PERCORSO III Palazzi omayyadi Mohammad al-Asad, Ghazi Bisheh Primo giorno III.1 AL-BÂDIYA III.1.a Al-Qastal III.1.b Qasr al-Mushatta La facciata di al-Mushatta a Berlino III.1.c Serbatoio d’acqua di Al-Muwaqqar III.1.d Qasr al-Kharrâna III.1.e Qusayr ‘Amra Opulenza e divertimenti dei califfi OPZIONE NATURALISTICA Al-Azraq Riserva di al-Shawmari, Riserva della palude di al-Azraq Al-Qastal, particolare dei motivi geometrici scolpiti sulla pietra, al-Bâdiya. 109 PERCORSO III Palazzi omayyadi Qusayr ‘Amra, veduta complessiva, al-Bâdiya. La Giordania possiede la più larga concentrazione di complessi omayyadi, generalmente definiti come “palazzi o castelli del deserto”. Alcuni studiosi hanno rifiutato questi termini, obiettando che nel periodo omayyade le aree in cui questi complessi sono situati non erano desertiche. I sistemi di irrigazione rinvenuti in molti di essi forniscono in effetti una chiara testimonianza delle attività agricole che vi si svolgevano. Data la vastità di molti di questi complessi, l’uso del termine “castello” o “palazzo” risulta talvolta improprio. Numerosi di questi edifici rispondono meglio alla più accurata definizione di tenute o piccoli insediamenti, composti da quartieri abitativi, una moschea, un complesso termale e le infrastrutture necessarie allo svolgimento dell’attività agricola. Alcuni fungevano anche da 110 tappe carovaniere ed empori commerciali. La nostra conoscenza di questi insediamenti è tutt’altro che completa e molti aspetti relativi alla datazione, ai committenti e alle funzioni rimangono oscuri. Ciò è dovuto in parte alla mancanza di fonti letterarie omayyadi coeve e alla scarsità di iscrizioni rimaste in situ. Ma anche senza il sostegno di tali prove, l’importanza storica di questi monumenti omayyadi resta notevole. Sebbene la costruzione di simili edifici fuori dai centri urbani sia stata un fenomeno di breve durata nel mondo islamico, essi sono tra i primi esempi noti di architettura islamica secolare e più specificamente palaziale. Nell’architettura antica e medioevale, è uno dei rari casi in cui un numero significativo (più di venti) di edifici storici appartenenti alla stessa tipogia, allo stes- PERCORSO III so periodo e alla stessa area geografica si è conservato fino ai giorni nostri. Oltre a costituire un’importante testimonianza della vita dei sovrani nel primo periodo islamico, essi presentano elementi di continuità con la villa di campagna romana, sopravvissuta fino alla tarda antichità, e contribuiscono quindi alla conoscenza di questo tipo di edificio. Queste strutture piuttosto misteriose, divenute oggetto di studio all’inizio del Novecento, sono state interpretate in vari modi. Secondo alcuni, si tratterebbe di “residenze di piacere” che i principi omayyadi utilizzavano per varie attività dilettevoli, come la caccia e i banchetti. Secondo un’altra opinione diffusa, gli edifici costituivano un primo esempio di gusto romantico per la vita nella bâdiya (margini del deserto), dove l’aria è più fresca e più limpida e la lingua araba più pura che in città. Nella sua accezione moderna, la parola bâdiya si riferisce ai «margini del deserto», ma nel periodo omayyade indicava una «tenuta di campagna» e in questo contesto è stato mantenuto il significato originario del termine. I complessi sono stati inoltre interpretati in termini socioeconomici come centri di terreni agricoli ereditati dall’aristocrazia cristianobizantina fuggita in Siria dopo la conquista musulmana. È stato anche ipotizzato che fungessero da centri amministrativi e politici dove i principi omayyadi si incontravano e stringevano accordi con i capi delle tribù locali, il cui appoggio era per loro fondamentale. Più recentemente, è stata avanzata l’idea che i complessi fossero stazioni poste lungo le vie commerciali e di pellegrinaggio Palazzi omayyadi che collegavano il Bilâd al-Shâm e l’alHijâz. Molto probabilmente, ognuna di queste spiegazioni contiene elementi di verità. In molti casi, tali complessi includono una zona abitativa, un edificio termale e una moschea. Non è insolito che le terme siano precedenti alle abitazioni: a differenza delle prime, infatti, queste non devono necessariamente essere costituite da strutture permanenti. Come ha messo in evidenza lo storico dell’arte Oleg Grabar, molti di questi complessi erano concepiti soprattutto per un uso saltuario, offrivano molti Particolare di pietra scolpita da Qasr Tuba, Museo archeologico giordano, (Num. Inv. J 1950), Amman. Al-Qastal, particolare delle decorazioni, al-Bâdiya. 111 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Al-Qastal, prima del 126/744, al-Bâdiya (P. Carlier, 1984). comfort ma rivestivano poche funzioni pubbliche e tendevano a esprimere e servire il piacere piuttosto che il potere. Quasi tutti i complessi appartengono al ramo marwanide della dinastia omayyade, composto dai discendenti di Marwân Ibn al-Hakam (64/684-65/685). È stato inoltre ipotizzato che il figlio di Marwân, ‘Abd al-Malik (65/685-86/705), avesse assegnato ai suoi figli le aree del Bilâd alShâm per esercitare un controllo più capillare sulla regione, e che questo sistema sia sopravvissuto fino alla caduta della dinastia omayyade, avvenuta due generazioni più tardi. Così, i complessi eretti in una determinata area sono generalmente opere di committenza del principe o dei principi (molti dei quali più tardi divennero califfi) assegnatari dell’area stessa. M. A. III.1 AL-BÂDIYA I siti di al-Bâdiya, visitabili tutto il giorno, si possono raggiungere solo in auto o con tour organizzati localmente. L’ingresso è gratuito. III.1.a Al-Qastal Al-Qastal, torre angolare del palazzo, al-Bâdiya. 112 È situato sulla Desert Highway, circa 25 chilometri a sud di Amman. Da Hammamat Ma’in, il sito può essere raggiunto in taxi o con mezzi privati andando in direzione della Desert Highway; da Amman, è preferibile seguire l’autostrada dell’aeroporto, dove il sito è segnalato. PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Al-Qastal è un vasto complesso costituito da un palazzo, una moschea, un edificio termale, un cimitero, un quartiere abitativo e sistemi di raccolta dell’acqua. Il palazzo, che misura approssimativamente 68 metri di larghezza per 68 di altezza, presenta 4 torri rotonde a tre quarti e 11 torri semicircolari. Ogni facciata contiene tre torri semicircolari, salvo la facciata orientale che ne contiene quattro, due delle quali fiancheggiano il portone d’ingresso. Si ritiene che il palazzo fosse originariamente a due piani, sebbene di quello superiore non resti alcuna traccia. Il pianterreno è costituito da sei bayt (unità indipendenti) disposte intorno a un cortile centrale, ciascuna composta da quattro stanze e un cortiletto. La moschea, situata a nord del palazzo, presenta una sala rettangolare di 16 metri per 5 a cui si accede attraverso un cortile rettangolare di 17 metri per 10. È costruita con la stessa pietra del palazzo e ha la sua stessa forma e dimensioni. Il minareto alto 6 metri, che è collegato all’angolo nord-occidentale della moschea e presenta una scala a chiocciola di 6 metri di diametro, è forse il più antico rimasto nell’Islam. Si ritiene che il tetto del santuario interno alla moschea sia stato inizialmente di legno, successivamente sostituito da una volta a botte in pietra. I muri originariamente sottili furono quindi allargati per sostenere il peso e la spinta laterale della nuova copertura. Il cimitero, il più antico luogo di sepoltura musulmano in Giordania, è situato a sud-ovest del palazzo. Le diverse lapidi con iscrizioni appartenenti ai periodi omayyade e abbaside rimaste integre sono ora esposte al Museo archeologico di Madaba. È interessante notare come le tombe precedenti fossero orientate verso Gerusalemme. I sistemi di raccolta dell’acqua comprendono una diga situata circa un chilometro a est del palazzo. Essa era costituita da un muro lungo 400 metri e spesso 4,30. Una cisterna che misura 30 x 22 x Al-Qastal, corridoio del palazzo, al-Bâdiya. 113 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Qasr al-Mushatta, veduta complessiva, al-Bâdiya. Qasr al-Mushatta, al-Bâdiya (Grabar, 1973). 6 metri si trova a circa un chilometro a nord-ovest del palazzo, mentre altre 70 cisterne più piccole sono disseminate per tutta l’area. Sebbene sia stato stabilito che la maggior parte del complesso sia risalente al periodo omayyade, è in corso un acceso dibattito sulla sua datazione esatta. Un riferimento contenuto in un resoconto storico successivo dà credito all’ipotesi che il complesso sia stato completato prima del 126/744, ma il periodo di costruzione vero e proprio è di difficile determinazione. Il complesso fu inoltre riutilizzato come zona abitativa tra il VI/XII e il X/XVI secolo, durante l’epoca ayyubide e mamelucca, e alcune aggiunte minori risalgono a quel periodo. M. A. 114 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Qasr al-Mushatta, veduta della sala basilicale di fronte alla sala del trono, al-Bâdiya. III.1.b Qasr al-Mushatta Il monumento è molto vicino all’aeroporto internazionale Queen Alia e si trova a circa 35 chilometri da Amman. Venendo da al-Qastal in auto, si deve proseguire lungo la strada per l’aeroporto e girare a destra all’altezza dell’albergo dell’aeroporto. Con i suoi 144 metri di lunghezza per ciascuno dei suoi lati, Qasr al-Mushatta è il più vasto palazzo omayyade della Giordania. Il complesso, che comprende una sala delle udienze, una sala del trono, una piccola moschea e la zona abitativa, non fu mai completato e alcune parti vennero distrutte da disastri naturali come terremoti. Le mura esterne, spesse 1,7 metri, sono tuttora alte dai 3 ai 5,50 metri. Una Qasr al-Mushatta, veduta del muro in mattoni, al-Bâdiya. 115 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya consistente sezione della facciata sud, con le sue meravigliose ed elaborate incisioni a rilievo, fu portata a Berlino nella prima metà del Novecento. Fortunatamente, le vestigia rimaste sul posto testimoniano ancora l’originario splendore di questo maestoso monumento. Mentre i corsi inferiori delle mura sono di pietra, le parti superiori, le mura interne e il tetto a volta sono realizzate in mattoni cotti. Le mura esterne sono interrotte da 21 torri semicircolari e quattro torri angolari a sezione quasi circolare. Le enormi torri angolari hanno un diametro di 7 metri, mentre quelle semicircolari sono leggermente più piccole (5,25 metri di diametro). Sebbene facciano pensare a un palazzo fortificato, le torri non furono concepite a scopo difensivo poiché quattro di esse servivano da latrine e le altre erano piene. Il complesso è diviso in tre sezioni orientate lungo un asse nord-sud. La costruzione sui due lati non fu mai iniziata, ma la sezione centrale fu in parte completata. Questa porzione è ulteriormente divisa in tre aree con un cortile centrale, una sezione meridionale e una settentrionale. Ciascuna di queste sezioni è poi ripartita in tre unità più piccole, alcune delle quali nuovamente suddivise in tre unità. La parte meridionale comprende la zona abitativa e una moschea, identificata come tale grazie alla nicchia orientata in direzione della Mecca. La sezione set- 116 tentrionale finisce con una sala del trono disposta in maniera assiale. La stanza triabsidata è preceduta da una sala a forma di basilica con un ingresso a tripla arcata. Il progetto, i metodi di costruzione e i dettagli architettonici della struttura mostrano una combinazione di influenze bizantine e sasanidi-persiane. L’uso della pietra nelle mura esterne è un elemento comune nell’architettura bizantina, mentre l’uso di mattoni per le mura interne e le volte è una caratteristica sasanide. Questa doppia influenza risulta evidente anche nella decorazione della facciata sud (cfr. di seguito La facciata di al-Mushatta a Berlino). Per le sue notevoli dimensioni, il palazzo si distingue dagli altri complessi omayyadi, notevolmente più ridotti. Apparentemente concepito per ospitare un gran numero di persone, forse l’intera corte omayyade, fu anche destinato alla celebrazione di cerimonie grandiose, come dimostra l’incorporazione della sala del trono e di quella a forma di basilica. Secondo diversi studiosi, il committente di al-Mushatta sarebbe stato il califfo omayyade al-Walîd II. Benché non esistano prove a sostegno di questa teoria, è opportuno ricordare che nel suo breve regno durato meno di un anno, dal 125/743 al 126/744, al-Walîd II si era già distinto come un mecenate prolifico. M. A. LA FACCIATA DI AL-MUSHATTA A BERLINO Mohammad al-Asad Facciata di al-Mushatta, Museo Pergamon (Num. Ref. 743/44 n. Chr.), Berlino. Una parte considerevole della facciata meridionale di al-Mushatta, comprensiva tra l’altro dell’ingresso principale, è conservata negli Staatliche Museen di Berlino (Pergamonmuseum). Il sultano ottomano Abdülhamid (1293/1876-1327/1909) l’aveva infatti donata al kaiser Guglielmo II (1888-1918). La facciata, che raggiunge un’altezza di 3,80 metri, fu quindi smantellata dagli archeologi tedeschi che la trasportarono a Berlino via mare. Molto probabilmente la linea ferroviaria dell’Hijâz, che gli ottomani stavano costruendo con l’assistenza tecnica dei tedeschi, passava già nei pressi di al-Mushatta. Ciò facilitò il trasporto della facciata in treno fino al porto mediterraneo di Haifa e poi l’imbarco per la Germania, dove sarebbe stata riassemblata e poi esposta a Berlino. La facciata è divisa in sezioni triangolari che misurano circa 2,85 metri di altezza e 2,50 di larghezza alla base. Al centro di ciascun triangolo spicca un’ampia roset- ta. La facciata è sontuosamente ornata da fregi di animali e motivi vegetali. La decorazione dei triangoli sulla destra della porta principale differisce notevolmente da quella dei triangoli di sinistra, sia nello stile che nell’esecuzione, ed è stato ipotizzato che ciò sia dovuto al lavoro di diverse équipe di scultori. La facciata di fronte alla moschea, decorata con motivi vegetali, non comprende immagini animali, nel rispetto della già invalsa tradizione musulmana di non rappresentare esseri viventi nelle moschee. L’ornamentazione della facciata fu scolpita dopo la costruzione e la decorazione dei blocchi non fu mai completata. Alcuni dei motivi vegetali rivelano influenze stilistiche copte, mentre l’iconografia persiana è riconoscibile dall’uso di animali mitologici tratti dall’arte sasanide. Non è improbabile che alcuni degli artisti fossero stati reclutati dall’Egitto e dall’Iran. 117 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Alois Musil, esistevano ancora alcune vestigia. Quando lo storico dell’architettura K.A.C. Creswell si recò sul posto nei primi anni Sessanta, molto di ciò che avevano visto i primi visitatori era andato distrutto, ad eccezione di alcune strutture sotterranee a volta che sono sopravvissute fino a oggi. Il reperto più importante del complesso omayyade è costituito da un ampio serbatoio ancora in uso. Esso veniva probabilmente utilizzato dagli abitanti locali e dalle carovane che attraversavano la zona. Alcuni dei capitelli ornati che coronavano le colonne e recavano una trabeazione sono stati recuperati dal sito e portati in diversi musei. Uno di questi capitelli, oggi conservato nel Museo archeologico della cittadella di Amman, è di notevole importanza: appartiene infatti a una colonna, conservatasi in parte, che veniva usata per misurare il livello dell’acqua nel serbatoio. Secondo l’iscrizione araba incisa sul capitello, il serbatoio fu costruito per ordine del califfo Yazîd II nel 103/722- 104/723. M. A. Capitello con iscrizioni cufiche dal serbatoio idrico di al-Muwaqqar, Museo archeologico giordano (Num. Inv. J 5085), Amman. III.1.c Serbatoio d’acqua di al-Muwaqqar Il serbatoio si trova circa 20 chilometri a est di Amman. Da al-Mushatta, si torna indietro per la strada orientale che conduce ad Amman e si segue la strada di Sahab Azraq che arriva direttamente al sito. Gli edifici di al-Muwaqqar sono andati quasi completamente distrutti. All’inizio del secolo, quando il sito venne visitato dai primi viaggiatori e orientalisti come 118 III.1.d Qasr al-Kharrâna È situato 55 chilometri a est di Amman, lungo la strada per Azraq. Da al-Muwaqqar, proseguire sulla strada per Azraq. I visitatori saranno accolti con la tipica ospitalità giordana nella tenda beduina vicino al sito. Qasr al-Kharrâna è un edificio quadrato a due piani relativamente ben conservato che misura circa 36,50 metri per 35,50. PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Le stanze, decorate con stucchi, sono disposte intorno a un cortile con una cisterna sottostante. Alle due sale rettangolari (circa 13 metri per 8) poste sul lato meridionale o frontale, divise dal corridoio d’ingresso, sono annesse delle stanzette. Due scalinate interne, direttamente opposte al lato est e ovest, conducono al piano superiore. Il qasr, fatto di pietrame grezzo, era ricoperto da uno strato di malta. I quattro angoli sono interrrotti da torri rotonde a tre quarti, mentre una torre circolare segna la metà delle facciate nord, est e ovest. Due torri a un quarto di cerchio fiancheggiano la porta d’ingresso al centro della facciata sud. La facciata della struttura è animata da mattoni disposti in diagonale secondo un disegno a spina di pesce che, a mo’ di fregio, orna la parte superiore dell’edificio. Benché l’aspetto esteriore di Qasr alKharrâna ricordi quello di una fortezza, l’edificio non fu usato per scopi militari. Le torri e le numerose feritoie nelle facciate esterne sono ornamentali, perché le prime sono piene e le seconde si trovano troppo in alto per poter essere utilizzate dagli arcieri. Il qasr mostra un’influenza persiana nei metodi di costruzione (pietrisco rivestito di malta) e nella decorazione (rifiniture di stucco). Questo elemento ha convinto Creswell che non si tratta di un edificio omayyade, bensì di una struttura sasanide o persiana che risalirebbe all’occupazione sasanide della zona dal 614 al 6/628. Non risulta, tuttavia, che durante l’occupazione i persiani abbiano realizzato programmi edilizi. D’altro canto, l’idea di simulare un edificio fortificato e il fatto Qasr al-Kharrâna, pianta del piano terra, prima del 91/710, al-Bâdiya (Urice, 1987). Qasr al-Kharrâna, pianta del piano superiore, prima del 91/710, al-Bâdiya (Urice, 1987). 119 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Qasr al-Kharrâna, veduta d’insieme, al-Bâdiya. 92/24 novembre 710, il che indica chiaramente che l’edificio era stato eretto prima o intorno a quel periodo. Si è però molto dibattuto sulla datazione esatta e, mentre alcuni hanno attribuito la costruzione al regno di al-Walîd I (86/70596/715), altri la fanno risalire a prima del 65/685. Quest’ultima data corrobora l’ipotesi che il qasr sia l’unico palazzo premarwanide omayyade giunto fino a noi. Quanto alla funzione principale di Qasr alKharrâna, è stato stabilito che esso veniva usato come luogo di riunione tra i principi omayyadi e i capi delle tribù locali. M. A. Qasr al-Kharrâna, sala interna, al-Bâdiya. che le strutture difensive in questione non fossero funzionali sono caratteristici di altri palazzi omayyadi, come ad esempio al-Mushatta. In un graffito rinvenuto nel qasr è presente un riferimento preciso al 27 Muharram 120 III.1.e Qusayr ‘Amra È situato 80 chilometri a est di Amman e 16 chilometri a est di Kharrâna. Per raggiunge- PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Qusayr ‘Amra, stanza della fornace dietro il calidarium, al-Bâdiya. re il sito da al- Kharrâna, proseguire lungo la strada per Azraq. Una tenda beduina fornisce un riparo ombroso nei pressi del sito e dà l’occasione di conoscere l’ospitalità giordana. Il termine qusayr è il diminutivo di qasr, che (come la parola castello) deriva dal latino castrum. Questo palazzo relativamente piccolo e ben conservato contiene una sala delle udienze e un complesso termale. Un sistema idraulico con una ruota ad acqua azionata dalla forza di un animale, un pozzo circolare di pietra profondo 40 metri e una cisterna forniscono acqua in abbondanza. Recenti scavi hanno portato alla luce altri edifici circa 300 metri a nord-ovest della residenza principale che, insieme all’impianto idraulico, facevano parte di un vasto complesso. Le vestigia riportate alla luce consistono in un altro castelletto con stanze disposte intorno a un cortile, una torre di guardia e un secondo sistema idraulico simile al primo. Sono stati inoltre trovati muri di contenimento volti a prevenire l’erosione della superficie arabile in un terreno agricolo. Qusayr ‘Amra, dopo il 92/711, al-Bâdiya (Grabar, 1973). 121 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Qusayr ‘Amra, dipinto dello Zodiaco sulla cupola del calidarium, al-Bâdiya, (J.L.Nou). Qusayr ‘Amra, dipinto dei Sei Re, al-Bâdiya, (J.L.Nou). 122 L’esterno di Qusayr ‘Amra corrisponde esattamente alla disposizione spaziale dell’interno. La sala delle udienze rettangolare relativamente piccola, che misura circa 8,50 metri per 7,50, è delimitata a sud da una serie di tre stanzette. La sala contiene tre navate con volte a botte separate l’una dall’altra da due archi obliqui leggermente acuti, uno dei primi esempi di questo tipo nell’architettura islamica. Le terme sul lato orientale della sala delle udienze sono composte da tre stanzette. La prima è uno spogliatoio (apodyterium) con volta a botte che conduce al tepidarium; quest’ultimo, coperto da una volta a crociera e dotato di un soffitto rialzato per permettere la circolazione dell’aria calda, conduce a sua volta al calidarium, che reca una cupola su pennacchi con quattro finestre. Un corridoio in cima al quale era posto un serbatoio d’acqua connette il calidarium con una zona cinta da mura contenente una fornace. Condotti di ceramica collegavano i serbatoi alle terme e canali di scolo portavano l’acqua usata dalle terme a un bacino situato nelle vicinanze. In due delle stanzette annesse alla sala delle udienze sono stati rinvenuti pavimenti musivi. Altre stanze erano pavimentate con marmo, usato anche per rivestire i muri fino a un’altezza di 80 centimetri. La particolarità del palazzo risiede comunque negli affreschi, che ricoprono gran parte dei muri e dei soffitti. Si tratta della più estesa superficie pittorica rimasta appartenente a un edificio secolare precedente al periodo romanico. Le raffigurazioni trattano una vasta gamma di soggetti: nella sala dei ricevimenti compaiono scene di caccia, nudi femminili e atleti in movimento; vi sono inoltre scene di artigiani all’opera quali fabbri, carpentieri, scalpellini e tagliapietre. In uno dei dipinti, un sovrano, forse il proprietario del palazzo, è circondato da uccelli e fiancheggiato da due servitori e personificazioni della poesia, della storia e della filosofia. PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Bâdiya Un famoso affresco situato nel complesso termale rappresenta le costellazioni dell’emisfero settentrionale con i segni dello zodiaco; l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore adornano la cupola del calidarium. L’affresco più famoso è comunque il “dipinto dei Sei Re”, posto all’estremità meridionale del muro occidentale. Esso rappresenta il califfo omayyade circondato da sei sovrani, identificati con l’imperatore bizantino, gli imperatori di Cina e di Persia, il re visigoto di Spagna, il re dell’Abissinia e un re turco o indù. Il dipinto è stato interpretato come una rappresentazione simbolica della famiglia reale a cui appartiene la dinastia omayyade. Il soggetto esprime la superiorità del califfo omayyade, che accetta il tributo resogli dai più importanti regnanti del mondo. L’influenza dell’arte greca in numerosi di questi dipinti è riconoscibile dal soggetto e dalla presenza di alcune iscrizioni in greco. Lo storico Glen Bowersock ha osservato che in Qusayr ‘Amra «... a parte l’architettura degli edifici stessi, pochi segnali indicano che la regione è saldamente in mano a un’amministrazione islamica», aggiungendo tuttavia che ci troviamo di fronte a un «ellenismo indigeno e non straniero». Alcune delle scene di caccia potrebbero corrispondere a questa interpretazione, poiché sembrano ispirarsi a tradizioni di una cultura nomade locale che precedono qualunque influenza greca. Qusayr ‘Amra è stato attribuito ad alWalîd I (86/705-96/715), sotto il cui regno il potere omayyade raggiunse il suo Qusayr ‘Amra, particolare del dipinto dei Sei Re, al-Bâdiya, (J.L.Nou). apice. L’attribuzione è basata principalmente sullo studio del dipinto dei Sei Re. È stato infatti ipotizzato che la maggior parte delle figure presenti sul dipinto rappresentino sovrani (o loro discendenti, come nel caso del re di Persia) sconfitti da al-Walîd. Il breve governo del re visigoto di Spagna Roderico, durato dal 91/710 al 92/711, fu bruscamente interrotto quando questi fu sconfitto e ucciso dalle truppe dei conquistatori musulmani durante il regno di al-Walîd. Se l’interpretazione del dipinto è corretta, la sconfitta di Roderico fornisce la data di costruzione di Qusayr ‘Amra, in quanto il palazzo non avrebbe potuto essere costruito prima del 92/711. M. A. 123 OPULENZA E DIVERTIMENTI DEI CALIFFI Mohammad al-Asad Qusayr ‘Amra, dipinto del complesso termale raffigurante un orso che suona il liuto, al-Bâdiya. 124 I palazzi giunti fino a noi dal periodo omayyade forniscono una testimonianza dello stile di vita sfarzoso che i principi omayyadi esprimevano nell’arte e nell’architettura. Il riflesso di tale opulenza è riscontrabile nei pavimenti musivi e nelle sculture in stucco di Khirbat alMafjar, nelle pitture murali di Qusayr ‘Amra e nell’imponente sala basilicale culminante nella sala del trono triabsidata di Qasr al-Mushatta. Gran parte delle nostre conoscenze sullo stile di vita degli omayyadi proviene tuttavia dalle fonti letterarie, le più antiche delle quali risalgono a circa un secolo e mezzo dopo la caduta della dinastia. Due fonti sono particolarmente rilevanti. La prima è il Kitâb al-Aghânî, “Il Libro dei Canti”, redatto da Abû al-Faraj alIsfahânî (284/897-356/967). Quest’opera in 24 volumi consiste principalmente in un’antologia di canzoni e poesie popolari della Baghdad del IV/X secolo, ma fornisce anche informazioni sugli usi e i costumi delle corti omayyade e abbaside. La seconda fonte è al-’Iqd al-Farîd, “La meravigliosa collana”, scritto da Ibn ‘Abd al-Rabbihi (300/913 circa). Si tratta di una raccolta di scritti concepiti per fornire nozioni specifiche a un gentiluomo dell’epoca, ma comprende anche dati riguardanti la vita in una corte omayyade. Caso piuttosto raro, entrambi gli autori sembrano proporre un’immagine positiva della dinastia. Il fatto che al-Isfahânî, benché musulmano sciita, fosse un discendente della famiglia omayyade e Ibn ‘Abd alRabbihi fosse legato alla corte omayyade spagnola a Cordova, ha forse influenzato la loro opinione, opposta all’atteggiamento generalmente negativo dimostrato dai loro contemporanei. Nonostante questo, il periodo che li separa dagli omayyadi di Siria fa sorgere qualche dubbio sulla veridicità dei loro racconti. Il Kitâb al-Aghânî e al-‘Iqd al-Farîd ci ricordano che ascoltare canzoni (e a volte partecipare al canto) era uno dei passatempi preferiti dei principi omayyadi. Si dice che fu Yazîd I, il secondo califfo omayyade, egli stesso compositore, a introdurre a corte il canto e gli strumenti musicali. Alcuni degli artisti che si esibivano nei palazzi omayyadi riscossero grande successo e uno di essi, Ma‘bad Ibn Wahab (m. 125/743744) di Medina, divenne il favorito alle corti di al-Walîd I, Yazîd II e al-Walîd II. Yazîd II era appassionato ammiratore di due artiste, Habbaba e Sallama, entrambe allieve di Ma‘bad. Al-Walîd II non si divertiva solo ad ascoltare, ma componeva a sua volta canzoni e suonava il liuto. L’età d’oro della canzone araba, tuttavia, cominciò dopo la caduta della dinastia omayyade. Il più grande cantante arabo è probabilmente Zîryâb (m. 236/850 circa), un liberto che iniziò a esibirsi alla corte abbaside di Baghdad. Il suo eccezionale talento suscitò la gelosia dei suoi rivali e gli intrighi intessuti contro di lui a corte lo costrinsero a lasciare Baghdad. Finì col trasferirsi a Cordova, capitale di al-Andalus (Spagna musulmana), dove entrò a servizio del sovrano omayyade spagnolo ‘Abd al-Rahmân II (206/822-238/852). A quanto pare, fu proprio Zîryâb che introdusse le raffinate tradizioni musicali di Baghdad a Cordova e inventò uno stile musicale andaluso. Egli fondò i primi conservatori in Spagna ed essendo una persona raffinata e colta, divenne il favorito della corte spagnola omayyade ed ebbe un proprio gruppo di seguaci. Sappiamo inoltre che il suo contributo alla vita di corte spaziò dall’introduzione di nuove acconciature e dalla creazione di nuovi piatti culinari al raffinamento dell’etichetta. Riserve di Al-Azraq Le riserve e l’antico sito si trovano 110 chilometri a est di Amman e 28 chilometri da ‘Amra e sono visitabili tutta la giornata. Per informazioni: Royal Society for the Conservation of Nature, 06-5334610 o ufficio turistico di al-Azraq, 05-3835225. La Riserva di al-Shawmari si trova dieci chilometri a sud di Azraq ed è aperta dalle 7.30 alle 18. L’area protetta, che si estende per una superficie di 22 chilometri quadrati, è una delle prime a essere state istituite nella regione. La riserva naturale è anche un luogo ideale per la reintroduzione di specie indigene estinte. La Riserva della palude di al-Azraq è un’oasi ma è consigliabile informarsi prima di visitarla perché può essere secca a seconda del clima. Essa protegge il fragile ecosistema della palude, che è luogo di riposo e riserva di cibo per gli uccelli che vi si radunano durante la migrazione verso l’Africa. La palude è tuttavia in costante pericolo di estinzione per via dei lunghi periodi di siccità e la diminuzione di acqua. L’assenza di acque superficiali riduce l’estensione delle paludi e molti stormi sono stati costretti a lasciare la riserva per mancanza di cibo. La Riserva di al-Shawmari e la Riserva della palude sono aree protette di notevole bellezza, in cui i visitatori possono ancora apprezzare la flora e la fauna locali facendosi un’idea della ricchezza e della varietà di specie che un tempo popolavano la regione. 125 PERCORSO III Palazzi omayyadi Mohammad al-Asad, Ghazi Bisheh Secondo giorno III.2 WÂDÎ AL-DHLAYL III.2.a Hammâm al-Sarah III.2.b Qasr al-Hallâbât Acqua e irrigazione III.3 AL-FUDAYN (MAFRAQ) III.4 UMM AL-JIMAL 126 PERCORSO III Palazzi omayyadi Wâdî al-Dhlayl Hammâm al-Sarah, sec. II/VIII, Wâdî al-Dhlayl (Creswell, 1958). Hammâm al-Sarah, veduta dell’interno, Wâdî al-Dhlayl. III.2 WÂDÎ AL-DHLAYL III.2.a Hammâm al-Sarah Si trova circa 55 chilometri a nord-est di Amman e 2 chilometri a sud-est di Qasr alHallâbât. Per raggiungere Hammâm al-Sarah da Azraq, prendere la strada principale tra Azraq e Zarqa in direzione nord. La pianta del complesso è sorprendentemente simile a quella di Qusayr ‘Amra, benché l’opera in muratura sia più rifinita e i corsi più strettamente uniti. Come ‘Amra, è composta da tre elementi principali: la sala delle udienze, il complesso termale e le strutture idrauliche. A questi elementi può essere aggiunta una moschea senza tetto di recente costruzione. L’accesso alle terme avveniva tramite una porta posta al centro del muro meridionale; l’ingresso era attraversato da un unico architrave monolitico scolpito con una tabula ansata e due ghirlande intrecciate. La sala delle udienze era sormontata da tre volte a botte poggiate sui muri laterali e due archi obliqui intermedi che insistono su due pilastri incassati. Sul lato nord-orientale della sala si trovava una fontana che riceveva acqua dal serbatoio situato a est. Sul retro della navata centrale è presente un’alcova; sul lato destro e sinistro, due porte si aprono su stanze laterali pavimentate con mosaici policromi. Dietro alle stanze laterali, negli angoli esterni, due rientranze rettangolari, che 127 PERCORSO III Palazzi omayyadi Wâdî al-Dhlayl Hammâm al-Sarah, ipocausto, Wâdî al-Dhlayl. chiaramente fungevano da latrine, formano salienti sul muro orientale. Una porta nell’angolo nord-occidentale della sala delle udienze porta nello spogliatoio (apodyterium) con volta a botte. Nel centro del muro orientale si apre un’altra porta che conduce al tepidarium con volta a croce. Nel lato opposto della stanza, di fronte all’ingresso, si trova una rientranza quasi quadrata anch’essa coperta da una volta a botte. Nella parte superiore del muro meridionale, tre scanalature verticali che, attraverso il tetto, si estendono all’esterno, erano destinate a ospitare condotti di ceramica che fungevano da canne fumarie. Il pavimento della stanza era sostenuto da 25 supporti fatti di mattoni circolari. Una porta nel cen128 tro del muro occidentale conduce al calidarium. A destra e a sinistra si trovano due rientranze semicircolari sormontate da semicupole; i muri delle rientranze, che formavano una vasca in cui ci si poteva cospargere d’acqua, sono disseminati di piccoli fori su cui era applicato l’originario rivestimento in marmo. Il calidarium era coperto da una cupola sferica con 19 nervature composte da pezzi di scisto modellati a forma di cuneo. L’ipocausto è costituito da 16 supporti disposti in quattro file. Sul lato nord si trova un passaggio con volta a botte e sul lato opposto la caldaia. Il passaggio a volta si apriva su una zona esterna cinta da mura, che serviva da deposito per il materiale combustibile. PERCORSO III Palazzi omayyadi Wâdî al-Dhlayl A est delle terme vere e proprie, si trovano le strutture idrauliche, composte di tre elementi principali: un serbatoio quadrato rialzato che consentiva all’acqua di defluire, un pozzo di 5 metri di diametro in muratura a corsi e una struttura rotonda costituita principalmente da pietrisco e pietre di forma grossolani. Serviva come spazio intorno al quale la bestia da soma girava per azionare il sistema di pompaggio dell’acqua (sâqiya) e far passare questa dal pozzo al serbatoio. Va infine sottolineato che Hammâm al-Sarah non dovrebbe essere inteso come monumento isolato, ma andrebbe messo in relazione con Qasr al-Hallâbât, ricostruito nel periodo omayyade (cfr. Qasr al-Hallâbât). G. B. golare cinto da mura, dotato di un elaborato sistema di canali con chiuse, e un gruppo di case costruite semplicemente, che si estendono a nord-ovest del serbatoio. A queste unità dovrebbe aggiungersi il complesso termale di Hammâm al-Sarah (cfr. Hammâm alSarah), situato 2 chilometri a est del castello. La pianta del castello presenta lati lunghi 44 metri, con torri quadrate angolari che sporgono dalla facciata del muro di cinta. L’accesso all’edificio avviene attraverso un’unica porta che, posta al centro del muro orientale, si apre su un passaggio che conduce a un cortile esterno pavimentato con lastre di pietra. In origine il cortile era circondato da un portico perché l’intonaco di cui erano rivestiti i muri posti di fronte a esso ha conservato in alcuni punti deboli tracce di dipinti mar- Qasr al-Hallâbât, Wâdî al-Dhlayl (Piccirillo, 1986). III.2.b Qasr al-Hallâbât Si trova 65 chilometri a est di Amman, 30 chilometri a est di Zarqa e circa 18 chilometri dal punto più vicino (a nord-ovest) della Via Nova Traiana. Il sito può essere raggiunto da Hammâm al-Sarah seguendo la stessa strada tra Azraq e Zarqa in direzione nord. Entrambi i siti sono aperti tutto il giorno; l’ingresso è libero. Il sito di Qasr al-Hallâbât comprende un agglomerato di unità separate e poste a grande distanza l’una dall’altra. Esse includono: un qasr (castello), una moschea, un grande serbatoio e otto cisterne scavate nel pendio occidentale. Nel pianoro accanto al serbatoio si trovava un terreno agricolo di forma irre129 PERCORSO III Palazzi omayyadi Wâdî al-Dhlayl rone scuro. Una serie di stanze oblunghe e semiquadrate circondano tre lati del cortile centrale. La parte nord-occidentale è occupata da una struttura interna, anch’essa composta da un cortile centrale circondato, su tutti i lati a parte quello sud, da diverse stanze. Questa sezio- Qasr al-Hallâbât, particolare dell’ingresso della moschea, Wâdî al-Dhlayl. 130 ne, divisa dal resto dell’edificio, conteneva una piccola pressa per il vino e fungeva forse da ala per i domestici. In ciascuno dei due cortili si trova una cisterna. Sono state rinvenute due iscrizioni relative alle diverse fasi architettoniche del palazzo: una, risalente al 212, è in latino e si riferisce alla costruzione del Novum Castellum; l’altra è in greco e risale all’anno 529. Gli scavi e i lavori di sgombero all’interno del castello hanno portato alla luce altre 142 iscrizioni greche, oltre a 2 iscrizioni nabatee, una safaitica e una in armeno moderno. La maggior parte delle iscrizioni greche, incise su pietra basaltica di forma regolare, appartengono a un editto promulgato dall’imperatore bizantino Anastasio (491-518) per la riorganizzazione amministrativa ed economica della Provincia Arabia. Molto probabilmente tutte le pietre incise provenivano da un insediamento vicino, forse Umm alJimal, e furono poi riutilizzate come materiale edilizio durante la ricostruzione omayyade del castello. In questa fase, il castello fu dotato di elaborate decorazioni in stucco scolpito, affreschi e mosaici colorati, e trasformato quindi da edificio fortificato in palazzo. La trasformazione fu accompagnata da un notevole sviluppo del sito, riscontrabile nella presenza di nuovi monumenti come la moschea extra-muros, il terreno agricolo cinto da mura con l’elaborato sistema di irrigazione e il complesso termale di Hammâm al-Sarah. G. B. ACQUA E IRRIGAZIONE Ghazi Bisheh La Giordania raggiunse il massimo grado di sviluppo economico nel periodo bizantino, durante il quale il paese conobbe una fase di ruralizzazione. Le ricerche archeologiche mostrano che il numero di insediamenti rurali nel periodo bizantino fu più alto che in qualunque altra epoca precedente. Lo sviluppo delle campagne avveniva probabilmente a discapito delle città, ridotte per dimensioni e numero di abitanti. Gli ultimi decenni del regno bizantino, segnati da continui conflitti con i sasanidi, furono tuttavia un periodo di regressione, anche se la costruzione di chiese non subì arresti. Le fonti arabe sulle attività agricole in Giordania durante il primo periodo islamico sono purtroppo frammentarie e non bastano a fornire un quadro chiaro e globale della dinamica dello sviluppo agricolo. Questa insufficienza è tuttavia compensata dalle prove archeologiche ed epigrafiche, dalle quali risulta che i califfi omayyadi e i membri della famiglia regnante avevano finanziato progetti finalizzati alla raccolta di acqua nell’ambito di una più vasta politica di bonifica del territorio. Lo studioso francese Jean Sauvaget ha osservato che i cosiddetti “castelli del deserto” (alQastal, al-Muwaqqar, al-Mushatta, Qusayr ‘Amra) erano costantemente dotati di strutture idrauliche quali cisterne, serbatoi, dighe e acquedotti, e ha ipotizzato che questi edifici fossero centri agricoli. Tali strutture, quindi, non sarebbero servite semplicemente a fornire acqua al palazzo, ma anche a irrigare campi e giardini. Il paesaggio nelle immediate vicinanze di al-Qastal, al-Muwaqqar, al-Mushatta e al-Hallâbât è disseminato di cisterne scavate nella roccia calcarea. Solide dighe sono presenti ad al-Qastal e ad al-Qanatir (cfr. al-Qanatir), situati a metà strada tra al-Qastal e Umm al-Walid. Secondo un’iscrizione araba, la costruzione del serbatoio di al-Muwaqqar fu Diga sud-orientale, al-Qanatir. 131 voluta da Yazîd I. La fortezza preislamica di al-Hallâbât fu trasformata in una lussuosa dimora dotata di ampie decorazioni musive, stucchi scolpiti e affreschi. Questa trasformazione fu accompagnata dall’introduzione di nuove strutture: un complesso termale (Hammâm al-Sarah), una moschea extra-muros, un enorme serbatoio e numerose cisterne sotterranee. Circa 400 metri a ovest del qasr, fu realizzata una recinzione agricola (270 x 220 metri) dotata di un elaborato sistema di canali per la distribuzione dell’acqua alle sezioni rettangolari poste al suo interno. Un nipote del califfo ‘Uthmân Ibn ‘Affân era proprietario di al-Fudayn (cfr. alFudayn) e di ampi appezzamenti di terreno nella zona circostante. A differenza dell’Iraq, dove gli investimenti nei sistemi di irrigazione furono stanziati in concomitanza alla fondazione di nuove città (Amsâr) come Basra, Kufa e Wasit, in Siria i ricchi investitori arabi preferivano sfruttare terreni liberi e nuove terre forse per Diga nord-occidentale, al-Qanatir. 132 evitare le richieste di proprietari terrieri e contadini e beneficiare di agevolazioni fiscali. In effetti, poiché i terreni non utilizzati erano soggetti al pagamento della decima (‘ushr) invece della più alta imposta fondiaria (kharaj), essi offrivano agli investitori privati una possibilità di guadagno maggiore. Così membri della famiglia regnante, capi tribù e alti ufficiali cominciarono a cercare di ricavare redditi dalla bonifica di zone desertiche (mawat), generando un’espansione dell’attività agricola nelle aree marginali. Secondo una fonte araba che descrive i tratti dominanti di ciascun califfo omayyade, la caratteristica principale di al-Walîd I (86/705-96/715) sarebbe stata la passione per la costruzione dei sistemi di irrigazione e l’acquisizione di nuovi possedimenti. Durante il suo regno, la popolazione continuò ad accumulare avidamente terreni e proprietà, confermando il detto arabo secondo il quale «il popolo segue la religione dei suoi capi». PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Fudayn (Mafraq) Terme, al-Fudayn (Mafraq). III.3 AL-FUDAYN (MAFRAQ) Il sito, ubicato nella moderna Mafraq dove la strada si biforca a nord verso la Siria e a est verso l’Iraq, si trova circa 70 chilometri a nord-est di Amman e può essere raggiunto in auto da Qasr al-Hallâbât andando in direzione di Zarqa e poi a nord verso alMafraq. Per informazioni: ufficio del Dipartimento delle Antichità a Mafraq, 02 6231885. A quanto pare, essa andò distrutta nell’ VIII secolo a.C., forse in seguito alla campagna militare del re assiro TiglathPileser nel 732 a.C. Nel periodo bizantino il sito ospitò un complesso monastico (al-Samra), poi trasformato in palazzo nel periodo omayyade. Le vestigia, di forma rettangolare (180 x 60 metri), sono composte da tre unità architettoniche: Al-Fudayn, (per gent. conc. di A. Husan). La parola al-Fudayn, diminutivo di Fadan, ha origine aramaica e significa «muro alto» o «edificio elevato». La prima occupazione del sito risale al Neolitico e all’Età del Bronzo. Nell’Età del Ferro, probabilmente nel IX secolo a.C., fu eretta una struttura fortificata di 70 metri per 50, finalizzata a difendere la zona dagli attacchi dei nomadi. 133 PERCORSO III Palazzi omayyadi Al-Fudayn (Mafraq) –una struttura rettangolare (70 x 47 metri) circondata da solide mura costituite da blocchi giganteschi, alcuni dei quali pesano fino a 5 tonnellate. All’interno, la pianta è costituita da un cortile centrale con una serie di stanze addossate alla cinta muraria. L’angolo nord-occidentale è occupato da una cappella con pavimento musivo. A sud di essa si trova un corridoio, a quanto pare un’aggiunta risalente al periodo omayyade. Qui fu trovato un nascondiglio con forme di animali in ferro, tra cui un elefante e un ariete. Il nascondiglio conteneva anche un braciere in bronzo, un incensiere e numerosi vasi in steatite. –Una struttura di 40 metri quadrati con un cortile centrale fiancheggiato da stanze di varie dimensioni. Questa unità, l’abitazione del proprietario di al-Fudayn, era dotata sul lato nord di terme com- Terme,ipocausto, al-Fudayn, (Mafraq). 134 plete di fornace, ipocausto, natatio, tepidarium e calidarium, spogliatoio e sala per il relax. A sud si trovava una moschea, la cui complessa storia riflette le modifiche introdotte nella pianta originale. Il muro a sud (qibla) era rivestito da pannelli di stucco, risalenti forse al primo periodo abbaside. –Infine, una piccola struttura quadrata di 20 metri per 20 di costruzione leggermente tarda. Le fonti arabe forniscono numerose informazioni sulla storia e i proprietari di al-Fudayn. Questa tenuta agricola fu acquistata da Khâlid Ibn Yazîd Ibn Mu’âwiya in cambio di al-Khadra’, il palazzo di Damasco dalla cupola verde. Più tardi fu trasferita a Sâ’id Ibn Khâlid Ibn ‘Amr Ibn ‘Uthmân, un pronipote del terzo califfo ortodosso. Il nuovo proprietario era estremamente ricco e oltre ad al-Fudayn, possedeva vaste tenute e PERCORSO III Palazzi omayyadi Umm al-Jimal immobili a Damasco. Una delle figlie di Sâ’id fu data in sposa al califfo Hishâm Ibn ‘Abd al-Malik, mentre un’altra figlia di nome Sa‘da sposò al-Walîd II, ma morì prima che questi potesse accedere al califfato. Al-Walîd II sposò allora la sorella di Sa‘da, Salma, che sarebbe morta prima dell’assassinio del marito. A quanto pare, la proprietà di al-Fudayn rimase nelle mani dei discendenti di Sâ‘id fino alla fine del II-inizio III secolo/primo quarto del IX. Durante il regno del califfo abbaside al-Ma’mûn (197/813-218/ 833), Sâ‘id al-Fudayni si ribellò e rivendicò il califfato. La rivolta, che fu tuttavia di breve durata, terminò con la fuga di Sâ‘id e la distruzione di al-Fudayn per mano di Yahyâ Ibn Sâlih, comandante dell’esercito mandato contro il ribelle. Al-Fudayn appartiene alle cosiddette terre bonificate privatamente e nelle cronache arabe viene definito tenuta agricola (dây’a). Tra i notevoli manufatti riportati alla luce in questa zona, vi è un braciere in bronzo sostenuto da quattro grifoni con le ali spiegate. Gli angoli superiori erano occupati da nudi femminili con una mano protesa in avanti, mentre l’altra teneva un uccello o una torcia. I lati erano decorati con arcate, sei delle quali contenenti pannelli con scene erotiche. G. B. III.4 UMM AL-JIMAL Le rovine si trovano 20 chilometri a est di Mafraq. Il sito può essere raggiunto in auto da Mafraq andando verso est fino a Umm al-Jimal. Per informazioni: ufficio turistico, 02 6267040. Moschea omayyade, rilievo scolpito, al-Fudayn (Mafraq). L’insediamento di Umm al-Jimal si compone di due parti. La prima, in uno stato di conservazione relativamente buono, viene chiamata dagli archeologi la “città” di Umm al-Jimal. Fu abitata nel periodo romano, bizantino e omayyade dall’inizio del II secolo alla metà del II/VIII. La seconda parte, grande circa metà della città, è stata chiamata il “villaggio” di Umm al-Jimal. Il villaggio, situato 200 metri a est della città, è, diversamente da questa, totalmente in rovina. Fu abitato nel periodo nabateo e romano tra il I e il IV secolo. Il villaggio di Umm al-Jimal era essenzialmente un insediamento civile. La totale assenza di mura difensive attesta il clima di prevalente sicurezza che regnava durante la pax romana, quando all’inizio 135 PERCORSO III Palazzi omayyadi Umm al-Jimal Umm al-Jimal (De Vries, 1998, Fig. 6). 1 Chiesa a nord 2 Chiesa a nord-est 3 Chiesa a ovest 4 Cattedrale 5 Cisterna principale 6 Praetorium 7 Chiesa di Numeriano 8-9 Complessi abitativi 10 Chiesa a sud-ovest 11 Cappella della caserma 12 Castello più tardo 13-14 Complessi abitativi 136 del II secolo la regione divenne una provincia dell’impero. I resti mostrano che il villaggio era strettamente legato alla vicina Bostra (nell’attuale Siria), capitale della romana Provincia Arabia. Secondo le fonti storiche, infatti, nel II e nel III secolo gli abitanti di Umm al-Jimal avrebbero persino fatto parte del consiglio municipale di Bostra. La città di Umm al-Jimal, fondata nel II secolo, era un centro amministrativo e militare romano. Era occupata essenzialmente da soldati e funzionari romani, mentre i civili continuarono a vivere nel vicino villaggio. Restano in piedi parti del praetorium (sede amministrativa) e del castellum (caserma). Sono inol- tre visibili le vestigia di una delle più antiche strutture della città, la porta nord-occidentale. Questa, che reca un’iscrizione risalente al regno dell’imperatore Commodo (161-192), era una delle otto porte appartenenti alle mura difensive. Nel periodo romano, Umm al-Jimal non fu un insediamento civile molto importante e detenne una posizione di secondo piano rispetto alle grandi città della Decapolis presenti nella zona, come Bostra, Philadelphia (Amman) e Gerasa (Jerash). Le mancavano in effetti la struttura formale, gli spazi pubblici monumentali e le caratteristiche architettoniche di queste poleis. La città raggiunse una notevole prosperità nel periodo bizantino, soprattutto nel corso del VI secolo. In quest’epoca, il controllo imperiale sulla zona si era indebolito e Umm al-Jimal divenne molto probabilmente responsabile della propria difesa. La città divenne una tappa carovaniera, e, cosa ancora più importante, un centro di smercio dei prodotti agricoli coltivati nella zona. Diversamente dal periodo romano, durante il quale si assistette a uno sviluppo dei centri urbani, il periodo bizantino fu caratterizzato da un numero sempre maggiore di villaggi e cittadine di campagna, conseguenza della ricca produzione e del florido commercio agricoli. Umm al-Jimal rappresenta un tipico esempio di agglomerato rurale; è stato appurato che in questo periodo la sua popolazione crebbe a circa 3000 unità. Fu in quest’epoca che la città si trasformò da centro amministrativo e mili- PERCORSO III Palazzi omayyadi Umm al-Jimal tare a insediamento civile caratterizzandosi, come spesso avvenne nel periodo bizantino, per l’estensiva costruzione di chiese: sono stati infatti rinvenuti i resti di almeno 15 edifici. La chiesa più grande è quella di San Giuliano: sebbene sia stata generalmente datata al 345, recenti ricerche hanno dimostrato che non fu costruita prima della fine del V o del VI secolo. Il villaggio e la città erano presumibilmente abitati da tribù arabe locali, e le iscrizioni trovate nel sito attestano che gli abitanti parlavano sia il greco che il nabateo, una delle prime lingue semitiche locali di cui si abbia conoscenza. La città di Umm al-Jimal continuò a essere abitata durante il periodo omayyade, ma su scala più ridotta rispetto al periodo bizantino. L’attività edilizia omayyade si limitò per lo più all’adattamento di strutture preesistenti, tra le quali il praetorium. La maggior parte delle sale di questo edificio furono rintonacate e nella “stanza cruciforme” fu installato un pavimento musivo. A quan- Castello, Umm al-Jimal. 137 PERCORSO III Palazzi omayyadi Umm al-Jimal to pare, l’occupazione della città non durò molto oltre il periodo omayyade; l’abbandono fu probabilmente dovuto al devastante terremoto del 131/749, che distrusse gran parte delle città della regione. La città rimase abbandonata fino all’inizio del Novecento, quando membri della setta religiosa dei drusi si trasferirono qui dalla vicina Jabal drusa, situata a nord di Umm al-Jimal, nell’attuale Siria. Essi rimasero nella città per circa trent’anni, ricostruendo diversi edifici storici al fine di riadattarli ai propri bisogni. A prima vista, è difficile distinguere le parti originali da quelle ricostruite, perché le opere di costruzione realizzate dai drusi somigliano molto alle strutture origina- Praetorium, interno, Umm al-Jimal. 138 li. La città fu inoltre utilizzata come campo militare dall’esercito francese e britannico prima che negli anni Venti fosse tracciato l’attuale confine tra Siria e Giordania. In seguito, famiglie beduine locali abitarono la città fino al 1975, quando il governo giordano recintò il luogo per proteggere il sito archeologico. È interessante notare che Umm al-Jimâl (parola araba che significa «madre dei cammelli» o anche «luogo dei cammelli») non viene menzionata prima del XIII/XIX secolo. E tuttavia proprio questo nome ha portato a dichiarare che la città fosse una tappa carovaniera. L’antico toponimo resta comunque ignoto e nessuna delle numerose iscrizioni forni- PERCORSO III Palazzi omayyadi Umm al-Jimal sce informazioni sul suo primo appellativo, precedente a quello del XIII /XIX secolo. L’area in cui è situata Umm al-Jimal ha un tasso di precipitazioni annue di circa 100 millimetri tra novembre e marzo. Poiché non esistono pozzi né sorgenti nella città e nei suoi dintorni, l’acqua doveva essere raccolta durante la stagione delle piogge e immagazzinata in cisterne. Ogni casa aveva almeno una propria cisterna, mentre diverse grandi cisterne pubbliche erano distribuite per tutta la città. Una delle caratteristiche più impressionanti di Umm al-Jimal è il basalto nero con cui furono eretti gli edifici. La pietra scura, che dà alle città e alle rovine un senso di desolazione, è costituita da roccia vulcanica, di cui la zona è ricca. La pietra non era usata solo per le mura, ma anche per la costruzione di tetti, fatti con travi in pietra poggiati su mensoloni o archi posti a stretta distanza l’uno dall’altro. Anche le porte erano fatte di lastre di pietra e non di legno. Il notevole numero di edifici che si sono conservati nel sito è dovuto in gran parte al massiccio uso di questo materiale. M. A. Praetorium, interno, Umm al-Jimal. 139