03.jordania.percorso iii - Museum With No Frontiers

PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Mohammad al-Asad, Ghazi Bisheh
Primo giorno
III.1 AL-BÂDIYA
III.1.a Al-Qastal
III.1.b Qasr al-Mushatta
La facciata di al-Mushatta a Berlino
III.1.c Serbatoio d’acqua di Al-Muwaqqar
III.1.d Qasr al-Kharrâna
III.1.e Qusayr ‘Amra
Opulenza e divertimenti dei califfi
OPZIONE NATURALISTICA
Al-Azraq
Riserva di al-Shawmari,
Riserva della palude di al-Azraq
Al-Qastal, particolare
dei motivi geometrici
scolpiti sulla pietra,
al-Bâdiya.
109
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Qusayr ‘Amra, veduta
complessiva,
al-Bâdiya.
La Giordania possiede la più larga concentrazione di complessi omayyadi,
generalmente definiti come “palazzi o
castelli del deserto”. Alcuni studiosi
hanno rifiutato questi termini, obiettando che nel periodo omayyade le aree in
cui questi complessi sono situati non
erano desertiche. I sistemi di irrigazione rinvenuti in molti di essi forniscono
in effetti una chiara testimonianza delle
attività agricole che vi si svolgevano.
Data la vastità di molti di questi complessi, l’uso del termine “castello” o
“palazzo” risulta talvolta improprio.
Numerosi di questi edifici rispondono
meglio alla più accurata definizione di
tenute o piccoli insediamenti, composti
da quartieri abitativi, una moschea, un
complesso termale e le infrastrutture
necessarie allo svolgimento dell’attività
agricola. Alcuni fungevano anche da
110
tappe carovaniere ed empori commerciali.
La nostra conoscenza di questi insediamenti è tutt’altro che completa e molti
aspetti relativi alla datazione, ai committenti e alle funzioni rimangono oscuri.
Ciò è dovuto in parte alla mancanza di
fonti letterarie omayyadi coeve e alla scarsità di iscrizioni rimaste in situ. Ma anche
senza il sostegno di tali prove, l’importanza storica di questi monumenti
omayyadi resta notevole. Sebbene la
costruzione di simili edifici fuori dai centri urbani sia stata un fenomeno di breve
durata nel mondo islamico, essi sono tra
i primi esempi noti di architettura islamica secolare e più specificamente palaziale. Nell’architettura antica e medioevale,
è uno dei rari casi in cui un numero significativo (più di venti) di edifici storici
appartenenti alla stessa tipogia, allo stes-
PERCORSO III
so periodo e alla stessa area geografica si
è conservato fino ai giorni nostri. Oltre a
costituire un’importante testimonianza
della vita dei sovrani nel primo periodo
islamico, essi presentano elementi di continuità con la villa di campagna romana,
sopravvissuta fino alla tarda antichità, e
contribuiscono quindi alla conoscenza di
questo tipo di edificio.
Queste strutture piuttosto misteriose,
divenute oggetto di studio all’inizio del
Novecento, sono state interpretate in
vari modi. Secondo alcuni, si tratterebbe di “residenze di piacere” che i principi omayyadi utilizzavano per varie attività dilettevoli, come la caccia e i
banchetti. Secondo un’altra opinione
diffusa, gli edifici costituivano un primo
esempio di gusto romantico per la vita
nella bâdiya (margini del deserto), dove
l’aria è più fresca e più limpida e la lingua araba più pura che in città. Nella sua
accezione moderna, la parola bâdiya si
riferisce ai «margini del deserto», ma
nel periodo omayyade indicava una
«tenuta di campagna» e in questo contesto è stato mantenuto il significato originario del termine. I complessi sono
stati inoltre interpretati in termini socioeconomici come centri di terreni agricoli ereditati dall’aristocrazia cristianobizantina fuggita in Siria dopo la
conquista musulmana. È stato anche ipotizzato che fungessero da centri amministrativi e politici dove i principi
omayyadi si incontravano e stringevano
accordi con i capi delle tribù locali, il cui
appoggio era per loro fondamentale. Più
recentemente, è stata avanzata l’idea che
i complessi fossero stazioni poste lungo
le vie commerciali e di pellegrinaggio
Palazzi omayyadi
che collegavano il Bilâd al-Shâm e l’alHijâz. Molto probabilmente, ognuna di
queste spiegazioni contiene elementi di
verità.
In molti casi, tali complessi includono una
zona abitativa, un edificio termale e una
moschea. Non è insolito che le terme siano
precedenti alle abitazioni: a differenza delle
prime, infatti, queste non devono necessariamente essere costituite da strutture permanenti. Come ha messo in evidenza lo
storico dell’arte Oleg Grabar, molti di
questi complessi erano concepiti soprattutto per un uso saltuario, offrivano molti
Particolare di pietra
scolpita da Qasr Tuba,
Museo archeologico
giordano, (Num. Inv. J
1950), Amman.
Al-Qastal, particolare
delle decorazioni,
al-Bâdiya.
111
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Al-Qastal, prima del
126/744, al-Bâdiya
(P. Carlier, 1984).
comfort ma rivestivano poche funzioni
pubbliche e tendevano a esprimere e servire il piacere piuttosto che il potere.
Quasi tutti i complessi appartengono al
ramo marwanide della dinastia omayyade, composto dai discendenti di Marwân
Ibn al-Hakam (64/684-65/685). È stato
inoltre ipotizzato che il figlio di Marwân,
‘Abd al-Malik (65/685-86/705), avesse
assegnato ai suoi figli le aree del Bilâd alShâm per esercitare un controllo più capillare sulla regione, e che questo sistema sia
sopravvissuto fino alla caduta della dinastia omayyade, avvenuta due generazioni
più tardi. Così, i complessi eretti in una
determinata area sono generalmente
opere di committenza del principe o dei
principi (molti dei quali più tardi divennero califfi) assegnatari dell’area stessa.
M. A.
III.1 AL-BÂDIYA
I siti di al-Bâdiya, visitabili tutto il giorno,
si possono raggiungere solo in auto o con
tour organizzati localmente. L’ingresso è
gratuito.
III.1.a Al-Qastal
Al-Qastal, torre
angolare del palazzo,
al-Bâdiya.
112
È situato sulla Desert Highway, circa 25 chilometri a sud di Amman. Da Hammamat
Ma’in, il sito può essere raggiunto in taxi o con
mezzi privati andando in direzione della
Desert Highway; da Amman, è preferibile
seguire l’autostrada dell’aeroporto, dove il sito
è segnalato.
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Al-Qastal è un vasto complesso costituito da un palazzo, una moschea, un edificio termale, un cimitero, un quartiere
abitativo e sistemi di raccolta dell’acqua.
Il palazzo, che misura approssimativamente 68 metri di larghezza per 68 di
altezza, presenta 4 torri rotonde a tre
quarti e 11 torri semicircolari. Ogni facciata contiene tre torri semicircolari,
salvo la facciata orientale che ne contiene
quattro, due delle quali fiancheggiano il
portone d’ingresso.
Si ritiene che il palazzo fosse originariamente a due piani, sebbene di quello
superiore non resti alcuna traccia. Il pianterreno è costituito da sei bayt (unità indipendenti) disposte intorno a un cortile
centrale, ciascuna composta da quattro
stanze e un cortiletto.
La moschea, situata a nord del palazzo,
presenta una sala rettangolare di 16 metri
per 5 a cui si accede attraverso un cortile
rettangolare di 17 metri per 10. È
costruita con la stessa pietra del palazzo e
ha la sua stessa forma e dimensioni. Il
minareto alto 6 metri, che è collegato
all’angolo nord-occidentale della moschea
e presenta una scala a chiocciola di 6
metri di diametro, è forse il più antico
rimasto nell’Islam.
Si ritiene che il tetto del santuario interno alla moschea sia stato inizialmente di
legno, successivamente sostituito da una
volta a botte in pietra. I muri originariamente sottili furono quindi allargati per
sostenere il peso e la spinta laterale della
nuova copertura.
Il cimitero, il più antico luogo di sepoltura musulmano in Giordania, è situato a
sud-ovest del palazzo. Le diverse lapidi
con iscrizioni appartenenti ai periodi
omayyade e abbaside rimaste integre sono
ora esposte al Museo archeologico di
Madaba. È interessante notare come le
tombe precedenti fossero orientate verso
Gerusalemme.
I sistemi di raccolta dell’acqua comprendono una diga situata circa un chilometro a est del palazzo. Essa era costituita
da un muro lungo 400 metri e spesso
4,30. Una cisterna che misura 30 x 22 x
Al-Qastal, corridoio
del palazzo,
al-Bâdiya.
113
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Qasr al-Mushatta,
veduta complessiva,
al-Bâdiya.
Qasr al-Mushatta,
al-Bâdiya (Grabar,
1973).
6 metri si trova a circa un chilometro a
nord-ovest del palazzo, mentre altre 70
cisterne più piccole sono disseminate per
tutta l’area.
Sebbene sia stato stabilito che la maggior
parte del complesso sia risalente al periodo
omayyade, è in corso un acceso dibattito
sulla sua datazione esatta. Un riferimento
contenuto in un resoconto storico successivo dà credito all’ipotesi che il complesso
sia stato completato prima del 126/744,
ma il periodo di costruzione vero e proprio
è di difficile determinazione. Il complesso
fu inoltre riutilizzato come zona abitativa
tra il VI/XII e il X/XVI secolo, durante l’epoca ayyubide e mamelucca, e alcune
aggiunte minori risalgono a quel periodo.
M. A.
114
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Qasr al-Mushatta,
veduta della sala
basilicale di fronte alla
sala del trono,
al-Bâdiya.
III.1.b Qasr al-Mushatta
Il monumento è molto vicino all’aeroporto
internazionale Queen Alia e si trova a circa 35
chilometri da Amman. Venendo da al-Qastal
in auto, si deve proseguire lungo la strada per
l’aeroporto e girare a destra all’altezza dell’albergo dell’aeroporto.
Con i suoi 144 metri di lunghezza per ciascuno dei suoi lati, Qasr al-Mushatta è il
più vasto palazzo omayyade della Giordania. Il complesso, che comprende una sala
delle udienze, una sala del trono, una piccola moschea e la zona abitativa, non fu
mai completato e alcune parti vennero
distrutte da disastri naturali come terremoti. Le mura esterne, spesse 1,7 metri,
sono tuttora alte dai 3 ai 5,50 metri. Una
Qasr al-Mushatta,
veduta del muro
in mattoni,
al-Bâdiya.
115
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
consistente sezione della facciata sud, con
le sue meravigliose ed elaborate incisioni
a rilievo, fu portata a Berlino nella prima
metà del Novecento. Fortunatamente, le
vestigia rimaste sul posto testimoniano
ancora l’originario splendore di questo
maestoso monumento.
Mentre i corsi inferiori delle mura sono
di pietra, le parti superiori, le mura interne e il tetto a volta sono realizzate in mattoni cotti. Le mura esterne sono interrotte da 21 torri semicircolari e quattro
torri angolari a sezione quasi circolare. Le
enormi torri angolari hanno un diametro
di 7 metri, mentre quelle semicircolari
sono leggermente più piccole (5,25 metri
di diametro). Sebbene facciano pensare a
un palazzo fortificato, le torri non furono
concepite a scopo difensivo poiché quattro di esse servivano da latrine e le altre
erano piene.
Il complesso è diviso in tre sezioni orientate lungo un asse nord-sud. La costruzione sui due lati non fu mai iniziata, ma
la sezione centrale fu in parte completata. Questa porzione è ulteriormente divisa in tre aree con un cortile centrale, una
sezione meridionale e una settentrionale. Ciascuna di queste sezioni è poi ripartita in tre unità più piccole, alcune delle
quali nuovamente suddivise in tre unità.
La parte meridionale comprende la zona
abitativa e una moschea, identificata
come tale grazie alla nicchia orientata in
direzione della Mecca. La sezione set-
116
tentrionale finisce con una sala del trono
disposta in maniera assiale. La stanza
triabsidata è preceduta da una sala a
forma di basilica con un ingresso a tripla
arcata.
Il progetto, i metodi di costruzione e i dettagli architettonici della struttura mostrano una combinazione di influenze bizantine e sasanidi-persiane. L’uso della pietra
nelle mura esterne è un elemento comune
nell’architettura bizantina, mentre l’uso di
mattoni per le mura interne e le volte è
una caratteristica sasanide. Questa doppia
influenza risulta evidente anche nella decorazione della facciata sud (cfr. di seguito La
facciata di al-Mushatta a Berlino).
Per le sue notevoli dimensioni, il palazzo
si distingue dagli altri complessi omayyadi, notevolmente più ridotti. Apparentemente concepito per ospitare un gran
numero di persone, forse l’intera corte
omayyade, fu anche destinato alla celebrazione di cerimonie grandiose, come
dimostra l’incorporazione della sala del
trono e di quella a forma di basilica.
Secondo diversi studiosi, il committente di
al-Mushatta sarebbe stato il califfo omayyade al-Walîd II. Benché non esistano prove
a sostegno di questa teoria, è opportuno
ricordare che nel suo breve regno durato
meno di un anno, dal 125/743 al
126/744, al-Walîd II si era già distinto
come un mecenate prolifico.
M. A.
LA FACCIATA DI AL-MUSHATTA A BERLINO
Mohammad al-Asad
Facciata di
al-Mushatta, Museo
Pergamon (Num. Ref.
743/44 n. Chr.),
Berlino.
Una parte considerevole della facciata
meridionale di al-Mushatta, comprensiva
tra l’altro dell’ingresso principale, è conservata negli Staatliche Museen di Berlino
(Pergamonmuseum). Il sultano ottomano
Abdülhamid (1293/1876-1327/1909)
l’aveva infatti donata al kaiser Guglielmo
II (1888-1918). La facciata, che raggiunge un’altezza di 3,80 metri, fu quindi
smantellata dagli archeologi tedeschi che
la trasportarono a Berlino via mare. Molto
probabilmente la linea ferroviaria dell’Hijâz, che gli ottomani stavano costruendo con l’assistenza tecnica dei tedeschi,
passava già nei pressi di al-Mushatta. Ciò
facilitò il trasporto della facciata in treno
fino al porto mediterraneo di Haifa e poi
l’imbarco per la Germania, dove sarebbe
stata riassemblata e poi esposta a Berlino.
La facciata è divisa in sezioni triangolari
che misurano circa 2,85 metri di altezza
e 2,50 di larghezza alla base. Al centro di
ciascun triangolo spicca un’ampia roset-
ta. La facciata è sontuosamente ornata da
fregi di animali e motivi vegetali. La decorazione dei triangoli sulla destra della
porta principale differisce notevolmente
da quella dei triangoli di sinistra, sia nello
stile che nell’esecuzione, ed è stato ipotizzato che ciò sia dovuto al lavoro di
diverse équipe di scultori. La facciata di
fronte alla moschea, decorata con motivi
vegetali, non comprende immagini animali, nel rispetto della già invalsa tradizione musulmana di non rappresentare
esseri viventi nelle moschee. L’ornamentazione della facciata fu scolpita dopo la
costruzione e la decorazione dei blocchi
non fu mai completata.
Alcuni dei motivi vegetali rivelano
influenze stilistiche copte, mentre l’iconografia persiana è riconoscibile dall’uso
di animali mitologici tratti dall’arte sasanide. Non è improbabile che alcuni degli
artisti fossero stati reclutati dall’Egitto e
dall’Iran.
117
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Alois Musil, esistevano ancora alcune
vestigia. Quando lo storico dell’architettura K.A.C. Creswell si recò sul posto nei
primi anni Sessanta, molto di ciò che avevano visto i primi visitatori era andato
distrutto, ad eccezione di alcune strutture sotterranee a volta che sono sopravvissute fino a oggi.
Il reperto più importante del complesso
omayyade è costituito da un ampio serbatoio ancora in uso. Esso veniva probabilmente utilizzato dagli abitanti locali e
dalle carovane che attraversavano la zona.
Alcuni dei capitelli ornati che coronavano le colonne e recavano una trabeazione
sono stati recuperati dal sito e portati in
diversi musei. Uno di questi capitelli,
oggi conservato nel Museo archeologico
della cittadella di Amman, è di notevole
importanza: appartiene infatti a una
colonna, conservatasi in parte, che veniva usata per misurare il livello dell’acqua
nel serbatoio. Secondo l’iscrizione araba
incisa sul capitello, il serbatoio fu costruito per ordine del califfo Yazîd II nel
103/722- 104/723.
M. A.
Capitello con iscrizioni
cufiche dal serbatoio
idrico di
al-Muwaqqar, Museo
archeologico giordano
(Num. Inv. J 5085),
Amman.
III.1.c Serbatoio d’acqua di
al-Muwaqqar
Il serbatoio si trova circa 20 chilometri a est di
Amman. Da al-Mushatta, si torna indietro per
la strada orientale che conduce ad Amman e si
segue la strada di Sahab Azraq che arriva
direttamente al sito.
Gli edifici di al-Muwaqqar sono andati
quasi completamente distrutti. All’inizio
del secolo, quando il sito venne visitato
dai primi viaggiatori e orientalisti come
118
III.1.d Qasr al-Kharrâna
È situato 55 chilometri a est di Amman, lungo
la strada per Azraq. Da al-Muwaqqar, proseguire sulla strada per Azraq. I visitatori saranno accolti con la tipica ospitalità giordana
nella tenda beduina vicino al sito.
Qasr al-Kharrâna è un edificio quadrato a
due piani relativamente ben conservato
che misura circa 36,50 metri per 35,50.
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Le stanze, decorate con stucchi, sono
disposte intorno a un cortile con una
cisterna sottostante. Alle due sale rettangolari (circa 13 metri per 8) poste sul lato
meridionale o frontale, divise dal corridoio d’ingresso, sono annesse delle stanzette. Due scalinate interne, direttamente opposte al lato est e ovest, conducono
al piano superiore.
Il qasr, fatto di pietrame grezzo, era ricoperto da uno strato di malta. I quattro
angoli sono interrrotti da torri rotonde a
tre quarti, mentre una torre circolare
segna la metà delle facciate nord, est e
ovest. Due torri a un quarto di cerchio
fiancheggiano la porta d’ingresso al centro della facciata sud. La facciata della
struttura è animata da mattoni disposti in
diagonale secondo un disegno a spina di
pesce che, a mo’ di fregio, orna la parte
superiore dell’edificio.
Benché l’aspetto esteriore di Qasr alKharrâna ricordi quello di una fortezza,
l’edificio non fu usato per scopi militari.
Le torri e le numerose feritoie nelle facciate esterne sono ornamentali, perché le
prime sono piene e le seconde si trovano
troppo in alto per poter essere utilizzate
dagli arcieri.
Il qasr mostra un’influenza persiana nei
metodi di costruzione (pietrisco rivestito
di malta) e nella decorazione (rifiniture di
stucco). Questo elemento ha convinto
Creswell che non si tratta di un edificio
omayyade, bensì di una struttura sasanide
o persiana che risalirebbe all’occupazione sasanide della zona dal 614 al 6/628.
Non risulta, tuttavia, che durante l’occupazione i persiani abbiano realizzato programmi edilizi. D’altro canto, l’idea di
simulare un edificio fortificato e il fatto
Qasr al-Kharrâna,
pianta del piano terra,
prima del 91/710,
al-Bâdiya
(Urice, 1987).
Qasr al-Kharrâna,
pianta del piano
superiore, prima del
91/710, al-Bâdiya
(Urice, 1987).
119
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Qasr al-Kharrâna,
veduta d’insieme,
al-Bâdiya.
92/24 novembre 710, il che indica chiaramente che l’edificio era stato eretto
prima o intorno a quel periodo. Si è però
molto dibattuto sulla datazione esatta e,
mentre alcuni hanno attribuito la costruzione al regno di al-Walîd I (86/70596/715), altri la fanno risalire a prima del
65/685. Quest’ultima data corrobora l’ipotesi che il qasr sia l’unico palazzo premarwanide omayyade giunto fino a noi.
Quanto alla funzione principale di Qasr alKharrâna, è stato stabilito che esso veniva
usato come luogo di riunione tra i principi omayyadi e i capi delle tribù locali.
M. A.
Qasr al-Kharrâna,
sala interna,
al-Bâdiya.
che le strutture difensive in questione non
fossero funzionali sono caratteristici di
altri palazzi omayyadi, come ad esempio
al-Mushatta.
In un graffito rinvenuto nel qasr è presente un riferimento preciso al 27 Muharram
120
III.1.e Qusayr ‘Amra
È situato 80 chilometri a est di Amman e 16
chilometri a est di Kharrâna. Per raggiunge-
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Qusayr ‘Amra, stanza
della fornace dietro il
calidarium, al-Bâdiya.
re il sito da al- Kharrâna, proseguire lungo
la strada per Azraq. Una tenda beduina fornisce un riparo ombroso nei pressi del sito e
dà l’occasione di conoscere l’ospitalità giordana.
Il termine qusayr è il diminutivo di qasr,
che (come la parola castello) deriva dal
latino castrum. Questo palazzo relativamente piccolo e ben conservato contiene
una sala delle udienze e un complesso termale. Un sistema idraulico con una ruota
ad acqua azionata dalla forza di un animale, un pozzo circolare di pietra profondo
40 metri e una cisterna forniscono acqua
in abbondanza. Recenti scavi hanno portato alla luce altri edifici circa 300 metri
a nord-ovest della residenza principale
che, insieme all’impianto idraulico, facevano parte di un vasto complesso.
Le vestigia riportate alla luce consistono
in un altro castelletto con stanze disposte
intorno a un cortile, una torre di guardia
e un secondo sistema idraulico simile al
primo. Sono stati inoltre trovati muri di
contenimento volti a prevenire l’erosione della superficie arabile in un terreno
agricolo.
Qusayr ‘Amra,
dopo il 92/711,
al-Bâdiya (Grabar,
1973).
121
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Qusayr ‘Amra, dipinto
dello Zodiaco sulla
cupola del calidarium,
al-Bâdiya, (J.L.Nou).
Qusayr ‘Amra,
dipinto dei Sei Re,
al-Bâdiya, (J.L.Nou).
122
L’esterno di Qusayr ‘Amra corrisponde
esattamente alla disposizione spaziale
dell’interno. La sala delle udienze rettangolare relativamente piccola, che
misura circa 8,50 metri per 7,50, è delimitata a sud da una serie di tre stanzette. La sala contiene tre navate con volte
a botte separate l’una dall’altra da due
archi obliqui leggermente acuti, uno dei
primi esempi di questo tipo nell’architettura islamica.
Le terme sul lato orientale della sala delle
udienze sono composte da tre stanzette.
La prima è uno spogliatoio (apodyterium)
con volta a botte che conduce al tepidarium; quest’ultimo, coperto da una volta
a crociera e dotato di un soffitto rialzato
per permettere la circolazione dell’aria
calda, conduce a sua volta al calidarium,
che reca una cupola su pennacchi con
quattro finestre. Un corridoio in cima al
quale era posto un serbatoio d’acqua connette il calidarium con una zona cinta da
mura contenente una fornace. Condotti
di ceramica collegavano i serbatoi alle
terme e canali di scolo portavano l’acqua
usata dalle terme a un bacino situato nelle
vicinanze.
In due delle stanzette annesse alla sala
delle udienze sono stati rinvenuti pavimenti musivi. Altre stanze erano pavimentate con marmo, usato anche per
rivestire i muri fino a un’altezza di 80
centimetri. La particolarità del palazzo
risiede comunque negli affreschi, che
ricoprono gran parte dei muri e dei soffitti. Si tratta della più estesa superficie
pittorica rimasta appartenente a un edificio secolare precedente al periodo romanico. Le raffigurazioni trattano una vasta
gamma di soggetti: nella sala dei ricevimenti compaiono scene di caccia, nudi
femminili e atleti in movimento; vi sono
inoltre scene di artigiani all’opera quali
fabbri, carpentieri, scalpellini e tagliapietre. In uno dei dipinti, un sovrano, forse
il proprietario del palazzo, è circondato
da uccelli e fiancheggiato da due servitori e personificazioni della poesia, della
storia e della filosofia.
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Bâdiya
Un famoso affresco situato nel complesso termale rappresenta le costellazioni
dell’emisfero settentrionale con i segni
dello zodiaco; l’Orsa Maggiore e l’Orsa
Minore adornano la cupola del calidarium.
L’affresco più famoso è comunque il
“dipinto dei Sei Re”, posto all’estremità
meridionale del muro occidentale. Esso
rappresenta il califfo omayyade circondato da sei sovrani, identificati con l’imperatore bizantino, gli imperatori di Cina e
di Persia, il re visigoto di Spagna, il re
dell’Abissinia e un re turco o indù. Il
dipinto è stato interpretato come una
rappresentazione simbolica della famiglia
reale a cui appartiene la dinastia omayyade. Il soggetto esprime la superiorità del
califfo omayyade, che accetta il tributo
resogli dai più importanti regnanti del
mondo.
L’influenza dell’arte greca in numerosi di
questi dipinti è riconoscibile dal soggetto
e dalla presenza di alcune iscrizioni in
greco. Lo storico Glen Bowersock ha
osservato che in Qusayr ‘Amra «... a
parte l’architettura degli edifici stessi,
pochi segnali indicano che la regione è
saldamente in mano a un’amministrazione islamica», aggiungendo tuttavia che ci
troviamo di fronte a un «ellenismo indigeno e non straniero». Alcune delle scene
di caccia potrebbero corrispondere a questa interpretazione, poiché sembrano ispirarsi a tradizioni di una cultura nomade
locale che precedono qualunque influenza greca.
Qusayr ‘Amra è stato attribuito ad alWalîd I (86/705-96/715), sotto il cui
regno il potere omayyade raggiunse il suo
Qusayr ‘Amra,
particolare del dipinto
dei Sei Re, al-Bâdiya,
(J.L.Nou).
apice. L’attribuzione è basata principalmente sullo studio del dipinto dei Sei Re.
È stato infatti ipotizzato che la maggior
parte delle figure presenti sul dipinto rappresentino sovrani (o loro discendenti,
come nel caso del re di Persia) sconfitti da
al-Walîd. Il breve governo del re visigoto
di Spagna Roderico, durato dal 91/710 al
92/711, fu bruscamente interrotto quando questi fu sconfitto e ucciso dalle truppe dei conquistatori musulmani durante
il regno di al-Walîd. Se l’interpretazione
del dipinto è corretta, la sconfitta di
Roderico fornisce la data di costruzione
di Qusayr ‘Amra, in quanto il palazzo non
avrebbe potuto essere costruito prima del
92/711.
M. A.
123
OPULENZA E DIVERTIMENTI DEI CALIFFI
Mohammad al-Asad
Qusayr ‘Amra, dipinto
del complesso termale
raffigurante un orso
che suona il liuto,
al-Bâdiya.
124
I palazzi giunti fino a noi dal periodo
omayyade forniscono una testimonianza
dello stile di vita sfarzoso che i principi
omayyadi esprimevano nell’arte e nell’architettura. Il riflesso di tale opulenza
è riscontrabile nei pavimenti musivi e
nelle sculture in stucco di Khirbat alMafjar, nelle pitture murali di Qusayr
‘Amra e nell’imponente sala basilicale
culminante nella sala del trono triabsidata di Qasr al-Mushatta.
Gran parte delle nostre conoscenze sullo
stile di vita degli omayyadi proviene tuttavia dalle fonti letterarie, le più antiche
delle quali risalgono a circa un secolo e
mezzo dopo la caduta della dinastia. Due
fonti sono particolarmente rilevanti. La
prima è il Kitâb al-Aghânî, “Il Libro dei
Canti”, redatto da Abû al-Faraj alIsfahânî (284/897-356/967). Quest’opera in 24 volumi consiste principalmente in un’antologia di canzoni e
poesie popolari della Baghdad del IV/X
secolo, ma fornisce anche informazioni
sugli usi e i costumi delle corti omayyade e abbaside. La seconda fonte è al-’Iqd
al-Farîd, “La meravigliosa collana”, scritto da Ibn ‘Abd al-Rabbihi (300/913
circa). Si tratta di una raccolta di scritti
concepiti per fornire nozioni specifiche
a un gentiluomo dell’epoca, ma comprende anche dati riguardanti la vita in
una corte omayyade. Caso piuttosto
raro, entrambi gli autori sembrano proporre un’immagine positiva della dinastia. Il fatto che al-Isfahânî, benché
musulmano sciita, fosse un discendente
della famiglia omayyade e Ibn ‘Abd alRabbihi fosse legato alla corte omayyade
spagnola a Cordova, ha forse influenzato la loro opinione, opposta all’atteggiamento generalmente negativo dimostrato dai loro contemporanei. Nonostante
questo, il periodo che li separa dagli
omayyadi di Siria fa sorgere qualche dubbio sulla veridicità dei loro racconti.
Il Kitâb al-Aghânî e al-‘Iqd al-Farîd ci ricordano che ascoltare canzoni (e a volte partecipare al canto) era uno dei passatempi
preferiti dei principi omayyadi. Si dice che
fu Yazîd I, il secondo califfo omayyade, egli
stesso compositore, a introdurre a corte il
canto e gli strumenti musicali. Alcuni
degli artisti che si esibivano nei palazzi
omayyadi riscossero grande successo e uno
di essi, Ma‘bad Ibn Wahab (m. 125/743744) di Medina, divenne il favorito alle
corti di al-Walîd I, Yazîd II e al-Walîd II.
Yazîd II era appassionato ammiratore di
due artiste, Habbaba e Sallama, entrambe
allieve di Ma‘bad. Al-Walîd II non si divertiva solo ad ascoltare, ma componeva a sua
volta canzoni e suonava il liuto.
L’età d’oro della canzone araba, tuttavia,
cominciò dopo la caduta della dinastia
omayyade. Il più grande cantante arabo è
probabilmente Zîryâb (m. 236/850 circa),
un liberto che iniziò a esibirsi alla corte abbaside di Baghdad. Il suo eccezionale talento
suscitò la gelosia dei suoi rivali e gli intrighi
intessuti contro di lui a corte lo costrinsero
a lasciare Baghdad. Finì col trasferirsi a Cordova, capitale di al-Andalus (Spagna musulmana), dove entrò a servizio del sovrano
omayyade spagnolo ‘Abd al-Rahmân II
(206/822-238/852). A quanto pare, fu proprio Zîryâb che introdusse le raffinate tradizioni musicali di Baghdad a Cordova e
inventò uno stile musicale andaluso. Egli
fondò i primi conservatori in Spagna ed
essendo una persona raffinata e colta, divenne il favorito della corte spagnola omayyade
ed ebbe un proprio gruppo di seguaci. Sappiamo inoltre che il suo contributo alla vita
di corte spaziò dall’introduzione di nuove
acconciature e dalla creazione di nuovi piatti culinari al raffinamento dell’etichetta.
Riserve di Al-Azraq
Le riserve e l’antico sito si trovano 110 chilometri a est di Amman e 28 chilometri da
‘Amra e sono visitabili tutta la giornata. Per
informazioni: Royal Society for the Conservation of Nature, 06-5334610 o ufficio
turistico di al-Azraq, 05-3835225.
La Riserva di al-Shawmari si trova dieci chilometri a sud di Azraq ed è aperta dalle 7.30 alle
18. L’area protetta, che si estende per una
superficie di 22 chilometri quadrati, è una delle
prime a essere state istituite nella regione. La
riserva naturale è anche un luogo ideale per la
reintroduzione di specie indigene estinte.
La Riserva della palude di al-Azraq è un’oasi
ma è consigliabile informarsi prima di visitarla perché può essere secca a seconda del clima.
Essa protegge il fragile ecosistema della palude, che è luogo di riposo e riserva di cibo per
gli uccelli che vi si radunano durante la migrazione verso l’Africa. La palude è tuttavia in
costante pericolo di estinzione per via dei lunghi periodi di siccità e la diminuzione di
acqua. L’assenza di acque superficiali riduce
l’estensione delle paludi e molti stormi sono
stati costretti a lasciare la riserva per mancanza di cibo.
La Riserva di al-Shawmari e la Riserva della
palude sono aree protette di notevole bellezza,
in cui i visitatori possono ancora apprezzare
la flora e la fauna locali facendosi un’idea
della ricchezza e della varietà di specie che un
tempo popolavano la regione.
125
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Mohammad al-Asad, Ghazi Bisheh
Secondo giorno
III.2 WÂDÎ AL-DHLAYL
III.2.a Hammâm al-Sarah
III.2.b Qasr al-Hallâbât
Acqua e irrigazione
III.3 AL-FUDAYN (MAFRAQ)
III.4 UMM AL-JIMAL
126
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Wâdî al-Dhlayl
Hammâm al-Sarah,
sec. II/VIII, Wâdî
al-Dhlayl (Creswell,
1958).
Hammâm al-Sarah,
veduta dell’interno,
Wâdî al-Dhlayl.
III.2 WÂDÎ AL-DHLAYL
III.2.a Hammâm al-Sarah
Si trova circa 55 chilometri a nord-est di
Amman e 2 chilometri a sud-est di Qasr alHallâbât. Per raggiungere Hammâm al-Sarah
da Azraq, prendere la strada principale tra
Azraq e Zarqa in direzione nord.
La pianta del complesso è sorprendentemente simile a quella di Qusayr ‘Amra,
benché l’opera in muratura sia più rifinita e i corsi più strettamente uniti.
Come ‘Amra, è composta da tre elementi principali: la sala delle udienze, il
complesso termale e le strutture idrauliche.
A questi elementi può essere aggiunta una
moschea senza tetto di recente costruzione.
L’accesso alle terme avveniva tramite una
porta posta al centro del muro meridionale; l’ingresso era attraversato da un
unico architrave monolitico scolpito con
una tabula ansata e due ghirlande intrecciate.
La sala delle udienze era sormontata da
tre volte a botte poggiate sui muri laterali e due archi obliqui intermedi che insistono su due pilastri incassati. Sul lato
nord-orientale della sala si trovava una
fontana che riceveva acqua dal serbatoio
situato a est. Sul retro della navata centrale è presente un’alcova; sul lato destro
e sinistro, due porte si aprono su stanze
laterali pavimentate con mosaici policromi. Dietro alle stanze laterali, negli angoli esterni, due rientranze rettangolari, che
127
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Wâdî al-Dhlayl
Hammâm al-Sarah,
ipocausto, Wâdî
al-Dhlayl.
chiaramente fungevano da latrine, formano salienti sul muro orientale.
Una porta nell’angolo nord-occidentale
della sala delle udienze porta nello spogliatoio (apodyterium) con volta a botte.
Nel centro del muro orientale si apre
un’altra porta che conduce al tepidarium
con volta a croce. Nel lato opposto della
stanza, di fronte all’ingresso, si trova una
rientranza quasi quadrata anch’essa coperta da una volta a botte. Nella parte superiore del muro meridionale, tre scanalature verticali che, attraverso il tetto, si
estendono all’esterno, erano destinate a
ospitare condotti di ceramica che fungevano da canne fumarie. Il pavimento della
stanza era sostenuto da 25 supporti fatti
di mattoni circolari. Una porta nel cen128
tro del muro occidentale conduce al calidarium. A destra e a sinistra si trovano due
rientranze semicircolari sormontate da
semicupole; i muri delle rientranze, che
formavano una vasca in cui ci si poteva
cospargere d’acqua, sono disseminati di
piccoli fori su cui era applicato l’originario rivestimento in marmo. Il calidarium
era coperto da una cupola sferica con 19
nervature composte da pezzi di scisto
modellati a forma di cuneo. L’ipocausto
è costituito da 16 supporti disposti in
quattro file. Sul lato nord si trova un
passaggio con volta a botte e sul lato
opposto la caldaia. Il passaggio a volta si
apriva su una zona esterna cinta da mura,
che serviva da deposito per il materiale
combustibile.
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Wâdî al-Dhlayl
A est delle terme vere e proprie, si trovano le strutture idrauliche, composte di
tre elementi principali: un serbatoio quadrato rialzato che consentiva all’acqua di
defluire, un pozzo di 5 metri di diametro
in muratura a corsi e una struttura rotonda costituita principalmente da pietrisco
e pietre di forma grossolani. Serviva
come spazio intorno al quale la bestia da
soma girava per azionare il sistema di
pompaggio dell’acqua (sâqiya) e far passare questa dal pozzo al serbatoio. Va infine sottolineato che Hammâm al-Sarah
non dovrebbe essere inteso come monumento isolato, ma andrebbe messo in
relazione con Qasr al-Hallâbât, ricostruito nel periodo omayyade (cfr. Qasr
al-Hallâbât).
G. B.
golare cinto da mura, dotato di un elaborato sistema di canali con chiuse, e un
gruppo di case costruite semplicemente, che si estendono a nord-ovest del
serbatoio. A queste unità dovrebbe
aggiungersi il complesso termale di
Hammâm al-Sarah (cfr. Hammâm alSarah), situato 2 chilometri a est del
castello.
La pianta del castello presenta lati lunghi
44 metri, con torri quadrate angolari che
sporgono dalla facciata del muro di cinta.
L’accesso all’edificio avviene attraverso
un’unica porta che, posta al centro del
muro orientale, si apre su un passaggio
che conduce a un cortile esterno pavimentato con lastre di pietra. In origine il
cortile era circondato da un portico perché l’intonaco di cui erano rivestiti i muri
posti di fronte a esso ha conservato in
alcuni punti deboli tracce di dipinti mar-
Qasr al-Hallâbât,
Wâdî al-Dhlayl
(Piccirillo, 1986).
III.2.b Qasr al-Hallâbât
Si trova 65 chilometri a est di Amman, 30 chilometri a est di Zarqa e circa 18 chilometri dal
punto più vicino (a nord-ovest) della Via Nova
Traiana. Il sito può essere raggiunto da
Hammâm al-Sarah seguendo la stessa strada
tra Azraq e Zarqa in direzione nord. Entrambi i siti sono aperti tutto il giorno; l’ingresso è
libero.
Il sito di Qasr al-Hallâbât comprende un
agglomerato di unità separate e poste a
grande distanza l’una dall’altra. Esse
includono: un qasr (castello), una
moschea, un grande serbatoio e otto
cisterne scavate nel pendio occidentale.
Nel pianoro accanto al serbatoio si trovava un terreno agricolo di forma irre129
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Wâdî al-Dhlayl
rone scuro. Una serie di stanze oblunghe
e semiquadrate circondano tre lati del
cortile centrale. La parte nord-occidentale è occupata da una struttura interna,
anch’essa composta da un cortile centrale circondato, su tutti i lati a parte quello sud, da diverse stanze. Questa sezio-
Qasr al-Hallâbât,
particolare
dell’ingresso della
moschea, Wâdî
al-Dhlayl.
130
ne, divisa dal resto dell’edificio, conteneva una piccola pressa per il vino e fungeva forse da ala per i domestici. In ciascuno dei due cortili si trova una
cisterna.
Sono state rinvenute due iscrizioni relative alle diverse fasi architettoniche del
palazzo: una, risalente al 212, è in latino
e si riferisce alla costruzione del Novum
Castellum; l’altra è in greco e risale all’anno 529. Gli scavi e i lavori di sgombero
all’interno del castello hanno portato alla
luce altre 142 iscrizioni greche, oltre a 2
iscrizioni nabatee, una safaitica e una in
armeno moderno. La maggior parte delle
iscrizioni greche, incise su pietra basaltica di forma regolare, appartengono a un
editto promulgato dall’imperatore bizantino Anastasio (491-518) per la riorganizzazione amministrativa ed economica
della Provincia Arabia. Molto probabilmente tutte le pietre incise provenivano
da un insediamento vicino, forse Umm alJimal, e furono poi riutilizzate come
materiale edilizio durante la ricostruzione omayyade del castello. In questa fase,
il castello fu dotato di elaborate decorazioni in stucco scolpito, affreschi e mosaici colorati, e trasformato quindi da edificio fortificato in palazzo. La
trasformazione fu accompagnata da un
notevole sviluppo del sito, riscontrabile
nella presenza di nuovi monumenti come
la moschea extra-muros, il terreno agricolo cinto da mura con l’elaborato sistema
di irrigazione e il complesso termale di
Hammâm al-Sarah.
G. B.
ACQUA E IRRIGAZIONE
Ghazi Bisheh
La Giordania raggiunse il massimo grado
di sviluppo economico nel periodo bizantino, durante il quale il paese conobbe una
fase di ruralizzazione. Le ricerche archeologiche mostrano che il numero di insediamenti rurali nel periodo bizantino fu
più alto che in qualunque altra epoca precedente. Lo sviluppo delle campagne
avveniva probabilmente a discapito delle
città, ridotte per dimensioni e numero di
abitanti. Gli ultimi decenni del regno
bizantino, segnati da continui conflitti con
i sasanidi, furono tuttavia un periodo di
regressione, anche se la costruzione di
chiese non subì arresti. Le fonti arabe
sulle attività agricole in Giordania durante il primo periodo islamico sono purtroppo frammentarie e non bastano a fornire un quadro chiaro e globale della
dinamica dello sviluppo agricolo. Questa
insufficienza è tuttavia compensata dalle
prove archeologiche ed epigrafiche, dalle
quali risulta che i califfi omayyadi e i
membri della famiglia regnante avevano
finanziato progetti finalizzati alla raccolta
di acqua nell’ambito di una più vasta politica di bonifica del territorio. Lo studioso francese Jean Sauvaget ha osservato che
i cosiddetti “castelli del deserto” (alQastal, al-Muwaqqar, al-Mushatta,
Qusayr ‘Amra) erano costantemente
dotati di strutture idrauliche quali cisterne, serbatoi, dighe e acquedotti, e ha ipotizzato che questi edifici fossero centri
agricoli. Tali strutture, quindi, non sarebbero servite semplicemente a fornire
acqua al palazzo, ma anche a irrigare
campi e giardini. Il paesaggio nelle immediate vicinanze di al-Qastal, al-Muwaqqar,
al-Mushatta e al-Hallâbât è disseminato di
cisterne scavate nella roccia calcarea. Solide dighe sono presenti ad al-Qastal e ad
al-Qanatir (cfr. al-Qanatir), situati a metà
strada tra al-Qastal e Umm al-Walid.
Secondo un’iscrizione araba, la costruzione del serbatoio di al-Muwaqqar fu
Diga sud-orientale,
al-Qanatir.
131
voluta da Yazîd I. La fortezza preislamica
di al-Hallâbât fu trasformata in una lussuosa dimora dotata di ampie decorazioni musive, stucchi scolpiti e affreschi.
Questa trasformazione fu accompagnata
dall’introduzione di nuove strutture: un
complesso termale (Hammâm al-Sarah),
una moschea extra-muros, un enorme serbatoio e numerose cisterne sotterranee.
Circa 400 metri a ovest del qasr, fu realizzata una recinzione agricola (270 x 220
metri) dotata di un elaborato sistema di
canali per la distribuzione dell’acqua alle
sezioni rettangolari poste al suo interno.
Un nipote del califfo ‘Uthmân Ibn ‘Affân
era proprietario di al-Fudayn (cfr. alFudayn) e di ampi appezzamenti di terreno nella zona circostante. A differenza
dell’Iraq, dove gli investimenti nei sistemi di irrigazione furono stanziati in concomitanza alla fondazione di nuove città
(Amsâr) come Basra, Kufa e Wasit, in Siria
i ricchi investitori arabi preferivano sfruttare terreni liberi e nuove terre forse per
Diga nord-occidentale,
al-Qanatir.
132
evitare le richieste di proprietari terrieri
e contadini e beneficiare di agevolazioni
fiscali. In effetti, poiché i terreni non utilizzati erano soggetti al pagamento della
decima (‘ushr) invece della più alta imposta fondiaria (kharaj), essi offrivano
agli investitori privati una possibilità di
guadagno maggiore. Così membri della
famiglia regnante, capi tribù e alti ufficiali cominciarono a cercare di ricavare
redditi dalla bonifica di zone desertiche
(mawat), generando un’espansione dell’attività agricola nelle aree marginali.
Secondo una fonte araba che descrive i
tratti dominanti di ciascun califfo omayyade, la caratteristica principale di al-Walîd
I (86/705-96/715) sarebbe stata la passione per la costruzione dei sistemi di
irrigazione e l’acquisizione di nuovi possedimenti. Durante il suo regno, la popolazione continuò ad accumulare avidamente terreni e proprietà, confermando
il detto arabo secondo il quale «il popolo
segue la religione dei suoi capi».
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Fudayn (Mafraq)
Terme, al-Fudayn
(Mafraq).
III.3 AL-FUDAYN (MAFRAQ)
Il sito, ubicato nella moderna Mafraq dove
la strada si biforca a nord verso la Siria e a
est verso l’Iraq, si trova circa 70 chilometri
a nord-est di Amman e può essere raggiunto
in auto da Qasr al-Hallâbât andando in
direzione di Zarqa e poi a nord verso alMafraq.
Per informazioni: ufficio del Dipartimento
delle Antichità a Mafraq, 02 6231885.
A quanto pare, essa andò distrutta nell’ VIII secolo a.C., forse in seguito alla
campagna militare del re assiro TiglathPileser nel 732 a.C. Nel periodo bizantino il sito ospitò un complesso monastico (al-Samra), poi trasformato in
palazzo nel periodo omayyade. Le vestigia, di forma rettangolare (180 x 60
metri), sono composte da tre unità
architettoniche:
Al-Fudayn, (per gent.
conc. di A. Husan).
La parola al-Fudayn, diminutivo di
Fadan, ha origine aramaica e significa
«muro alto» o «edificio elevato». La
prima occupazione del sito risale al
Neolitico e all’Età del Bronzo. Nell’Età
del Ferro, probabilmente nel IX secolo
a.C., fu eretta una struttura fortificata
di 70 metri per 50, finalizzata a difendere la zona dagli attacchi dei nomadi.
133
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Al-Fudayn (Mafraq)
–una struttura rettangolare (70 x 47
metri) circondata da solide mura costituite da blocchi giganteschi, alcuni dei
quali pesano fino a 5 tonnellate. All’interno, la pianta è costituita da un cortile centrale con una serie di stanze
addossate alla cinta muraria. L’angolo
nord-occidentale è occupato da una cappella con pavimento musivo. A sud di
essa si trova un corridoio, a quanto pare
un’aggiunta risalente al periodo
omayyade. Qui fu trovato un nascondiglio con forme di animali in ferro, tra
cui un elefante e un ariete. Il nascondiglio conteneva anche un braciere in
bronzo, un incensiere e numerosi vasi in
steatite.
–Una struttura di 40 metri quadrati con
un cortile centrale fiancheggiato da stanze di varie dimensioni. Questa unità, l’abitazione del proprietario di al-Fudayn,
era dotata sul lato nord di terme com-
Terme,ipocausto,
al-Fudayn, (Mafraq).
134
plete di fornace, ipocausto, natatio, tepidarium e calidarium, spogliatoio e sala per
il relax. A sud si trovava una moschea, la
cui complessa storia riflette le modifiche
introdotte nella pianta originale. Il muro
a sud (qibla) era rivestito da pannelli di
stucco, risalenti forse al primo periodo
abbaside.
–Infine, una piccola struttura quadrata di
20 metri per 20 di costruzione leggermente tarda.
Le fonti arabe forniscono numerose
informazioni sulla storia e i proprietari di
al-Fudayn. Questa tenuta agricola fu
acquistata da Khâlid Ibn Yazîd Ibn
Mu’âwiya in cambio di al-Khadra’, il
palazzo di Damasco dalla cupola verde.
Più tardi fu trasferita a Sâ’id Ibn Khâlid
Ibn ‘Amr Ibn ‘Uthmân, un pronipote del
terzo califfo ortodosso. Il nuovo proprietario era estremamente ricco e oltre
ad al-Fudayn, possedeva vaste tenute e
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Umm al-Jimal
immobili a Damasco. Una delle figlie di
Sâ’id fu data in sposa al califfo Hishâm
Ibn ‘Abd al-Malik, mentre un’altra figlia
di nome Sa‘da sposò al-Walîd II, ma morì
prima che questi potesse accedere al
califfato. Al-Walîd II sposò allora la sorella di Sa‘da, Salma, che sarebbe morta
prima dell’assassinio del marito. A quanto pare, la proprietà di al-Fudayn rimase
nelle mani dei discendenti di Sâ‘id fino
alla fine del II-inizio III secolo/primo
quarto del IX. Durante il regno del califfo
abbaside al-Ma’mûn (197/813-218/
833), Sâ‘id al-Fudayni si ribellò e rivendicò il califfato. La rivolta, che fu tuttavia di breve durata, terminò con la fuga
di Sâ‘id e la distruzione di al-Fudayn per
mano di Yahyâ Ibn Sâlih, comandante
dell’esercito mandato contro il ribelle.
Al-Fudayn appartiene alle cosiddette
terre bonificate privatamente e nelle cronache arabe viene definito tenuta agricola (dây’a). Tra i notevoli manufatti riportati alla luce in questa zona, vi è un
braciere in bronzo sostenuto da quattro
grifoni con le ali spiegate. Gli angoli
superiori erano occupati da nudi femminili con una mano protesa in avanti, mentre l’altra teneva un uccello o una torcia.
I lati erano decorati con arcate, sei delle
quali contenenti pannelli con scene erotiche.
G. B.
III.4 UMM AL-JIMAL
Le rovine si trovano 20 chilometri a est di
Mafraq. Il sito può essere raggiunto in auto
da Mafraq andando verso est fino a Umm
al-Jimal.
Per informazioni: ufficio turistico,
02 6267040.
Moschea omayyade,
rilievo scolpito,
al-Fudayn (Mafraq).
L’insediamento di Umm al-Jimal si compone di due parti. La prima, in uno stato
di conservazione relativamente buono,
viene chiamata dagli archeologi la “città”
di Umm al-Jimal. Fu abitata nel periodo
romano, bizantino e omayyade dall’inizio del II secolo alla metà del II/VIII. La
seconda parte, grande circa metà della
città, è stata chiamata il “villaggio” di
Umm al-Jimal. Il villaggio, situato 200
metri a est della città, è, diversamente da
questa, totalmente in rovina. Fu abitato
nel periodo nabateo e romano tra il I e il
IV secolo.
Il villaggio di Umm al-Jimal era essenzialmente un insediamento civile. La totale assenza di mura difensive attesta il
clima di prevalente sicurezza che regnava
durante la pax romana, quando all’inizio
135
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Umm al-Jimal
Umm al-Jimal (De
Vries, 1998, Fig. 6).
1 Chiesa a nord
2 Chiesa a nord-est
3 Chiesa a ovest
4 Cattedrale
5 Cisterna principale
6 Praetorium
7 Chiesa di Numeriano
8-9 Complessi abitativi
10 Chiesa a sud-ovest
11 Cappella della
caserma
12 Castello più tardo
13-14 Complessi
abitativi
136
del II secolo la regione divenne una provincia dell’impero. I resti mostrano che il
villaggio era strettamente legato alla vicina Bostra (nell’attuale Siria), capitale della
romana Provincia Arabia. Secondo le fonti
storiche, infatti, nel II e nel III secolo gli
abitanti di Umm al-Jimal avrebbero persino fatto parte del consiglio municipale
di Bostra.
La città di Umm al-Jimal, fondata nel II
secolo, era un centro amministrativo e
militare romano. Era occupata essenzialmente da soldati e funzionari romani, mentre i civili continuarono a vivere nel vicino villaggio. Restano in piedi
parti del praetorium (sede amministrativa) e del castellum (caserma). Sono inol-
tre visibili le vestigia di una delle più
antiche strutture della città, la porta
nord-occidentale. Questa, che reca
un’iscrizione risalente al regno dell’imperatore Commodo (161-192), era una
delle otto porte appartenenti alle mura
difensive.
Nel periodo romano, Umm al-Jimal non
fu un insediamento civile molto importante e detenne una posizione di secondo piano rispetto alle grandi città della
Decapolis presenti nella zona, come
Bostra, Philadelphia (Amman) e Gerasa
(Jerash). Le mancavano in effetti la struttura formale, gli spazi pubblici monumentali e le caratteristiche architettoniche di queste poleis.
La città raggiunse una notevole prosperità
nel periodo bizantino, soprattutto nel
corso del VI secolo. In quest’epoca, il controllo imperiale sulla zona si era indebolito e Umm al-Jimal divenne molto probabilmente responsabile della propria
difesa. La città divenne una tappa carovaniera, e, cosa ancora più importante, un
centro di smercio dei prodotti agricoli
coltivati nella zona.
Diversamente dal periodo romano,
durante il quale si assistette a uno sviluppo dei centri urbani, il periodo
bizantino fu caratterizzato da un numero sempre maggiore di villaggi e cittadine di campagna, conseguenza della
ricca produzione e del florido commercio agricoli. Umm al-Jimal rappresenta
un tipico esempio di agglomerato rurale; è stato appurato che in questo periodo la sua popolazione crebbe a circa
3000 unità.
Fu in quest’epoca che la città si trasformò da centro amministrativo e mili-
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Umm al-Jimal
tare a insediamento civile caratterizzandosi, come spesso avvenne nel periodo
bizantino, per l’estensiva costruzione di
chiese: sono stati infatti rinvenuti i resti
di almeno 15 edifici. La chiesa più grande è quella di San Giuliano: sebbene sia
stata generalmente datata al 345, recenti ricerche hanno dimostrato che non fu
costruita prima della fine del V o del VI
secolo.
Il villaggio e la città erano presumibilmente abitati da tribù arabe locali, e le
iscrizioni trovate nel sito attestano che gli
abitanti parlavano sia il greco che il nabateo, una delle prime lingue semitiche
locali di cui si abbia conoscenza.
La città di Umm al-Jimal continuò a
essere abitata durante il periodo omayyade, ma su scala più ridotta rispetto al
periodo bizantino. L’attività edilizia
omayyade si limitò per lo più all’adattamento di strutture preesistenti, tra le
quali il praetorium. La maggior parte
delle sale di questo edificio furono rintonacate e nella “stanza cruciforme” fu
installato un pavimento musivo. A quan-
Castello, Umm
al-Jimal.
137
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Umm al-Jimal
to pare, l’occupazione della città non
durò molto oltre il periodo omayyade;
l’abbandono fu probabilmente dovuto al
devastante terremoto del 131/749, che
distrusse gran parte delle città della
regione.
La città rimase abbandonata fino all’inizio del Novecento, quando membri della
setta religiosa dei drusi si trasferirono qui
dalla vicina Jabal drusa, situata a nord di
Umm al-Jimal, nell’attuale Siria. Essi
rimasero nella città per circa trent’anni,
ricostruendo diversi edifici storici al fine
di riadattarli ai propri bisogni. A prima
vista, è difficile distinguere le parti originali da quelle ricostruite, perché le
opere di costruzione realizzate dai drusi
somigliano molto alle strutture origina-
Praetorium, interno,
Umm al-Jimal.
138
li. La città fu inoltre utilizzata come
campo militare dall’esercito francese e
britannico prima che negli anni Venti
fosse tracciato l’attuale confine tra Siria
e Giordania. In seguito, famiglie beduine
locali abitarono la città fino al 1975,
quando il governo giordano recintò il
luogo per proteggere il sito archeologico.
È interessante notare che Umm al-Jimâl
(parola araba che significa «madre dei
cammelli» o anche «luogo dei cammelli») non viene menzionata prima del
XIII/XIX secolo. E tuttavia proprio questo nome ha portato a dichiarare che la
città fosse una tappa carovaniera. L’antico toponimo resta comunque ignoto e
nessuna delle numerose iscrizioni forni-
PERCORSO III
Palazzi omayyadi
Umm al-Jimal
sce informazioni sul suo primo appellativo, precedente a quello del XIII /XIX
secolo.
L’area in cui è situata Umm al-Jimal ha
un tasso di precipitazioni annue di circa
100 millimetri tra novembre e marzo.
Poiché non esistono pozzi né sorgenti
nella città e nei suoi dintorni, l’acqua
doveva essere raccolta durante la stagione delle piogge e immagazzinata in cisterne. Ogni casa aveva almeno una propria
cisterna, mentre diverse grandi cisterne
pubbliche erano distribuite per tutta la
città.
Una delle caratteristiche più impressionanti di Umm al-Jimal è il basalto nero
con cui furono eretti gli edifici. La pietra
scura, che dà alle città e alle rovine un
senso di desolazione, è costituita da roccia vulcanica, di cui la zona è ricca. La
pietra non era usata solo per le mura, ma
anche per la costruzione di tetti, fatti con
travi in pietra poggiati su mensoloni o
archi posti a stretta distanza l’uno dall’altro. Anche le porte erano fatte di lastre di
pietra e non di legno. Il notevole numero
di edifici che si sono conservati nel sito è
dovuto in gran parte al massiccio uso di
questo materiale.
M. A.
Praetorium, interno,
Umm al-Jimal.
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