
il metodo è efficace soprattutto per previsioni a lungo termine, in cui è difficile
ricorrere a tecniche matematico-statistiche.
Gli svantaggi sono:
il processo, in genere, è abbastanza costoso;
l’orizzonte di forecasting è alquanto ampio; le previsioni sono più strategiche che
operative e quindi poco utili per stimare la domanda di mercato e le vendite di
breve periodo.
C) Il sistema del panel
Tale metodologia si basa sull’assunto che un insieme di individui interni o esterni all’azienda, possa più agevolmente conseguire previsioni valide, mediante un consenso progressivo
(Panel Consensus Method). Il panel di esperti, a differenza del metodo precedente, che
esclude i possibili condizionamenti reciproci, si basa su una più stretta interazione dei
membri e delle valutazioni espresse nel corso delle riunioni. Ai fini del risultato, l’utilità
di tali metodi è subordinata al fatto che le persone scelte in qualità di esperti abbiano
maturano una consolidata esperienza in relazione al prodotto oggetto dell’indagine.
I vantaggi di tale sistema sono analoghi a quelli già descritti per il metodo Delphi.
In particolare, invece, gli svantaggi che si potrebbero incontrare nell’applicazione della
tecnica, sono i seguenti:
16
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
La stima della domanda futura
2.
2.3.
l’influenza distorsiva di alcuni soggetti dominanti;
la frequente lentezza decisionale;
le soluzioni di compromesso «populistiche»;
la deresponsabilizzazione dei singoli esperti.
D) Il metodo dell’analogia
É un metodo impiegato per stimare la probabile evoluzione di un prodotto o di un
mercato per il quale non si dispone di sufficienti informazioni e non è opportuno
svolgere ricerche specifiche «sul campo», per motivi di prudenza concorrenziale.
In pratica, la tecnica consiste nella selezione di uno o più prodotti simili a quello in
esame, cercando di valutare attraverso l’analisi delle serie storiche, vale a dire la sequenza temporale delle vendite nel tempo, le prospettive di sviluppo, salvo associare,
con gli opportuni correttivi, la proiezione al prodotto esaminato.
L’efficacia del metodo è legata ovviamente alla somiglianza fra il bene testato e quello in
corso di analisi.
Ad esempio, laddove si voglia stimare lo sviluppo delle vendite di una bevanda analcolica
alla cola, si può utilizzare l’andamento storico di altre bevande come la Coca o la Pepsi.
I vantaggi di tale sistema sono:
relativa semplicità di applicazione;
maggiore comprensione dei fenomeni evolutivi di prodotti simili e concorrenti;
possibilità di impiego di sistemi analitici più complessi per la stima della proiezione.
Gli svantaggi principali sono:
difficoltà di elaborazione in presenza di prodotti non proprio similari;
possibilità di stime distorte;
incapacità di condurre analogie per mancanza di prodotti/servizi analoghi.
E) Il Rating-Ranking Method
Tale metodo prevede la creazione di una lista di valutazione e confronto, generalmente
di carattere qualitativo; tale lista presenta un certo numero di variabili, con una scala
espressa mediante aggettivi (discreta, media, buona, ecc.) oppure dei punteggi, talvolta
ponderati.
Alcune volte viene anche collegata una valutazione probabilistica soggettiva sul verificarsi di un certo evento (in questo caso la tecnica si associa ad altre più complesse come
l’Analisi degli impatti tendenziali o l’Analisi di impatto incrociato).
I punti di forza del metodo sono i seguenti:
validità soprattutto nelle prime fasi del ciclo del ciclo di vita del prodotto;
visioni aziendali più condivise;
relativa semplicità di applicazione;
particolare efficacia in abbinamento con metodo Delphi, panel di esperti e matrici
di posizionamento a due/tre dimensioni.
Tra gli aspetti più delicati il metodo annovera:
presunzione di linearità fra gli attributi (ad es. il metodo assume che la differenza
relativa fra euro 10 e euro 11 sia la stessa di quella fra euro 10.000 ed euro 11.000);
soggettività delle valutazioni e dei confronti.
Q Wolters Kluwer Italia
17
2.
La fattibilità di marketing
2.3. La stima della domanda futura
2.3.2 Metodi oggettivi di previsione
Si tratta, come ricordato, di metodi basati sulla matematica e la statistica; il problema
fondamentale attiene proprio la scelta del metodo da applicare. In effetti, occorre tener
presente che l’attendibilità delle previsioni più che dipendere dal grado di raffinatezza
dei modelli utilizzati, è funzione del grado di precisione con cui vengono scelti i
parametri da includere nella proiezione, nonché dalle caratteristiche della concorrenza.
Inoltre, in sede di fattibilità, previsioni oltremodo articolate possono risultare in certi casi
non necessariamente indispensabili, in quanto è sufficiente ricavare stime prudenziali
che non conducano l’iniziativa ad un insuccesso.
Esaminiamo brevemente i più semplici 8.
A) L’analisi delle serie storiche
Si tratta di un metodo, che cerca di stimare l’andamento della domanda di mercato e
delle vendite, ricercando una funzione, che rappresenti una legge di sviluppo del
fatturato.
Quanto più la curva interpola, cioè tocca, i punti reali di fatturato nel corso del tempo,
più è probabile che il suo andamento permetta una buona stima del futuro andamento
delle vendite.
L’adattamento di una curva ai dati a disposizione può essere effettuata con molte
tecniche, fra cui la media mobile e lo smorzamento esponenziale, che dà crescente
importanza ai dati più recenti, spesso di maggiore rilevanza.
Tra le altre valutazioni, l’analisi accennata permette di verificare se alcune variazioni
siano dovute a fattori contingenti o rispondano a motivazioni stagionali e congiunturali.
Si tratta di metodi abbastanza attendibili, quando i trends si presentano piuttosto regolari.
È in genere necessaria la disponibilità di valori storici della domanda (almeno dieci
osservazioni) per poter effettuare proiezioni attendibili.
Il metodo dei minimi quadrati poi, individua i parametri della retta interpolante i dati
storici e rende minima la distanza con i valori teorici. Tuttavia, la tecnica lineare, relativamente semplice da applicare, può cedere il passo a strumenti più sofisticati quali la
funzione esponenziale, di potenza e logistica nel caso in cui la prima non sia in grado di
interpretare al meglio l’andamento in esame. D’altra parte, l’efficacia dello strumento
decade nell’ipotesi in cui la domanda futura presenti uno sviluppo erratico. È chiaro,
che in questi casi, le informazioni storiche non sarebbero in grado di tracciare valide
proiezioni. In ragione di tali considerazioni, l’utilità è da collegarsi prevalentemente a
«previsioni di breve termine per prodotti giunti ad uno stadio di maturità della domanda».
B) La regressione e la correlazione
Si tratta di metodologie, che cercano di descrivere la relazione esistente fra la domanda,
le vendite e altri fattori (quota di mercato, marketing-mix, ecc.).
8
Per gli aspetti analitici si vedano: P.E. Green - D.S. Tull - G. Albaum, Research for marketing
decisions, Prentice Hall, 1987; T.H. Wonnacott - R. J. Wonnacott, Introduzione alla statistica, Franco
Angeli, Milano, 1991.
18
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
La stima della domanda futura
2.
2.3.
Le stime basate esclusivamente sull’andamento delle vendite pregresse (analisi delle
serie storiche) trascurano le determinanti della domanda. Il metodo della regressione si
basa proprio su tale principio; l’idea è quella di porre in relazione due o più variabili e
prevedere l’andamento dell’una (variabile dipendente o «spiegata») sulla base degli
sviluppi delle altre (variabili indipendenti o esplicative).
Se la previsione del trend di questi ultimi fattori è più semplice, è possibile utilizzare, ad
esempio, la stima di sviluppo della pubblicità, per prevedere l’evoluzione delle vendite,
attraverso un’espressione, che permette di affermare che, ad esempio, per ogni 1.000 euro
spesi in più sui mass-media, ci sarà un incremento probabile delle vendite di 1.500 euro.
L’attendibilità delle previsioni ottenute con tali sistemi dipende da numerosi indicatori,
fra cui, in particolare, il coefficiente di determinazione R2 che indica la proporzione del fenomeno spiegate dalla correlazione matematica (un valore superiore
a 0,90 indica una buona attendibilità del modello).
L’utilità di tali metodi è elevata quando si conosce il legame logico e funzionale fra i
fenomeni osservati.
Nella regressione semplice si assume che la variabile dipendente (domanda del
prodotto) sia «spiegata» da una sola variabile esplicativa (Y=a+bX). Poiché nella realtà
tali fenomeni, cosı̀ come la stragrande maggioranza di quelli economici, sono funzione
di una pluralità di variabili, la regressione multipla trova senz’altro un’applicazione di
gran lunga superiore. In questo caso le variabili prese in esame sono più di una e il
modello assume la seguente forma:
Y = B0+B1*X1+B2*X2 +......+Bk*Xk + "
laddove Y, è la variabile dipendente (domanda del prodotto) X1, X2..... Xk, sono le k
variabili esplicative delle vendite, " è la variabile causale e termine di disturbo che
rappresenta l’errore erratico che impedisce a tale relazione di essere un legame teorico
di tipo matematico 9.
B1, B2.... Bk sono i parametri da stimare. Il metodo solitamente utilizzato per tale stima,
poiché consente di minimizzare l’errore nell’attribuzione dei valori, è anche qui quello dei
minimi quadrati il cui calcolo richiede normalmente l’uso dell’elaboratore elettronico.
La principale difficoltà nell’uso del modello risiede nell’individuazione delle variabili
esplicative. Solitamente quelle in grado di «spiegare» meglio l’andamento delle vendite
sono il reddito, il prezzo, l’investimento pubblicitario e distributivo, ma chiaramente ve
ne possono essere altre. È pertanto opportuno sottoporre preventivamente a test di
significatività ciascuna variabile indipendente, al fine di verificare il nesso causale esistente e poter scartare quelle che presentano una influenza meno intensa rispetto alla
domanda. Nel caso si debba stimare la domanda di un nuovo prodotto, il problema si
complica, perché risulta difficile misurare gli effetti delle variabili anzidette. In questi
casi, si può ricorrere a test di mercato applicati ad aree ristrette rispetto a quello che sarà
il mercato effettivo e attraverso proposte differenziate di marketing mix è possibile
valutare l’impatto di tali variabili e costruire successivamente il modello di previsione
generale della domanda.
9
Cfr. Piccolo D., Vitale C., Metodi statistici per l’analisi economica, Il Mulino, Bologna, 1997.
Q Wolters Kluwer Italia
19
2.
La fattibilità di marketing
2.4. L’analisi di settore
Volendo sintetizzare, i vantaggi fondamentali di tali tecniche sono:
l’affidabilità delle metodologie, al fine di aver stime quantizzate e probabilisticamente determinate;
la possibilità di impiegare modelli matematico-statistici per fenomeni abbastanza
strutturati.
I principali svantaggi sono:
complessità di alcune tecniche, che richiedono conoscenze spesso sofisticate;
difficoltà di applicazione per contesti poco conosciuti;
sensazione di falsa sicurezza di fronte a fenomeni piuttosto variabili.
Quindi, rimane valido, anche per la stima della domanda futura l’opinione degli esperti,
rivenditori, distributori, fornitori, consulenti di marketing, associazioni di categoria.
I metodi predittivi elencati, avendo logiche sottostanti differenti, conducono a differenti
risultati. Ciò suggerisce, come già rimarcato, un uso combinato degli stessi, al fine di
ricavare stime più attendibili ed evitare quindi di incorrere in errori significativi 10.
2.4. L’ANALISI DI SETTORE
Passo successivo nello studio di fattibilità e nella conseguente redazione del BP è
l’analisi strutturale del settore, diretta a studiare il trend evolutivo, le caratteristiche e i
comportamenti degli attori che agiscono nell’arena di riferimento, nonché l’intensità
competitiva che si sviluppa all’interno 11. Tutto ciò consente di determinare l’attrattività
di un settore ed inoltre costituisce il presupposto per la formulazione della strategia per
competere nell’area di business prescelta.
Tale scelta è motivata, non solo dalle potenzialità della domanda e dai profitti conseguibili (attrattività), ma anche dalla posizione di vantaggio che l’iniziativa potrà assumere, in termini di quota di mercato e di confronto con la concorrenza 12. L’analisi di
settore contribuisce, altresı̀, ad affinare anche quella della clientela, ossia a comprendere meglio, il comportamento degli acquirenti, nonché ad individuare i fattori critici di
successo alla base del vantaggio competitivo. L’ingresso in un dato settore presuppone
la sussistenza delle condizioni di accesso.
Infatti, non tutti i settori sono accessibili 13, e ciò è dovuto a costi e impedimenti, talora
legati all’attività da svolgere (si pensi ad un settore che per sua natura richieda cospicui
investimenti in capitale fisso ad es. automobilistico), altre volte eretti ad hoc dalle
imprese che vi operano, per scoraggiare l’ingresso di potenziali nuovi entranti.
10
Cfr. Vescovi T., Principi di marketing, in Volpato G., op. cit.
A seconda del tipo di settore (emergente, maturo, globale, frammentato, specializzato, basato sui
volumi ecc.) mutano la natura e le fonti del vantaggio competitivo e di conseguenza le strategie.
12
Cfr. Sciarelli S., op.cit.
13
Sono definiti «contendibili» invece, quei mercati o settori, la cui entrata e uscita sono libere e in cui il
valore dei beni capitali impiegati, trova pieno realizzo. Si veda Ancarani F., Concorrenza e analisi
competitiva, EGEA, Milano, 1999.
11
20
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
L’analisi di settore
2.
2.4.
Questi costi e impedimenti, che ostacolano tale ingresso, configurano quelle che si
denominano barriere all’entrata, collegate prevalentemente a:
economie di scala e dimensione dell’investimento necessario;
disponibilità di know-how e brevetti;
funzioni commerciali (conoscenza del mercato, accesso a canali distributivi e a
fonti di approvvigionamento);
fabbisogno di competenze (tecnologiche, di marketing, di risorse umane, manageriali ecc.);
differenziazione dei prodotti e identità di marca definite o barriere di tipo dinamico 14;
vincoli di tipo normativo legale (es. confezionamento e distribuzione per prodotti
alimentari, e in generale licenze e autorizzazioni).
Tali barriere solitamente vengono poste in relazione a quelle denominate barriere
all’uscita. Queste ultime, sebbene concettualmente diverse dalle prime, in quanto
indicano le resistenze che le imprese incontrano nel mobilizzare le risorse verso altri
campi di attività, unitamente alle prime, individuano la redditività e la rischiosità del
settore in esame (Tavola 2.3).
Tavola 2.3 - Barriere del settore e redditi attesi
Dalla matrice, infatti, risulta evidente come la prospettiva di profitto più favorevole sia
quella che vede barriere all’entrata elevate e all’uscita basse. Nel caso in cui entrambe
sono elevate, il profitto potenziale tende ad essere elevato, ancorché maggiori sono i
rischi ad esso connessi, poiché le imprese meno efficienti, saranno comunque costrette
a rimanervi, essendo onerosa l’eventuale uscita.
Barriere basse sia all’entrata che all’uscita determinano profitti stabili e contenuti, ma,
ancor peggiore risulta essere la prospettiva rappresentata da basse barriere all’entrata ed
elevate all’uscita, poiché la facilità di ingresso costituirà una allettante opportunità per le
14
Cfr. Rispoli M., Sviluppo dell’impresa e analisi strategica, Il Mulino, Bologna, 1998.
Q Wolters Kluwer Italia
21
2.
La fattibilità di marketing
2.4. L’analisi di settore
imprese in situazioni di congiuntura favorevole, ma le stesse incontreranno grandi
difficoltà ad abbandonare il settore, allorquando la congiuntura volgerà al peggio.
Appare chiaro quindi, che la situazione più favorevole e preferibile sia quella caratterizzata da elevate barriere all’entrata e basse barriere all’uscita. Tuttavia questa prospettiva nella realtà raramente trova riscontro, in quanto le condizioni che contribuiscono ad
innalzare le barriere all’entrata sono solitamente alla base anche di quelle all’uscita 15 .
Valutate le condizioni in ordine all’accesso e la relativa sussistenza, sarà necessario
considerare tutti gli attori che a diverso titolo sono in grado di incidere sulla struttura
del settore, e quindi sulla sua attrattività/redditività. In altri termini, la concorrenza che si
sviluppa in un settore, non è determinata esclusivamente dai rivali consolidati, vale a
dire i cosiddetti concorrenti diretti.
Per ampliare, pertanto, la visione del settore, può essere validamente applicato, tra i
diversi modelli disponibili, lo schema della Concorrenza allargata o delle Cinque
Forze Competitive (concorrenti, clienti, fornitori, nuovi entranti, prodotti sostitutivi) 16
(Tavola 2.4 e 2.5), che consigliamo sia per l’analisi competitiva sia come primo schema
di sviluppo di una più estesa valutazione delle Forze-Debolezze/Minacce-Opportunità
(SWOT Analysis).
La categoria più rilevante tra gli attori del sistema competitivo è senz’altro rappresentata
dai concorrenti diretti, i rivali consolidati, che subiscono anche l’ulteriore minaccia
dei fornitori di prodotti sostitutivi provenienti da altri settori o business (segmenti).
Per prodotti sostitutivi si intendono i beni e servizi che soddisfano lo stesso bisogno o
che si rivolgono nel contempo al medesimo gruppo di acquirenti; in particolare, tali
prodotti esercitano una notevole influenza sui concorrenti diretti.
Ma la stessa clientela, potendo imporre prezzi più bassi, richiedere qualità superiore,
servizi pre e post-vendita più completi, maggiore differenziazione e «customizzazione»
dei prodotti, è in grado di esercitare un’influenza decisiva su costi, investimenti e
margini delle imprese del settore.
Specularmente le stesse considerazioni possono essere fatte per i fornitori, il cui
potere contrattuale dipende dagli stessi fattori che determinano il rapporto tra produttori e clienti (aumento del costo delle materie prime, allungamento dei tempi di consegna, aumento dei lotti minimi di ordinazione ecc.).
Costi, investimenti e margini, pertanto, sono funzione di tali forze (clienti e fornitori),
ma anche della pressione concorrenziale generata dalle imprese già presenti nel settore
e dai potenziali entranti 17. Questi ultimi, da prendere in debita considerazione,
rappresentano la generica categoria che comprende tutti coloro che potrebbero trovare
convenienza ad entrarvi e che possiedono ovviamente i requisiti necessari per l’accesso, di cui già si è detto (barriere all’entrata).
15
Cfr. Sicca L., op. cit.
Porter M., La strategia competitiva. Analisi per le decisioni, Tipografia Compositori, Bologna, 1982 Porter M., Il Vantaggio Competitivo, Edizioni Comunità, Bologna, 1987.
17
Infatti, la loro presenza rende la domanda elastica rispetto al prezzo, spostando le scelte dei
consumatori verso i sostituti ogni qualvolta il prezzo del prodotto del settore eccede la loro propensione all’esborso o il suo rapporto prezzo/qualità risulta inferiore. Cfr. Sciarelli S., op. cit.
16
22
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
L’analisi di settore
2.
2.4.
Tavola 2.4 - Il Modello delle Cinque Forze Competitive
Tavola 2.5 - Il Modello delle Cinque Forze Competitive: visione dettagliata
Q Wolters Kluwer Italia
23
2.
La fattibilità di marketing
2.5. L’analisi del vantaggio competitivo e dei fattori critici di successo
L’insieme di tutti questi attori e le loro dinamiche potranno, quindi, costituire oggetto di studio per l’analista aziendale, al fine di valutare in modo più completo ed
esaustivo il settore e l’arena competitiva ai fini della verifica della Fattibilità di
marketing.
Nell’ambito di queste analisi, nel BP può anche essere inserita un’analisi fondata sulle
forze e debolezze dei competitori, in ordine ai prodotti/mercati e alle aree funzionali
interne, utilizzando diversi metodi, come, ad esempio, tabelle di ranking-rating. A tale
scopo, è senz’altro utile implementare un sistema informativo sulla concorrenza, che
possa essere modellato e variamente articolato in funzione delle esigenze proprie del
comparto in cui si vuole operare e delle informazioni disponibili.
Le informazioni necessarie sono desumibili da varie fonti. Alcuni indicatori trovano
espressione nel bilancio che, sebbene presenti limiti e problemi interpretativi, rappresenta pur sempre una valida fonte. Gli altri indicatori, invece, richiedono raccolte
di dati pubblicati ed indagini sul campo. Tali raccolte hanno ad oggetto dati già
pubblicati quali: articoli, riviste, pubblicazioni specializzate, dati statistici, pubblicazioni delle camere di commercio, di centri di ricerca, discorsi e conferenze, analisi e
rapporti, documentazioni legali e su brevetti ecc. Le indagini sul campo invece, prevedono interviste dirette con esperti di settore, fornitori dei concorrenti, rivenditori
(testimoni privilegiati) ex-dipendenti del concorrente, associazioni di categoria, agenzie di pubblicità ecc.
2.5. L’ANALISI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO E DEI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO
La definizione del business e l’individuazione delle forze concorrenziali rappresentano
la base per la formulazione delle strategie competitive. È necessario, in altri termini,
nell’analisi di fattibilità di marketing, esplicitare il vantaggio competitivo su cui si
intende puntare, per sfruttare al meglio i propri punti di forza e conseguire margini
di profitto più elevati rispetto ai concorrenti.
La strategia competitiva è l’insieme di scelte attraverso le quali un’impresa definisce il
suo assetto nei riguardi della concorrenza, dei clienti, dei fornitori, tenuto conto della
propria vocazione e delle risorse disponibili. Il vantaggio competitivo ne rappresenta,
invece, l’elemento distintivo, l’insieme di specifiche qualità che la rendono concorrenziale, combattiva e profittevole rispetto alle altre 18.
Un vantaggio competitivo può essere ottenuto e sviluppato mediante l’uso di diverse
leve strategiche, gestionali e organizzative. Basti pensare alla qualità del prodotto, alle
capacità del management, ai prezzi bassi, ad un’organizzazione molto flessibile, ad una
situazione di mercato favorevole, e cosı̀ via.
Il promotore di una iniziativa imprenditoriale può quindi costruire il suo vantaggio
facendo leva o sulla capacità di «riuscire a realizzare le attività della catena del valore
18
Ferrandina A., Il Marketing Strategico per le PMI, Angeli, Milano, 2002, p. 15.
24
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
L’analisi del vantaggio competitivo e dei fattori critici di successo
2.
2.5.
ad un costo complessivamente inferiore a quello della concorrenza» 19, oppure sulla
capacità di differenziarsi rispetto alla stessa ed essere unico.
Le strategie di base esperibili, quindi, afferiscono ai concetti di leadership di costo e di
differenziazione.
Con la prima ci si propone di realizzare la produzione al costo più basso, servendo
molti segmenti nel settore. Fonti di tale vantaggio risiedono prevalentemente nelle
economie di scala, in tecnologie esclusive, in un accesso privilegiato al mercato dei
fattori, in una maggiore efficienza che investe l’intera organizzazione, ecc.
La strategia della differenziazione, invece, mira a conferire al prodotto un valore distintivo rispetto a quelli concorrenti. Tale valore può far leva sulle caratteristiche tecniche, sul livello di immagine del prodotto, ancorché indifferenziato, ma può riguardare
anche le modalità di erogazione della stessa offerta.
La differenziazione legittima quello che si chiama premium price vale a dire un prezzo
superiore a fronte dell’offerta di un qualcosa di unico, che riduce appunto il valore della
variabile prezzo. Contrariamente alla leadership di costo quella di differenziazione può
essere attuata da più imprese se le caratteristiche apprezzate dagli acquirenti sono
molteplici. Alle strategie illustrate, se ne aggiunge una terza che è quella della focalizzazione la quale mira ad indirizzare la propria azione verso un segmento ristretto
allorquando «non si possiede un vantaggio competitivo generale 20». Tale strategia si
presenta sotto due forme: la focalizzazione sui costi, intesa a conseguire un vantaggio
di costo, e la focalizzazione sulla differenziazione, il cui fine è la differenziazione
nel segmento prescelto.
Presupposto di tali strategie è che i segmenti prescelti siano mal serviti da quei
concorrenti (solitamente le grandi imprese) che rivolgono la loro azione simultaneamente su differenti comparti. Optare, pertanto, per una strategia di focalizzazione
significa concentrare le proprie risorse e attenzioni su un solo segmento, traendo
vantaggio dalle sub-ottimizzazioni dei concorrenti che hanno obiettivi più ampi e
che vedrebbero penalizzata la loro azione sia in termini di costo sia di differenziazione 21.
Di seguito viene riportata la matrice delle strategie e dei requisiti necessari per l’adozione quale utile strumento per individuare il posizionamento dell’iniziativa di business
e dei concorrenti nell’ambito del settore di riferimento (Tavola 2.6 e 2.7).
Le suddette strategie e tutte le scelte assunte in sede di fattibilità, cosı̀ del resto come
quelle che caratterizzeranno l’intera vita d’impresa, si ispirano a quello che spesso si
denomina come orientamento strategico di fondo 22.
19
Sciarelli S., Economia e gestione delle imprese, Cedam, Padova, 1997.
Porter M., op.cit.
21
Infatti, chi produce grandi quantitativi incorre in severe penalizzazioni allorquando riduce sensibilmente la scala. Analogamente, è sovente poco efficiente chi, attuando una differenziazione generalizzata, tenti di soddisfare fabbisogni specifici.
22
In altri termini, esiste un disegno strategico sottostante e non visibile, fatto di idee-guida, valori e
atteggiamenti radicati nella cultura dell’imprenditore e dei suoi collaboratori, che ispira e orienta le
20
Q Wolters Kluwer Italia
25
2.
La fattibilità di marketing
2.5. L’analisi del vantaggio competitivo e dei fattori critici di successo
Una volta esplicitato il tipo di vantaggio competitivo ricercato e il conseguente orientamento strategico di fondo, l’analista aziendale dovrà cercare di analizzare i Fattori Critici
di Successo del Business e gli eventuali punti di forza e debolezza rispetto alla concorrenza.
I Fattori Critici di Successo (FCS) sono le competenze necessarie per costruire il
Vantaggio competitivo; si tratta quindi di elementi fondamentali che assicurano a tutte
le imprese di un certo settore l’affermazione sul mercato 23.
La conoscenza di questi fattori rappresenta un utile strumento strategico, perché
offre un quadro sintetico del profilo competitivo e consente la successiva individuazione delle Forze, vale a dire le aree in cui l’impresa eccelle, e delle Debolezze, che
sono particolari carenze rispetto ai FCS necessari per assumere una posizione competitiva.
Tavola 2.6 - Matrice delle strategie generali di Porter
(continua)
scelte strategiche, operative ed in generale tutti i comportamenti imprenditoriali che costituiscono
invece il profilo strategico visibile. Cfr. Coda V., L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino,
1988.
23
Alcuni tipici FCS sono, ad esempio, la qualità dei prodotti, l’affidabilità, il prezzo, la capacità di
consegne rapide e puntuali, ecc.
26
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
Le analisi di marketing strategico
2.
2.6.
Tavola 2.7 - Le strategie generali: requisiti
2.6. LE ANALISI DI MARKETING STRATEGICO
Una volta esaminati in dettaglio il mercato, il settore, la concorrenza, definite le basi del
vantaggio competitivo, l’Analisi della fattibilità di marketing nell’ambito del processo di elaborazione del BP, deve passare a verificare l’opportunità e congruità delle
scelte di Marketing strategico.
Le diverse fasi del Marketing Strategico sono le seguenti:
segmentazione (partizioning). Tale fase si caratterizza per la necessità di individuare, all’interno del mercato, segmenti di potenziali clienti che risultino accomunati da una serie di parametri di varia indole (demografici, sociali, economici,
comportamentali, ecc.), che saranno oggetto delle successive fasi di targeting e
posizionamento;
targeting, stadio che comporta le decisioni di marketing indifferenziato, selettivo o
focalizzato, che si concretizzeranno poi nella individuazione di uno o più segmenti
da aggredire (strategia di copertura del mercato);
posizionamento del prodotto o dell’intero marketing-mix (Positioning).
Dopo le scelte di copertura del mercato, l’impresa deve collocare la propria offerta
commerciale, cercando di individuare un sito nella mappa percettiva della clientela,
che le permetta di differenziarsi rispetto alla concorrenza.
Q Wolters Kluwer Italia
27
2.
La fattibilità di marketing
2.6. Le analisi di marketing strategico
2.6.1 La segmentazione
Segmentare significa suddividere il mercato in gruppi distinti di acquirenti che potrebbero richiedere prodotti e Marketing Mix specifici. È un processo creativo, il cui
scopo è quello di ottenere una rappresentazione quanto più possibile chiara ed efficace
dei clienti in modo da poterli soddisfare, e contemporaneamente offrire all’azienda il
vantaggio competitivo, di cui si è trattato.
La determinazione di questi gruppi omogenei facilita la comprensione dei bisogni, la
progettazione dei prodotti e dei marketing-mix, la ricognizione dei concorrenti più
diretti e temibili.
La segmentazione è pertanto utile per analizzare meglio le caratteristiche dei clienti e
sviluppare strategie e politiche di marketing più efficaci con il minimo costo, per
ricercare nuove possibilità di business, sia identificando nuovi bisogni o nuovi mercati
ai quali rivolgersi con un’offerta innovativa, sia nuovi bisogni o nuovi mercati che
possono essere soddisfatti con l’attuale prodotto dell’impresa.
Il processo di segmentazione è sicuramente costoso; quindi, è evidente, che occorrerà
verificarne l’utilità.
Le basi di segmentazione possono essere diverse; segue un elenco di possibili variabili
descrittive.
Variabili descrittive per la segmentazione:
1. geografiche: stato, regione, clima, dimensione, centro abitato;
2. demografiche: settore industriale, dimensioni cliente, nazionalità cliente;
3. socioeconomiche: situazione del settore (trend positivo/negativo);
4. psicografiche: processi d’acquisto, accentramento, decentramento decisioni d’acquisto;
5. sensibilità alle variabili del Mktg Mix: nei confronti del prezzo, del servizio base, del
prodotto, della qualità, delle promozioni.
Volendo esprimere qualche ulteriore concetto sulle caratteristiche delle singole forme di
segmentazione e sui limiti, si può seguire il seguente schema che riferisce dei principali
approcci possibili.
La segmentazione socio-demografica o descrittiva:
1. è un metodo di segmentazione indiretta che si basa sulla diversità dei profili sociodemografici. Questi ultimi vengono considerati come indicatori di bisogni;
2. le variabili di segmentazione demografica più utilizzate sono: collocazione
geografica, sesso, età, reddito, classi socio-professionali;
3. in pratica si utilizzano contemporaneamente due o più variabili: ad esempio due
variabili possono essere la % di famiglie acquirenti (tasso di occupazione) e il
volume medio acquistato per famiglia (tasso di penetrazione della marca);
4. le variabili socio-demografiche sono facili da misurare e le informazioni sono
direttamente accessibili nelle fonti ufficiali o nei panel dei consumatori;
5. è una segmentazione a posteriori. Essa si concentra sulla descrizione degli individui
che costituiscono un segmento, piuttosto che sull’analisi dei fattori che spiegano la
formazione del segmento stesso (una segmentazione descrittiva);
28
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
Le analisi di marketing strategico
2.
2.6.
6.
il suo valore predittivo è basso riguardo alla scelta delle marche (ad es. simili
abitudini di acquisto di chi ha un reddito medio o alto), pertanto va completata
con altri metodi di analisi.
La segmentazione in base ai vantaggi perseguiti:
1. è un metodo di segmentazione che considera le differenze tra i sistemi dei valori
dei consumatori rispetto al prodotto considerato: a parità di caratteri sociodemografici due persone possono avere sistemi di valori molto diversi; inoltre una stessa
persona può attribuire valori (o vantaggi perseguiti) diversi a seconda del tipo di
prodotto acquistato;
2. questa segmentazione si basa sul modello del prodotto come «paniere di attributi»
che presuppone la conoscenza di diverse informazioni (lista di attributi del
prodotto; l’importanza relativa di tali attributi per i consumatori; raggruppamenti
di acquirenti con le stesse preferenze; identificazione delle dimensione dei segmenti).
La segmentazione comportamentale:
È un metodo di segmentazione che si basa sul comportamento di acquisto del consumatore. Come la segmentazione descrittiva, anche questo è un metodo di segmentazione a posteriori. Per la sua impostazione si può ricorrere ai seguenti criteri:
1. posizione di cliente effettivo o potenziale - si può distinguere tra clienti potenziali,
non clienti, clienti al primo acquisto, clienti regolari, clienti occasionali;
2. tasso di utilizzazione del prodotto - si può individuare quel 20-30% di clienti che
realizza il 70-80% del volume di affari per poi distinguere piccoli-medi-grandi
consumatori ai quali applicare condizioni d’acquisto particolari;
3. fedeltà del cliente - in base alla ripetitività del processo di acquisto si possono
distinguere clienti di fedeltà incondizionata, di fedeltà non esclusiva, non fedeli;
4. sensibilità agli elementi di marketing - si possono individuare gruppi di consumatori più o meno sensibili a certe variabili di marketing per impostare azioni specifiche (variazione dei prezzi, offerte speciali, ecc.).
La segmentazione socio-culturale o per stili di vita:
1. la segmentazione psicografica o per stili di vita cerca di analizzare le motivazioni e
le personalità degli individui in rapporto al consumo. Gli stili di vita sono pertanto
utilizzati come indicatori della personalità;
2. il concetto di stile di vita è il risultato dell’interazione di tre livelli di analisi: i valori
individuali (il livello più stabile e sicuro) - la convinzione costante che un certo
comportamento o scopo nella vita sia migliore di un altro; l’insieme delle attività e
atteggiamenti di un soggetto (livello intermedio) – rivelatori del suo sistema di
valori, ma sono più vicini all’atto di acquisto; l’insieme dei prodotti acquistati e
consumati (livello periferico) - riflessi effimeri dei precedenti livelli. È il livello più
facile da osservare, ma anche il meno stabile;
3. l’analisi degli stili di vita può basarsi su ciascuno dei tre livelli, assai comune è
l’analisi delle attività, degli interessi e delle opinioni completata dall’esame di alcuni
caratteri socio-demografici. Si definiscono: le attività - il comportamento palese dei
soggetti, come trascorrono il tempo; gli interessi - le preferenze degli individui, ciò
Q Wolters Kluwer Italia
29
2.
La fattibilità di marketing
2.6. Le analisi di marketing strategico
che considerano importante; le opinioni - le idee dell’individuo in merito a vari temi
(ambiente, economia, ecc.).
Una volta identificate le variabili di segmentazione è necessario individuare le combinazioni più rilevanti e costruire una griglia di segmentazione.
Per non considerare i segmenti del mercato poco significativi si ricorre all’analisi di
pertinenza che si ispira alle seguenti regole:
1. inizialmente si considerano tutte le variabili di segmentazione pertinenti;
2. poi si considerano solo le variabili che rivestono un’importanza strategica;
3. si raggruppano le variabili tra loro correlate;
4. si eliminano le combinazioni impossibili ma non quelle «vacanti» (occorre includere
sia i segmenti esistenti che quelli potenziali);
5. si possono raggruppare alcuni segmenti se di dimensioni ridotte o se simili.
Per verificare il valore operativo della griglia di segmentazione occorre collocare i clienti
dell’impresa e i suoi concorrenti principali nei segmenti considerati. A tal fine è opportuno raccogliere informazioni su:
— il potenziale, le aspettative e la sensibilità di ogni segmento (tasso di crescita della
domanda del segmento; tasso di penetrazione; posizione dei principali concorrenti;
aspettative in ogni segmento in termini di marketing mix);
— la quota di mercato detenuta dall’impresa e dai concorrenti;
— l’appartenenza di due prodotti allo stesso segmento (i concorrenti e i clienti sono gli
stessi? I fattori di successo sono identici? I disinvestimenti sono correlati?).
Una volta definite le partizioni virtuali del mercato, prima di procedere alla scelta dei
segmenti-obiettivo, è necessario accertare l’efficacia ed efficienza della segmentazione
effettuata. Affinché il processo adottato non sia una sterile esercitazione occorre verificare, infatti, che i segmenti ottenuti siano validi da un punto di vita economico e di
marketing.
Una ckeck-list, particolarmente utile, per ottenere in prima istanza preziose informazioni sulla opportunità di accogliere potenziali segmentazioni, è la seguente:
misurabilità del segmento. È possibile immaginarsi partizioni di mercato infinite
in base all’incrocio di tanti parametri. ma i segmenti ottenuti rimangono scatole
vuote, se non si riesce a riempirli con dati numerici. l’attitudine di un segmento ad
essere misurato costituisce quindi condizione stabile affinché un processo di segmentazione sia realmente valido;
sostanzialità del segmento. Se il segmento è misurabile e quindi misurato è
opportuno verificare che le dimensioni dello stesso siano sufficienti a garantire
un ritorno economico-finanziario prospettico congruo. Se i segmenti ottenuti sono
piuttosto risicati è forse opportuno non segmentare o rivedere la base di segmentazione;
aggredibilità del segmento. Il segmento potrebbe essere interessante come dimensioni, ma con presenza di numerosissime imprese concorrenti, che renderebbero alquanto difficoltosa, quanto non impossibile, un’azione di penetrazione.
L’aggredibilità del segmento è quindi un ulteriore filtro che deve essere considerato
per valutare l’opportunità di una scelta di segmentazione;
30
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
Le analisi di marketing strategico
2.
2.6.
accessibilità del segmento. È l’attitudine di un segmento a poter esser raggiunto,
sia in termini logistici sia ai fini del marketing-mix. Parliamo, quindi, tanto delle
difficoltà per entrare in mercati stranieri, quanto delle barriere all’ingresso in comparti poco accessibili o di impedimenti nell’ottenimento di liste di indirizzi o di
numeri telefonici per gruppi preselezionati;
differenzialità del segmento. Due segmenti non sono diversi solo perché
appartenenti, ad esempio, a disuguali fasce di reddito. La differenzialità è reale
quando la partizione di mercato è utile ai fini della costruzione di differenti
politiche commerciali. Utilizzare come base di segmentazione il reddito quando
si parla di prodotti alimentari di ridotto prezzo unitario può essere, ad esempio,
fuorviante.
2.6.2 La targetizzazione
Nella scelta di marketing indifferenziato l’impresa non identifica segmentazioni all’interno del mercato, per cui elabora un solo marketing-mix per tutti i clienti, considerati come un insieme omogeneo; affronta il mercato nel suo insieme, ponendo l’accento
sui bisogni in comune piuttosto che sulle differenze. Si punta su prodotti standardizzati
per sfruttare le economie di scala.
Nel marketing differenziato l’impresa riconosce invece l’esistenza di una segmentazione della clientela e decide di elaborare strategie specifiche per ciascun serbatoio
potenziale di affari 24; si rivolge a tutto del mercato, ma con prodotti adatti ai bisogni
specifici di ciascun segmento.
In presenza di rischi di «ipersegmentazione» o «cannibalizzazione» tra prodotti della
gamma l’impresa può anche decidere di non coprire tutto il mercato (copertura parziale).
Nel marketing concentrato infine, l’impresa ritiene di potersi impegnare con profitto
per un solo segmento di mercato, su cui focalizza tutti gli sforzi; l’impresa si specializza
in un segmento e rinuncia a coprire la totalità del mercato (nicchia), con un approccio
tipico delle piccole imprese.
Occorre altresı̀ distinguere due strategie di segmentazione «limite»:
l’ipersegmentazione - prodotti quasi su misura, strategie di segmentazioni spinte;
la controsegmentazione - prodotti con poche opzioni, senza marca, adatti per
consumatori sensibili al rapporto prezzo/soddisfazione.
A fronte di tali considerazioni generali sulle strategie di copertura del mercato, un
ulteriore approfondimento sul targeting può avvenire incrociando in modo più completo le dimensioni prodotto/mercato (Tavola 2.8).
24
Si perdono i vantaggi delle economie di scala ma aumenta il fatturato nei singoli segmenti.
Q Wolters Kluwer Italia
31
2.
La fattibilità di marketing
2.6. Le analisi di marketing strategico
Tavola 2.8 - Mappa delle possibile scelte di copertura del mercato
2.6.3 Il posizionamento
Con l’obiettivo di posizionamento, l’aspirante imprenditore – nel caso di start-up –
ovvero l’imprenditore che decida di sviluppare la sua attività – nel caso di ongoing definisce la collocazione «spaziale» che il proprio prodotto deve assumere nell’area
strategica prescelta, nella mente dei consumatori, rispetto a due o più variabili percepite
come rilevanti e posto a confronto con quelli concorrenti.
Il termine posizionamento indica la procedura mediante la quale si definisce, almeno
in linea di principio, l’identità con cui il prodotto si presenterà sul mercato, misurando
nel contempo le differenze o distanze in termini di punti di forza e di debolezza rispetto
a quelli presenti sul mercato 25.
Da quanto detto, si evince l’assoluto rilievo che il posizionamento assume nel processo
di decisione strategica, quale momento altresı̀ di collegamento tra la definizione e
interpretazione del mercato e le scelte di marketing mix con le quali si intende operare
nel contesto competitivo 26.
L’analisi del posizionamento quindi, consente, da un lato, di individuare e chiarire
meglio i caratteri critici del prodotto (tangibili e intangibili) che condizionano le preferenze e le scelte dei consumatori, e dall’altro, di costituire la base informativa per una
formulazione più mirata delle politiche di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione da attivare.
25
L’MDS (Multidimensional Scaling) è lo strumento attraverso il quale è possibile misurare le differenze esistenti tra i prodotti selezionati per il posizionamento.
26
Cfr. De Vita P., Marketing operativo e marketing strategico, UTET, Torino, 1995.
32
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
Le analisi di marketing strategico
2.
2.6.
La rappresentazione viene effettuata mediante configurazioni grafiche, meglio note
come mappe di posizionamento, che raffigurano la posizione occupata da ciascun prodotto rispetto alle variabili ritenute più significative (solitamente si
assumono due, al massimo tre variabili, mentre solo per configurazioni complesse se
ne impiegano ulteriori).
Nella Tavola 2.9 il processo di posizionamento viene illustrato mediante un esempio di
Brand Map relativo a prodotti appartenenti alla categoria delle auto 27.
Tavola 2.9 - Esempio Brand Map categoria auto
Considerato che il prodotto esprime generalmente un insieme di benefici e utilità
(bundle of utilities) che riguardano esigenze di varia natura (funzionali, simboliche),
diverse e di vario ordine possono essere le variabili e i criteri utilizzabili per «posizionare».
I criteri utilizzati con maggiore frequenza sono:
a) il posizionamento per attributi, in cui si individuano quelli che hanno maggiore
rilevanza (solitamente la qualità, il prezzo, la marca, il livello di servizio ecc.);
b) il posizionamento per benefici, tale approccio fa riferimento più direttamente ai
27
Spunto da De Vita P., op. cit., pag. 278.
Q Wolters Kluwer Italia
33
2.
La fattibilità di marketing
2.6. Le analisi di marketing strategico
bisogni di cui il consumatore ricerca la soddisfazione (es. latte, digeribilità e gusto;
merendine, naturalità e golosità);
c) il posizionamento per specifiche occasioni d’uso, in cui si considerano come
riferimento le situazioni in cui il prodotto può essere consumato;
d) il posizionamento per utilizzatori, in tal caso il prodotto viene associato ad un
particolare target di consumatori (età, condizione socio-economica ecc.);
e) il posizionamento rispetto ad una classe di prodotti, in cui si considerano
prodotti appartenenti alla medesima categoria o classe (es. latte intero e latte scremato);
f) il posizionamento per contrapposizione ad un prodotto, è tipico delle imprese
di dimensioni minori impegnate in una nicchia di mercato ed è volto ad enfatizzare i
caratteri distintivi necessari a contrastare il leader che invece solitamente opera ad un
livello di mercato molto più ampio.
Considerato che i gusti e le preferenze sono alla base del posizionamento, si evince
chiaramente che, al loro modificarsi, occorre di necessità ridefinire e riposizionare
l’offerta.
Più in generale tale operazione, peraltro non priva di costi necessari per modificare la
pregressa percezione del prodotto, viene attuata allorquando il posizionamento corrente non esprime aderenza agli sviluppi della domanda e del settore, impedendo quindi il
raggiungimento degli obiettivi strategici.
Da ultimo, si può affermare che la comprensione e la scelta delle variabili e degli
approcci meritino particolare attenzione, poiché eventuali errori in tal senso possono
compromettere l’immagine e la favorevole accettazione dell’offerta da parte del mercato.
Si ribadisce infine come, gli obiettivi di posizionamento ispirino tutta la programmazione di marketing; di qui la necessità di rendere coerenti tali obiettivi con le politiche di
marketing mix.
Le scelte di segmentazione, targetizzazione e posizionamento sono essenziali per lo
sviluppo del BP; a tale fase di analisi, importantissima, dovrà pertanto essere attribuito il
tempo e le risorse necessarie.
2.6.4 Gli obiettivi di vendita
Dopo aver esaminato, sotto il profilo delle opportunità e dei vincoli, il mercato nelle sue
principali manifestazioni di domanda e offerta, è ragionevole fissare gli obiettivi che ci si
propone di raggiungere con il BP.
Tale determinazione, proprio per l’intrinseca natura soggettiva, è necessario che sia
improntata al massimo realismo e sviluppata con estrema prudenza.
In termine stretti, gli obiettivi di marketing sono fondamentalmente obiettivi prodotto/
mercato, quindi relativi alle scelte di segmentazione, targetizzazione e posizionamento,
già descritti.
Nel quadro di questi obiettivi generali, gli obiettivi, che nell’ambito dell’area mercato
assumono maggiore rilievo in sede di fattibilità, sono: i volumi di vendita e la quota di
mercato.
La fissazione dell’obiettivo dei volumi di vendita da collocare sul mercato si presenta
denso di problemi e implicazioni.
34
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
Le analisi di marketing strategico
2.
2.6.
In primo luogo, è necessario precisare che tale fase rappresenta la base naturale per le
successive determinazioni quantitative, quali i costi, i ricavi, i prezzi, le scelte di carattere tecnico-impiantistico e di capacità produttiva, il fabbisogno quantitativo in risorse
umane ecc., che rappresentano i contenuti delle successive fasi di fattibilità tecnica,
organizzativa ed economico-finanziaria del BP 28.
L’evidente interrelazione con la quota di mercato apre due soluzioni alla determinazione del volume obiettivo. In particolare, prima si può definire la quota di mercato e
successivamente quantificare in modo deterministico i volumi oppure giungervi per via
diretta.
Le determinanti che influenzano la scelta delle quantità con cui fare ingresso nello
scenario competitivo sono da ravvisarsi, come già detto, in una molteplicità di fattori 29.
In primo luogo, è necessaria un’attenta ricognizione delle potenzialità del mercato
nonché del tipo di settore prescelto.
Altro fattore condizionante la scelta in questione riguarda l’opzione strategica di base
prescelta (leadership di costo, differenziazione, focalizzazione) che rappresenta una
importante direttrice del processo di quantificazione. È indubbio infatti che la scelta
di ciascuna implichi un percorso strategico e gestionale diverso che coinvolge anche le
quantità da collocare.
Inoltre l’assorbimento delle quantità di output da parte del mercato è legato non solo a
variabili ambientali quali l’aumento del reddito pro-capite, la crescita della popolazione,
ma è anche funzione dello sforzo commerciale che si intende promuovere. L’azione
28
Cfr. Testa F., op. cit.
La fissazione degli obiettivi di vendita può dipendere da una serie di fattori, interni ed esterni,
all’azienda.
Alcuni di questi sono influenzabili direttamente dall’impresa, altri sfuggono al controllo aziendale. È
essenziale però una visione sintetica su tali complesse problematiche per un processo di fissazione
degli obiettivi ragionevole e ponderato.
I principali fattori aziendali sono legati:
– alla pianificazione strategica, e
– alla gestione economica, finanziaria, commerciale e produttiva.
I principali fattori ambientali sono determinati dalla:
– elasticità della domanda nei confronti del prezzo;
– interazione fra i segmenti di mercato;
– ciclo di vita dei prodotti.
La capacità del management di incidere su tali fattori è alquanto variabile.
Per quanto riguarda i rapporti con la pianificazione strategica e i fattori di natura economico-finanziaria e commerciale si può ravvisare una certa facoltà di determinazione degli stessi e quindi, almeno in
parte, un influsso manageriale sulle mete di vendita.
La possibilità di manovrare i fattori di natura tecnologico-produttiva è invece alquanto limitata nel
breve periodo. Ristretti sono anche i campi di influenza sulla elasticità della domanda, l’interazione fra
i segmenti di mercato e sul ciclo di vita dei prodotti. A livello poi di rapporti interorganizzativi è anche
importante il ruolo, il carattere e il potere che ciascun manager può far valere.
Un obiettivo finisce, quindi, col presentarsi, per gran parte, di natura negoziale, specialmente nelle
imprese di maggiori dimensioni. Su tali temi, si veda Ferrandina A., Reti di Vendita, FAG, Milano, 2003.
29
Q Wolters Kluwer Italia
35
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
commerciale implica un impiego di risorse che varia a seconda delle esigenze poste dal
contesto competitivo e dagli specifici obiettivi più o meno aggressivi che si intendono
perseguire.
I fattori che dunque insistono sul processo di quantificazione dei volumi andrebbero
attentamente valutati di concerto con il volume di investimenti, ricavi e profitti desiderati.
In altri termini si tratta di approntare un processo che per approssimazioni successive
definisca il volume di vendite adeguato e compatibile con il livello di profitto desiderato
e di costi necessari.
In ultima analisi, tale volume è preferibile fissarlo in termini di output (quantità o unità
commerciali in cui è espresso anche il volume di domanda) piuttosto che di valore, al
fine di separare la valutazione dei volumi da quella dei prezzi.
È altresı̀ necessario esprimere tale determinazione nell’ambito dell’esercizio medio a
regime, prescindendo da fattori esterni di carattere stagionale o congiunturale, nonché
interni, legati all’avviamento o all’ingresso nel mercato 30.
2.7. LE ANALISI DI MARKETING OPERATIVO
Dopo aver analizzato le principali vie strategiche da adottare in merito alle combinazioni prodotto-mercato, l’analista aziendale, nello studio di Fattibilità di marketing del
BP, dovrà delineare gli elementi appartenenti ai parametri di azione classici del Marketing, vale a dire quelli che si definiscono – tradizionalmente – elementi del Marketing
Operativo o Gestionale, che tradurrà le strategie generali in una serie di decisioni, di
politiche e di tattiche che attengono specificamente il prodotto, il sistema dei prezzi, le
vie di distribuzione, le vie di impulso e sostegno 31.
2.7.1 Le politiche di prodotto
Le politiche di prodotto possono essere di varia indole e variamente classificabili; si
distinguono una serie di scelte riguardanti strettamente il prodotto e altre attinenti la
marca, la confezione, la qualità, la garanzia, ecc 32.
Il primo gruppo di decisioni, avente come oggetto il prodotto in senso stretto, sono cosı̀
declinabili:
relative al prodotto in sé, singolarmente considerato (dimensione, taglia, confezione, garanzia, marca, ecc.);
relative all’assortimento o ampiezza della gamma (numero di linee che compongono l’offerta);
30
Cfr. Testa F., op.cit.
Nella esposizione di questa parte verranno riportati solo i concetti essenziali relativi al marketingmix e con maggiori ricadute operative per il BP.
32
Alcuni Autori definiscono un prodotto in senso stretto, come complesso di caratteristiche oggettive
e funzionali, da un prodotto in senso lato, che comprende anche marca, confezione e servizi, da un
prodotto allargato, coincidente con l’intero marketing-mix.
31
36
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
relative alla profondità (numero di prodotti all’interno di ciascuna linea);
relative all’estensione della gamma (numero totale di prodotti);
legate allo sviluppo e lancio di nuovi prodotti e servizi;
alla gestione del portafoglio prodotti esistente (aspetti fisici, funzionali, simbolici, confezione, marchi, ecc.);
alle modifiche del prodotto (caratteristiche tecniche, stilistiche, di impiego, di
costo);
alla razionalizzazione ed eliminazione del prodotto.
Le scelte che riguardano i prodotti sono anche determinate dal ciclo di vita, vale a dire
dalla fase di andamento delle vendite in funzione del tempo, dal ruolo che ogni articolo
riveste nell’equilibrio del portafoglio prodotti e da valutazioni di carattere competitivo.
Nell’ambito di un BP, sia per una azienda start-up, sia per una azienda ongoing, il
lancio di nuovi prodotti assume un ruolo essenziale nel determinare il profitto di
un’azienda: l’introduzione di un nuovo prodotto al momento giusto aiuta, infatti, a
mantenere il livello di profitto desiderato dall’azienda.
È possibile individuare, comunque, tre categorie di nuovi prodotti:
1. prodotti realmente innovativi ed unici (mercati e prodotti nuovi);
2. articoli sostitutivi di prodotti già esistenti che sono significativamente diversi da
questi (nuovi modelli di vestiti, caffè solubile contro quello in polvere, ecc.);
3. prodotti imitativi che sono nuovi per l’azienda, ma non per il mercato (il rischio è
soprattutto commerciale).
Il criterio migliore per comprendere se un prodotto è nuovo o meno è vedere in che
modo il mercato lo percepisce.
Il ruolo affidato al nuovo prodotto cambia a seconda dell’obiettivo e della strategia
perseguita dall’impresa: se si vuole difendere le quote di mercato basta introdurre un
prodotto aggiuntivo in una linea esistente o rivedere il vecchio prodotto; se si vuole
consolidare la posizione di leadership tecnologica occorre introdurre un prodotto realmente nuovo.
In breve, le fasi del processo di sviluppo di un nuovo prodotto sono le seguenti e
ricalcano, in termini più limitati, una struttura molto simile a quella di un più ampio e
organico BP:
1. generazione di idee per un nuovo prodotto;
2. selezione e valutazione delle idee per determinare quali meritano di essere ulteriormente approfondite;
3. analisi di fattibilità (caratteristiche del prodotto, stima della domanda, determinazione di un programma di sviluppo);
4. sviluppo del prodotto;
5. test di mercato;
6. commercializzazione.
Definite le caratteristiche fondamentali di carattere oggettivo, funzionale e simbolico
relativamente al singolo prodotto, in armonia con l’orientamento strategico di fondo,
stabilita l’ampiezza del portafoglio, la sua lunghezza e profondità, anche in funzione
della razionalizzazione dello stesso e dell’introduzione dei nuovi prodotti, l’analista
Q Wolters Kluwer Italia
37
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
aziendale potrà effettuare una serie di valutazioni e di scelte sugli altri aspetti di quello
che viene definito product-mix (politiche di confezione, marca, servizi accessori, ecc,).
La confezione (package) assume un rilievo critico, specie per i beni di consumo, al punto da essere definita da molti la quinta «P» del marketing mix.
La confezione nasce per assolvere la funzione di protezione (trasporto dalla fabbrica al
punto vendita), ma nel tempo a questa se ne sono aggiunte altre (conservazione,
sicurezza e igiene, riconoscibilità, informazione e istruzioni per l’uso ecc.) fino a diventare un importante strumento di differenziazione, in particolare per prodotti maturi,
nonché di comunicazione. Contribuisce, infatti, a definire ed enfatizzare l’immagine,
la personalità e il prestigio del prodotto attraverso le varie parti (materiali, forma, colori,
disegni, scritte ecc.); si atteggia più in generale, come importante strumento competitivo, essendo in molti casi anche parte integrante (ad es. per profumi, vini, detersivi
ecc.), allorquando è in grado di accrescere il valore percepito del prodotto.
Si possono distinguere altresı̀ per la confezione diversi livelli: quello primario, vale a dire
il contenitore vero e proprio; quello secondario, necessario per una protezione ulteriore;
l’imballaggio costituito dai materiali necessari per lo stoccaggio e la movimentazione. È
evidente, pertanto, come la definizione del packaging richieda uno spettro di competenze
vario e necessariamente qualificato che coinvolge diverse figure professionali
La marca, definita solitamente da un nome e/o termine e/o da un simbolo, rappresenta
uno dei fattori chiave, di identificazione e differenziazione del prodotto senza della
quale non sarebbe realizzabile né il confronto con quelli concorrenti né la «fedeltà»
rispetto alla stessa. Della marca è possibile distinguere il nome, ossia la parte che può
essere pronunciata (brand name) da quella non pronunciabile ossia il marchio (brand
mark) che è individuato da un simbolo, disegno o altro tratto caratteristico.
La politica di marca richiede uno sforzo in investimenti, necessario ad assicurare riconoscibilità e notorietà, talvolta fuori della portata di imprese di dimensioni minori.
Non di rado accanto alla concorrenza tra marche, si realizza una competizione fra le
non marche, fondata su prezzi e su standard qualitativi bassi, oltre che sull’assenza o
scarsa rilevanza di costi di pubblicità e di packaging. L’apposizione della marca consente tuttavia di conseguire vantaggi quali l’identificazione, la riconoscibilità, la distinguibilità, l’agevole memorizzazione ai quali si associa quello di tutela dall’imitazione e
contraffazione.
L’esigenza di riassumere con la marca l’insieme delle succitate funzioni rende la sua
scelta piuttosto delicata per cui si suggerisce la rispondenza ai seguenti requisiti:
1. originalità e distinzione;
2. facilità di pronuncia (test di apprendimento);
3. facilità di memorizzazione (esistono test di ricordo);
4. facilità di traduzione in altre lingue (es. Kinder);
5. coerenza con il tipo di prodotto (es. Supersoap, Nescafé);
6. coerenza con il target (Panda Young, Calmababy).
A questo punto occorre decidere se apporre la marca e dare quindi luogo a tutta la
relativa politica oppure optare per la vendita «in bianco» dei prodotti.
Nel primo caso l’aspirante imprenditore si ritrova di fronte almeno tre alternative:
1) apporre una marca per ogni prodotto;
38
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
2) apporre una marca per ogni linea di prodotti;
3) apporre una marca per tutti i prodotti.
L’adozione della prima alternativa mira ad evitare che eventuali insuccessi possano
comportare ricadute negative sugli altri «macchiandone» la reputazione; inoltre tale
scelta consente di poter differenziare la qualità dei prodotti offerti senza essere costretti
a fare ricorso alla stessa marca e costituisce ancora una occasione per diffondere una
sana competizione tra i vari Brand Manager.
Nella seconda alternativa la finalità è di caratterizzare ciascuna linea rispetto ad un dato
carattere che può essere merceologico o qualitativo. Tale alternativa è seguita da quelle
imprese che realizzano prodotti rivolti a soddisfare esigenze diverse sotto i profili citati
(della merce o della qualità).
Decidere, invece, di marcare tutti i prodotti con un’unica denominazione risponde, da
un lato, all’esigenza di rendere minima la spesa pubblicitaria e dall’altro, ove vi sia una
relativa certezza circa la qualità offerta, di poter trasferire vicendevolmente l’immagine
di successo già affermatasi o che si affermerà.
Un ulteriore ipotesi che un produttore può sviluppare riguarda l’adozione di marche
multiple, ovvero di due o più marche che competono tra loro simultaneamente sul
mercato.
Tale strategia, peraltro dispendiosa e di non facile applicazione a causa del rischio
cannibalizzazione deriva da diverse ragioni:
1. in primo luogo, è possibile ottenere maggiori spazi d’esposizione e, nel contempo,
rendere il distributore ancor più soggetto alle proprie marche;
2. in secondo luogo, sono pochi i consumatori che manifestano particolare affezione
ad una sola marca, poiché i più alternano l’acquisto delle marche. La strategia in
esame è volta proprio alla cattura di questa categoria;
3. in terzo luogo, l’istituzione di più marche contribuisce a rendere più efficiente e
motivata tutta l’organizzazione. Tuttavia, è necessario valutare in che misura le
marche da lanciare sono in grado di erodersi le vendite future e in che misura
sono in grado di compensarle.
Garanzia e servizi. La garanzia e i servizi hanno assunto già da tempo per molti
prodotti un’importanza quasi determinante nella decisione di acquisto. La ragione di
questa importanza risiede nel rischio sotteso nell’acquisto di un prodotto; ciò si verifica
in ragione del fatto che la razionalità limitata dell’acquirente medio impedisce di poter
apprezzare e verificare preventivamente sia il funzionamento che le componenti tecniche dei prodotti «complessi» ed in particolare di quelli di marche meno note.
La garanzia risponde proprio all’esigenza di superare la situazione di pesante diffidenza
in cui versa il cliente al momento dell’acquisto.
È chiaramente intuibile come l’offerta della garanzia rappresenti un importante strumento competitivo, utile a rafforzare l’immagine e a differenziarsi rispetto alla concorrenza; pertanto più si estende la sua durata tanto più favorevole sarà l’atteggiamento dei
clienti nell’acquisto.
La garanzia assume carattere di assistenza tecnica, dietro corresponsione di canoni
periodici o forme assicurative, laddove, guasti o alterazioni nel funzionamento dei
prodotti sono in grado di procurare seri danni all’economia dell’utilizzatore.
Q Wolters Kluwer Italia
39
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
Quanto ai servizi, è necessario definire: quali erogare, la qualità e le modalità di esecuzione.
Si possono, infatti, distinguere servizi pre e post vendita. I primi, come si intuisce,
riguardano quelle attività con cui il venditore guida il cliente nella soddisfazione dei
suoi specifici bisogni. Ad esempio, si pensi alle attività poste in essere per la scelta dei
mobili più adatti o al dimensionamento di impianti, macchinari ecc.
Per servizi post vendita si intende il pacchetto di prestazioni quali: installazione, collaudo,
addestramento, uso presso i propri locali, riparazioni ricambi e manutenzioni periodiche.
Tali servizi, peraltro, possono essere sia gratuiti, ad esempio manutenzione e riparazione
per primi due anni, sia a pagamento, in base ad un contratto o su specifica richiesta.
L’erogazione di servizi gratuiti e a garanzia richiede, però, onerosi investimenti sul
piano organizzativo. Una importante verifica, da attivare in ordine agli aspetti trattati
(garanzia e servizi), riguarda sia la conoscenza delle aspettative della clientela sia la
valutazione del tipo, della qualità e modalità di erogazione dei servizi forniti dai concorrenti 33.
2.7.2 Le politiche di prezzo
Il prezzo, tra le leve del mix di marketing, è quella su cui si è maggiormente focalizzata
l’attenzione proprio per la diretta influenza che esercita sul profitto. Sebbene le politiche di prezzo non giochino un ruolo di primo piano tra le scelte del marketing mix per
l’accresciuta importanza assunta dagli strumenti di non price competition, la loro corretta definizione senza dubbio riveste un’importanza chiave, essendo l’unico elemento
che permette di tradurre in termini monetari il valore complessivo del prodotto nel
quale convergono decisioni riguardanti anche le altre leve (comunicazione e distribuzione).
Nell’ambito, pertanto, delle analisi di marketing afferenti il BP, è essenziale verificare
con cura i processi di fissazione dei prezzi.
I metodi più comunemente utilizzati nella prassi operativa considerano dimensioni
diverse quali: la struttura interna dei costi, il valore percepito dalla domanda e i comportamenti della concorrenza. Tutti forniscono importanti indicazioni sul possibile
orientamento di scelta da adottare.
1) Il primo orientamento - prezzo basato sui costi (cost-plus pricing), forse operativamente il più seguito, perviene alla formazione del prezzo addizionando un margine
di profitto (mark-up), ritenuto adeguato, al costo sostenuto. Aggiungere un margine
standard di profitto ai costi effettivamente sostenuti consente di operare in sicurezza,
poiché il prezzo che ne deriva copre gli oneri sostenuti per produrre le unità di output
vendute. Tuttavia il metodo appare discutibile, poiché non considera le variabili esterne
del mercato (domanda e concorrenza). Diverso è il caso del comparto business to
business in particolare su commessa, in cui il ricorso al metodo basato sui costi è una
scelta obbligata, poiché risulta piuttosto difficoltoso conoscere a priori le offerte formulate dai concorrenti.
33
Cfr. Collesei U., in Rispoli M., L’impresa industriale, Il Mulino, Bologna, 1989.
40
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
La quantificazione dei costi, a sua volta, può essere realizzata mediante il metodo del
costo pieno o full cost pricing oppure dei costi indiretti. Il primo considera i costi totali
(di produzione e commercializzazione) ai quali applica il già citato mark-up. Tale
metodo, poiché trascura i comportamenti della domanda e della concorrenza, impone
la stima della capacità di accettazione del prezzo da parte del mercato. Il secondo,
invece, considera il costo variabile unitario ed, escludendo i costi indiretti, consente di
apprezzare la contribuzione ai profitti in funzione dei vari livelli di prezzo.
2) Il metodo del valore percepito (prezzo psicologico) muove dalla considerazione
che il prezzo del prodotto debba basarsi proprio sulle percezioni che la clientela matura
in relazione alle utilità da esso ritraibili 34. In altri termini, è necessario valutare ancora
una volta lo stesso percorso logico seguito dall’acquirente allorquando traduce in
valore monetario il prodotto. A questo punto è utile elencare, alla stregua di una
check-list, le possibili situazioni in grado di influenzare le percezioni della domanda in
materia di prezzo.
unicità del prodotto: la sensibilità dell’acquirente al prezzo è tanto minore quanto
più le caratteristiche dell’offerta appaiono uniche. Tale unicità può riguardare sia
aspetti materiali sia immateriali del prodotto;
consapevolezza dell’esistenza di sostituti: la mera esistenza di prodotti sostitutivi non incide sulla sensibilità dell’acquirente al prezzo, poiché, a tal fine, è necessaria sia l’effettiva consapevolezza dell’esistenza sia la capacità di confronto tra
le alternative in essere;
importo/entità della spesa: è noto come gli acquirenti siano più sensibili al
risparmio quanto maggiore è l’ammontare di spesa generato dall’acquisto;
caratteri del prodotto: qualità elevata, prestigio ed esclusività assumono per
taluni acquirenti una particolare rilevanza tanto da essere meno sensibili al prezzo.
3) Infine, l’orientamento della politica di prezzo alla concorrenza si giustifica
allorquando risulta difficile stimare i propri costi. In tali casi si preferisce imitare quello
praticato dalla concorrenza nella convinzione che assicuri un congruo margine sui costi.
Tale scelta è altresı̀ legata al proposito di scongiurare accese reazioni e tensioni nel
settore, in particolare quando queste verosimilmente possano verificarsi in virtù di
scostamenti di prezzo da quelli correnti.
Il limite di tale orientamento, denominato going-rate pricing 35, consiste nell’ignorare
34
A questo metodo fanno capo diverse tecniche per la stima del valore percepito dalla clientela e
sono il buy-response, la coinjoint analisys.
Con il primo si addiviene alla suddetta stima tramite una ricerca condotta presso un campione di
consumatori, al fine di cogliere la disponibilità all’acquisto a fronte del prezzo minimo e massimo
(limiti escursionali), ovvero di vari livelli di prezzo. Il divario massimo esistente tra la curva cumulata
del prezzo minimo e massimo individua quello preferibile in grado cioè di catturare il maggior numero
di clienti e di realizzare quindi i maggiori ricavi.
La coinjoint analisys analizza l’intensità delle preferenze espresse dai consumatori a fronte di ciascuna
combinazione di caratteristiche del prodotto selezionate. L’elaboratore elettronico, attraverso il calcolo
di un algoritmo statistico, sviluppa le funzioni di utilità per ogni caratteristica.
35
Si veda Valdani E., Marketing, UTET, Torino, 1995.
Q Wolters Kluwer Italia
41
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
sia la struttura dei costi sia il valore percepito dalla clientela. Ne consegue che il profitto
potrebbe risultare insoddisfacente a causa della fissazione di un prezzo incoerente con i
due elementi citati (costi e percezione del valore del prodotto). Scostamenti di prezzo,
in positivo o in negativo rispetto a quelli praticati dalla concorrenza, trovano la principale ragione negli elementi di differenziazione del prodotto.
Per questo le imprese preferiscono basare la concorrenza sugli strumenti della non
price competition.
Quanto alle politiche di prezzo in sede di lancio di nuovi prodotti, queste sono riconducibili sostanzialmente alla politica di scrematura e di penetrazione del mercato.
Tale argomento riveste molta importanza quando il BP sia relativo ad una start-up.
Con la politica di skimming (scrematura) si stabilisce inizialmente un prezzo più elevato
rispetto a quello che la maggior parte dei consumatori sarebbe disposto a pagare. Tale
via, è in primo luogo percorribile quando il prodotto risulta essere almeno in principio
fuori dalla portata di larghe fasce di clientela e, nel contempo, esiste una adeguata
quota della domanda disposta a corrispondere un prezzo superiore per un prodotto
che gode di una efficace protezione (tecnologica e legale), perché difficilmente imitabile nel breve termine.
Si sfruttano, dunque, gli elementi in grado di differenziare il prodotto rispetto alla concorrenza. Solitamente ciò è agevole per quei prodotti il cui contenuto innovativo e impatto
sulla clientela è significativo, nonché per quei prodotti la cui elasticità della domanda
rispetto al prezzo è pressoché nulla. Attraverso tale politica si consegue, da subito e nel
contempo, un rilevante recupero delle risorse impegnate nel lancio del nuovo prodotto ed
una sensibile riduzione dei rischi connessi (riduzione del payback period).
L’assorbimento di tale quota da parte del mercato, successivamente, induce a ridurre il
prezzo in modo graduale, al fine penetrare tutto il mercato, catturando, quindi, anche le
fasce di clienti più sensibili alle oscillazioni di valore. La difficoltà di cogliere economie
di dimensione e di scala rende ulteriormente conveniente la scelta in questione.
Per converso, la politica di penetrazione fissa un prezzo relativamente basso ed estremamente competitivo tanto da acquisire rapidamente una cospicua quota di mercato e
prevenire nel contempo l’ingresso di potenziali nuovi entranti. La scelta è consigliabile
quando i costi fissi incidono sul prezzo in misura rilevante e l’elevata elasticità della
domanda rispetto al prezzo consente di realizzare volumi di vendite altrettanto elevati.
In tali circostanze un limitato incremento delle quantità vendute contribuisce in maniera
più che proporzionale ai profitti, ovviamente una volta assicurata la copertura dei costi
fissi. La scelta è finalizzata anche allo sfruttamento di economie di scala, oltre che a
percorrere più rapidamente curve di esperienza e di apprendimento. Inoltre, tale politica è praticabile quando il prodotto è scarsamente differenziato rispetto a quelli
concorrenti o al limite le differenze sono annullabili in tempi brevi.
2.7.3 Le politiche di distribuzione
Il fattore distributivo costituisce un elemento di importanza cruciale per la fattibilità del
progetto di nuova impresa. In non pochi casi rappresenta un ostacolo decisivo allo
start-up dell’iniziativa.
42
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
Nell’ambito del place molteplici possono essere gli aspetti da considerare, anche se
l’area viene identificata semplicemente come area delle scelte di distribuzione.
Il sistema distributivo è costituito da tutti gli operatori che espletano funzioni legate al
trasferimento di beni e servizi e al relativo titolo di proprietà nella sfera di disponibilità
degli utilizzatori finali. Del sistema distributivo si può distinguere sia una funzione
relativa al trasferimento materiale dei beni e servizi dai luoghi della produzione a quelli
del consumo (distribuzione fisica) sia una relativa alla commercializzazione, volta a
contemperare gli interessi e le esigenze proprie del produttore e del consumatore 36.
Tale funzione viene svolta generalmente da operatori commerciali esterni all’impresa e
dislocati sul territorio in modo da assicurare la migliore copertura del mercato potenziale. Questa attività può essere svolta anche in prima persona, mediante strutture
proprie, a condizione che si disponga delle risorse finanziarie necessarie e del relativo
know-how specialistico. In alternativa, si può fare ricorso alla vendita «porta a porta»
diffusa per taluni beni di consumo (cosmetici, editoriali) e per alcuni prodotti destinati
all’industria (semilavorati, componentistica standardizzata).
La politica distributiva riassume decisioni riguardanti: le scelte del canale commerciale,
dell’intermediario al primo livello di contatto con il canale e di organizzazione della
forza vendita necessaria per raggiungerlo. La finalità di tale politica, oltre a quella
istituzionale di assicurare la disponibilità di beni e servizi nei tempi e nei luoghi deputati
al consumo, è quella di conseguire gli obiettivi funzionali di volume di vendita, quota di
mercato e di profitto. Questo complesso di decisioni è solitamente preceduto dall’analisi
delle strutture commerciali che prevalentemente operano già a contatto con il mercato
d’interesse, nonché degli orientamenti e delle abitudini di acquisto dei consumatori, in
particolare se preferiscono la vendita diretta o in unità dettaglianti di piccole o grandi
dimensioni (Tavola 2.10).
La scelta del canale è dunque la prima delle decisioni da assumere e, poiché coinvolge
tutte le successive, è estremamente critica. Tale scelta, esito di valutazioni complesse
che implicano aspetti interni ed esterni, si articola a sua volta in decisioni che riguardano il grado di intensità della distribuzione nel territorio, la lunghezza e il tipo di canale.
La scelta del numero di stadi che il prodotto deve attraversare per raggiungere il
mercato finale rientra nelle decisioni attinenti tipicamente la lunghezza del canale.
Quest’ultimo, inoltre, può essere suddiviso in: diretto ed indiretto. Quello indiretto
soggiace ancora ad un ulteriore suddivisione, breve e lungo.
I canali diretti, produttore-consumatore, escludono l’intervento di intermediari la cui
presenza è invece prevista in quelli indiretti, nella persona dei dettaglianti se breve
oppure grossisti e dettaglianti se lungo.
Anche la scelta dei canali coinvolge aspetti interni ed esterni che si pongono come
vincoli.
Si pensi alle caratteristiche dei consumatori, del prodotto, alle strutture distributive
esistenti, alle scelte adottate da concorrenti ed altre imprese, alla gamma dei prodotti,
alle risorse finanziarie ed amministrative.
Occorre, quindi, individuare il giusto equilibrio in grado di contemperare il sistema di
36
Cfr. Testa F., op. cit.
Q Wolters Kluwer Italia
43
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
vincoli che talvolta esprimono istanze contrapposte, nonché i costi e il controllo del
canale stesso 37.
Tavola 2.10 - Tipologia dei canali di distribuzione
Il canale diretto in genere può avvalersi di una struttura di punti vendita propria, in
questo caso sono necessarie risorse finanziarie e know-how specialistico, ovvero, come
avviene in molti casi, di mezzi telefonici, postali, vendita porta a porta. Rispetto a quello
indiretto, richiede maggiori risorse, sebbene assicuri un controllo più stretto delle funzioni e del mercato a valle. Trova rara applicazione per i beni di consumo, ancorché il
suo impiego per tali beni sia più diffuso che nel passato (es. Avon ecc.). Per i beni
industriali rimane solitamente il meccanismo elettivo.
37
Cfr. Collesei U., «Il marketing», in L’impresa industriale, Rispoli M., Il Mulino, Torino, 1989.
44
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
Alla scelta del canale concorrono inoltre i seguenti criteri-guida:
1. capacità distributiva attuale e prevista del canale: va intesa sia come quantità
di produzione che gli operatori del canale sono in grado di collocare anche in
chiave prospettica, presso la clientela target sia come copertura assicurabile sul
territorio (regionale, nazionale ecc.);
2. onerosità e rischiosità del canale: intesa come margine assorbito dalla distribuzione sul prezzo praticato al cliente finale (tale valutazione però prenderà in considerazione tutte le altre variabili quali la capacità distributiva, il livello di servizio
ecc.), nonché la solidità economico finanziaria, principale indicatore del livello di
rischio;
3. capacità di servizio: intesa come assistenza pre e post vendita;
4. disponibilità alla collaborazione: importante per aver informazioni di ritorno
dal mercato;
5. coerenza tra posizionamento del prodotto/gamma e canale distributivo: è
necessario che l’immagine del canale, esito di un insieme di attributi (servizio,
assortimento, arredamento, localizzazione ecc.), sia coerente con l’offerta. Una
eventuale incompatibilità potrebbe disorientare i consumatori;
6. grado di informatizzazione del canale: utilizzo di supporti informativi che consentono una maggiore rapidità nella trasmissione delle informazioni.
Il quadro relativo alla leva distributiva si completa con la decisione riguardante la
modalità attraverso cui raggiungere gli intermediari oggetto della precedente selezione
(primo stadio di intermediazione).
Le alternative cui è possibile far ricorso sono:
venditori diretti (dell’azienda) e rete diretta (forza vendita);
agenti o rappresentanti esterni (autonomi) rete indiretta;
rete mista.
Nel primo caso, la retribuzione dei venditori diretti è in gran parte a stipendio fisso,
mentre una percentuale piuttosto contenuta è erogata sotto forma di provvigione per
incentivare il raggiungimento di certe performance.
Nel caso dell’agente, invece, la remunerazione, eccetto una quota fissa, risulta prevalentemente legata alla provvigione. Il costo per l’impresa dunque è in gran parte variabile. La distinzione sotto il profilo economico non è la sola. Infatti anche sul piano della
motivazione i primi sono motivabili con maggiore difficoltà, mentre gli agenti, in virtù
della propria autonomia, sono ancora meno controllabili.
I beni strumentali o complessi vengono commercializzati tramite venditori diretti, in
quanto l’ammontare e la complessità dei servizi pre e post vendita impongono la
prossimità e la continuità di contatto tra il produttore e l’intermediario. In generale la
soluzione della forza vendita propria è preferibile quando si prevede un elevato ammontare di fatturato, mentre l’agenzia è più indicata nel caso in cui si prevede un
ammontare limitato.
In concreto, la scelta tra rete diretta e indiretta dovrebbe discendere dalla considerazione dei relativi costi, dei problemi legati alla saturazione dell’attività di venditori e
agenti, della cadenza delle visite presso gli intermediari, dell’ampiezza delle zone da
visitare, ma anche di altri elementi quali i compiti di vendita, assistenza, consulenza,
programmazione e controllo.
Q Wolters Kluwer Italia
45
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
Concluso il quadro delle scelte inerenti i canali distributivi, è possibile individuare con
maggiore consapevolezza e sulla scorta di vari criteri (economico, di controllo e di
adattamento), il canale più idoneo a realizzare gli obiettivi prefissi. Proprio ad evitare
esiti parziali, sarebbe opportuno impiegare i criteri congiuntamente piuttosto che in
modo isolato. Quanto al criterio economico, va osservato come ciascuna alternativa
di canale generi differenti configurazioni di costo e di ricavo le cui stime consentono di
individuarne la più vantaggiosa.
Mentre la stima dei ricavi si ottiene attraverso la conoscenza dei volumi di vendita
realizzabili, per i connessi costi si rende necessaria la disponibilità di un complesso
di informazioni inerenti a: retribuzioni dei venditori diretti, provvigioni per gli agenti,
margini da concedere agli intermediari, costi relativi a depositi e consegne, costi vari
relativi all’amministrazione del ciclo ordini e vendite.
Il criterio del controllo, invece, concerne la misura in cui il produttore è in grado di
esercitare il controllo sugli operatori del canale, in particolare su leve, quali il prezzo e
in generale sul rispetto dei loro comportamenti con i propri obiettivi.
Il criterio dell’adattamento, infine, consente di valutare la capacità di risposta dei vari
canali alle variazioni che intervengono nella domanda di mercato, nonché il grado di
libertà che si avrebbe nello svincolarsi dal canale, in termini di rapidità e di costi, ove si
presentassero alternative più convenienti.
Nell’ambito pertanto delle politiche di distribuzione adottabili, l’estensore del BP dovrà
analizzare con cura tutte le alternative e criteri potenzialmente possibili.
2.7.4 Le politiche di promozione/comunicazione
Infine, nel quadro delle analisi e scelte afferenti il marketing-mix, il redattore del BP
dovrà compiere una serie di valutazioni in ordine alla formule, ai metodi e agli strumenti
di comunicazione.
Quando si parla di comunicazione, quasi per riflesso condizionato, la mente si porta sui
mezzi istituzionali quali stampa, televisione, radio ecc.
In realtà, il termine assume una accezione molto più ampia, perché, in effetti, i mezzi
atti a realizzare tale finalità comprendono sia le altre leve del marketing (prodotto,
confezione, marca, canali distributivi prescelti ecc.) sia strumenti estranei a questa area
come il bilancio, le cronache industriali, le controversie giudiziarie e sindacali che
hanno riflessi sulla reputazione e immagine dell’impresa.
Quanto agli strumenti, la pratica aziendale e l’evoluzione tecnologica hanno sviluppato
una moltitudine di forme di comunicazione, differenti per impiego di risorse, modalità
di attuazione ed effetti generati.
Nell’ambito della analisi di fattibilità e di redazione del BP, una certa parte delle elaborazioni deve riguardare, quindi, anche l’applicazione di questi strumenti di impulso e
sostegno delle vendite e dell’immagine aziendale
I principali strumenti di cui si avvale la politica promozionale/comunicazione possono
essere raggruppati nelle seguenti tipologie:
1. attività di pubbliche relazioni e di propaganda (o pubblicity);
2. pubblicità;
3. promozione in senso stretto e packaging;
4. attività di vendita personale, merchandising e display.
46
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
a) Le prime comprendono attività sia personali, quali conferenze, convegni, seminari,
beneficenza, opere di pubblico interesse ecc. sia impersonali come pubblicazioni, rassegne
stampa, istituzione di borse di studio, comunicazioni postali ecc. Tali attività sono finalizzate
a diffondere la conoscenza e la positiva immagine della propria iniziativa, nonché a farsi
accettare presso i numerosi pubblici con i quali dovrà relazionarsi, cosı̀ da procurarsi il
favore necessario per esercitare efficacemente la propria attività. La diffusione della conoscenza d’impresa in questo caso si pone quale obiettivo più immediato e prevalente rispetto
a quello della vendita nonostante entrambe convergano nel fine ultimo del miglioramento
della posizione di mercato. È da sottolineare, come l’immagine d’impresa non possa essere
concepita come un qualcosa di stabile, in quanto cosı̀ come la si costruisce in ogni istante
della vita imprenditoriale, alla stessa stregua, può essere incrinata.
b) La pubblicità, tradizionale attività da non confondere con quella più ampia della
promozione, comprende una qualsiasi forma impersonale di presentazione a pagamento di idee, beni o servizi realizzata a pagamento da un promotore e con mezzi quali la
TV, radio, quotidiani, riviste, affissioni, cinema (mass media o mezzi di comunicazione
di massa) o per posta (direct mail). Si tratta di un mezzo di solito utilizzato in combinazione con altri.
Un approfondimento particolare meritano i mezzi della comunicazione di massa, a
causa del loro sviluppo e grado di pervasività.
Televisione. Il mezzo in questione, utilizzato prevalentemente da imprese operanti nei
mercati di massa, pur presentando una elevata costosità sia in termini assoluti che in
relazione al contatto, è reso oggi maggiormente accessibile grazie alla diffusione di reti
locali e commerciali che offrono a costi molto contenuti spazi pubblicitari anche ad
imprese di minori dimensioni.
Radio. La radio, in seguito all’ascesa della televisione, ha visto ridotto drasticamente il
suo ruolo. Tuttavia, l’abitudine ormai invalsa in numerosi ambienti (es. lavoro) di
ascoltarla in sottofondo, la sua ubiquità (radio portatili, autoradio) hanno rivitalizzato
il mezzo dando luogo ad un vero e proprio riposizionamento che ne ha invertito il
corso, ormai in declino. A fronte dei costi relativamente contenuti, il mezzo radiofonico
presenta limiti legati alla ridotta potenzialità espressiva, dovuta all’assenza di impatto
visivo. È un canale, inoltre, che consente di segmentare la platea degli ascoltatori sia in
base alla tipologia (es. stazioni per giovani, pensionati, religiosi ecc.) sia dal punto di
vista geografico.
Cinema. Il cinema, potendo contare su una qualità di immagine e suono anche superiori alla televisione, è dotato di grandi potenzialità espressive e presenta l’ulteriore
pregio di non consentire lo zapping per cui l’esposizione al messaggio è praticamente
costretta. Ciononostante, la rappresentazione massiccia nei palinsesti televisivi di film, la
nascita di pay-tv e la diffusione di videoregistratori e lettori DVD, ha minato non poco la
competitività del cinema. L’accesso poco oneroso al mezzo è bilanciato dall’audience
ristretto.
Giornali quotidiani. I quotidiani consentono una generica ma intensa copertura dei
mercati locali e nazionali. A fronte di una buona tempestività, di un’alta credibilità e di
un costo/contatto non elevato, la breve durata dei messaggi, a meno di reiterazioni, la
mediocre selettività e potenzialità espressiva, si pongono al momento quali limiti.
Q Wolters Kluwer Italia
47
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
Riviste periodiche. La voce riviste comprende una varietà estesa di veicoli che vanno
dai new magazines, alle riviste femminili, maschili oppure rivolte alla famiglia o a
specifici mercati (es. riviste moda, musica, sport, computer ecc.). Tale canale presenta
vantaggi, quali un’elevata selettività geografica e demografica e un conseguente costo/contatto relativamente contenuto, una vita media piuttosto lunga e un’alta credibilità e
psicologia dell’attenzione. A fronte di tali prerogative occorre un largo anticipo per
l’acquisto dello spazio e della posizione del messaggio sulla rivista.
Affissioni. Tale mezzo include una variegata casistica: manifesti, cartelloni, insegne
posti lungo strade, all’interno di punti vendita, sulle carrozzerie o all’interno dei mezzi
di trasporto pubblici (autobus, tram, metro ecc.). A fronte di una inesistente selettività e
di una limitata vita media, l’impiego del canale si rivela poco oneroso, sebbene un’intera campagna condotta su scala nazionale possa comportare un notevole dispendio di
risorse. Si dimostra tuttavia efficace sia in occasione del lancio di nuovi prodotti sia
come mezzo per rafforzare la memoria del consumatore.
Recentemente, il quadro dei mezzi della comunicazione di massa si è arricchito in
misura straordinaria grazie all’avvento di internet. Questa innovazione di portata «rivoluzionaria» e «planetaria», ha aperto le porte sia nel campo dell’informazione che della
promozione, a numerosi operatori economici e non, schiudendo opportunità impensate
fino a qualche tempo fa. Infatti, attraverso l’allestimento di siti web che comportano un
costo estremamente modesto e alla portata di tutti, è possibile presentare la propria
offerta con dovizia di particolari, aggiornare continuamente le condizioni di vendita e
promozionali, comunicare avvenimenti e fatti aziendali di segnata importanza. Si rivela
particolarmente conveniente per le imprese impegnate nel comparto del business to
business, nonché per professionisti e società.
c) La promozione in senso stretto si distingue dalle altre forme di promozione,
poiché sulla scorta di particolari incentivi quali sconti, abbuoni, concorsi a premi, offerte
speciali ecc. praticati di solito per periodi limitati di tempo, tenta di stimolare l’acquisto
sia di consumatori che intermediari, di accrescerne la fedeltà.
Tale strumento è spesso utilizzato nell’ambito di campagne speciali di vendita promosse
in occasione del lancio di un nuovo prodotto, per rivitalizzare prodotti ormai giunti
nella fase di maturità o declino, ovvero per smaltire giacenze in esubero.
Non va trascurato il rischio derivante dal sistematico ricorso alla promozione vendite.
Infatti, se da un lato, il suo impiego è in grado di realizzare immediati picchi di fatturato,
per contro, reca con sé conseguenze distorsive degli effetti prodotti dalla stessa pubblicità, in quanto ingenera nei consumatori il tipico comportamento «opportunistico»
dell’alternanza nell’acquisto delle marche. Si può in effetti innescare un vero e proprio
circolo vizioso in cui l’affezione del consumatore alla marca cede il passo all’acquisto
dei prodotti di volta in volta posti «in offerta», determinando nel contempo un significativo indebolimento dell’identità ed immagine della marca stessa la cui formazione ha
richiesto non pochi sforzi e risorse.
Il packaging mira allo stesso obiettivo sfruttando l’impiego della leva confezione, al fine
di rendere più efficaci la riconoscibilità e la memorizzazione.
d) Le attività rientranti nella quarta tipologia (forza vendita), effettuate di solito presso il
punto vendita, laddove la vicinanza del cliente al prodotto è massima, hanno cono48
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
sciuto una diffusione parallela all’aumento del numero e della superficie dei punti
vendita. In queste situazioni, occorre attivare una efficace informazione, al fine di
rendere concreto l’acquisto. L’azione persuasiva dei venditori assume pertanto un ruolo
decisivo ai fini dell’orientamento delle preferenze e dell’acquisto.
Il merchandising prevede, oltre all’erogazione di informazioni supplementari volte a
rendere ancora più «familiare» il prodotto, la disposizione e l’organizzazione di attrezzature e reparti (modello a griglia, tipicamente utilizzato per i generi alimentari, e layout
a isola per i beni non alimentari 38), al fine di garantire la più opportuna esposizione dei
prodotti, nonché un funzionale flusso di merci e clienti nel locale.
Il display comprende invece, tecniche (vetrinistica, supporti espositivi, punti prova e
assaggio) intese a mostrare nel modo più evidente e favorevole possibile, la presenza di
certi prodotti nel punto vendita. Tali attività, poiché comportano una contestuale gara
per la conquista degli spazi espositivi all’interno dei punti vendita, determinano non
pochi attriti nei rapporti tra industria e distribuzione.
Passate in rassegna le principali forme di comunicazione, si possono chiarire ulteriori
aspetti. Innanzitutto le prime tre forme sono realizzate prevalentemente dal produttore,
mentre l’ultima categoria è di solito posta in essere dagli intermediari, in particolare
dettaglianti su incarico e con la collaborazione dei produttori.
Un’altra distinzione fa riferimento alla natura degli effetti sotto il profilo temporale ed
attitudinale del consumatore. Infatti, sotto l’aspetto temporale, le pubbliche relazioni
riverberano effetti che si estendono nel lungo termine, la pubblicità nel medio, mentre
la promozione e la vendita personale nel breve. Per quanto attiene l’aspetto attitudinale,
la Tavola 2.11 illustra le relazioni esistenti tra forme e stadi.
Tavola 2.11 - Relazione tra forme di comunicazione e stadi attitudinali del consumatore
38
Cfr. Valdani E., Marketing, UTET, Torino, 1995.
Q Wolters Kluwer Italia
49
2.
La fattibilità di marketing
2.7. Le analisi di marketing operativo
Ulteriori caratteri sono ravvisabili nel grado di flessibilità, inteso come livello di adattabilità alle esigenze comunicative contingenti, e nel grado di immediatezza con cui il
messaggio giunge ai destinatari.
È noto come la comunicazione attraversando una serie più o meno ampia di filtri (fisici,
semantici, psicologici) veda gli effetti esposti a deformazioni e/o attenuazioni.
I principali fattori che influenzano il mix di comunicazione sono:
Natura del mercato - L’efficacia degli strumenti della comunicazione presenta una
diversa intensità a seconda che si tratti del mercato dei beni di consumo o di
produzione. Nel primo caso la pubblicità appare lo strumento preferibile essendo
i consumatori numerosi e geograficamente dispersi, mentre promozione vendite,
vendita personale e pubbliche relazioni trovano applicazione a seguire nell’ordine
indicato. Il mercato dei beni industriali, per contro, essendo caratterizzato da un
numero relativamente esiguo di utilizzatori e da prodotti ad alto valore unitario,
conosce le maggiori risorse investite nella vendita personale ed in subordine la
promozione vendite, la pubblicità e le pubbliche relazioni.
Tipo di prodotto - Come già accennato, quando l’acquisto presenta rischi e/o
riguarda beni costosi l’attività promozionale è realizzata in gran parte dalla forza
vendita. I beni di largo consumo seguono prevalentemente il canale pubblicitario o
la promozione presso il punto vendita.
Stadio del ciclo di vita del prodotto - Nello stadio di introduzione, la conoscenza
e consapevolezza del prodotto è acquisita mediante la pubblicità e le pubbliche
relazioni. È inevitabile adottare, in tale fase, la promozione per stimolare i primi
acquisti. Successivamente, nello stadio della crescita, la pubblicità e le pubbliche
relazioni conservano all’incirca la stessa intensità, mentre la promozione vede
ridotta la propria funzione, poiché l’esigenza di stimolare la prova del prodotto si
pone in misura meno stringente. La maturità è la fase in cui il prodotto è ormai
largamente diffuso per cui la pubblicità vede confinato il suo ruolo al mantenimento del ricordo, mentre la vendita promozionale assume il maggior rilievo. Nello
stadio del declino, la pubblicità continua ad espletare la funzione della fase precedente, mentre la promozione delle vendite può essere un valido mezzo per tamponare un drastico disuso del prodotto.
Strategia pull e push - Adottare una strategia di marketing pull (d’attrazione)
ovvero push (di spinta) determina conseguenze dirette nella scelta del mix promozionale e dei canali distributivi. La strategia push presuppone che il prodotto venga
«spinto» lungo il canale fino al consumatore. La forza vendita e la promozione
commerciale sono i meccanismi elettivi per assolvere la suddetta funzione. La
strategia del tipo pull prevede, invece, un impiego massiccio della pubblicità e
della promozione cosı̀ da ottenere che siano i consumatori stessi a richiedere il
prodotto presso il punto vendita. In tal caso il prodotto è «tirato» lungo il canale fino
al dettaglio.
Risorse finanziarie disponibili - Senza dubbio esiste una marcata differenza
riguardo alle condizioni di accesso dei vari strumenti. È infatti nota l’esistenza di
tipiche barriere all’entrata nel caso una campagna pubblicitaria venga attivata a
livello nazionale o internazionale. Certamente, minori risorse richiedono tutte le
50
Q Wolters Kluwer Italia
La fattibilità di marketing
2.
Le analisi di marketing operativo 2.7.
altre attività di promozione, vendita personale, ancorché sensibilmente diverso sia
l’impatto.
La determinazione del budget promozionale riveste una importanza chiave in considerazione del fatto che l’investimento promozionale, se inferiore ad un certa soglia, non
produce alcun apprezzabile risultato. Vari sono i metodi che la teoria e la pratica
aziendale conoscono. Di seguito si elencano i principali:
Metodo del «disponibile o residuale» - La dimensione del budget pubblicitario è
definita sulla base dei vincoli economici e finanziari dell’impresa. Sotto l’aspetto
economico, il confine è rappresentato dal reddito che si ritiene possa essere disponibile al tempo preso a riferimento. Sotto l’aspetto finanziario, il relativo equilibrio circoscrive l’ambito di manovra. L’entità dello stanziamento, pertanto, è commisurata per evitare alterazioni del citato equilibrio finanziario.
Metodo della percentuale sulle vendite - Il metodo àncora le spese pubblicitarie
a una data percentuale delle vendite (attuali o previste) nel periodo in esame.
Adottato spesso nella pratica, non è tuttavia esente da critiche. Infatti, tali spese,
poiché variano in ragione del volume di fatturato, ad una flessione di quest’ultimo,
vedono ridotta la loro dimensione proprio allorquando sarebbe più opportuno
sostenere l’attività promozionale per invertirne l’andamento sfavorevole delle vendite.
Metodo della parità competitiva - Tale metodo mira ad allineare l’entità del
proprio budget di spesa a quello della concorrenza. In altri termini, il riferimento
allo stanziamento dei principali competitor è dettato, da un lato, dalla convinzione
che costoro, in ordine alle risorse da investire, abbiano una conoscenza più edotta,
e dall’altro, dalla volontà di evitare tensioni che potrebbero sfociare in conflitti
pubblicitari. Tuttavia, le argomentazioni che ispirano il metodo non appaiono
sufficientemente motivate, perché, in primo luogo, nulla induce a ritenere che gli
avversari necessariamente dispongano di informazioni privilegiate al riguardo. Inoltre, in secondo luogo, ciascuna impresa presenta caratteri strutturali peculiari e
persegue obiettivi propri che rendono del tutto irragionevole una pedissequa adesione al modello adottato dai concorrenti.
I procedimenti sopra enunciati presentano il limite evidente di non legare l’entità della
spesa agli obiettivi da raggiungere. Il metodo «dell’obiettivo da conseguire» risponde
proprio a tale ragionevole finalità. Si fissano gli obiettivi della comunicazione (es. in
termini di quota di mercato) e successivamente si individuano i mezzi, le alternative e le
combinazioni necessarie a realizzarli. La dimensione del budget si determina cosı̀ sommando i costi dei mezzi individuati compatibilmente con le disponibilità finanziarie e gli
obiettivi di reddito dell’impresa.
Q Wolters Kluwer Italia
51
Scarica