Cristo Gesù e le religioni orientali
Già prima degli anni sessanta del secolo scorso si registrò in occidente un interesse nuovo per le
religioni orientali quali induismo, buddismo, islam. Viaggi e immigrazioni favorirono poi questo
interesse. È auspicabile che una conoscenza migliore delle idee religiose, proprie e altrui, possa
condurre a forme migliori di convivenza e accettazione, senza eliminare le differenze. Voler
eliminare le differenze è un'operazione culturalmente erronea quanto lo sarebbe voler eliminare
l'attrito fra corpi in movimento o voler eliminare le distinzioni sonore fra strumenti musicali diversi.
Per questo ha senso chiedersi: è la stessa cosa credere in Cristo o in Krishna o in Buddha? Senza
pretendere di esaurire l'argomento, qui si vuole solo fornire qualche accenno, forse anche per
stuzzicare l'attenzione del Lettore.
Krishna, la divinità indiana più nota, è al centro del poema epico Mahabharata. Considerato
l'incarnazione del Dio unico (Vishnu), Krishna è il portatore del lieto messaggio, quindi una sorta di
vangelo dell'induismo, la Bhagavad-Gita o Canto del Beato. Per il credente indù, Krishna è un vero
uomo nel quale si rivela l'unico Dio. Si comprende quindi come gli indù più tolleranti dicano: "Voi
credete in Christa, noi in Krishna, è la stessa cosa". Ma è davvero così?
Anche nel caso di Krishna, come per Cristo, si ha a che fare con una persona storica, ma tra i due
sussistono differenze che è difficile trascurare. (1) Gesù Cristo non è, come Krishna, una tra le
molte rivelazioni di Dio. Krishna è ritenuto l'ottava rivelazione del Dio Vishnu. Ad essa ne seguirà
una nona (Buddha) e un'ultima (Kalkin). Gesù Cristo, invece, è la rivelazione finale e definitiva di
Dio, il quale ha parlato mediante Cristo Gesù (Ep. Ebrei 1,1 ss.). (2) Gesù non è, come Krishna, una
fusione di diverse figure sia mitiche sia storiche. La figura di Gesù Nazareno emerge dai documenti
del Nuovo Testamento con connotati nettamente storici.
Quanto a Buddha Gautama, quali sono le somiglianze e quali le differenze con Gesù? Alcune norme
etiche basilari sono certamente comuni nella cultura religiosa buddhista, ebraica, cristiana e
islamica. Ad esempio: non uccidere, non rubare, non mentire, non fornicare. Si tratta di norme che
potrebbero essere prese come immutabili in un'etica comune a tutta l'umanità. Sarebbe un vero
grande progresso! Nel suo comportamento Gesù somiglia più a Buddha Gautama che, ad esempio, a
Maometto o a Confucio. Maometto fu profeta, generale, uomo di stato; godette della sua vita fino
all'ultimo giorno. Confucio fu il saggio dell'estremo oriente che difese i riti antichi. Come Buddha
Gautama, Gesù predica nella sua lingua corrente e non ha lasciato alcuno scritto. Come Buddha,
Gesù insegna con parabole, racconti brevi, detti comprensibili a tutti perché presi dalla vita
quotidiana; Gesù evita invece formule teologiche, dogmi e misteri. Come Gautama, anche Gesù si
oppone alla tradizione religiosa e ai suoi custodi, la casta degli scribi e farisei, così lontani dal
popolo. Come Gautama, anche Gesù annuncia un Messaggio Lieto (Dharma, Vangelo) che smuove
la persona umana alla fede fiduciosa (shradda, fede) e alla conversione (risalire la corrente,
metànoia =cambiamento di mentalità). Ma per quanto le somiglianze tra i due siano notevoli,
altrettanto lo sono le differenze. Eccone qualcuna.
Gautama proviene da una famiglia ricca e benestante, aveva conosciuto la corruzione di feste e
godimenti, aveva sperimentato il tedio dell'esistenza. Non così Gesù, figlio di umili artigiani e
artigiano lui stesso. A differenza di Gautama, Gesù non è un solitario, un monaco, ma è il Maestro
di una comunità fatta di sorelle e fratelli, discepole e discepoli, che seguono lui non perché
appartengono a un ordine religioso, perché hanno preso i voti o ubbidiscono a precetti ascetici, ma
perché in Gesù Cristo hanno incontrato lo scopo stesso della loro esistenza. A differenza di
Gautama, per Gesù il mondo non è qualcosa di negativo, da cui ritirarsi, ma è la creazione "buona"
(secondo la parola del Genesi), anche se corrotta dall'uomo. A differenza di Gautama, lo scopo di
Gesù non è uscire dal ciclo delle nascite (uscire dal mondo), ma è l'entrata in quel compimento che
è il reame di Dio. Quel Dio che Gesù scandalosamente e con intimità inaudita chiama abbà, cioè
papà, una delle prime parolette che i bimbetti ebrei imparavano a spiccicare.
Ma la differenza decisiva emerge chiara quando si pongono l'una accanto all'altra le due figure del
Buddha e di Gesù. Buddha Gautama è sorridente, seduto su un fiore di loto. Gesù il Cristo è
sofferente, inchiodato su una croce. Buddha l'Illuminato già in vita entra nel Nirvana e gode di
armonia, successo, stima dei potenti e dei discepoli. Muore a ottant'anni per intossicazione
alimentare, circondato da discepoli. Le sue statue ci parlano di serenità, equanimità, pace, armonia,
allegria.
Diversissimo il caso di Gesù di Nazareth. Una vita pubblica che dura qualche anno, per concludersi
in tragedia. Un'esistenza breve che è tutto un conflitto con la gerarchia politico-religiosa e che
termina in modo umiliante e tragico. Una vita che non sembra aver portato proprio a nulla, come
un'opera incompiuta. Forse un fallimento? L'ultima sua parola è il grido sulla croce a quel Dio che
sembra averlo abbandonato. Eppure Gesù è colui che chiede compassione per sé mentre si dona con
dedizione e amore. E proprio questo è ciò che lo distingue in modo radicale da tutti gli déi, i
fondatori divinizzati di religioni, geni e guru, eroi e uomini della provvidenza della storia
universale. È lui il sofferente, il giustiziato in croce. Si tratta di una realtà difficile da sopportare sia
per i buddhisti sia per i cristiani, almeno per quelli non ancora divenuti insensibili.
Prescindendo dal Buddha, nei riguardi di Gesù si impone per ciascuno di noi ancora oggi la
domanda: come spiegare che, nonostante lo scandalo della croce, si sia giunti alla fiducia in Gesù
Risorto di fra i morti? Che si sia giunti alla chiesa dei discepoli di Gesù? Dinanzi allo spettacolo
desolante del giustiziato in croce, chi sarebbe disposto a confidare davvero nel fatto che la parola di
Gesù è la parola di Dio, che il comportamento di Gesù è il comportamento di Dio, che nel cammino
di Gesù è presente la storia di Dio e che nella croce di Gesù si osserva la compassione di Dio?
Sia ben chiaro, infatti, che questa, questa e non altra, è la base reale delle fede fiduciosa di chi oggi
si dice cristiano, talvolta con disinvoltura. Questa fede fiduciosa è tuttora oggetto dell'invito
amichevole rivolto dalla chiesa del Signore Gesù Cristo.
© R.Tondelli
chiesa di Gesù Cristo, Pomezia (Roma) - 2011
Bibliografia
H. Küng, Credo, Milano, 1994. Per le note in questo articolo si sono seguite le considerazioni che H. Küng
presenta nella prima parte di questo testo. L'articolo, pubblicato anche su Libertà, quotidiano di Siracusa e
provincia (06/09/2011), è la sintesi di lezioni che saranno presentate a Siracusa (24-25/09/2011).
H. Küng - J. Ching, Cristianesimo e religiosità cinese, Milano, 1989.
F. Salvoni, Gesù Cristo, voll. I -II, Milano, 1970-1971.
J.R. Hinnels, Dizionario delle religioni, Padova, 1988. Il testo è impreziosito dalla prefazione di E. Zolla
all'edizione italiana.