Euridice Eugenio Onegin contarle dei suoi antichi amori; le confessa poi il suo sentimento per il nuovo ospite e chiede di lasciarla sola con carta e penna. Segue la lunga (dodici minuti) aria della lettera ("Puskaj pogibnu ja", 'Mi perderò'): Tat'jana confessa la sua passione totale e assoluta per Onegin, nata dal primo istante e destinata a durare in eterno. È ormai l'alba: la njanja ritorna e trova Tat'jana ancora sveglia. Nel duetto che segue, mette in guardia la fanciulla dai pericoli delle troppo rapide passioni. Tat'jana chiede alla njanja di far recapitare la lettera da un nipote. Scena terza. In un angolo del giardino un gruppo di contadine raccoglie bacche cantando una canzone. Entra Tat'jana correndo, si abbandona su una panchina e si dispera per il gesto compiuto. La raggiunge Onegin, che con parole pacate e fredde le rimprovera la mancanza di controllo e le spiega le ragioni del suo rifiuto: certo, se volesse sposarsi, sarebbe la moglie ideale, ma l'inquietudine, l'angoscia gli impediscono qualsiasi unione duratura. Poi le offre il braccio e si allontanano insieme. Ano SECONDO. Scena prima. È l'onomastico di Tat'jana e in casa Larin c'è un ballo con la banda militare che suona. Onegin, irritato dalla vacuità degli invitati, decide di corteggiare Ol'ga, facendo ingelosire Lenskij. Monsieur Triquet, istitutore presso alcuni vicini, canta alcuni couplets in onore della festeggiata. Durante la mazurka, Onegin balla ancora con Ol'ga; poi ha uno scontro con Lenskij che, giunto al limite dell'esasperazione, lo sfida a duello. Scena seconda. In campagna, nei pressi di un mulino, Lenskij aspetta Onegin con il suo secondo Zareckij: presentendo la morte, canta disperato il suo amore per Ol'ga ("Kuda, kuda udalilis", 'Dove, dove siete volati'). Arriva Onegin accompagnato, invece che da un secondo, dal suo cameriere Guillot. Tutto è pronto per il duello: Onegin spara per primo e uccide Lenskij. Ano TERZO. Scena prima. Nel salone di un palazzo pietroburghese si sta svolgendo un ballo. Onegin, tornato da poco da una serie di viaggi, in un angolo esprime noia e insoddisfazione per la sua vita vacua. Entra il principe Gremin con Tat'jana, diventata sua moglie e trasformatasi in un'elegantissima dama del bel mondo. Onegin stenta a riconoscerla e chiede di lei a Gremin, suo vecchio amico. In risposta Gremin gli rivela tutta la felicità della sua vita matrimoniale ("Ljubvi vse vozrasti pokor- 420 ny", 'Tutte le età sono soggette all'amore'). Dopo un breve e formale saluto al suo antico amore, Tat'jana, fingendosi stanca, si allontana al braccio del marito. Onegin si scopre innamorato come un ragazzo ("Uvy, somneija net", 'Ahimè non ci sono dubbi') e fugge, deciso a raggiungere l'amata. Scena seconda. In una stanza del palazzo Gremin, Tat'jana legge una lettera di Onegin in cui le dichiara il suo amore. Piange, tormentata dal risvegliarsi in lei della passione. Entra Onegin, le si butta ai piedi: Tat'jana trova la forza di ammettere il suo amore ma di rifiutarlo in nome della fedeltà al marito e dà per sempre l'addio a Onegin. • Rispetto al testo puskiniano, molte sono le omissioni, realtivamente poche le interpolazioni: non a caso Cajkovskij chiama la sua opera 'scene liriche'. È omesso tutto il primo capitolo, la spensierata vita mondana di Onegin a Pietroburgo, e tutto il settimo, con la visita di Tat'jana ai luoghi oneginiani, dopo il duello e la partenza per Mosca di madre e figlia in cerca di mariro (di quest'ultima parte, con l'incontro del fidanzato e la proposta di matrimonio, esiste un abbozzo non realizzato nel primo progetto del compositore). Le principali interpolazioni sono i già ricordati cori dei contadini nella prima scena del primo atto, la parte finale del ballo in casa Larin, con lo scontro tra Onegin e Lenskij, la sfida a duello, il pubblico scandalo (in Puskin la sfida e tutto ciò che ne consegue non avviene al ballo). Nell'ultimo atto, del tutto nuovo è il monologo di Gremin sulla felicità coniugale. Dilatata è l'ultima scena della dichiarazione di Onegin a Tat'jana, con appassionati slanci e trepide confessioni che il testo in versi non conosce. Assolutamente fedele è invece il testo dei tre momenti cardinali: la lettera di Tat'jana, la risposta di Onegin, l'ultimo rifiuto di Tat'jana, dove i versi puskiniani rimangono intatti e dove l'interpretazione musicale éajkovskiana acquista una straordinaria intensità, raggiunge una originalissima, sottile, commossa dimensione psicologica. Estrema coerenza stilistica, sapiente su ccerdersi di quartetti, quintetti, arie, ariosi e cori, grande intelligenza nel cogliere il tessuto musicale di un'epoca: Cajkovskij, nel suo Onegin, ottiene in parte ciò che Puskin ha ottenuto in pieno, e cioè tradurre in forma lirica (o musicale) il vero sensa di una generazione, la sua storia interiore. Tat'jana appassionata, sincera e tuttavia ri- forma di spettacolo conviviale nella versione di Angelo Poliziano a Mantova. • A differenza della Fabula di Poliziano, per non turbare la gioia del matrimonio reale festeggiato a Firenze, la vicenda volge a un lieto fine antitetico alla versione del mito greco, nella quale, perduta per sempre Euridice, Orfeo ripudia l'amore e le donne, inferocite, si vendicano e lo fanno letteralmente a pezzi. Rinuccini fa dichiarare programmaticamente alla Tragedia in persona, nel prologo, che è meglio deporre «i mesti cotumi e i foschi panni» Euridice Dramma musicale in sei scene e destare nei cuori «più dolci affetti ». Inidi Jacopo Peri (1561-1633) su libretto di zia così un «novo carnrnin», un nuovo geOttavio Rinuccini. Prima rappresentazione: nere di rappresentazione teatrale: nel perFirenze, Palazzo Pitti, 6 ottobre 1600. Personaggio di Euridice che rinascerà in virtù sonaggi: la Tragedia (S), Euridice (S), Ordel canto di Orfeo si può leggere una figufeo (T), Arcetro (A), Tirsi (T), Aminta (T), ra della nuova arte che col 'recitar cantanDame (S), Vene re (S), Plutone (B), Prodo' fa rinascere i fasti della tragedia classiserpina (S), Radamanto (T), Caronte (B); ca. Le scene in cui si suddivide l'azione ninfe, pastori, ombre e deità d'inferno. sono tutte chiuse da lunghi cori di commento, a parte la quinta, che si lega immeÈ la prima opera di cui sopravvivono comdiatamente all'ultima. ella prima, ninfe e plete le musiche. Quando venne rapprepastori si rallegrano con Euridice per il sentata come omaggio privato di Jacopo suo matrimonio con Orfeo: "Non vide un Corsi per il matrimonio di Maria de' Mesimil par d'amanti 'l sole", si cita petrardici con Enrico IV di Francia, con J acopo cheggiando. In attesa di Orfeo i pastori inPeri come Orfeo, Francesco Rasi come tonano un lieto canto ("Al canto, al ballo, Aminta, lo stesso Corsi al «gravicembaa l'ombre, al prato adorno"). Orfeo attenlo», nella partitura di Peri erano state sode con impazienza la sposa, nella scena stituite alcune sezioni con altre musicate successiva, e apostrofa i luoghi che hanno da Caccini: la parte di Euridice, alcune un tempo ascoltato i suoi lamenti ("Antri, arie delle ninfe e dei pastori, i cori che ch'ai miei lamenti"). Fra i pastori, Tirsi inconcludono le scene prima, seconda e .tona una canzonetta ("Nel puro ardor de quarta. Caccini si preoccupò di completala più bella stella"), ma arriva Dafne e con re in fretta la sua versione integrale della accenti mesti infrange la gioia dei presenti. parti tura, sempre su libretto di Rinuccini, Dapprima riluttante, la ninfa messaggera e la diede alle stampe prima di quella di si lascia convincere a narrare la morte di Peri. Da anni nei circoli intellettuali italiaEuridice, punta da un serpente mentre m, e fiorentini in particolare, si era discusdanzava sul prato ("Per quel vago boso del rapporto parola-musica e del potere schetto"). Orfeo intona pochi versi di dodi questa, sperimentato nelle nuove comlore ("Non piango e non sospiro") e si alposizioni monodiche e nello stile rapprelontana, accompagnato dal commento del sentativo di alcuni intermedi teatrali. Si coro ("Cruda Morte, ahi pur potesti"). considerano precedenti significativi del Nella terza scena il pastore Arcetro racmelodramma gli intermedi per la commeconta come Venere sia scesa dal cielo per dia La pellegrina, rappresentati a Firenze recare conforto al cantore. La dea, nella nel 1589, in una produzione curata dal scena successiva, spinge Orfeo alle porte conte Giovanni Bardi e dal compositore dell' Ade e lo incoraggia a riconquistare la Emilio de' Cavalieri (alle musiche contrisposa commovendo le divinità infernali. Al buirono anche Marenzio, Peri, Caccini e canto di Orfeo ("Funeste piagge, ombrosi altri). Come questi, anche i primi drammi orridi campi") entrano in scena Radamanmusicati da cima a fondo trattano temi mito, Plutone e Proserpina. Grazie alla pretologici: dopo l'esperimento della Da/ne, ghiera di questa, Plutone è convinto a rerappresentata in forma privata qualche anstituire Euridice a Orfeo. Il ritorno del no prima, il poeta Ottavio Rinuccini vercantore è anticipato nella scena quinta dal seggia la storia di Orfeo, che un secolo e racconto di Aminta, che narra agli incremezzo prima era stata recitata e cantata in gida e coerente nelle sue scelte: di vita, Onegin inquieto, ombroso, annoiato, fragile, immaturo, incapace di amare, sempre alla ricerca di nuove prospettive che non realizzerà mai: sono due aspetti della generazione contemporanea a Puskin, due aspetti (il rigido codice morale contro l'indeterminatezza, la depressione, l'oblomovismo) che segneranno i decenni a venire, e di cui Cajkovskij sa dare una lettura sensibile. (f.m.) 421 Europa riconosciuta Euridice duli pastori di aver visto Euridice viva. Orfeo canta la sua vittoria ("Gioite al canto mio, selve frondose") nell'ultima scena, conclusa da un coro danzato C'Biondo arcier, che d'alto monte"). • Rinuccini adottò qui forme e temi propri del genere pastorale, sul quale si era acceso di recente il dibattito, grazie alla fortuna dell'Aminta di Tasso e al Pastor fido di Guarini. Scegliendo come protagonista un cantore e calando l'azione nel clima irreale del mondo pastorale, dove la musicalità era dote naturale degli abitanti dell' Arcadia, intese giustificare il canto continuo in scena. ella serie di versi sciolti, settenari e endecasillabi, inserì però anche momenti in cui una più marcata organizzazione formale e la metrica differente determinano uno scarto espressivo rispetto al flusso dell' azione: non solo nei cori strofici che commentano le scene, anche per episodi di esibizioni canore in funzione realistica (l'ode saffica di Tirsi, "Nel puro ardor de la più bella stella"; la perorazione canora di Orfeo nell'Ade, "Funeste piagge, ombrosi orridi campi", a strofe irregolari con un verso di ritornello: "Lagrimate al mio pianto, ombre d'inferno"; il canto di Orfeo al suo ritorno sulla terra). In questi episodi, Jacopo Peri infrange il tessuto del 'recitar cantando', ossia del declamato ritmicamente libero e strettamente legato al significato delle parole, a metà strada tra il canto vero e la recitazione, e inserisce momenti musicali a carattere chiuso. L'imitazione polifonica è impiegata nel ritornello corale" Al canto, al ballo" del coro conclusivo della prima scena, nel terzetto incastonato all'interno del coro della seconda scena, nel frammento corale "Alziam le voci e 'l cor" che chiude la terza scena dopo il coro strofico vero e proprio, e nel coro danzato finale. Nella prefazione alla partitura, il compositore cita alcuni strumentisti che parteciparono all'esecuzione suonando il clavicembalo, la tiorba, un lirone a più corde e un liuto grande; ma nella partitura sono segnate solo le linee del canto, dell' accompagnamento del basso continuo e, in rarissimi casi, le parti di strumenti melodici non precisati. La denominazione «triflauto» specifica l'accompagnamento (per due parti strumentali, oltre al continuo) della canzonetta strofica di Tirsi nella seconda scena, intermedio rustico che contrasta con l'austera sobrietà della scena successiva, quella del racconto di Dafne. Per le celebrazioni dell'ottobre 1600, Giulio Caccini compose anche parte delle musiche per Il rapimento di Ce/ala, su testo di Gabriello Chiabrera, che fu eseguito tre giorni dopo l'Euridice nella sala grande delle Commedie nel Palazzo degli Uffizi, come spettacolo principale dei festeggiamenti. L'Euridice di Peri, omaggio privato dell'intellettuale Jacopo Corsi alla nuova regina, passò in secondo piano nelle relazioni dei diplomatici o non venne neanche ricordata. La sua fama crebbe in seguito, anche grazie alle stampe, quella fiorentina (1601) e quella veneziana (1608). (m. e.) Euridice Favola drammatica in un prologo e sei scene di Giulio Caccini (ca, 1550-1618) su libretto di Ottavio Rinuccini. Prima rappresentazione: Firenze, Palazzo Pini, 5 dicembre 1602. Personaggi: la Tragedia (S), Euridice (S), Orfeo (T), Arcetro (A), Tirsi (T), Aminta (T), Dafne (S), Venere (S), Plutone (B), Proserpina (S), Radamanto (B), Caronte (T); ninfe, pastori, ombre e deità d'inferno. La storia della nascita del melodramma è intessuta di rivalità e personalismi. Dopo aver partecipato alla prima rappresentazione dell'Euridice di Jacopo Peri, e aver contribuito alle sue musiche con alcune arie e tre cori (« e questo perché dovevano essere cantate da persone dipendenti da lui», sottolineava Peri), Giulio Cacciai si era affrettato a completarne una sua versione integrale, che riuscì a fare pubblicare poco tempo dopo la fine delle cerimonie nuziali di Firenze, precedendo il rivale. ella stampa (Maresconi, Firenze 1600, in realtà gennaio 1601), dedicata all'antico protettore del musicista, Giovanni Bardi, non vengono nominati né il poeta Rinuccini, né Jacopo Peri, e Caccini vanta la sua priorità nell'invenzione del nuovo stile rappresentativo. Lo stesso aveva rivendicato con amarezza Emilio de' Cavalieri, maggior artefice degli Intermedi del 1589, che aveva collaborato all' Euridice di Peri benché piccato per il fatto che il granduca non avesse ascoltato i suoi consigli per gli spettacoli rappresentati nei festeggiamenti del 1600. Inoltre Peri e Caccini, influenzandosi a vicenda, introdussero nelle loro quasi contemporanee dichiarazioni i termini chiave che descrivono le maggiori novità stilistiche della 'nuova maniera' di canto: la 'sprezzatura' (la libertà ritmica dell'intonazione vocale espressiva) e l'ac- compagnamento del basso continuo. Chi aveva ragione? Probabilmente a Cavalieri va il merito di aver inventato un nuovo genere di rappresentazione, ma l'espressione 'recitar cantando', da lui impiegata per la prima volta, nel titolo della sua -+ Rappresentatione di anima et di corpo, non ebbe per lui altro significato che quello teatrale, di azione eseguita cantando. Peri e Caccini contribuirono alla definizione del 'recitar cantando' come nuovo stile espressivo, in cui il canto era modificato in modo da avvicinarsi all'intonazione varia ma misurata della recitazione intensificata retoricamente. Cacciai, ancor prima dell'Euridice, si era affermato come maestro di quello stile di rnonodia cantabile che troviamo nelle sue Nuove musiche (edite nel 1602 e 1615). Sia nella parti tura di Peri che in quella di Caccini, la monodia a svolgimento chiuso, più marcatamente musicale rispetto al flusso del recitativo aderente alla parola, è presente in numerose occasioni, sollecitata dalla disposizione metrica e formale dei versi di Rinuccini. TI recitativo di Caccini sembra meno ardito armonicamente e meno drammatico di quello di Peri, ma più intense sono le sequenze melodiche e più vario risulta il ritmo armonico. Un'attenzione particolare al canto virtuosistico e alla sottolinea tura espressiva, attuata per mezzo della coloritura, anima la sua retorica musicale. Ad esempio, la citazione di un verso di Petrarca «<Non vide un simil par d'amanti 'l sole»), nella scena prima, nella versione di Peri viene ripetuta tre volte dai solisti e ripresa dal coro a cinque voci. La prima, cantata dalla ninfa, contiene sobri vocalizzi, mentre la replica del pastore è in stile sillabico; ripete il canto della ninfa con più melisrni, ma sempre nell'ambito di una battuta. Nella versione di Caccini, la ninfa scioglie i vocalizzi già a partire dal verso precedente, sulla parola «festose», e snoda una quarantina di note sulla prima sillaba di «amanti» nel verso in esame; quindi il pastore le replica con altre evoluzioni melismatiche e la ninfa ripete un lungo vocalizzo, questa volta sulla prima vocale della parola «sole». Quindi il coro a quattro voci sigla la sezione, assai più in rilievo rispetto all' asciutto episodio di Peri. La partitura di Caccini annota una sola linea strumentale, per il basso continuo. Solamente per il continuo sono annotate le poche note del ritornello stru- mentale inserito fra le strofe del prologo. (m. e.) Europa riconosciuta Dramma per musica in due atti di Antonio Salieri (1750-1825) su libretto di Mattia Verazi. Prima rappresentazione: Milano, Teatro al~la Scala, 3 agosto 1778. Personaggi: Europa, regina di Tiro (S); Asterio, re di Creta e marito di Europa (S); Egisto, innamorato di Semele (T); Semele, principessa, innamorata di Isseo (S); Isseo, giovane guerriero (S). L'opera, composta da Salieri a otto anni dal suo debutto sulle scene, ebbe l'onore di inaugurare il Teatro alla Scala. • Europa e Asterio, sovrani di Tiro e di Creta, mentre si trovano in navigazione con il loro figlioletto fanno naufragio e cadono nelle mani di Egisto. li malvagio personaggio mira alle nozze con la principessa Sernele, incurante dell'amore di quest'ultima per Isseo. li conflitto latente deflagra in una vera e propria battaglia tra i due pretendenti; durante il combattimento, che interrompe un sacrificio votivo, Isseo uccide con le proprie mani Egistc.Iiberando così l'amata da ogni pericolo. I due giovani potranno sposarsi grazie all'intervento magnanimo di Europa, che rinuncia al suo dominio su Tiro per concedere il trono alla nuova coppia. • Non si tratta di una tradizionale opera seria, come si potrebbe credere a giudicare dai suoi ingredienti fondamentali. Convenzionale è la presenza di due coppie di amanti, tutti soprani (donne per gli interpreti dei personaggi femminili, castrati sopranisti per quelli maschili); del tutto originali, invece, risultano diversi altri elementi della struttura musicale. li coro viene utilizzato ampiamente, sia in grandi affreschi collettivi di natura statica sia come soggetto dell' azione, che non progredisce più esclusivamente attraverso il consueto recitativo, ma in scene dall'impianto più organico, animate da numerosi concertati, chiamati a compensare le arie solistiche e a fornire un'abile caratterizzazione dei diversi personaggi. Notevole è anche il taglio della sinfonia d'apertura, che descrive la furia del mare al momento del naufragio da cui prende avvio il dramma. La tonalità espressiva dell'opera è improntata a grande intensità emotiva: ad esempio negli interventi del protagonista Asterio, redatti con molta cura - in specie nell'orchesta- 423