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Comitato Scientifico: Aulisa L, Bizzi B, Caione P, Calisti A, Chiozza ML, Cittadini A, Ferrara P, Formica MM,
Ottaviano S, Pignataro L, Pitzus F, Pretolani E, Riccardi R, Salvatore S, Savi L, Sternieri E, Tortorolo G, Viceconte G
ISSN 1122-2557 - Supplemento alla rivista NPT - Anno XVIII - n. 1(Suppl. 4)/2008
Reg. del Trib. di Roma n. 337 dell’1/6/1991 · Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB Roma · Periodicità quadrimestrale · ©2008 Mediprint S.r.l. - Cod. 34/08 - Stampa CSC Grafica Srl - Supplemento finito di stampare nel mese di aprile 2008
La neuroprotezione
nel glaucoma:
ruolo della citicolina
Francesco Oddone
IRCCS - Fondazione G.B.Bietti per lo Studio e la Ricerca in Oftalmologia, Roma
NPT
In Oftalmologia
Francesco Oddone
IRCCS - Fondazione G.B.Bietti per lo Studio e la Ricerca in Oftalmologia, Roma
La neuroprotezione nel glaucoma:
ruolo della citicolina
Il glaucoma è una patologia cronico-degenerativa che
colpisce il nervo ottico, caratterizzata da una progressiva perdita di cellule ganglionari retiniche e dei
loro assoni. Le conseguenze anatomo-funzionali di
tale processo sono rappresentate da un progressivo
assottigliamento dello strato delle fibre nervose retiniche, da una progressiva escavazione della testa del
nervo ottico e da conseguenti danni della funzione visiva, sotto forma di comparsa ed estensione di aree
scotomatose nel campo visivo (Fig. 1).
I meccanismi alla base dell’insorgenza e della progressione della patologia non sono ancora stati chiariti in maniera univoca, anche se il ruolo della pressione intraoculare (IOP) appare centrale in molte forme di glaucoma, come il glaucoma acuto e alcune
forme di glaucoma secondario. La forma di glaucoma
più diffusa è rappresentata, tuttavia, dal glaucoma
primario ad angolo aperto, in cui la relazione pressione-patologia sembra essere forte ma non in grado
di spiegare molti degli aspetti inerenti l’insorgenza e
la progressione del danno.
La letteratura scientifica si è arricchita, negli ultimi anni, dei risultati di importanti studi clinici condotti su
larga scala che hanno preso in considerazione l’effetto
del trattamento ipotensivo oculare in varie fasi della
malattia glaucomatosa, dall’ipertensione oculare al
glaucoma avanzato (Ocular Hypertension Treatment
Study, Early Manifest Glaucoma Trial, Advanced
Figura 1.
2
Glaucoma Intervention Study, Collaborative Initial
Glaucoma Treatment Study, Collaborative Normal
Tension Glaucoma Treatment Study). La corretta interpretazione di tali studi è di fondamentale importanza
sia per il trasferimento nella pratica clinica dei risultati
ottenuti sia per l’orientamento di linee di ricerca future. Un punto fondamentale su cui gli studi sono risultati concordi è la conferma di un ruolo protettivo della
terapia ipotensiva oculare in tutte le fasi della malattia.
Il trattamento infatti permette di ridurre in maniera
consistente la percentuale di soggetti che sviluppa un
glaucoma a partire da una condizione di ipertensione
oculare e di ridurre, in percentuale variabile a seconda
dello studio considerato, il rischio di progressione di
danni già esistenti, siano essi iniziali o avanzati.
Mentre il ruolo della IOP come fattore patogenetico
della malattia glaucomatosa rimane ancora dibattuto,
soprattutto affrontando quelle forme di glaucoma in
cui la pressione rientra entro i limiti statisticamente
normali, l’intervento terapeutico mirato a ridurre i valori di IOP, qualunque essi siano al momento del danno, risulta l’unico fattore, per ora, in grado di modificare il decorso della malattia. Questi due concetti, apparentemente in contraddizione tra loro, sono invece
espressione dell’eterogeneità patogenetica della malattia glaucomatosa, in cui la riduzione della IOP non
rappresenta spesso una terapia eziologica ma un elemento in grado di favorire il trofismo delle strutture retiniche, attraverso la riduzione dello stress meccanico
che la pressione presente all’interno del bulbo oculare
esercita, a qualsiasi valore, a livello degli elementi nervosi e vascolari a livello della lamina cribrosa.
Tornando ai risultati dei grandi studi clinici, alla luce di
quanto esposto fin qui, non stupisce la dimostrazione
che il trattamento ipotensivo oculare sia in grado di alterare favorevolmente il decorso della malattia glaucomatosa. Tuttavia rimane aperto il dibattito sul ruolo patogenetico della IOP nelle varie forme di glaucoma,
proprio in virtù dei risultati degli stessi studi. È stato infatti osservato che più del 90% dei soggetti sani, ma
con valori di IOP considerati al di sopra della norma,
quindi classificati come ipertesi oculari, non sono destinati a sviluppare alcun danno anatomo-funzionale a 5
anni dalla diagnosi, mentre il 4,5% dei soggetti sottoposti a terapia ipotonizzante oculare mostrano una conNPT 00/2008
La neuroprotezione nel glaucoma: ruolo della citicolina
versione a glaucoma nonostante l’intervento terapeutico. Analogamente, percentuali variabili dal 14 al
45% di soggetti glaucomatosi a vari stadi della patologia continuano a peggiorare nonostante l’aggressione terapeutica, suggerendo che meccanismi diversi dallo stress iperbarico siano alla base
del danno in alcune forme della patologia.
Oltre la IOP
È noto che la sopravvivenza della cellula ganglionare
retinica dipende dal corretto equilibrio tra fattori di sopravvivenza, rappresentati principalmente da varie
classi di neurotrofine e fattori pro-apoptotici, tra cui lo
stress iperbarico, accomapagnato o meno da fattori
genetici, metabolici e vascolari. Lo stress iperbarico
esercitato a livello della testa del nervo ottico rappresenta l’insulto primario in grado, da un lato di interferire con il normale apporto ematico a livello del distretto capillare di questa struttura, dall’altro di compromettere il regolare trasporto assonico, sia anterogrado (dal corpo cellulare verso la terminazione sinaptica) sia retrogrado (dalla terminazione sinaptica al
corpo cellulare) di metaboliti e neurotrofine indispensabili per la sopravvivenza della cellula ganglionare.
Una delle prime conseguenze dello squilibrio tra fattori di sopravvivenza e segnali di morte cellulare è rappresentata dall’iperattivazione dell’enzima fosfolipasiA2 (PLP-A2) in grado di catabolizzare la fosfatidilcolina (PDC), il principale fosfolipide costituente le
membrane cellulari delle cellule ganglionari retiniche, in acido arachidonico (AA) e diacilgliceroli
Figura 2. Catabolismo della PDC.
Insulti esterni
(es.: stroke, traumi, IOP)
Attivazione fosfolipasi A2
Degradazione massiva PDC
e accumulo di AA e DAG
Danno membrana plasmatica
e mitocondriale
↑↑Ca++ intracellulare > APOPTOSI
NPT 00/2008
(DAG), che in concentrazioni fisiologiche rappresentano importanti messaggeri intracellulari.
Le conseguenze dell’aumentato catabolismo della PDC
sono molteplici e coinvolgono con una serie di reazioni a catena, non solo la cellula interessata ma anche le
cellule ganglionari presenti nel microambiente circostante. Il catabolismo della PDC è causa, infatti, di
un’instabilità della membrana cellulare con conseguente perdita della normale permeabilità e del corretto potenziale bioelettrico, a cui si accompagna un’apertura dei canali del Ca++, cui consegue un abnorme
influsso di calcio all’interno della cellula responsabile
dell’innesco della cascata biochimica che conduce alla
frammentazione del nucleo e alla morte cellulare per
apoptosi. L’innesco di tale cascata è ulteriormente favorito dalla presenza di concentrazioni intracellulari
anomale di AA e DAG, sempre derivanti dall’aumentato catabolismo della PDC di membrana (Fig. 2).
Come accennato, le conseguenze dell’apoptosi di una
singola cellula possono estendersi alle cellule ganglionari adiacenti. Infatti, una volta compromessa l’integrità di membrana della cellula apoptotica, il glutammato, principale neurotrasmettitore eccitatorio, viene
liberato nel microambiente circostante andando a sovrastimolare i recettori-canale NMDA presenti sulla superficie delle cellule adiacenti. La sovrastimolazione
di tali recettori determina a sua volta l’apertura del canale ionico a essi correlato, che comporta un nuovo
massivo influsso di Ca++, con conseguente innesco dell’apoptosi in cellule precedentemente sane. Questa
reazione, che rappresenta l’insulto secondario, può
espandersi in maniera esponenziale alle cellule adiacenti, generando quella che è stata definita “l’onda
della morte”, non arrestabile nonostante l’eliminazione dell’insulto primario (es. IOP), che aveva
generato la morte del primo neurone. Il meccanismo dell’insulto primario e dell’estensione dell’insulto
secondario alle cellule adiacenti è comune alla maggior parte delle malattie neurologiche di tipo cronicodegenerativo tra cui il morbo di Alzheimer (Fig. 3).
È chiaro da quanto esposto fin qui che la riduzione
della pressione intraoculare tramite una terapia
ipotonizzante è in grado di ridurre o eliminare l’insulto
primario che ha innescato l’apoptosi nella prima cellula, ma ha poca efficacia nell’arrestare la cascata di
eventi avviata dall’insulto secondario (liberazione
di glutammato) responsabile dell’attivazione della cascata apoptotica a carico delle cellule adiacenti, spesso
responsabile nella malattia glaucomatosa della progressione del danno visivo, nonostante il raggiungimento di valori di IOP apparentemente ottimali.
3
F. Oddone
Figura 3. Meccanismo dell’insulto primario e dell’estensione dell’insulto secondario alle cellule adiacenti.
Insulto primario (IOP)
Neurone esposto
all’insulto primario
Neurone danneggiato
Liberazione di
glutammato, ossido
nitrico, radicali liberi
Apoptosi
Insulto secondario
In questo contesto la ricerca scientifica si sta orientando verso nuove strategie terapeutiche da affiancare alla riduzione della IOP e, in particolare, molti sforzi sono stati fatti nel campo della neuroprotezione diretta delle cellule ganglionari, attraverso lo studio di
molecole, come la brimonidina, la memantina, i
calcio-antagonisti e la citidin-5-difosfocolina (citicolina), in grado di interagire direttamente con le cellule ganglionari a livello retinico, nel tentativo di alterare favorevolmente l’equilibrio tra segnali di morte e
segnali di sopravvivenza cellulare.
In quest’ambito un approfondimento particolare
merita la citicolina sia per il suo doppio meccanismo d’azione sia per la presenza di studi clinici
preliminari condotti sull’uomo che ne hanno documentato l’efficacia nel campo del glaucoma attraverso studi di elettrofisiologia oculare.
La citicolina è un precursore naturale della PDC che,
come accennato in precedenza, rappresenta il principale fosfolipide costituente le membrane cellulari.
Già utilizzata nell’insufficienza cerebrale, nello stroke,
nei traumi cerebrali e nelle malattie neurodegenerative quali Parkinson e Alzheimer, la citicolina è stata recentemente introdotta nel campo della malattia glaucomatosa. La domanda che sorge spontanea è come
possa un precursore di un fosfolipide di membrana
possedere potenzialità neuroprotettive. Per compren-
dere questo concetto è utile ricordare quanto accennato in precedenza, ovvero che la PDC svolge un
duplice ruolo nell’ambito della biologia della cellula ganglionare: un ruolo strutturale, essendo il
principale fosfolipide costituente le membrane cellulari, e un ruolo funzionale, in quanto in seguito
all’azione dell’enzima fosolipasi-A2 è fonte di
acidi grassi (AA e DAG), importanti messaggeri
intracellulari (Fig. 4).
Nella cellula sottoposta a insulti esterni, quali stroke,
traumi o elevata IOP, si assiste a un’iperattivazione della
fosfolipasi-A2 che causa, da un lato un’istabilità di
membrana legata all’aumentato catabolismo della PDC,
dall’altro un accumulo di AA e DAG all’interno della cellula, con una conseguente compromissione della funzione di messaggeri intracellulari di queste molecole.
Secondo studi di laboratorio, l’apporto esogeno di citicolina è in grado di alterare questa cascata di eventi con
vari meccanismi: in primo luogo la citicolina, essendo
un precursore della PDC, il più importante fosfolipide
costituente la membrana cellulare, rappresenta un importante substrato per la ricostituzione di una normale
integrità di membrana; in secondo luogo è stato osservato che la citicolina è in grado di inibire l’attività della
fosfolipasi-A2, riducendo quindi il catabolismo della
PDC e favorendo la normalizzazione della concentrazione di AA e DAG all’interno della cellula.
Accanto alle azioni della citicolina sopra descritte, è
stata osservata un’azione anche di tipo neuromodulativo. La somministrazione esogena di citicolina
è infatti correlata a un aumento della sintesi di alcuni neurotrasmettitori tra i quali l’acetilcolina,
la serotonina, la dopamina e la noradrenalina.
L’aumento della sintesi di acetilcolina è verosimilmente correlato con il fatto che la citicolina rappresenta
uno dei precursori nella cascata biochimica che conduce alla sintesi di questo neurotrasmettitore, mentre
non è ancora stato chiarito il meccanismo alla base
dell’aumento della sintesi degli altri. L’effetto stimolante il sistema dopaminergico, che offre il razionale per
l’impiego della citicolina nella terapia del morbo di
Figura 4. Duplice ruolo della PDC nella biologia della cellula ganglionare.
Principale fosfolipide di membrana
(>50%)
Ruolo strutturale
Fosfatidilcolina
fosfolipasi A2
Ruolo funzionale
4
Fonte di acidi grassi
(AA/DAG: messaggeri intracellulari)
NPT 00/2008
La neuroprotezione nel glaucoma: ruolo della citicolina
Figura 5. Esempi di campi visivi standard bianco su
bianco al basale e dopo 96 mesi di trattamento con beta-bloccanti topici (GP) e con GP più citicolina orale
(GC) (da: Parisi V. 2005; mod.).
GP eye
GC eye
MD: -5,46 dB; CPSD: 4,32 dB
MD: -6,28 dB; CPSD: 5,72 dB
MD: -7,16 dB; CPSD: 5,72 dB
MD: -4,62 dB; CPSD: 3,36 dB
Basale
96 mesi
Parkinson, è di particolare importanza anche a livello della funzione visiva, essendo la dopamina
uno dei principali neurotrasmettitori coinvolti
nella trasmissione del segnale visivo, sia a livello
retinico che post-retinico.
In un lavoro condotto da Parisi e collaboratori su soggetti glaucomatosi, e pubblicato nel 1999 su Ophthalmology, è stato infatti osservato un miglioramento della funzione visiva in soggetti glaucomatosi sottoposti a
terapia con citicolina, e tale evidenza era riconducibile
a un miglioramento della trasmissione del segnale visivo, sia a livello retinico che a livello di tutta la via otti-
ca. Tali risultati sono stati confermati dagli stessi autori
dopo un follow-up di 8 anni (Fig. 5).
La possibilità che la citicolina si sia dimostrata efficace
anche dopo somministrazione orale (Parisi et al. In
stampa) che ne esista una preparazione in soluzione orale ad alta biodisponibilità (Neukron Ofta®),
rende estremamente agevole la sua assunzione in
cicli periodici, favorendo in tal modo anche la
compliance del paziente.
Alla luce di quanto esposto, se da un lato risulta chiaro
che la terapia del glaucoma non può tutt’oggi prescindere dalla riduzione della IOP, sia essa ottenuta con
presidi medici che chirurgici, è altrettanto evidente che
l’ipotonizzazione oculare non sempre è sufficiente a ridurre il numero delle cellule ganglionari in apoptosi, e
quindi a ridurre la progressione della malattia. In
quest’ottica si inserisce il concetto di neuroprotezione
come possibile strategia in grado di contrastare quei
meccanismi di tossicità locale che alimentano il danno,
anche se l’insulto primario, in questo caso la IOP, è stato ridotto o rimosso. Nell’ambito della clinica della patologia glaucomatosa, i pazienti che infatti più beneficerebbero di una terapia di tipo neuroprotettivo, accanto a quella ipotensiva oculare, sono tutti quei pazienti con aumentato rischio di compromissione della
funzione visiva nell’arco della vita ovvero tutti i pazienti con pressione alta alla diagnosi, pazienti in progressione rapida nonostante l’ipotonizzazione oculare, pazienti con fattori di rischio come la pseudoesfoliatio o la
familiarità o pazienti con lunga aspettativa di vita.
Ulteriori e più ampi studi clinici, condotti con adeguate metodologie e focalizzati alla dimostrazione di endpoints rappresentativi dal punto di vista clinico, sono
necessari tuttavia ad affermare il reale ruolo della terapia neuroprotettiva nel preservare la funzione visiva a
lungo termine nei pazienti glaucomatosi.
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