BREVE STORIA DELLA BASILICATA di Palma Fuccella I Romani Da questo periodo convulso in cui si verifica l'ascesa dei Galli, il conflitto fra Romani e Sanniti per il controllo del centro della penisola e la spedizione di Pirro re dell'Epiro, tesa a ristabilire l'unità dei territori della Magna Grecia, emergerà improvvisamente l'egemonia di Roma che, fiaccate le resistenze di Etruschi, Galli e Sanniti, e respinto Pirro, si presentava di prepotenza come la forza dominatrice del panorama politico italico. I Lucani avevano conosciuto i romani intorno al 330 a.C. quando con questi costituirono un'alleanza "strumentale" utile a fronteggiare la pressione sannita a nord e quella italiota a sud. Ma la durata del consesso fu davvero breve perché i romani, già nel 325 a.C., stabilivano un presidio strategico a Luceria, evidenziando forti mire espansionistiche verso sud. Con il sostegno offerto ai Thurini nel 282 a.C., ancora una volta minacciati dalla potenza militare lucana, i romani facevano il loro ingresso ufficiale nello scacchiere della Magna Grecia: quando contravvenendo ai patti alcune navi romane oltrepassarono il capo Lacinio, presentandosi a mo' di sfida innanzi al porto di Taranto, la reazione della città fu immediata e violenta; le navi furono distrutte e si apriva la guerra tarentina. In difesa della città ionica sbarcò a Taranto Pirro, re dell'Epiro che, appoggiato dai Lucani, ottenne una prima vittoria nella durissima battaglia campale combattuta fra Pandosia ed Herakleia nel 280 a.C.; ma nel 276 a.C. Pirro venne duramente sconfitto a Maleventum e di lì costretto a rinunciare ai sogni di una restaurazione del dominio greco e tornare in patria con ciò che rimaneva del suo imponente esercito di uomini ed elefanti. Questa svolta determinò la resa di Taranto, avvenuta nel 272 a.C., e l'estensione immediata del predominio romano sulle colonie greche del sud della penisola. Nel 273 a.C. intanto, insistendo sulle città che garantivano importanti accessi sul Mediterraneo, Roma aveva conquistato il primo e, fino ad allora, incontrastato presidio lucano sul Tirreno, Paestum. La politica romana, già tendenzialmente poco incline a favorire un'autonomia sociale ed economica delle proprie colonie, futuro ancor peggiore destinava ai "ribelli". Si desume pertanto che lo spopolamento di insediamenti e campagne registrato in Basilicata nel corso del III sec. a.C. sia la conseguenza delle dure condizioni perpetuate dalle leggi romane; queste prevedevano il sequestro dei suoli, generalmente i più fertili, concessi poi in affitto ai facoltosi patrizi o agli aristocratici del luogo che li sostenevano, e qui parliamo di quelle grandi estensioni impopolarmente denominate ager publicus . Tale diffusa speculazione portò ad una trasformazione radicale sia dell'assetto economico e sociale, con la scomparsa dei ceti intermedi e l'aumento spaventoso della manodopera servile, sia del territorio, con l'affermazione indiscriminata del latifondo. La maggior parte dei terreni, al centro dei quali sovente sorgevano sontuose ville patrizie, venne destinata dai romani al pascolo ed alla monocoltura, con una ostinazione che provocò fenomeni di impoverimento ed erosione dei suoli tali da impensierire gli stessi agronomi romani. Se la conquista seguita alla resa di Taranto aveva imposto ai nuovi popoli soggetti lo status di socii , vale a dire alleati con l'obbligo di fornire truppe agli eserciti imperiali,21 con la sconfitta di Annibale avvenuta nel 206 a.C. -al fianco del quale avevano combattuto frange numerose di Lucani nella speranza di un riscatto sociale- il governo di Roma apriva una fase ancor più restrittiva che prevedeva il sequestro di ulteriori terreni e il rafforzamento degli organi di controllo (praefecturae). In questa fase, oltre alle campagne, si verificò l'abbandono di Laos e il declino di Serra di Vaglio, al quale faceva eco la fondazione di Potentia. Avamposti romani di primaria importanza strategica, nell'interno della regione, divenivano Venusia a nord - fondata già nel 291 a.C.- e Grumentum a sud. Venosa fu presto collegata dai romani all'importante asse viario che da Roma, attraverso Capua, raggiungeva Taranto e Brindisi, la via Appia, e dotata di un grande acquedotto composto di una profonda galleria nella quale confluiva l'acqua dalle falde. I dati archeologici riferiti a Grumentum, città posta sulla val d'Agri, adombrano la continuità fra il primo inediamento lucano e il successivo municipium romano, che doveva essere di grande importanza strategica già nel corso del III sec. a.C. quando fu teatro di due durissime battaglie fra Roma e Cartagine, nel 215 e nel 207 a.C. Fra il III ed il II sec. a.C., il modello urbano di Roma si impose in maniera dirompente, come dimostrano la crescita politica, sociale e produttiva di Venosa e di Paestum, le uniche città che conservarono una monetazione autonoma anche nel corso dell'età Imperiale. Nelle città, esempio di rinnovata civiltà e progresso, confluivano in gran numero le popolazioni rurali, provocando esodi massicci dalle campagne. L'abbandono delle terre, contro cui nulla poterono le colonizzazioni imposte dagli Scipioni e dai Gracchi negli ultimi decenni del III sec. a.C., coincise con il declino delle tradizioni indigene evidenziato, dagli scavi archeologici, nell'impoverimento dei corredi funerari di quel periodo. A determinare tale povertà diffusa e la crisi demografica che ne conseguì, nel II sec. a.C., contribuirono le continue e spietate guerre sociali, fra cui quella seguita alla deposizione di Marco Livio Druso,22 e la "guerra servile" condotta da Spartaco, che saccheggiò e devastò gran parte delle province romane dell'Italia meridionale, prima di essere fermato dalle truppe di Marco Licinio Crasso nel 71 a.C .23 Grazie soprattutto alle antiche tradizioni mercantili ed artigianali, Herakleia e Metaponto riuscirono, fino al I sec. d.C., a conservare consistente vivacità e benessere; e se i nuovi cicli delle istallazioni portuali in un certo senso templi e delle ricche domus), con una giurisdizione estesa fino all'antico territorio della Siritide. Nel resto della regione gli antichi oppida, pagi e vici erano ormai scomparsi per far posto ai municipia, alle coloniae ed alle villae dei ricchi proprietari romani; i luoghi sacri e le tradizioni di culto (fatta eccezione per un estremo risveglio della pietas indigena testimoniato dagli interventi di restauro degli Acerronii sul Santuario di Macchia di Rossano) vengono soppiantati dai nuovi templi e da una mentalità religiosa d'ispirazione bacchica, ben lontana dai culti dionisiaci preromani; "al dono votivo simbolico statuette, oggetti reali o miniaturizzati- si sostituiscono le monete di argento e di bronzo"24 e il culto dell'Imperatore; alla lingua osca delle genti italiche ed all'alfabeto greco, infine, si sostituì il latino e l'omologazione potè dirsi compiuta. escludevano dalla gestione delle rendite i cittadini locali, altrettanto non avveniva per le produzioni di ceramica che ben rispondevano alle esigenze della clientela d'elites di fine Repubblica e ai bisogni della diffusa ideologia della luxuria romana (ceramica a vernice nera, piccola oreficeria, specchi, strigli, etc.). In seguito al passaggio di Spartaco però, l'archeologia documenta una progressiva decadenza di Herakleia conclusasi con l'abbandono definitivo del quartiere occidentale avvenuto nel I sec. d.C. Con il procedere dell'età Imperiale, al tracollo di Herakleia si contrapponeva il vigore di Grumentum che diveniva uno dei centri più ricchi ed importanti della Lucania romana (come testimoniano la presenza del foro, dell'anfiteatro, dei Ed è alla fine di questo processo di conquista politica e culturale di Roma che Strabone, parlando dei Sanniti, dei Lucani e dei Brettii, riferiva: "Sono ridotti in condizioni così cattive (...) che è anche difficile distinguerne l'insediamento: la ragione è che di nessuno di quei popoli sopravvive una forma organizzativa comune, che ne sono nome e del concetto di "Italia" dal Mezzogiorno alle Alpi.26 scomparse le caratteristiche differenze di lingua, di armamento, di abbigliamento e così via (...)".25 Insomma, il tessuto sociale, politico ed economico della Basilicata si era radicalmente trasformato allor quando l'Imperatore Augusto attribuì ufficialmente il nome di Lucania e Bruzio alla III circoscrizione italica, nel nuovo ordinamento amministrativo della penisola teso ad agevolare un maggiore e più efficace controllo sulla popolazione (censimenti e riscossione delle imposte); ma quali che fossero le motivazioni e le intenzioni di Augusto bisogna sottolineare che proprio questa riforma e l'unità politica romano-italica che ne scaturì, determinarono il propagarsi del Dell'economia della Lucania in epoca Imperiale giungono informazioni dai testimoni del tempo. Numerosi infatti sono i testi che fanno riferimento all'allevamento dei suini (una razza speciale a setola nera) e ad una tanto decantata carne salata insaccata; frequenti le citazioni alle greggi ed alle produzioni lanigene -"omnia lucanae donent pecuaria silvae"-;27 famosi poi erano i buoi ed anche gli orsi, costretti ad esibirsi nei "teatri" della capitale; ancora molto citata la selvaggina che confluiva in abbondanza sulle tavole degli insaziabili banchetti romani. Sul piano amministrativo, se Augusto aveva rispettato le autonomie dei municipi secondo i termini della legge Giulia, Adriano divise l'Italia in quattro circoscrizioni giudiziarie, proponendo per ciascuna un Consolare addetto agli affari dell'amministrazione e della giustizia. Con Marco Aurelio, nel momento di maggiore vigore dell'Impero romano, i Consolari ebbero il nome di Giuridici, ed è a questo periodo che appartiene uno dei pochi amministratori menzionati in un testo dell'epoca, quel Q. Erennio Silvio Massimo, Giuridico per la Calabria, la Lucania e i Bruzii. Con Diocleziano, Imperatore nel 285 d.C., sarà il Correttore il supremo governatore delle province di Lucania e Bruzii, ovvero l'ultimo magistrato di cui si abbia nota fino alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente.28 Ma a questo punto della dominazione romana la Lucania non conosceva nient'altro che lo spettro della sua antica floridezza economica e sociale, tagliata anche fuori dalle grandi vie di comunicazione che, solo nella parte nord-orientale, con la via Appia, riuscivano a consentire un certo vigore economico a Venosa, Lavello e Matera. Altri punti di riferimento nella parte interna della regione erano Potentia, Grumentum e Nerulum, quest'ultima attraversata da quell'antica Popilia fatta tracciare dal Console Popilio Lenate nel 132 a.C., collegamento viario principale fra Roma e l'Africa. Mentre si assisteva alla progressiva decadenza di Metaponto ed Herakleia, ridotti a semplici praesidium fra il II ed il III sec. d.C., al centro dei latifondi sorgevano le ricche ville romane, come quella di Cugno dei Vagni allo scalo di Nova Siri, in una fase in cui il territorio e l'habitat della regione subivano colpi mortali, evidenziati dal dilavamento cospicuo dei fiumi, in parte navigabili, attraverso i quali cominciava il disastroso sfruttamento dei boschi. Allo splendore dell'Impero Romano, che proprio tra il I ed il III sec.d.C. raggiungeva la massima influenza estendendo rapporti commerciali fino alla lontana Cina, faceva dunque ombra un graduale impoverimento di quelle antiche province italiche che pure erano state culla di grande civiltà, come la Lucania. Ma presto questa crisi si sarebbe estesa fino a ledere il cuore stesso dell'Impero, assumendo le dimensioni di un generale tramonto della società antica. La pressione dei barbari sui confini del nord dell'Italia e il rafforzarsi del livello di sviluppo economico e commerciale delle province orientali dell'Impero, avrebbero presto minacciato l'equilibrio politico e la supremazia di Roma, costretta a combattere su più fronti per contrastare il riemergere di rivendicazioni etniche (perlopiù originate dal fatto che i popoli orientali non avevano mai rinunciato nè alla lingua nè tantomeno ai propri costumi) e religiose, quest'ultime soffocate nella violenta persecuzione anticristiana ordinata da Diocleziano. La diffusione della fede in Lucania, fra III e IV sec., è documentata un pò su tutto il territorio, come dimostra la presenza accertata di chiese paleocristiane a Potenza (nel luogo in cui sarà costruito il Duomo), nella zona del Vulture ed a Metaponto; a Venosa, in particolare, oltre alle fondamenta di una chiesa paleocristiana databile al IV sec. d.C., sono stati riportati alla luce una catacomba ed un sepolcreto con epigrafi datate a partire dal 503 d.C.29 Nel 305 d.C. l'Imperatore Diocleziano abdicava e lo stesso faceva anche l'altro Augusto, Massimiano Herculeo, trasferendosi nella sua villa di Grumentum; ed è a questi che si deve la costruzione dell'Herculea, l'importante asse viario che collegava dall'interno la via Appia con la Popilia, attraverso Venosa, Potentia, Anzi, Grumentum e Nerulum, e la Via Appia con l'Appia Traiana mediante Oppido, Cirigliano ed Herakleia. Il peso della fase di conflitti unilaterali in cui Roma era impegnata fra III e il IV sec. d.C., gravava naturalmente sull'esercito romano che doveva essere costantemente rinforzato e rinnovato, decretando il conseguente aumento delle tasse, imposte perlopiù all'agricoltura. Sottomessi ad un regime fiscale insostenibile, gran parte dei contadini abbandonarono le terre ed il latifondo sbaragliò nelle antiche e ricche province italiche generando miserie, carestie ed una profonda crisi demografica. Ed è in questo scenario che si preparava l'infiltrazione dei barbari e la caduta definitiva dell'Impero Romano d'Occidente, con l'antica capitale ridotta a mera sede di un esautorato ed impotente senato, e la nuova capitale, trasferita a Costantinopoli, a rappresentare il rinnovato cuore economico, politico e commerciale dell'Impero. In seguito alla morte di Teodosio, il successore di Costantino che per ultimo riuscì a fronteggiare gli assalti dei barbari ed a tenere alta l'egemonia di Roma, l'Impero venne diviso irrimediabilmente fra Occidente, con capitale a Ravenna, ed Oriente con capitale a Costantinopoli, l'antica Bisanzio.30 Sul finire del IV sec. d.C. la spinta dei barbari a nord si faceva sempre più pressante fino a che, nel 410 d.C., i Visigoti guidati da Alarico giunsero a Roma percorrendo poi tutta la penisola fino a Reggio, dove intesero stabilire i confini meridionali del proprio regno. Per la Lucania, come per l'intero paese, con il V sec. d.C. si apriva un periodo veramente buio, anche sul piano delle testimonianze storiche, poiché ben poche notizie ci sono state tramandate sui primi decenni delle invasioni barbariche. Di rilevante possiamo dire che la spinta delle popolazioni gote, dal Centro verso il Sud, dovette essere il motivo che convinse i pastori a deviare il tradizionale percorso della transumanza dagli Abruzzi alla Puglia, su un asse più sicuro che dalla Valle dell'Ofanto raggiungeva il Vulture e l'Irpinia. Tale movimento incise molto sul rilancio dell'area nord-orientale della regione tanto che fra il IV ed il V sec. d.C. il centro della vita economica si spostò decisamente dalle valli dell'Agri e del Sinni verso il Vulture-Melfese, provocando l'abbandono definitivo della costa Ionica, ormai malarica ed incolta, una diserzione dalle valli che assumeva sempre più i connotati della disperata difesa. Ed è appunto per le sue caratteristiche topografiche che quel "valido arnese da guerra"31 che fu Acerenza avrebbe acquisito valore strategico di grande rilievo nel primo e bellicoso scorcio di Medioevo. Nel 476 d.C., al culmine di un'ondata di occupazioni e guerre barbariche, l'ultimo Imperatore d'Occidente, Romolo Augustolo, veniva deposto per mano di Odoacre capo degli Eruli. Iniziava così, inesorabilmente, il tramonto dell'Impero Romano d'Occidente, mentre un altro popolo germanico si accingeva a varcare i confini delle Alpi Orientali per conquistare l'Italia, gli Ostrogoti guidati da Teodorico, vicende queste che per convenzione sono poste all'inizio del Medioevo. Ma l'avvenimento della destituzione di Romolo Augustolo al quale la periodizzazione storica conferisce il ruolo di spartiacque fra Età antica e Medioevo, in realtà non determinò una cesura così netta nel tessuto economico e sociale del tempo; poiché, se da una parte una sorta di prologo del Medioevo poteva esser visto nella profonda crisi in cui fra III e IV sec. d.C. erano cadute le province italiche dell'Impero d'Occidente, dall'altra bisogna evidenziare che la politica dei Goti si basò essenzialmente su una stretta collaborazione con l'aristocrazia senatoriale romana, adottando una linea di continuità rispetto agli ordinamenti giuridici ed amministrativi precedenti. La crisi raggiunta dalle province italiche nel IV sec. d.C. aveva ridotto la società e l'economia allo stremo. Il sistema delle coemptiones, basato sull'ammasso obbligatorio dei prodotti agricoli per il fabbisogno dell'esercito e dell'amministrazione, aveva prostrato la popolazione e ridotto a nulla le risorse. Non solo le campagne, ma anche le città erano ormai sfinite da un'economia di mercato insostenibile.32 Nel 493 d.C. si inesediava a Ravenna il re degli Ostrogoti Teodorico il quale, subordinando il suo dominio a quello dell'Imperatore bizantino, alla forza militare degli Ostrogoti affiancò l'aristocrazia senatoriale romana e le sue strutture organizzative, conservando i caratteri e il funzionamento dell'economia di mercato precedente. In questo modo Teodorico riuscì a restituire un certo vigore alle depauperate province d'Occidente, ma la ripresa non interessò le popolazioni meridionali che, provate dalle ingenti tasse sull'agricoltura, continuarono di fatto a subire le conseguenze della dominazione romana: il peso dell'esercito e delle amministrazioni continuava a gravare sui coloni e sui contadini, obbligati a colmare le riserve rege ed a commerciare solo quanto vi eccedeva; inoltre, l'estensione del diritto di arruolamento nell'esercito contribuì massicciamente all'abbandono delle "gravose" campagne, tanto che nemmeno la riduzione delle imposte, ordinata da Teodato, subentrato al potere nel 535, riuscì a frenarne l'esodo. Anche la Lucania dovette provvedere ad ospitare le guarnigioni gote dislocate nel regno, hospitalitas che si risolveva prevalentemente nella confisca e nella ripartizione delle terre sottratte agli antichi possessores nella misura di un terzo, cosa che provocò non poco scontento nella categoria dei proprietari terrieri. Solo la parte nord orientale della regione riuscì a sottrarsi al generale decadimento. Vivace e fiorente è in questo periodo l'attività commerciale di Venosa che ospita una antica e ben inserita colonia ebraica, nerbo di un'economia basata sull'agricoltura (grano e frumento), il commercio e l'artigianato.33 Per la sua posizione dominante Acerenza è invece, negli stessi anni, sede prediletta e roccaforte delle guarnigioni gote, centro politico ed amministrativo di primaria importanza. Nella valle del Diano, in quegli stessi anni, lungo le rive della Marcelliana, fra Padula e Montesano, aveva luogo uno dei più importanti mercati dell'intero Mezzogiorno, di cui narra Cassiodoro, attento osservatore dell'epoca e testimone privilegiato per aver esercitato cariche di controllo nel governo di Teodorico (corrector Lucaniae et Bruttiorum) proprio nella III Regio. Il 16 settembre di ogni anno, la fiera di S. Cipriano richiamava mercanti, artigiani e allevatori di tutte le regioni circostanti; ma fra le righe delle Variae,34 senza per questo scorgervi nota di sorpresa o diniego, si apprende che in quella fiera, così popolosa, venivano ancora venduti giovani ragazzi come schiavi, eco di una condizione umana disperata. Ma sulle sorti dell'Italia un'altra nube si affacciava minacciosa da quando Giustiniano, salito sul trono dell'Impero di Bisanzio, coglieva nella ripresa d'Occidente e nell'autorità per nulla remissiva del Papa di Roma, motivo per scatenare un nuovo conflitto. Sostenuto dall'idea di liberare l'Impero dal giogo dei barbari e degli infedeli, Giustiniano ordinò la riconquista dell'Italia. Nel 536 un forte esercito bizantino guidato da Belisario sbarcava a Reggio ed in men che non si dica risaliva e conquistava le regioni del Sud che, secondo la testimonianza di Procopio di Cesarea, al seguito dei bizantini, supportarono ed accolsero il generale come un liberatore, stanchi delle vessazioni dei Goti.35 Nel dicembre del 536 Belisario entrava vittorioso in Roma mentre Giovanni il Sanguinario sbarcava ad Otranto, inviato da Giustiniano a controllare le regioni del Sud; cominciava così quella lunga e violenta "guerra gotica" di cui il Mezzogiorno, ed in particolare la Lucania, sarebbero stati teatro per oltre vent'anni. I Goti ed i Bizantini si avvicenderanno più e più volte nel controllo della regione, soprattutto della sua parte orientale, istruendo per altro promesse diverse nel tentativo di aggregare e far combattere il popolo alle cause dell'uno o dell'altra. Quando i Goti, sconfitti da Giovanni il sanguinario a Brindisi, ripararono ad Acerenza, l'epicentro dello scontro si spostava in Lucania, sottoposta a razzie e distruzioni d'ogni tipo. Ed è a questo punto, sempre secondo la testimonianza di Procopio di Cesarea, che nel vivo della "guerra gotica" entrò un esercito di Lucani, guidato da Tulliano, figlio di Venanzio, potentissimo correctores romano. Questi riuscì ad aggregare gran parte dei proprietari terrieri vessati dalle "ripartizioni" gote, incitandoli a contrastare le orde dei barbari che avevano devastato le terre. Ottenuta la rassicurazione del perdono dell'Imperatore, da parte di Giovanni il sanguinario, Tulliano e il fratello Deoferonte si posero alla guida di un folto drappello di uomini riuscendo a fermare i Goti inviati a rafforzare il presidio di Acerenza. TAV. VII. Epigrafe rinvenuta in una catacomba ebraica di Venosa. Totila però seppe abilmente mettere gli uni contro gli altri i Lucani, promettendo di assegnare terre ai coloni sottraendoli dall'obbligo di pagare i tributi ai ricchi proprietari terrieri. Vinti naturalmente da tale generosa promessa i contadini si shierarono con i Goti, scatenando una violenta guerra civile. Uccisi Totila e Teia, sul finire del 553 i Bizantini erano ormai padroni della situazione se non per un unico fronte aperto, quello di Acerenza; ma la lotta dei Goti era senza speranza perché il paese, stremato da carestie e pestilenze, fu costretto ad arrendersi a Narsete. Rifugiatisi a Conza, dopo la definitiva sconfitta del 555, i Goti furono infine deportati in massa a Bisanzio. 21 "(…) le celebri cifre di Polibio (II, 23-24) relative ai contingenti che i Romani e gli alleati potevano mettere in camopo per l’invasione gallica del 225 a.C., attribuiscono ai Lucani 30.000 fanti e 3.000 cavalieri, e cioè poco meno della metà di quanto si calcolava il potenziale dei socii più privilegiati (…)", anche se probabilmente i dati forniti da Polibio accorpavano Lucani e Brettii, si trattava di uno schieramento davvero considerevole, cfr. AA.VV., Da Leukania a Lucania, op.cit., pg.XVII. 22 I Lucani schierati con gli insorti pare fossero molto numerosi tanto da formare una vera e propria "legione lucana", e questo gli costò le dure ritorsioni di Silla. In proposito vedi AA.VV., Da Leukania a Lucania, op. cit., pg. XXVI. 23 Testimonianze eloquenti del devastante passaggio di Spartaco in Basilicata sono state ravvisate sia nei numerosi tesoretti chiusi rinvenuti ad Herakleia (che secondo Cicerone, subì in quell'occasione l'incendio dell'archivio cittadino) e sia nei diversi livelli di bruciato riscontrati a Grumentum, in Il Museo Nazionale della Siritide, op.cit., pg. 118. 24 Cfr. AA.VV., Da Leukania a Lucania, op.cit., pg. XXII. 25 Ivi., pg. XXVI. 26 "Per i tempi anteriori alla romanizzazione esiste, com'è noto, una vaga nozione della realtà geografica, che andrà concretandosi progressivamente fra il V e il III sec. a.C. con il propagarsi del nome "Italia" dal Mezzogiorno dunque dalle popolazioni italiche che l'abitavano all'intera penisola(... ) ". Cfr. Massimo Pallottino, op.cit. pg. 11. 27 Cfr. Giacomo Racioppi, op.cit., vol. I, pg.339 e ss. 28 Ivi, pg. 308. 29 Angela G. R. Catarinella, Le catacombe ebraiche di Venosa, in "Basilicata Regione", n. 3/4, anno VIII, 1995, pp.53/58. 30 Si ricordi che con l'Editto di Teodosio, nel 380 d.C., il Cristianesimo veniva proclamata unica religione dell'Impero, provvedimento che seguiva al riconoscimento già effettuato da Costantino che aveva posto fine alle persecuzioni. 31 Cfr. Giacomo Racioppi, op.cit., vol.II, pg.5. 32 "Cadaveri di città semidistrutte", ( "Semirutarum Urbium Cadavera") scriveva S. Ambrogio nel 387 d.C. riferendo, in una lettera da Milano, del cattivissimo stato delle città italiane, cfr. Karol Modzelewski, La transizione dall'antichità al feudalesimo, in Storia d'Italia, Dal feudalesimo al capitalismo, Torino, Einaudi, 1978, pp.5/109. 33 Per la documentazione relativa a questa antica presenza ebraica in Basilicata, vedi Giacomo Racioppi, op.cit., pg.84 e ss., ed anche Tommaso Pedio, La Basilicata dalla caduta dell'Impero Romano agli Angioini, Bari, Levante, 1987, vol. II, pg.51. 34 Titolo dell'opera di Cassiodoro per la quale vedi V.A. Sirago, La Lucania nelle "Variae" di Cassiodoro, in "Studi Storici Meridionali", anno V, 1985, pg.153. 35 Cfr. Tommaso Pedio, op.cit., vol II, pg. 56.