Raccolta di linee guida per la gestione delle infezioni batteriche da Gram positivi Raccolta di linee guida per la gestione delle infezioni batteriche da Gram positivi LINEE GUIDA SULLE INFEZIONI DA GRAM POSITIVI Indice Infezioni comunitarie da Gram positivi Supplemento a MEDIFORMAT Anno XIV/n° 2 - Gennaio 2009 Reg. Trib. di Milano n° 413 del 22/6/1996 Editore: Springer-Verlag Italia Srl - via P.C.Decembrio, 28 - 20137 Milano Direttore responsabile: Antonella Cerri Produzione: Laura Mantovani Stampa: xxxx - xxxx (xx) 5 Polmonite acquisita in comunità 11 Polmonite acquisita in ambito ospedaliero (nosocomiale) 16 Infezioni della cute e dei tessuti molli 25 Batteriemie da Gram positivi 47 Posologia dei farmaci menzionati 64 Bibliografia consultata 67 INFEZIONI COMUNITARIE DA GRAM POSITIVI Definizione S. aureus. Principale patogeno responsabile di infezioni della cute e dei tessuti molli, ossee e batteriemie; circa un quarto della popolazione è portatrice asintomatica del germe. Negli ultimi decenni, la comparsa di resistenza a penicilline e ad altre classi di antibiotici ne ha reso problematica la gestione terapeutica. S. aureus meticillino-resistente (MRSA). Ceppo di S. aureus resistente alle penicilline isossazoliche (meticillina, oxacillina, flucloxacillina). Gli MRSA mostrano resistenza crociata nei confronti di tutti gli antibiotici beta-lattamici attualmente disponibili. MRSA acquisito in comunità (CA-MRSA). Ceppo di MRSA isolato da pazienti in ambiente extra-ospedaliero o in comunità (esordio comunitario), o entro le prime 48 ore di ospedalizzazione (esordio ospedaliero). I pazienti tipicamente non presentano storia pregressa di infezione o colonizzazione da MRSA, ospedalizzazione, chirurgia, dialisi o residenza in reparti di lungodegenza nell’ultimo anno e non sono portatori di cateteri o dispositivi percutanei nel momento in cui viene effettuato l’esame colturale. In genere, sono sensibili a diversi antibiotici, ma spesso producono la leucocidina di Panton-Valentine (PVL), tossina che aumenta il rischio di trasmissione, complicanze ed ospedalizzazione. I pazienti più a rischio di infezioni da CA-MRSA sono: bambini di età <2 anni, atleti (soprattutto sport con contatto fisico), tossicodipendenti da droghe iniettive, maschi omosessuali, personale militare, residenti in carceri, ospizi o ricoveri, veterinari, conviventi con animali domestici, allevatori di suini, pazienti con precedente sindrome influenzale o polmonite severa, pazienti con infezione cutanea o dei tessuti molli (SSTI) concomitante, storia di colonizzazione o infezione recente da CA-MRSA, trattamento con antibiotici nell’ultimo anno, particolarmente fluorochinoloni o macrolidi. MRSA associato a cure mediche (HA-MRSA). Ceppo di MRSA trasmesso e circolante tra soggetti venuti a contatto con strutture sanitarie. Tali infezioni possono presentarsi in ospedale o in ambiente sanitario extra-ospedaliero (esordio nosocomiale o sanitario) o in comunità (esordio comunitario), ad esempio dopo la dimissione da un ospedale. Tuttavia, i confini tra HA-MRSA e CA-MRSA sono sempre meno netti, a 5 Caratteristiche distintive dell’HA-MRSA e del CA-MRSA Parametro HA-MRSA CA-MRSA Paziente tipico Anziano, debilitato e/o con malattia grave o cronica Giovane e sano; studente, atleta professionista, militare Sede di infezione Spesso batteremia senza focus infettivo evidente. Anche ferite chirurgiche, ulcere aperte, dispositivi i.v. e cateteri urinari. Può causare polmonite associata al ventilatore Di preferenza cute e tessuti molli, induce celluliti e ascessi. Può causare polmonite comunitaria necrotizzante, shock settico o infezioni ossee e articolari Trasmissione All’interno della struttura sanitaria; scarsa diffusione per contatto domiciliare Acquisita in comunità. Può diffondersi in famiglia o in ambiente sportivo Ospedale, sebbene sempre più infezioni Extra-ospedaliero o in comunità Ambiente dei tessuti molli o urinarie da HA-MRSA clinico alla diagnosi si osservino in medicina di base. Anamnesi patologica non significativa Storia clinica Anamnesi patologica positiva per colonizzazione da MRSA, infezione, e nessun contatto con ambienti chirurgia recente. Ricovero ospedaliero sanitari o in casa di cura, terapia antibiotica. Dialisi, cateteri a permanenza Virulenza del ceppo infettivo Diffusione comunitaria limitata, geni PVL solitamente assenti Frequente multiresistenza con difficile Sensibilità agli antibiotici scelta dell’antibiotico Diffusione comunitaria frequente; geni PVL spesso presenti, predisponenti a necrosi dei tessuti molli o a infezione polmonare Generalmente sensibile a più antibiotici rispetto a HA-MRSA causa dello scambio tra ospedali e comunità dei pazienti e delle infezioni e a causa dell’elevata frequenza ospedaliera di CA-MRSA dovuta al ricovero di pazienti colonizzati o infetti. malattia, quali accertamenti microbiologici/strumentali eseguire, la necessità di ospedalizzazione e di quale terapia (antibiotica empirica o chirurgia). Valutazione microbiologica Campioni patologici. I campioni patologici prelevati dal paziente (es. pus, tamponi dalle lesioni, escreato) devono essere inviati per l’analisi al laboratorio microbiologico locale. Il personale delle unità di emergenza, i medici di base e gli altri sanitari dovrebbero essere sensibilizzati sull’importanza di raccogliere un campione quando incidono e drenano un ascesso. Tali campioni devono essere messi in coltura su terreni non selettivi (es. agar sangue) in modo da identificare i patogeni potenziali, incluso S. aureus. PVL test. I geni che codificano per la PVL (leucocidina di Panton-Valentine) possono essere espressi sia dagli MSSA (S. aureus meticillino-sensibili) che dagli MRSA. Gli S. Algoritmo microbiologico per l’individuazione dei germi produttori di tossina PVL Paziente con sospetta malattia correlata a PVL (leucocidina Panton-Valentine), come foruncoli/ascessi ricorrenti infezione della cute e tessuti molli necrotizzante polmonite comunitaria necrotizzante/emorragica Inviare un campione (es. pus, tampone di essudato, escreato) al laboratorio microbiologico locale per l’esame colturale Se viene isolato S. aureus (MSSA o MRSA ciprofloxacina-sensibili) inviare a un laboratorio di riferimento per il test PVL Diagnosi Valutazione clinica Di fronte ad un paziente afferente dalla comunità con sospetta infezione da stafilococco, il medico deve valutare il tipo di paziente e la sua storia clinica, la gravità della Risultati PVL-positivi = caso confermato 6 7 Terapia domiciliare Infezioni da MSSA Terapia empirica della polmonite da CA-MRSA flucloxacillina orale 500-1000 mg ogni 6 ore clindamicina orale 300-450 mg ogni 6 ore nei pazienti allergici alle penicilline Durata terapia: 5-7 giorni doxiciclina orale (controindicata <12 anni) 100 mg ogni 12 ore Infezioni da CA-MRSA acido fusidico 500 mg ogni 8 ore + rifampicina 300 mg ogni 12 ore trimetoprim 200 mg ogni 12 ore + rifampicina 300 mg ogni 12 ore linezolid orale 600 mg ogni 12 ore (da utilizzare ‘sotto la guida di un esperto’) CAP grave ospedalizzata Cefotaxime/amoxicillina acido clavulanico + claritromicina Sospetto clinico di polmonite da S. aureus PVL-positivo • Inviare in Terapia Intensiva • Terapia empirica: linezolid 600 mg ev ogni 12 ore + clindami- cina ev ad alte dosi (1,2-1,8 g ogni 6 ore) • È possibile aggiungere rifampicina 600 mg ev ogni 12 ore • Verificare la sensibilità alla clindamicina all’antibiogramma • In caso di sepsi grave e polmonite necrotizzante, considerare l’uso di immunoglobulina (IVIG 2 g/kg) Terapia ospedaliera Infezioni gravi da CA-MRSA accertato o sospetto vancomicina parenterale, teicoplanina, daptomicina (tranne le polmoniti) o linezolid. Anche tigeciclina può offrire un’ampia copertura polimicrobica. Nelle infezioni gravi con segni di shock tossico o fascite necrotizzante, sarebbe opportuno utilizzare un’associazione di 2-3 farmaci, come linezolid associato a clindamicina e rifampicina aureus (MSSA o MRSA), isolati dai casi sospetti, devono essere inviati a un laboratorio di riferimento per individuare il profilo genetico tossinico, includendo il PVL test (eseguibile in una giornata lavorativa). Test di sensibilità agli antibiotici. Può essere effettuato con metodica laboratoristica di routine. Tuttavia, se il microrganismo è resistente a eritromicina, deve essere valutata la resistenza inducibile alla clindamicina mediante test D-zone su piastra di agar. Infezioni della cute e dei tessuti molli (SSTI) da CA-MRSA In caso di sospetto di SSTI (soprattutto foruncoli, pustole e ascessi) causate da CAMRSA o da CA-MSSA produttore di PVL, devono essere condotte indagini idonee ed una terapia appropriata, specialmente in presenza di: lesioni tipo “spider bite” (morso di ragno), storia di ascessi ricorrenti o di frequenti infezioni in famiglia, scarsa risposta precedente ai beta-lattamici, trattamento con uno o più antibiotici nell’ultimo anno (specialmente fluorochinoloni o macrolidi), soggiorno in aree endemiche per CA-MRSA e fattori di rischio elencati in precedenza. Dal punto di vista diagnostico, l’esame colturale sul materiale patologico prelevato dal paziente (cutaneo o ematico) va eseguito in caso di: sospetto di CA-MRSA in base alle manifestazioni cliniche e ai fattori di rischio; presenza di foruncoli o ascessi ricorrenti (≥2 in 6 mesi); storia di diffusione familiare o in ambiente sportivo; infezione grave (estesa o progressiva con evidenza di sepsi; neces8 sario il ricovero). I test microbiologici non vanno eseguiti nei pazienti con SSTI di grado lieve, con anamnesi negativa per infezioni da MRSA o in assenza di essudato o di lesione cutanea. Nei pazienti immunocompromessi o in quelli con infezione grave, va somministrata una terapia antibiotica sistemica sulla base della valutazione clinica e dell’epidemiologica locale delle resistenze, senza attendere l’esito degli esami colturali. La terapia empirica deve comprendere un farmaco attivo contro lo S. pyogenes (flucloxacillina o clindamicina). Infezioni polmonare da CA-MRSA (sospetto PVL positivo) La polmonite da S. aureus di presenta in genere come complicanza di un episodio influenzale. La presenza di S. aureus PVL positivo è sospettata in caso di: storia di SSTI ricorrenti; presenza dei fattori di rischio descritti in precedenza; polmonite rapidamente progressiva; febbre >39°C, emottisi, ipotensione; frequenza respiratoria >40/min; tachicardia >140/min; radiografia del torace che mostra infiltrati alveolari multilobulari, cavitazioni ed effusione pleurica; leucopenia; PCR elevata e sepsi sistemica in un soggetto senza co-morbidità. Inviare il prima possibile alla terapia intensiva i pazienti con sospetta polmonite da CA-MRSA, in cui attuare un’adeguata rianimazione e, ove clinicamente necessario, la ventilazione di supporto. In attesa dei risultati sulla sensibilità agli antibiotici (eseguire immediatamente un Gram stain e prelievi di escreato e di sangue per gli esami colturali) somministrare immediatamente una terapia antibiotica empirica efficace nei confronti di CA-MRSA. Infezioni della cute e dei tessuti molli (SSTI) da HA-MRSA Le infezioni delle ulcere da pressione, frequenti nei soggetti con prolungato allettamento, coinvolge il tessuto sottocutaneo fino alla fascia, presenta segni locali di infe9 Terapia infezioni gravi e profonde da MRSA Prima scelta teicoplanina (400-800 mg ev ogni 24 ore (dopo dose da carico) o vancomicina (1 g ev ogni 12 ore) + uno dei seguenti: gentamicina (5-7 g/kg ev ogni 24 ore), rifampicina (300 mg per os ogni 12 ore) o fusidato di sodio (500 mg per os ogni 8 ore) Seconda scelta linezolid 600 mg ev/os ogni 12 ore Alternativa daptomicina (4 mg/kg ev ogni 24 ore). Approvata per le SSTI, le batteriemie e le endocarditi delle camere cardiache destre causate da S. aureus. tigeciclina (dose di carico da 100 mg, seguita da 50 mg ev b.i.d. Approvata per le SSTI complicate) zione (pus, gonfiore, arrossamento, dolore e calore locale) ed è causata principalmente da S. aureus e P. aeruginosa. I fattori di rischio associati alla presenza di un HA-MRSA sono: età avanzata; presenza di co-morbidità; gravità ed estensione della malattia; prolungata ospedalizzazione; permanenza in Chirurgia o ICU nei 6 mesi precedenti; presenza di device; precedente infezione/colonizzazione da MRSA; esposizione a terapie antibiotiche. Prima di iniziare il trattamento, occorre prelevare materiale patologico dall’ulcera per i test microbiologici. Nei casi gravi o progressivi, occorre ospedalizzare il paziente e somministrare una terapia empirica ad alte dosi che copra l’MRSA (vedi infezioni profonde da MRSA). Altre infezioni profonde da MRSA (batteriemie, osteomieliti, ascessi, endocarditi e nelle infezioni da CA-MRSA produttori di PVL) Il Working Party raccomanda che le sospette infezioni gravi e profonde da MRSA vengano valutate e trattate in ospedale. 10 POLMONITE ACQUISITA IN COMUNITÀ Definizione e scopo La polmonite acquisita in comunità (CAP) è un’infezione acuta delle basse vie respiratorie contratta al di fuori dell’ambiente ospedaliero. Nonostante i progressi diagnostici e terapeutici, le CAP rappresentano ancor oggi un rilevante problema di salute pubblica, sia in termini di incidenza che di ospedalizzazione. Per questo motivo, le Linee Guida hanno lo scopo di migliorare alcuni parametri specifici e clinicamente rilevanti che riguardano le CAP: la mortalità, l’ospedalizzazione in Reparti Internistici o di Terapia Intensiva, il fallimento terapeutico, la tollerabilità dei farmaci utilizzati, l’antibiotico-resistenza, la durata della degenza, la percentuale di riospedalizzazione, il ripristino delle normali attività quotidiane, la compliance del paziente e i costi economici. Ospedalizzazione Le principali decisioni sulla gestione diagnostica e terapeutica delle CAP dipendono dall’accertamento iniziale della gravità dell’infezione. La decisione iniziale riguarda l’ospedalizzazione: a tale scopo, i questionari sulla gravità della patologia, come il CURB65 (confusione, uremia, frequenza respiratoria, pressione ematica ed età ≥65 anni) o i modelli prognostici come il PSI, possono essere utili ad identificare il paziente con CAP che può essere trattato presso il proprio domicilio. I criteri clinici ed i punteggi di questi questionari vanno sempre integrati con la valutazione da parte del medico di alcuni elementi soggettivi di tipo clinico, fisiologico ed assistenziale. In caso di punteggio CURB-65 ≥2 viene raccomandata l’ospedalizzazione; devono essere ricoverati in Terapia Intensiva i pazienti con shock settico che necessitano il trattamento con vasopressori, quelli con insufficienza respiratoria acuta che richiedono la ventilazione assistita ed in presenza di almeno 3 dei seguenti criteri: frequenza respiratoria ≥30/minuto, rapporto PaO2/FiO2 ≤250, presenza di infiltrati multilobulari, paziente confuso o disorientato, BUN ≥20 mg/dL, leucopenia (leucociti >4000 cellule/mm3), trombocitopenia (piastrine <100.000 cellule/mm3), T <36°C ed ipotensione che necessita di somministrazione di liquidi. 11 Diagnosi • La diagnosi di CAP si basa sulla presenza di segni e sintomi clinici peculiari (febbre, produzione di espettorato e dolore toracico pleuritico). • È inoltre supportata dalla visualizzazione di un infiltrato polmonare sulla radiografia del torace, eseguita nelle due proiezioni postero-anteriore e latero-laterale. Talvolta può essere utile per l’identificazione dell’agente eziologico, la prognosi, la diagnosi differenziale con altre patologie. • In tutti i pazienti deve essere eseguita una emogasanalisi. • La diagnosi microbiologica, utile per identificare il patogeno causale, ha spesso un esito negativo. I pazienti con CAP dovrebbero essere sottoposti ai test microbiologici, specialmente quando si sospetta la presenza di determinati patogeni sulla base di fattori clinici ed epidemiologici. Le Linee Guida ritengono opzionale l’esecuzione dei test diagnositici microbiologici nel pazienti ambulatoriali con CAP od ospedalizzati senza fattori di rischio, mentre nei pazienti ospedalizzati in Terapia Intensiva, con precedente fallimento terapeutico, leucopenici, con infiltrati cavitari, alcolisti, con patologie polmonari, epatiche o spleniche associate o con versamento pleurico, è necessario prelevare campioni di sangue e di espettorato (nei pazienti con tosse produttiva, prima dell’inizio della terapia) per gli esami colturali. Il Gram stain e la coltura devono essere eseguite solo se la raccolta, il trasporto e la valutazione dell’espettorato avvengono in condizioni ottimali. I pazienti con CAP grave devono sottoporsi a prelievi ematici (due prelievi in due siti distinti) e di espettorato per esami colturali, e agli antigeni urinari per Legionella pneumophila e S. pneumoniae. Nei pazienti intubati è possibile ottenere un aspirato endotracheale. Gli agenti patogeni isolati più comunemente nei pazienti ambulatoriali con CAP sono S. pneumoniae, M, pneumoniae, H. influenzae, C. pneumoniae e virus respiratori; in quelli ospedalizzati in Reparto Internistico S. pneumoniae, M. pneumoniae, C. pneumoniae, H. influenzae, Legionella species e virus respiratori; in quelli in Terapia Intensiva S. pneumoniae, S. aureus, Legionella species, bacilli Gram– e H. influenzae. • Le indagini sierologiche hanno il limite dei lunghi tempi di esecuzione e non sono utilizzabili per l’implementazione della terapia. Terapia Lo scopo principale della terapia delle CAP è l’eradicazione del germe patogeno, con risoluzione del quandro clinico. I farmaci fondamentali per il trattamento sono gli antibiotici, che devono essere scelti in base al patogeno causativo e alla sua sensibilità in vitro e dei fattori di rischio del paziente. Le indagini diagnostiche non devono in alcun modo ritardare l’inizio della terapia, che è sempre di tipo empirico. 12 Schemi di terapia empirica raccomandata nei pazienti con CAP 1. Paziente in buone condizioni di salute senza terapie antibiotiche nei tre mesi Paziente precedenti ambulatoriale • Macrolide (raccomandazione forte, evidenza di livello I) • Doxicilina (raccomandazione debole, evidenza di livello III) 2. Presenza di comorbidità come patologie croniche cardiache, polmonari, epatiche o renali; diabete mellito; alcolismo; neoplasie; asplenia; patologie immunosoppressive o uso di farmaci immunosoppressivi; terapie antibiotiche nei tre mesi precedenti (seleizonare una classe diversa di antibiotici) • Fluorochinolone respiratorio (moxifloxacina, gemifloxacina, o levofloxacina [750 mg]) (raccomandazione forte, evidenza di livello I) • Beta-lattamico più macrolide (raccomandazione forte, evidenza di livello I) 3. In zone ad alta incidenza (>25%) di infezioni casuate da S. pneumoniae con resistenza ad alto livello (MIC ≥16 mg/mL) ai macrolidi, considerare l’uso di un farmaco elencato in 2 per i soggetti senza comorbidità (raccomandazione moderata, evidenza di livello III) Paziente ospedalizzato in Reparto Internistico • Fluorochinolone respiratorio (raccomandazione forte, evidenza di livello I) • Beta-lattamico più macrolide (raccomandazione forte, evidenza di livello I) Paziente ospedalizzato in Terapia Intensiva Un beta-lattamico (cefotaxime, ceftriaxone, o ampicillina-sulbactam) più o azitromicina (evidenza di livello II) o un fluorochinolone respiratorio (evidenza livello I, raccomandazione forte) (per i pazienti allergici alla penicillina, vengono raccomandati un fluorochinolone respiratorio o l’aztreonam). Situazioni particolari In presenza di sospetto di Pseudomonas Un beta-lattamico ad azione antipneumococcica, antipseudomonas (piperacillina tazobactam, cefepime, imipenem, o meropenem) più o ciprofloxacina o levofloxacina (750 mg) o I beta-lattamici visti sopra più un aminoglicoside e azitromicina o I beta-lattamici visti sopra più un aminoglicoside e un fluorochinolone antipneumococcico (per i pazienti allergici alla penicillina, somministrare aztreonam al posto dei beta-lattamici) (raccomandazione moderata, evidenza di livello III) In presenza di sospetto di CA-MRSA, aggiungere vancomicina o linezolid (raccomandazione moderata, evidenza di livello III) 13 Paziente ambulatoriale Le infezioni da Mycoplasma sono più comuni nei pazienti di età inferiore a 50 anni senza patologie concomitanti, mentre S. pneumoniae prevale nei pazienti più anziani e con comorbidità significative. L’infezione da Hemophilus si riscontra soprattutto nei pazienti con patologie concomitanti. Nel paziente in buone condizioni di salute senza terapie antibiotiche nei tre mesi precedenti viene consigliato l’uso dei macrolidi o di doxiciclina, ma viste le elevate percentuali di resistenza ai macrolidi presenti in diversi paesi (tra cui l’Italia, punto 3), non dovrebbero essere presi in considerazione. In questi casi, così come nei pazienti con patologie croniche associate, viene consigliato l’uso di un fluorochinolone respiratorio o dell’associazione beta-lattamico + macrolide. L’aggiunta del macrolide al beta-lattamico è indispensabile per la copertura sui patogeni atipici, mentre i fluorochinoloni sono attivi nei confronti di questi patogeni. Paziente ospedalizzato in Reparto Internistico Studi clinici hanno dimostrato che i farmaci consigliati per il trattamento di pazienti con CAP ospedalizzati in Reparti Internistici (fluorochinolone respiratorio o associazione beta-lattamico + macrolide) sono in grado di ridurre la mortalità. È consigliabile utilizzare beta-lattamici attivi nei confronti dello S. pneumoniae resistente alla penicillina. Paziente ospedalizzato in Terapia Intensiva Poichè la presenza di shock settico e di ventilazione assistita sono le principali cause di ricovero dei pazienti con CAP in Terapia Intensiva, la maggior parte di questi pazienti devono essere trattati con una terapia di associazione. È pertanto necessario assicurare la copertura nei confronti di S. pneumoniae e di Legionella spp. utilizzando un potente beta-lattamico antipneumococcico associato ad un macrolide o ad un fluorochinolone. Nel caso in cui venga sospettata la presenza di P. aeruginosa, è indispensabile somministrare una terapia di associazione con due farmaci attivi (beta-lattamici, aminoglicosidi o fluorochinoloni) per prevenire una terapia iniziale inappropriata. Fattori di rischio per un’infezione da Pseudomonas sono una patologia polmonare strutturale (bronchiectasia), ripetute riacutizzazioni di COPD, uso frequente di steroidi e/o antibiotici e precedenti trattamenti antibiotici. Nel caso in cui venga accertata la presenza di S. aureus, verificabile tramite osservazione microscopica dell’espettorato o dell’aspirato tracheale, occorre verificare la sensibilità alla meticillina. I ceppi meticillino-sensibili possono essere trattati con i farmaci normalmente utlizzati per le CAP, mentre in caso di MRSA presenti in comunità occor14 rere aggiungere vancomicina o linezolid alla terapia corrente. Fattori di rischio per un’infezione da S. aureus sono una grave patologia renale, la tossicodipendenza, un precedente episodio influenzale e precedenti trattamenti antibiotici (specialmente con fluorochinoloni). Caratteristiche del trattamento Prima dose La prima dose dell’antibiotico appropriato dovrebbe essere somministrata quanto prima possibile, poiché è stato dimostrato che la somministrazione precoce degli antibiotici riduce la mortalità. Switch therapy dall’endovena all’orale Il passaggio dalla forma endovenosa alla forma orale di un antibiotico (terapia sequenziale) dovrebbe avvenire, ove possibile, quando il paziente è emodinamicamente stabile e con condizioni cliniche in miglioramento (T≤37,8°C, frequenza cardiaca ≤100 battiti/miunuto, frequenza respiratoria ≤24 respiri/minuto, pressione sistolica ≥90 mm Hg e saturazione ossigeno arterioso ≥90%), in grado di deglutire e senza alterazioni gastrointestinali. Si può dimettere un paziente clinicamente stabile con la terapia orale, senza altri problemi clinici e con un ambiente sicuro per la convalescenza. Durata della terapia I pazienti con CAP dovrebbero essere trattati per un minimo di 5 giorni, essere afebbrili per 48-72 ore e non avere più di un segno associato alla CAP di instabilità clinica prima di sospendere la terapia. Una terapia più prolungata può essere richiesta se la terapia iniziale non era attiva nei confronti del patogeno causale o in caso di comparsa di complicanze extrapolmonari. Gestione dei fallimenti delle CAP La non risposta delle CAP agli antibiotici comporta una o più delle seguenti situazioni: trasferimento del paziente ad un livello superiore di cura (Terapia Intensiva); ulteriori indagini diagnostiche (emocolture ripetute, CT scan, toracentesi, broncoscopia con BAL) e modifiche della terapia antibiotica. 15 POLMONITE ACQUISITA IN AMBITO OSPEDALIERO (NOSOCOMIALE) Fattori di rischio per patogeni multiresistenti (MDRP) responsabili di HAP, HCAP e VAP • • • • Definizione La polmonite nosocomiale (HAP – Hospital-Acquired Pneumonia) è un’infezione del parenchima polmonare che insorge dopo 48 ore o più dopo il ricovero e che non fosse già in fase di incubazione al momento del ricovero. La polmonite associata a ventilatore (VAP – Ventilator-Associated Pneumonia) insorge dopo 48-72 ore dall’intubazione endotracheale (i pazienti che necessitano di intubazione per una HAP grave devono essere trattati come i pazienti affetti da VAP). Questi due quadri clinici si distinguono in precoci (insorgono nei primi 4 giorni di ospedalizzazione, hanno una prognosi migliore e sono causati da patogeni in genere sensibili) o tardivi (dal 5° giorno di ospedalizzazione, morbilità e mortalità aumentate, presenza di patogeni multiresistenti). La polmonite associata a cure mediche (HCAP – Health-Care Associated Pneumonia) insorge in pazienti ricoverati per almeno 2 giorni nei 90 precedenti l’infezione; pazienti residenti in casa di cura o in strutture di lungodegenza; pazienti trattati recentemente con terapia antibiotica ev, con chemioterapia o trattati per piaghe e ferite chirurgiche nei 30 giorni precedenti l’infezione; pazienti afferenti a ospedali o centri di emodialisi. HAP e VAP rappresentano una causa frequente di infezione nosocomiale (incidenza solitamente compresa tra 5 e 15 casi per 1000 ricoveri), e sono associate ad un’elevata percentuale di mortalità (dal 30 al 70%), specialmente in presenza di patogeni multiresistenti. Trattamento antimicrobico nei 90 giorni precedenti Ospedalizzazione attuale per 5 o più giorni Alta frequenza di antibiotico-resistenza nella comunità o nella specifica unità ospedaliera Presenza di fattori di rischio legati a polmonite associata a cure mediche: - Ospedalizzazione per 2 o più giorni nei 90 giorni precedenti - Residenza in una casa di cura o in residenze sanitarie assistite - Trattamento infusionale domiciliare (inclusi antibiotici) - Trattamento dialitico cronico nei 30 giorni precedenti - Trattamento domiciliare delle ferite - Presenza di un familiare con un patogeno multiresistente • Patologia o trattamento immunosoppressivo. o H. influenzae), mentre, nelle HAP/VAP ad esordio tardivo sono prevalenti i patogeni multiresistenti (P. aeruginosa, Enterobatteri o MRSA; a questo proposito, è utile conoscere l’epidemiologia locale delle resistenze). Molti pazienti hanno un rischio aumentato di colonizzazione e di infezione da patogeni multiresistenti, che vengono isolati più frequentemente in quelli con patologie croniche concomitanti, con fattori di rischio per HCAP e con HAP e CAP ad insorgenza tardiva. Le potenziali fonti dei patogeni delle HAP sono i device medici, l’ambiente (aria, acqua, apparecchiature ed altri materiali) ed il passaggio tra paziente e personale medico. Nella patogenesi delle polmoniti nosocomiali sono importanti anche fattori legati al paziente (condizioni generali, comorbidità) e al trattamento farmacologico e l’esposizione ad apparecchiature invasive. L’aspirazione dei patogeni orotracheali o il deposito di secrezioni contaminate nel tubo endotracheale sono le principali porte d’entrata dei batteri nel tratto polmonare. Eziologia e patogenesi La maggior parte dei casi di HAP, VAP e HCAP sono di origine batterica e molte infezioni sono polimicrobiche, specialmente nei soggetti con ARDS. Le infezioni polmonari nosocomiali vengono comunemente causate da batteri aerobi Gram– (P. aeruginosa, K. Pneumoniae e Acinetobacter spp.) o da cocchi Gram+ come S. aureus (spesso resistente alla meticillina – MRSA). La frequenza di infezioni da L. pneumophila variano notevolmente a seconda delle varie casistiche, mentre le infezioni fungine e virali sono rare. L’eziologia polimicrobica è frequente nelle VAP (fino al 60% dei casi). In genere, le HAP/VAP ad esordio precoce sono spesso causate dai tipici patogeni presenti in comunità (S. pneumoniae Diagnosi • Tutti i pazienti dovrebbero essere sottoposti ad un’anamnesi e ad un esame fisico accurati, per definire la gravità della HAP, per escludere altri potenziali fonti di infezione e per individuare la presenza di condizioni specifiche che possano influenzare l’eizologia batterica. • Radiografia del torace, in posizione anteroposteriore e laterale (se non intubati) in tutti i casi, per valutare la gravità del quadro e la presenza di complicanze. La tomografia del torace può essere utile nella diagnosi differenziale della HAP o per la gestione dei pazienti non responders alla terapia antibiotica. • Emogasanalisi per valutare la necessità di un supplemento di ossigeno. • In tutti i pazienti con VAP: emocolture. 16 17 • Raccolta di campioni biologici dalle vie respiratorie (tramite aspirato endotracheale, lavaggio broncoalveolare, o brushing protetto) prima di iniziare il trattamento antibiotico. • Toracentesi diagnostica in caso di empiema o versamento pleurico. Strategia clinica La presenza alla radiografia del torace di infiltrati polmonari nuovi o progressivi, associata ad almeno due dei tre seguenti parametri clinici: • temperatura corporea superiore a 38°C • leucocitosi (>10.000 leucociti/mm3) o leucopenia (<4.000 leucociti/mm3) • secrezioni bronchiali purulente rappresenta la combinazione di criteri più accurata per iniziare la terapia antibiotica empirica. La rivalutazione della terapia antibiotica, basata sui risultati delle colture semiquantitative e delle valutazioni cliniche seriali, è necessaria a partire dal terzo giorno di trattamento. Strategia batteriologica La strategia batteriologica utilizza le colture quantitative delle secrezioni respiratorie per definire sia la presenza di polmonite che dell’agente eziologico, prelevate tramite aspirato endotracheale (soglia di positività ≥106 cfu/ml), il lavaggio broncoalveolare (BAL) (soglia di positività di 104 o 105 cfu/ml) e lo spazzolamento protetto (soglia di positività ≥103 cfu/ml). Le Linee Guida BSAC però non raccomandano le colture da aspirato endotracheale per la diagnosi della VAP, così come le colture quantitative su BAL e spazzolamento protetto per la diagnosi di HAP/VAP, mentre viene consigliata la ricerca di patogeni intracellulari nel BAL; inoltre affermano che non esiste l’evidenza che un metodo sia migliore di un altro. Poiché i risultati delle colture non sono disponibili immediatamente, la positività di uno striscio di colorazione (Gram stain) di un aspirato tracheale può aumentare la probabilità di una conseguente coltura positiva ed essere usato per l’importazione della terapia antibiotica. In ogni caso, in presenza di alta probabilità di polmonite, una terapia empirica appropriata deve essere iniziata immediatamente, indipendentemente dai risultati del Gram stain: il ritardo della terapia può aumentare la mortalità nella VAP. Le tecniche diagnostiche che identificano il patogeno causale nelle coltura qualitative potranno fornire indicazioni più precise rispetto alle colture quantitative per l’impostazione della terapia mirata. Terapia Una volta posta la diagnosi di polmonite nosocomiale, la scelta del regime antibiotico da somministrare viene scelto in base al momento di esordio dell’infezione e sulla presenza di fattori di rischio per patogeni multiresistenti. La terapia empirica iniziale può 18 Strategie gestionali di un paziente con sospetta HAP, VAP o HCAP Sospetta HAP, VAP o HCAP Raccogliere un campione delle basse vie respiratorie (LRT per l’analisi microbiologica) Salvo che in presenza di un basso sospetto clinico di polmonite e di microscopia negativa del campione LRT, iniziare la terapia empirica (seguendo l’algoritmo della figura 2 e i dati microbiologici locali) Giorni 2 e 3: controllare le colture e la risposta clinica (temperatura corporea, conta dei leucociti, Rx-torace, ossigenazione, escreato purulento, variazioni emodinamiche e funzionalità d’organo) NO Miglioramento clinico a 48 - 72 ore SÌ Coltura negativa Coltura positiva Coltura negativa Coltura positiva Ricercare altri patogeni, complicanze, altre diagnosi o siti di infezioni Adeguare la terapia antibiotica, ricercare altri patogeni, complicanze, altre diagnosi o siti di infezione Considerare la sospensione della terapia antibiotica Scalare la terapia antibiotica se possibile, trattare i pazienti selezionati per 7-8 giorni e rivalutare 19 Terapia antibiotica empirica iniziale per HAP o VAP in pazienti senza fattori di rischio per patogeni multiresistenti, a esordio precoce e con tutti i livelli di gravità Terapia antibiotica empirica iniziale per HAP o VAP in pazienti senza fattori di rischio per patogeni multiresistenti, a esordio precoce e con tutti i livelli di gravità Patogeno potenziale Antibiotico raccomandato* Patogeno potenziale Streptococcus pneumoniae* Haemophilus influenzae Staphylococcus aureus meticillino-sensibile Bacilli enterici gram– antibiotico-sensibili Escherichia coli Klebsiella pneumoniae Enterobacter species Proteus species Serratia marcescens Ceftriaxone o Levofloxacina, Moxifloxacina o Ciprofloxacina o Ampicillina/sulbactam o Ertapenem Patogeni elencati in tabella 4 e patogeni multiresistenti - Pseudomonas aeruginosa - Klebsiella pneumoniae (ESBL+)** - Acinetobacter species* * La frequenza di S. pneumoniae penicillino-resistente e di S. pneumoniae multiresistente è in aumento; levofloxacina e moxifloxacina sono da preferire a ciprofloxacina, mentre il ruolo di nuovi fluorochinoloni, come gatifloxacina, non è stato stabilito. Terapia antibiotica di combinazione* Cefalosporina antipseudomonas (cefepime, ceftazidime) o Carbapenemico antipseudomonas (imipenem o meropenem) o β-lattamici/inibitori β-lattamasi (Piperacillina-tazobactam) + Fluorochinolone antipseudomonas (ciprofloxacina o levofloxacina) Aminoglicoside (amikacina, gentamicina o tobramicina) + Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) Linezolid o vancomicina*** Legionella pneumophila** * Vedere tabella 3 per i dosaggi iniziali corretti degli antibiotici. La terapia antibiotica iniziale deve essere aggiustata sulla base dei dati microbiologici e della risposta clinica al trattamento. ** Se è sospettato un ceppo ESBL+ (produttore di β-lattamasi ad ampio spettro), come K. pneumoniae o Acinetobacter species, un carbapenemico costituisce la scelta più affidabile. Se è sospettata una L. pneumophila, la combinazione di antibiotici dovrebbe comprendere un macrolide (es. azitromicina) o un fluorochinolone (es. ciprofloxacina o levofloxacina) piuttosto che un aminoglicoside. *** Se sono presenti fattori di rischio per MRSA o in presenza di una elevata incidenza locale di MRSA. essere successivamente modificata dopo conoscenza del patogeno responsabile e del suo pattern di sensibilità. La scelta di un antibiotico è basata sull’epidemiologia locale delle resistenze batteriche, sul momento di insorgenza dell’infezione, su eventuali trattamenti antibiotici precedenti, sulle comorbidità del paziente, sui costi e sulla disponibilità dei farmaci. La scelta del trattamento antibiotico empirico iniziale dei casi gravi di polmonite è un aspetto di fondamentale importanza, piochè deve essere efficace nei confronti dei patogeni più comuni (P. aeruginosa, Acinetobacter spp., K. pneumoniae, Enterobacter spp. e MRSA); i pazienti con HCAP devono essere trattati come quelli a rischio da germi multiresistenti. La terapia inappropriata o ritardata rappresenta un fattore di rischio per un aumento della mortalità e della degenza ospedaliera nei pazienti con HAP e con VAP. La terapia empirica dei pazienti con HAP e VAP gravi deve essere iniziata il prima possibile, senza attendere l’esito degli esami microbiologici, e richiede l’uso di antibiotici a dosaggio ottimale, per assicurare il massimo livello di efficacia. Tutti i pazienti devono ricevere inizialmente un trattamento endovenoso, sebbene in alcuni pazienti con buona risposta clinica e funzione gastrointestinale intatta, sia possibile il passaggio alla terapia orale. I fluorochinoloni e il linezolid, dotati di elevata biodisponibilità e delle formulazioni orale ed ev, sono i candidati per la terapia sequenziale. La terapia di associazione dovrebbe essere usata nei pazienti con polmonite da pato- geni multiresistenti, allo scopo di ampliare lo spettro antibatterico, di ottenere un effetto sinergico, di prevenire l’insorgenza di ulteriori resistenze e di ottenere il massimo beneficio clinico. La monoterapia può essere utilizzata nelle HAP ad esordio precoce e nei pazienti con HAP/VAP gravi senza patogeni multiresistenti. Se il paziente viene trattato in maniera appropriata, la terapia può essere di minore durata (anche di 7 giorni rispetto ai tradizionali 14-21 giorni), se l’agente eziologico non è P. aeruginosa ed il paziente ha una buona risposta clinica. Nelle infezioni ad esordio precoce, le Linee Guida SABC consigliano di somministrare amoxicillina/acido clavulanico o cefuroxime se non sono presenti fattori di rischio e se il paziente non è stato pretrattato con altri antibiotici; in caso di precedente trattamento antibiotico e/o presenza di fattori di rischio, i farmaci raccomandati sono una cefalosporina di terza generazione (cefotaxime or ceftriaxone), un fluorochinolone o pipera- 20 21 cillina/tazobactam. Inoltre, i farmaci dovrebbero essere utilizzati, quando possibile, in monoterapia. Infine, le Linee Guida SABC consigliano di considerare l’uso della proteina C reattiva nei pazienti con HAP, insufficienza d’organo e sepsi, mentre non raccomandano l’uso dei fattori di crescita dei neutrofili, la fisioterapia toracica e gli steroidi nel trattamento della HAP per mancanza di evidenze scientifiche. Patogeni particolari In caso di polmonite da P. aeruginosa, viene raccomandata la terapia di associazione, per evitare l’insorgenza di resistenze e il trattamento inadeguato. Il trattamento dovrebbe comprendere un beta-lattamico ad azione antipseudomonas associato ad un fluorochinolone antipseudomonas o un aminoglicoside. Nelle HAP ad eziologia provata o sospetta da P. aeruginosa, le Linee Guida SABC raccomandano l’uso di ceftazidime, ciprofloxacina, meropenem e piperacillina/tazobactam. In caso di polmonite da Acinetobacter spp., i carbapenemici e le polimixine sono i farmaci di scelta. Con Enterobatteri produttori di ESBL, evitare le cefalosporine iniettive ed utilizzare i carbapenemi. Linezolid rappresenta un’alternativa alla vancomicina nel trattamento della VAP da MRSA e può essere preferita in base ai risultati di studi clinici. Linezolid può essere preferito anche nel paziente con insufficienza renale o in trattamento con agenti nefrotossici. Le Linee Guida SABC affermano che nei casi di HAP/VAP da MRSA si possono utilizzare i glicopeptidi ed il linezolid, anche se sono disponibili i pochi dati clinici a riguardo. La policy della restrizione dell’uso degli antibiotici può limitare le epidemie di infezioni causate da specifici germi multiresistenti, mentre la variazione delle prescrizioni e il cycling periodico possono essere utili per ridurre la frequenza globale della resistenza batterica. sottoposti ad ulteriori indagini diagnostiche, per la determinazione delle cause di fallimento che comprendono • Presenza di patogeni multiresistenti non coperti dalla inadeguata terapia empirica iniziale • Presenza di patologie che mimano la polmonite (atelettasie, embolia polmonare, ARDS, emorragia polmonare, neoplasie) • Siti extrapolmonari di infezione • Complicanze (empiema, ascesso polmonare, colite pseudomembranosa, infezione occulta). Accertamento della risposta alla terapia La valutazione seriale dei parametri clinici dovrebbe essere utilizzata per definire la risposta alla terapia empirica iniziale. Modifiche della terapia iniziale possono essere effettuate sulla base delle informazioni cliniche e dei dati microbiologici disponibili. Il miglioramento clinico si osserva solitamente entro 48-72 ore, e pertanto la terapia iniziale non dovrebbe essere modificata prima di questo termine, a meno che le condizioni cliniche del paziente si deteriorino rapidamente. La mancata risposta alla terapia si manifesta in genere al terzo giorno di trattamento. Nei pazienti responder è possibile attuare una de-escalation therapy o una terapia mirata sul germe causale. I pazienti che non rispondono alla terapia dovrebbero essere Prevenzione e fattori di rischio modificabili Misure generali. Attuare misure efficaci di controllo delle infezioni (educazione dello staff sanitario, igiene delle mani, isolamento dei casi con patogeni multiresistenti) e di sorveglianza delle infezioni nosocomiali. Immunizzazione del personale sanitario e dei pazienti con vaccini antinfluenzali ed antipneumococcici. Utilizzo e corretto uso di mezzi protettivi personali (guanti, mascherine). Adeguato standard di pulizia degli ambienti di degenza (compreso il controllo della trasmissione di Aspergillus se ci sono lavori di muratura in corso e della Legionella). Intubazione e ventilazione meccanica. Evitarla se possibile, o usare metodiche di ventilazione non invasive. Ridurre al minimo la durata della ventilazione assistita. Aspirazione continua delle secrezioni sottoglottiche; pressione del tubo endotracheale >20 cm H2O. I condensati contaminati dovebbero essere attentamente rimossi. I sistemi meccanici dovrebbero essere sterilizzati, disinfettati, utilizzati e conservati secondo le norme suggerite dalla casa produttrice. Aspirazione, posizione del corpo e nutrizione enterale. Posizione semisdraiata (3045°) per prevenire l’aspirazione. La nutrizione enterale è da preferirsi poiché riduce l’atrofia dei villi della mucosa intestinale che aumenta il rischio di traslocazione batterica. Utili gli esercizi respiratori e la consulenza del fisioterapista per prevenire le complicanze respiratorie. Modulazione della colonizzazione. La profilassi con antibiotici orali (decontaminazione selettiva del tratto digerente, DDD) eventualmente associati a farmaci sistemici attivi sui Gram negativi riduce l’incidenza di VAP ma non viene raccomandata di routine, specialmente nei pazienti colonizzati da germi multiresistenti; le Linee Guida SABC consigliano di utilizzare la DDD nei pazienti in cui è prevista la ventilazione meccanica per più di 48 ore. Altri mezzi di controllo (antibiotici sistemici, clorexidina orale) necessitano di più evidenze cliniche. Profilassi del sanguinamento da stress, trasfusioni o iperglicemia. Accettabile la profilassi del sanguinamento da stress, con H2 antagonisti o sucralfato. Le trasfusioni di 22 23 emazie senza leucociti possono aiutare a ridurre le HAP in pazienti selezionati. La terapia insulinica per mantenere livelli normali di glicemia viene raccomandata nei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva per ridurre le infezioni nosocomiali ematiche, la durata della degenza, la morbidità e la mortalità. INFEZIONI DELLA CUTE E DEI TESSUTI MOLLI Infezioni della cute e dei tessuti molli superficiali Definizione Le infezioni della cute e dei tessuti molli sono comuni, generalmente di grado lieve-moderato e non presentano di solito difficoltà terapeutiche. Per la corretta diagnosi di queste infezioni, caratterizzate da un’eziologia variegata, occorre eseguire un’accurata anamnesi (stato immunitario del paziente, residenza, viaggi, traumi o interventi chirurgici recenti, precedenti terapie antibiotiche, stile di vita, hobby, contatti con animali) ed un attento esame clinico delle lesioni. Se necessario, è opportuno eseguire test microbiologici sul materiale patologico prelevato dalle lesioni. I patogeni principali coinvolti nelle SSTI sono S. aureus e S. pyogenes spesso gravati da problemi di resistenza che rendono importante la scelta dell’idonea terapia empirica. Le Linee Guida BSAC sul trattamento delle infezioni da MRSA affermano che spesso è difficile distinguere una colonizzazione ed un’infezione della cute e dei tessuti molli da stafilococco (febbre, aumento della conta dei globuli bianchi periferici e dei marker infiammatori possono indicare la presenza di un’infezione): questa distinzione è importante poiché le lesioni cutanee sono un fattore predittivo di batteriemia da MRSA. Nel caso di grave SSTI che coinvolge i tessuti profondi (dolore elevato, bolle violacee, emorragie cutanee, esfoliazione ed anestesia cutanea, presenza di gas nei tessuti e rapida progressione) accompagnati o meno da segni e sintomi di tossicità sistemica (febbre o ipotermia, tachicardia >100/min o ipotensione) occorre eseguire prelievi ematici per le emocolture ed i test di laboratorio, ospedalizzare il paziente, eseguire indagini eziologiche approfondite e richiedere un consulto chirurgico per l’ispezione, l’esplorazione e/o il drenaggio della lesione. Le infezioni di grado lieve possono essere trattate empiricamente con penicilline semisintetiche, cefalosporine di prima o seconda generazione, macrolidi o clindamicina. Lo S. aureus resistente alla meticillina acquisito in comunità (CA-MRSA), pur rimanendo sensibile a molti antibiotici, necessita di un’attenta rivalutazione clinica dopo 24-48 ore per verificare la risposta clinica ed evitare complicanze. I pazienti che hanno un’infezione grave o progressiva nonostante la terapia antibiotica devono essere ospedalizzati e trattati in maniera aggressiva, possibilmente sulla base dei risultati delle colture del materiale patologico. Nel caso di S. aureus, in base ai dati 24 25 di epidemiologia locale, occorre somministrare farmaci attivi nei confronti dei ceppi resistenti alla meticillina (vancomicina, linezolid o daptomicina). Le Linee Guida BSAC, in Principali farmaci antibiotici per il trattamento dell’impetigine e delle infezioni Terapia antibiotica Dosaggio base all’epidemiologia delle resistenze rilevata in UK, raccomandano un maggiore utilizzo di tetracicline per il trattamento delle infezioni cutanee dei soggetti adulti, a meno della cute e dei testi molli da S. aureus (MSSA o MRSA) Commenti Adulti Bambini* 250 mg os ogni 6 ore 250 mg os ogni 6 ore 250 mg os ogni 6 ore*** 300-400 mg os ogni 8 ore 875/125 mg os ogni 12 ore 3 volte al giorno 12 mg/kg/die os in 4 dosi 25 mg/kg/die os in 4 dosi 40 mg/kg/die os in 4 dosi 10-20 mg/kg/die os in 3 dosi 25 mg/kg/die os in 2 dosi 3 volte al giorno Dicloxacillina Cefalexina Doxiciclina, minociclina Cotrimoxazolo 1-2 g ev ogni 4 ore 1 g ev ogni 8 ore 600 mg ev ogni 8 ore o 300-450 mg os ogni 8 ore 500 mg os ogni 6 ore 500 mg os ogni 6 ore 100 mg os ogni 12 ore 1-2 cpr forte os ogni 12 ore 100-150 mg/kg/die in 4 dosi 50 mg/kg/die in 3 dosi 25-40 mg/kg/die ev in 3 dosi o 10-20 mg/kg/die os in 3 dosi 25 mg/kg/die os in 4 dosi 25 mg/kg/die os in 4 dosi No <8 anni 8-12 mg/kg ev in 4 dosi o os in 2 dosi Farmaco ev di scelta; inattivo su MRSA Per pazienti allergici alla penicillina, eccetto quelli con reazioni di ipersensibilità immediata Batteriostatico, potenziale resistenza crociata o comparsa di resistenza in ceppi eritromicino-R; resistenza inducibile in MRSA Farmaco orale di scelta per MSSA Per pazienti allergici alla penicillina, eccetto quelli con reazioni di ipersensibilità immediata Batteriostatico; esperienza clinica recente limitata Battericida; efficacia scarsamente documentata SSTI da MRSA Vancomicina Linezolid 30 mg/kg/die ev ogni 12 ore 600 mg ev/os ogni 12 ore 40 mg/kg/die ev in 4 dosi 10 mg/kg ev/os ogni 12 ore 600 mg ev ogni 8 ore o 300-450 mg os ogni 8 ore 4 mg/kg/die ev ogni 24 ore 100 mg os ogni 12 ore 1-2 cpr forte os ogni 12 ore 25-40 mg/kg/die ev in 3 dosi o 10-20 mg/kg/die os in 3 dosi Non applicabile No <8 anni 8-12 mg/kg ev in 4 dosi o os in 2 dosi Per pazienti allergici alla penicillina; farmaco ev di scelta per MRSA Batteriostatico; no resistenza crociata con altre classi; costoso, può sostituire altri farmaci di seconda linea come farmaco preferenziale per la terapia orale dell’MRSA Batteriostatico, potenziale resistenza crociata o comparsa di resistenza in ceppi eritromicino-R; resistenza inducibile in MRSA Battericida; possibile miopatia Batteriostatico; esperienza clinica recente limitata Battericida; limitati dati di efficacia pubblicati Impetigine** Dicloxacillina Cefalexina Eritromicina Clindamicina Amoxiclavulanato Mupirocina unguento SSTI da MSSA Nafcilina/oxacillina Cefazolina Clindamicina Clindamicina Daptomicina Doxiciclina, minociclina Cotrimoxazolo * non neonati. Alcuni ceppi di S. aureus e S. pyogenes possono essere resistenti Per pazienti con un numero limitato di lesioni *** Dosaggio per adulti di eritromicina succinato: 400 mg os ogni 6 ore. ** infezioni da Staphylococcus e Streptococcus spp. Durata della terapia: circa 7 giorni, in base alla risposta clinica. 26 27 Principali infezioni cutanee, le caratteristiche cliniche e microbiologiche ed Infezione Caratteristiche cliniche Caratteristiche microbiologiche Impetigine Lesioni cutanee purulente. S. aureus e/o S. pyogenes Bambini 1-5 anni nelle regioni tropicali o subtropicali; viso ed estremità Ascesso cutaneo Noduli dolorosi, tesi e fluttuanti, circondati da zona eritematosa Foruncoli e favi i principi diagnostici e terapeutici raccomandati dalle Linee Guida Diagnosi Trattamento Lesioni bollose, dapprima chiare e poi torbide o purulente. Papule che evolvono in vesciche e croste Penicilline penicillinasi-resistenti, cefalosporine di prima generazione, eritromicina, mupirocina topica S. aureus Raccolta di pus entro il derma ed i tessuti profondi Incisione, evacuazione del pus e revisione della cavità Infezioni del follicolo pilifero, singola o multipla. S. aureus Piccolo ascesso con pus nel derma Incisione e drenaggio. Portatori: mupirocina topica, clindamicina Erisipela Placca molto arrossata, sensibile, dolorosa e ben demarcata. Cute a buccia d’arancia Streptococco beta-emolitico; rari: S. aureus e streptococchi gruppo B Lesioni sopraelevate, arrossate con linea di demarcazione netta Penicillina; S. aureus: penicilline penicillinasi-resistenti, cefalosporine di prima generazione Cellulite Lesioni arrossate, edematose e calorose, talvolta con vescicole, bolle, emorragie, linfangite ed infiammazione dei linfonodi. Manifestazioni sistemiche lievi. Favorite da traumi, lesioni cutanee fissurate o infiammatorie pre-esistenti, procedure chirurgiche Streptococco beta-emolitico. Altri patogeni: S. aureus (dopo lesioni traumatiche), Pasteurella spp. (morso da cane), A. hydrophila (acqua dolce), Vibrio spp. (acqua salata), H. influenzae (cellulite periorbitale nei bambini), Gram– (neutropenici) Infezione che colpisce i tessuti sottocutanei. Emocolture positive ≤5%. Colture del materiale patologico (aspirazione o biopsia) positive: 5-40%. Test utili in caso di pazienti diabetici, neoplastici, neutropenici, immunodepressi o con fattori di rischio (possessori di animali, agricoltori, ecc) Terapia iniziale orale per lesioni lievi (dicloxacillina, cefalexina, clindamicina, o eritromicina) Terapia parenterale per pazienti gravi: penicilline penicillinasi-resistenti, cefalosporine di prima generazione Pazienti allergici alla penicillina: clindamicina, vancomicina Glicopeptidi o linezolid fortemente raccomandati dalle linee guida BSAC, ove soprattutto sia elevato il rischio di batteriemia Infezioni da CA-MRSA S. aureus Soggetti a rischio: carcerati, tossicodipendenti, omosessuali, sportivi, bambini, anamnesi positiva per infezioni cutanee ricorrenti (foruncolosi ed impetigine) che non rispondono al trattamento Isolamento di un MRSA di solito sensibile a più antibiotici. Genotipo: cassetta SCCmec di tipo IV; può produrre leucocidina di PantonValentine Tetracicline (no <8 anni) Clindamicina (emergenza di resistenza). Cotrimoxazolo Fluorochinoloni attivi sui Gram+ (levofoxacina, moxifloxacina) Linezolid, vancomicina, daptomicina (casi gravi) Fascite necrotizzante Insorge da una lesione cutanea e progredisce rapidamente in profondità (fascia e muscoli), con tossicità sistemica, febbre alta e letargia. Dolore grave e costante, bolle, necrosi cutanea, ecchimosi, gas, edema, anestesia cutanea. Sospetto clinico in caso di fallimento della terapia antibiotica, indurimento cutaneo, tossicità sistemica con letargia, lesioni bollose, necrosi ed ecchimosi. Ispezione chirurgica delle lesione profonda; prelievo di materiale patologico per esami colturali. Mortalità: 50-70% Revisione chirurgica (anche multipla) con asportazione del tessuto necrotico. Infezioni miste: beta-lattamico + clindamicina + ciprofloxacina; carbapenemico. Streptococco: penicillina + clindamicina. S. aureus: oxacilina, cefazolina, vancomicina, clindamicina. Anaerobi: clindamicina, penicillina, metronidazolo. Monomicrobica: S. pyogenes, A aureus, V. vulnificus, A. hydrophila, streptococchi anaerobi Polimicrobica: anaerobi e aerobi; associata a chirurgia intestinale, traumi penetranti dell’addome, ulcere da decubito, sito di iniezione di droghe (continua) 28 29 Principali infezioni cutanee, le caratteristiche cliniche e microbiologiche ed i principi diagnostici e terapeutici raccomandati dalle Linee Guida Infezione Caratteristiche cliniche Caratteristiche microbiologiche Diagnosi Trattamento Morsi di animali Lesioni da morso di cani e gatti, 80% di grado lieve. Rari da altri animali. Lesioni non purulente (30-40%), purulente (40-60%) o ascessi (10-20%) Attenzione al tetano e alla rabbia (valutare la profilassi) Pasteurella spp. Stafilococchi e Streptococchi, C. canimorsus, anaerobi (Bacteroides spp., Porphyromonas spp., Prevotella, ecc.) Clinica e anamnestica. Complicanze: artrite settica, osteomielite, ascesso sottocutaneo, tendinite e batteriemia (rara) Orale: amoxiclavulanato, doxiciclina, penicillina V + dicloxacillina. Fluorochinoloni, cotrimoxazolo e cefuroxime + metronidazolo o clindamicina EV: beta-lattamico/inibitore, carbapenemico, cefalosporine di II e III gen + antianaerobio Morsi umani Da comportamento aggressivo: morso (lacerazione) o trauma (pugno); violenza. Streptococchi (viridans), Stafilococchi, Haemophilus spp. e E. corrodens, anaerobi Clinica e anamnestica. Complicanze (vedi morsi di animali) Cefoxitina, ampicillina-sulbactam, ertapenem; altri antibiotici che coprano lo spettro di batteri responsabili Infezioni della ferita chirurgica Le infezioni chirurgiche insorgono nel periodo post-operatorio (da 2 a 30 giorni dopo l’intervento) e sono correlate al tipo di chirurgia. Febbre, sintomi locali. Superficiali (sottocute), profonde (muscoli e fascia) o d’organo S. aureus, Streptococchi, anaerobi. Infezioni polimicrobiche Aspetto clinico delle ferite: segni di infiammazione, essudato purulento. Gram stain, coltura del materiale patologico prelevato dalla ferita Revisione chirurgica della ferita; se febbre <38,5% e FC <100/min, no antibiotici; se febbre >38,5% e FC >100/min, somministrare antibiotici: beta-lattamico protetto, carbapenemico, fluorochinolone, cefalosporina III generazione, antianaerobi Linezolid o glicopeptidi fortemente raccomandati dalle linee guida BSAC sosprattutto ove sia alto il rischio per batteriemia Infezioni nell’ospite compromesso Diversi patogeni (Gram+ e –), Ad alto rischio di infezione, specialmente a livello cutaneo. Infezioni spesso multiresistenti (MRSA, Pseudomonas aeruginosa) gravi, estese e paucisintomatiche Funghi (Candida, Aspergillus, Criptococco), Micobatteri, Nocardia, Virus (Varicella zoster, herpes simplex), Parassiti Aspetto clinico, Gram stain, coltura del materiale patologico prelevato dalla lesione (aspirazione, biopsia). Emocolture, esami strumentali Rapida, associazione di antibiotici ad ampio spettro. MRSA: vancomicina, linezolid, daptomicina, quinupristin/dalfopristin. P. aeruginosa: carbapenemico, fluorochinolone o aminoglicoside + beta-lattamico Infezione del sito di infusione endovenosa Presenza di pus, indurimento, cellulite, eritema all’uscita del dispositivo o infezione del tunnel Verificare la gravità dell’infezione in base alla presenza di cellulite e di sepsi sistemica e sul rischio di infezione a distanza Infezione gravi: terapia rapida ed efficace con glicopeptidi o linezolid e rimozione del catetere. Infezioni lievi: rimozione del catetere ed antibiotici orali MRSA che comportino un alto rischio di provocare batteriemia o endocardite. In questi casi, viene suggerito l’utilizzo di glicopeptidi o di linezolid (considerato una farmaco di prima linea in base all’evidenza scientifica della sua efficacia). Linezolid farmaco di prima linea anche nelle infezioni del sito chirurgico: in uno studio conparativo vs vancomicina, tasso di guarigione equivalente con una maggiore eradicazione microbiologica a favore di linezolid. Nelle infezioni da MRSA con precedente fallimento terapeutico è possibile utilizzare l’acido fusidico associato a rifampicina o ai glicopeptidi (solo se attivi in vitro). L’esplorazione ed il debridement chirurgico rappresentano importanti procedure diagnostiche e terapeutiche, specialmente nei pazienti immunocompromessi o in quelli con infezioni necrotizzanti o profonde. 30 31 Infezioni della cute e dei tessuti molli profonde Definizione e fattori di rischio Le infezioni del piede in soggetti affetti da diabete rappresentano un problema comune, complesso e costoso: provocano una notevole morbilità, frequenti visite e ricoveri ospedalieri e gravi complicanze come le amputazioni. Le infezioni del piede diabetico richiedono una particolare attenzione ai problemi locali (piede) e sistemici (metabolici) e devono essere gestite preferenzialmente da un team multidisciplinare (infettivologo, microbiologo, diabetologo, chirurgo). L’infezione del piede diabetico comprende una serie di lesioni: ulcera infetta (più comune, punto di partenza di tutte le forme infettive più profonde), paronichia, cellulite, miosite, ascessi, fascite necrotizzante, artrite settica, tendinite e osteomielite. Nella tabella di pagina seguente sono riassunti i fattori di rischio per l’insorgenza dell’ulcera del piede e dell’infezione. Microbiologia I cocchi aerobi Gram+ (S. aureus e Streptococchi beta-emolitici) sono i patogeni predominanti responsabili di infezioni della cute. Le lesioni croniche sono colonizzate da Enterococchi, batteri Gram– ed anaerobi, mentre l’ospedalizzazione o una prolungata terapia antibiotica sono fattori predisponenti per infezioni de MRSA o VRE. Nei soggetti immunocompromessi assumono un ruolo patogeno anche germi meno virulenti (Stafiloccocchi coagulasi-negativi o Corinebatteri). Le infezioni acute sono in genere monomicrobiche, mentre quelle croniche sono polimicrobiche (Gram+, Gram– ed anaerobi). Diagnosi e classificazione L’infezione dovrebbe essere diagnosticata clinicamente in base alla presenza di secrezione purulenta (pus) o di almeno due delle principali manifestazioni di infiammazione (arrossamento, calore, gonfiore o indurimento, dolore o tensione). Valutazione clinica Paziente. Risposta sistemica all’infezione (febbre, brividi, sudorazione, vomito, ipotensione, tachicardia), stato metabolico (azotemia, iperglicemia, tachipnea, iperosmolarità, acidosi), stato psicologico (delirio, demenza, depressione, alterazioni cognitive), situazione sociale (potenziale non compliance, mancanza di assistenza presso il proprio domicilio). Arto o piede. Biomeccanica (deformità, artropatia di Charcot, dita sovrapposte, callo32 Fattori di rischio per l’ulcera del piede e l’infezione Neuropatia motoria periferica Anatomia e biomeccanica anomale del piede (accavallamento delle dita, arcata alta, articolazioni metatarsofalangee sublussate) che causano eccessiva pressione, formazione del callo e ulcere Neuropatia sensoriale periferica Mancanza di sensibilità protettiva, che porta a lesioni minori trascurate causate da eccessiva pressione, danni meccanici o termici Neuropatia autonomica periferica Sudorazione insufficiente: pelle secca e fissurata Alterazioni neuro-osteoartropatiche Anatomia e biomeccanica anomale del piede, (malattia di Charcot, mobilità che causano eccessiva pressione, specialmente limitata delle articolazioni) nell’area medio-plantare Insufficienza vascolare (arteriosa) Alterata vitalità del tessuto, ferite cicatrizzate e rilascio di neutrofili Ipoglicemia e altri disordini metabolici Funzione immunologica alterata (specialmente neutrofili), cicatrizzazione della ferita ed eccessivo cross-linking del collagene Disabilità del paziente Visione ridotta, mobilità limitata, precedenti amputazioni Abitudini del paziente Inadeguata attenzione a misure precauzionali, all’ispezione del piede e a procedure igieniche, scarsa compliance con le cure mediche, attività inappropriate, peso eccessivo e calzature inadatte Anomalie del sistema sanitario Inadeguata educazione del paziente, del monitoraggio della glicemia e della cura del piede sità), stato vascolare arterioso (ischemia, necrosi o gangrena) e venoso (edema, stasi o trombosi), neuropatia (perdita della sensibilità). Ferita. Dimensione e profondità (tessuti coinvolti: necrosi, gangrena, corpi estranei, coinvolgimento muscolare, osseo, tendineo o articolare), presenza, estensione e causa di infezione (purulenza, calore, sensibilità, dolore, indurimento, cellulite, bolle, crepitii, ascessi, fasciiti, osteomielite). Valutazione microbiologica Inviare i campioni patologici adeguatamente prelevati dal paziente al laboratorio (invio 33 Patogeni associati alle diverse sindromi cliniche del piede diabetico Sindrome clinica del piede diabetico Patogeni Cellulite senza ferita cutanea aperta Streptococco beta-emolitico1 e S. aureus Ulcera infetta non trattata in precedenza2 S. aureus e Streptococco beta-emolitico1 Ulcera infetta cronica o trattata in precedenza con terapia antibiotica3 S. aureus, Streptococco beta-emolitico ed Enterobatteri Ulcera macerata3 Pseudomonas aeruginosa (spesso associata ad altri microrganismi) venosa ad ampio spettro, ulteriori indagini diagnostiche e microbiologiche ed un consulto chirurgico. Nella gestione ambulatoriale dell’infezione è necessario pulire e medicare la ferita, raccogliere campioni patologici, prescrivere una terapia empirica (di solito orale) e rivalutare il paziente dopo 3-5 giorni. Se la lesione migliora, occorre rivalutare la terapia antibiotica in base all’antibiogramma, programmare la gestione della ferita, dimettere il paziente (se ospedalizzato) e rivederlo dopo 1-2 settimane. Se la lesione non migliora, considerare un più accurato esame microbiologico, modificare la terapia iniziale, consultare il chirurgo per una revisione della ferita, correggere gli squilibri metabolici o sistemici, valutare la vascolarizzazione. Valutazione strumentale La valutazione per immagini (radiografia o risonanza magnetica nucleare) può essere utile a diagnosticare o a definire meglio le raccolte purulente profonde e le alterazioni ossee. Classificazione. Le infezioni dovrebbero essere classificate secondo la loro gravità in base alle caratteristiche cliniche (tessuti coinvolti, perfusione arteriosa, tossicità sistemica) e laboratoristiche (indagini microbiologiche, status metabolico) del paziente e delle lesioni. Per le ferite infette è importante riconoscere i pazienti che necessitano l’ospedalizzazione. In caso di ricovero, occorre prevedere una terapia antibiotica endo- Terapia delle infezioni del piede diabetico La terapia antibiotica è necessaria in tutti i casi di infezione, ma spesso è insufficiente senza un’adeguata gestione della ferita. La terapia iniziale è solitamente empirica e basata sulla gravità dell’infezione e sulla probabile eziologia batterica (tabella 4). Infezioni lievi-moderate. La maggior parte infezioni lievi e alcune moderate possono essere trattate con antibiotici a spettro relativamente mirato (cocchi Gram+); la terapia viene somministrata in genere per via orale, scegliendo farmaci con elevata biodisponibilità. Infezioni moderate-gravi. Nelle infezioni gravi o in quelle moderate di tipo cronico ed esteso, è utile iniziare la terapia con antibiotici a largo spettro, attivi sui Gram+ (compreso MRSA), Gram– ed anaerobi. Per assicurare un’adeguata e rapida penetrazione tissutale, la terapia va somministrata per via parenterale, almeno inizialmente. La terapia antibiotica va continuata fino ad evidenza di risoluzione dell’infezione, anche se la ferita non è del tutto cicatrizzata. Durata consigliata: infezioni lievi: 1-2 settimane; infezioni moderate-gravi: 2-4 settimane; osteomielite: 4-6 settimane. Se un’infezione in un paziente clinicamente stabile non risponde a ≥1 ciclo di antibiotici, eseguire un’adeguata valutazione microbiologica. Molte infezioni richiedono l’intervento del chirurgo: drenaggio degli ascessi, revisione delle cavità, asportazione dei tessuti infetti o necrotici in caso di gangrena o fascite, amputazione delle parti necrotiche, ripristino di un’adeguata vascolarizzazione dell’arto. La gestione ottimale della ferita, in aggiunta al trattamento antibiotico, è essenziale per la cicatrizzazione: pulizia della ferita, asportazione delle callosità e del tessuto necrotico, scarico dell’arto. Possibili trattamenti aggiuntivi nei casi gravi o che non rispondono alla terapia: fattore stimolante le colonie dei granulociti e ossigenoterapia iperbarica. I pazienti con ferite infette devono essere seguiti con un attento follow-up: valutazione della terapia antibiotica, ispezione del sito di infezione, programmazione della gestione della ferita, controllo della glicemia. 34 35 Ferita non cicatrizzata di lunga durata Cocchi aerobi Gram+ (S. aureus, Stafilococchi coacon prolungata terapia antibiotica ad gulasi negativi ed Enterococchi), difteroidi, ampio spettro3,4 Enterobatteri, Pseudomonas spp., germi Gram– non fermentanti e (forse) funghi “Piede fetido”: estesa necrosi o gangrena, maleodorante3 1 4 Polimicrobica: Cocchi aerobi Gram+ (compresi Enterococchi), Enterobatteri, germi Gram– non fermentanti ed anaerobi obbligati Gruppo A, C, C e G. 2Spesso monomicrobica. 3Solitamente polimicrobica. Specie resistenti agli antibiotici (MRSA, VRE, Gram+ produttori di ESBL) rapido in appositi contenitori o mezzi di trasporto per germi aerobi ed anaerobi) per l’esame colturale prima di iniziare la terapia, in tutti i casi tranne quelli lievi e non pretrattati. I campioni tissutali ottenuti tramite biopsia, curettage dell’ulcera o aspirazione sono da preferirsi rispetto ai tamponi della ferita. Emocolture nei pazienti con infezione grave. Eseguire il test di sensibilità agli antibiotici. Classificazione clinica delle infezioni del piede diabetico Manifestazione clinica di infezione Principali terapie delle infezioni del piede diabetico Gravità Grado PEDIS* Ferita senza purulenza o qualsiasi manifestazione di infiammazione Non infetta 1 Presenza di ≥2 segni di infiammazione (purulenza, eritema, dolore, sensibilità, calore, indurimento) ma senza cellulite/eritema ≥2 cm attorno all’ulcera; infezione limitata alla cute o ai tessuti sottocutanei superficiali; nessuna complicanza locale o patologia sistemica Lieve 2 Infezione (come sopra) in un paziente in buone condizioni e metabolicamente stabile ma con ≥1 delle seguenti: cellulite >2 cm, striature linfangitiche, diffusione oltre la fascia superficiale, ascesso nel tessuto profondo, gangrena e coinvolgimento muscolare, osseo, tendineo o articolare Moderata 3 Infezione in un paziente con tossicità sistemica o instabilità metabolica (febbre, brividi, tachicardia, ipotensione, confusione, vomito, leucocitosi, acidosi, grave iperglicemia o azotemia) Grave 4 * PEDIS: Perfusione, estensione, perdita di tessuto profondo, infezione e sensibilità; International Consensus on the Diabetic Foot Osteomielite L’osteomielite, complicanza difficile da gestire dal punto di vista terapeutico, va considerata in caso di ulcere estese e profonde, croniche, che ricoprono una prominenza ossea, che non guariscono dopo 6 settimane di cure adeguate. La diagnosi di osteomielite si basa sull’esame clinico, sulle indagini strumentali (radiografie seriali, indagini con radioisotopi, risonanza magnetica nucleare) e sulla biopsia ossea per l’identificazione del patogeno causale e l’antibiogramma. Il trattamento tradizionale dell’osteomielite è chirurgico, tranne in alcuni casi selezionati (inaccettabile perdita delle funzionalità del piede, desiderio di evitare l’amputazione, elevato rischio chirurgico ed infezione confinata alla zona anteriore del piede con minima perdita tissutale). La terapia antibiotica adeguata consente di migliorare l’infezione; la via di somministrazione e la durata del trattamento dipendono dalla situazione locale dell’osteomielite: • Nessun residuo tissutale infetto: ev o os, 2-5 giorni • Tessuto molle residuo infetto: ev o os, 2-4 settimane 36 Via e farmaci Lieve Moderata Os per la Os o ev, in base maggior parte alla clinica e al farmaco Via di somministrazione Dicloxacillina Clindamicina Cefalessina Cotrimoxazolo Amoxicillina/acido clavulanico Levofloxacina Cefoxitina Ceftriaxone Ampicillina/sulbactam Linezolid* (con o senza aztreonam) Daptomicina* (con o senza aztreonam) Ertapenem Cefuroxime con o senza metronidazolo Ticarcillina/clavulanato Piperacillina/tazobactam Levofloxacina o ciprofloxacina con clindamicina Imipenem/cilastatina Vancomicina* e gentamicina (con o senza metronidazolo) Sì Sì Sì Sì Sì Sì – – – – – – – – – – – – – – – Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì – – Grave Ev (almeno inizio) – – – – – – – – – – – – – – Sì Sì Sì Sì * per pazienti con certa o probabile infezione da MRSA NOTA. Gli schemi terapeutici definitivi dovrebbero considerare i risultati dei test di sensibilità e la risposta clinica iniziale. Alcuni farmaci non sono approvati dalla US Food and Drug Administration per le infezioni della cute e dei tessuti molli, e solo il linezolid è attualmente approvato in modo specifico per le infezioni del piede diabetico. • Osso residuo infetto ma vitale: ev, poi switch all’os, 4-6 settimane • No chirurgia o osso residuo non vitale: ev, poi switch all’os, >3 mesi. In casi selezionati è utile l’impianto di materiali impregnati di antibiotico, l’ossigenoterapia iperbarica e la rivascolarizzazione. 37 Infezioni da catetere Definizioni comunemente utilizzate per le infezioni correlate a CVC Colonizzazione Crescita significativa di un microrganismo in una coltura semi- o quantitativa della punta o di un segmento sottocutaneo del catetere del catetere Definizione, patogenesi ed eziologia Le infezioni correlate al catetere intravascolare (CVC) rappresentano una delle principali cause di morbilità e mortalità: ogni anno negli USA vengono posizionati oltre 5 milioni di CVC e si verificano più di 200.000 infezioni nosocomiali correlate a CVC. Le infezioni da device intravascolari causano un significativo aumento dei costi economici, della durata dell’ospedalizzazione e della morbilità del paziente. Esistono diversi tipi di CVC: • Catetere venoso periferico (inserito nelle vene del gomito o della mano, usato per infusioni di breve termine; raramente associato ad infezione ematica); • Catetere arterioso periferico (uso a breve termine; per il monitoraggio dello stato emodinamico e dei livelli gassosi; rischio di infezione ematica simile a CVC); • Catetere interno (periferico, 7-20 cm circa, inserito nelle vene basilica o cefalica del gomito, ma non penetra nelle vene centrali; minore rischio di infezione rispetto a CVC); • CVC non tunnellizzato (CVC più comune; causa il 90% di tutte le infezioni; rischio aumentato se posizionato nella giugulare interna); • CVC tunnellizzato (CVC impiantato chirurgicamente, con la porzione tunnellizzata che esce dalla cute protetta da una cuffia di dacron contro la migrazione di microrganismi; permanenza a lungo termine, usato per somministrazioni ev prolungate di chemioterapie o liquidi o per l’emodialisi); • Altri tipi specifici di catetere: catetere arterioso polmonare, sistema di monitoraggio della pressione, catetere centrale inserito perifericamente, device totalmente impiantabile. Nella tabella 1 vengono elencate le definizioni più comuni di infezione CVC correlata. La patogenesi dell’infezione da CVC non tunnellizzato è spesso correlata alla colonizzazione extraluminale del catetere (soprattutto dalla cute) o dalla colonizzazione intraluminale del CVC, mentre nel caso di CVC tunnellizzato la più comune via di infezione è la colonizzazione intraluminale. I patogeni più frequentemente responsabili di infezioni correlate a CVC sono Stafilococchi coagulasi-negativi, S. aureus, bacilli aerobi Gram– e C. albicans. Flebite Indurimento o eritema, calore, dolore ed ipersensibilità attorno al punto di uscita del catetere Infezione nel sito di uscita Microbiologica Isolamento di un microrganismo dall’essudato al punto di uscita del catetere, con o senza concomitante infezione ematica Clinica Eritema, indurimento e/o ipersensibilità entro 2 cm dal punto di uscita del catetere; altri segni e sintomi: febbre, pus al sito di uscita, con o senza concomitante infezione ematica* Infezione del tunnel Ipersensibilità, eritema e/o indurimento >2 cm dal punto di uscita del catetere lungo il tratto sottocutaneo del catetere, con o senza concomitante infezione ematica* Infezione della tasca Liquido infetto nella tasca sottocutanea di un device totalmente impiantabile, spesso associato a ipersensibilità, eritema e/o indurimento; si può verificare rottura spontanea e drenaggio o necrosi della cute, con o senza concomitante infezione ematica* Infezione ematica Correlata alla sostanza Correlata al catetere Crescita dello stesso microrganismo nella sostanza infusa e nelle colture di sangue periferico, senza identificazione della fonte di infezione Batteriemie/fungemia in pz con CVC e ≥1 emocolture positive da sangue periferico, con manifestazioni cliniche di infezione e nessuna fonte di infezione tranne il CVC. Almeno 1 dei seguenti: risultato positivo della coltura semi- o quantitativa del catetere e stesso patogeno isolato dal sangue; emocolture quantitative simultanee con un rapporto ≥5:1 (CVC vs periferico); tempo differenziale alla positività (risultato positivo di coltura da CVC almeno 2 ore prima di quello da sangue periferico) * I pazienti con emocolture positive dovrebbero essere considerati affetti da infezione correlata a catetere Diagnosi I segni ed i sintomi clinici, così come le tecniche di diagnosi rapida (Gram stain) possono essere utili per la diagnosi di infezione da CVC, ma sono aspecifici se non accompagnati da indagini microbiologiche appropriate. Coltura del catetere. In caso di sospetto di infezione ematica correlata a CVC, occorre eseguire una coltura del catetere, sia della punta che del segmento sottocutaneo. Le indagini più affidabili sono le colture semi- o quantitative, mentre le colture qualitative non vengono 38 39 raccomandate. Il valore predittivo di queste colture dipende dal tipo di locazione del catetere, dalla metodologia di coltura usata e dalla fonte di colonizzazione del catetere. Emocolture. Devono essere prelevati dal paziente con sospetta infezione da CVC due set di campioni ematici per emocolture, con almeno uno prelevato per via percutanea. Specialmente quando il catetere a lungo termine non può essere rimosso, vengono raccomandate due tecniche diagnostiche microbiologiche: emocolture quantitative appaiate o emocolture qualitative appaiate con un monitoraggio continuo del tempo differenziale alla positività. Gestione delle infezioni correlate a CVC La terapia antibiotica viene spesso iniziata in maniera empirica. La scelta iniziale dei farmaci dipende dalla gravità del quadro clinico, dai fattori di rischio per il paziente e dal probabile patogeno responsabile di infezione. La terapia dovrebbe garantire una copertura nei confronti dei patogeni Gram+ (vancomicina se alta prevalenza di Stafilococchi meticillino-resistenti), Gram– (P. aeruginosa e bacilli Gram–: ceftazidime o cefepime) ed eventualmente funghi (amfotericina B o fluconazolo). La terapia iniziale deve esser somministrata per via endovenosa, ma in caso di stabilizzazione clinica del paziente e sulla base dell’antibiogramma, possono essere dati antibiotici per via orale come ciprofloxacina, linezolid o cotrimoxazolo. La durata della terapia dipende dalla gravità dell’infezione: in caso di risposta rapida alla terapia iniziale, di infezione non complicata e in un paziente non immunocompromesso senza co-morbidità, potrebbero bastare 10-14 giorni di trattamento. Una durata più prolungata (4-8 settimane) viene raccomandata in caso di batteriemie o fungemia persistente dopo rimozione del catetere o in presenza di complicanze (endocardite, trombosi settica, osteomielite). Nella tabella, sono riportati i farmaci endovenosi utilizzati nel trattamento delle infezioni ematiche correlate a CVC, secondo il tipo di patogeno isolato. Raccomandazioni specifiche Cateteri venosi periferici a breve termine. In caso di infezione sospetta, rimuovere il catetere, analizzare la punta con un metodo semiquantitativo e prelevare due set di sangue per emocoltura prima del trattamento. Se segni di infezione locale: Gram stain e coltura su essudato. CVC non tunnellizzato. Nei pazienti con febbre ed infezione lieve-moderata, il CVC non dovrebbe essere tolto, mentre va rimosso e messo in coltura in caso di malattia grave o eritema/purulenza nel sito di uscita. Se le emocolture sono positive o se il CVC è colonizzato, il CVC va posizionato in altra sede, mentre può essere mantenuto se le colture 40 sono negative o se viene isolato uno Stafilococco CoN. Nelle batteriemie da S. aureus, è opportuno eseguire una ecocardiografia transesofagea, per ricercare un’eventuale endocardite. Se la batteriemia persiste e non c’è evidenza di miglioramento clinico dopo 3 giorni di terapia idonea, occorre ricercare altre complicanze infettive (trombosi settica, endocardite, infezioni metastatiche). I pazienti febbrili con malattia valvolare cardiaca o i neutropenici con coltura della punta del catetere positiva per S. aureus o C. albicans, in assenza di infezione ematica, dovrebbero esser monitorati strettamente, clinicamente e con test periodici. Una volta rimosso il catetere, può essere riposizionato un CVC non tunnellizzato dopo l’inizio di una terapia antibiotica appropriata. CVC tunnellizzato o device impiantabile. Poiché la rimozione di questi CVC è problematica, è essenziale essere sicuri della diagnosi di vera infezione ematica: valutazione clinica accurata per accertarsi che il CVC sia la fonte di infezione. Nel pazienti con infezioni complicate, come le infezioni del tunnel o ascesso, il catetere dovrebbe essere rimosso e dovrebbe essere somministrata un’idonea terapia antibiotica per 7-10 giorni (nei casi complicati da trombosi settica, endocardite o osteomielite, continuare l’antibiotico per 4-8 settimane). Nelle infezioni non complicate, il salvataggio del device può essere tentato mediante l’aggiunta della lock therapy per 2 settimane alla terapia antibiotica sistemica per le infezioni di Stafilococchi o Gram–, in assenza di infezione del tunnel o della tasca. Il reinserimento del CVC tunnellizzato dovrebbe essere effettuato dopo l’inizio, o se possibile, al termine della terapia antibiotica sistemica. Cateteri da emodialisi. Gestione come le altre infezioni da CVC: antibioticoterapia sistemica empirica o mirata (MSSA: meglio penicilline resistenti alla penicillinasi); lock therapy in caso di mantenimento del catetere; oltre alla terapia antibiotica e alla eventuale rimozione del catetere, è utile l’identificazione dei pazienti portatori di S. aureus nelle narici e bonifica con mupirocina nei casi positivi. Le Linee Guida BSAC sul trattamento delle infezioni da MRSA raccomandano una terapia con glicopeptidi o con linezolid della durata minima di 14 giorni (con la possibilità di passare ad una terapia orale dopo l’iniziale terapia endovenosa; è importante che la durata del trattamento sia adeguata per eliminare i foci di infezione) per la batteriemia non complicata. Un trattamento più prolungato è richiesto in pazienti con o a maggior rischio di endocarditi, in cui la valutazione ecocardiografica transesofagea è importante. Lock therapy Uno dei motivi del fallimento terapeutico di infezioni correlate a CVC è l’incapacità di di41 42 43 Ticarcillina/clavulanato Ampicillina/sulbactam 3 g ogni 6 ore; imipenem 500 mg ogni 6 ore o meropenem 1 g ogni 8 ore Cotrimoxazolo 3-5 mg/kg ogni 8 ore Vancomicina 1 g ogni 12 ore Patogeni non comuni Corynebacterium spp. (GK-1) B. cepacia M. furfur Amfotericina B Mycobacterium spp. La sensibilità delle specie è variabile Cotrimoxazolo 3-5 mg/kg ogni 8 ore; imipenem 500 mg ogni 6 ore o meropenem 1 g ogni 8 ore Flavobacterium spp. Vancomicina 1 g ogni 12 ore O. anthropi Cotrimoxazolo 3-5 mg/kg ogni 8 ore o ciprofloxacina 400 mg ogni 12 ore T. beigelii Ketoconazolo 200 mg po od Amfotericina B 0,3-1 mg/kg/die; fluconazolo 400-600 mg od Cotrimoxazolo; imipenem o meropenem Imipenem o meropenem + aminoglicoside Penicillina G + aminoglicoside Amfotericina B liposomiale Cefepime, ciprofloxacina, levofoxacina Imipenem 500 mg ogni 6 ore o meropenem 1 g ogni 8 ore Ceftazidime 2 g ogni 8 ore; cefepime 1g ogni 12 ore; imipenem 500 mg ogni 6 ore o meropenem 1 g ogni 8 ore; ticarcillina 3 g ogni 4 ore + amikacina 15 mg/kg ogni 24 ore; tobramicina 5-6 mg/kg ogni 24 ore Ciprofloxacina, levofoxacina, aztreonam Vancomicina Linezolid Cefalosporine I gen o vancomicina o cotrimoxazolo (se attivo) Linezolid, quinupristin/dalfopristin Cefazolina/cefuroxime Linezolid, quinupristin/dalfopristin o vancomicina + (rifampicina o gentamicina) o cotrimoxazolo (se attivo) Vancomicina Farmaco alternativo Cefrtiaxone 1-2 g ogni 24 ore Ampicillina 2 g ogni 4-6 ore o (ampicillina o penicillina) + gentamicina 1 mg(kg ogni 8 ore Vancomicina 1 g ogni 12 ore + gentamicina 1 mg(kg ogni 8 ore Linezolid (600 mg ogni 12 ore) o quinupristin/dalfopristin (7,5 mg/kg ogni 8 ore) Funghi C. albicans o candida spp. P. aeruginosa S. maltophilia Bacilli Gram– E. coli e Klebsiella spp. Enterobacter spp. e S. marcescens Acinetobacter spp. Amp R/VS VR E. faecalis/ faecium Amp S CoN MR Vancomicina 1 g ogni 12 ore Linezolid (600 mg ogni 12 ore) o quinupristin/dalfopristin (7,5 mg/kg ogni 8 ore) Penicilline pen-R (nafcilina/oxacilina 2 g ogni 4 ore) S. aureus VR CoN MS Penicilline pen-R (nafcilina/oxacilina 2 g ogni 4 ore) Vancomicina 1 g ogni 12 ore Farmaco preferenziale e dosaggio S. aureus MS S. aureus MR Cocchi Gram+ Patogeno Schemi di terapia antibiotica endovenosa delle infezioni correlate a CVC, secondo il tipo patogeno isolato versi antibiotici di eradicare i batteri che crescono nel biofilm alle concentrazioni raggiunte nell’organismo, al contrario di concentrazioni da 100 a 1000 volte superiori. Poiché l’origine della maggior parte delle infezioni correlate al CVC tunnellizzato è la parte di connessione, è stata sviluppata la tecnica della “lock therapy”, che consiste nell’immettere in questo spazio una soluzione di antibiotici attivi nei confronti dei patogeni causali a concentrazioni molto elevate e lasciarla in situ per un lungo periodo di tempo (di solito, 2 settimane), allo scopo di sterilizzare il lume del catetere e permettere il salvataggio del catetere. La lock therapy viene utilizzata in associazione con la terapia antibiotica sistemica, ed è più efficace nei casi di infezione endoluminale. Infezioni da patogeni specifici Stafilococchi coagulasi negativi • Patogeni più comunemente responsabili di infezioni correlate a CVC. • Si manifestano con febbre più o meno associata ad infiammazione al sito di inserzione del catetere. • Terapia empirica: vancomicina, sostituita da penicilline semi-sintetiche se il ceppo è MS. • Se il CVC viene rimosso, occorre somministrare una terapia antibiotica sistemica per 5-7 giorni. • Se il CVC è lasciato in sede, terapia antibiotica sistemica per 7-14 giorni + lock therapy per 14 giorni. • Fallimento terapeutico (febbre ed emocolture positive persistenti) o recidiva: rimuovere il catetere. Patogeni Gram– e altri • I pazienti con batteriemia da Gram– correlata al CVC non tunnellizzato senza complicanze devono essere trattati con terapia sistemica per 14 giorni dopo rimozione del catetere. • I pazienti con batteriemia da Gram– correlata al CVC tunnellizzato o device che non possono essere rimossi senza complicanze, devono essere trattati con terapia sistemica + lock therapy per 14 giorni (fluorochinoloni). • In caso di infezioni da Pseudomonas spp. diverse da P. aeruginosa, B. cepacia, Stenotrophomonas spp., Agrobacterium species e A. baumannii, è necessario rimuovere il CVC. • La terapia empirica delle infezioni correlate al CVC ad eziologia sospetta da Gram– deve contenere farmaci attivi nei confronti di P. aeruginosa: • Casi con batteriemia di lunga durata e malattie valvolari cardiache sottostanti: terapia per 4-6 settimane. • Infezioni da Bacillus, Corynebacterium e Mycobacterium spp.: rimuovere il catetere. Candida albicans e altri funghi • Tutti i pazienti con candidemia devono essere trattati: fluconazolo (emodinamicamente stabili, funghi sensibili, non pre-trattati) o amfotericina B (emodinamicamente instabili o pre-trattati con fluconazolo) per 14 giorni. Infezioni da C. krusei e M. furfur: amfotericina B. • In presenza di una documentata fungemia correlata al catetere, il CVC tunnellizzato o il device intravascolare devono essere rimossi. Staphylococcus aureus • I beta-lattamici sono i farmaci di prima scelta per il trattamento parenterale delle batteriemie da MSSA; nei pazienti allergici alla penicillina senza anafilassi o angioedema, possono essere utilizzate le cefalosporine di I generazione (cefazolina); in caso di grave allergia o MRSA, vancomicina è il farmaco di prima scelta. • Il CVC, tunnellizzato o no, ed i device intravascolari devono essere rimossi in caso di infezione da S. aureus. • Eseguire un’ecocardiografia transesofagea (TEE) per ricercare un’eventuale endocardite. • TEE positiva per endocardite: terapia antibiotica sistemica per 4-6 settimane. • TEE negativa per endocardite: terapia antibiotica sistemica per 2 settimane. • CVC mantenuto in sede (casi selezionati): terapia antibiotica sistemica + lock therapy per 2 settimane. Infezioni pediatriche Molte infezioni ematiche nosocomiali sono associate all’uso di device intravascolari, ed il rischio di infezione varia in base all’età, al peso, alle patologie concomitanti (fibrosi cistica, tumori, AIDS, ecc), allo stato immunitario (neutropenia), ai farmaci, al tipo di device e di sostanza infusa. La maggior parte delle infezioni sono causate da Stafilococchi coagulasi negativi e da S. aureus. Vista la difficoltà di posizionare un CVC in un bambino piccolo, spesso il catetere non viene rimosso a scopo diagnostico (può essere implementata la lock therapy). La terapia empirica si basa sulla conoscenza dell’epidemiologia locale delle resistenze, e deve includere un farmaco attivo nei confronti dei Gram+ (vancomicina) e, se appropriato, un agente anti-Gram– (aminoglicoside o cefalosporine di III generazione; i fluorochinoloni non sono indicati nei bambini). La terapia empirica iniziale può essere adattata in seguito in base ai risultati dei test colturali. La terapia antifungina dovrebbe 44 45 esser iniziata al momento dell’isolamento di un fungo o in caso di sospetta fungemia. Infine, la durata ottimale della terapia non è stata ancora ben definita. Complicanze Trombosi settica. Vene periferiche: dolore localizzato, eritema, edema, raramente ascesso, corda palpabile o drenaggio purulento. Vene centrali: edema del torace, collo ed estremità. Arterie periferiche: pseudoaneurismi o lesioni emboliche. Germi più comuni: S. aureus, Candida, Gram–. Complicanze: emboli se tisi ed infezioni metastatiche. Rimuovere il catetere in tutti i casi. Manovre chirurgiche (incisione, drenaggio ed escissione) + antibioticoterapia sistemica appropriata per 4-6 settimane sono necessarie in caso di suppurazione, batteriemie o fungemia persistenti, infezioni estese, pseudoaneurismi. Trombosi da Candida: terapia prolungata con amfotericina B (fluconazolo se il ceppo è sensibile). Utile la terapia eparinica nel trattamento delle trombosi dei grandi vasi. Infezione ematica persistente ed endocardite infettiva. Per i cateteri non tunnellizzati e per quelli a lunga permanenza, è raccomandata la rimozione del catetere in caso di batteriemia o fungemia persistente. Pazienti con emocolture persistentemente positive e/o con stato clinico invariato per 3 giorni dopo la rimozione del catetere dovrebbero essere trattati presuntivamente per ≥4 settimane con terapia antibiotica appropriata, che deve includere gli Stafilococchi. Per le endocarditi del cuore destro non complicate da Stafilococchi MS, sembra essere efficace una terapia di 2 settimane con penicilline penicillinasi-resistenti con o senza gentamicina. Le endocarditi da Candida richiedono un intervento chirurgico in aggiunta alla terapia antifungina. BATTERIEMIE DA GRAM POSITIVI Introduzione Il trattamento delle batteriemie da Gram+ sta diventando sempre più difficile a causa dell’aumento delle resistenze agli antibiotici comunemente usati. Tra le principali e più gravi complicanze ci sono le endocarditi batteriche. Definizione ed eziologia L’endocardite infettiva, come molte altre patologie infettive, ha risentito del notevole aumento dell’antibiotico-resistenza nei patogeni eziologici più comuni: • Streptococchi (specialmente viridans); • S. aureus: oxacillina-resistenza e resistenza di livello intermedio o alto alla vancomicina; • Enterococchi: vancomicino-resistenza. Inoltre, nelle casistiche più recenti S. aureus è diventato il patogeno più frequente, superando il gruppo degli Streptococchi viridans. Tutto questo ha provocato un peggioramento della prognosi dei pazienti con endocardite infettiva ed un aumento del numero di complicanze e della mortalità. Diagnosi La diagnosi di endocardite infettiva (EI) è semplice nei pazienti con le classiche manifestazioni di Osler: batteriemia o fungemia, evidenza di una patologia valvolare attiva, emboli periferici e fenomeni vascolari immunologici. In alcuni casi, come in quelli acuti soprattutto in tossicodipendenti, queste manifestazioni possono essere sfumate o assenti. La variabilità nella presentazione clinica dell’endocardite infettiva richiede una strategia diagnostica sensibile al rilevamento della malattia e specifica per la diagnosi differenziale. Nel 1994 sono stati proposti dalla Duke University Medical Centre alcuni criteri diagnostici, chiamati “criteri di Duke”, modificati nel 2000. I criteri stratificano i pazienti con sospetta endocardite infettiva in 3 categorie: casi certi (criteri patologici o clinici definitivi), casi possibili e casi “rejected”. La diagnosi di endocardite infettiva si basa sulla presenza di criteri clinici maggiori (2) o minori (5). La diagnosi certa di endocardite in- 46 47 Definizione di endocardite infettiva secondo i criteri di Duke modificati Endocardite infettiva certa • Criteri patologici: microrganismi identificati dalla coltura o mediante esame istologico di una vegetazione, di una vegetazione embolizzata o da un campione di un ascesso intracardiaco; oppure lesioni patologiche; vegetazione o ascesso intracardiaco confermati dall’esame istologico che mostrano un’endocardite attiva • Criteri clinici: 2 criteri maggiori; oppure 1 criterio maggiore e 3 criteri minori; oppure 5 criteri minori Endocardite infettiva possibile • 1 criterio maggiore e 1 criterio minore; oppure 3 criteri minori Endocardite infettiva “rejected” • Diagnosi alternativa certa che spiega l’evidenza dell’EI; oppure • Risoluzione dell’EI con terapia antibiotica ≤4 giorni; oppure • Nessuna evidenza patologica di EI alla chirurgia o all’autopsia, con terapia antibiotica ≤4 giorni; oppure • Non soddisfa i criteri per la diagnosi di EI possibile fettiva richiede la presenza di 2 criteri maggiori, di 1 criterio maggiore e di 3 minori o di 5 criteri minori; una diagnosi possibile viene fatta in presenza di 1 un criterio maggiore e di 1 minore o di 3 criteri minori. La diagnosi di endocardite infettiva deve essere posta rapidamente, per iniziare la terapia antibiotica appropriata ed identificare i pazienti ad alto rischio di complicanze, che possono essere gestiti in maniera migliore con un intervento chirurgico precoce. Criteri maggiori o minori di Duke modificati per la diagnosi di endocardite infettiva Criteri maggiori 1. Emocoltura positiva per EI. Isolamento di microrganismi tipici coerenti con EI in due emocolture separate: Streptococchi viridanti, S. bovis, batteri gruppo HACEK, S. aureus o Enterococchi acquisiti in comunità in assenza di un focus primario; oppure isolamento di microrganismi tipici coerenti con EI da emocolture multiple positive definite come: almeno 2 emocolture positive a distanza di 12 ore; oppure tutte le 3 o la maggior parte di ≥4 emocolture separate (tempo tra il primo e l’ultimo campione: 1 ora) Emocoltura singola positiva per C. burnetii o titolo anticorpale IgG anti-fase 1 >1:800 2. Evidenza di coinvolgimento dell’endocardio. Ecocardiografia positiva per EI (ecocardiografia transesofagea – TEE - raccomandata nei pazienti con valvole protesiche, considerati almeno con “EI possibile” dai criteri clinici o EI complicata – ascesso paravalvolare; ecocardiografia transtoracica - TTE - come primo test negli altri pazienti) definita come: massa intracardiaca fluttuante sulla valvola o sulle strutture di supporto, nel percorso del rigurgito, o su materiale impiantato in assenza di una spiegazione alternativa di tipo anatomico; ascesso; nuova deiscenza parziale di una valvola protesica; nuovo rigurgito valvolare (il peggioramento o la modifica di un murmure pre-esistente non è sufficiente) Criteri minori 1. Predisposizione, condizione cardiaca predisponente, paziente tossicodipendente 2. Febbre, temperatura corporea >38°C 3. Fenomeni vascolari, emboli arteriosi maggiori, infarti settici polmonari, aneurisma micotico, emorragia intracranica, emorragie congiuntivali e lesioni di Janeway 4. Fenomeni immunologici: glomerulonefrite, noduli di Osler, macchie di Roth e fattore reumatoide 5. Evidenza microbiologica: emocoltura positiva che non soddisfa i criteri maggiori riportati sopra* o evidenza sierologica di infezione attiva con patogeno coerente con EI * non comprende emocolture singole positive per Stafilococchi coagulasi-negativi e patogeni che non causano endocardite Ecocardiografia L’esame ecocardiografico rappresenta un test fondamentale per la diagnosi di EI, inserito anche come criterio maggiore dalla Duke University, e dovrebbe essere eseguito in tutti i casi di sospetta EI. Precoce. Eseguire l’ecocardiografia il più precocemente possibile in caso di sospetta EI (<12 dalla valutazione clinica iniziale). TEE preferito, mentre la TTE può essere eseguita per uno screening basale rapido, per l’identificazione dei pazienti a rischio, nei casi a basso sospetto clinico, se la TEE non è immediatamente disponibile e nei bambini (spesso sufficiente). TEE più sensibile di TTE nella rilevazione di vegetazioni ed ascessi, e può offrire una migliore visione dei reperti anomali per confronti successivi. Ripetizione dell’ecocardiografia. Eseguire una TEE dopo TTE positiva il più presto pos- sibile nei pazienti ad alto rischio di complicanze. Ripetere la TEE 7-10 giorni dopo un’iniziale TEE negativa in caso di sospetto di EI senza diagnosi o in caso di decorso clinico preoccupante durante il trattamento precoce della EI. Ecocardiografia intraoperatoria. Pre-operatoria: identificazione delle vegetazioni, meccanismo del rigurgito e della disfunzione valvolare, presenza di ascessi, fistole e pseudoaneurismi. Post-operatoria: conferma dell’avvenuta riparazione delle alterazioni cardiache. Accertamento dell’alterazione valvolare residua: un post-carico elevato è necessario per evitare un’insufficienza valvolare sottostimata o la presenza di un flusso anomalo residuo. Completamento della terapia. Stabilire nuovi livelli basali della funzione valvolare, della morfologia e della funzionalità ventricolare. La TTE è solitamente adeguata; la TEE o la 48 49 revisione della TEE intraoperatoria può essere necessaria in caso di situazione anatomica complessa. Caratteristiche ecocardiografiche che suggeriscono la potenziale necessità di un intervento chirurgico: vegetazioni (persistenti dopo embolizzazione sistemica, vegetazione del lembo mitralico anteriore >10 mm - rischio di embolia, ≥1 evento embolico durante le prime 2 settimane di terapia antibiotica, aumento della dimensione nonostante la terapia antibiotica), alterazione valvolare (insufficienza aortica o mitrale con segni di scompenso cardiaco, insufficienza cardiaca che non risponde alla terapia medica, perforazione o rottura valvolare) ed estensione perivalvolare (deiscenza; rottura o fistola valvolare; nuovo arresto cardiaco; ascesso di grandi dimensioni o estensione dell’ascesso nonostante una terapia antibiotica adeguata). Schemi di terapia antibiotica parenterale per le endocarditi infettive, secondo Terapia delle endocarditi infettive Diversi studi hanno validato la terapia antibiotica in caso di EI. È necessario monitorare la situazione microbiologica della EI in corso di terapia eseguendo emocolture ogni 2472 ore (se quelle iniziali erano positive) fino a negativizzazione: la durata del trattamento raccomandata inizia dal primo giorno di negativizzazione. Nei soggetti che vengono sottoposti ad intervento chirurgico, occorre trattare l’EI come se fosse su valvola protesica. Le associazioni di antibiotici devono assicurare il massimo effetto sinergico nei confronti dei patogeni causali. Anche dal punto di vista terapeutico è infine da ribadire la notevole importanza e frequenza delle batteriemie come causa o comunque in associazione a EI. Batteriemie che, come già sopra evidenziato rappresentano una delle classiche manifestazioni di il tipo di patogeno isolato e la valvola coinvolta (nativa o protesica) Patogeno Farmaco preferenziale e dosaggio Streptococchi viridanti* e S. bovis altamente sensibili alla penicillina (MIC ≤0,12 µg/ml) – Valvola nativa Penicillina G sodica (12-18 MIO U/die ev continua o in 4-6 dosi) o ceftriaxone 2 g ogni 24 ore 4 Penicillina G sodica (12-18 MIO U/die ev continua o in 4-6 dosi) o ceftriaxone 2 g/die in 1 dose + gentamicina 3 mg/kg/die in 1 dose 2 Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi 4 Solo nei pz che non tollerano la penicillina o il ceftriaxone; C di picco = 30-45 µg/ml e valle = 10-15 µg/ml Penicillina G sodica (24 MIO U/die ev continua o in 4-6 dosi) o ceftriaxone 2 g/die in 1 dose + gentamicina 3 mg/kg/die in 1 dose 4 I pazienti con endocarditi causate da ceppi francamente resistenti alla penicillina (MIC >0,5 µg/ml) dovrebbero essere trattati con gli schemi terapeutici raccomandati per le infezioni da Enterococchi (vedi sotto) Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi 4 * S. sanguis, S. mitis, S. salivarius, S. mutans, Gemella spp., S.anginosus, Abiotropha defectiva, Granulicatella spp. Streptococchi viridanti* e S. bovis relativamente resistenti alla penicillina (MIC >0,12 e ≤0,5 µg/ml) – Valvola nativa * S. sanguis, S. mitis, S. salivarius, S. mutans, Gemella spp., S.anginosus, Abiotropha defectiva, Granulicatella spp. Durata della terapia (sett.) Commento Preferita in molti pazienti >65 anni, con alterazione dell’ottavo nervo cranico o con insufficienza renale 4 2 No 2 settimane di terapia per: pz con ascessi cardiaci o extracardiaci noti, clearance creatinina <20 ml/min, alterazione dell’ottavo nervo cranico o nelle infezioni da Gemella, Abiotropha, Granulicatella spp.; se gentamicina in 3 dosi/die: raggiungere C di picco di 3-4 µg/ml e di valle <1 µg/ml 2 4 2 Solo nei pz che non tollerano la penicillina o il ceftriaxone (continua) 50 51 Schemi di terapia antibiotica parenterale per le endocarditi infettive, secondo il tipo di patogeno isolato e la valvola coinvolta (nativa o protesica) Patogeno Farmaco preferenziale e dosaggio Streptococchi viridanti* e S. bovis altamente sensibili alla penicillina (MIC ≤0,12 µg/ml) – Valvola o altro materiale protesico Penicillina G sodica (24 MIO U/die ev continua o in 4-6 dosi) o ceftriaxone 2 g/die in 1 dose con o senza gentamicina 3 mg/kg/die in 1 dose 6 Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi 6 Penicillina G sodica (24 MIO U/die ev continua o in 4-6 dosi) o ceftriaxone 2 g/die in1 dose + gentamicina 3 mg/kg/die in 1 dose 6 Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi 4 Ceppi sensibili alla penicillina: penicillina, cefazolina o ceftriaxone Ceppi resistenti alla penicillina: penicillina ad alte dosi, cefalosporina di terza generazione Vancomicina 4 Nafcillina/oxacillina 12g/die in 4-6 dosi + Aggiunta opzionale di gentamicina 3 mg/kg/die in 2-3 dosi Soggetti allergici alla penicillina 6 * S. sanguis, S. mitis, S. salivarius, S. mutans, Gemella spp., S.anginosus, Abiotropha defectiva, Granulicatella spp. Streptococchi viridanti* e S. bovis resistenti alla penicillina (MIC >0,12 µg/ml) – Valvola o altro materiale protesico * S. sanguis, S. mitis, S. salivarius, S. mutans, Gemella spp., S.anginosus, Abiotropha defectiva, Granulicatella spp. S. pneumoniae, S. pyogenes, Streptococchi gruppi B, C e G (rari) – Valvola o altro materiale protesico Stafilococchi (S. aureus, Stafilococchi coagulasi-negativi*) sensibili alla oxacillina – Valvola nativa * S. epidermidis, S. lugdunensis cefazolina 6 g/die in 3 dosi + Aggiunta opzionale di gentamicina 3 mg/kg/die in 2-3 dosi Durata della terapia (sett.) 6 Commento La penicillina ed il ceftriaxone associate a gentamicina non hanno mostrato una percentuale di guarigione superiore alla monoterapia con penicillina e ceftriaxone in pazienti con ceppi altamente sensibili; gentamicina non dovrebbe essere somministrata nei pazienti con clearance creatinina <30 ml/min 2 Solo nei pz che non tollerano la penicillina o il ceftriaxone 6 6 4 Solo nei pz che non tollerano la penicillina o il ceftriaxone EI + meningite: cefotaxime Solo nei pz che non tollerano la penicillina o il ceftriaxone 3-5 die 6 3-5 die Per EI complicate del cuore destro e EI del cuore sinistro; per EI non complicate del cuore destro, 2 settimane Benefici clinici degli aminoglicosidi non stabiliti Considerare un test cutaneo e anamnesi per ipersensibilità di tipo immediato alla penicillina Le cefalosporine dovrebbero essere evitate in pazienti con ipersensibilità di tipo anafilattoide ai beta-lattamici; usare vancomicina Benefici clinici degli aminoglicosidi non stabiliti (continua) 52 53 Schemi di terapia antibiotica parenterale per le endocarditi infettive, secondo Patogeno Farmaco preferenziale e dosaggio Stafilococchi (S. aureus, Stafilococchi coagulasi-negativi*) resistenti alla oxacillina – Valvola nativa Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi il tipo di patogeno isolato e la valvola coinvolta (nativa o protesica) Durata della terapia (sett.) Commento 6 Aggiustare il dosaggio di vancomicina fino ad ottenere C di picco = 30-45 µg/ml e valle = 10-15 µg/ml Alternative nei pz non tolleranti la vancomicina: cotrimoxazolo, tetracicline (+/- rifampicina), linezolid Nafcillina/oxacillina 12 g/die in 4-6 dosi + Rifampicina 900 mg/die os/ev in 3 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 2-3 dosi ≥6 Penicillina G 24 MIO U/die ev in 4-6 dosi può essere usata al posto di nafcillina/oxacillina se il ceppo è sensibile alla penicillina (MIC ≤0,1 µg/ml) e non produce beta-lattamasi; vancomicina dovrebbe essere usata in pazienti con ipersensibilità di tipo immediato ai beta-lattamici; cefazolina può sostituire nafcillina/oxacillina in pazienti con ipersensibilità di tipo non immediato alle penicilline Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi + Rifampicina 900 mg/die os/ev in 3 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 2-3 dosi ≥6 Ampicillina 12 g/die in 6 dosi o Penicillina G sodica (18-30 MIO U/die ev continua o in 6 dosi) + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 2-3 dosi 4-6 * S. epidermidis, S. lugdunensis Stafilococchi (S. aureus, Stafilococchi coagulasi-negativi*) sensibili alla oxacillina – Valvola protesica ≥6 2 * S. epidermidis, S. lugdunensis Stafilococchi (S. aureus, Stafilococchi coagulasi-negativi*) resistenti alla oxacillina – Valvola protesica Aggiustare il dosaggio di vancomicina fino ad ottenere C di picco = 30-45 µg/ml e valle = 10-15 µg/ml ≥6 2 * S. epidermidis, S. lugdunensis Enterococchi (E. faecalis, E. faecium) sensibili a penicillina, gentamicina e vancomicina – Valvola nativa o protesica 4-6 4-6 6 6 Valvola nativa: raccomandate 4 settimane di terapia nei pazienti con durata dei sintomi ≤3 mesi; 6 settimane di terapia nei pazienti con durata dei sintomi >3 mesi Valvola o altri materiali protesici: si raccomanda un minimo di 6 settimane di terapia Solo nei pz che non tollerano la penicillina o l’ampicillina Si raccomanda una terapia di 6 settimane con vancomicina a causa della ridotta attività sugli Enterococchi (continua) 54 55 Schemi di terapia antibiotica parenterale per le endocarditi infettive, secondo il tipo di patogeno isolato e la valvola coinvolta (nativa o protesica) Patogeno Farmaco preferenziale e dosaggio Enterococchi (E. faecalis, E. faecium) sensibili a penicillina, streptomicina e vancomicina e resistenti a gentamicina – Valvola nativa o protesica Ampicillina 12 g/die in 6 dosi o 4-6 Penicillina G sodica (24 MIO U/die ev continua o in 6 dosi) + streptomicina 15 mg/kg/die in 2 dosi Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi + streptomicina 15 mg/kg/die in 2 dosi 4-6 Enterococchi (E. faecalis, E. faecium) sensibili ad aminoglicosidi e vancomicina e resistenti a penicillina; beta-lattamasi produttori – Valvola nativa o protesica Durata della terapia (sett.) 4-6 6 Commento Valvola nativa: raccomandate 4 settimane di terapia nei pazienti con durata dei sintomi ≤3 mesi; 6 settimane di terapia nei pazienti con durata dei sintomi >3 mesi Valvola o altri materiali protesici: si raccomanda un minimo di 6 settimane di terapia Solo nei pz che non tollerano la penicillina o l’ampicillina 6 Ampicillina/sulbactam 12 g/die in 4 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi 6 Enterococchi (E. faecalis, E. faecium) sensibili ad aminoglicosidi e vancomicina e resistenti a penicillina; resistenza intrinseca alla penicillina – Valvola nativa o protesica Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi 6 E. faecium resistente a penicillina, aminoglicosidi e vancomicina – Valvola nativa o protesica Linezolid 1200 mg/die ev/os in 2 dosi o quinupristin/dalfopristin 22,5 mg/kg/die in 3 dosi ≥8 E. faecalis resistente a penicillina, aminoglicosidi e vancomicina – Valvola nativa o protesica Imipenem/cilastatina 2 g/die in 4 dosi + Ampicillina 12 g/die in 6 dosi o Ceftriaxone 4 g/die in 2 dosi + Ampicillina 12 g/die in 6 dosi ≥8 6 6 È improbabile che i ceppi saranno sensibili alla gentamicina; se il ceppo è resistente a gentamicina, saranno necessarie >6 settimane di terapia con ampicillina/sulbactam Solo nei pz che non tollerano ampicillina/sulbactam 6 Si raccomanda di consultare l’Infettivologo 6 ≥8 Si raccomanda di consultare l’Infettivologo, il Cardiologo, il Cardiochirurgo (può essere necessaria la sostituzione valvolare) e il Microbiologo. % cura: <50%. Grave ma reversibile neutropenia possibile con linezolid, specialmente dopo 2 settimane di terapia. Quinupristin/dalfopristin attivo solo su E. faecium e può causare gravi mialgie, che possono richiedere l’interruzione del trattamento. Pochi pz trattati con imipenem + ampicillina o ceftriaxone + ampicillina Si raccomanda di consultare l’Infettivologo, il Cardiologo, il Cardiochirurgo e il Microbiologo ≥8 ≥8 ≥8 (continua) 56 57 Schemi di terapia antibiotica parenterale per le endocarditi infettive, secondo Patogeno Farmaco preferenziale e dosaggio Gruppo HACEK (Haemophilus parainfluenzae, H. aphrophilus, H. paraphrophilus, H. influenzae, Actinobacillus actinomycetemcomitans, Cardiobacterium hominis, Eikenella corrodens, Kingella kingae, e K. denitrificans) – Valvola nativa o protesica Ceftriaxone 2 g/die in 1 dose o Ampicillina/sulbactam 12 g/die in 4 dosi o Ciprofloxacina 1000 mg/die os o 800 mg/die ev in 2 dosi Gram– – Valvola nativa o protesica Enterobatteri (Salmonella, E. coli, S. marcescens, Klebsiella) P. aeruginosa il tipo di patogeno isolato e la valvola coinvolta (nativa o protesica) Durata della terapia (sett.) 4 Schemi di terapia antibiotica parenterale per endocarditi da bartonella e per 4 Solo in pz che non tollerano cefalosporine o ampicillina; anche levofloxacina, gatifloxacina e moxifloxacina; non sono raccomandati nei pazienti <18 anni. I pazienti con valvole o altri materiali protesici devono essere trattati per 6 settimane Cicli lunghi di antibioticoterapia ed intervento chirurgico Cicli lunghi di antibioticoterapia ed intervento chirurgico endocarditi infettive con coltura negativa Patogeno Farmaco preferenziale e dosaggio Sospetta Bartonella, coltura negativa Ceftriaxone 2 g/die in 1 dose + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi +/doxiciclina 200 mg/die ev/os in 2 dosi 6 Doxiciclina 200 mg/die ev/os in 2 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi 6 Bartonella documentata, coltura positiva Possono essere usati anche cefotaxime o un’altra cefalosporina di III o IV generazione 4 Penicilline o cefalosporine ad ampio spettro + aminoglicosidi Tobramicina + penicillina ad ampio spettro (ticarcillina, piperacillina o azlocillina) o ceftazidime o cefepime Penicillina N. gonorrhoeae Commento Durata della terapia (sett.) Commento I pazienti con endocardite da Bartonella dovrebbero essere trattati in collaborazione con l’Infettivologo 2 6 Se gentamicina non può essere somministrata, allora sostituirla con rifampicina 600 mg/die ev/os in 2 dosi 2 (continua) 58 59 Schemi di terapia antibiotica parenterale per endocarditi da bartonella e per Tipo di valvola Farmaco preferenziale e dosaggio Valvola nativa Ampicillina/sulbactam 12 g/die in 4 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi + Ciprofloxacina 1000 mg/die os o 800 mg/die ev in 2 dosi Vancomicina 30 mg/kg/die in 2 dosi + gentamicina 3 mg/kg/die in 3 dosi + cefepime 6 g/die in 3 dosi + rifampicina 900 mg/die os/ev in 3 dosi Valvola protesica (infezione precoce, ≤1 anno) endocarditi infettive con coltura negativa Durata della terapia (sett.) 4-6 4-6 4-6 I pazienti con endocardite con coltura negativa dovrebbero essere trattati in collaborazione con l’Infettivologo Solo nei pz che non tollerano le penicilline 4-6 4-6 6 2 6 6 6 Valvola protesica (infezione tardiva, >1 anno) Commento Stessi schemi terapeutici precedenti con l’aggiunta di rifampicina Schemi di terapia antibiotica per endocarditi infettive da funghi Patogeno Farmaco preferenziale e dosaggio Funghi (Candida, Aspergillus) Amfotericina B Durata della terapia (sett.) ≥6 Commento Patologia rara, correlata a protesi cardiache e CVC. Elevata mortalità (80%). Terapia antifungina + intervento chirurgico Dosaggi pediatrici dei farmaci riportati nelle tabelle da pagina 46 a pagina 57: penicillina G 200.000300.000 U/kg/die in 4-6 dosi; ceftriaxone 100 mg/kg/die in 1-2 dosi; gentamicina 3 mg/kg/die in 1 o 3 dosi; vancomicina 40 mg/kg/die in 2-3 dosi; nafcillina/oxacillina 200 mg/kg/die in 4-6 dosi; cefazolina 100 mg/kg/die in 3 dosi; rifampicina 20 mg/kg/die ev/os in 2-3 dosi; ampicillina 300 mg/kg/die in 4-6 dosi; streptomicina 20-30 mg/kg/die in 2 dosi; ampicillina/sulbactam 300 mg/kg/die in 4 dosi; linezolid 30 mg/kg/die ev/os in 3 dosi; quinupristin/dalfopristin 22,5 mg/kg/die in 3 dosi; imipenem/cilastatina 60-100 mg/kg/die in 4 dosi; ciprofloxacina 20-30 mg/kg/die ev/os in 2 dosi; cefepime 150 mg/kg/die in 3 dosi; doxiciclina 2-4 mg/kg/die ev/os in 2 dosi 60 61 Gestione dei pazienti durante e al termine del trattamento Prima o al termine del trattamento • TTE per stabilire la nuova situazione basale • Disintossicazione da droga per i pazienti tossicodipendenti • Programma educazionale del paziente sui segni di endocardite e sulla necessità della profilassi antibiotica per alcune procedure dentarie/chirurgiche/invasive • Accurata valutazione e trattamento odontoiatrico se non già eseguito • Rimozione repentina di cateteri endovenosi al termine della terapia antibiotica Follow-up a breve termine • In caso di qualsiasi malattia febbrile (febbre, brividi e segni di tossicità sistemica), prelievo di 3 set distinti di sangue periferico prima di iniziare il trattamento antibiotico • Esame clinico per valutare la cardiopatia congestizia • Valutazione dell’eventuale tossicità delle attuali/precedenti terapie antibiotiche Follow-up a lungo termine • In caso di qualsiasi malattia febbrile (febbre, brividi e segni di tossicità sistemica), prelievo di 3 set distinti di sangue periferico prima di iniziare il trattamento antibiotico • Valutazione della funzionalità valvolare e ventricolare (ecocardiografia) • Igiene orale scrupolosa e frequenti visite odontoiatriche Osler e rappresentano uno dei criteri maggiori di Duke per la diagnosi di EI. Pertanto, se in caso di batteriemia non complicata, le linee guida della BSAC per la profilassi e il trattamento delle infezioni da MRSA raccomandano fortemente un approccio terapeutico rappresentato da un trattamento con linezolid o glicopeptidi della durata minima di 14 giorni, altrettanto fortemente raccomandano un trattamento che deve risultare decisamente più prolungato nel caso il paziente sia ad alto rischio per EI. zione delle vegetazioni) deve considerare le alterazioni valvolari e delle strutture circostanti. Rischio di embolizzazione. Emboli settici: 22-50% dei casi, nel polmone, coronarie, milza, intestino, arti e sistema nervoso centrale. L’individuazione dei pazienti a rischio di embolia è difficile: probabilmente vegetazioni più grandi sono più a rischio di embolia, anche se ciò dipende anche dal patogeno causale. Tradizionalmente, l’indicazione per la chirurgia valvolare allo scopo di evitare l’embolizzazione è dopo ≥2 eventi embolici maggiori. Scoagulazione. Nonostante l’indicazione a continuare la terapia anticoagulante nei pazienti con protesi valvolare meccanica, si consiglia di sospenderla in pazienti con EI su valvola protesica da S. aureus con un recente evento embolico a livello del SNC per almeno le prime 2 settimane di trattamento. Estensione perianulare dell’infezione. 10-50% valvola nativa; 56-100% valvola protesica. Correlata ad un aumento della mortalità. Essenziale l’intervento chirurgico per eradicare l’infezione e correggere le anomalie emodinamiche. Ascesso splenico. Raro, da embolia settica, specialmente da germi Gram+. In genere asintomatico, viene diagnosticato con esami radiologici (CT o RMN). In caso di ascessi splenici, splenectomia + trattamento antibiotico. Aneurisma micotico. Raro, da embolizzazione settica nei vasa vasorum o nello spazio intraluminale. Intracranico (elevata mortalità, asintomatico o con sintomi neurologici, diagnosi per immagini, terapia medica e/o chirurgica) o extracranico (intratoracico o intra-addominale, spesso asintomatici fino a rottura. Interventi chirurgici di escissione o legatura + terapia antimicrobica a lungo termine per via orale nei pazienti ad alto rischio di recidiva). Complicanze e loro trattamento Terapia chirurgica. La decisione riguardo all’intervento deve essere individualizzata sul singolo paziente. Intervento immediato: pazienti con insufficienza cardiaca, infezioni fungine, EI da batteri multiresistenti, EI del cuore sinistro da Gram–, infezioni persistenti dopo >1 settimana di terapia, ≥1 evento embolico durante le prime 2 settimane di terapia. Intervento chirurgico raccomandato: reperti ecocardiografici significativi (rottura, perforazione o deiscenza valvolare, ascessi estesi, grosse vegetazioni, ecc). Insufficienza cardiaca congestizia. Impatto notevole sulla prognosi. La patologia può essere acuta (rottura o perforazione di valvola, ostruzione da grossa vegetazione) o subacuta (progressiva insufficienza valvolare). Essenziale la valutazione ecocardiografica (valvole e parete ventricolare). La terapia chirurgica (sostituzione o riparazione valvolare, asporta62 63 POSOLOGIE DEI FARMACI ANTIBATTERICI PIÙ UTILIZZATI NELLE LINEE GUIDA CITATE Farmaco Posologia giornaliera nel paziente adulto Acido fusidico Amikacina Amoxicillina/clavulanato Os: 500 mg os ogni 8 ore 15-20 mg/kg ev ogni 24 ore Os: 1 g ogni 8-12 ore Ev: 1,2-2,2 g ogni 8 ore 1-2 g ogni 4-6-8 ore 1,5-3 g ogni 6-8-12 ore 500 mg ogni 24 ore 1-2 g ogni 6-8 ore 0,5-1 g ogni 6-12 ore 1-3 g ogni 8-12 ore 1-2 g ogni 8-12 ore 1-2 g ogni 8 ore 1-2 g ogni 8-12 ore (fino a 2 g ogni 4 ore) 1-2 g ogni 8-12 ore 1-2 g ogni 24 ore (fino a 4 g ogni 24 ore) Im: 1,5-3 g/die in 2-4 dosi; Ev: 2-6 g/die Os: 500-750 mg ogni 12 ore Ev: 200-400 mg ogni 8-12 ore 500 mg ogni 12 ore Os: 300-450 mg ogni 6-8 ore Ev: 600-900 mg ogni 8-12 ore Os:800/160 mg ogni 12 ore Ev: 1200 mg/die 4 mg/kg ogni 24 ore 100 mg ogni 12-24 ore 250 mg ogni 6 ore 250-500 mg ogni 6 ore 1 g ogni 24 ore 0,5-1 g ogni 6-8 ore 3-7 mg/kg ogni 24 ore 0,5 g ogni 6-8 ore – 1 g ogni 8 ore Os: 500 mg ogni 12-24 ore Ev: 500 mg ogni 12-24 ore Ampicillina Ampicillina/sulbactam Azitromicina Aztreonam Cefalessina Cefazolina Cefepime Cefoxitina Cefotaxime Ceftazidime Ceftriaxone Cefuroxime Ciprofloxacina Claritromicina Clindamicina Cotrimossazolo Daptomicina Doxiciclina Dicloxacillina Eritromicina Ertapenem Flucloxacillina Gentamicina Imipenem cilastatina Levofloxacina 64 Farmaco Posologia giornaliera nel paziente adulto Linezolid Meropenem Metronidazolo Moxifloxacina Nafcillina Netilmicina Oxacillina Penicillina G sodica Piperacillina/tazobactam Quinupristin/dalfopristin Rifampicina Streptomicina Teicoplanina Tobramicina Ticarcillina clavulanato Tigeciclina Vancomicina Ev/os: 600 mg ogni 12 ore 0,5-1 g ogni 8-12 ore Ev/os: 500 mg ogni 6-8 ore Ev/os: 400 mg ogni 24 ore 2 g ogni 4-6-8 ore 5-7 mg/kg ogni 24 ore 2 g ogni 4-6-8 ore 12-30 MIO/U/die ec continua o in 4-6 dosi 2,25-4,5 g ogni 6-8-12 ore 7,5 mg/kg ogni 8 ore 450-600 mg ogni 12 ore 7 mg/kg ogni 12 ore 6-12 mg/kg ogni 24 ore* 5-7 mg/kg ogni 24 ore 3 g ogni 4-6 ore 50 mg ogni 12 ore 15 mg/kg ogni 12 ore * ogni 12 ore per 3 volte (dose da carico) e successivamente ogni 24 ore Alcuni dei farmaci elencati non sono in commercio in Italia. Per le indicazioni autorizzate ed i dosaggi consigliati in Italia, fare riferimento al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di ciascun farmaco. 65 BIBLIOGRAFIA CONSULTATA INFEZIONI COMUNITARIE DA GRAM POSITIVI Nathwani D. Morgan M. Masterton R.G. et al. Guidelines for UK practice for the diagnosis and management of methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) infections presenting in the community. J Antimicrob Chemother 2008; 61: 976-994 Gemmell G.C. Edwards D.I. Fraise A.P. et al. Guidelines for the prophylaxis and treatment of methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) infections in the UK J Antimicrob Chemother 2006; 57: 589-608 POLMONITE ACQUISITA IN COMUNITÀ Mandell L.A. Wunderink R.G. Anzueto A. Infectious Diseases Society of America/American Thoracic Society Consensus Guidelines on the Management of Community-Acquired Pneumonia in Adults Clin Infect Dis 2007; 44: S27-72 POLMONITE ACQUISITA IN AMBITO OSPEDALIERO (NOSOCOMIALE) Masterton R.G. Galloway A. French G. et al. Guidelines for the management of hospital-acquired pneumonia in the UK: Report of the Working Party on Hospital-Acquired Pneumonia of the British Society for Antimicrobial Chemotherapy J Antimicrob Chemother 2008; 62: 5-34 American Thoracic Society Documents Guidelines for the Management of Adults with Hospital-acquired, Ventilator-associated, and Healthcare-associated Pneumonia Am J Respir Crit Care Med 2005; 171: 388-416 67 INFEZIONI DELLA CUTE E DEI TESSUTI MOLLI Infezioni della cute e dei tessuti molli superficiali Gemmell G.C. Edwards D.I. Fraise A.P. et al. Guidelines for the prophylaxis and treatment of methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) infections in the UK J Antimicrob Chemother 2006; 57: 589-608 Stevens D.L. Bisno A.L. Chambers H.F. et al. Practice Guidelines for the Diagnosis and Management of Skin and Soft-Tissue Infections Clin Infect Dis 2005; 41:1373-406 Infezioni della cute e dei tessuti molli profonde Lipsky B.A. Berendt A.R. Deery H.G. et al. Diagnosis and Treatment of Diabetic Foot Infections Clin Infect Dis 2004; 39: 885-910 Infezioni da catetere Gemmell G.C. Edwards D.I. Fraise A.P. et al. Guidelines for the prophylaxis and treatment of methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) infections in the UK J Antimicrob Chemother 2006; 57: 589-608 Mermel L.A. Farr B.M. Sherertz R.J. Guidelines for the Management of Intravascular Catheter–Related Infections Clin Infect Dis 2001; 32:1249-72 BATTERIEMIE DA GRAM POSITIVI Baddour L.M. Wilson W.R. Bayer A.S. et al. Infective Endocarditis: Diagnosis, Antimicrobial Therapy, and Management of Complications: A Statement for Healthcare Professionals From the Committee on Rheumatic Fever, Endocarditis, and Kawasaki Disease, Council on Cardiovascular Disease in the Young, and the Councils on Clinical Cardiology, Stroke, and Cardiovascular Surgery and Anesthesia, American Heart Association: Endorsed by the Infectious Diseases Society of America Circulation 2005; 111; e394-e434 Gemmell G.C. Edwards D.I. Fraise A.P. et al. Guidelines for the prophylaxis and treatment of methicillin-resistant Staphylococcus aureus (MRSA) infections in the UK J Antimicrob Chemother 2006; 57: 589-608 68 Edito da: Springer-Verlag Italia Srl