MIRROR OR NON MIRROR

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Mirror or non mirror? That is the question
Il ruolo dei neuroni specchio nell’intelligenza sociale
di Giovanni Mirabella1
Premessa
Le neuroscienze cognitive e il teatro sono due discipline che si sono
spesso ignorate, o tutt‟al più si sono reciprocamente guardate con grande
diffidenza. In realtà un potenziale punto di contatto esiste, ed è dato dal fatto
che le neuroscienze cognitive stanno cominciando ad indagare su un aspetto
che da sempre è un argomento studiato e sfruttato nel teatro, ovvero le
nostre capacità di stabilire delle interazioni sociali. In questo capitolo farò
un quadro riassuntivo su ciò che si sa relativamente alle basi nervose dei
processi che sottostanno al nostro comportamento sociale.
Gli uomini non sono affatto gli unici animali che vivono in gruppi
sociali e non sono nemmeno quelli che hanno costruito i gruppi sociali più
numerosi. Formiche, storni, api o arringhe sono esempi di animali che
vivono in società anche di grandi dimensioni. Tuttavia, senza dubbio, gli
esseri umani sono quelli che hanno creato le società più complesse e più
articolate, e ciò grazie al fatto che la socialità umana ha delle caratteristiche
uniche. Le società umane non sono basate in maniera preponderante su
fattori genetici, mentre quelle animali sì. Ad esempio da un punto di vista
genetico, il grado di similarità tra due api dello stesso alveare è circa del
75%, cioè più alto del grado di similarità genetica che io ho con i miei figli,
che è il 50%. La socialità umana è regolata da un set di capacità cognitive
che ci permettono di creare una rappresentazione di noi stessi, di capire le
1
Con il supporto del Bando Giovani Ricercatori 2007 del Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche Sociali
1
intenzioni e le emozioni di chi ci sta intorno per mettere in atto una condotta
adeguata ad interagire con le persone che stanno attorno a noi. E' per questo
che noi siamo riusciti a creare città che non sono composte da persone
imparentate le une con le altre. Si è evoluta, in altre parole, quella che viene
definita “intelligenza sociale”.
Secondo una teoria accreditata, nei mammiferi la competizione per lo
sviluppo delle abilità sociali, avrebbe stimolato lo sviluppo dei meccanismi
propri dell‟intelligenza sociale, stimolando al contempo lo sviluppo della
neocorteccia.2 Questa ipotesi è supportata dall‟esistenza di una correlazione
nelle varie specie di primati tra il volume della neocorteccia e la grandezza
dei relativi gruppi sociali (fig.1).
Fig.1 Relazione tra la dimensione del cervello e la dimensioni dei gruppi sociali nei
mammiferi (da R. ADOLPHS, Cognitive Neuroscience of Human Social Behavior, «Nature
Reviews Neuroscience», 4, 2003, p. 165-178.)
2
R.I.M. DUNBAR, The social brain hypothesis, in «Evolutionary Anthropology», 6, 1998,
pp. 178-190.
2
La “Theory of mind”
La questione di come riusciamo a interpretare il comportamento e le
emozioni degli altri non è nuova. Un‟ipotesi che ha esercitato una grande
influenza nel mondo scientifico è quella fornita da Premack and Woodruff
nota come “Teoria della mente”.3 Secondo tale ipotesi l'abilità di cogliere il
legame causale tra lo stato mentale delle persone che ci circondano e il loro
comportamento poggerebbe esclusivamente sull'elaborazione cosciente di
congetture relative al contenuto del pensiero degli altri. In altre parole, per
comprendere il significato delle intenzioni di chi ci sta davanti, le
informazioni sensoriali che ci giungono (ad esempio l‟immagine
dell‟espressione del viso o della postura del corpo) verrebbero tradotte in
rappresentazioni mentali simboliche (analoghe a quelle linguistiche), che
poi verrebbero combinate tra loro per costruire delle congetture sullo stato
d‟animo altrui.
Ad esempio se io vedo una persona con un bicchiere in mano che si avvicina
ad un tavolo (anche in una situazione paradossale come quella illustrata in
fig.2) capisco che vuole bere qualcosa (e che si tratta di uno scherzo).
Secondo la Teoria della Mente per arrivare a questa conclusione l‟immagine
percepita verrebbe tradotta in un insieme di rappresentazioni mentali
relative ai desideri della persona (“vuole bere”), alle sue credenze (“sul
tavolo c‟è da bere”) e alle sue intenzioni (“ho voglia di bere in modo
scherzoso”).
3
D. G. PREMACK, G. WOODRUFF, Does the chimpanzee have a theory of mind?, in
«Behavioral and Brain Sciences», 1, 4, Cambridge Univ Press, 1978, pp. 515-526.
3
Fig.2 La teoria della mente in una situazione paradossale
Con l'avvento delle tecniche di brain imaging (e in particolare della
risonanza magnetica funzionale), è stata possibile l‟identificazione delle
regioni cerebrali implicate nell‟elaborazione delle interazioni sociali. I
paradigmi sperimentali che sono stati applicati sono stai diversi, qui ne
descriverò uno per dare un‟idea dell‟approccio che viene utilizzato in questi
studi, tratto da una ricerca di Gallagher e colleghi.4
Fig.3 Vignette umoristiche usate per testare i substrati neuronali della teoria della mente.
4
H.L. GALLAGHER, F. HAPPÉ, N. BRUNSWICK, P.C. FLETCHER, U. FRITH, C.D. FRITH,
Reading the mind in cartoons and stories: an fMRI study of "theory of mind" in verbal and
nonverbal tasks, in «Neuropsychologia», 38, 1, 2000, pp.11-21.
4
Nell‟esperimento venivano mostrati a dei soggetti sani due vignette in
sequenza (fig.3). In un caso per capire la vignetta era necessario attribuire
un'intenzione al protagonista (vignetta di sinistra). L'intenzione è chiara:
rubare i pesci all‟ignaro pescatore che sta pescando. Nell'altro caso, per
capire la vignetta (quella di destra) non è necessario attribuire alcuno stato
mentale al protagonista, si capisce che sta aspettando di prendere un pesce
da molto tempo tanto che un ragno gli ha costruito la tela sulla filo della
canna da pesca. Confrontando l'attivazione delle regioni cerebrali dopo la
visione della prima vignetta con quella ottenuta dopo la visione della
seconda, Gallagher e colleghi hanno dimostrato che si attiva in modo
specifico una piccola area della corteccia prefrontale mesiale. Dopo aver
escluso la possibilità che tale attivazione potesse essere legata a fattori
confondenti (ad esempio alle piccole differenze degli stimoli visivi), i
ricercatori hanno concluso che questa regione del cervello doveva essere
implicata nell‟elaborazione dello stato mentale del protagonista della
vignetta, ovvero che doveva essere un substrato nervoso della teoria della
mente. Successivamente altri studi hanno accertato che anche altre regioni
mesiali come il precuneo e la corteccia cingolata anteriore, sono altre parti
del cervello i cui circuiti giocano un ruolo nell'interpretazione degli altrui
stati d'animo. Ad oggi non c‟è dubbio che esista un network cerebrale
mesiale che abbia a che fare con la rappresentazione del sé e degli altri
utilizzando le modalità previste dall‟ipotesi della teoria della mente.
I neuroni specchio nelle scimmie
Tuttavia se la comprensione del comportamento degli altri si basasse
unicamente sull'elaborazione di congetture relative ai loro stati d‟animo
reagiremmo a questi stimoli in maniera eccessivamente lenta… e la lentezza
nel mondo animale uccide! In realtà la facilità e la rapidità con cui noi
normalmente comprendiamo le azioni e le emozioni degli altri suggerisce
una spiegazione più diretta. Questa spiegazione ha le sue radici nelle
scoperte fatte dai fisiologi dell'Università di Parma, capitanato da Giacomo
Rizzolatti e di cui facevano parte Vittorio Gallese, Leo Fogassi, Luciano
Fadiga. Registrando l‟attività neuronale di scimmie5 hanno dimostrato
5
Un metodo per indagare il funzionamento del cervello, sviluppato negli anni sessanta, si
basa sulla registrazione dell‟attività di singoli neuroni in vivo. Questa tecnica fu evoluta
inizialmente su scimmia. In sostanza consiste nell‟inserire un sottile filo di tungsteno
5
l'esistenza di un meccanismo neurale che è potenzialmente in grado di
permettere la comprensione diretta pre-linguistica e pre-riflessiva delle
azioni e delle intenzioni altrui. Questo sistema è basato sull'attivazione di
neuroni che loro hanno chiamato "neuroni specchio", ( o "mirror neurons"),
che scaricano sia quando un soggetto esegue una certa azione, sia quando lo
stesso soggetto vede qualcun altro compiere questo gesto.6
(l‟elettrodo) nel parenchima cerebrale, cercando di avvicinare il più possibile la punta
dell‟elettrodo al corpo del neurone che è quella parte della cellula da cui si registrano
meglio gli impulsi elettrici che queste cellule producono. Questi segnali vengono poi salvati
su un PC e successivamente analizzati. L'alfabeto dei neuroni è semplice, consiste solo
nella presenza o assenza d'impulso, (si tratta quindi di un alfabeto binario). Per cercare di
decodificare i messaggi si studia la variazione del numero d'impulsi rispetto al tempo. Nella
figura è rappresentata la scarica di un neurone visivo. Ogni barretta rappresenta un impulso,
mentre sull‟asse è stato presentato uno stimolo visivo e, si può notare che dopo un certo
momento il neurone incomincia ad aumentare la frequenza della sua scarica (primo
pannello dall‟alto). Siccome una singola prova non è sufficiente ne fanno diverse. Il
cosiddetto “rastergram” è dato dalla giustapposizione della scarica nel tempo delle diverse
prove (secondo pannello). Una altra rappresentazione comune dell‟attività dei neuroni è il
cosiddetto PSTH che è una media pesata della scarica rispetto al tempo (terzo pannello). Al
tempo 0 viene presentato lo stimolo, con una certa latenza questo neurone incomincia a
scaricare. Prima scarica molto, poi la frequenza diminuisce per rimanere ad un livello
costante nei successivi 200 ms. Quindi è grossolanamente il modo in cui gli scienziati
interpretano l‟attività di singole cellule.
6
Cfr. G. DI PELLEGRINO, L. FADIGA, L. FOGASSI, V. GALLESE, G. RIZZOLATTI,
Understanding motor events: a neurophysiological study. «Experimental Brain Research»,
6
Fig.4 Esempio di attività di un neurone specchio (da G. Rizzolatti, L. Fadiga, V. Gallese and
L. Fogassi, Premotor cortex and the recognition of motor actions, in «Cognitive Brain
Research», 3, 2, 1996, pp. 131-141)
In figura 4 è riportata la scarica di un neurone specchio in tre condizioni:
a) quando non succede niente (attività di base),
b) quando invece la scimmia guarda lo sperimentatore che afferra un'uvetta
c) quando la scimmia esegue l‟atto.
Mente nella prima condizione non accade nulla nella seconda la cellula
diventa attiva poco prima del momento in cui la mano dello sperimentatore
tocca l‟uvetta. Tale attività è simile a quella che viene registrata quando è la
scimmia ad eseguire l‟atto di prensione.
Inizialmente questi neuroni sono stati trovati nell‟area F5, ovvero in uno dei
settori in cui Rizzolatti e Luppino7 hanno suddiviso la corteccia motoria
(fig.5). Altri neuroni di questo genere sono stati trovati nel lobo parietale
inferiore. Queste regioni, non sorprendentemente, sono reciprocamente
interconnesse.
91, 1992, pp. 176-180 ; o V. GALLESE, L. FADIGA, L. FOGASSI, G. RIZZOLATTI, Action
recognition in the premotor cortex, in «Brain», 119, 1996, pp. 593-609.
7
G. RIZZOLATTI, G. LUPPINO, The cortical motor system, in «Neuron», 31, 6, 2001, pp.
889-901.
7
Fig.5 Localizzazione anatomica dei neuroni specchio (modificato da G. Rizzolatti e G.
Luppino; 20017)
Il significato della scarica dei neuroni specchio
Nel nostro cervello ci sono quindi due regioni che presentano neuroni che
scaricano quando viene eseguito un movimento o quando si sta
assolutamente fermi, ma si osserva qualcun altro eseguire lo stesso tipo di
movimento. Cosa significa questa corrispondenza, cosa viene rappresentato
dalla scarica di un neurone? Un‟ipotesi era che tale scarica potesse
rappresentare il concetto dell‟azione, in altre parole questa scarica poteva
consentire di comprendere il significato dell‟azione stessa. Umiltà e
colleghi8 sono stati i primi ad effettuare un test di quest‟ipotesi partendo dal
presupposto che se questi neuroni hanno un ruolo nella comprensione
dell'azione allora la loro scarica doveva essere identica sia quando la
scimmia vede l'esecuzione del compito che quando non vede fisicamente
l'esecuzione del compito, ma ne coglie il significato. Nella figura 6 è
riportato il risultato del loro esperimento. Innanzitutto hanno identificato nel
cervello di una scimmia un neurone con proprietà specchio, dopo di che
8
M.A. UMILTÀ, E. KOHLER, V. GALLESE, L. FOGASSI, L. FODIGA, C. KEYSERS, G.
RIZZOLATTI, I know what you are doing: a neurophysiological study, in «Neuron», 32,
2001, pp. 91-101.
8
uno sperimentatore ha eseguito un atto di prensione di un cubo stando di
fronte alla scimmia (pannello A). La cellula mostrava una certa scarica (in
altro è riportato il rastergram e sotto il PSH, vedi nota 5 per dettagli). Per
ogni prova è riportata anche la posizione relativa della distanza tra pollice ed
indice (indicata dalla linea all‟interno del rastergram). Lo stesso esperimento
è poi stato ripetuto ma questa volta la visione dell‟azione era parzialmente
preclusa alla scimmia da uno schermo opaco. L‟animale tuttavia sapeva che
c'era un oggetto dietro lo schermo. Come si può vedere la scarica era
analoga a quella registrata quando la visione era completa (pannello B). Il
neurone non si attivava alla vista di un‟azione, ma tutte le volte che l‟azione
veniva di fatto eseguita. Un dettaglio rilevante era che se l‟azione veniva
mimata allora sia in presenza che in assenza dello schermo la cellula non
scaricava (vedi pannelli C e D).
Fig 6 La comprensione dell‟azione e i neuroni specchio (vedi testo per maggiori
spiegazioni). Adattato da Umiltà et al; 20019.
9
Un altro esperimento, effettuato da Kohler colleghi nel 2002, ha
ulteriormente rafforzato l‟idea che la scarica dei neuroni specchio
rappresenti il concetto di un‟azione.9 L‟ipotesi di partenza era che se i
neuroni specchio effettivamente rappresentavano un'azione allora dovevano
scaricare sia quando viene eseguito un atto, sia quando lo si osserva che
quando si sentono i rumori associati a tale atto. Quindi, ad esempio, un
neurone specchio dovrebbe scaricare sia quando l‟animale rompe una
nocciolina, sia quando osserva quest'azione che quando sente il rumore della
rottura del guscio. I risultati hanno dimostrato che circa il 15% dei neuroni
specchio riconoscevano l'azione a prescindere dalla modalità nella quale la
percepivano.
E‟ stato precedentemente detto che i neuroni specchio sono stati trovati sia
nella corteccia motoria che in quella parietale. Sembra che questi neuroni,
pur condividendo le caratteristiche di base (cioè quelle che definiscono un
neurone come “specchio”) abbiano ruoli diversi e che i neuroni parietali
siano coinvolti nella comprensione dell'intenzionalità dei gesti.10
I neuroni specchio nell’uomo
La scoperta dei neuroni specchio e delle loro proprietà funzionali hanno
immediatamente aperto una questione cruciale: esiste un sistema di neuroni
specchio (chiamato anche “sistema mirror”) nell'uomo? Fino ad oggi
nessuno ha mai registrato una cellula “specchio” nel cervello dell'uomo.
Tuttavia ci sono molte prove indirette che tale sistema effettivamente esista
anche nell'uomo. Forse le prove più eclatanti, o almeno quelle che hanno più
destato l‟attenzione, sono quelle ottenute con le tecniche di brain imaging.
Subito dopo la scoperta dei neuroni specchio nella scimmia, c'è stato un
fiorire di esperimenti basati sulla tomografia ad emissione di positroni o
sulla risonanza magnetica funzionale. Questi studi hanno individuato nella
corteccia parietale posteriore e nella corteccia premotoria delle aree che
9
E. KOHLER, C. KEYSERS, M. A. UMILTA`,L. FOGASSI, V. GALLESE, G. RIZZOLATTI,
Hearing sounds, understanding actions: action representation in mirror neurons, in
«Science», 297, 2002, pp. 846-848.
10
L. FOGASSI, P.F.FERRARI, B. GESIERICH, S. ROZZI, F. CHERSI, G. RIZZOLATTI, Parietal
lobe: from action organization to intention understanding, in «Science», 308, 2005, pp
662-667.
10
avevano delle proprietà di tipo “a specchio”.11 Ma assieme a queste aree se
ne attivava sempre anche un‟altra: l'area di Broca. Quest‟area dell‟uomo è
legata sia alla produzione che all‟elaborazione del linguaggio Così alcuni
scienziati hanno avanzato l‟ipotesi che l‟attivazione delle aree premotorie e
parietali fosse semplicemente una conseguenza dell‟attivazione della
rappresentazione linguistica dell‟azione immagazzinata nell‟area di Broca e
che non avesse nulla a che fare con il meccanismo dei neuroni a specchio
osservati nelle scimmie. Una tesi di questo tipo avrebbe avvalorato le ipotesi
dei sostenitori della Teoria della Mente, poiché avrebbe significato che la
comprensione di un‟azione avveniva grazie alla traduzione delle
informazioni sensoriali relative all‟atto in rappresentazioni linguistichesimboliche astratte e non grazie all‟attivazione degli stessi substrati che
servono ad eseguire l‟azione.
La critica era sensata, ma poteva essere testata. Infatti se l'attivazione delle
aree cerebrali durante l'osservazione di un atto motorio era effettivamente
legata ad una mediazione verbale, allora non ci dovevano essere differenze
tra azioni eseguite con diversi effettori. In altre parole l‟attivazione legata
all‟osservazione di un„azione eseguita con la mano, col piede o con la bocca
doveva essere inizialmente localizzata sempre nell‟area di Broca. Buccino e
colleghi hanno dimostrato che non è così.12 I ricercatori hanno fatto vedere a
soggetti sani dei video sia di azioni dirette ad un oggetto (mordere una mela,
prendere una tazza, colpire un pallone) che non dirette ad un oggetto
(masticare, mimare una presa e mimare un calcio) contrastandole con
immagini di oggetti statici. Il risultato è stato molto chiaro (vedi fig.7). La
corteccia premotoria si attivava sempre, sia per le azioni non dirette ad un
oggetto che per quello dirette ad un oggetto, mentre si attivava anche la
corteccia parietale posteriore quando un'azione era diretta ad un oggetto. Ma
il dato saliente era che i soggetti vedevano un‟azione eseguita con il piede
non si attivava mai l'area di Broca. Questa si attivava quasi sempre, quasi
soltanto per movimenti della bocca, mentre un'area più laterale si attivava
quando il soggetto osservava delle azioni compiute con la mano. Quindi
siccome l'area di Broca non si attivava per movimenti eseguiti con effettori
11
Cfr. M. IACOBONI, R. P. WOODS, M. BRASS, H. BEKKERING, J.C. MAZZIOTTA, G.
RIZZOLATTI, Cortical mechanisms of human imitation, «Science», 286, 1999, pp. 25262528.
12
G. BUCCINO, F. BINKOFSKI, G. R. FINK, L. FADIGA, L. FOGASSI, V. GALLESE, R.J. SEITZ,
K. ZILLES, G. RIZZOLATTI, H.J. FREUND, Action observation activates premotor and
parietal areas in a somatotopic manner: an fMRI study, «European Journal of
Neuroscience», 13, 2001, pp. 400-404.
11
diversi, ma al contrario di volta in volta si attivavano diverse regioni del
cervello l‟ipotesi della “mediazione verbale” veniva a cadere.
Fig.7 Attivazione del sistema mirror nell‟uomo per l‟osservazione di azioni eseguite con
diversi effettori (da Buccino et al 200121)
In questi anni gli esperimenti sul sistema mirror condotti sugli uomini sono
stati numerosissimi. Dato il soggetto del convegno, il rapporto tra teatro e
neuroscienze, credo sia opportuno citare lo studio di Calvo-Merino e
colleghi,13 dal momento che come protagonisti aveva dei ballerini di danza
classica e di capoeira. L‟esperimento consisteva nel mostrare ai ballerini dei
video sia della disciplina di cui erano esperti che di quella che conoscevano
meno e registrare contemporaneamente l‟attivazione del cervello con la
risonanza magnetica funzionale. Il risultato è stato che quando i ballerini
osservavano la danza di cui conoscevano i passi, il loro sistema mirror
risuonava più forte. Esisteva quindi una correlazione tra il bagaglio motorio
acquisito durante gli allenamenti e il grado di attivazione del sistema mirror.
13
B. CALVO-MERINO, D.E. GLASER, J. GREZES, R.E. PASSINGHAM, P. HAGGARD, Action
observation and acquired motor skills: an fMRI study with expert dancers, in «Cerebral
Cortex», 15, 8, 2005, pp. 1243-1249.
12
Probabilmente quindi l‟apprendimento motorio modifica i circuiti specchio.
Ma qual è il ruolo di questi circuiti nell‟uomo? Secondo Vittorio Gallese la
corrispondenza dei segnali nervosi che ha luogo quando un soggetto osserva
un altro individuo eseguire un'azione o quando è lui stesso ad eseguire tale
azione consente la comprensione di quello che gli altri fanno o hanno
intenzione di fare, senza bisogno di ricorrere ad un ragionamento esplicito
ma semplicemente simulando mentale l'atto che sta per essere eseguito.
Questo meccanismo funzionale è stato definito "simulazione incarnata".14
Emozioni e il sistema mirror
Per avere una condotta sociale consona alle situazioni in cui ci troviamo non
ci possiamo limitare a capirne le intenzioni degli altri, ma dobbiamo
comprendere gli stati d‟animo di chi ci circonda. Dal momento che il
meccanismo a specchio sembra essere molto efficiente è possibile ipotizzare
che valga anche nel caso delle emozioni? In altre parole per capire
un'emozione dobbiamo simularla? Una serie di esperimenti condotti da
Vittorio Gallese sembrerebbero indicare che effettivamente le cose stanno
così. La logica di quest‟approccio è relativamente semplice: ad un soggetto
viene fatta provare un‟emozione e si vede se le aree del cervello che si
attivano sono le stesse di quando il soggetto osserva un altro individuo
provare un‟emozione analoga. Ad esempio a quattordici soggetti, sono stati
fatti annusare degli odori disgustosi e poi sono stati fatti vedere loro dei
video nei quali delle persone annusavano le stesse provette e ne rimanevano
disgustate. In tali circostanze l‟emozione del disgusto vissuta direttamente o
vissuta attraverso l‟espressione di un altro induceva l‟attivazione di regioni
dell‟insula che erano parzialmente sovrapposte.15 È possibile che tutto ciò
valga anche per le altre emozioni e che quindi la nostra empatia si basi,
almeno in parte sul sistema mirror.
Vittorio Gallese si è spinto addirittura oltre dicendo che questo meccanismo
mirror potrebbe essere importante anche nella nostra esperienza estetica.16
14
V. GALLESE, Before and below ‘theory of mind’: embodied simulation and the neural
correlates of social cognition, in «Philosophical transaction of The Royal Society», 362,
2007, pp. 659–669.
15
B. WICKER, C. KEYSERS, J. PLAILLY, J.P. ROYET, V. GALLESE, G. RIZZOLATTI, Both of us
disgusted in my insula: The common neural basis of seeing and feeling disgust, in
«Neuron», 40, 2003, pp. 655-664.
16
D. FREEDBERG, V. GALLESE, Motion, emotion and empathy in esthetic experience, in
13
Secondo Gallese quando ad esempio vediamo i quadri di Fontana (vedi
fig.8) la visione delle fenditure della tela attiverebbero il sistema mirror
provocando una sensazione di coinvolgimento fisico che ci farebbe fruire
dell‟opera in modo diretto (poi che ci piaccia o meno è naturalmente affar
nostro). Si tratta di un‟idea molto stimolante ma che va approfondita.
Fig 8 Lucio Fontana, Concetto Spaziale, Attese, 1959, collezione privata.
Punti oscuri
Sarebbe scorretto dare il messaggio che meccanismi così complessi come
quelli che sottostanno alla comprensione dell‟altrui intenzionalità,
dell‟empatia e dell‟intelligenza sociale siano ormai stati spiegati. Al
contrario la scoperta dei neuroni a specchio ha suscitato grandi entusiasmi,
ma anche numerose critiche. Puntualmente hanno luogo aspri dibattiti tra i
sostenitori del sistema mirror e i “detrattori”. Un punto focale dello scontro
nasce dal fatto che nell'uomo non sono mai stati registrati singoli neuroni
con un'attività di tipo mirror. Le prove raccolte con la risonanza funzionale a
«Trends in Cognitive Sciences», 11, 2007, pp.197-203.
14
favore dell‟esistenza del sistema mirror non sono purtroppo
incontrovertibili. Infatti quando viene eseguita una risonanza magnetica
funzionale il cervello, per così dire, viene suddiviso in settori più o meno
piccoli che si chiamano "voxel". I signoli voxel contengono numerosi
neuroni. Quando un numero sufficiente di cellule si attivano, aumenta il
flusso sanguigno e hanno luogo quei cambiamenti che portano
all‟attivazione del voxel. Siccome l‟attivazione del voxel non è un
fenomeno di tipo tutto o nulla, la sua eventuale attivazione quando un
soggetto esegue o quando osserva una certa azione potrebbe essere
determinata dall‟attivazione di neuroni diversi (fig.9)…qualcosa di molto
diverso da quanto visto nella scimmia.
Fig.9 Il problema della risonanza magnetica nella verifica dell‟esistenza del sistema mirrror
(vedi testo). Ogni pallino rappresenta un neurone.
Un altro punto è degno di menzione: in quale relazione stanno i sistemi
celebrali mesiali, quelli che sono stati indicati come substrati della Teoria
della Mente e le aree dove si trovano i neuroni specchio? Più in generale
qual è il rapporto tra la funzioni del sistema mirror e quelle dei sistemi
mesiali a cui si è accennato all‟inizio di questo capitolo? Secondo Uddin e
colleghi17 il sistema fronto parietale dei neuroni specchio sarebbe necessario
per la comprensione delle azioni fisiche degli oggetti intenzionali, viceversa
17
L.Q. UDDIN, M. IACOBONI, C. LANGE, J.P. KEENAN, The self and social cognition: the
role of cortical midline structures and mirror neurons, «Trends Cognitive Scince», 11,
2007 pp. 153-157.
15
il sistema mesiale sarebbe dedicato all'analisi degli aspetti psicologici più
complessi, per esempio la valutazione della personalità, la valutazione del
contesto in base alle esperienze passate. Quindi in base a quest‟ipotesi non
esiste solo questo sistema per capire gli altri ma ne esistono due: uno più
immediato che è legato ai neuroni specchio e uno più lento che basato
sull‟elaborazione cosciente delle azioni degli altri. Probabilmente l‟esistenza
di questi due sistemi consente di avere una più ricca e duttile
rappresentazione di sé degli altri.
Chiudo citando una battuta tratta da un„intervista a Gallese ad un quotidiano
di Parma: "la prova definitiva dell'esistenza dei neuroni a specchio
nell'uomo, potrà avvenire solo ed esclusivamente dalla loro registrazione
diretta, ottenibile con metodiche invasive e per questo di difficile ma non
impossibile realizzazione. Credo sia solo questione di tempo.…”.
16
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