1 1.2.1 - Segnali analogici e digitali Si definisce analogico un

1.2.1 - Segnali analogici e digitali
Si definisce analogico un segnale che può assumere infiniti valori nel campo di variabilità del segnale stesso (fig.
1.4a).
I segnali analogici sono così denominati poiché nel rappresentare una grandezza di origine, come ad es. un suono,
variano seguendo l’andamento di quest’ultima, ovvero « in analogia » con essa.
Si definisce digitale (dall’inglese digit, cifra), o numerico, un segnale che può assumere solo un numero limitato
di valori (fig. 1.4b); un caso particolare si ha quando i valori possibili sono due: in tal caso si parla di segnale digitale binario (fig. 1.4c).
I segnali digitali o numerici sono così definiti in quanto idonei a rappresentare sequenze di cifre associate ai possibili livelli. Il segnale di fig. 1.4b può essere interpretato come la sequenza 1 - 2 - 3 - 0 - 2 - ...; il segnale di fig.
1.4c può essere interpretato come la sequenza 1 - 0 - 1 - 1 - 0 - … le cui cifre, per la caratteristica che hanno di poter assumere solo due valori, sono dette cifre binarie o bit (contrazione di binary digit).
v1(t)
t
campo di
variabilità
v2(t)
v3(t)
V3
V2
V1
V0
V1
t
(a)
V0
(b)
t
(c)
Fig. 1.4 - (a) Segnale analogico; (b) segnale digitale; (c) segnale digitale binario.
1.2.3 - Segnali periodici e aperiodici
Un segnale v(t) è definito periodico se per qualsiasi istante t si ha
(1.1)
v(t) = v(t + T)
dove la costante T, denominata periodo, è il più piccolo intervallo di tempo che realizza tale condizione; in parole
povere ciò significa che il segnale in questione si ripete a intervalli di durata T (fig. 1.9). L’insieme di valori che il
segnale assume in un intervallo T è detto ciclo.
I cicli di un segnale periodico, così come il valore del periodo T, possono essere individuati a partire da un istante
qualsiasi, e cioè partendo da un punto qualsiasi dell’asse t. I segnali che non presentano periodicità nel tempo sono
detti aperiodici.
v(t)
ciclo
t
t1 + T
t1
T
T
T
Fig. 1.9 - Segnale periodico.
Il numero di cicli che il segnale compie nell’unità di tempo è detto frequenza. Il valore della frequenza f si
ottiene dividendo l’unità di tempo per la durata T di ciascun ciclo:
1
(1.2)
f =
1
T
Se l’unità di tempo utilizzata è il secondo, la frequenza risulterà misurata in cicli al secondo, e cioè in Hertz (Hz):
(1.3)
1 Hz = 1 ciclo/s
Se si conosce la frequenza di un segnale periodico è possibile calcolarne il periodo mediante la relazione inversa
alla 1.2:
(1.4)
T=
1
f
2.2 - Informazione
L’oggetto di una comunicazione a distanza è indicato comunemente con il termine generico di informazione; il trasferimento di informazione implica un messaggio, il cui contenuto sia in grado di cambiare il grado di
incertezza di chi lo riceve riguardo a determinati aspetti della realtà.
Guardando ad es. un telegiornale, lo spettatore acquisisce una serie di informazioni che modifica il suo grado di
conoscenza su vari elementi: fatti, luoghi e circostanze, ma anche identità e voce dello speaker, arredamento dello
studio, ecc.
Per quanto riguarda la natura dei messaggi informativi, si deve osservare che quasi sempre i destinatari di
un sistema di comunicazione sono esseri umani, la cui capacità di acquisire conoscenza è basata principalmente
sui sensi della vista e dell’udito;
per tale motivo, la maggior parte dei sistemi di telecomunicazioni è destinato alla trasmissione di immagini fisse o
in movimento e suoni, nonché di informazioni codificate in immagini e/o suoni, classificate con il generico termine di dati. I dispositivi atti a trasformare i diversi tipi di informazione dalla forma fisica originaria a quella elettrica, e viceversa, sono denominati trasduttori; la relativa operazione è definita trasduzione (fig. 2.3).
v(t)
t
Fig. 2.3 - Trasduzione.
Il flusso informativo trasferito da un sistema di comunicazione può essere di un’unica natura o costituito
dall’unione di diversi tipi di informazione; nel primo caso si parla di comunicazioni monomediali, ovvero che utilizzano un unico « medium », cioè mezzo (di comunicazione), come avviene nell’utilizzo del telefono o del Televideo, mentre nel secondo si parla di comunicazioni multimediali, ovvero che utilizzano molti « media », come
avviene nell’utilizzo della TV o nella navigazione di siti web.
2.2.1 - Informazione audiovisiva
Le grandezze fisiche che determinano il contenuto di una immagine corrispondono alla intensità e colore
della luce emessa da ciascun punto dell’immagine (fig. 2.4a); se tali caratteristiche sono variabili nel tempo, ne
risulta un’immagine in movimento (fig. 2.4b). La grandezza fisica associata ad un suono consiste invece nella variazione nel tempo, rispetto al valore a riposo, della pressione presente in un mezzo elastico (fig. 2.4c). Poiché le
grandezze fisiche associate ad immagini e suoni possono variare con continuità entro il loro campo di definizione,
l’informazione audiovisiva ha una natura originaria di tipo analogico.
2
intensità e colore della luce variano nello spazio
intensità e colore della luce variano nello spazio e nel tempo
la pressione varia nel tempo
Fig. 2.4 - Natura dell’informazione audiovisiva e relativa trasduzione in forma elettrica.
Per trasmettere a distanza un’immagine fissa, risulta necessario utilizzare un opportuno dispositivo che,
mediante una scansione, ne trasformi il contenuto in un segnale elettrico variabile nel tempo (fig. 2.4a1); analogamente un’immagine in movimento deve essere trasformata, ad es. mediante una videocamera, in un segnale video
variabile nel tempo, che rappresenti una sequenza di immagini (quadri) distanziate da un piccolo intervallo temporale (fig. 2.4b). Nel caso di un suono la trasduzione è più semplice, poiché è sufficiente produrre, mediante un microfono, un segnale audio avente lo stesso andamento di quello acustico (fig. 2.4c). Mediante i segnali elettrici
rappresentati in fig. 2.4, le informazioni audiovisive possono essere trasmesse ad un ricevitore remoto, dove solitamente sono riportate nella forma originaria da opportuni trasduttori inversi (fig. 2.5).
Fig. 2.5 - Trasduzione inversa di segnali elettrici di tipo audiovisivo.
1
La figura è puramente concettuale. Sebbene siano esistiti dispositivi atti alla trasduzione di immagini in formato analogico, si deve osservare che attualmente qualsiasi dispositivo di scansione fornisce una rappresentazione digitale
dell’immagine; le modalità della conversione saranno brevemente esaminate in un successivo paragrafo.
3
2.2.2 - Dati
La generica categoria dei dati include qualsiasi messaggio definito da una sequenza di simboli, il cui insieme di appartenenza, numericamente limitato, è denominato alfabeto o codice.
L’alfabeto utilizzato può essere più o meno ampio, e dipende dal tipo di informazione e dal metodo di codifica,
come esemplificato in tab. 2.1.
dato
alfabeto
testo scientifico
a-…-z-A-…-Z-0-…-9-,-;-…-α-…-ω-Α-…-Ω
romanzo
a-…-z-A-…-Z-0-…-9-,-;-…
risultato della schedina2 1 - X - 2
Tab. 2.1 - Esempi di codifica dati.
Un certo dato può essere rappresentato fisicamente nelle forme più diverse, e in particolare su carta, microfilm, supporto magneto-ottico o altro; in genere, essendo memorizzato su un supporto, rappresenta
un’informazione che non varia nel tempo. Ai fini della comunicazione a distanza, è necessario rappresentare il dato da trasferire mediante un segnale elettrico variabile nel tempo; concettualmente parlando, il modo più semplice
di realizzare tale operazione consiste nell’associare un certo valore di tensione a ogni particolare simbolo
dell’alfabeto. Poiché l’insieme dei simboli è limitato, il dato è rappresentato mediante un segnale digitale, la cui
trasmissione realizza il trasferimento del dato stesso (fig. 2.6).
sequenza
di
simboli
v(t)
sequenza
di
simboli
segnale digitale
t
Fig. 2.6 - Trasmissione di un dato.
Per assicurare la corretta sincronizzazione tra dispositivi trasmittenti e riceventi, è necessario che ciascuna
segnalazione (livello corrispondente ad un simbolo) abbia identica durata, in modo tale che il ricevitore possa leggere il contenuto del messaggio con una cadenza costante; pertanto il segnale digitale corrispondente a una certa
sequenza di simboli deve essere discontinuo nel tempo (fig. 2.7).
v(t)
1-X-1-2-X-X-1-1-2-X-1-1-X-2
1
X
2
1
X 1
2 X X
1
1
2
X 1
1
X
2
t
Fig. 2.7 - Rappresentazione di 14 risultati calcistici mediante un segnale elettrico sincrono.
Sebbene sia plausibile rappresentare e trasmettere un dato a N simboli mediante un segnale a N livelli, tale metodo
è operativamente inapplicabile, in quanto manca di universalità (diversi dati hanno alfabeti con diverso numero di
simboli), e implicherebbe, ove il numero di simboli fosse molto alto, complessità circuitali inaccettabili e ridotta
distanza tra i livelli con conseguente difficoltà di riconoscimento da parte del ricevitore. Per tale motivo, la trasmissione a distanza di un dato in forma elettrica si basa sulla codifica binaria, che, nella modalità più semplice,
avviene mediante la seguente procedura:
−
viene determinato un numero n di bit da associare a ciascun simbolo, salvaguardando che il numero delle possibili combinazioni 2n sia maggiore o uguale a quello dei simboli dell’alfabeto;
2
Si dovrebbe includere anche la possibilità di partita sospesa o non giocata; per semplificità ometteremo di considerare
tale eventualità.
4
−
−
a ogni simbolo dell’alfabeto viene associata una sequenza di cifre binarie (fig. 2.8a), in modo tale da codificare l’intero messaggio con una serie di bit (fig. 2.8b);
la sequenza di bit ottenuta viene rappresentata mediante un segnale digitale binario discontinuo nel tempo
(fig. 2.8c), la cui trasmissione realizza il trasferimento del dato.
Tale metodo rende i sistemi di trasmissione dati universali, poiché qualsiasi tipo di dato viene codificato in forma
binaria; oltre a ciò, assicura la minore complessità circuitale possibile e la massima affidabilità, dato che i dispositivi si trovano ad operare con il più semplice segnale digitale esistente, e cioè quello a due livelli.
simbolo
1
X
2
codifica binaria
00
01
10
(a)
(b)
(c)
v(t)
1
1X12XX112X11X2
00-01-00-10-01-01-00-00-10-01-00-00-01-10
t
0
1
X 1
2
X X 1 …
Fig. 2.8 - Rappresentazione binaria di un dato.
Per quanto riguarda la trasduzione di un dato in forma elettrica, il metodo più diffuso consiste nella scrittura tramite un dispositivo di elaborazione dotato di tastiera; ad es., questo testo è stato digitato dall’autore, memorizzato su memoria di massa e trasmesso per posta elettronica all’editore. Alternativamente è possibile, per
mezzo di software specifici, estrarre un testo da una pagina stampata scansionandola, o anche trasformare in un
testo il contenuto di un segnale vocale. La trasduzione inversa, da segnale elettrico a dato percepibile, avviene
normalmente mediante un display, un monitor o un dispositivo di stampa, anche se esistono metodi di sintesi vocale, utilizzati in ambiti specifici. La fig. 2.9 rappresenta schematicamente i sistemi descritti.
2.2.4 - Degradazione
Nel corso del trasferimento attraverso un sistema di comunicazione, i segnali in gioco subiscono alterazioni di vario tipo e aventi cause diverse, per cui si verifica una progressiva dissomiglianza tra l’andamento del
segnale trasmesso all’origine del sistema e quello dei segnali prodotti dalla propagazione dello stesso in punti via
via più lontani (fig. 2.12). Tale diversità, le cui cause e modalità saranno discusse in successivi approfondimenti,
può essere genericamente indicata come degradazione del segnale; il modo in cui la degradazione del segnale determini la perdita di contenuto informativo dipende dalle caratteristiche del segnale e in particolare, come vedremo, dal formato analogico o digitale dello stesso.
v’’(t)
v’(t)
v(t)
t
origine
t
sistema di comunicazione
t
destinazione
Fig. 2.12 - Degradazione della forma d’onda del segnale durante la propagazione.
2.3 - Cenni sulla codifica numerica audio-video
E’ sotto gli occhi di tutti come il progressivo aumento delle potenzialità messe a disposizione dalle tecnologie digitali, a costi sempre più favorevoli, abbia determinato la crescente affermazione delle tecniche che prevedono la digitalizzazione dell’informazione analogica (conversione analogico-digitale o A/D), la successiva trasmissione o memorizzazione in forma numerica (serie di bit), e infine la riconversione nell’informazione analogica di partenza (conversione digitale-analogico o D/A). Le tecniche di codifica numerica, numerose e in molti casi
5
complesse, sono accomunate dalla seguente considerazione di carattere generale:
Le tecniche di conversione A/D devono realizzare
un passaggio dal mondo infinito analogico al
mondo finito digitale. Tale trasformazione implica
un’approssimazione che però, pur essendo inevitabile, può essere resa piccola a piacere nei limiti
del progresso tecnologico.
I segnali analogici variano con continuità nel
tempo e nel loro campo di definizione
Qualsiasi informazione deve essere codificata
con un numero finito di bit
La tab. 2.4 illustra schematicamente questa osservazione; la sua comprensione deve essere integrata con i successivi paragrafi, in cui sono esaminate alcune procedure di base nell’ambito delle codifiche numeriche.
∞
grandezza analogica
suono
immagine fissa
conversione A/D
istanti di tempo
campionamento
valori di pressione
suddivisione del campo di variabilità in fasce
punti dello spazio
suddivisione dello spazio in un reticolo
gradazioni di colore
riduzione del numero di colori
istanti di tempo
immagine in movimento
passaggio
da infinito
a finito
successione di fotogrammi
punti dello spazio
suddivisione dello spazio in un reticolo
gradazioni di colore
riduzione del numero di colori
Tab. 2.4 - Codifica dell’informazione analogica con un numero finito di bit.
2.3.1 - Frequenza di cifra
Abbiamo visto (vedi par. 2.2.2) come un segnale informativo digitale debba essere necessariamente discontinuo nel tempo ed inoltre, per motivi pratici, di tipo binario; esamineremo pertanto segnali costituiti da sequenze di bit b1, b2, ecc., ovvero di segnalazioni aventi la medesima durata Tbit, e rappresentanti con il loro andamento la sequenza di cifre 0 e 1 che costituisce in contenuto informativo del segnale. Il modo più semplice (ma
non l’unico) per trasmettere una sequenza binaria, consiste nel generare un segnale a due valori, ognuno dei quali
corrispondente alla cifra binaria 0 o 1, come raffigurato in fig. 2.13a. Un metodo alternativo, ma più complesso, di
rappresentare la medesima sequenza binaria, è raffigurato in fig. 2.13b.
v2(t)
v1(t)
0
b1 b2 b3 b4
0
b5 b6 b7
t
1
0 1 1
0 1 0
1
t
b1 b2 b3 b4
t
t
1
t
Tbit
b5 b6 b7
t
1
Tbit
(a)
0 1 1
0 1
0
(b)
Fig. 2.13 - Segnali digitali binari.
Dividendo l’unità di tempo per la durata di ciascun bit, si ottiene il numero di cifre binarie fk trasmesse
mediante il segnale nell’unità di tempo:
(2.1)
fk =
1
Tbit
6
Tale quantità è detta frequenza di cifra, o bit rate, del segnale binario. La frequenza di cifra si misura in bit/s (bit
al secondo) o bps (bit per second) e relativi multipli.
E’ opportuno sottolineare che nell’ambito delle telecomunicazioni i multipli si esprimono con le comuni convenzioni (1 kbit/s = 103 bit/s, 1 Mbit/s = 106 bit/s, ecc.), e non mediante le convenzioni informatiche (1 kbit = 1024
bit, 1 Mbit = 10242 bit, ecc.). Per passare dalla frequenza di cifra alla velocità di trasmissione in byte (contrazione
di binary octete, 1 B = 8 bit) al secondo, che indicheremo con fkB, è sufficiente dividere o moltiplicare per 8:
f kB =
(2.2)
fk
8
f k = 8 f kB
Naturalmente, nota la frequenza di cifra di una trasmissione binaria, la durata di un bit è determinata dalla relazione inversa alla 2.1
1
(2.3)
Tbit =
fk
2.3.2 - Codifica audio
Una tecnica molto comune utilizzata per la conversione analogico-digitale di un segnale audio è la codifica PCM (Pulse code Modulation). Tale tecnica prevede un’operazione, denominata campionamento, in cui viene
rilevato il valore del segnale analogico ad intervalli regolari; a ogni valore letto (campione) viene associata una
certa sequenza di n bit, dipendente dalla fascia di appartenenza del suo livello di tensione (fig. 2.14a).
L’intervallo di tempo che distanzia i diversi campioni è detto periodo di campionamento; dividendo l’unità di
tempo per il periodo di campionamento si ottiene il numero di campioni considerati nell’unità di tempo, e cioè la
frequenza di campionamento, espressa solitamente in Hz, ovvero in cicli (di campionamento) al secondo. In ricezione il flusso di cifre binarie ricevuto viene riconvertito, con un procedimento inverso, in un segnale analogico
simile all’originale (fig. 2.14b).
v(t)
v’(t)
11
campo di
variabilità
10
t
01
00-11-11-10-…
1
2
3
t
4 …
00
1
2 3 4 …
istanti di campionamento
(a)
(b)
Fig. 2.14 - Codifica PCM a 2 bit e 4 livelli. (a) Segnale origine; (b) segnale destinazione.
Per motivi grafici, la fig. 2.14 rappresenta una codifica a soli 2 bit e 4 livelli; nella applicazioni il numero
n di bit di codifica è molto più elevato (lo stesso dicasi per il numero di livelli, pari a 2n), e cresce quanto maggiore è la fedeltà desiderata. La frequenza di cifra di un segnale PCM si ottiene moltiplicando la frequenza di campionamento fs per il numero di bit n con il quale è codificato ciascun campione:
(2.4)
f k = nf s
Il Registratore di suoni di Windows è in grado di eseguire codifiche digitali in diversi formati, tra
cui PCM. Selezionando File/Proprietà/Converti… si raggiunge una finestra dalla quale si imposta il
formato di registrazione. Accanto a ciascun formato è indicato il flusso in kB/s (purtroppo basato su
multipli informatici e approssimato per troncamento). Ad es., mediante campionamento a 8.000 Hz e
codifica a 8 bit, si ottiene una frequenza di cifra fk = 8.000 ⋅ 8 = 64 kbit/s, corrispondente a 8 kB/s (7
kB/s in fig. 2.16).
7
Fig. 2.16 - Formato di codifica del Registratore di suoni.
2.3.3 - Codifica dell’immagine
La codifica digitale di una immagine fissa avviene mediante dispositivi di scansione o fotografici che
suddividono il quadro dell’immagine in un reticolo a elementi solitamente quadrati denominati pixel (campionamento nello spazio), e associano a ciascun pixel una sequenza di n bit in base al colore al quale l’elemento, nel suo
insieme, si avvicina di più (fig. 2.17a).
Il segnale numerico può essere riconvertito in un’immagine mediante un dispositivo di visualizzazione o di stampa, in grado di riprodurre il colore di ciascun elemento del reticolo in base alla stringa di bit con la quale è codificato (fig. 2.17b).
000 000 010 010
000 000 010 010
000-000-010-010-000…
110 110 000 000
monitor
o
stampante
110 110 000 000
scanner
immagine
reticolo
codifica degli elementi
segnale numerico
(a)
immagine
(b)
Fig. 2.17 - Codifica numerica di un’immagine.
Nel caso degli scanner la densità del reticolo spaziale, e cioè la risoluzione, viene espressa in dpi, ovvero dots per
inch o punti per pollice (1 pollice = 2,54 cm); nel caso delle fotocamere viene indicato in numero complessivo di
pixel generato dal sensore ottico. Il numero n di bit di codifica e il corrispondente numero di colori 2n variano nelle diverse applicazioni; ad es. i comuni scanner digitalizzano a 24 bit rappresentando le immagini con 224 =
16.777.216 colori. Codificando un’immagine con un numero maggiore di bit, ovvero aumentando la risoluzione
e/o il numero n di bit per pixel, si ottiene una maggiore fedeltà tra l’immagine originale e la corrispondente versione digitalizzata. In fig. 2.18 è rappresentato il risultato di una scansione a 256 livelli di grigio (8 bit) a risoluzione di 200 dpi sia in verticale sia in orizzontale.
(a)
(b)
Fig. 2.18 - (a) Immagine originale; (b) ingrandimento dell’immagine digitale.
2.3.4 - Codifica video
Un segnale video è costituito da una sequenza di immagini, separate da un intervallo di tempo sufficientemente piccolo da generare, durante la riproduzione della sequenza, l’impressione della continuità. Tale impressione è determinata dal fenomeno della persistenza dell’immagine sulla retina, la cui durata è di circa 1/20 di secondo, per cui è sufficiente la riproduzione di 25 quadri al secondo, come avviene per la TV, per generare continuità di movimento nella scena riprodotta. Data tale premessa, la codifica numerica video è un procedimento concettualmente analogo alla codifica in bit dell’immagine; nella pratica, nel campo dei filmati digitali sono state sviluppate tecniche specifiche, rese necessarie dalla mole di bit che si genererebbe codificando ogni fotogramma di
un segnale video in modo indipendente rispetto agli altri.
8
2.3.5 - Vantaggi
Le tecniche digitali, oggi dominanti nella trasmissione o memorizzazione dell’informazione (basti pensare alla telefonia mobile, al campo della registrazione e riproduzione musicale, alle trasmissioni televisive), sono
destinate a divenire di uso esclusivo per diversi motivi.
Uno dei più importanti è che la conversione dei segnali audio-video in un uguale formato (serie di bit), identico a
quello della trasmissione dati, ha uniformato ciò che in un sistema di telecomunicazioni deve essere trasferito da
un punto all’altro, creando la premessa per l’impiego di un’unica rete di telecomunicazioni per tutti gli scambi di
informazione: trasmissione dati, telefonia, TV, fax, canali musicali, videoconferenza, ecc. (fig. 2.19).
Rete numerica
Internet, telefonia,
TV, fax, musica,
videoconferenza, ecc.
Fig. 2.19 - Rete numerica.
Oltre a quanto detto, la trasmissione dell’informazione audio-video in forma numerica ha di per sé numerosi vantaggi rispetto a quella analogica, tra i quali:
−
il segnale trasmesso può essere ricostruito senza errori dal ricevitore, purché la degradazione subita nella trasmissione non sia così grande da non permettere la corretta interpretazione delle cifre binarie ricevute; in particolare è sempre possibile interporre lungo il canale di trasmissione rigeneratori a distanze opportune, in modo da limitare la degradazione del segnale (fig. 2.20);
v1(t)
v2(t)
v3(t)
t
t
origine
t
rigeneratore
Fig. 2.20 - Riconoscimento e ricostruzione di un segnale digitale binario degradato.
−
−
−
il segnale può essere gestito mediante l’uso di elettronica a componenti integrati (fig. 2.21a), con evidenti
vantaggi nei costi, nell’affidabilità e nella manutenzione rispetto a quella a componenti discreti (fig. 2.21b);
è possibile generare segnali che includono informazioni addizionali di qualsiasi tipo (si pensi ad es. alla riproduzione video in cui è possibile selezionare la lingua dell’audio e dei sottotitoli);
l’informazione può essere crittografata, e cioè resa decodificabile solo mediante una chiave numerica, in mo9
−
do flessibile e senza perdita di qualità;
il segnale può viaggiare su fibra ottica, dove sono consentite trasmissioni a frequenza di cifra elevatissima.
Tali notevoli vantaggi richiedono dispositivi di elaborazione e memorizzazione di complessità e prestazioni superiori in confronto ai corrispondenti sistemi analogici; proprio per tale motivo le tecniche digitali, note sin dagli anni 30, si sono imposte solo nel momento in cui in le risorse elettroniche e informatiche necessarie sono divenute
disponibili a costi convenienti.
Fig. 2.21 - Elettronica a) a componenti integrati e b) a componenti discreti.
2.4 - Canali trasmissivi
Le informazioni scambiate mediante un sistema di telecomunicazioni sono affidate a grandezze fisiche di
tipo e.m., che si propagano attraverso un mezzo fisico denominato canale di trasmissione, con modalità che dipendono dalle caratteristiche del mezzo stesso; pertanto a differenti canali trasmissivi corrispondono onde e.m.
dalle diverse proprietà. La tab. 2.5 mostra una classificazione delle modalità di trasmissione, indicando i canali
utilizzati, la tipologia dei segnali in gioco, le relative velocità di propagazione e il formato analogico o digitale dei
segnali stessi; per completezza vanno menzionate le guide d’onda, utilizzate ad alta frequenza (≈ GHz) su brevissime distanze.
velocità di propagazione formato segnali
canale di trasmissione
segnale
linee di trasmissione tensione (ovvero corrente)
1,5⋅105 ÷ 2,5⋅105 km/s analogico/digitale
spazio
analogico/digitale
campo e.m. a radiofrequenza (10 kHz ÷ 100 GHz)
≅ 3⋅105 km/s
5
fibre ottiche
digitale
campo e.m. a frequenza visibile (≈ 100.000 GHz)
≅ 2⋅10 km/s
Tab. 2.5 - Classificazione delle modalità trasmissive in base al canale.
Come si può osservare dalla tab. 2.5, un segnale viaggia in un canale trasmissivo alla velocità minima di
150.000 km/s. Ricordando che la circonferenza terrestre è pari approssimativamente a 40.000 km, un segnale che
parte da un punto del globo è in grado di raggiungere gli antipodi in meno di 15 centesimi di secondo. Anche se a
tale piccolo ritardo se ne sommano ulteriori dovuti a elaborazioni di vario tipo, si può affermare che la velocità di
propagazione dei segnali e.m. è tale, in rapporto alle dimensioni del globo, da non produrre, per le comunicazioni
che utilizzano collegamenti terrestri, alcun tipo di inconveniente dovuto al ritardo (fig. 2.22a). Più in generale, si
può affermare che l’unico caso, nell’ambito delle telecomunicazioni, in cui l’utente comune può percepire il ritardo dovuto alla sola propagazione, è quello di comunicazione interattiva tramite satellite in orbita geostazionaria
(tale da mantenere fissa la posizione del satellite rispetto al suolo); poiché un tale tipo di satellite dista dalla Terra
circa 36.000 km, la propagazione di un segnale radio da superficie a superficie dura circa un quarto di secondo,
con conseguenti attese di circa mezzo secondo nella comunicazione.
2.4.1 - Linee di trasmissione
L’insieme di due conduttori metallici, continui e isolati tra loro, è definito linea di trasmissione (fig.
2.23). Applicando una tensione ai capi della linea, si ottiene la propagazione lungo la linea stessa di un’onda e.m.;
poiché il campo magnetico prodotto nelle vicinanze dei conduttori è trascurabile, il segnale che viaggia su una linea di trasmissione è usualmente considerato solo dal punto di vista elettrico. La velocità dell’onda di tensione, in
dipendenza dal tipo di linea, assume un valore compreso nell’intervallo 1,5⋅105 ÷ 2,5⋅105 km/s. Poiché lo spazio
10
interessato dalla propagazione del segnale è delimitato dalla linea stessa, si parla di propagazione guidata.
Per cavo elettrico si intende un insieme di conduttori elettrici opportunamente isolati e protetti
dall’ambiente esterno (fig. 2.24). Un singolo cavo elettrico può contenere una o più coppie di conduttori, sino al
limite di qualche migliaio. L’operazione mediante la quale apparati distanti tra loro sono collegati per mezzo di
cavi elettrici è denominata cablaggio elettrico (dal francese cable, cavo).
conduttori
(a)
(b)
Fig. 2.24 - Cavi elettrici: (a) doppino ritorto a 2 coppie (cavo simmetrico); (b) coassiale.
2.4.2 - Trasmissioni radio
Le trasmissioni radio (dal latino radius, raggio) si basano sulla libera propagazione nello spazio di onde
e.m., generate e rivelate mediante antenne trasmittenti e riceventi (fig. 2.25); il mezzo trasmissivo in questo caso
può essere il vuoto, altrimenti definito « etere », oppure un mezzo fisico a bassa conducibilità, come ad es.
l’atmosfera. La velocità con la quale si propagano le onde e.m. nel vuoto è pari a c = 3⋅105 km/s = 3⋅108 m/s, valore che si può assumere valido, con piccolissima approssimazione, anche per la propagazione attraverso
l’atmosfera. Per motivi tecnici legati alla dimensione delle antenne e alla propagazione, le trasmissioni radio utilizzano segnali a radiofrequenza, ovvero con frequenza compresa tra 10 kHz e 100 GHz. Poiché i segnali trasmessi non sono confinati nello spazio, si parla in questo caso di propagazione libera.
antenna
trasmittente
trasmettitore
antenna
ricevente
onde radio
v1(t)
v2(t)
ricevitore
Fig. 2.25 - Trasmissione radio
I sistemi basati su trasmissione radio condividono lo stesso mezzo trasmissivo; pertanto, in generale, in un
punto dello spazio possono essere presenti segnali radio di ogni genere (TV, canali audio, GSM, UMTS, ecc.). La
non sovrapposizione dei segnali è garantita dal seguente criterio: due sistemi radio sono separati se influiscono su
regioni di spazio distinte, oppure se i segnali emessi sono tali da poter essere distinti singolarmente da un ricevitore (fig. 2.26). Quest’ultima proprietà è fondata sul valore di una certa frequenza associata a ciascuna trasmissione,
come ben noto dall’utilizzo dei servizi radio più comuni; in relazione a tale aspetto organismi nazionali e internazionali sono preposti a emanare precise norme relative all’assegnazione delle frequenze. Un collegamento radio è
subordinato quindi alle seguenti condizioni:
1. la distanza tra il trasmettitore e il ricevitore deve essere tale da consentire la comunicazione;
2. il trasmettitore e il ricevitore devono essere d’accordo, o più propriamente « in sintonia », sulla frequenza associata al segnale.
sistemi separati
nella frequenza
sistemi separati
nello spazio
Fig. 2.26 - Separazione dei sistemi radio.
11
2.4.3 - Fibre ottiche
La radiazione e.m. avente frequenza compresa nell’intervallo 4⋅1014 ÷ 8⋅1014 Hz è ciò che più semplicemente chiamiamo luce. Tale radiazione può propagarsi all’interno di minuscoli cavi di vetro denominate fibre ottiche. Un sistema ottico prevede l’interfacciamento della fibra con gli apparati elettronici mediante trasduttori optoelettronici in grado di trasformare un segnale elettrico digitale in impulsi luminosi, e viceversa (fig. 2.27). Analogamente che per le linee, la propagazione è del tipo guidato.
trasmettitore
vi(t)
trasduttore
(ad es. diodo
LED)
segnale luminoso
fibra
trasduttore
(ad es. diodo
PIN)
vo(t)
ricevitore
Fig. 2.27 - Sistema ottico.
Un cavo ottico è un insieme di fibre opportunamente rivestite e protette dall’ambiente esterno (fig. 2.28).
Un singolo cavo ottico può contenere una o più fibre, sino al limite di qualche centinaio. L’operazione mediante la
quale apparati distanti tra loro sono collegati per mezzo di cavi ottici è denominata cablaggio ottico. Come sarà
puntualizzato in successivi approfondimenti, i sistemi ottici consentono solo comunicazioni numeriche; le frequenze di cifra consentite sono maggiori di quanto non sia possibile ottenere su linee di trasmissione o via radio.
fibre
Fig. 2.28 - Cavo ottico a due fibre.
2.6 - Breve storia delle telecomunicazioni
Informatica e Cibernetica
1605
1931
1941
1943
1951
1958
F. Bacon descrive un cifrario che costituisce il primo esempio documentato di codifica
dell’informazione in forma binaria.
R. L. A. Valtat propone di rappresentare in numeri in forma binaria ai fini del calcolo automatico.
J. V. Atanasoff realizza il primo elaboratore elettronico.
Nascono i primi grandi elaboratori: in Gran Bretagna Colossus (rimasto segreto fino al
1975), negli stati Uniti il più noto ENIAC.
l’UNIVAC, prodotto in serie dalla Remington Rand, inaugura la prima generazione di
computer.
Digital, Siemens, Sperry Rand e IBM producono elaboratori a transistor di seconda generazione.
1964
IBM inaugura con il Sistema 360 la terza generazione di computer, basata su microchip.
1969
Ken Thompson sviluppa nei Bell Laboratories UNIX.
1971
Intel 4004, basato su 2250 transistor, è il primo microprocessore; inaugura la quarta generazione di computer.
1976
Apple II è il primo Personal Computer di successo commerciale.
1981
Nasce il PC IBM, su Intel 8088 a 4,77 MHz, 64 kB di RAM e sistema operativo Microsoft
DOS.
1984
Apple introduce il computer Macintosh.
12
1985
Nasce Microsoft Windows.
1991
Linus Torvalds, basandosi su UNIX, realizza LINUX.
1995
Nasce Windows a 32 bit.
2001
Nascono Microsoft Windows XP e Apple OS X.
Fig. 2.36 - L’ENIAC aveva 18.000 valvole collegate da 500.000 saldature a mano, pesava 30 tonnellate, occupava lo spazio di 180 mq e consumava 150 kW.
2.6.3 - Schema riassuntivo
Come sintesi dei paragrafi precedenti, in fig. 2.40 è riportato uno schema riassuntivo in cui è descritta, in
una linea temporale, l’evoluzione dei principali servizi di telecomunicazioni con riferimento alle reti utilizzate. Si
notino in particolare la progressiva affermazione del formato digitale nel campo audio-video, e la tendenza alla
convergenza della quasi totalità dei servizi nell’ambito di una rete integrata nei servizi a larga banda (B-ISDN,
Broadband ISDN) cablata. Oltre a ciò si possono ipotizzare, in una prospettiva a lungo termine, la riconversione
della rete telefonica e di quella telex e la possibile scomparsa delle trasmissioni radiotelevisive analogiche; se tali
ipotesi saranno verificate, entro la metà del prossimo secolo la totalità, o quasi, dei sistemi di telecomunicazione
sarà di tipo numerico.
13
1850
1900
1950
2000
2050
reti cellulari analogiche
mobile
voce
telefonia
rete telefonica
FAX
videoconferenza
trasmissione
dati
rete telegrafica
rete telex
voce
FAX
tr. dati*
reti cellulari digitali
*include acceso a
Internet e relativi servizi
(WWW, E-mail, ecc.)
voce
FAX
tr. dati*
voce
FAX
videoconf.
tr. dati*
ISDN a banda stretta
FAX
tr. dati*
reti dati pubbliche
messaggi
di testo
voce
FAX
videoconf.
tr. dati*
radio
TV
radio
radiodiffusione
rete radiofonica analogica
AM
FM
reti satellitari
analogiche e digitali
rete televisiva analogica
b/n
colore
TV
TV
1850
1900
Fig. 2.40 - Evoluzione dei sistemi di comunicazione.
rete radiofonica digitale
radio
radio
TV
TV
B-ISDN
1950
14
2000
rete televisiva digitale
2050
15