I Romani - APT Basilicata

annuncio pubblicitario
BREVE STORIA DELLA BASILICATA
di Palma Fuccella
I Romani
Da questo periodo convulso in cui si
verifica l'ascesa dei Galli, il conflitto fra
Romani e Sanniti per il controllo del
centro della penisola e la spedizione di
Pirro re dell'Epiro, tesa a ristabilire
l'unità dei territori della Magna Grecia,
emergerà improvvisamente l'egemonia di
Roma che, fiaccate le resistenze di
Etruschi, Galli e Sanniti, e respinto Pirro,
si presentava di prepotenza come la forza
dominatrice del panorama politico
italico.
I Lucani avevano conosciuto i romani
intorno al 330 a.C. quando con questi
costituirono un'alleanza "strumentale"
utile a fronteggiare la pressione sannita a
nord e quella italiota a sud. Ma la durata
del consesso fu davvero breve perché i
romani, già nel 325 a.C., stabilivano un
presidio
strategico
a
Luceria,
evidenziando forti mire espansionistiche
verso sud.
Con il sostegno offerto ai Thurini nel 282
a.C., ancora una volta minacciati dalla
potenza militare lucana, i romani
facevano il loro ingresso ufficiale nello
scacchiere della Magna Grecia: quando
contravvenendo ai patti alcune navi
romane oltrepassarono il capo Lacinio,
presentandosi a mo' di sfida innanzi al
porto di Taranto, la reazione della città fu
immediata e violenta; le navi furono
distrutte e si apriva la guerra tarentina. In
difesa della città ionica sbarcò a Taranto
Pirro, re dell'Epiro che, appoggiato dai
Lucani, ottenne una prima vittoria nella
durissima battaglia campale combattuta
fra Pandosia ed Herakleia nel 280 a.C.;
ma nel 276 a.C. Pirro venne duramente
sconfitto a Maleventum e di lì costretto a
rinunciare ai sogni di una restaurazione
del dominio greco e tornare in patria con
ciò che rimaneva del suo imponente
esercito di uomini ed elefanti. Questa
svolta determinò la resa di Taranto,
avvenuta nel 272 a.C., e l'estensione
immediata del predominio romano sulle
colonie greche del sud della penisola. Nel
273 a.C. intanto, insistendo sulle città che
garantivano importanti accessi sul
Mediterraneo, Roma aveva conquistato il
primo e, fino ad allora, incontrastato
presidio lucano sul Tirreno, Paestum.
La politica romana, già tendenzialmente
poco incline a favorire un'autonomia
sociale ed economica delle proprie
colonie, futuro ancor peggiore destinava
ai "ribelli". Si desume pertanto che lo
spopolamento
di
insediamenti
e
campagne registrato in Basilicata nel
corso del III sec. a.C. sia la conseguenza
delle dure condizioni perpetuate dalle
leggi romane; queste prevedevano il
sequestro dei suoli, generalmente i più
fertili, concessi poi in affitto ai facoltosi
patrizi o agli aristocratici del luogo che li
sostenevano, e qui parliamo di quelle
grandi
estensioni
impopolarmente
denominate ager publicus . Tale diffusa
speculazione portò ad una trasformazione
radicale sia dell'assetto economico e
sociale, con la scomparsa dei ceti
intermedi e l'aumento spaventoso della
manodopera servile, sia del territorio, con
l'affermazione
indiscriminata
del
latifondo. La maggior parte dei terreni, al
centro dei quali sovente sorgevano
sontuose ville patrizie, venne destinata
dai romani al pascolo ed alla
monocoltura, con una ostinazione che
provocò fenomeni di impoverimento ed
erosione dei suoli tali da impensierire gli
stessi agronomi romani.
Se la conquista seguita alla resa di
Taranto aveva imposto ai nuovi popoli
soggetti lo status di socii , vale a dire
alleati con l'obbligo di fornire truppe agli
eserciti imperiali,21 con la sconfitta di
Annibale avvenuta nel 206 a.C. -al fianco
del quale avevano combattuto frange
numerose di Lucani nella speranza di un
riscatto sociale- il governo di Roma
apriva una fase ancor più restrittiva che
prevedeva il sequestro di ulteriori terreni
e il rafforzamento degli organi di
controllo (praefecturae). In questa fase,
oltre alle campagne, si verificò
l'abbandono di Laos e il declino di Serra
di Vaglio, al quale faceva eco la
fondazione di Potentia. Avamposti
romani di primaria importanza strategica,
nell'interno della regione, divenivano
Venusia a nord - fondata già nel 291
a.C.- e Grumentum a sud. Venosa fu
presto collegata dai romani all'importante
asse viario che da Roma, attraverso
Capua, raggiungeva Taranto e Brindisi,
la via Appia, e dotata di un grande
acquedotto composto di una profonda
galleria nella quale confluiva l'acqua
dalle falde. I dati archeologici riferiti a
Grumentum, città posta sulla val d'Agri,
adombrano la continuità fra il primo
inediamento lucano e il successivo
municipium romano, che doveva
essere di grande
importanza
strategica già nel corso del III sec.
a.C. quando fu teatro di due
durissime battaglie fra Roma e
Cartagine, nel 215 e nel 207 a.C.
Fra il III ed il II sec. a.C., il modello
urbano di Roma si impose in
maniera
dirompente,
come
dimostrano la crescita politica,
sociale e produttiva di Venosa e di
Paestum, le uniche città che
conservarono
una
monetazione
autonoma anche nel corso dell'età
Imperiale. Nelle città, esempio di
rinnovata civiltà e progresso,
confluivano in gran numero le
popolazioni rurali, provocando esodi
massicci dalle campagne. L'abbandono
delle terre, contro cui nulla poterono le
colonizzazioni imposte dagli Scipioni e
dai Gracchi negli ultimi decenni del III
sec. a.C., coincise con il declino delle
tradizioni indigene evidenziato, dagli
scavi archeologici, nell'impoverimento
dei corredi funerari di quel periodo. A
determinare tale povertà diffusa e la crisi
demografica che ne conseguì, nel II sec.
a.C., contribuirono le continue e spietate
guerre sociali, fra cui quella seguita alla
deposizione di Marco Livio Druso,22 e la
"guerra servile" condotta da Spartaco,
che saccheggiò e devastò gran parte delle
province romane dell'Italia meridionale,
prima di essere fermato dalle truppe di
Marco Licinio Crasso nel 71 a.C .23
Grazie soprattutto alle antiche tradizioni
mercantili ed artigianali, Herakleia e
Metaponto riuscirono, fino al I sec. d.C.,
a conservare consistente vivacità e
benessere; e se i nuovi cicli delle
istallazioni portuali in un certo senso
templi e delle ricche domus), con una
giurisdizione estesa fino all'antico
territorio della Siritide.
Nel resto della regione gli antichi oppida,
pagi e vici erano ormai scomparsi per far
posto ai municipia, alle coloniae ed alle
villae dei ricchi proprietari romani; i
luoghi sacri e le tradizioni di culto (fatta
eccezione per un estremo risveglio della
pietas indigena testimoniato dagli
interventi di restauro degli Acerronii sul
Santuario di Macchia di Rossano)
vengono soppiantati dai nuovi templi e
da una mentalità religiosa d'ispirazione
bacchica, ben lontana dai culti dionisiaci
preromani; "al dono votivo simbolico statuette, oggetti reali o miniaturizzati- si
sostituiscono le monete di argento e di
bronzo"24 e il culto dell'Imperatore; alla
lingua osca delle genti italiche ed
all'alfabeto greco, infine, si sostituì il
latino e l'omologazione potè dirsi
compiuta.
escludevano dalla gestione delle rendite i
cittadini locali, altrettanto non avveniva
per le produzioni di ceramica che ben
rispondevano alle esigenze della clientela
d'elites di fine Repubblica e ai bisogni
della diffusa ideologia della luxuria
romana (ceramica a vernice nera, piccola
oreficeria, specchi, strigli, etc.). In
seguito al passaggio di Spartaco però,
l'archeologia documenta una progressiva
decadenza di Herakleia conclusasi con
l'abbandono definitivo del quartiere
occidentale avvenuto nel I sec. d.C.
Con il procedere dell'età Imperiale, al
tracollo di Herakleia si contrapponeva il
vigore di Grumentum che diveniva uno
dei centri più ricchi ed importanti della
Lucania romana (come testimoniano la
presenza del foro, dell'anfiteatro, dei
Ed è alla fine di questo processo di
conquista politica e culturale di Roma
che Strabone, parlando dei Sanniti, dei
Lucani e dei Brettii, riferiva: "Sono
ridotti in condizioni così cattive (...) che
è
anche
difficile
distinguerne
l'insediamento: la ragione è che di
nessuno di quei popoli sopravvive una
forma organizzativa comune, che ne sono
nome e del concetto di "Italia" dal
Mezzogiorno alle Alpi.26
scomparse le caratteristiche differenze di
lingua, di armamento, di abbigliamento e
così via (...)".25
Insomma, il tessuto sociale, politico ed
economico della Basilicata si era
radicalmente trasformato allor quando
l'Imperatore
Augusto
attribuì
ufficialmente il nome di Lucania e
Bruzio alla III circoscrizione italica, nel
nuovo ordinamento amministrativo della
penisola teso ad agevolare un maggiore e
più efficace controllo sulla popolazione
(censimenti e riscossione delle imposte);
ma quali che fossero le motivazioni e le
intenzioni
di
Augusto
bisogna
sottolineare che proprio questa riforma e
l'unità politica romano-italica che ne
scaturì, determinarono il propagarsi del
Dell'economia della Lucania in epoca
Imperiale giungono informazioni dai
testimoni del tempo. Numerosi infatti
sono i testi che fanno riferimento
all'allevamento dei suini (una razza
speciale a setola nera) e ad una tanto
decantata carne salata insaccata;
frequenti le citazioni alle greggi ed alle
produzioni lanigene -"omnia lucanae
donent pecuaria silvae"-;27 famosi poi
erano i buoi ed anche gli orsi, costretti
ad esibirsi nei "teatri" della capitale;
ancora molto citata la selvaggina che
confluiva in abbondanza sulle tavole
degli insaziabili banchetti romani.
Sul piano amministrativo, se Augusto
aveva rispettato le autonomie dei
municipi secondo i termini della legge
Giulia, Adriano divise l'Italia in
quattro circoscrizioni giudiziarie,
proponendo per ciascuna un Consolare
addetto agli affari dell'amministrazione
e della giustizia. Con Marco Aurelio, nel
momento di maggiore vigore dell'Impero
romano, i Consolari ebbero il nome di
Giuridici, ed è a questo periodo che
appartiene uno dei pochi amministratori
menzionati in un testo dell'epoca, quel Q.
Erennio Silvio Massimo, Giuridico per la
Calabria, la Lucania e i Bruzii. Con
Diocleziano, Imperatore nel 285 d.C.,
sarà il Correttore il supremo governatore
delle province di Lucania e Bruzii,
ovvero l'ultimo magistrato di cui si abbia
nota fino alla caduta dell'Impero Romano
d'Occidente.28
Ma a questo punto della dominazione
romana la Lucania non conosceva
nient'altro che lo spettro della sua antica
floridezza economica e sociale, tagliata
anche fuori dalle grandi vie di
comunicazione che, solo nella parte
nord-orientale, con la via Appia,
riuscivano a consentire un certo vigore
economico a Venosa, Lavello e Matera.
Altri punti di riferimento nella parte
interna della regione erano Potentia,
Grumentum e Nerulum, quest'ultima
attraversata da quell'antica Popilia fatta
tracciare dal Console Popilio Lenate nel
132 a.C., collegamento viario principale
fra Roma e l'Africa.
Mentre si assisteva alla progressiva
decadenza di Metaponto ed Herakleia,
ridotti a semplici praesidium fra il II ed il
III sec. d.C., al centro dei latifondi
sorgevano le ricche ville romane, come
quella di Cugno dei Vagni allo scalo di
Nova Siri, in una fase in cui il territorio e
l'habitat della regione subivano colpi
mortali, evidenziati dal dilavamento
cospicuo dei fiumi, in parte navigabili,
attraverso i quali cominciava il disastroso
sfruttamento dei boschi. Allo splendore
dell'Impero Romano, che proprio tra il I
ed il III sec.d.C. raggiungeva la massima
influenza
estendendo
rapporti
commerciali fino alla lontana Cina,
faceva dunque ombra un graduale
impoverimento di quelle antiche
province italiche che pure erano state
culla di grande civiltà, come la Lucania.
Ma presto questa crisi si sarebbe estesa
fino a ledere il cuore stesso dell'Impero,
assumendo le dimensioni di un generale
tramonto della società antica. La
pressione dei barbari sui confini del nord
dell'Italia e il rafforzarsi del livello di
sviluppo economico e commerciale delle
province orientali dell'Impero, avrebbero
presto minacciato l'equilibrio politico e la
supremazia di Roma, costretta a
combattere su più fronti per contrastare il
riemergere di rivendicazioni etniche
(perlopiù originate dal fatto che i popoli
orientali non avevano mai rinunciato nè
alla lingua nè tantomeno ai propri
costumi) e religiose, quest'ultime
soffocate nella violenta persecuzione
anticristiana ordinata da Diocleziano. La
diffusione della fede in Lucania, fra III e
IV sec., è documentata un pò su tutto il
territorio, come dimostra la presenza
accertata di chiese paleocristiane a
Potenza (nel luogo in cui sarà costruito il
Duomo), nella zona del Vulture ed a
Metaponto; a Venosa, in particolare, oltre
alle fondamenta di una chiesa
paleocristiana databile al IV sec. d.C.,
sono stati riportati alla luce una
catacomba ed un sepolcreto con epigrafi
datate a partire dal 503 d.C.29
Nel 305 d.C. l'Imperatore Diocleziano
abdicava e lo stesso faceva anche l'altro
Augusto,
Massimiano
Herculeo,
trasferendosi nella sua villa di
Grumentum; ed è a questi che si deve la
costruzione dell'Herculea, l'importante
asse viario che collegava dall'interno la
via Appia con la Popilia, attraverso
Venosa, Potentia, Anzi, Grumentum e
Nerulum, e la Via Appia con l'Appia
Traiana mediante Oppido, Cirigliano ed
Herakleia.
Il peso della fase di conflitti unilaterali in
cui Roma era impegnata fra III e il IV
sec.
d.C.,
gravava
naturalmente
sull'esercito romano che doveva essere
costantemente rinforzato e rinnovato,
decretando il conseguente aumento delle
tasse, imposte perlopiù all'agricoltura.
Sottomessi ad un regime fiscale
insostenibile, gran parte dei contadini
abbandonarono le terre ed il latifondo
sbaragliò nelle antiche e ricche province
italiche generando miserie, carestie ed
una profonda crisi demografica. Ed è in
questo scenario che si preparava
l'infiltrazione dei barbari e la caduta
definitiva
dell'Impero
Romano
d'Occidente, con l'antica capitale ridotta a
mera sede di un esautorato ed impotente
senato, e la nuova capitale, trasferita a
Costantinopoli, a rappresentare il
rinnovato cuore economico, politico e
commerciale dell'Impero. In seguito alla
morte di Teodosio, il successore di
Costantino che per ultimo riuscì a
fronteggiare gli assalti dei barbari ed a
tenere alta l'egemonia di Roma, l'Impero
venne diviso irrimediabilmente fra
Occidente, con capitale a Ravenna, ed
Oriente con capitale a Costantinopoli,
l'antica Bisanzio.30
Sul finire del IV sec. d.C. la spinta dei
barbari a nord si faceva sempre più
pressante fino a che, nel 410 d.C., i
Visigoti guidati da Alarico giunsero a
Roma percorrendo poi tutta la penisola
fino a Reggio, dove intesero stabilire i
confini meridionali del proprio regno.
Per la Lucania, come per l'intero paese,
con il V sec. d.C. si apriva un periodo
veramente buio, anche sul piano delle
testimonianze storiche, poiché ben poche
notizie ci sono state tramandate sui primi
decenni delle invasioni barbariche. Di
rilevante possiamo dire che la spinta
delle popolazioni gote, dal Centro verso
il Sud, dovette essere il motivo che
convinse i pastori a deviare il
tradizionale percorso della transumanza
dagli Abruzzi alla Puglia, su un asse più
sicuro che dalla Valle dell'Ofanto
raggiungeva il Vulture e l'Irpinia. Tale
movimento incise molto sul rilancio
dell'area nord-orientale della regione
tanto che fra il IV ed il V sec. d.C. il
centro della vita economica si spostò
decisamente dalle valli dell'Agri e del
Sinni
verso
il
Vulture-Melfese,
provocando l'abbandono definitivo della
costa Ionica, ormai malarica ed incolta,
una diserzione dalle valli che assumeva
sempre più i connotati della disperata
difesa. Ed è appunto per le sue
caratteristiche topografiche che quel
"valido arnese da guerra"31 che fu
Acerenza avrebbe acquisito valore
strategico di grande rilievo nel primo e
bellicoso scorcio di Medioevo.
Nel 476 d.C., al culmine di un'ondata di
occupazioni e guerre barbariche, l'ultimo
Imperatore
d'Occidente,
Romolo
Augustolo, veniva deposto per mano di
Odoacre capo degli Eruli. Iniziava così,
inesorabilmente, il tramonto dell'Impero
Romano d'Occidente, mentre un altro
popolo germanico si accingeva a varcare
i confini delle Alpi Orientali per
conquistare l'Italia, gli Ostrogoti guidati
da Teodorico, vicende queste che per
convenzione sono poste all'inizio del
Medioevo. Ma l'avvenimento della
destituzione di Romolo Augustolo al
quale
la
periodizzazione
storica
conferisce il ruolo di spartiacque fra Età
antica e Medioevo, in realtà non
determinò una cesura così netta nel
tessuto economico e sociale del tempo;
poiché, se da una parte una sorta di
prologo del Medioevo poteva esser visto
nella profonda crisi in cui fra III e IV sec.
d.C. erano cadute le province italiche
dell'Impero
d'Occidente,
dall'altra
bisogna evidenziare che la politica dei
Goti si basò essenzialmente su una stretta
collaborazione
con
l'aristocrazia
senatoriale romana, adottando una linea
di continuità rispetto agli ordinamenti
giuridici ed amministrativi precedenti. La
crisi raggiunta dalle province italiche nel
IV sec. d.C. aveva ridotto la società e
l'economia allo stremo. Il sistema delle
coemptiones,
basato
sull'ammasso
obbligatorio dei prodotti agricoli per il
fabbisogno
dell'esercito
e
dell'amministrazione, aveva prostrato la
popolazione e ridotto a nulla le risorse.
Non solo le campagne, ma anche le città
erano ormai sfinite da un'economia di
mercato insostenibile.32
Nel 493 d.C. si inesediava a Ravenna il
re degli Ostrogoti Teodorico il quale,
subordinando il suo dominio a quello
dell'Imperatore bizantino, alla forza
militare
degli Ostrogoti
affiancò
l'aristocrazia senatoriale romana e le sue
strutture
organizzative,
conservando
i
caratteri
e
il
funzionamento
dell'economia di
mercato
precedente.
In
questo
modo
Teodorico riuscì a
restituire un certo
vigore
alle
depauperate
province
d'Occidente, ma la
ripresa
non
interessò
le
popolazioni
meridionali che,
provate
dalle
ingenti
tasse
sull'agricoltura,
continuarono
di
fatto a subire le
conseguenze della
dominazione
romana: il peso
dell'esercito
e
delle
amministrazioni
continuava
a
gravare sui coloni
e sui contadini,
obbligati
a
colmare le riserve
rege
ed
a
commerciare solo
quanto vi eccedeva; inoltre, l'estensione
del diritto di arruolamento nell'esercito
contribuì massicciamente all'abbandono
delle "gravose" campagne, tanto che
nemmeno la riduzione delle imposte,
ordinata da Teodato, subentrato al potere
nel 535, riuscì a frenarne l'esodo.
Anche la Lucania dovette provvedere ad
ospitare le guarnigioni gote dislocate nel
regno, hospitalitas che si risolveva
prevalentemente nella confisca e nella
ripartizione delle terre sottratte agli
antichi possessores nella misura di un
terzo, cosa che provocò non poco
scontento nella categoria dei proprietari
terrieri. Solo la parte nord orientale della
regione riuscì a sottrarsi al generale
decadimento. Vivace e fiorente è in
questo periodo l'attività commerciale di
Venosa che ospita una antica e ben
inserita colonia ebraica, nerbo di
un'economia
basata
sull'agricoltura
(grano e frumento), il commercio e
l'artigianato.33 Per la sua posizione
dominante Acerenza è invece, negli
stessi anni, sede prediletta e roccaforte
delle guarnigioni gote, centro politico ed
amministrativo di primaria importanza.
Nella valle del Diano, in quegli stessi
anni, lungo le rive della Marcelliana, fra
Padula e Montesano, aveva luogo uno dei
più importanti mercati dell'intero
Mezzogiorno, di cui narra Cassiodoro,
attento osservatore dell'epoca e testimone
privilegiato per aver esercitato cariche di
controllo nel governo di Teodorico
(corrector Lucaniae et Bruttiorum)
proprio nella III Regio. Il 16 settembre di
ogni anno, la fiera di S. Cipriano
richiamava
mercanti,
artigiani
e
allevatori di tutte le regioni circostanti;
ma fra le righe delle Variae,34 senza per
questo scorgervi nota di sorpresa o
diniego, si apprende che in quella fiera,
così popolosa, venivano ancora venduti
giovani ragazzi come schiavi, eco di una
condizione umana disperata.
Ma sulle sorti dell'Italia un'altra nube si
affacciava minacciosa da quando
Giustiniano, salito sul trono dell'Impero
di Bisanzio, coglieva nella ripresa
d'Occidente e nell'autorità per nulla
remissiva del Papa di Roma, motivo per
scatenare un nuovo conflitto. Sostenuto
dall'idea di liberare l'Impero dal giogo
dei barbari e degli infedeli, Giustiniano
ordinò la riconquista dell'Italia. Nel 536
un forte esercito bizantino guidato da
Belisario sbarcava a Reggio ed in men
che non si dica risaliva e conquistava le
regioni del Sud che, secondo la
testimonianza di Procopio di Cesarea, al
seguito dei bizantini, supportarono ed
accolsero il generale come un liberatore,
stanchi delle vessazioni dei Goti.35
Nel dicembre del 536 Belisario entrava
vittorioso in Roma mentre Giovanni il
Sanguinario sbarcava ad Otranto, inviato
da Giustiniano a controllare le regioni del
Sud; cominciava così quella lunga e
violenta "guerra gotica" di cui il
Mezzogiorno, ed in particolare la
Lucania, sarebbero stati teatro per oltre
vent'anni. I Goti ed i Bizantini si
avvicenderanno più e più volte nel
controllo della regione, soprattutto della
sua parte orientale, istruendo per altro
promesse diverse nel tentativo di
aggregare e far combattere il popolo alle
cause dell'uno o dell'altra.
Quando i Goti, sconfitti da Giovanni il
sanguinario a Brindisi, ripararono ad
Acerenza, l'epicentro dello scontro si
spostava in Lucania, sottoposta a razzie e
distruzioni d'ogni tipo. Ed è a questo
punto, sempre secondo la testimonianza
di Procopio di Cesarea, che nel vivo della
"guerra gotica" entrò un esercito di
Lucani, guidato da Tulliano, figlio di
Venanzio,
potentissimo
correctores
romano. Questi riuscì ad aggregare gran
parte dei proprietari terrieri vessati dalle
"ripartizioni"
gote,
incitandoli
a
contrastare le orde dei barbari che
avevano devastato le terre. Ottenuta la
rassicurazione
del
perdono
dell'Imperatore, da parte di Giovanni il
sanguinario, Tulliano e il fratello
Deoferonte si posero alla guida di un
folto drappello di uomini riuscendo a
fermare i Goti inviati a rafforzare il
presidio di Acerenza.
TAV. VII. Epigrafe rinvenuta in una
catacomba ebraica di Venosa.
Totila però seppe abilmente mettere gli
uni contro gli altri i Lucani, promettendo
di assegnare terre ai coloni sottraendoli
dall'obbligo di pagare i tributi ai ricchi
proprietari terrieri. Vinti naturalmente da
tale generosa promessa i contadini si
shierarono con i Goti, scatenando una
violenta guerra civile. Uccisi Totila e
Teia, sul finire del 553 i Bizantini erano
ormai padroni della situazione se non per
un unico fronte aperto, quello di
Acerenza; ma la lotta dei Goti era senza
speranza perché il paese, stremato da
carestie e pestilenze, fu costretto ad
arrendersi a Narsete. Rifugiatisi a Conza,
dopo la definitiva sconfitta del 555, i
Goti furono infine deportati in massa a
Bisanzio.
"(…) le celebri cifre di Polibio (II, 23-24) relative ai
contingenti che i Romani e gli alleati potevano
mettere in camopo per l’invasione gallica del 225
a.C., attribuiscono ai Lucani 30.000 fanti e 3.000
cavalieri, e cioè poco meno della metà di quanto si
calcolava il potenziale dei socii più privilegiati (…)",
anche se probabilmente i dati forniti da Polibio
accorpavano Lucani e Brettii, si trattava di uno
schieramento davvero considerevole, cfr. AA.VV.,
Da Leukania a Lucania, op.cit., pg.XVII.
22
I Lucani schierati con gli insorti pare fossero molto
numerosi tanto da formare una vera e propria
"legione lucana", e questo gli costò le dure ritorsioni
di Silla. In proposito vedi AA.VV., Da Leukania a
Lucania, op. cit., pg. XXVI.
21
23
Testimonianze eloquenti del devastante passaggio
di Spartaco in Basilicata sono state ravvisate sia nei
numerosi tesoretti chiusi rinvenuti ad Herakleia (che
secondo Cicerone, subì in quell'occasione l'incendio
dell'archivio cittadino) e sia nei diversi livelli di
bruciato riscontrati a Grumentum, in Il Museo
Nazionale della Siritide, op.cit., pg. 118.
24
Cfr. AA.VV., Da Leukania a Lucania, op.cit., pg.
XXII.
25
Ivi., pg. XXVI.
26
"Per i tempi anteriori alla romanizzazione esiste,
com'è noto, una vaga nozione della realtà
geografica, che andrà concretandosi
progressivamente fra il V e il III sec. a.C. con il
propagarsi del nome "Italia" dal Mezzogiorno dunque dalle popolazioni italiche che l'abitavano
all'intera penisola(... ) ". Cfr. Massimo Pallottino,
op.cit. pg. 11.
27
Cfr. Giacomo Racioppi, op.cit., vol. I, pg.339 e ss.
28
Ivi, pg. 308.
29
Angela G. R. Catarinella, Le catacombe ebraiche
di Venosa, in "Basilicata Regione", n. 3/4, anno VIII,
1995, pp.53/58.
30
Si ricordi che con l'Editto di Teodosio, nel 380
d.C., il Cristianesimo veniva proclamata unica
religione dell'Impero, provvedimento che seguiva al
riconoscimento già effettuato da Costantino che
aveva posto fine alle persecuzioni.
31
Cfr. Giacomo Racioppi, op.cit., vol.II, pg.5.
32
"Cadaveri di città semidistrutte", ( "Semirutarum
Urbium Cadavera") scriveva S. Ambrogio nel 387
d.C. riferendo, in una lettera da Milano, del
cattivissimo stato delle città italiane, cfr. Karol
Modzelewski, La transizione dall'antichità al
feudalesimo, in Storia d'Italia, Dal feudalesimo al
capitalismo, Torino, Einaudi, 1978, pp.5/109.
33
Per la documentazione relativa a questa antica
presenza ebraica in Basilicata, vedi Giacomo
Racioppi, op.cit., pg.84 e ss., ed anche Tommaso
Pedio, La Basilicata dalla caduta dell'Impero
Romano agli Angioini, Bari, Levante, 1987, vol. II,
pg.51.
34
Titolo dell'opera di Cassiodoro per la quale vedi
V.A. Sirago, La Lucania nelle "Variae" di
Cassiodoro, in "Studi Storici Meridionali", anno V,
1985, pg.153.
35
Cfr. Tommaso Pedio, op.cit., vol II, pg. 56.
Scarica