AMMINISTRAZIONE DIGITALE A SERVIZIO DEI CITTADINI

AMMINISTRAZIONE
DIGITALE
A SERVIZIO
DEI CITTADINI
Dossier d’introduzione ai lavori del TAVOLO 3
FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015
#ilfuturoèditutti
FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
IL FORUM MULTISTAKEHOLDER DI TIM
La Direzione Corporate Shared Value di TIM organizza il forum multistakeholder con
l’obiettivo di coinvolgere autorevoli rappresentanti degli stakeholder dell’azienda in una
riflessione sui principali temi su cui si sviluppa la strategia dell’azienda per la creazione di
valore condiviso.
Per TIM gli obiettivi del Forum sono:
• rafforzare la propria comprensione delle istanze e delle priorità degli stakeholder rispetto
ai temi rilevanti della propria strategia;
• raccogliere contributi sui possibili ambiti di sviluppo della strategia per sviluppare la
propria capacità di creare valore condiviso tra l’azienda e gli stakeholder stessi.
Nota metodologica:
TIM ha avviato un’analisi per individuare i principali bisogni del Paese, i “Social Need”
prioritari cui l’azienda, come operatore del settori ICT, è maggiormente in grado di dare una
risposta concreta ed efficace.
I social need così individuati sono il quadro di riferimento per i 6 tavoli di lavoro che
compongono il forum.
I dati di scenario e gli articoli d’analisi proposti in questo breve dossier hanno l’obiettivo di
mettere a fuoco i fenomeni discussi ai tavoli, individuando alcuni degli aspetti di maggiore
interesse.
Il tema del tavolo è: “AMMINISTRAZIONE DIGITALE A SERVIZIO DEI CITTADINI”.
Indicatori utili a definire un quadro di riferimento sono stati individuati attraverso autorevoli
fonti nazionali e internazionali, quali “UN E-Government Survey 2014” & Digital Economy
and Society Index (DESI) elaborato nell’ambito dell’Agenda Digitale Europea.
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FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
ALCUNI NUMERI CHIAVE:
• Il rapporto biennale ONU “UN E-Government Survey 2014” analizza e valuta per 185
Stati Membri lo sviluppo dei servizi online forniti dalla Pubblica Amministrazione Centrale
ai cittadini, delle infrastrutture di Information and Communication Technologies e del
capitale umano. Queste tre componenti vengono sintetizzate in un unico indice, l’EGDI
(E-Government Development Index). Per la prima volta l’Italia è entrata nella top 25,
scalando 9 posizioni rispetto al 2012 e collocandosi al 23° posto (0.7593). La Francia,
leader in Europa, presenta uno score di 0.8938, mentre la media dei paesi con un “very
high EGDI” è 0.8368, circa superiore di 0.8 rispetto all’Italia.
World e-government leaders (Very High EGDI) in 2014
3
FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
•
Il rapporto ONU, oltre all’analisi e valutazione dei servizi di e-governament degli stati
membri, fornisce alcuni esempi di best practices. Di seguito viene presentato il caso
francese.
“France public service – commitment to continuous improvement”
Taking the top place in the 2014 Online Service Index, France scores well across
all practice areas and stages of online service development due to ongoing
action to improve the quality of public services, integrate governmental websites
and encourage consultation with citizens on both public policy and service delivery
methods. The official website of the national administration (service-public.fr) directs
individuals, businesses and associations to relevant services by event as well as
by subject, invites ideas about administrative simplification, connects citizens with
current debates and consultations and facilitates interaction with government through
single sign-on.
A leader in the field, France has also committed to further expanding online public
service delivery while containing costs by reviewing free alternatives to commercial
ICT infrastructure and applications in a systematic fashion and expanding the use
of open source software. The new policy, introduced in 2012, aims to lower ICT
expenditures and improve agility while encouraging innovation and engagement of
other actors, such as local authorities and developer communities, in e-service coproduction.
•
Il DESI (Digital Economy and Society Index) è un indice composito per valutare
lo stato di avanzamenti degli stati membri dell’UE verso un’economia e una società
digitale. Esso aggrega una serie di indicatori strutturati intorno a 5 dimensioni:
connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione della tecnologia digitale e
servizi pubblici digitali.
La dimensione del DESI 2015 in cui l’Italia vanta le migliori prestazioni è quella dei
servizi pubblici digitali (con un punteggio di 0,42 è al quindicesimo posto tra i paesi
UE). Tuttavia i livelli di utilizzo dell’e-government sono ancora bassi, in parte perché
i servizi pubblici online non sono sufficientemente sviluppati e in parte a causa delle
carenze in termini di competenze digitali.
Italia
5 Servizi
pubblici
digitali
Posizione
Punteggio
Gruppo
punteggio
UE
punteggio
DESI 2015
15
0,42
0,34
0,47
DESI 2014
14
0,4
0,33
0,45
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FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
Servizi pubblici moderni resi disponibili online in modo efficiente possono ridurre la
spesa pubblica e offrire vantaggi, in termini di efficienza, alle imprese, ai cittadini e alla
stessa pubblica amministrazione. L’Italia si trova ad affrontare una sfida importante
per quanto riguarda i servizi pubblici online, dal momento che i benefici offerti dalle
soluzioni di e-government possono essere colti pienamente solamente con un elevato
tasso di utilizzo. Sebbene il basso tasso di interazione online dei cittadini italiani con
la PA (18% degli utenti di internet, 25° posto nell’UE-28) sia da imputare soprattutto
alle scarse competenze digitali, anche le azioni dell’Amministrazione Pubblica hanno
impatto su questo dato. Ad esempio, l’ambito della disponibilità di moduli precompilati
nei servizi online vede un peggioramento nell’ultimo anno (da 48 a 41); a causa
del fatto che molti servizi pubblici non sono interamente disponibili online gli utenti
potrebbero rinunciare ad apprendere ad usarli; la percentuale di medici di famiglia che
consentono di accedere a prestazioni on line è significativamente inferiore alla media
dei Paesi UE.
Italia
DESI 2015
DESI 2014
valore posizione valore
posizione
UE
DESI 2015
valore
5a1 Utenti che interagiscono online con
la pubblica amministrazione
% di persone che restituiscono moduli
compilati per via elettronica, rispetto al
totale degli utenti di internet nell’ultimo
anno (età 16-74)
18%
(2014)
25
17%
(2013)
21
33%
(2014)
5a2 Moduli precompilati
Punteggio (da 0 a 100)
41%
(2014)
15
48%
(2013)
15
45%
(2014)
5a3 Completamento di servizi online
Punteggio (da 0 a 100)
78%
(2014)
14
77%
(2013)
11
75%
(2014)
5a4 Open Data
Punteggio (da 0 a 700)
480
(2014)
9
n.d.
-
380
(2014)
5b1 Scambio di dati medici
% di medici di famiglia
31%
(2013)
12
31%
(2013)
12
36%
(2013)
5b2 Prescrizioni elettroniche
% di medici di famiglia
9,2%
(2013)
15
9,2%
(2013)
15
27%
(2013)
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FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE
QUANTO È “OPEN DATA” LA NOSTRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?
In Italia il portale nazionale dati.gov.it contiene 10 mila dataset, ma non tutti i dati sono
veramente “aperti”
di Federica Ionta – Wired – 22 luglio 2015
Quanti sono i siti open data della nostra pubblica
amministrazione? Sul portale dati.gov.it sono
ufficialmente pubblicati 10.332 dataset prodotti da 76
amministrazioni, che possono essere esplorati in un
catalogo interattivo suddiviso a livello territoriale (dati
dei Comuni, delle Regioni, etc.) oppure tematico. Ma
sono davvero tutti open data?
open data e di diritto delle nuove tecnologie, questo
“è l’inizio di un nuovo tipo di strategia: è vero che sono
solo tre dataset sugli oltre 10mila del portale nazionale
dei dati aperti della pa, ma rappresentano un modello
potenzialmente replicabile per tutti gli altri”. Anche un
esempio di governance: OpenExpo è il risultato di
una “proficua collaborazione tra pubblico e privato”.
Partiamo dal formato. Secondo gli standard Open si
può parlare di dati aperti solo per quelle informazioni
disponibili in formati non proprietari. È open data un
set di numeri in .cvs, non si può dire lo stesso di un file
excel e tanto meno di un pdf.
Opencoesione.gov.it: 4° premio agli Open Gov
Awards
Belisario ricorda anche un altro primato, quello di
Opencoesione, il portale sull’attuazione dei progetti
finanziati dalle politiche di coesione in Italia. Il progetto
si è classificato 4° alla prima edizione degli Open
Government Awards, assegnati lo scorso autunno
a New York. Un buon risultato, che mostra come “in
Italia oggi abbiamo buone competenze”.
Poi c’è la questione della qualità. Affinché si parli di
open data, l’informazione deve essere soprattutto
interessante e aggiornata. Se il giudizio su cosa sia di
interesse pubblico può essere per certi versi opinabile
(anche se rimane il dubbio sul dataset con gli iscritti
al Conservatorio di musica di Matera), la questione
dell’aggiornamento è inderogabile. I dati sull’anagrafe
delle strutture del Miur aggiornati al 2012 oggi sono
vecchi e poco fruibili (Scuola in chiaro).
Un open data manager per la PA?
Il problema, o forse la ragione per cui il Barometer open
data della World Wide Web Foundation, nell’edizione
di gennaio 2015, ci ha posizionati al 22esimo posto
su 86 Paesi, resta la cultura della PA. “La pubblica
amministrazione italiana non è abituata a mettere a
disposizione di tutti i propri dati – conclude Belisario
– Il dato open è l’ultimo step di un processo culturale,
un cambiamento radicale”. Un passo in avanti? “Si
potrebbe fare introducendo la figura dell’open data
manager nella PA”: un professionista che sappia che
i dati, per essere definiti “aperti”, devono essere utili,
puliti, corretti e affidabili.
Tre progetti su soldi pubblici, ambiente ed Expo
Eppure negli ultimi sei mesi qualcosa è stato fatto.
Da dicembre 2014 sono partiti tre progetti su temi di
grande rilevanza pubblica.
Soldipubblici.gov.it contiene informazioni sulla
spesa degli enti locali, aggiornate ogni mese. Con
pochi click è possibile vedere, ad esempio, che la
Regione Lazio nel mese di giugno 2015 ha speso
oltre 60 mila euro in giornali e riviste. L’altra iniziativa
è Italiasicura.governo.it: un portale di monitoraggio
sul dissesto idrogeologico in Italia, che grazie a una
mappa interattiva mostra le aree a rischio alluvione,
i cantieri in corso mettendo insieme informazioni di
Ispra, Protezione Civile, Istat. Infine OpenExpo, con
i dataset aperti sulle spese sostenute dal 2012 per
l’Esposizione Universale, i dati relativi ai 34 lotti dei
lavori e altre informazioni sull’organizzazione e lo
svolgimento dell’evento.
Secondo l’avvocato Ernesto Belisario, esperto di
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FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE
SANITÀ DIGITALE, LA GRANDE SPERANZA DEI GOVERNI EUROPEI (E NON SOLO)
Grazie alla telemedicina e al Fascicolo sanitario elettronico, ma anche alla sempre maggiore
disponibilità di sensori e app, interesserà almeno un quarto delle terapie
di Ruggiero Corcella – Corriere della Sera – 8 ottobre 2014
Un’evoluzione naturale delle cure nell’era digitale:
questa è la sanità elettronica che, attraverso
strumenti come la telemedicina e il Fascicolo
sanitario elettronico, sposterà sempre di più
terapie e monitoraggi dei pazienti fuori dall’ospedale,
spinta anche dalla sempre maggiore disponibilità di
sensori e app dedicati. I maggiori esperti mondiali
del settore si sono dati appuntamento a Roma per la
European Telemedicine Conference, organizzata da
Healthcare Information Management System Society
[…] un’organizzazione non profit, leader mondiale
nel sostenere il miglioramento dell’assistenza
sanitaria attraverso l’impiego ottimale delle tecnologie
informatiche. […].
welfare a bassa burocrazia” cioè della sanità ad “alta
comunicazione” come straordinaria aggregazione in
rete di persone che hanno bisogno e ricevono aiuto.
Il Fascicolo sanitario elettronico, una realtà in fase di
rapida diffusione in Italia, è il primo obiettivo di questo
sommovimento. Almeno dieci milioni di cittadini
italiani hanno già attivato o conoscono il Fascicolo.
Entro il 2015 tutti i dati e le informazioni di salute dei
cittadini italiani andranno dematerializzati nelle reti
e-Health regionali; queste ultime dovranno essere
intercomunicanti a livello nazionale e poi europeo,
con un profondo cambiamento dell’organizzazione
e delle possibilità di fruizione delle cure da parte del
cittadino. Sulla telemedicina i Paesi europei si stanno
muovendo a diverse velocità, ma chi è rimasto indietro
può recuperare velocemente. Lo ha affermato Tapani
Piha, responsabile per l’e-Health della direzione
generale salute e consumatori della Commissione
Europea.
Portare la salute al paziente
In parallelo, si è svolta la Conferenza sulla sanità
elettronica, promossa dal Ministero Italiano della
Salute, con il supporto di HiMSS. […]«La telemedicina
è già qui, ed è necessaria - ha spiegato nella prima
sessione Andrew Watson, Chief Medical Information
Officer della University of Pittsburgh Medical School
-. Noi passiamo il 95% del nostro tempo a casa o al
lavoro, ma in questi luoghi non si offre salute. Eppure
ci sono già prove dell’efficacia di queste applicazioni,
ad esempio nel morbo di Crohn abbiamo notato una
grande riduzione degli esami medici e della necessità
di interventi ulteriori quando si monitora la condizione
del paziente da remoto, e per l’insufficienza cardiaca
la telemedicina può abbassare il tasso di ricoveri dal
28 al 5%. Si tratta di portare la salute al paziente, ed è
quello che il paziente vuole». «L’Italia - ha sottolineato
Laura Raimondo, managing director di Upmc Italy è stato il primo Paese europeo a pubblicare delle
linee guida per la telemedicina, e ha dato un grande
impulso anche alle Regioni in questo senso».
Il fascicolo sanitario elettronico
«Alcuni Paesi sono più avanzati, altri meno - ha detto
Piha -. Pensiamo al Fascicolo sanitario elettronico:
un terzo dei Paesi l’ha completamente adottato,
un terzo è in fase avanzata di sperimentazione,
mentre i restanti sono appena all’inizio. Nel primo
gruppo però non ci sono solo i “soliti noti”, ma anche
Grecia e Estonia, e questa è la dimostrazione che
questo tipo di tecnologie è per tutti». Per l’Italia,
i numeri sono per certi versi simili a quelli europei,
con alcune regioni più avanti rispetto alle altre. In
particolare come ha ribadito Lidia Di Minco, direttore
dell’Ufficio III della Direzione generale del sistema
informativo del Ministero della Salute, il Fascicolo
sanitario elettronico è completamente operativo
solo nel 19% delle Regioni, mentre nelle altre è in
fase di realizzazione (19%), ancora allo stato di
sperimentazione (38%) o di progettazione (24%).
Tutte le Regioni hanno presentato i loro progetti di
Fascicolo sanitario elettronico e il Ministero della
Salute conta di renderli almeno parzialmente operativi
entro giugno 2015. «Occorre però intervenire su
diversi aspetti tecnologici, organizzativi e normativi ha puntualizzato Lidia Di Minco -. Richiedono specifici
interventi anche gli aspetti di tipo strutturale, come
Il welfare a bassa burocrazia
Insomma, come scrive Mauro Moruzzi – direttore
generale di CUP 2000, società di e-Health ed
e-Care della Regione Emilia-Romagna – nel libro
“La sanità dematerializzata e il Fascicolo sanitario
elettronico” (Ed. Il Pensiero Scientifico), si tratta
di uscire dal mondo novecentesco della sanità dei
certificati, dei bolli e delle liste per entrare nel “nuovo
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FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
la carenza di infrastrutture di rete sicure e la scarsa
integrazione dei servizi; professionale, nel senso
della condivisone delle responsabilità; e culturale
perché occorre fare più formazione e aggiornamento
degli operatori sanitari».
Risparmi per 14 miliardi di euro
[…]
Secondo
uno
studio
dell’Osservatorio
sull’innovazione digitale in sanità del Politecnico di
Milano, la sanità digitale potrebbe far risparmiare al
Sistema sanitario italiano più di 14 miliardi di euro.
Peccato che l’Italia sia ancora fanalino di coda,
visto che per ogni abitante investe per la sanità
digitale solo 21 euro, contro i 70 della Danimarca,
Paese europeo che più investe in questo settore.
In totale in Italia, nell’ ultimo anno, per le tecnologie
digitali si è speso un miliardo e 17 milioni di euro.
«Per far decollare la sanità elettronica dovremmo
però investire tre volte tanto», ha rilanciato Mariano
Corso, direttore scientifico dell’Osservatorio. «Siamo
un Paese povero in sanità - ha proseguito Corso -,
spendiamo infatti meno rispetto ad altri in Europa.
E abbiamo diversi problemi, come un maggiore
aumento dell’invecchiamento della popolazione che
inciderà pesantemente sulla gestione dell’assistenza
e delle cure. Mentre con la sanità digitale (cartella
elettronica, referti digitali e via web e la telemedicina)
potremmo arrivare a risparmiare oltre 14 miliardi: 6,8
nelle strutture sanitarie (Asl, Regioni e ospedali) e 7,6
per i cittadini. Le Asl e gli ospedali potrebbero, infatti,
ridurre le spese in diversi settori grazie alle innovazioni
del digitale: 3 miliardi con la medicina del territorio e
domiciliare, 1,39 con la cartella clinica elettronica,
860 milioni con i referti digitali, 370 con i referti via
web, 860 milioni con la gestione informatizzata dei
farmaci». I risparmi potenziali per i cittadini, pari a 7,6
miliardi, sono invece così ridistribuiti: 4,6 miliardi con
i referti via web, 2,2 con la medicina a domicilio, 170
milioni con la gestione dei farmaci online e, infine, 640
milioni con le prenotazioni online.
Sostenibilità dei sistemi sanitari
«L’e-Health rappresenta una strada da perseguire
per contribuire alla sostenibilità dei sistemi sanitari»,
ha ribadito Rossana Ugenti, direttore generale del
Sistema informatico e statistico del Ministero della
Salute […] «La sanità digitale consente disponibilità
di dati, dunque maggiore trasparenza e minori
sprechi. Con la possibilità di recuperare risorse da
investire nel settore», ha spiegato Ugenti. Allo stesso
tempo, «l’e-Health permette una maggiore vicinanza
al cittadino. A spostarsi, infatti, sono le informazioni
che lo riguardano». […]
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FORUM MULTISTAKEHOLDER 2015 | TAVOLO 3
ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE
PREMIO «SMART CITY» A TEL AVIV. LA CITTÀ PIÙ INTELLIGENTE DEL
MONDO
Il riconoscimento ottenuto a Barcellona. Negli anni la città è riuscita a creare un ecosistema
favorevole allo sviluppo e alla crescita di società innovative
di Angelo Rossano – Corriere Innovazione – 20 novembre 2014
È Tel Aviv la città più intelligente del pianeta. Il
riconoscimento è arrivato a Barcellona, in Spagna.
Tel Aviv ha battuto la concorrenza di 250 città di tutto
il mondo ed è riuscita a guadagnarsi lo «Smart Cities
Award», un concorso lanciato in occasione della
“Smart City Expo World Congress” di Barcellona. La
città israeliana ha partecipato mettendo in mostra,
tra l’altro, le varie tecnologie sviluppate e messe in
buona parte a disposizione dei cittadini. In particolare,
è stata apprezzato il progetto urbano digitale che
comprende, oltre al wi-fi in tutta la città, anche una
nuova carta già utilizzata da 90 mila residenti. La
carta permette a tutti i cittadini di ricevere servizi e
informazioni tramite email, messaggi di testo e di
avere anche un sito web personale.
Un ecosistema favorevole allo sviluppo
Il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, ha commentato:
«Sono felice per questo riconoscimento. La
conoscenza tecnologica e la creatività vengono
utilizzate per migliorare e rendere più avanzati i servizi
al pubblico e per assicurare efficienza». Insomma,
se c’è un posto nel mondo che si candida ad essere
la capitale internazionale dell’innovazione, questo
luogo è Tel Aviv. Una città che è riuscita a creare un
ecosistema ideale allo sviluppo e alla crescita delle
Startup. In fondo, la città stessa è una startup, fondata
dal nulla nel 1909 da 66 famiglie. «Tel Aviv – dice il
sindaco Huldai – è un centro culturale e finanziario,
ma è anche un hub internazionale di innovazione e
creatività». Qualche dato per dare la dimensione di
quanto questa città punti sull’innovazione: Tel Aviv è
seconda al mondo per presenza e sviluppo di startup
dopo la Silicon Valley, ma ha la più alta concentrazione
di imprese innovative per abitante; è la città con i più
alti investimenti in venture capital pro capite. Il futuro,
non c’è dubbio, passa da Tel Aviv.
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