I DISSECCAMENTI DELL’ALBICOCCO
Un confronto in Francia con uno specialista dell’INRA
Per meglio soddisfare la domanda dei consumatori, nelle nostre aree di produzione è
necessario migliorare il livello qualitativo delle albicocche. Per questo motivo, nelle
zone più tipiche e vocate, molti imprenditori sono stati indotti ad intraprendere nuove
coltivazioni, mettendo a dimora piante con varietà migliorative.
Purtroppo però, negli ultimi due anni, in diversi areali emiliano-romagnoli (Cesena,
Faenza, Imola) molti impianti di albicocco, per lo più giovani, hanno manifestato
disseccamenti di intere piante o di parti di esse, che a volte hanno interessato anche
interi appezzamenti.
Il Servizio Fitopatologico Regionale ed il CRPV, unitamente ai tecnici specializzati delle
O.P., a più riprese hanno valutato la situazione per cercare di comprendere le cause di
tale fenomeno. Da alcune valutazioni in campo, si è potuto osservare che questa
sintomatologia non è strettamente collegata a determinate varietà o portinnesti, ma
dipende dalle condizioni pedoclimatiche e dalla presenza di Pseudomonas spp.
Per cercare di capirne di più, un gruppo di tecnici pubblici e privati dell’EmiliaRomagna, si sono recentemente recati in Francia, dove peraltro la patia è presente da
diversi anni, per discutere e confrontarsi con gli specialisti d’oltralpe; in particolare,
grazie all’interessamento dell’istituto SFR, abbiamo avuto l’occasione di incontrare il
dott. Vigouroux, direttore del dipartimento di patologia dell’INRA di Montpellier e
valido specialista di batteriologia vegetale per alcune drupacee (pesco e albicocco).
Assieme al dott. Vigouroux abbiamo potuto osservare campi sperimentali (presso il
Serfel e aziende private), dove la patologia è seguita da diversi anni.
G. Pallotti (Uff. Tecnico)
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I danni si notano a livello corticale ed i sintomi caratteristici (cancri non depressi) si
verificano più facilmente nella parte bassa di piante giovani (di età compresa tra uno e
sei anni).
Sulle piante si possono rilevare diverse problematiche che evidenziano in modo
inequivocabile quanto questi sintomi non siano riconducibili al solo esito di un attacco
batterico, ma a diverse concause; in effetti in diversi periodi si può verificare la
seguente sintomatologia: a fine inverno è possibile notare emissioni di “punti
gommosi” alla base dei rami, dei brindilli, dei mazzetti di maggio. Asportandone la
corteccia, i tessuti sottostanti presentano aree necrotiche bruno-rossastre. In
primavera alcuni rami vegetano malamente o si presentano privi di vegetazione. In
estate si nota la formazione di cancri nell’area contaminata e si assiste al rapido
appassimento di alcune branche o dell’intera pianta. In qualche caso la pianta può
rivegetare dal portinnesto.
G. Pallotti (Uff. Tecnico)
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Le cause del disseccamento
Come detto, questa sintomatologia è l’effetto di diverse cause che agiscono
contemporaneamente: le piogge intense del periodo ottobre-novembre, le gelate
autunnali o invernali, la bassa temperatura del suolo, l’età delle piante, i terreni
particolarmente grossolani e la presenza nell’ambiente di batteri del genere
Pseudomonas.
Secondo il dott. Vigouroux, i sintomi sopra descritti sono l’effetto di infezioni
provocate da Pseudomonas syringae pv syringae, P. viridiflava, P. syringae pv
morsprunorum, che notoriamente sono ubiquitari, ma che solamente in presenza di
particolari condizioni pedoclimatiche possono infettare la pianta. Questa tesi sarebbe
legata a campionamenti effettuati durante l’inverno (febbraio), dai quali sono stati
isolati i patogeni all’interno della pianta; campionamenti più tardivi (aprile) non ne
hanno mai messo in evidenza la presenza.
Per infettare la pianta i batteri hanno bisogno di aperture provocate da tagli di
potatura, ferite nel peziolo o microlesioni provocate dalle gelate invernali.
La probabile comparsa della patia si verifica in ambienti caratterizzati da pluviometria
e igrometria molto elevata durante l’inverno; in effetti se in queste condizioni di
campo ed in presenza di piante fortemente idratate si verifica una gelata, la pianta
stessa riduce l’idratazione delle singole cellule riversando una grande quantità di
liquido negli spazi intercellulari. Tanto più la gelata è prolungata tanto maggiore è la
quantità di acqua, che con le basse temperature si solidifica. Non appena la
temperatura si rialza, il gelo contenuto negli spazi intercellulari si liquefà e il liquido
tende a rientrare nelle cellule; l’acqua riassorbita vi entra in modo meno veloce
rispetto a quella prodotta dal disgelo, in modo che si forma un velo di liquido e aria
che scorre all’interno delle piante. In queste condizioni, i batteri patogeni nominati
possono penetrare nella pianta in modo passivo e molto rapidamente, attraverso una
ferita, anche creata dal gelo (da verifiche effettuate i batteri penetrano con una
velocità di due centimetri in un solo minuto). Quindi la concomitanza di forte presenza
di acqua e di batteri nell’insieme terreno-pianta, oltre ad una gelata anche solo a –2,
–3 °C ed al tipo di terreno (in quelli maggiormente areati si può presentare più
facilmente il disseccamento), possono produrre l’infezione.
G. Pallotti (Uff. Tecnico)
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L’influenza di portinnesti e terreni
Vigouroux ha anche valutato la sensibilità dei portinnesti. Presso il Sefra di Saint Gilles
nel 1991 sono state messe a dimora piante di Goldrich in parte innestate su Franco ed
in parte su Torinel. Nove anni dopo i ricercatori hanno potuto dimostrare una
maggiore sensibilità di Torinel (tutte le piante sono state abbattute perché disseccate)
rispetto a Franco (solo qualche pianta è stata abbattuta, ma soprattutto sono stati
asportati alcuni rami).
In merito ai tipi di terreno, si è verificato che vi sarebbe una forte influenza dei terreni
grossolani e poco profondi. In questi terreni, durante l’inverno l’acqua nel terreno è
altamente disponibile, con un elevato grado di ossigenazione, condizioni fondamentali
per favorire l’idratazione delle piante; al contrario, durante l’estate c’è il rischio di
stress idrico e cattiva alimentazione di calcio.
G. Pallotti (Uff. Tecnico)
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Il fatto che un terreno adatto alla coltivazione dell’albicocco possa comunque
presentare piante con sintomi di disseccamento, secondo Vigouroux, sarebbe collegato
ad aree di terreno anche di piccole dimensioni con caratteristiche non idonee.
Circa l’acidità, è stato verificato che i suoli acidi predispongono lo sviluppo
dell’infezione, così come i suoli poveri di calcio.
Infine, considerato che la maggioranza degli attacchi avviene nelle parti basse della
pianta, l’innalzamento del punto d’innesto al di sopra dei 60 centimetri sembra ridurre
la possibilità d’infezione (studi in corso su albicocco, già verificati positivamante su
pesco).
In base a questi studi approfonditi, l’Inra, unitamente a Sefra, Ctifl, Serfel e alla
Camera d’agricoltura, ha sancito una serie di raccomandazioni che sintetizziamo di
seguito:
-
Evitare la messa a dimora nei terreni grossolani ed esposti a nord.
-
Scegliere un portinnesto adatto al tipo di terreno.
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Adottare una potatura fortemente limitata nei primi ani dopo l’impianto, evitando
comunque il periodo ottobre-gennaio.
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Evitare gli stress idrici dovuti a irrigazione.
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Apportare una fertilizzazione equilibrata evitando le carenze in calcio.
In riferimento alle applicazioni specifiche con fitofarmaci ad azione battericida
(rameici), i tre generi di Pseudomonas sopra ricordati si trovano normalmente
nell’ambiente. I francesi consigliano interventi a scopo preventivo, sia in autunno che
in inverno, ma, considerata la presenza costante di tali patogeni, riteniamo sia
opportuno testarne la reale necessità nei nostri ambienti.
G. Pallotti (Uff. Tecnico)
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