INSEGNAMENTO DI FILOSOFIA DEL DIRITTO II LEZIONE IX “LE TECNICHE INTERPRETATIVE DI SECONDA CLASSE E LE FINZIONI GIURISPRUDENZIALI” PROF. FRANCESCO PETRILLO Filosofia del diritto II Lezione IX Indice 1 Argomentum a contrario in funzione produttiva ---------------------------------------------------- 3 1.1. 2 L’argumentum psicologico in senso stretto e l’argumentum teleologico: -------------------- 4 Le finzioni giurisprudenziali ---------------------------------------------------------------------------- 7 2.1 Il combinato disposto ---------------------------------------------------------------------------------- 10 2.2 La sedes mataeriae ------------------------------------------------------------------------------------- 11 2.3 La costanza terminologica ---------------------------------------------------------------------------- 11 2.4 La reductio ad assurdum ------------------------------------------------------------------------------ 11 Bibliografia ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX 1 Argomentum a contrario in funzione produttiva Si riconosce valore al disposto dettato della legge al testo scritto rispetto alla volontà del legislatore, per cui serve solo ad aprire la questione delle lacune. Ci fa cogliere la sussistenza di una lacuna. Sancisce il passaggio dalle tecniche di prima classe alle tecniche di seconda classe, cioè dalle tecniche riguardanti l’interpretazione letterale (art. 12 Preleggi al c.c., comma 1 parte 1) e le tecniche riguardanti la seconda parte dello stesso articolo. Ci troviamo di fronte a delle esercitazioni meramente logiche quando facciamo la differenza fra l’ argumentum a contrario in funzione interpretativa e l’ argumentum a contrario in funzione produttiva. In realtà, l’ argumentum a contrario in funzione interpretativa serve a confermare che il testo scritto, il documento normativo è il nostro unico punto di riferimento cioè che non possiamo andare al di là dell’enunciato scritto. Nell’ argomentum a contrario in funzione produttiva – facendo riferimento all’esempio enunciato nella videolezione - poiché il legislatore si è proposto in favore dei cittadini italiani non lascia alcun margine interpretativo. Questo perché si pone una norma negativa per quelli che non sono cittadini italiani. Quindi l’ argomentum a contrario in funzione produttiva è una delle tecniche interpretative di secondo classe che si pongono come sussidiari e residuale rispetto alle tecniche di prima classe. L’argomento dell’intenzione del legislatore è una tecnica di seconda classe che riguarda la necessità, nell’ipotesi in cui non sia possibile interpretare il testo secondo la sua formulazione letteraria, di ricorrere alla tradizione del positivismo classico cioè all’intenzione del legislatore, alla volontà più intima del legislatore per spiegare il significato della norma. Abbiamo varie forme di argomento secondo l’intenzione del legislatore. Si pensi, per esempio, all’interpretazione storica che ci è stata tramandata dalla dogmatica giuridica e si ricollega ai lavori preparatori della norma. L’interpretazione storica, nel passaggio dal positivismo classico al positivismo logico ha subito una graduale trasformazione nel senso che in sostituzione degli lavoratori dei lavori preparatori si è considerata una forma di interpretazione storica anche l’interpretazione secondo la volontà della legge per cui si tiene conto anche del significato storico della legge. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX Per esempio, come tecnica di seconda classe, rileva sempre più il rapporto tra interpretazione fattuale e interpretazione contro-fattuale. L’interpretazione fattuale è ancora una forma di interpretazione storica, data dal rapporto tra i lavori preparatori e la fattispecie che si è andata consolidando nella pratica. L’interpretazione contro-fattuale così come l’ argomentum a contrario è quella che ci permette di cogliere quello che la legge non ha disciplinato quindi il vuoto normativo che si è creato e dove bisogna andare ad intervenire. L’interpretazione fattuale fa scegliere un testo a preferenza di altri mentre quella controfattuale è una tecnica per colmare lacune. In pratica, utilizziamo la controfattualità per ciò che non è stato regolato e per spiegare le intenzioni del legislatore. L’argumentum psicologico in senso stretto e l’argumentum teleologico: 1.1. è l’argomento più classico. Rappresenta la tradizione dell’interpretazione secondo le intenzioni del legislatore e il fine che il legislatore voleva effettivamente realizzare. Oggi la volontà della legge, l’intenzione contro-fattuale e l’ argomentum teleologico sono più utilizzati della volontà del legislatore storico, dell’interpretazione fattuale e dell’argomentum psicologico inteso in senso stretto (questi ultimi, quali residualità del positivismo classico hanno margini di applicazione molto ridotti). Anche l’interpretazione estensiva è un residuo del positivismo classico, secondo il quale, al giudice, bocca della legge, non rimaneva altra possibilità che intervenire con l’interpretazione estensiva o restrittiva, cioè di estendere o restringere la volontà del legislatore. Nel passaggio dal positivismo classico al positivismo logico il ruolo svolto dall’interpretazione estensiva è stato colmato dall’art 12 comma 2 disp prel cioè dall’analogia. L’ analogia è, in realtà, uno dei problemi non risolti della teoria dell’interpretazione perché questa di per sé è un procedimento non logico inserito all’interno di un sistema logico per giungere ad una conclusione comunque logica; cioè, pure in assenza di una premessa logica, si ritiene di potere giungere ad una logica conclusione. Si prescinde dal ragionamento sulla necessità di una premessa valida perché il ragionamento possa essere valido. Secondo i positivisti logici per una premessa che non è di tipo normativo ma di tipo ordinamentale non è necessaria una premessa logica per avere una conclusione logica, essendo sufficiente una premessa valida, ma si può cercare un surrogato della premessa logica per avere comunque una conclusione logica? Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX Mentre la struttura ordinamentale positivista è dogmatica per cui l’assumiamo logica sul fondamento di fattispecie vere e valide, che poniamo come premesse maggiori di un ragionamento che non deve trovare necessariamente fondatezza nella realtà; cioè il nostro ragionamento è valido non in quanto trova un riscontro nella realtà, ma perché le premesse del ragionamento si pongono come dogmi cioè come punti fermi dai quali introdurre e produrre il ragionamento. Le nostre norme sono date per valide a prescindere dal fatto che ci sia nel loro enunciato una verità. Questa premessa non necessariamente vera nella realtà è però vera all’interno del ragionamento e data la validità del ragionamento possiamo costruire una serie di enunciati che seguono il criterio sillogistico. Data una premessa maggiore contrapposta ad una premessa minore possiamo avere il risultato del ragionamento che è appunto l’argomentum normativo. Quindi, nel passaggio dall’interpretazione all’applicazione, trasformiamo un enunciato normativo in una norma; nel senso che l’enunciato normativo –sostengono i teorici logico-analiticidi per sé non è una norma, ma lo diventa solo con la decisione del magistrato. Il magistrato dalla fattispecie astratta al caso concreto realizza l’argumentum che è l’enunciato normativo. Il problema è che l’insieme delle premesse logiche, cioè l’ordinamento giuridico, deve essere completo, altrimenti: Salta il principio dell’intemporalità normativa,cioè la norma non è più fuori dal tempo (ad esempio non si potrebbe utilizzare un regio decreto emanato prima dell’avvento della Repubblcia); Salta il principio della territorialità, cioè le norme valgono solo all’interno di uno spazio che è l’ordinamento giuridico, Salta il principio della completezza dell’ordinamento giuridico, laddove è proprio la completezza a garantire l’applicazione di fattispecie non date per fatti che si sono comunque realizzati all’interno dell’ordinamento. Questo principio della completezza richiede l’utilizzo dell’analogia. L’analogia però non è un procedimento logico perché non parte da una premessa data vera, ma ci permette solo di utilizzare una premessa diversa per garantire un ragionamento analogo. Ciò che viene a mancare nell’analogia è la premessa fondativa del ragionamento, quindi l’analogia è un ragionamento non logico che ci permette una conclusione logica. L’interpretazione estensiva, nella tradizione positivista classica, permetteva in concreto di espandere la volontà del legislatore fino a ricomprendere il fatto che si era realizzato nella norma. Il fatto che si era realizzato, portato davanti al giudice, non era nelle norme previste Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX dall’ordinamento. A questo punto il giudice estendeva la volontà del legislatore prevista nella norma fino a ricomprendere il fatto che si era realizzato. In realtà l’analogia prende il posto dell’interpretazione estensiva nel passaggio dal positivismo classico al positivismo logico, viene utilizzata comunque l’intenzione del legislatore intesa come modo di pensare unitariamente la completezza dell’ordinamento giuridico per applicare o una premessa diversa al caso che si è realizzato o i principi generali dell’ordinamento giuridico. Quindi, anche nel caso in cui manchi la premessa, andiamo ad individuarla all’interno dell’ordinamento, pure se la premessa non regola lo stesso caso, ma un caso analogo. Possiamo dire quindi che la teoria logico-analitica è il ricorso ad una non-premessa in assenza di una premessa per giungere ad una conclusione che consideriamo come logica, seppure logica non loè. Accade però che non ci sia una norma che regoli un caso simile. In questo caso viene usata l’ analogia iuris. Nell’ analogia iuris il caso simile diventa un procedimento nel procedimento. Non avendo una norma che regola un caso simile, in questa ipotesi l’interprete procede prima di realizzare un procedimento analogico ad un procedimento di astrazione e di generalizzazione, cioè da un insieme di norme astrae e generalizza un principio. Infatti, i principi generali del diritto si distinguono dai principi fondamentali del diritto perché vengono dopo le norme, sono derivati dalle norme. Quando parliamo di analogia iuris all’interno dell’interpretazione logico-analitica facciamo riferimento ad un diritto inteso come legge. Per il presupposto secondo il quale tutto ciò che non è legge non è diritto, i principi generali del diritto non possono porsi che come principi della legge, perché è da questa che essi vengono ricavati secondo un procedimento di generalizzazione e di astrazione. I principi generali del diritto come ultima tecnica residuale di seconda classe vanno considerati come principi generali della legge perché vengono ricavati, astratti e generalizzati dall’ordinamento legale. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX 2 Le finzioni giurisprudenziali Sempre nell’ambito della teoria logico-analitica affronteremo lo studio di quelle che sono le c.d. finzioni giuridiche da cui emergerà la fragilità delle teorie logico – analitiche. Le finzioni giuridiche sono delle locuzioni argomentative ( definite da alcuni anche finzioni giurisprudenziali ) utilizzate dalla magistratura per argomentare quando non sia sufficiente l’utilizzo né delle tecniche di prima classe né delle tecniche di seconda classe, quindi, quando ci si trova di fronte a delle lacune non colmabili se non, appunto, con queste locuzioni. Le finzioni giurisprudenziali sono dunque l’estremo rimedio che i più recenti studi di teoria logico - analitica definiscono o meglio colgono comunque all’interno dell’ambito dell’interpretazione analogica. Le finzioni in realtà hanno sempre avuto un loro ruolo nella vicende dell'interpretazione giuridica, direi anche prima dell'avvento del positivismo logico ( anche prima del 1600, prima di Hobbes e di Rousseau) e cioè possono essere ricomprese in quella disciplina definita come: Topica. La Topica è la disciplina che analizza le argomentazioni giurisprudenziali non strettamente connesse all'applicazione della legge, cioè il ragionamento che il magistrato come interprete del diritto mediante dei luoghi comuni di logica comune, detti appunto Topoi. Per le teorie cognitive si poneva il problema di confrontarsi con la topica giurisprudenziale, cioè di considerare che nell'interpretazione da parte dei magistrati, nell'interpretazione giurisprudenziale, qualche topos di logica comune finiva comunque per essere introdotto all'interno del cosiddetto ragionamento giuridico. Da qui nasce la scelta delle teorie logiciste di considerare l'interpretazione per luogo comune giurisprudenziale all'interno dell'interpretazione della legge, ma di considerare la ricostruzione non strettamente legata alla fattispecie da parte del magistrato e piuttosto di considerarla all'interno dell'interpretazione cognitiva e cioè come una finzione che il giudice utilizza soltanto per avvalorare ulteriormente la propria scelta. Di conseguenza per le teorie cognitive le finzioni giurisprudenziali altro non sono che una forma di analogia da introdurre all'interno del ragionamento giuridico. Ecco perché le teorie dell'argomentazione, eredi della teoria logico analitica, prendono le mosse dalle finzioni giurisprudenziali, per andare al di là dell'interpretazione della fattispecie quando la fattispecie obbiettivamente manca o quando ci si trova davanti a tematiche di particolare complessità ( ad esempio di fronte a principi fondamentali del diritto non desumibili da norme ordinamentali). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX Le finzioni giuridiche per le teorie cognitive sono dunque: <<Tecniche giurisprudenziali dirette ad innovare una norma esistente ormai ingiusta o inadeguata così da renderla adattabile alle mutate condizione sociali>>. Ora vi rendete conto che con tutto lo sforzo delle teorie cognitiviste di introdurre un tipo di procedimento, quale è la finzione giurisprudenziale all'interno delle tecniche cognitive, appare chiaro che sorge un problema. Delle due luna: o questa norma ingiusta o inadeguata viene interpretata dal magistrato liberamente o questa tecnica dell'argomentazione rimane una tecnica estranea alla fattispecie. Come continua il ragionamento dei logico analitici? Ammette la sussunzione di un fatto in una fattispecie normativa che, palesemente sarebbe secondo il senso comune, topos. Col significato delle parole si fa rientrare all'interno della tecnica giurisprudenziale ( all'interno dei topoi giurisprudenziali) quella che è la tecnica di prima classe, fondamentale per le teorie logicoanalitiche e cioè l'analisi grammaticale e logica del testo o al massimo l’analisi semantica delle parole. Scrive Riccardo Guastini, chiarissimo logico-analitico, facendoci riflettere sulla difficoltà delle teorie cognitiviste di giustificare le finzioni giurisprudenziali: <<Col cambio del contesto culturale, col mutare il senso comune delle parole, la finzione non sarebbe più percepita come tale>>. In realtà la finzione per Guastini non è altro che un tipo di applicazione analogica: cioè la finzione non è più percepita come tale nel momento in cui il mondo cambia e quindi le nuove parole che utilizza il magistrato servono a modificare il testo. Di fatto c'è una modifica dell'applicazione della fattispecie astratta al caso concreto, o, meglio ancora, seguendo alla lettera le teorie logico-analitiche c'è una nuova norma, perché come abbiamo visto, la norma la fa il soggetto che interpretando applica il diritto e ricava dal testo la norma, perché la norma di per sé astratta viene tramutata in norma concreta nel momento dell'interpretazione. Quindi la soluzione del problema delle finzioni giurisprudenziali da parte delle teorie cognitive è di non ritenerle estranee all'interpretazione conoscitiva della legge, di riportare all'interno dell'interpretazione conoscitiva, piuttosto che considerarle all’interno della topica giurisprudenziale. E ciò al fine di non ammettere la discrezionalità del magistrato. Quindi le finzioni giuridiche vengono riportate all'interno della teoria cognitiva attraverso la considerazione del senso grammaticale e testuale del testo poiché -come sostengono i cognitivisti - in realtà sono le parole che mutano e non invece come sostengono le teorie scettiche - i fatti e i soggetti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX Al di là della critica alle teorie logiciste che già abbiamo sollevato in altra sede, bisogna considerare che all'interno della topica giuridica rispetto alle teorie logico-analitiche le finzioni non erano classificate perché venivano considerate semplicemente come la possibilità del magistrato di intervenire sul mutare dei fatti. Le teorie congnitiviste oggi riconoscono come finzioni giuridiche rilevanti: L’ Argumentum a fortiori ( locuzione a maggior ragione), che estende il campo di applicazione di una norma oltre il significato letterale. Un esempio molto significativo è quello del Divieto d'ingresso per i cani in un albergo, ci fa capire che a maggior ragione non si può introdurre un orso. Altro esempio è questo: se la legge ha effetto retroattivo a maggior ragione ce l'ha il regolamento ( fonte subordinata). L'argomento a fortiori può essere inteso a majori ad minus e a minori ad majus ( il rapporto cane/orso vale anche all'inverso). È una figura della topica che, per le teorie logiciste, si pone a margine tra l'interpretazione analogica l'interpretazione estensiva (considerate come la differenza stia soprattutto nel fatto che l’interpretazione analogica sia prevista ex lege, mentre l'interpretazione estensiva sia considerata una tecnica di seconda classe). Ora vi rendete conto che, in ogni caso, siamo nell'ambito di una discrezionalità operativa del soggetto interpretante, il quale in realtà non trova nel disposto di legge la possibilità di esprimere la sua decisione e quindi ricorre a una locuzione di tipo confermativo e/o di tipo giustificativo del suo decidere discrezionale. Seguendo il ragionamento delle teorie cognitive è preferibile concepire le finzioni all'interno dell'interpretazione estensiva piuttosto che della analogia, perché non c'è un vero e proprio argumentum a simili, cioè il giudice non va a riprendere una diversa fattispecie, un principio generale del diritto, ma procede soltanto a una interpretazione mentale propria e quindi non fa altro che estendere il significato della norma. In tal modo si fa rientrare la finzione in una tecnica di seconda classe senza però garantire assolutamente il processo interpretativo inerentemente al controllo della discrezionalità del soggetto giudicante. È su questi punti che si coglie il limite del rigore delle teorie cognitive che hanno dettato il modo di procedere all’interpretazione giuridica nel nostro paese per oltre 60 anni. LA DISSOCIAZIONE : è una interpretazione restrittiva. In realtà mira a distinguere due fattispecie nel momento in cui la fattispecie concretamente non sia applicabile. Per farvi capire bene Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX la questione della dissociazione potremmo far riferimento a quell'argomento che già abbiamo studiato che riguarda gli Statuti ( lezione che abbiamo fatto sullo statuto dell'agricoltore). Bisogna cioè fare riferimento all'idea sistematica del diritto che è propria delle teorie cognitive, per le quali, ovviamente la ratio legis può essere recuperata all'interno del complessivo ordinamento soltanto prendendo le mosse da una fattispecie. La dissociazione consiste appunto nella possibilità di considerare che una determinata norma all'interno di uno statuto non si rivolga specificamente al consumatore, o all'imprenditore agricolo, ma possa essere dissociata, all'interno dello statuto complessivo, una particolare fattispecie e quindi sia possibile il distacco del soggetto giudicante dalla fattispecie ( come magistrato procedo ad allontanarmi dal testo per non applicare quella norma a quel determinato soggetto. Il soggetto viene, nella specie, dissociato da quel complesso sistematico-normativo che riguarda il suo statuto). Quindi la dissociazione si pone esattamente come l'inverso della interpretazione sistematica, solo che mentre l' interpretazione sistematica avviene all'interno delle tecniche di seconda classe ( cioè è un argomentare che riguarda la ratio legis complessiva dell'ordinamento), qui la ratio legis permette al magistrato di distaccarsi dalla fattispecie, piuttosto che considerare la fattispecie all'interno di un ordinamento completo, e quindi permette al magistrato di ragionare con la propria locuzione che non è strettamente riconnessa al testo di legge. 2.1 Il combinato disposto Anche il combinato disposto non è una vera e propria interpretazione sistematica, perché non è effettivamente una considerazione della ratio legis all'interno del sistema. Il combinato disposto è combinare tra loro due frammenti di diverse di norme ( non, quindi, studiare una norma all'interno del sistema come nell'interpretazione sistematica). Il che significa che il magistrato di due norme ne fa una terza. Quindi il combinato disposto viene considerato dalle teorie logiciste come una finzione giurisprudenziale perché altro non è che una forma di analogia. MA L'ANALOGIA NON ERA UN PROCEDIMENTO NON LOGICO CHE PERMETTEVA DI GIUNGERE A UNA CONCLUSIONE LOGICA TENENDO PRESENTI DELLE PREMESSE STRUTTURATE ALL'INTERNO DELL'ORDINAMENTO GIURIDICO? Mezza norma, cioè una parte di norma, non è una premessa logica, cioè se io da due mezze norme faccio una terza norma, non trovo la norma all'interno dell'ordinamento giuridico, mi costruisco la norma come voglio. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX Quindi, anche la finzione del combinato disposto è un modo per il magistrato di creare nuovo diritto. 2.2 La sedes mataeriae è quella finzione in forza della quale il magistrato può ritenere che, in assenza di una norma specifica sul caso, poiché quel caso può essere ricompreso in una certa materia, si può procedere ad interpretare nel modo in cui vengono interpretati complessivamente i casi che riguardano quella determinata materia. 2.3 La costanza terminologica E' il constatare che il legislatore usa sempre ciascun termine o sintagma con lo stesso significato all'interno dei testi normativi. Quindi, poiché si usa sempre lo stesso termine, anche se la norma non c'è, possiamo ritenere che quel termine possa essere applicato a una norma diversa. Questa finzione, per le teorie cognitiviste si potrebbe avvicinare più di tutte le altre all'analogia. 2.4 La reductio ad assurdum In questo caso c'è da parte del magistrato la volontà di NON APPLICARE una norma presente all'interno del sistema, ritenendola come un assurdo ( per assurdo s'intende che una certa interpretazione è ritenuta assurda dalla generalità degli interpreti, dalla complessiva comunità in un dato contesto sociale). Tutte le finzioni giuridiche in pratica dimostrano la presenza della volontà del soggetto giudicante nel procedimento interpretativo e aprono le porte alla teorie scettiche dell’interpretazione giuridica. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 12 Filosofia del diritto II Lezione IX Bibliografia AA.VV., L’interpretazione della legge alle soglie del XXI secolo, a cura di A. Palazzo, Esi, Napoli, 2001; AA.VV., Diritto, giustizia e interpretazione, a cura di J. Derrida e G. Vattimo, Laterza, Roma-Bari, 1998. AA.VV. , Interpretazione costituzionale, a cura di G. Azzariti, Giappichelli, Torini, 2007; N. BOBBIO, Il positivismo giuridico. Lezioni di filosofia del diritto, Giappichelli, Torino, 1979; P. CHIASSONI, Tecnica dell’interpretazione giuridica, il Mulino, Bologna, 2007. R. GUASTINI, L’interpretazione dei documenti normativi, Giuffrè, Milano, 2004; F. MODUGNO, Interpretazione giuridica, Cedam, Padova, 2009; F. PETRILLO, Interpretazione giuridica e correzione ermeneutica, Giappichelli, Torino, 2011; F. VIOLA – G. ZACCARIA, Diritto e interpretazione. 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