foniatria a cura del Prof. Massimo Borghese - Foniatra Il gene o “i geni” dell’autismo? Da recenti ricerche emergono anche disturbi percettivi a origine disgenetica, così come sono state individuate basi disgenetiche all’origine di anomalie a carico di strutture diencefaliche. Recentemente è stata comunicata con particolare enfasi la notizia della scoperta del “gene dell’autismo”. Una più approfondita conoscenza dell’argomento dovrebbe indurre gli organi di informazione (del settore e non) a prestare maggiore attenzione prima di diffondere annunci ad effetto, ma meno rispondenti alla realtà. L’autismo “non si eredita”; ci si nasce predisposti, e questa predisposizione che rende un soggetto più vulnerabile all’azione dannosa di altri fattori, può essere trasmessa per via genetica, ma non attrvarso un gene, bensì per mezzo di tanti, tantissimi geni, e non certo scoperti di recente. In un lavoro di Shprintzen vengono elencate più di 350 sindromi genetiche aventi in comune un disturbo della comunicazione verbale, nella metà delle quali vi sono anche disturbi cognitivi o anomalie cerebrali riscontrabili anche in numerosi casi di autismo. Da recenti ricerche emergono anche disturbi percettivi a origine disgenetica, così come sono state individuate basi disgenetiche all’origine di anomalie a carico di strutture diencefaliche quali il talamo, l’ipotalamo, l’amigdala*, il cui coinvolgimento nella determinazione della sintomatologia autistica è stato evidenziato attraverso numerosi studi di diversa matrice specialistica e di diversa provenienza. Il più descritto tra i geni la cui alterazione porta a disturbi articolatori e linguistici, è FOXP2, sul cromosoma 7. Questo gene entra in gioco nella neurofisiologia corticale e sottocorticale, con particolare riferimento ai gangli della base, con conseguente coinvolgimento nelle funzioni cognitive e linguistiche. FOXP2 è chiamato in causa anche nel controllo delle cellule di Purkinje del cervelletto, nonché nello sviluppo dell’area di Broca del cervello, e in modo particolare nel sistema dei cosiddetti “neuroni specchio” (mirror neurons) descritti nell’interpretazione di deficit d’importanti 8 www.salutare.info fenomeni imitativi e motori osservati nel soggetto autistico. Ricerche recenti hanno consentito di identificare una comune genesi di disturbi linguistici, articolatori e prassici riferibili al gene FOXP2; e tale coesistenza risulta una delle più tipiche dei quadri clinici di autismo. Studi di linkage in soggetti autistici, hanno portato a identificare il cromosoma 7, e su di esso il gene FOXP2, come possibile candidato per un’interpretazione genetica di questo disturbo. Joseph Buxbaum e Coll., della Mount Sinai School of Medicine, hanno modificato geneticamente alcuni topi disattivando una o entrambe le copie di FOXP2 per esaminare il ruolo di questo gene nella comunicazione sociale. La disattivazione di FOXP2 ha influenzato la capacità di topi neonati di emettere vocalizzazioni ultrasoniche quando venivano separati dalle madri e dai fratelli. I topi con entrambe le copie disattivate evidenziavano una completa assenza di vocalizzazione ultrasonica, mentre quelli con un solo gene emettevano vocalizzazioni ultrasoniche ad un tasso significativamente ridotto. I topi con due copie di FOXP2 disattivate mostravano inoltre gravi disturbi delle capacità motorie e morivano prematuramente, mentre quelli con una sola copia avevano ritardi dello sviluppo più modesti ma, comunque osservabili. Studi condotti a Salt Lake City e a Londra su topi transgenici modificati in modo da non poter più esprimere il gene HOXA1, coinvolto nello sviluppo del tronco cerebrale nella vita embrionale, hanno evidenziato in questi piccoli animali, alcune malformazioni di strutture cerebrali troncoencefaliche, molto simili a quelle riscontrabili in soggetti autistici. HOXA1 produce un tipo di proteina chiamato fattore di trascrizione, che modula l’attività di altri geni; ma ciò che appare ancora più interessante è che HOXA1 smette di essere attivo dopo le prime fasi dell’embriogenesi, e ciò confermerebbe indirettamente che il danno che fa da substrato organico a determinate manifestazioni di autismo, si instaura proprio all’inizio dello sviluppo dell’embrione. Nella specie umana, HOXA1 è situato sul cromosoma 7. I primi risultati di una scansione della più grande collezione mondiale di campioni di DNA provenienti da famiglie affette da autismo, indicano due nuovi legami genetici che possono predisporre le persone a disordini cerebrali. Nature Genetics riporta le scoperte degli studi nella sua edizione online del 18 Febbraio 2007. I risultati della ricerca hanno permesso di individuare una regione del cromosoma 11 precedentemente non identificata, e la neurexina 1, una proteina del sistema nervoso, che assume un ruolo fondamentale nella trasmissione del messaggio nervoso e nell’apprendimento. La scoperta della neurexina mette in luce un gruppo di cellule cerebrali chiamate neuroni glutammato e i geni che inibiscono il loro sviluppo e la loro funzione, suggerendo che giochino un ruolo critico nei disturbi dello spettro autistico. Ricercatori dell’equipe del Prof. Thomas Bourgeron dell’Institut Pasteur di Parigi, hanno pubblicato su Nature Genetics uno studio condotto su una zona specifica del cromosoma 22, chiamata 22q13, a livello della quale hanno identificato un gene, che hanno chiamato Shank3, responsabile dell’organizzazione delle connessioni fra i neuroni cerebrali. Shank3 è un gene che controlla la formazione di una proteina che interagisce con le neuroligine, proteine coinvolte nelle sinapsi. Alterazioni geniche a tale livello sono in grado quindi di provocare ritardo mentale, autismo, difficoltà di linguaggio, come evidenziato in un gruppo di bambini studiato dall’equipe. Già nel corso degli ultimi trenta anni erano stati identificati diversi disturbi genetici/metabolici in grado di provocare autismo, tutti insieme, capaci di render conto però di non più del 20% del totale dei casi di tale patologia.