CARCINOMA DEL RINOFARINGE: VALUTAZIONE CLINICA DI 64 PAZIENTI G. ACHILLE - M. CORTESE - L. GRAMMATICA Unità Operativa di Otorinolaringoiatria, Istituto Scientifico Oncologico, Bari. Folia Oncologica, 17, 41, 1994 Viene riportata una serie di 64 pazienti, osservati nel periodo 1987/1992, per i quali, tramite gli accertamenti diagnostici eseguiti, veniva fatta diagnosi di carcinoma del rinofaringe. Dopo una breve revisione della letteratura sulle caratteristiche epidemiologiche, anatomo istopatologiche e cliniche, viene riportata la sintomatologia di esordio della neoplasia e la sintomatologia presente alla diagnosi, discutendone le percentuali di comparsa. Si sottolinea il particolare decorso clinico della neoplasia che spesso causa notevoli ritardi diagnostici. Attraverso l’analisi dei risultati ottenuti si esamina la possibilità di una diagnosi più precoce ditale neoplasia, alfine di ottenere migliori risultati dagli schemi chemio e radioterapici comunemente utilizzati. Premesse Il carcinoma del rinofaringe (NPC) ha sempre costituito un’entità nosologica del tutto particolare, per ragioni di tipo epidemiologico, di natura anatomo ed istopatologica, per la sua storia clinica e per i suoi aspetti prognostici e terapeutici. Per quanto riguarda i dati epidemiologici, il carcinoma del rinofaringe è un tumore raro in senso assoluto, ma di frequenza relativamente elevata in alcune aree geografiche, infatti possiamo distinguere: a) paesi a basso rischio, cioè con frequenza pari a 0,1-0,5 casi per 100.000 abitanti per anno: Europa, America del Nord, Giappone, Australia: b) paesi ad alto rischio, cioè con frequenza dell’NPC pari a 10-30 casi per 100.000 abitanti per anno: Cina del Sud(province di Kwantung e Kwangasi), Sud-Est Asiatico (Hong-Kong, Vietnam del Nord, Nord-Est della Tailandia, Singapore Alaska, Groenlandia; c)paesi a rischio intermedio, cioè con frequenza dell’NPC pari a 5-9 casi per 100.000 abitanti per anno:Paesi del Maghreb (Tunisia, Algeria, Marocco) ed altre nazioni africane (Uganda, Nigeria, Kenya, Sudan). Le ragioni ditale peculiare distribuzione geografica sono assai complesse, probabilmente da riferire alla confluenza di più fattori predisponenti e scatenanti, quali abitudini alimentari (utilizzo di cibi ricchi di nitrosamine come il pesce secco), l’elevata incidenza di infezioni da virus di Epstein-Barr, favorita anche dall’estrema promiscuità ditali regioni sovrappopolate ed il basso livello di condizioni igienico-sanitarie delle popolazioni ad alto rischio; altro fattore preso in considerazione è stato l’incidenza di frequente associazione tra questo tipo di neoplasia ce i genotipi umani HLA-2, HLAB SIN2, HLA-BW17 ed HLA-BW46. Molto interessanti sono apparsi, inoltre, gli stretti rapporti che intercorrono tra l’insorgenza di tale neoplasia e l’infezione dal virus di Epstein-Barr. Tale virus, come è noto, viene quasi esclusivamente ospitato dalle cellule della componente epiteliale del tumore di tipo indifferenziato). L’EVB venne isolato nei 1964 da cellule linfoblastiche provenienti da frammenti bioptici di linfoma di Burkitt. Appartiene alla famiglia degli Herpesvirus, dai quali però è sierologicamente distinto; possiede un core con un DNA a doppia elica, un capside icosaedrico, formato da subunità proteiche dette capsomeri, e da una membrana che avvolge il capsìde. sulla quale troviamo numerose virali a potenzialità antigena. E’ un virus in grado di infettare cellule umane dello linea linfocitaria B e cellule epiteliali; queste ultime, però, sono state meno studiate per la difficoltà ad infettare in vitro, L’EVB è in grado di legarsi strettamente al recettore linfocitario per C3d - frammento della terza componente del complemento che, secondo alcuni studi, sarebbe presente anche a livello della cellule epiteliali del rinofaringe, oltre che a livello dei linfociti di tipo B maturi. Delle cellule linfocitarie B infettate (la maggior parte di quelle circolanti) solo il 10-30% esprime I’EBNA (Epstein-Barr Nuclear Antigen) dalle 8 alle 24 ore dopo l’infezione, mentre il 50% dei linfociti infettati sono attivati solo transitoriamente dal virus per morire subito dopo. Inoltre, solo dal 50 al 90% delle cellule che hanno espresso I’EBNA viene attivato e prolifera, e nella metà circa di esse si avrà la cosiddetta “immortalizzazione”, cioè l’illimitata proliferazione. Dette cellule saranno in grado di produrre Ig di vario tipo (A, G od M) in modo del tutto indipendente dall’azione delle altre cellule immunitarie. Esistono quindi alcune linee cellulari in cuii non si può parlare di infezione dato che il genoma virale viene inserito all’interno del genoma cellulare senza produrre virus “maturi” (virus latente). Nel caso in cui, infatti, il genoma virale possa esprimersi con la produzione (linee cellulari produttrici) di particelle virali complete, si va incontro ad una cosiddetta infezione litica, che porta a morte le cellule infettate per poter permettere la liberazione delle nuove particelle virali. Nelle cellule non produttrici, con virus latente, si assiste ad una replicazione infinita (queste cellule esprimeranno soprattutto gli antigeni EBNA), simile alla capacità propria delle cellule tumorali. Il virus, inserito nei gen orna cellulare, è quindi libero di esprimere la sua azione cancerogena. Importanza notevole assume perciò il rapporto fra fattori ambientali, agente infettante e stato immunitario dell’ospite, specie per quante riguarda l’attività dei linfociti T killer. L’infezione da EBV può, inoltre, essere evidenziata a livello ematochimico attraverso indagini sierologiche sui principali antigeni espressi dal virus stesso, o sui livelli anticorporali correlati. I principali antigeni sono i seguenti: - VCA: antigene del capside virale, espresso dalle cellule produttrici. Uno dei più ricercati per stabilire se vi è stato contatto con l’EVB. Compare piuttosto precocemente. - MA: antigene di membrana, espresso dalle cellule produttrici, in minore misura dalle cellule con infezione latente. A comparsa precoce. - EA: antigene che compare sia nelle linee cellulari con infezione produttiva, sia in quelle con infezione latente. - EBNA: antigene legato alla presenza del nucleo vinile, a comparsa in entrambe le linee cellulari avrebbe un ruolo centrale nello stabilire una regolazione del genoma della cellula ospite. - LYDMA: (Lymphocyte Detected Membrane Antigen): è stato scoperto mediante linfociti T killer, derivanti da pazienti affetti da mononucleosi infettiva, che agiscono in vitro contro cellule infettate dall’EVB. Le differenze esistenti nella produzione antigenica delle due linee cellulari, l’una produttiva con infezione litica e l’altra non produttiva, latente, risiede nelle differenze di comportamento: le prime cellule, infettate, esprimeranno gli antigeni più precoci, andranno incontro a lisi e libereranno virus maturi; solo in piccola parte esprimeranno quindi gli antigeni a comparsa tardiva. Le cellule delle linee con infezione latente, invece, saranno maggiormente caratterizzate dall’espressione di antigeni a comparsa più tardiva, non andando incontro a lisi cellulare. Il problema dei rapporti tra EBV e tumori del rinofaringe ha portato ad una revisione e correzione delle prime classificazioni previste; la classificazione allo stato attuale maggiormente seguita, perché con una netta e più precisa differenziazione di carattere morfo-biologica trale diverse forme è quella di Micheau (1978) che distingue i tumori epiteliali del rinofaringe in: 1) carcinoma indifferenziato tipo nasofaringeo (UCNT) (EBV+} a di tipo solido (Regaud) h) a cellule isolate (Schminke) e) a cellule, fusate o spindle cells 2) carcinoma a cellule squamose (EBV-) a ad elevato grado di differenziazione a medio grado di differenziazione c) a basso grado di differenziazione Tale classificazione ha superato i problemi scaturiti dalle cìassificazioni che dividevano i sottotipi della neoplasia solo in base alla presenza o meno di infiltrato linfoide, (quindi con ampi margini di Variazione in base alle diverse valutazioni sopgettive), o che si limitavano a valutare la presenza di fenomeni di cheratinizzazione. Inoltre la classificazione di Micheau appare maggiormente aderente alla storia clinica di tale neoplasia, che risulta estremamente differente per esordio, storia clinica, prognosi e programmazione terapeutica tra così distinte. Al di là delle considerazioni di natura istologica istologica ed epidemiologica, le maggiori difficoltà nella valutazione globale del paziente si riscontrano nella diagnosi clinica precoce; ciò si riflette invariabilmente sulla tempestività del trattamento e quindi sulla prognosi. Per tale motivo abbiamo esaminato una serie di 64 pazienti affetti da carcinoma del rinofaringe, riportandone la sintomatologia di esordio e quella alla diagnosi, sottolineandone le diverse incidenze percentuali. Materiali e metodi Tutti i pazienti con sospetto di neoformazione rinofaringea, visitati presso l’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria dell’Istituto Scientifico Oncologico di Bari, sono stati ammessi in reparto e sottoposti agli esami di routine, radiografia del torace ed elettrocardiogramma con visita cardiologica. Successivamente a tali pazienti è stata eseguita biopsia del rinofaringe con l’ausilio di rinofaringoscopio a fibre ottiche, in anestesia locale. Nei pazienti risultati positivi per carcinoma del rinofaringe il panel di esami di routine ha previsto anche l’ecografia dell’addome superiore, la scintigrafia ossea total body e la tomografia assiale computerizzata del cranio e del rinofaringe per poter precisare la stadiazione della neoplasia secondo il sistema TNM Abbiamo così selezionato una serie di (i4 pazienti,tutti visitati presso l’Unità Operativa (ORL dell’Istituto Scientifico Oncologico di Bari nel periodo 1987/1992, come schematizzato in tabella I In tutti i pazienti inseriti nella serie esaminata è stata raccolta l’anamnesi mirata soprattutto ad evidenziare i possibili sintomi di esordio, che sono stati suddivisi in: sintomatologia nasale, auricolare. neurologica ed eventuale comparsa di adenoptie laterocervicali invitando i pazienti ad essere il più possibile precisi sulla cronologia di comparsa di questi sintomi, per poter calcolare approssimativamente il ritardo diagnostico subito. I pazienti sono stati successivamente suddivisi in base al risultato istologico della biopsia rinofaringea (UCNT o CR squamoso), come schematizzato nella tabella TI. adenop. lc. sint. nasale sint. auric. sint. neurol. CR SQUAMOSO 45% 29 casi 33% 21 casi 20% 13 casi 2% 1 caso UNCT 69% 47% 13% 2% 20 casi 10 casi 5 casi 1 caso TABELLA Il - Sintomatologia di esordio. ADENOPATIE LATERO-CERVICALI (29 casi) Unilaterale 17 casi (26,5%) Bilaterale 12 casi (18,75%)* UCNT 20 casi (69%) CR SQUAMOSO 9 casi (3 1%) * 10 casi UCNT TABELLA III - Percentuale di comparsa all’esordio di adenopatie laterocervicali uni o bilaterali, divise in rap porto alla localizzazione ed all’istotipo. Come ben si può notare la sintomatologia di esordio prevalente è rappresentata dall’adenopatia laterocervicale, spesso sottovalutata dal paziente, sino a che l’incremento volumetrico della stessa o il cambiamento delle caratteristiche (insorgenza di fissità o la comparsa di sintomatologia dolorosa) non hanno indotto il paziente a rivolgersi al medico curante o allo specialista (Tabella III). La presenza delle adenopatie laterocervicali è stata più frequentemente monolaterale, ma va sottolineato che quasi nel 70% dei casi la neoplasia primitiva era rappresentata daI carcinoma indifferenziato tipo UCNT e che la quasi totalità (10 casi su 12 e quindi 183,3%) delle adenopatie laterocervicali bilaterali era secondaria ad una localizzazione rinofaringea di UCNT, entrambi i dati prevedibili per la storia clinica del carcinoma indifferenziato, che ha sicuramente maggiore tendenza alle metastasi a distanza, ma minore aggressività locale rispetto al carcinoma squamoso (Tabella III). La sintomatologia auricolare è stata da noi considerata anamnesticamente quale segno di esordio della malattia neoplastica con criterio spesso indiretto, nell’assenza di altri sintomi rappresentativi; è risultata presente nel 20% dei pazienti osservati; tali sintomi sono legati alla stenosi tubarica, e quindi solitamente molto precoci. La sintomatologia auricolare è risultata nella maggior parte dei casi costituita da un’ipoacusia monolaterale, di carattere trasmissivo all’ esame audiometrico tonale, resistente alle comuni terapie; meno di frequente il paziente ha riferito comparsa di otalgia od acufeni; tale sintomatologia, spesso di entità non grave, per i suoi caratteri di aspecificità, ha portato frequentemente ad un notevole ritardo diagnostico (Tabella IV). La sintomatologia nasale, la cui gravità è da considerare in rapporto diretto con lo sviluppo della neoplasia, è risultata presente in un terzo dei pazienti della serie da noi presentata; rappresentata soprattutto da epitassi frequenti e da un’ostruzione nasale monolaterale, tale sintomatologia ha con maggiore incisività indirizzato verso un sospetto di diagnosi il medico consultato in prima istanza dal paziente (Tabella IV). Sintomatologia auricolare (all’esordio) 13 casi (20%) ipoacusia monolaterale 9 casi (69%) ipoacusia bilaterale - otalgia 3 casi (2,3%) tinnitus 1 caso (1,5%) Sintomatologia nasale (all’esordio) 21 casi (33%) epitassi e secrezione siero-ematica 11 casi (52%) ostruzione nasale unilaterale 9 casi (42%) ostruzione nasale bilaterale 1 caso (1,5%) Sintomatologia neurologica (all’esordio) i caso (2%) TABELLA IV - Sintomatologia presente all’sordio di malattia. Frequente è stata l’associazione dei primi due sintomi, segno della presenza di una neoplasia localmente molto avanzata, e quindi di un notevole ritardo diagnostico, anche in questo caso dovuto alla relativa aspecificità dei sintomi, misconosciuti o sottovalutati dal paziente o dallo specialista consultato. Molto meno frequente risulta, nella nostra serie di pazienti, la comparsa, in esordio, di sintomatologia neurologica, segno di precoce interessamento dei nervi che la neoplasia incontra nella sua progressione sulla superficie della base del cranio o dovuta, meno frequentemente, ad invasione endocranica attraverso i forami della base; non va tralasciata la possibilità che l’interessamento precoce dei linfonodi del gruppo superiore della catena laterocervicale profonda (linfonodi di Krause e Cuneo), situati al di sotto del forame lacero posteriore, possa provocare in esordio una sintomatologia spiccatamente neurologica per compressione dei nervi glosso faringeo, vago ed accessorio. In questo caso, la stadiazione TNM, in caso di stazioni linfonodali non palpabili clinicamente, subirà una dovuta variazione, con le conseguenze prognostiche prevedibili (Tabella IV). Nelle casistiche da noi esaminate in letteratura, la sintomatologia in esordio del carcinoma del rinofaringe (“presenting complaint”) conserva la stessa incidenza percentuale per ciascuno dei sintomi da noi esaminati. Tale omogeneità di dati ci suggerisce quindi di valutare con attenzione la possibilità della comparsa ditale neoplasia nel caso di presenza dei segni cimici descritti, poiché solo una diagnosi precoce ed un tempestivo trattamento possono influenzare favorevolmente la prognosi della malattia (Tabella V). Per quanto riguarda, invece, la sintomatologia presente alla diagnosi, essa ricalca fondamentalmente le varie possibilità evolutive del carcinoma rinofaringeo, che ha la tendenza ad invadere le formazioni anatomiche circostanti. Possiamoinfatti descrivere un’invasione nasale con possibilità di interessamento dei seni paranasali, della fossa pterigopalatina, dell’orbita attraverso la lamina papiracea dell’etmoide (con conseguenti sintomi di tipo oculare quali esoftalmo, oftalmoplegia, amaurosi), un’invasione auri colare (infrequente), un’invasione della regione prevertebrale e dei muscoli prevertebrali Notevole importanza riveste la possibilità di un’invasione endocrina a cui abbiamo già fatto cenno, attraverso i forami della base, l’apice della rocca, il seno sfenoidale. Normalmente tale interessamento risparmia il parenchima cerebrale, per coinvolgere, a colata di lava, lungo la dura madre, i nervi cranici, determinano le cosiddette sindromi paralitiche associate anteriori o posteriori. Anche per quanto attiene la sintomatologia presente alla diagnosi, le casistiche da noi esaminate appaiono piuttosto omogenee come dati: il segno clinico prevalente è rappresentato dalle metastasi linfonodali, spesso bilaterali; va sottolineato che la quasi totalità dei pazienti, al momento della diagnosi, presentava almeno due sintomi (Tabella VI). Autore Casi Adenop. Ostr.. Nasale Epist Sintom. Sintom. Aur. Neur. Baker 1980 99 57% 30% 22% 51% 15% Dickson 1981 106 39,6% 18,9% 22,6% 31,1% 1,8% de Thé, Ho, 513 Muir 1982 43% 10% 10% 20% 3% Gregorio 1985 80 36,25% 18,7% 18,7% 10% 6,2% Traserra 1988 83 43% 13% 9% 19% 4% Firenze 1988 263 31% 11% 11% 29% 14% Skinner 1991 424 43,2% 22% O,2% 12% 4,5% 31% 33%** 33%** 20% 2% Grammatica 28 e coll. (CR squamoso) Grammatica 36 e coll. 69% 47%** 47%** 13% 2% 41,86% 17,66% 13,36% 24,59% 6,93% (UCNT) MEDIA TABELLA V - Percentuali di comparsa dei sintomi di esordio: confronto (lei dati della letteratura. * nella casistica di Skinner sono compresi numerosi altri sintomi, oltre all’ostruzione nasale ed all’epistassi. ** nella casistica di Grammatica cccli., nella dizione sintomatologia nasale sono compresi anche la secrezione siero-ematica e l’ostruzione nasale mano e bilaterale. soprattutto per quanto riguarda i risvolti di carattere prognostico e terapeutico. Infatti, Discussione e conclusioni La localizzazione di neoplasie epiteliali a livello del rinofaringe, nella nostra esperienza, risulta di frequenza inferiore rispetto ad altro tipo di sedi anatomiche, quali il cavo orale o la laringe, ma tale neoplasia riveste dei caratteri natura clinica di indubbio interesse, prendendo in considerazione la varietà indifferenziata, essa risulta notevolmente chemio-radio-sensibile, come dimostrato dalla letteratura, assai vasta al riguardo. Tale sensibilità ai trattamenti di tipo medico, d’altro canto, viene notevolmente modificata dallo stadio di malattia ai quale viene fatta diagnosi, e quindi viene intrapreso il trattamento; il rinofaringe, d’altro canto, perla sua ubicazione anatomica, non consente agevoli manovre diagnostiche, e quindi per tale motivo viene ritardata l’evidenziazione della neoplasia stessa. Inoltre, non va tralasciato il particolare decorso silente della neoplasia ai primi stadi, che può anche non dare alcun segno clinico specifico della sua presenza e del suo accrescimento in queste prime fasi. Queste motivazioni, quindi, impongono una scrupolosa condotta diagnostica nel caso di reperto occasionale di un’adenopatia laterocervicale con caratteristiche peculiari di accrescimento, fissità, resistenza alle comuni terapie antinfiammatorie ed antibiotiche, od in presenza di rinorrea purulenta o mucopurulenta refrattaria alle terapie mediche consuete, o ancora in caso di epitassi ripetute e spesso difficilmente dominabili. Questi segni cImici, associati alla comparsa ed alla persistenza di ostruzione nasale spesso monolaterale, o alla comparsa di problemi auricolari quali otalgie ed otorree resistenti alle terapie mediche, o qualsiasi segno di ostruzione tubarica inspiegabile, vanno sempre ricondotti alla eventuale presenza in rinofaringe di un processo di natura espansiva. Qualsiasi reperto clinico che confermi tale presenza, andrà subito confortato da una diagnosi istologica su hiopsie multiple del rinofaringe ed eventualmente da appro fondimenti di carattere radiologico (T.A.C.) Mediante tale condotta di tipo diagnostico, in fatti. sarà possibile evidenziare precocemente la presenza di uno neoplasia rinofaringea e quindi poter mettere in atto i presidi terapeutici in maniera più tempestiva, ottenendo quindi migliori risultati di carattere prognostico. SUMMARY NASOPHARINGEAL CARCINOMA: A CLINICAL EVALUATION ON 64 PATIENTS A serie of 64 patients affected hy nasopharyngeal carcinoma, seen in the EN.T. Operative Unit of the Oncologic Institute of Bari is reported. The istopathological, epidemiological and clinical characters are described, and the percentual incidence of each symptom is stressed. The peculiar clinical history of this malignancy often causes late diagnosis: the possibility of an earlier diagnosis by the study of the obtained results in this serie is discussed, in order to obtain better results from the chemioterapic and radioterapic schemes usually performed. BIBLIOGRAFIA 1) DICKSON RI: Nasopharingeal carcinoma: an evaluation of 209 patients. Laryngoscope 91, 333353, 1991. 2) DICKSON RI: Nasopharingeal carcinoma: an evaluation of 134 patients. Laryngoscope 95, 276283, 1985. 3) HOPPING SP - KELLER JD - 000DMAN ML et al.: Nasopharyngeal masses in adult. Ann. Otol. Rhinol. Laringol. 92, 137-140, 1983. 4) SKINNER DW - VAN HASSELT CA - TSAO SY: Nasopharyngeal carcinoma: modes of presentation. Ann. Otol. Rinol. 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