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CAPITOLO 2
Fondamenti di farmacologia
Questo capitolo presenta le basi della farmacologia e gli elementi fondamentali del comportamento dei farmaci e delle loro interazioni, che sono
importanti nella pratica quotidiana dell’anestesia.
I. Teoria recettoriale
A. Un farmaco che si lega a un recettore (una proteina) e lo attiva è detto agonista
(il legame è generalmente reversibile).
B. Il legame dell’agonista al recettore genera un effetto farmacologico (Fig. 2-1).
C. Un antagonista è un farmaco che si lega al recettore senza attivarlo (Fig. 2-2).
1. Gli antagonisti bloccano l’azione degli agonisti semplicemente ostacolandoli, ovvero impedendo il legame degli agonisti al recettore e la possibilità
di generare un effetto.
2. L’antagonismo è di tipo competitivo quando la risposta all’agonista diminuisce progressivamente con l’aumentare della dose dell’antagonista.
3. Si ha antagonismo non competitivo quando l’effetto dell’antagonista non è
completamente sormontabile neppure da parte di concentrazioni elevate
di agonista.
D. Sebbene questa semplice descrizione di recettori attivati e non attivati spieghi
il concetto di agonista e di antagonista, è più compesso spiegare i concetti
di agonista parziale e di agonista inverso. Si osserva che in natura i recettori
possono esistere in diverse conformazioni e che essi, normalmente, passano da
una conformazione all’altra (Figg. 2-3 e 2-4).
FIGURA 2-1 L’interazione di un re-
Agonista
+
R*
R
Legato,
recettore attivato
cettore con un agonista può essere
descritta utilizzando la figura del recettore libero e di quello legato. Il recettore libero è rappresentato come
inattivo. Quando il recettore si lega
all’agonista, si attiva (R*) e media
l’effetto del farmaco. Questa descrizione è molto semplicistica, ma permette di comprendere il comportamento di base di un agonista.
Non legato,
recettore inattivo
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FIGURA 2-2 La visione semplicistica
dell’attivazione del recettore spiega
anche l’azione di un antagonista. In
questo caso, l’antagonista (in rosso)
si lega al recettore, ma il legame non
genera attivazione. Tuttavia, il legame
di un antagonista impedisce il legame
dell’agonista e quindi blocca l’effetto
di un farmaco agonista. Se il legame
è reversibile, si tratta di antagonismo
competitivo; se non è reversibile, di
antagonismo non competitivo.
Agonista
Antagonista
R*
Legato,
recettore
inattivo
R
Non legato,
recettore
inattivo
II. Azione del recettore
A. Il numero di recettori nelle membrane cellulari è soggetto a cambiamenti e aumenta (sovraregolazione) o diminuisce (sottoregolazione) in risposta a stimoli
specifici.
B. Il cambiamento del numero di recettori è uno dei principali meccanismi che
contribuiscono alla variabilità della risposta ai farmaci.
III. Tipi di recettori
A. Molti dei recettori considerati più importanti per l’interazione con gli anestetici sono localizzati nel bilayer (doppio strato) lipidico delle membrane
cellulari (recettori per oppioidi, sedativi ipnotici endovenosi, benzodiazepine,
β-bloccanti, catecolamine, miorilassanti) e interagiscono con altri recettori
di membrana.
B. Altri recettori sono costituiti da proteine intracellulari e interagiscono con
gli steroidi.
FIGURA 2-3 I recettori possono as-
sumere stati diversi e possono passare
spontaneamente da uno stato all’altro.
In questo caso, il recettore possiede
solo due stati. In assenza di ligandi si
troverà per l’80% del tempo nello stato
inattivo e per il 20% nello stato attivo.
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80%
20%
R
R*
Recettore
inattivo
Recettore
attivo
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Recettore
Recettore
attivo
Recettore
inattivo
R*
Recettore
Recettore
tt
attivo
R
Recettore
inattivo
R
50%
R
100%
Recettore
inattivo
D
Recettore
inattivo
B
Recettore
tt
Recettore
attivo
R*
0%
Agonista
inverso
Recettore
Recettore
attivo
R*
50%
Agonista
parziale
un cambiamento dell’equilibrio tra la forma attiva e inattiva del recettore. In questo caso, in assenza di un agonista il recettore si trova nello stato
attivo per il 20% del tempo. Queste variazioni di percentuale si basano sulla natura del ligando legato al recettore.
FIGURA 2-4 L’azione degli agonisti (A), degli agonisti parziali (B), degli antagonisti (C) e degli agonisti inversi (D) può essere interpretata come
80%
20%
Antagonista
R*
R
C
100%
Agonista
0%
A
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C. Nell’organismo le proteine operano come piccole “macchine” capaci di catalizzare reazioni enzimatiche e di agire come canali ionici.
1. Il legame di un farmaco a un recettore cambia l’attività della “macchina”,
solitamente potenziandola (il propofol aumenta la sensibilità del recettore
per l’acido γ-aminobutirrico [GABA A] al GABA, il suo ligando endogeno),
o diminuendola (la ketamina riduce l’attività del recettore per l’N-​metil-​
d-aspartato [NMDA]) o innescando una reazione a catena (il legame
di un farmaco oppioide al recettore μ per gli oppioidi attiva una proteina G
inibitoria che diminuisce l’attività dell’adenilato ciclasi).
2. La risposta della proteina al legame del farmaco è responsabile dell’effetto
farmacologico.
IV. La farmacocinetica è lo studio quantitativo dell’assorbimento, della distribuzione,
del metabolismo e dell’eliminazione dei farmaci somministrati mediante iniezione
e inalazione e dei loro metaboliti (semplificando: cosa fa l’organismo al farmaco).
A. La farmacocinetica studia le concentrazioni di un farmaco nel plasma o nel suo
sito d’azione.
B. La variabilità farmacocinetica è una componente significativa della variabilità
della risposta ai farmaci tra pazienti diversi e può essere conseguenza di modificazioni genetiche nel metabolismo, di interazioni con altri farmaci o di patologie epatiche e renali o di altri organi deputati al metabolismo.
C. Assorbimento, metabolismo, distribuzione ed eliminazione sono processi
fondamentali per tutti i farmaci (possono essere descritti in termini fisiologici
o utilizzando modelli matematici).
1. La fisiologia può essere utilizzata per trarre indicazioni su come i cambiamenti della funzionalità di un organo possono influire sulla farmacocinetica dei farmaci.
2. I modelli matematici possono essere usati per calcolare la concentrazione
del farmaco nel sangue o nei tessuti dopo la somministrazione di un certo
dosaggio a un tempo arbitrario.
V. Distribuzione
A. Dopo la somministrazione, i farmaci si distribuiscono nei vari tessuti dell’organismo e rispetto alla concentrazione iniziale presente nella siringa si ha una
rapida diluizione fino alle concentrazioni che vengono misurate nel plasma
o nel tessuto. Questa distribuzione iniziale dopo un’iniezione in bolo (entro
un minuto) avviene all’interno del “compartimento centrale” (Fig. 2-5).
B. Prima che il farmaco si distribuisca interamente a tutti i tessuti dell’organismo
possono trascorrere ore o anche giorni, a causa della perfusione molto bassa
di alcuni tessuti.
C. La maggior parte dei farmaci anestetici è altamente liposolubile e poco
idrosolubile.
1. Un’elevata liposolubilità significa che la molecola ha un elevato volume
di distribuzione e che tenderà a distribuirsi preferenzialmente nel tessuto
adiposo, diminuendo così la concentrazione plasmatica.
2. L’esempio estremo di questo fenomeno è rappresentato dal propofol, che
è quasi inscindibile dal tessuto adiposo.
D. In seguito a un’iniezione in bolo, il farmaco si distribuisce dapprima nei tessuti
che ricevono la maggior parte del flusso di sangue arterioso: cervello, cuore,
reni e fegato. Questi tessuti vengono spesso definiti gruppo degli organi altamente vascolarizzati.
1. Il rapido flusso sanguigno assicura che la concentrazione in questi tessuti altamente perfusi aumenti rapidamente fino a equilibrarsi con il sangue arterioso.
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FIGURA 2-5 Il volume centrale rappresenta il volume in cui si diluisce inizialmente il
farmaco iniettato per via endovenosa.
Dose o quantità
Volume
Concentrazione "
Quantità
Volume
2. Per i farmaci molto liposolubili, la capacità del tessuto adiposo di trattenere
il farmaco supera abbondantemente quella dei tessuti altamente perfusi.
a. Con il passare del tempo (inizialmente il compartimento adiposo è quasi
trascurato a causa della scarsa vascolarizzazione), il tessuto adiposo
assorbe gradualmente sempre più farmaco, sequestrandolo dai tessuti
altamente perfusi.
b. Questa ridistribuzione del farmaco dai tessuti altamente perfusi al tessuto
adiposo spiega una parte importante della scomparsa dell’effetto del farmaco, come si verifica per esempio in seguito a iniezione endovenosa
di un bolo di un anestetico o di un oppioide liposolubile (fentanil).
VI. Legame con le proteine
A. La maggior parte dei farmaci si lega almeno in parte alle proteine plasmatiche,
in particolare all’albumina (farmaci acidi), all’α1-glicoproteina acida e alle lipoproteine (farmaci basici).
B. Il legame alle proteine influenza sia la distribuzione (soltanto la frazione
libera, cioè quella non legata, è in grado di attraversare le membrane cellulari),
sia la potenza apparente dei farmaci (infatti è la frazione libera che determina
la concentrazione di farmaco che si lega al recettore).
1. L’entità del legame alle proteine va di pari passo con la liposolubilità
del farmaco.
2. Per i farmaci anestetici endovenosi la disponibilità di siti di legame a livello
delle proteine plasmatiche è di molto superiore al numero di siti realmente
occupati. Di conseguenza, la frazione legata non dipende dalla concentrazione di anestetico, ma solo dalla concentrazione delle proteine.
3. L’età, la presenza di disfunzioni epatiche o renali e la gravidanza possono determinare una diminuzione della concentrazione delle proteine plasmatiche.
a. Le alterazioni del legame alle proteine sono importanti solo per i farmaci
che si legano estesamente alle proteine (> 90%).
b. Per questi farmaci, la frazione libera cambia in modo inversamente
proporzionale alla concentrazione di proteine: se in condizioni normali
la frazione libera è il 2% e successivamente, in un paziente, si verifica
una diminuzione delle proteine plasmatiche del 50%, la frazione libera
aumenterà fino al 4%, il che rappresenta un incremento del 100%.
C. In teoria un incremento della frazione libera di un farmaco può aumentare il
suo effetto; tuttavia, non è certo che vi possano essere dei reali cambiamenti
negli effetti farmacologici.
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VII. Il metabolismo converte i farmaci liposolubili, farmacologicamente attivi,
in metaboliti idrosolubili e generalmente inattivi; fanno eccezione i processi
che portano a metaboliti attivi, come nel caso del diazepam e degli oppioidi
(la morfina 6-glucoronide è più potente della morfina; la codeina è un profarmaco che viene metabolizzato a morfina).
A. Vie metaboliche. Le quattro reazioni principali del metabolismo sono; a) ossidazione; b) riduzione; c) idrolisi; d) coniugazione.
1. Le reazioni di Fase I comprendono ossidazioni, riduzioni e idrolisi: esse
aumentano la polarità dei farmaci e li preparano per le reazioni di Fase II.
2. Le reazioni di Fase II sono reazioni di coniugazione che legano i farmaci
e i loro metaboliti con molecole altamente polari (carboidrati o aminoacidi),
che li rendono più idrosolubili per la successiva escrezione.
3. Gli enzimi microsomiali epatici (presenti nel reticolo endoplasmatico
liscio degli epatociti, ma anche nei reni e nel tratto gastrointestinale) sono
responsabili del metabolismo della maggior parte dei farmaci.
B. Gli enzimi di Fase I responsabili delle reazioni di Fase I comprendono gli enzimi del citocromo P-450 (sono soprattutto enzimi microsomiali epatici),
gli enzimi non-citocromo P-450 e gli enzimi monossigenasi contenenti flavina.
1. Il sistema degli enzimi del citocromo P-450 è una grande famiglia di proteine di membrana.
2. I farmaci possono modificare l’attività di questi enzimi mediante processi di induzione e inibizione (il fenobarbital induce gli enzimi microsomiali e quindi può rendere altri farmaci meno efficaci, aumentandone
il metabolismo).
3. Ossidazione. Gli enzimi del citocromo P-450 sono essenziali per le reazioni
di ossidazione. Esempi di metabolismo ossidativo dei farmaci catalizzato
dagli enzimi del citocromo P-450 sono l’idrossilazione, la deaminazione,
la desolforazione, la dealchilazione e la dealogenazione.
4. Riduzione. Gli enzimi del citocromo P-450 sono essenziali anche per le reazioni di riduzione. In condizioni di bassa pressione parziale di ossigeno,
gli enzimi del citocromo P-450 trasferiscono elettroni direttamente al substrato, come l’alotano, piuttosto che all’ossigeno.
5. La coniugazione con acido glucuronico coinvolge gli enzimi del citocromo
P-450. I coniugati glucoronidi idrosolubili che ne derivano vengono poi
escreti nella bile e nelle urine.
6. Idrolisi. Gli enzimi responsabili dell’idrolisi dei farmaci, reazione che generalmente avviene a livello di un legame estere, non appartengono al sistema
degli enzimi del citocromo P-450. L’idrolisi spesso avviene al di fuori del fegato (remifentanil, succinilcolina, esmololo e gli anestetici locali con struttura estere sono eliminati nel plasma e nei tessuti mediante idrolisi estere).
C. Gli enzimi di Fase II comprendono le glucuronosiltrasferasi, le glutatione
S-trasferasi, le N-acetiltrasferasi e le sulfotrasferasi.
1. La glucuronidazione è una via metabolica importante per molti farmaci
utilizzati in anestesia, come propofol, morfina (convertita a morfina
3-glucuronide e morfina 6-glucuronide, che è farmacologicamente attiva)
e midazolam (convertito a 1-idrossimidazolam, che è la forma farmacologicamente attiva).
2. Gli enzimi glutatione S-transferasi (GST) sono principalmente un sistema
difensivo di detossificazione e protezione contro lo stress ossidativo.
VIII. Clearance epatica
A. Sebbene la capacità metabolica dell’organismo sia elevata, non è possibile che
il metabolismo sia sempre proporzionale alla concentrazione di farmaco, poiché il fegato non possiede una capacità metabolica illimitata.
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Metabolismo (R)
Conc "C entrante
Organo di eliminazione
Flusso " Q
Conc " C uscente
Farmaco rimosso mediante metabolismo
R " Q(C entrante C uscente)
FIGURA 2-6 Il tasso di metabolismo di un farmaco può essere calcolato come il pro-
dotto tra il flusso ematico epatico e la differenza tra la concentrazione entrante e uscente
di farmaco. Questo è un metodo convenzionale per analizzare il metabolismo o l’assorbimento tissutale di un organo negli studi farmacocinetici di bilanciamento di massa.
B. La quantità di farmaco uscente dal fegato deve essere pari alla quantità entrante, meno quella metabolizzata dal fegato (Figg. 2-6 e 2-7).
C. Per capire la clearance epatica, bisogna comprendere la relazione tra metabolismo epatico e concentrazione del farmaco.
Tasso di estrazione calcolato
a Q " 1,4 L/min
3
Clearance (L/min)
2,5
2
1,5
Tasso
di estrazione
1,0
0,9
0,8
0,7
0,6
1
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0,5
0
0
0,5
1
1,5
2
2,5
Flusso ematico epatico (L/min)
3
FIGURA 2-7 Relazione tra flusso ematico (Q), clearance e tasso di estrazione epatici.
Per i farmaci con tasso di estrazione elevato la clearance è quasi identica al flusso ematico epatico. Per quelli con tasso di estrazione basso, l’influenza delle variazioni del flusso
ematico sulla clearance è pressoché nulla.
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IX. Clearance renale
A. L’eliminazione renale dei farmaci coinvolge: a) filtrazione glomerulare; b)
secrezione tubulare attiva; c) riassorbimento tubulare passivo (più importante
per i farmaci liposolubili).
1. Un farmaco altamente liposolubile, come il tiopental, è quasi completamente riassorbito, tanto che nelle urine viene escreta, al massimo, solo
un’esigua quantità di farmaco immodificato.
2. Al contrario, la produzione di metaboliti meno liposolubili limita il riassorbimento tubulare e facilita l’escrezione nelle urine.
B. Il tasso di riassorbimento a livello dei tubuli renali è influenzato da fattori
come il pH e la velocità del flusso urinario nel tubulo renale.
X. L’assorbimento non è particolarmente rilevante per la maggior parte dei farmaci anestetici.
XI. Ionizzazione. La maggior parte dei farmaci è costituita da acidi e basi deboli,
presenti in soluzione in forma ionizzata e non ionizzata (Tab. 2-1). Un alto
grado di ionizzazione previene quindi l’assorbimento del farmaco nel tratto
gastrointestinale, ne limita l’accesso agli enzimi epatici deputati al metabolismo e ne facilita l’escrezione nella forma non modificata, in quanto il riassorbimento attraverso l’epitelio del tubulo renale è sfavorito.
A. Fattori che influenzano il grado di ionizzazione
1. Il grado di ionizzazione di un farmaco dipende dalla sua costante di dissociazione (pK) e dal pH dell’ambiente circostante.
2. Quando pK e pH sono identici, il farmaco si trova per il 50% nella forma
ionizzata e per il 50% in quella non ionizzata. Piccoli cambiamenti del pH
possono portare a grandi cambiamenti del grado di ionizzazione, soprattutto se i valori di pH e pK sono simili.
a. I farmaci acidi, come i barbiturici, tendono a essere altamente ionizzati
a pH alcalino.
b. I farmaci basici, come gli oppioidi e gli anestetici locali, sono altamente
ionizzati a pH acido.
B. Intrappolamento ionico
1. Poiché solo il farmaco non ionizzato può attraversare agevolmente le membrane lipidiche, può accadere che sui due lati di una membrana che separa
ambienti con pH diverso si sviluppi una differenza nella concentrazione
totale di farmaco.
2. La somministrazione per via sistemica di una base debole, come un oppioide, può determinare un accumulo di farmaco ionizzato (intrappolamento
ionico) nell’ambiente acido dello stomaco.
Tabella 2-1
Caratteristiche delle molecole farmacologiche ionizzate e non ionizzate
Effetto farmacologico
Solubilità
Attraversano le barriere lipidiche (tratto
gastrointestinale, barriera ematoencefalica,
placenta)
Escrezione renale
Metabolismo epatico
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Non ionizzate
Ionizzate
Attiva
Lipidi
Sì
Inattiva
Acqua
No
No
Sì
Sì
No
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CAPITOLO 2 • Fondamenti di farmacologia
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3. Un fenomeno simile si verifica nel trasferimento di farmaci basici, come
gli anestetici locali, dalla madre al feto attraverso la placenta, poiché il pH
fetale è inferiore rispetto a quello materno. La frazione non ionizzata liposolubile dell’anestetico locale attraversa la placenta e nell’ambiente più acido
del feto è convertita nella forma ionizzata poco liposolubile. La frazione
ionizzata presente nel feto non può riattraversare di nuovo facilmente
la placenta e ritornare nella circolazione materna, e pertanto rimane intrappolata all’interno del feto.
a. Allo stesso tempo, la conversione della frazione non ionizzata in quella
ionizzata fa sì che venga mantenuto un gradiente di concentrazione che
causa un passaggio continuo dell’anestetico locale nel feto.
b. L’accumulo di anestetico locale nel feto che ne risulta è accentuato
­dall’acidosi che accompagna lo stress fetale.
XII. Vie di somministrazione e assorbimento sistemico dei farmaci. Il tasso di assorbimento sistemico di un farmaco determina l’entità dell’effetto del farmaco
e la durata della sua azione. Alterazioni nell’assorbimento sistemico possono
rendere necessario un aggiustamento del dosaggio o dell’intervallo temporale
tra una somministrazione e l’altra. A prescindere dalla via di somministrazione
del farmaco, l’assorbimento sistemico dipende dalla solubilità del farmaco.
A. Somministrazione per via orale
1. Gli svantaggi della via orale sono: a) vomito, causato dall’irritazione
della mucosa gastrointestinale provocata dal farmaco; b) degradazione
del farmaco da parte degli enzimi digestivi o dei succhi gastrici acidi; c) alterazioni dell’assorbimento a causa della presenza di cibo o di altri farmaci; d)
metabolismo nel tratto gastrointestinale prima che avvenga l’assorbimento.
2. Il sito principale di assorbimento dei farmaci dopo somministrazione
orale è l’intestino tenue, a causa dell’ampia superficie di questa porzione
del tratto gastrointestinale.
3. L’effetto di primo passaggio epatico si verifica quando i farmaci vengono
assorbiti dal tratto gastrointestinale, entrano nel sangue venoso portale
e quindi passano attraverso il fegato prima di accedere alla circolazione sistemica per essere poi trasportati sino ai loro recettori tissutali. Per i farmaci
che sono soggetti a un’elevata estrazione epatica e a un intenso metabolismo
da parte del fegato (propranololo, lidocaina), l’effetto di primo passaggio è la
causa delle grandi differenze nell’effetto farmacologico dopo somministrazione orale o endovenosa.
4. Somministrazione orale transmucosale. La via di somministrazione sub­
linguale o buccale permette una rapida insorgenza dell’effetto del farmaco,
in quanto il sangue di questo distretto “bypassa” il fegato, prevendo così
l’effetto di primo passaggio.
B. La somministrazione transdermica consente di mantenere le concentrazioni plasmatiche di farmaco all’interno della zona di efficacia terapeutica
per un certo periodo di tempo e riduce la probabilità di perdita dell’efficacia
terapeutica dovuta a fenomeni di picchi e cadute di concentrazione che si verificano con la classica somministrazione intermittente per iniezione.
XIII. Modelli farmacocinetici. Una considerazione sull’origine di questi modelli
consente un’analisi delle loro parti rappresentative.
A. Cinetiche di ordine zero e di primo ordine. Il consumo individuale di ossigeno e la produzione di anidride carbonica avvengono a velocità costante. Il
tasso di variazione (dx/dt) per un processo di ordine zero è: dx/dt = k.
B. Modelli fisiologici di farmacocinetica. Se l’obiettivo è stabilire come somministrare i farmaci al fine di ottenere concentrazioni plasmatiche terapeutiche,
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Parte I • Fondamenti di fisiologia e farmacologia
è sufficiente correlare matematicamente la dose alla concentrazione plasmatica.
A questo fine, sono generalmente utili i modelli compartimentali.
1. Modelli farmacocinetici compartimentali
a. Il “modello a un compartimento” è caratterizzato da un singolo volume
e da una singola eliminazione (Fig. 2-8A).
b. Per i farmaci anestetici, il modello assomiglia a diversi contenitori
connessi tra loro mediante tubi (modelli a due o a tre compartimenti)
(Fig. 2-8B,C).
c. La somma di tutti i singoli volumi è pari al volume di distribuzione
all’equilibrio (VdSS).
d. La clearance del compartimento centrale verso l’esterno è definita clea­
rance “sistemica” e la clearance tra il compartimento centrale e i compartimenti periferici è definita clearance “intercompartimentale”.
e. A parte la clearance, nessuno dei parametri dei modelli compartimentali
riesce a riprodurre in maniera soddisfacente qualunque struttura anatomica o processo fisiologico (Fig. 2-9A,B).
2. Quando i farmaci sono somministrati per via endovenosa, ogni molecola
viene immessa direttamente nella circolazione sistemica (se invece viene
somministrato per altre vie, il farmaco deve prima raggiungere la circolazione sistemica).
3. La concentrazione plasmatica che si osserva nel tempo dopo un bolo endovenoso assomiglia alla curva rappresentata nella Figura 2-10. Questa curva
presenta caratteristiche comuni alla maggior parte dei farmaci che vengono
somministrati mediante bolo endovenoso (la concentrazione diminuisce
A
B
I
V1
Compartimento
centrale
V
Volume
di distribuzione
k12
k21
V2
Compartimento
periferico
k10
k
C
V3
Compartimento
che si equilibria
lentamente
I
I
k13
k31
V1
Compartimento
centrale
k12
k21
V2
Compartimento
che si equilibria
rapidamente
k10
FIGURA 2-8 Modelli farmacocinetici standard e mammillari a uno (A), due (B) e tre
compartimenti (C). I rappresenta qualsiasi immissione nel sistema (bolo o infusione).
I volumi sono rappresentati da V e le costanti di velocità da k. I numeri riportati come
pedici sotto le costanti di velocità indicano la direzione del flusso, indicato come kda a.
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A
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B
Plasma
Plasma
Organo
di eliminazione
Organo
di eliminazione
FIGURA 2-9 La relazione tra volume, clearance ed emivita può essere immaginata con-
siderando due scenari: volume grande e clearance piccola (A) e volume piccolo e clearance grande (B). Il farmaco verrà eliminato più velocemente nel secondo caso.
continuamente nel tempo; la discesa inizialmente è ripida, ma nel tempo
la pendenza si riduce).
4. Molti anestetici sembrano presentare tre fasi distinte (vedi Fig. 2-10).
a. Vi è una fase di “distribuzione rapida” che inizia immediatamente dopo
l’iniezione in bolo. Questa fase è caratterizzata da passaggi molto rapidi
del farmaco dal plasma ai tessuti che raggiungono rapidamente l’equilibrio.
FIGURA 2-10 Classico decorso tempo-
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100
Concentrazione
rale della concentrazione plasmatica in
seguito a un’iniezione in bolo di un farmaco per via endovenosa, con una fase
rapida (in rosso), una intermedia (in blu)
e una fase logaritmica-lineare lenta (in
verde). La simulazione è stata effettuata
utilizzando la farmacocinetica del fentanil. (Da: Scott JC, Stanski DR. Decreased
fentanyl and alfentanil dose requirements with age. A simultaneous pharmacokinetic and pharmacodynamic evaluation.
J Pharmacol Exp Ther. 1987;240:159-166;
riproduzione autorizzata.)
10
1
0,1
0
120 240 360 480 600
Minuti dall’iniezione del bolo
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Parte I • Fondamenti di fisiologia e farmacologia
b. Spesso vi è una seconda fase di “distribuzione lenta”, caratterizzata
dal passaggio del farmaco nei tessuti che raggiungono l’equilibrio più
lentamente e dal ritorno del farmaco al plasma a partire dai tessuti che
raggiungono l’equilibrio più rapidamente.
c. La caratteristica che contraddistingue la fase finale di eliminazione è
che la concentrazione plasmatica è più bassa di quella presente nei vari
tessuti e la proporzione relativa di farmaco nel plasma e nei volumi periferici di distribuzione rimane costante. Durante questa “fase terminale”
il farmaco ritorna al plasma dai volumi di distribuzione rapidi e lenti
ed è permanentemente rimosso dal plasma mediante processi di metabolismo o escrezione.
C. Time-course dell’effetto farmacologico. Il plasma non è il sito dove si esplica
l’effetto farmacologico degli anestetici. Vi è uno scarto temporale tra la concentrazione plasmatica del farmaco e la concentrazione del farmaco nel sito
d’azione (Figg. 2-11, 2-12 e 2-13).
D. Calcolo della dose
1. Dosaggio in bolo. Esistono metodi convenzionali per calcolare il dosaggio
in bolo al fine di ottenere una specifica concentrazione plasmatica. Ciò ha
poco senso in quanto il plasma non è il sito d’azione del farmaco. Conoscendo la ke0 (la costante di eliminazione del farmaco dal sito d’azione)
di un anestetico endovenoso è possibile elaborare uno schema posologico
che consenta di ottenere la concentrazione desiderata del farmaco nel sito
d’azione (evitando un sovradosaggio) (Tab. 2-2).
2. Mantenimento della velocità di infusione. L’approccio migliore è utilizzare
un dispositivo per il rilascio controllato del farmaco a livello del sito d’azione. Con questo dispositivo gli utilizzatori stabiliscono la concentrazione
plasmatica desiderata o quella nel sito d’azione. Sulla base delle caratteristiche farmacocinetiche del farmaco, della relazione matematica tra le variabili
legate al paziente (peso, età, sesso) e i parametri farmacocinetici individuali,
il computer calcola la dose di farmaco necessaria per raggiungere rapidamente, e poi mantenere, qualsiasi concentrazione desiderata (Fig. 2-14).
3. L’emivita sensibile al contesto è il tempo necessario affinché la concentrazione plasmatica diminuisca del 50% in seguito a un’infusione che
mantiene una concentrazione costante. L’emivita sensibile al contesto aumenta con infusioni più prolungate perché è necessario più tempo affinché
la concentrazione diminuisca se il farmaco si è accumulato nei tessuti periferici (Figg. 2-15 e 2-16). Per caratterizzare le risposte cliniche ai farmaci,
l’emivita sensibile al contesto e i tempi di decremento nel sito d’azione sono
più utili rispetto all’emivita di eliminazione.
XIV. La farmacodinamica è lo studio della sensibilità intrinseca o della risposta
dell’organismo al farmaco e del meccanismo attraverso cui questi effetti si verificano (semplificando: cosa fa il farmaco all’organismo).
A. La relazione struttura-attività lega l’azione dei farmaci alla loro struttura
chimica e facilita la progettazione di farmaci con proprietà farmacologiche più
desiderabili.
1. La sensibilità intrinseca è determinata dalla misura delle concentrazioni
plasmatiche di un farmaco necessarie per determinare specifiche risposte
farmacologiche.
2. La sensibilità intrinseca ai farmaci varia da paziente a paziente e nello stesso
paziente nel tempo, con l’aumentare dell’età. Di conseguenza, a parità
di concentrazioni plasmatiche del farmaco, alcuni pazienti mostrano
una risposta terapeutica, altri non presentano alcuna risposta e altri ancora
sviluppano effetti tossici.
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CAPITOLO 2 • Fondamenti di farmacologia
21
A
0
Fentanil
Livello
arterioso
20
5
EEG
10
10
15
20
Infusione
0
0
5
10
15
20
Frequenza del limite spettrale (Hz)
Fentanil (ng/ml)
30
25
B
0
1500
Alfentanil (ng/ml)
Livello
arterioso
5
1000
10
EEG
15
20
25
Infusione
0
0
5
10
15
Tempo (min)
20
Frequenza del limite spettrale (Hz)
Alfentanil
25
FIGURA 2-11 Concentrazioni arteriose di fentanil e alfentanil (pallini neri) e risposta
elettroencefalografica (EEG) (linea irregolare blu) a un’infusione endovenosa. Rispetto al
fentanil, l’alfentanil mostra uno scarto temporale minore tra picco di concentrazione arteriosa e picco della risposta EEG, in quanto si equilibria con il cervello più rapidamente.
B. Relazione dose-risposta. In farmacologia, la relazione più importante è la curva
concentrazione (o dose)/risposta (Fig. 2-17). Essa rappresenta la relazione, indipendente dal tempo, tra l’esposizione al farmaco (asse X) e l’effetto (asse Y).
C. Potenza ed efficacia
1. I medici spesso usano la potenza per fare riferimento alla dose relativa
di due farmaci, come la potenza relativa del fentanil rispetto a quella
della morfina (il problema è che, con questa definizione, quando i farmaci
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22
Parte I • Fondamenti di fisiologia e farmacologia
I
V3
Compartimento
che si riequilibra
lentamente
k13
k31
k12
V1
Compartimento
centrale
k21
k10
k1e
FIGURA 2-12 Il modello a tre compartimenti inte-
Compartimento
in cui si verifica
l’effetto
grato con un compartimento aggiuntivo in cui si verifica l’effetto per spiegare il ritardo nell’equilibrio
tra la concentrazione plasmatica e l’effetto osservato del farmaco. Il compartimento in cui si verifica
l’effetto ha un volume trascurabile. Di conseguenza,
l’unico parametro che influenza il ritardo è ke0.
ne plasmatica (linea nera) e
concentrazione nel sito d’azio­
ne (linea rossa) dopo somministrazione in bolo di una do­
se di fentanil (A) e alfentanil
(B).
A
Concentrazione di fentanil
(percentuale del picco plasmatico)
FIGURA 2-13 Con­cen­tra­zio­
Concentrazioni di alfentanil
(percentuale del picco plasmatico)
B
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V2
Compartimento
che si riequilibra
rapidamente
ke0
100
80
60
40
17%
20
0
0
2
4
6
8
Minuti dall’iniezione in bolo
10
8
2
4
6
Minuti dall’iniezione in bolo
10
100
80
60
40 37%
20
0
0
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CAPITOLO 2 • Fondamenti di farmacologia
23
Tabella 2-2
Tempo per raggiungere l’effetto farmacologico massimale e t ½ ke0
dopo somministrazione di una dose in bolo
Farmaco
Tempo per raggiungere
l’effetto farmacologico
massimale (min)
t ½ ke0 (min)a
Fentanil
Alfentanil
Sufentanil
Remifentanil
Propofol
Tiopental
Midazolam
Etomidato
3,6
1,4
5,6
1,6
2,2
1,6
2,8
2,0
4,7
0,9
3,0
1,3
2,4
1,5
4,0
1,5
a
 t ½ ke0 = 0693/ke0, emivita nel sito d’azione, dove ke0 è la costante di eliminazione del farmaco dal
sito d’azione e t ½ ke0 è il tempo necessario affinché la concentrazione nel sito d’azione diventi
la metà del suo valore originario.
Fonte: Glass PSA, Shafer S, Reves JG. Intravenous drug delivery systems. In: Miller RD, Eriksson LI,
Fleisher LA et al., eds. Miller’s Anesthesia. 7th ed. Philadelphia, PA: Churchill Livingstone; 2010,
riproduzione autorizzata.
Velocità di infusione del fentanil
(Rg/ora)
hanno curve tempo-dipendenti molto differenti la potenza relativa varia
in funzione del tempo a cui vengono effettuate le misurazioni).
a. Da un punto di vista farmacologico, la potenza è descritta più logicamente in termini di relazione concentrazione-risposta (tra due farmaci,
quello con la curva dose-risposta spostata a sinistra è considerato il più
potente [C50 più bassa], mentre quello con la curva dose risposta spostata
a destra è il meno potente) (Fig. 2-18).
400
300
200
100
0
0
60
120
180
240
300
Minuti dall’iniezione in bolo
360
FIGURA 2-14 Velocità di infusione del fentanil necessaria per mantenere una concentra-
zione plasmatica pari a 1 μg/ora. Inizialmente la velocità di infusione è piuttosto elevata perché il fentanil è sequestrato avidamente dal tessuto adiposo. La velocità di infusione richiesta diminuisce non appena il farmaco raggiunge l’equilibrio tra tessuto adiposo e plasma.
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24
Parte I • Fondamenti di fisiologia e farmacologia
Emivita sensibile al contesto (minuti)
300
250
Fentanil
200
Tiopental
150
Fentanil
100
50
0
Sufentanil
0
1
2
3
Midazolam
Alfentanil
Propofol
4
5
6
7
8
9
Durata dell’infusione (ore)
FIGURA 2-15 Calcolo sensibile al contesto dell’emivita del farmaco in funzione della
durata dell’infusione endovenosa per fentanil, alfentanil, sufentanil, propofol, midazolam
e tiopental. (Da: Hughes MA, Glass PSA, Jacobs JR. Context-sensitive half-time in multicompartment pharmacokinetic models for intravenous anesthetic drugs. Anesthesiology.
1992;76:334-341; riproduzione autorizzata.)
b. Per essere più precisi, la potenza dovrebbe essere definita in termini
di effetto specifico di un farmaco (dose che causa il 50% dell’effetto massimale di un agonista completo).
2. L’efficacia è la misura della capacità intrinseca di un farmaco di produrre
un certo effetto fisiologico o clinico (Fig. 2-19).
3. L’efficacia si riferisce alla posizione del massimo della curva dose-risposta
sull’asse y, mentre la potenza si riferisce alla concentrazione di un farmaco che determina una particolare risposta (il 50% dell’effetto massimo
[N.d.C.]) calcolata sull’asse delle y.
D. Dose efficace e dose letale. La DE50 è la dose di farmaco necessaria per produrre un certo effetto desiderato nel 50% degli individui trattati con il farmaco.
La DL50 è la dose di farmaco necessaria per causare la morte nel 50% dei pazienti (o, più spesso, degli animali) trattati con il farmaco. L’indice terapeutico
è il rapporto tra DL50 e DE50 (DL50/DE50) (Fig. 2-20).
XV. Interazioni tra farmaci
A. Azioni su recettori differenti
1. Gli oppioidi riducono fortemente la concentrazione alveolare minima
degli anestetici inalatori necessaria per sopprimere il movimento dopo
una stimolazione dolorosa (Figg. 2-21 e 2-22). Anche in presenza di alte dosi
di oppioidi, è comunque necessario aggiungere all’anestetico un farmaco
ipnotico per inibire il movimento.
2. L’interazione tra due farmaci somministrati per via endovenosa, così come
quella tra farmaci endovenosi e anestetici inalatori, è in genere di tipo
sinergico.
XVI. La stereochimica è lo studio della struttura tridimensionale delle molecole.
A. La chiralità è la base strutturale dell’enantiomeria. Gli enantiomeri (sostanze
con forme opposte) sono coppie di molecole presenti in due forme che sono
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CAPITOLO 2 • Fondamenti di farmacologia
60
FIGURA 2-16 Tempi di de-
Decremento del 20%
Minuti per un dato decremento di concentrazione nel sito d’azione
50
40
30
20
10
0
0
360
120
240
360
480
600
Decremento del 50%
300
Fentanil
Alfentanil
Sufentanil
Remifentanil
240
180
120
25
cremento nel sito d’azione.
Sono descritti i tempi di decremento del 20, 50 e 80%
per fentanil (in nero), alfentanil (in verde), sufentanil (in
rosso) e remifentanil (in blu).
Quando si ha uno squilibrio
importante tra la concentrazione nel plasma e quella
nel sito d’azione, il tempo
di decremento nel sito d’azione fornisce, rispetto all’emivita sensibile al contesto,
una stima più appropriata
del tempo necessario per il
recupero.
60
0
0
720
120
240
360
480
600
480
600
Decremento dell’80%
600
480
360
240
120
0
0
120
240
360
Durata dell’infusione (minuti)
speculari una rispetto all’altra (mano destra e sinistra), ma non possono essere
sovrapposte.
1. Due enantiomeri sono distinguibili dalla direzione in cui, quando disciolti
in soluzione, fanno ruotare la luce polarizzata: in senso orario (destrogiro,
d [+]) o antiorario (levogiro, l [–]).
Emax
Effetto
100
50
0
Efficacia
Potenza
FIGURA 2-17 Relazione tra esposizione
al farmaco (dose, concentrazione ecc.)
ed effetto. La potenza si riferisce alla
posizione della curva lungo l’asse delle
x. L’efficacia si riferisce alla posizione
dell’effetto massimo sull’asse delle y.
C50
Dose, concentrazione o altre
misure di esposizione al farmaco
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26
Parte I • Fondamenti di fisiologia e farmacologia
FIGURA 2-18 Relazione dose-risposta per
100
A
Effetto
tre farmaci con le relative potenze. Il farmaco A è il più potente e il farmaco C è il meno
potente.
B
C
Potenza
più
meno
0
Dose, concentrazione o altre
misure dell’esposizione
2. Questi sensi di rotazione, d (+) e l (‒) sono spesso confusi con le designazioni D e L utilizzate nella chimica delle proteine e dei carboidrati.
3. La caratteristica di rotazione della luce polarizzata è all’origine del termine
isomeri ottici. Quando due enantiomeri sono presenti in proporzioni uguali
(50:50) si parla di miscela racemica.
4. La convenzione più utilizzata e chiara per designare gli isomeri è la classificazione in sinistro (sinister: S) e destro (rectus: R), che specifica la configurazione assoluta nel nome del composto.
B. Le interazioni molecolari, che sono la base meccanicistica della farmacocinetica e della farmacodinamica, sono stereoselettive (differenza relativa tra
enantiomeri) o stereospecifiche (differenza assoluta tra enantiomeri). L’ipotesi
“chiave e serratura” dell’attività dell’enzima sul substrato evidenzia il fatto che
i sistemi biologici sono per natura stereospecifici.
1. L’estensione farmacologica di questo concetto è che ci si può aspettare
che i farmaci interagiscano con gli altri componenti biologici in un modo
geometricamente specifico.
2. Da un punto di vista farmacologico, non tutti gli enantiomeri sono uguali:
possono presentare differenze in termini di assorbimento, distribuzione,
eliminazione, potenza e tossicità (interazione tra farmaci). Due enantiomeri
possono addirittura antagonizzare l’uno gli effetti dell’altro.
FIGURA 2-19 Curve concentrazione-​
100
risposta per farmaci con livelli diversi di efficacia. Sebbene la C50 di ogni
curva sia la stessa, l’agonista parziale
è meno potente rispetto all’agonista
pieno a causa della minore efficacia.
Agonista pieno
Effetto
80
60
Agonista parziale
40
20
Antagonista neutro
Agonista inverso
0
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Dose, concentrazione o altre
misure dell’esposizione
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CAPITOLO 2 • Fondamenti di farmacologia
27
Percentuale di animali che rispondono
100
Ipnosi
Morte
80
60
Indice terapeutico
LD50 400
"
"4
ED50 100
40
20
0
50
ED50
100
LD1 ED99 LD50
200
400
800
1600
Dose (mg)
FIGURA 2-20 Analisi per determinare la LD50, la LD99 e l’indice terapeutico di un
farmaco.
C. La somministrazione di una miscela racemica può in effetti rappresentare
sul piano farmacologico l’azione combinata di due farmaci diversi, con differenti proprietà farmacocinetiche e farmacologiche.
1. I due enantiomeri di una miscela racemica possono avere diversi tassi di assorbimento, metabolismo ed escrezione, così come diverse affinità per i recettori. Sebbene solo uno degli enantiomeri sia attivo terapeuticamente, è
possibile che l’altro contribuisca all’insorgenza di effetti collaterali.
FIGURA 2-21 Effetti dell’interazione tra
Desflurano o isoflurano inspirato
7
6
5
4
3
Desflurano
2
Isoflurano
1
0
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fentanil e isoflurano o desflurano sulla
concentrazione alveolare minima necessaria per inibire il movimento in seguito a
una stimolazione dolorosa.
0
2
8
4
6
Fentanil (ng/ml)
10
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Parte I • Fondamenti di fisiologia e farmacologia
FIGURA 2-22 Effetti dell’interazione
tra propofol e alfentanil sulla concentrazione necessaria per inibire la
risposta all’intubazione, mantenere
l’assenza di risposta in corso di intervento chirurgico e, quindi, nel risveglio dall’anestesia.
Concentrazione di alfentanil (ng/ml)
28
400
Intubazione
300
Mantenimento
200
Risveglio
dall’anestesia
100
0
0
2
4
6
8
10
Concentrazione di propofol (Rg/ml)
2. L’isomero terapeuticamente inattivo che è presente in una miscela racemica
può essere considerato alla stregua di un’impurità.
D. Gli studi sulle miscele racemiche possono essere poco attendibili sul piano
scientifico se gli enantiomeri hanno differenti proprietà farmacocinetiche o farmacodinamiche. Si pensa che un terzo dei farmaci utilizzati in clinica venga
somministrato sotto forma di miscela racemica. È auspicabile che in futuro
venga compiuto un maggior numero di studi specifici sui farmaci enantiomeri.
E. Aspetti clinici della chiralità
1. La maggior parte degli anestetici inalatori è chirale (con l’eccezione del sevofluorano). Gli effetti enantiomero-selettivi per gli anestetici volatili sono
relativamente deboli; al contrario, esistono evidenze molto più marcate
riguardanti le interazioni specifiche farmaco-recettore relative agli anestetici somministrati per via endovenosa.
2. Gli anestetici locali, tra cui la mepivacaina, la prilocaina e la bupicavaina,
presentano un centro di asimmetria molecolare.
a. Oltre alle differenze farmacocinetiche, si pensa che la tossicità cardiaca
della bupivacaina sia prevalentemente dovuta all’isomero R-bupivacaina.
b. La ropivacaina è l’enantiomero S di un omologo della bupivacaina che
dimostra una minore tossicità cardiaca.
3. L’enantiomero S (+) della ketamina è più potente della forma R (‒) ed è meno
probabile che possa indurre l’insorgenza di un delirium postoperatorio.
F. Variabilità individuale
1. Dopo la somministrazione di dosi identiche, alcuni pazienti possono presentare effetti collaterali clinicamente significativi, mentre altri possono non mostrare alcuna risposta terapeutica. Una parte di questa differenza nella risposta può dipendere da differenze nel metabolismo del farmaco, in particolare
in quello operato dagli enzimi della famiglia del citocromo P-450 (Tab. 2-3).
2. L’introduzione della farmacogenetica nella medicina clinica può diventare
utile per predire la risposta dei pazienti ai farmaci.
3. Nella pratica clinica l’impatto della variabilità tra pazienti può essere
mascherato dalla somministrazione di dosi elevate di un farmaco (somministrazione di un bloccante neuromuscolare non depolarizzante a una dose
pari a 2-3 × DE95).
4. È pratica comune, in anestesia, somministrare i farmaci in proporzione
al peso corporeo, anche se ciò non è conforme ai principi di farmacocinetica e farmacodinamica.
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CAPITOLO 2 • Fondamenti di farmacologia
29
Tabella 2-3
Eventi responsabili delle variazioni nella risposta interindividuale
ai farmaci
Farmacocinetici
Biodisponibilità
Funzionalità renale
Funzionalità epatica
Funzionalità cardiaca
Età del paziente
Farmacodinamici
Attività enzimatica
Differenze genetiche
Interazioni farmacologiche
G.
H.
I.
J.
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5. Con l’intento di minimizzare la variabilità interindividuale, sono stati sviluppati sistemi computerizzati di infusione dei farmaci endovenosi (sistemi
di infusione controllata dal sito d’azione).
Pazienti anziani
1. Nel paziente anziano le variazioni nella risposta ai farmaci sembrano
dovute principalmente a: a) diminuzione della gittata cardiaca; b) aumento
del tessuto adiposo; c) diminuzione del legame alle proteine; d) diminuzione della funzionalità renale.
2. Non sembra che l’invecchiamento sia accompagnato da cambiamenti
della sensibilità dei recettori.
Attività enzimatica. Alterazioni dell’attività enzimatica, come per esempio
l’induzione enzimatica, possono essere responsabili di variazioni nella risposta
ai farmaci tra gli individui.
Disturbi genetici
1. Le variazioni individuali nella risposta ai farmaci sono dovute in parte
a differenze genetiche che possono anche alterare la sensitibilità dei recettori. Variazioni genetiche nelle vie metaboliche (acetilatori rapidi versus
acetilatori lenti) possono avere implicazioni importanti sul piano clinico.
2. Esempi di patologie che vengono smascherate dai farmaci includono: a) prolungato blocco neuromuscolare dopo somministrazione di succinilcolina
o mivacurio, che rivela la presenza di una colinesterasi atipica; b) ipertermia
maligna scatenata da succinilcolina o da anestetici volatili.
Si verifica un’interazione farmacologica quando un farmaco altera l’intensità
dell’effetto farmacologico di un altro farmaco somministrato contemporaneamente. Le interazioni tra farmaci possono riflettere alterazioni farmacocinetiche (aumento del metabolismo di un bloccante neuromuscolare in pazienti
trattati cronicamente con anticonvulsivanti) o farmacodinamiche (diminuzione della dose necessaria di anestetico volatile dovuta agli oppioidi).
1. Il risultato netto di un’interazione farmacologica può essere un aumento
o una diminuzione dell’effetto di uno o di tutti e due i farmaci, che può
portare alla comparsa di effetti desiderati o indesiderati.
2. Nel periodo perioperatorio la possibilità di interazione tra farmaci è molto
alta a causa dell’elevato numero di farmaci appartenenti a classi chimiche
diverse che vengono generalmente utilizzati nel corso dell’anestesia.
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