26/03/2015 Il modello italiano di disoccupazione 1 ALCUNE DELLE SLIDE PROIETTATE A LEZIONE - ad uso esclusivo degli studenti - fig. 4.1. Tassi di disoccupazione nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno 25.0 20.0 15.0 10.0 5.0 0.0 1977 1980 1985 1990199219931995 Centro-Nord 2000 20032004 2009 Mezzogiorno 2 1 26/03/2015 Il divario territoriale • IT è il paese in cui le differenze territoriali sono più forti; • dal 2000, netta riduzione del divario, MA soprattutto per ▫ Aumento dello scoraggiamento delle donne; ▫ ripresa delle migrazioni interne. • Recente crisi colpisce di più il settentrione La mobilità interna (Sud →Nord) • massiccia anni ‘50-60; • da metà degli anni '70 molto bassa; • ripresa da fine anni novanta, ma ora interessa soprattutto gli istruiti; Struttura della disoccupazione connessa alla capacità di creare occupazione à donne e giovani più discriminati al Sud 3 La disoccupazione giovanile è anche intellettuale? • tra chi cerca lavoro, la percentuale di istruiti è alta, ▫ i laureati: – sono tra il 10% (maschi) e il 15% (femmine) al Centro-Nord; – e tra il 6% (maschi) e l’11% (femmine) nel Mezzogiorno; ▫ i diplomati: – sono quasi la metà nel Centro-Nord; – e tra il 35% (maschi) e il 45% (femmine) nel Mezzogiorno; 4 2 26/03/2015 Tra i disoccupati troviamo una quota crescente di laureati Non è sorprendente perché: le persone in cerca di lavoro sono per lo più giovani e le nuove generazioni sono più istruite delle precedenti Le implicazioni sociali sono importanti • la disoccupazione colpisce anche le classi più elevate; • le famiglie delle classi non elevate, che hanno fatto studiare i figli anche per sfuggire ai rischi della disoccupazione, vedono deluse le loro aspirazioni Comunque fenomeno transitorio: solo per figli in fase in ingresso ® risulta però incrinato sentimento di sicurezza Per parlare in modo specifico di disoccupazione intellettuale per i giovani ® occorre che la più elevata scolarità costituisca una difficoltà aggiuntiva nella ricerca di un lavoro; Perché dovrebbe accadere? La disoccupazione intellettuale contrasta con le comuni ipotesi sul ruolo dell'istruzione nel mercato del lavoro 6 3 26/03/2015 Perché i laureati dovrebbero correre meno rischio di rimanere disoccupati? Teoria del capitale umano: lo sviluppo economico richiede maggiore istruzione à le opportunità di impiego per i più istruiti non possono che aumentare Spiazzamento: in mancanza di buone opportunità di lavoro, i più istruiti “spiazzano” i meno istruiti nelle attività lavorative di livello medio/basso à Quindi i più istruiti dovrebbero avere tassi di disoccupazione inferiori ai meno istruiti MA esiste anche la disoccupazione intellettuale: i più istruiti rimangono in attesa di un buon posto di lavoro e quindi risultano disoccupati più spesso dei meno istruiti Quanto conta avere una laurea? I giovani laureati corrono meno rischi di rimanere disoccupati dei meno istruiti? 4 26/03/2015 La spiegazione “sociologica” della disoccupazione intellettuale Eccesso di persone istruite + Istruiti NON spiazzano i meno istruiti = Disoccupazione intellettuale Ciò può accadere quando: ▫ giovani non rinunciano alle aspettative connesse all'elevata istruzione e restano in attesa del “posto buono” ▫ attesa è possibile grazie al sostegno della famiglia La resistenza a rinunciare alle aspettative è forte quando à occupazione non adeguata a titolo di studio = non solo dequalificazione professionale ma anche declassamento sociale Questa situazione è presente in particolare in Italia - per ragioni culturali (lavoro manuale/intellettuale) - e strutturali (scarsa mobilità di carriera à ogni occupazione sembra «per sempre») Attenzione a guardare i dati sul tasso di disoccupazione per titolo di studio! Il tasso di disoccupazione giovanile 16-24 anni dice poco sulle differenze legate al titolo di studio à confronta diplomati che sono nel Mdl da più anni dei laureati e da meno anni di chi ha la licenza media à Consideriamo che i giovani con la licenza media entrano nel MdL a 15 anni, i diplomati a 19 e i laureati a 24 e consideriamo la probabilità che siano disoccupati nei cinque anni successivi Confrontiamo il TASSO DI DISOCCUPAZIONE ALL’INGRESSO NEL MERCATO DEL LAVORO per i giovani a seconda del titolo di studio à Vediamo se ci sono stati dei cambiamenti nel tempo (dal 1989 al 2009) 5 26/03/2015 Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato del lavoro per titolo di studio (1989-2009) MASCHI Elementari 50.0 45.0 Medie Diploma Laurea Disoccupazione intellettuale per i diplomati 40.0 35.0 30.0 25.0 20.0 15.0 10.0 5.0 Vantaggio per i laureati 0.0 1989 1990 1991 1992 Scarso vantaggio per i laureati 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Oggi la laurea conta!! Quanto conta avere una laurea? La situazione italiana è diversa da quella degli altri paesi Europei? 6 26/03/2015 Un confronto europeo • 3 livelli di istruzione in Europa: 1. livello basso = sino alla scuola media obbligatoria; 2. livello medio = diploma di scuola media superiore; 3. livello alto = titolo universitario; Grafico: livello basso da 15 a 19 anni = 100 numero indice; • livello medio da 20 a 24 anni; • livello alto da 25 a 29 anni. 13 E rispetto agli altri Paesi europei? I più istruiti sono i meno disoccupati in TUTTI i paesi EU MA il vantaggio comparativo dei più istruiti è diverso Tasso di disoccupazione all'entrata nel MdL per livello di istruzione (Maschi 2007 numeri indice 100=liv basso) 100.0 90.0 80.0 70.0 60.0 Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni) 50.0 40.0 30.0 20.0 10.0 0.0 Italia Francia Gran Bretagna Spagna 7 26/03/2015 Lavoro e mercato 2013/2014 • negli ultimi 10 anni il divario si è allargato in tutti i paesi; ® l’aumento dell’occupazione degli ultimi anni ha avvantaggiato di più i più istruiti. Perché in Italia il vantaggio dei giovani istruiti è meno forte? q NON perché ci sono troppi giovani istruiti: (25-64 anni) (25-34 anni) ITA laureati 15% laureati 21% Francia laureati 29% laureati 43% Spagna laureati 31% laureati 39% Media EU laureati 28% laureati 35% à Nei paesi dove ci sono più istruiti il titolo di studio vale di più! Quindi sembra non funzionare la regola della scarsità, MA il paradosso si fonda su un equivoco per giudicare la rarità/eccesso di istruiti, bisogna metterli in relazione ▫ NON con la popolazione, ▫ MA con la domanda di lavoro articolata per livelli professionali, che in Italia è orientata verso i livelli bassi molto più che nei paesi dell'Europa centrosettentrionale. 8 26/03/2015 Ma cosa accade agli istruiti in età adulta? • • • una volta superata la fase di ingresso, l’istruzione più elevata costituisce un vantaggio: ® tra i 30 e i 59 anni il tasso di disoccupazione degli istruiti è sempre minore di quello dei non istruiti; il vantaggio comparativo degli adulti istruiti in Italia è più elevato di quello degli adulti istruiti negli altri paesi europei; in IT l'istruzione superiore = grande vantaggio per quanto riguarda la probabilità di raggiungere una posizione professionale di alto livello. 17 fig. 4. 11. Tassi di disoccupazione per livello di istruzione dei maschi adulti (35-54 anni), 2007) Numeri indice: 100 = livello basso 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Germania Spagna Francia Alto Medio Italia Svezia Gran Bretagna Basso 18 9 26/03/2015 • Quindi gli istruiti in Italia rispetto agli istruiti negli altri paesi europei: − da giovani molto meno favoriti nella fase di ingresso al lavoro; • in compenso: − da adulti relativamente più protetti dalla disoccupazione; − molto più alte probabilità di accedere a professioni intellettuali, nonostante tali professioni siano abbastanza poche. 19 La disoccupazione di lunga durata • • • l’Italia è il paese europeo dove la disoccupazione di lunga durata (>12 mesi) è più elevata; si tratta soprattutto di giovani (il 53% ha meno di 29 anni) e di persone in cerca di prima occupazione (52%); Non sempre disoccupazione e disoccupazione di lunga durata variano nella stessa direzione 20 10 26/03/2015 La lunga attesa del posto • la scuola dura più a lungo; • e poi il periodo di attesa della prima occupazione è più lungo; In realtà i giovani non cominciano a conoscere il lavoro così tardi - I «lavoretti» che precedono l'occupazione senza intaccare la condizione di studenti o di persone in cerca di lavoro. ▫ tra chi frequenta le medie superiori gli studenti-lavoratori sono dal 20% al 50%; ▫ più nel Centro-Nord che nel Sud, ove maggiore è la concorrenza di chi ha finito gli studi; 21 I «lavoretti» e il lavoro «per la vita» Il limbo dei lavoretti durante la lunga attesa della prima occupazione; • meno diffusi nel Mezzogiorno, perché più scarse sono le occasioni di lavoro precario non manuale; • nel Centro-Nord vi sono maggiori opportunità nei servizi, anche ad elevato livello e in regola; Effetto di addestramento soltanto per pochi (MA per lauree umanistiche sembra giocare in positivo) à scarso vantaggio sul piano professionale. Inserimento in reti di relazioni sociali che aiutano ad accedere a un'occupazione «per la vita»? à dipende da quale relazione esiste tra mercato del lavoro precario e stabile 22 11 26/03/2015 La lunga attesa in seno alla famiglia di origine • la lunga attesa dell'occupazione «adeguata» si regge sul sostegno economico e sulle aspettative di mobilità sociale della famiglia; Le origini familiari incidono sui tempi di ricerca: ▫ ▫ migliori relazioni sociali favoriscono l'accesso al «buon lavoro»; maggiori risorse economiche consentono più lunghi tempi di attesa. 23 L’attesa del «posto buono»: familismo o strategia razionale? • Uscire presto dalla famiglia di origine à rischio di mancanza di lavoro o redditi insufficienti; • Accettare posizioni di lavoro sotto-qualificate rispetto al titolo di studio à rischio di non riuscire più a raggiungere posizioni coerenti con il proprio titolo di studio. à aspettare il «posto giusto» consente di evitare il rischio di rimanere intrappolati in posti scadenti • NON attori perfettamente razionali • MA frutto dello status sociale che accompagna ogni lavoro e trattiene dal rischio di declassamento. 24 12 26/03/2015 L'impatto della disoccupazione sulla società • Anni ’50: livello di disoccupazione ben inferiore per provocare diffusa insicurezza, vaste aree di povertà e gravi tensioni sociali; Oggi: paradosso “più disoccupazione meno conflitti” (con la crisi un po’ meno vero) Spiegazioni: - disoccupazione provoca apatia; - alcuni sono «falsi» disoccupati à lavoro irregolare L’aspetto cruciale è la composizione della disoccupazione: ▫ in passato essenzialmente maschi adulti ▫ ora, per lo più da giovani e donne che vivono in famiglie con almeno un reddito (da lavoro o da pensione); 25 Importante distinzione tra due dimensioni della disoccupazione: A. economica: rapporto tra disoccupazione e povertà; B. sociale: disagio psicologico della mancanza di lavoro. 26 13 26/03/2015 A. • La povertà si separa dalla disoccupazione negli anni Ottanta: ▫ una fascia ridotta di disoccupati è povera, poiché molti sono giovani che vivono con un padre quasi sempre occupato; la gran maggioranza dei poveri è costituita da soggetti non attivi nel mercato del lavoro (anziani, casalinghe e minori); ▫ • causa principale della povertà: età avanzata e cattive condizioni di salute. 27 Tuttavia tra disoccupazione e povertà rimane una forte connessione a livello territoriale ▫ nel Mezzogiorno – 36% della popolazione; – 60% della povertà (relativa); – ▫ 45% della disoccupazione; la disoccupazione meridionale si appoggia su una base occupazionale più ristretta e più povera: – più alto tasso di disoccupazione → più alto numero di famiglie con un solo basso reddito → famiglie numerose ad alto rischio di povertà; Negli anni Novanta: ▫ ▫ la disoccupazione è sempre più meridionale; nel Mezzogiorno cresce la presenza di disoccupati maschi adulti e capifamiglia; à questo cambiamento nella composizione della disoccupazione ne aumenta la connessione con la povertà. 28 14 26/03/2015 B. Una disoccupazione non economicamente seria, ma socialmente grave? Dal punto di vista economico, nonostante lo scarso rilievo del sostegno pubblico ▫ gli effetti della disoccupazione erano attutiti dai processi di aggiustamento interni alle famiglie; → quindi, finora,la situazione economica della grande maggioranza dei disoccupati non è stata economicamente seria Le conseguenze psicologiche della disoccupazione • dal punto di vista sociale, la situazione è grave, perché milioni di persone non riescono a ottenere una condizione lavorativa cui aspirano, • In particolare grave è l’emergenza sociale di alcune generazioni di giovani che rischiano di incontrare troppo tardi un lavoro “vero” 29 15