103 CAPITOLO VII LA PUBBLICITA` 1. La pubblicità in rete La

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CAPITOLO VII
LA PUBBLICITA’
1.
La pubblicità in rete
La comunicazione pubblicitaria è stata interessata da radicali innovazioni con
l’avvento della telematica e della rete di comunicazione globale c.d. “Internet”.
Rispetto alla pubblicità tradizionale, quella on line è connotata da una
maggiore immediatezza e flessibilità ma, nel contempo, presenta varie insidie,
a fronte delle quali la tutela dell’utente –c consumatore diventa un obbiettivo
primario.
La prima questione che si pone è quella relativa alla legge applicabile, stante il
carattere transnazionale del fenomeno in esame e l’assenza di uniformità delle
legislazioni nazionali in materia pubblicitaria, anche in ambito europeo.
In particolare, occorre stabilire se sia applicabile la legge dei paesi in cui i
messaggi vengono generati ovvero quella dei paesi in cui essi sono diffusi. La
soluzione prevalentemente accolta è quella di ritenere applicabili i principi del
diritto privato internazionale e, in primo luogo, la Convenzione di Roma del 19
giugno 1980, fondata sul principio della scelta della legge applicabile operata
dalle parti. Quanto ai criteri suppletivi (legge dello Stato con cui il contratto
presenta il collegamento più stretto o legge del Paese del contraente che deve
fornire la “prestazione caratteristica”) in caso di mancanza di tale scelta, essi
creano non poche difficoltà, stante la globalità della Rete e la problematicità, se
non, spesso, l’impossibilità di individuare il luogo di elaborazione ed
esecuzione della prestazione caratteristica, nonché la natura pubblicistica di
molte norme regolanti la pubblicità.
In caso di pubblicità ricevuta in Italia da imprese e providers stranieri, sorgono
notevoli difficoltà, mancando norme specifiche al riguardo e risultando
insufficienti le indicazioni date in ambito comunitario (si veda la direttiva n.
93/83 ed il Libro Verde della Commissione CE del 19/7/1995 sul diritto
d’autore, contenenti indicazioni sull’applicazione del criterio della “legge del
Paese da cui proviene il messaggio”quale applicabile alle trasmissioni on
line)1.
In tale contesto, assume un ruolo fondamentale l’autodisciplina, della quale
sono espressione, a livello internazionale, le Guidelines on Interactive
Marketing Communication, emanate dalla International Chamber of Commerci
nel 1996. Trattasi di linee guida da adottare per le comunicazioni commerciali
in Internet, World Wide Web, servizi on line e reti elettroniche, ispirate ai
principi di liceità (e quindi di conformità alla legge dei Paesi d’origine della
comunicazione), onestà, trasparenza, veridicità.
1
In ambito nazionale non sorgono, invece, particolari problemi quando il messaggio
pubblicitario è generato da impresa italiana e diffuso mediante un provider italiano. La
fattispecie è, infatti disciplinata dal d.lgs n. 74/1992, oggi confluito nel Codice del Consumo.
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In ambito nazionale, stante la mancanza di una disciplina normativa specifica,
le norme di riferimento sono quelle sulla “pubblicità”, sul “commercio
elettronico”, sui “contratti a distanza” e sulla “privacy” oltre, naturalmente, alle
altre norme contenute nel Codice del Consumo e a quelle applicabili di diritto
civile, amministrativo e penale.
Il d.lgs. n. 74/1992 emanato in attuazione della direttiva n. 450/84 CE,
successivamente modificato dal d.lgs n. 67/2000, attuativo della direttiva n.
97/55 CE, disciplina la materia della pubblicità, sotto il profilo della pubblicità
ingannevole e comparativa. L’art. 2, lett. a) del d.lgs. n. 74/1992 definisce
come pubblicità “qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso, in qualsiasi
modo, nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o
professionale allo scopo di promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la
costituzione o il trasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la
prestazione di servizi”. La disciplina sopra richiamata rientra, oggi, nel Codice
del Consumo, emanato con d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (si veda il titolo III,
“Pubblicità e altre comunicazioni commerciali”, artt. 18 e seguenti).
La predetta definizione di pubblicità è riportata all’art. 20 lettera a) del Codice
del Consumo, che abroga le pre-esistenti norme in materia pubblicitaria e in di
contratti a distanza.
Il Codice del Consumo, invece, non abroga la disciplina del commercio
elettronico di cui al d.lgs n. 70/2003, cui espressamente rinvia l’art. 68 del
Codice.
Il d.lgs n. 70/2003, attua la direttiva 2000/31 CE sul commercio elettronico, e
definisce, all’art. 2, lett. f), le comunicazioni commerciali come “tutte le forme
di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni,
servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di un soggetto che
esercita un’attività agricola, commerciale, industriale, artigianale o una libera
professione”.
La normativa contenuta nel Codice del Consumo e nel citato d.lgs n. 70/2003,
pur non costituendo riferimento specifico per la pubblicità in Rete, essendo,
invece, riferibile alla pubblicità in genere, è, comunque, applicabile a
quest’ultima forma di pubblicità, stante il riferimento, ivi contenuto, alla
pubblicità diffusa “in qualsiasi modo”.
Va poi segnalato il provvedimento n. 5019 del 22/05/1997 dell’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato, nel quale viene affermato che “la
natura di messaggio pubblicitario ai sensi dell’art. 2, lett. a) del d.lgs. n. 74/92
non appare in contrasto con la sua diffusione attraverso la rete Internet”.
Per quanto riguarda la normativa contenuta nel Codice del Consumo, essa
impone una pubblicità “palese, veritiera e corretta” (artt. 18 e segg.). Il
messaggio viene definito “ingannevole”quando è tale da indurre in errore il
destinatario pregiudicandone il comportamento economico e causando lesione
ai concorrenti. Inoltre, il messaggio è ingannevole se è caratterizzato da
“reticenza” e “suggestività” ed è tale da indurre a transazioni commerciali non
volute.
Ai sensi dell’art. 23 del Codice la pubblicità deve essere “chiaramente
riconoscibile come tale”, concetto che, peraltro, trova difficoltà applicative se
rapportato alla Rete: si pensi a fenomeni insidiosi come quello dei cookies, che
consentono alle imprese di modellare la comunicazione sul singolo,
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approfittando della sua precedente navigazione; si pensi, inoltre, ad alcuni
motori di Rete che si presentano come strumenti per la localizzazione delle
informazioni ma celano in realtà potenti mezzi di web marketing.
Quanto al d.lgs. n. 70/2003, relativo al commercio elettronico, esso integrato il
quadro normativo fornendo chiarimenti applicabili direttamente alla pubblicità
on line. In particolare il d.lgs., all’art. 7, indica una serie di informazioni
minime che il prestatore di servizi della società dell’informazione deve fornire
e, all’art. 8, elenca le condizioni minime da rispettare da parte degli operatori
pubblicitari o comunque di chiunque effettui pubblicità in Rete.
Un problema di particolare importanza è quello di distinguere la pubblicità
dalle comunicazioni commerciali. Al riguardo va rilevato che le norme sulle
comunicazioni commerciali inserite nella legge sul commercio elettronico sono
destinate a definire la fase precontrattuale (disciplinando le informazioni
obbligatorie che attengono a tale fase: artt. 7 e 8) e non quella generica della
promozione pubblicitaria.
Gli ambiti applicativi del Codice del Consumo e del d.lgs. 70/2003 sono,
dunque, diversi: a) il Codice del Consumo, infatti, all’art. 18 contempla ogni
forma di comunicazione commerciale in qualsiasi modo effettuata, verso un
concetto ampio di consumatore, intendendo anche chiunque ne subisca le
conseguenze. L’art. 19 ha finalità di tutela da pubblicità ingannevole che essa
deve essere “palese, veritiera, corretta”; b) il d.lgs 70/2003 ha la finalità di
promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione ed
il commercio elettronico e dunque attiene al momento “contrattuale”. Gli artt.
1, 4, 5, 11 prevedono una serie di esclusioni e deroghe all’applicazione,
determinate per lo più dai contratti aventi ad oggetto beni o prestazioni aventi
una disciplina particolare o fuori dall’ambito territoriale europeo (es. materie
regolamentate e di tipo pubblico aventi proprie norme e/o deontologia, beni
immobili, locazioni, successioni, fideiussioni, etc.) e salvo il fatto che le parti
possono sempre pattuire l’applicazione di una legge diversa.
Per quanto riguarda la normativa contenuta nel Codice Penale si richiama: l’art.
517 (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci), l’art. 528
(Pubblicazioni e spettacoli osceni), l’art. 661 (Abuso della credulità popolare) e
l’art. 640 (Truffa); quanto al Codice Civile: l’art. 2598 (Atti di concorrenza
sleale), l’art. 1336 (offerta al pubblico), l’art. 1337 (trattative e responsabilità
precontrattuale) e l’art. 1338 (conoscenza delle cause d’invalidità). Si segnala,
inoltre, che proprio in relazione agli strumenti pubblicitari a grande diffusione
la giurisprudenza ha dato un’interpretazione dell’art. 2598 c.c. tendente ad
allargarne il campo d’azione, sulla base dell’art. 41 Cost., qualificando la
pubblicità commerciale quale attività di impresa, come tale assoggettabile a
limitazioni per l’utilità sociale (Corte Cost. N. 231/ 1985).
Come detto, particolare rilievo assumono le norme di autoregolamentazione
adottate dagli stessi operatori pubblicitari. Il Codice di Autodisciplina
Pubblicitaria, la cui prima versione risale al 1966, contiene norme che hanno
trovato pieno riconoscimento nel d. lgs 74/1992 istitutivo, fra l’altro, del
sistema del “doppio binario” tra giudizio autodisciplinare e procedimento
innanzi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per il controllo
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sulla pubblicità illecita. Tale normativa è, oggi, stata recepita dagli artt. 26 e 27
del Codice del Consumo.
Passando ad analizzare alcune specifiche problematiche riguardanti la
pubblicità in Rete, un fenomeno di particolare rilievo è dato dal c.d. U.C.E.
(Unsolicited Commercial E-mail), consistente nell’invio di comunicazioni
elettroniche non richieste, in contesti a ciò non deputati, ad un lungo elenco di
destinatari. Fenomeno che si trasforma nel c.d. spamming quando le
comunicazioni vengono inoltrate, non soltanto a singole caselle di posta
elettronica ma a un gran numero di utenti attraverso l’utilizzo di newsgroup,
chat, mailing list (i c.d. spammers, alla lettera “innondatori”, ottengono gli
indirizzi a cui inviare le comunicazioni commerciali acquistando pacchetti di
indirizzi, reperendo elenchi nei siti Web oppure individuando gruppi di
discussione creati intorno ad un determinato interesse). Tali fenomeni rilevano
non solo sotto il profilo della pubblicità ma anche sotto quello della c.d.
privacy, essendo l’indirizzo di posta elettronica un dato personale. Sul punto si
rileva che varie direttive comunitarie hanno sancito il diritto alla riservatezza
(95/46 CE; 97/66 CE; 97/7 CE).
Fondamentale, al riguardo, è la dir. 2002/58 CE che prevede che l’utilizzo della
posta elettronica ai fini di commercializzazione diretta è consentito soltanto
con il preventivo consenso del destinatario.
Per quanto riguarda il nostro ordinamento, la legge n. 675/1996, attuativa della
dir. 95/46 CE, come modificata dal d.lgs. 467/2001, ha introdotto il concetto di
tutela della riservatezza del dato personale sia della persona fisica che giuridica
e ha previsto in relazione all’invio di comunicazioni commerciali e
promozionali (artt. 11, 12, 13 come interpretati dal Garante per la Protezione
dei dati Personali) i doveri fondamentali di chi voglia effettuare un trattamento
di dato personale a tali fini; doveri che si concretano nell’obbligo di informare
in modo chiaro e sintetico l’interessato della raccolta e dei suoi scopi, prima di
effettuarla; di indicare il richiamo dei diritti spettanti all’interessato e del modo
del loro esercizio; (iii) conseguire il consenso dell’interessato.
Va poi richiamata la normativa in materia di contratti a distanza contenuta nel
Codice del Consumo (artt. 50 e ss.) che, in particolare, all’art. 58 (limiti
all’impiego di talune tecniche di comunicazione a distanza), in sintonia con
l’art. 130 del Codice Privacy, prevede, al comma 1, la necessità del consenso
preventivo per i sistemi automatizzati di contatto senza l’intervento di
operatore. Diversamente, al comma 2, consente la comunicazione individuale,
qualora effettuata con tecniche diverse da quelle di cui al comma 1, se non
esplicitamente rifiutata dal consumatore2.
2
In ordine alle principali modalità operative della pubblicità on-line si segnala: “La pubblicità
on line e le comunicazioni commerciali” di Laura Furlanetto, sito www.altalex.com. L’autrice
individua le seguenti modalità: “BANNER, ovvero “bandiera”, “striscione”, immagine
pubblicitaria presente sulle pagine Web, spazio grafico fisso o a rotazione: cliccandovi sopra
il navigatore attiva un link e accede ai contenuti dell’annuncio. Trae il massimo vantaggio dal
carattere interattivo di Internet e genera possibilità di pubblicità mirata. Appaiono applicabili
tutte le disposizioni citate. INTERSTITIAL, ovvero, vero e proprio spot pubblicitario che
appare automaticamente a seguito della richiesta della pagina Web, programmato per durare
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2.
La pubblicità del gioco on line
La pubblicità nell’ambito del gioco on line è certamente una componente
essenziale per lo svolgimento di tale attività.
Nel nostro ordinamento giuridico la pubblicità del gioco lecito è consentita seppure con dei limiti volti a tutelare la posizione del consumatore - a
differenza di altri ordinamenti, come ad esempio quello tedesco3, che vietano
tale forma di pubblicità.
Al riguardo, AAMS ha evidenziato come trasparenza e comunicazione siano
gli elementi indispensabili per sviluppare il colloquio con il cittadino e, nel
caso di specie, con il consumatore-giocatore e come, pertanto, anche la
il tempo necessario per scaricare la pagina. Messaggio di tipo intrusivo, rispetto al banner, di
tipo push. SISTER WINDOW, ovvero via di mezzo tra banner e intersitial, ovvero finestrella
del browser che viene lanciata automaticamente appena il banner è stato scaricato. Si può
immediatamente chiudere cliccando col mouse. Usata per campagne di tipo teaser, ovvero
basate sull’effetto sorpresa del creare un annuncio e poi soddisfare la curiosità con una
rivelazione. I due metodi hanno chiaro impatto sulla norma che vuole la “pubblicità
riconoscibile come tale” e non occulta (23 Codice Consumo). ADVERTORIAL: Formula che
“sposa” un contenuto editoriale ed uno sponsor, spesso presente proprio in pagine editoriali /
giornalistiche e non immediatamente riconoscibile nella valenza pubblicitaria. Spesso è infatti
celata l’effettiva provenienza da chi ha interesse alla promozione. RICH MEDIA: Forme che
ricorrono ad elementi multimediali con alto tasso di interattività, agli antipodi rispetto ai
banner statici. La visualizzazione richiede che il browser sia dotato dei necessari plug-in
(audio banner, video banner, tecnologia streaming). Usato in particolare dalle aziende
dell’intrattenimento. Incrementa fortemente l’interattività e il tasso di click-through.
MINISITI, SITI e PAGINE WEB: I minisiti sono costruiti per promuovere appositamente un
prodotto o un evento. Siti e pagine Web sono forma di comunicazione ormai “classica” di
imprese ed altri soggetti. Sono le modalità che comportano meno problemi dal punto di vista
dell’invasività. E-MAIL, NEWSGROUP – MAILING LIST – NEWSLETTER – CHATLINE:
Quando si comunicano pubblicità o informazioni commerciali tramite e-mail, si ha impatto su
tutte le norme in precedenza viste ed in particolare su quelle relative a U.C.E., spamming,
informative, consensi, facoltà OPT-IN e OPT-OUT. Newsgroup / Mailing List / Chatline sono
vulnerabili alla pratica dello schmooze (attaccar bottone), tecnica ai limiti della legalità ed
assai insidiosa attraverso la quale gli schmoozers si infiltrano nelle discussioni, dopo aver
individuato i gruppi legati da interessi comuni, allo scopo di denigrare e/o promuovere
determinati prodotti. Risolvibile con rigorosa regolamentazione e attenta moderazione dei
gruppi. I profili di illegalità possono essere palesi (denigrazione o pubblicità occulta), ma
spesso si confondono con la non censurabile “espressione di opinioni personali”. MOTORI DI
RICERCA: Sono veicolo pubblicitario con varie modalità, la più nota delle quali è la
possibilità di acquistare parole o frasi keyword del proprio business che rispondono alla la
ricerca da parte degli utenti visualizzando prioritariamente i links interessati. Vi è poi la
possibilità di posizionamento di messaggi in corrispondenza delle pagine di ricerca.”
3
Recentemente, l’Alta Corte di Oldenburg ha statuito che la Toto-Lotto Niedersachsen GmbH
- concessionaria statale tedesca della Bassa Sassonia per i servizi della lotteria - non potrà più
pubblicizzare la sua attività via Internet. La Corte ha ritenuto che il messaggio pubblicitario sul
sito della Società concessionaria potesse essere un illegittimo invito a partecipare ad un gioco
aleatorio, contravvenendo in tal modo all'articolo 5 del Trattato sul Gambling che proibisce il
marketing di gioco d'azzardo via TV, Internet e cellulare.
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pubblicità debba essere improntata alla massima trasparenza e alla volontà
comunicativa.
Sulla base di tali principi, nel 2006 AAMS ha dato il via alla nuova campagna
di comunicazione istituzionale dal titolo: "Gioco sicuro", campagna volta,
essenzialmente ad affermare il contrasto esercitato dall’Amministrazione verso
l'illegalità nel gioco nonchè verso i rischi cui i giocatori possono incorrere.
In altri termini, AAMS ha così inteso diffondere la cultura del "gioco sicuro"
“come reale fonte di divertimento e di socialità: il gioco è una fonte di svago e
resta tale se il giocatore sa di poter avere certezze, diritti e tutele. L'illegalità,
viceversa, nega tutto questo e contrasta la legalità come simbolo di civiltà e
progresso”. Gioco sicuro caratterizzato, fra l’altro, regole e processi di
produzione e distribuzione di giochi affidati a gestori selezionati e controllati.
La campagna di comunicazione intrapresa da AAMS evidenzia, in particolare,
che per ogni gioco è possibile fare affidamento su un unico gestore
istituzionale, in grado di garantire la trasparenza di ogni attività, fornire regole
chiare tanto ai potenziali giocatori quanto agli operatori del settore.
La campagna realizzata da AAMS coinvolge, ovviamente, anche la rete
internet, trattandosi di media in grado di raggiungere un numero molto
considerevole di utenti. Anche con tale strumento, l’Amministrazione, veicola
il proprio messaggio insistendo sulla contrapposizione tra oscurità e chiarezza,
rimandando sempre al contrasto tra gioco sicuro e gioco illegale.
3. La pubblicità ed i giochi: la legge n. 401/89 e successive modifiche
La pubblicità del gioco on line deve essere attuata nel rispetto della normativa
comunitaria e nazionale sopra richiamata e la liceità del messaggio
pubblicitario deve essere valutata in relazione al suo contenuto. In altri termini,
la pubblicità è lecita se è volta a promuovere il gioco lecito, consentito dalla
normativa vigente. Diversamente devono essere poste delle restrizioni che
consentono di far fronte, da un lato, agli escamotage di alcuni operatori non
autorizzati e, dall’altro di mettere in pratica una tutela effettiva del
consumatore – giocatore.
Fare pubblicità ad operatori esteri, che raccolgono le scommesse o altre
tipologie di giochi in Italia senza possedere la concessione costituisce reato.
Ed infatti, a norma dell’art. 4(“Esercizio abusivo di attività di gioco e
scommessa”), comma 2, della legge n.401/89, come modificato dalla legge 14
maggio 2005 n. 80, chiunque dà pubblicità in Italia a giochi, scommesse e
lotterie, da chiunque accettate all’estero, è punibile con l’arresto fino a tre
mesi e con ammenda4.
4 Il secondo comma dell’art. 4 della legge n. 401/98 sostituito con la novella del 2005 prevedeva che:
“Quando si tratta di concorsi, giuochi o scommesse gestiti con le modalità di cui al comma 1, e fuori dei
casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo, chiunque in qualsiasi modo dà pubblicità al loro
esercizio è punito con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda da lire centomila a lire un milione”
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Prima dell’avvenuta modifica normativa il Tribunale penale di Milano, sez.
VII, con sentenza n. 981 del 31 gennaio 2005 aveva assolto alcuni agenti
pubblicitari, imputati ai sensi della legge n. 401/89 di aver organizzato
campagne promozionali negli stadi per conto di Società estere di gambling on
line.
Nella fattispecie, esaminata dal Tribunale di Milano assume importanza
determinante l’elemento territoriale in relazione all’attività di organizzazione e
gestione delle scommesse, in carenza di adeguata licenza.
L’elemento della territorialità che appariva essere il principio portante della
richiamata legge n. 401/89 era stato ben chiarito in passato dalla Suprema
Corte (ex plurimis Cassazione penale, sez. III, 9 novembre 1995, n.322), dove
statuiva che solo se sussistente e comprovato il delitto di organizzazione
abusiva di scommesse e concorsi pronostici su gare sportive, ipotizzato dall’art.
4 comma 1, legge 13 dicembre 1989 n.401, poteva essere integrata la
contravvenzione di pubblicità a detta organizzazione, prevista e punita dal
secondo comma del menzionato articolo.
La ratio della citata massima della Suprema Corte sembrerebbe condivisibile
laddove evidenzia che il prius logico della fattispecie criminosa è costituito
dall’analisi dell’operato effettivo del bookmaker.
Il testo emendato dell’art.4 comma II, nella sua nuova redazione invece,
sembra trascendere sia la territorialità che la consecutio.
4. Il caso Pokerstars
Degna di nota in questa sede appare la recente pronuncia n. 75/2008 del Giurì
dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) che censura l’attività di un
operatore estero di poker on line privo di licenza nel nostro Paese, a seguito del
decreto di AAMS sull’oscuramento del 21 gennaio 20075.
Secondo il Giurì, “la denominazione Pokerstars vale ad identificare un gioco
telematico al quale si può partecipare sia con soldi virtuali che con soldi veri
mediante, in quest’ultimo caso, il collegamento sul sito www.pokerstars.com,
che in Italia è stato bandito con provvedimento 21/1/2007 dell’AAMS perché
gestito da un operatore non autorizzato alla raccolta di giochi on line.”
La pubblicità avrebbe omesso di evidenziare che in Italia è vietata la
partecipazione al gioco telematico con soldi veri offerto da Pokerstars
"inducendo così l'utente in errore circa la possibilità di fruire del gioco senza
rischi di perdite (o vincite) di denaro", in contrasto con gli articoli 1 e 2 del
Codice di Autodisciplina6 del Giurì (“Lealtà della comunicazione
5
Diversamente da quanto accade in Germania, ove viene censura la pubblicità dei giochi on
line in generale, senza operare distinzioni.
6
“Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale - 45ª edizione, in vigore dal 21
aprile 2008”, del quale si riportano le “Norme preliminari e Generali” e gli articoli richiamati:
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commerciale” e “Comunicazione commerciale ingannevole”). Dichiarava così
lo IAP che: “la pubblicità contestata è in contrasto con gli artt. 1 e 2 del
Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, e ne ordina la
cessazione".
“Norme Preliminari e Generali a) Finalità del Codice Il Codice di Autodisciplina ha lo scopo
di assicurare che la comunicazione commerciale, nello svolgimento del suo ruolo
particolarmente utile nel processo economico, venga realizzata come servizio per il pubblico,
con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore. Il Codice definisce le attività in
contrasto con le finalità suddette, ancorché conformi alle vigenti disposizioni legislative;
l'insieme delle sue regole, esprimendo il costume cui deve uniformarsi l'attività di
comunicazione, costituisce la base normativa per l'autodisciplina della comunicazione
commerciale. b) Soggetti vincolati Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione
Commerciale è vincolante per utenti, agenzie, consulenti di pubblicità e di marketing, gestori
di veicoli pubblicitari di ogni tipo e per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o
tramite la propria associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di cui al
punto d), finalizzato all'effettuazione di una comunicazione commerciale c) Obblighi degli enti
firmatari Gli enti firmatari si impegnano ad osservare ed a far accettare dai loro associati le
norme del Codice stesso e dei Regolamenti autodisciplinari, a dare opportuna diffusione alle
decisioni dell'organo giudicante, nonché ad adottare adeguati provvedimenti nei confronti dei
soci che non si attengano al giudizio dell'organo stesso o siano recidivi. d) Clausola di
accettazionePer meglio assicurare l'osservanza delle decisioni dell'organo giudicante, gli
organismi aderenti si impegnano a far sì che ciascun soggetto ad essi associato inserisca nei
propri contratti una speciale clausola di accettazione del Codice, dei Regolamenti
autodisciplinari e delle decisioni assunte dal Giurì, anche in ordine alla loro pubblicazione,
nonché delle ingiunzioni del Comitato di Controllo divenute definitive.e) Definizioni Agli effetti
del Codice il termine "comunicazione commerciale" comprende la pubblicità e ogni altra
forma di comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi
quali che siano le modalità utilizzate, nonché le forme di comunicazione disciplinate dal titolo
VI. Non comprende le politiche commerciali e le tecniche di marketing in sé considerate. Il
termine "prodotto" comprende qualsiasi oggetto della comunicazione commerciale e si intende
perciò esteso anche al servizio, metodo, trattamento, diritti, obbligazioni e simili. La natura
del prodotto o del servizio in sé considerata non forma oggetto del Codice di Autodisciplina Il
termine "messaggio" comprende qualsiasi forma di presentazione al pubblico del prodotto e si
intende perciò esteso anche all'imballaggio, alla confezione, all'etichetta e simili. Il termine
"consumatore" comprende ogni soggetto – persona fisica o giuridica come pure ente collettivo
– cui è indirizzata la comunicazione commerciale o che sia suscettibile di riceverla. Agli effetti
del Codice di Autodisciplina non costituisce comunicazione commerciale la distribuzione a
scopo didattico di materiale promozionale quando sia richiesto dagli Istituti scolastici pubblici
o privati e l'uso avvenga sotto il controllo del personale docente.”
Titolo I Regole di comportamento
Art. 1: “Lealtà della comunicazione commerciale La comunicazione commerciale deve essere
onesta, veritiera e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla.”
Art. 2: “Comunicazione commerciale ingannevole La comunicazione commerciale deve evitare
ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche
per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per
quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni
di vendita, la diffusione, l'identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti. Nel
valutare l'ingannevolezza della comunicazione commerciale si assume come parametro il
consumatore medio del gruppo di riferimento.”
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