Il Cimitero della Memoria
Angel Moya Garcia
In un celebre passaggio, Nietzsche scriveva “L’uomo si meravigliò
di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre accanto
al passato. È un prodigio: l’attimo, in un lampo è presente, in
un lampo è passato, prima un niente, dopo un niente, ma tuttavia
torna come fantasma e turba la pace di un istante successivo.
Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade,
vola via e improvvisamente rivola indietro, in grembo all’uomo.
Allora l’uomo dice: mi ricordo” (F. Nietzsche,1974)
Assimilazione,
ritenzione,
stratificazione,
acquisizione
e
codificazione di nozioni, recepimento dello stimolo, traduzione in
rappresentazione interna stabile e registrabile, categorizzazione,
etichettatura legata agli schemi e alle categorie preesistenti,
immagazzinamento o stabilizzazione delle informazioni apprese
durante l’esperienza. Conosciamo appena i processi neurofisiologici
connessi alla memoria e all’oblio e non sappiamo ancora indicare
con precisione i loro luoghi nonostante gli intenti e i concetti
legati alla sua definizione. La memoria può essere considerata
un processo o solo un insieme di ricordi e immagini mentali?
Una riproduzione esatta del passato o una sua ricostruzione
approssimata? Possiamo considerare l’ecmnesia, la trasformazione
dei ricordi in esperienze attuali, come una patologia della
memoria o come il normale sviluppo di essa? Fino a che punto
possiamo vivere il presente senza condizionamenti o vincoli con
il passato?
Anche se già “Bergson aveva parlato della memoria come di un
vero e proprio non-luogo, un altrove che avvolge costantemente
il presente ma che appartiene come a un’altra dimensione”
(E. Castelli Gattinara, 2001), la continua sovrapposizione e
stratificazione di nozioni, interpretazioni e vissuti personali
possono determinare non soltanto le nostre conoscenze, ma anche
la nostra comprensione del presente.
La memoria, tuttavia, non può essere intesa solo come l’insieme
delle esperienze passate, ma soprattutto come il modo in cui
vengono elaborate, manipolate o modificate nel presente. Una
“fusione degli orizzonti” (H.G.Gadamer, 1996), in cui l’uomo si
trova incatenato, che deve essere gradualmente sciolta fino alla
sua scomparsa.
Di fronte a questa problematica, otto artisti sono stati invitati
per proporre una visione, un’interpretazione e una lettura
soggettiva del proprio rapporto con la memoria. L’insieme denota
un paradosso tra la tensione violenta con il proprio passato e
la necessità di emancipazione nel proprio presente.
Nel lavoro di Clara Conci una tenda piombata dal cielo si
adagia lungo la sua caduta sul terreno che trova, allungandosi
e riposandosi su di esso. La leggerezza mantiene l’installazione
sospesa, come i ricordi, sempre labili, che non trovano mai
un luogo fisico definitivo. In contrasto, Davide Orlandi Dormino
distende un foglio bianco accartocciato per terra. La tabula
rasa, simbolo della mancanza di memoria a priori e quindi della
totale potenzialità di acquisizione di qualsiasi conoscenza, deve
essere riempita dai passi scanditi sulla sua superficie. Silvia
Giambrone elabora una simulazione sempre mutevole del reale,
qualcosa di ontologicamente vero e falso nello stesso tempo. Le
foglie cadute dall’albero perdono le proprie caratteristiche,
fondendosi con i segni delle mani dell’artista. Pablo Rubio
edifica una libreria della memoria, frammenti dimenticati in cui
la parola scritta si amalgama, si fonde fino a perdersi bruciata
sotto la terra. Chiara Scarfò definisce i confini dell’intimità
tracciando un involucro sfrontato quanto inaccessibile. Vettori
perimetrali o pieni di vuoto in cui trovare un nascondiglio
privato per rifugiarsi o per fuggire da una società satura di
rapporti effimeri. Gian Maria Tosatti costruisce un’installazione
nata dalla (con)fusione, trasformazione e manipolazione che le
immagini del passato generano nel presente come enigmi al livello
del pre-conscio. Nel lavoro di Enrico Vezzi il rito di passaggio,
la divisione dello spazio e la sua contemplazione provocano
l’attrazione dei ricordi alla coscienza di forma arbitraria,
aprendo porte che nessuno prima aveva mai osato di aprire.
Infine, nel lavoro di Claudia Zicari la memoria rimane in bilico,
precaria, scevra da ogni stabilità, stentando sempre a fuggire
da se stessa.
“Per vivere il presente occorre liberarsi del passato, e la
memoria è il gioco personale di ricordanze e oblio che lottano
senza sosta. Liberarsi del passato vuol dire saper non essere
il suo specchio, il suo mero deposito, il suo inerte ripetersi
o riprodursi. Se non ci fosse oblio, nessun cambiamento sarebbe
mai possibile, perché il peso del passato ci schiaccerebbe e
determinerebbe incondizionatamente ogni scelta” (E. Castelli
Gattinara, 2001).
Testi citati
E. Castelli Gattinara, Il non luogo della memoria e dell’oblio,
Aperture, Tempo senza memoria, memorie senza tempo, N. 10, 2001
H.G.Gadamer, Verità e metodo, Bompiani, 2001
F. Nietzsche, Considerazioni inattuali-Sull’utilità e il danno
della storia per la vita, Adelphi, 1974.