LA PRO LOCO DI RUTIGLIANO Indirizzo: via Porticella, 13 - 70018 Rutigliano (BA) Presidente: Desario Michele Tel/Fax 080.477.00.09 [email protected] La Pro Loco di Rutigliano, esistente come associazione turistica dal 1982, in sinergia con le altre associazioni presenti sul territorio e in collaborazione con le Amministrazioni Regionali, Provinciali e Comunali succedutesi negli anni, svolge un prezioso e continuativo lavoro per la valorizzazione delle tradizioni culturali, folkloristiche, storiche ed economiche rutiglianesi. Nel corso dell’anno l’associazione organizza varie manifestazioni ed eventi culturali tra cui: Il Corteo dei Re Magi, la partecipazione alla Festa di Sant’Antonio Abate e Fiera del Fischietto in terracotta e alla Sagra dell’Uva, la Sagra della Bruschetta, la Sagra della Pettola e la mostra di presepi Seguendo la Cometa. Inoltre, si prevedono e organizzano concerti, rappresentazioni teatrali e partecipazioni a sagre e fiere di altri comuni, non solo sul territorio regionale ma anche a livello nazionale. Durante questi eventi la Pro Loco cura stands espositivi in cui vengono fatti degustare prodotti della gastronomia locale e vengono anche esposti manufatti realizzati da artigiani rutiglianesi (fischietti, terrecotte, ecc.). La partecipazione a tali eventi risulta agevolata grazie all’affiliazione della Pro Loco di Rutigliano all’U.N.P.L.I., Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, che riunisce oltre 6000 Pro Loco in Italia. L’iscrizione a tale ente ha consentito inoltre di partecipare al progetto “SOS PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE”, ideato dall’Unione Nazionale delle Pro Loco e finanziato dal Ministero della Solidarietà Sociale. Dal 1991, grazie al prezioso e continuativo lavoro dell'intera Assemblea, la no¬stra Pro Loco ha ottenuto importanti riconoscimenti anche nella nostra Regione, tanto da divenire sede del Comitato Provinciale UNPLI (Unione Nazionale Pro Loco d'Italia) presieduto da Troiani Giacomo. STORIA L’attuale centro abitato “Rutilianum” sorse poco prima dell’anno 1000 intorno agli antichi insediamenti di Azezio e di Bigetti. La città medievale si sviluppò attorno ai due edifici rappresentativi del potere temporale e quello spirituale: il Castello e la Collegiata Santa Maria della Colonna. Rutigliano, grazie alla fertilità del suolo e dell’abilità produttiva e mercantile dei suoi abitanti, ha quasi sempre vantato nel corso della storia un’invidiabile floridezza economica. Nel 1274 quando Carlo I d’Angiò ordinò ai vari centri di Terra di Bari l’invio di vettovaglie per il suo esercito, Rutigliano provvide al rifornimento di pani, orzo, formaggi, galline e uova in misura doppia rispetto a qualunque altro centro della provincia. Tre anni dopo, inoltre, con cento once contribuì allo sviluppo di Mola di Bari. Grazie a questa generosità la città di Rutigliano fu dichiarata dalle autorità angioine “Terra di Regio Demanio”. Nel 1304 Carlo II d’Angiò donò Rutigliano alla basilica di San Nicola di Bari che esercitò i propri diritti feudali sino ai primi anni del XIX secolo. MANIFESTAZIONI Corteo dei Magi Evento organizzato dalla Pro Loco il 6 gennaio è la celebrazione e rappresentazione dell’Epifania. Festa di Sant’Antonio Abate e Fiera del Fischietto in Terracotta Il 17 gennaio si festeggia S. Antonio Abate, patrono della farina e protettore dalla infestazione di un particolare "micete" che provoca il cosiddetto "Fuoco di S. Antonio". La manifestazione da anche inizio al Carnevale e per questo motivo i “Figuli”, gli artigiani che lavorano l’argilla, realizzano i “fischietti”, statuine in terracotta che riproducono, in forma caricaturale, i personaggi tipici della vita paesana. Non mancano anche le riproduzioni di figure animali quali galletti, uccelli, cavalli e maialini. In questa ricorrenza il fidanzato, in segno d’amore, regala alla sua futura sposa il fischietto. Anticamente il fischietto aveva un significato magico-culturale, in quanto il suo suono veniva utilizzato per scacciare ed allontanare il malocchio e gli spiriti maligni. Oltre a questa funzione superstiziosa il fischietto si carica anche di una forte valenza sessuale, associando il fischio alla potenza virile. Domenica delle Palme La sera della domenica delle Palme il centro del paese viene trasformato in un enorme palcoscenico in cui viene rappresentata e teatralizzata la passione e morte di Cristo. I tradizionali riti proseguono con le due processioni del Venerdì Santo dei Misteri e del Sacro Legno (un frammento della Croce custodito nella collegiata Santa Maria della Colonna e San Nicola). Sagra della Bruschetta Notte di San Lorenzo 9 Agosto, organizzata dalla Pro Loco. Festa del grano Prima domenica di luglio, organizzata dall’Associazione Porta Nuova Onlus. Fiera di San Lorenzo E’ tra le più antiche e tradizionali fiere pugliesi. Apre i battenti al tramonto del 9 agosto e dura tutta la notte per concludersi nel pomeriggio del giorno successivo. All’alba del 10 agosto la fiera viene arricchita dalla tradizionale rassegna del bestiame. Fu la regina di Polonia Bona Sforza in persona, con un proprio decreto del 15 maggio del 1543, ad autorizzare la fiera a Rutigliano. Altarini di Ferragosto Sono allestiti per le strade e le piazze del borgo medievale e dei rioni (Centro Storico, Stazzoni, Fracasso, Madonna delle Grazie, Passione e Sant’Antonio Abate). Dedicati alla Madonna delle Grazie e San Rocco, sono sfarzosamente addobbati con fiori, quadri, drappi e illuminati da tipiche lucerne in terracotta. Rimangono allestiti per oltre 50 ore di fila, dal tramonto del 14 agosto alle prime ore del 15 agosto. La loro origine risale ai primi dell’800 come forma spontanea di devozione popolare verso la Madonna per aver salvato Rutigliano dalle truppe francesi, e verso San Rocco per aver preservato i rutiglianesi dal contagio della peste che colpì la vicina Noicattaro. Festa del S.S. Crocifisso Dal 13 al 15 settembre è l’appuntamento più rilevante della città, ha addirittura superato come importanza la festa del Patrono San Nicola. Sagra dell’Uva Istituita dal 1960, in programma nel mese di settembre, il sabato e la domenica successiva alla Festa del S.S. Crocifisso, ha contribuito a diffondere l’uva rutiglianese sui mercati nazionale e internazionali. Sagra della Pettola Organizzata dalla Pro Loco il sabato e la domenica precedenti il Natale. La sagra offre a tutti i visitatori la possibilità di assaporare le prelibate pettole, salate o dolci, ottenute da un impasto di acqua, farina e lievito, preparate e fritte in olio bollente dalle abili mani delle massaie. IN GIRO PER LA CITTÁ Chiesa dell’Annunziata sita nel Vallone Guidotti. Oasi della chiesetta seicentesca Mater Domini. E’ uno spazio verde attrezzato che si presta ad accogliere famiglie e pellegrini. Museo dei Fischietti in Terracotta “Domenico Divella”. Museo Civico archeologico “Grazia e Pietro Didonna”. Museo degli antichi mestieri. Vi si conservano attrezzi, arnesi, oggetti riconducibili all’antica civiltà contadina. Santuario del S.S. Crocifisso Torre Normanna e Chiesa Santa Maria della Colonna e San Nicola nel centro storico. ENOGASTRONOMIA Il grano è alla base della tradizione gastronomica rutiglianese, non a caso è sorta qui verso la fine dell’800 la grande aziende agroalimentare “Divella”. Tipici sono infatti i piatti a base di grano fagioli e con sugo di pancetta di maiale. Altri primi piatti della gastronomia sono le cicorie con le fave bianche condite con olio d’oliva, i cavatelli con fagioli e ricotta forte. Tra i secondi i “brascioul” (involtini di carne d’asina), la salsiccia a punta di coltello e le melanzane ripiene. PROLOCO DI RIBERA Via Sellaio 5 92016 - Ribera (AG) Tel/fax 0922535404 [email protected] Sin dall'epoca medievale, numerosi erano gli abitanti della vicina e antica città di Caltabellotta, dediti alla coltivazione dei campi, che, a piedi, o con muli e carretti, scendevano a lavorare oltre le sponde del fiume Sosio-Verdura. La freschezza, la purezza e la bontà delle sue acque, che sgorgavano da una copiosa sorgente nei pressi di Prizzi, in provincia di Palermo, unitamente al clima, alquanto favorevole e mite, avevano fatto di quelle terre, una delle oasi più feconde e produttive dell'intera Sicilia. Vi si produceva di tutto, dal riso al cotone, dal grano agli agrumi, dalle mandorle alle olive, dalle numerose varietà di uva ad ogni tipo di frutta di stagione ed ogni genere di ortaggi. Tante primizie, rinomate per sapore e fragranza, trovavano nel territorio di Ribera, anticamente detto "Allava", l'ambiente più adatto, facendo sì, che in breve tempo, l'agricoltura diventasse la principale fonte di reddito. Le origini di Ribera, si fanno risalire all'anno 1635, quando alcuni abitanti di Caltabellotta, stanchi delle immani fatiche, durante i tortuosi e impervi percorsi, che erano costretti ad affrontare, hanno deciso di costruire in sito le proprie case, scegliendo il Piano di San Nicola, l'attuale quartiere di Sant'Antonino. Una moderna cittadina, concepita con criteri urbanistici d'avanguardia per quei tempi, ha cosi cominciato a delinearsi, per volere supremo dell'allora Principe di Paternò Don Luigi Moncada, padrone e signore di immensi feudi, che aveva affidato la redazione del Primo Piano Regolatore di Ribera ad uno dei più valenti architetti dell'epoca. In pochissimi anni il nuovo paese si è notevolmente ampliato, fino a costituire un grosso agglomerato di case prospettanti in vie larghe e bene allineate, al quale è stato dato il nome di Ribera, forse in omaggio alla bellissima moglie del Principe, Maria Afan de Ribera, figlia del Duca di Alcalà. Col passare del tempo, le case aumentavano e cosi anche gli abitanti e pertanto cominciavano a sorgere le prime chiese, una delle quali è stata dedicata a San Nicola di Bari, che successivamente è stato eletto Patrono del nuovo paese. La parola Ribera, nella lingua spagnola si pronuncia "rivera" ed indica per 1'appunto, una riviera, una costa, un lido ovvero un tratto di territorio lambito dalle acque. Pertanto, considerato che il nostro territorio è bagnato per 11 km dal Mare Mediterraneo ed è attraversato dai tre fiumi: Verdura, Magazzolo e Platani, il nome che è stato dato alla città è risultato meravigliosamente appropriato. Ben presto, il clima, la posizione geografica, oltre, naturalmente la grande genialità ed operosità dei nostri agricoltori, hanno contribuito a creare un territorio di circa 12 mila ettari, che per prosperità e produzione agricola è considerato una perla per la Sicilia intera. Nei primi anni, tutte le case sorte, sono rimaste di pertinenza del comune di Caltabellotta, ma col passare del tempo è venuta fuori, prepotentemente, una nuova realtà, che ha determinato la nascita ufficiale del nuovo ed autonomo paese: Ribera. Posizionato su una vasta pianura a 230 m. sul livello del mare e distante da questo circa 7 km., Ribera si trova vicina al percorso della S.S. 115, denominata SudOccidentale Sicula, che va da Trapani a Siracusa. E' posizionata tra i due fiumi Verdura e Magazzolo, a 46 Km. da Agrigento, a 20 Km. da Sciacca e a 130 Km. da Palermo. Oggi Ribera comprende le due frazioni di Borgo Bonsignore detto "Santu Petru", sorto durante il ventennio fascista e di Seccagrande, che dopo gli anni '60 si sono arricchite di ville e case, utilizzate in gran parte durante le vacanze estive, anche se da qualche anno, numerose famiglie hanno scelto di fissarvi la propria residenza. Pur con immancabili carenze, le due località turistiche, da giugno a settembre vengono prese letteralmente d'assalto, sia da riberesi, sia da gitanti provenienti dai paesi vicini e da numerosi emigrati, che ritornano per le ferie, ma raramente sono meta di qualche gruppo di turisti stranieri di passaggio. A tal proposito, sarebbe molto saggio da parte dei vari amministratori che si succedono al governo della città, adottare seri e sostanziali provvedimenti per incentivare tale flusso turistico, con la riscoperta dei nostri monumenti, la valorizzazione del territorio e con la realizzazione di strutture ricettive, affinché si possa sfruttare il notevole movimento turistico che fa capo a Sciacca, Agrigento, Selinunte ed Eraclea Minoa. A circa 3 Km. a Sud-Ovest di Ribera, sopra un colle dal quale è possibile ammirare il mare, i lussureggianti giardini della Valle di Verdura e il panorama del paese, si trova il diroccato, ma ancora imponente Castello di Poggiodiana, con la sua maestosa torre merlata. Tale prezioso maniero, che era stato costruito nel XII Sec. dai normanni, a difesa delle piccole comunità che risiedevano e lavoravano nella zona, purtroppo oggi è abbandonato a se stesso e se non si provvederà presto ad operare gli opportuni interventi, potrà subire ulteriori irreparabili danni. Il castello apparteneva in un primo tempo ai Conti Luna di Poggiodiana. Federico II d'Aragona, nel 1392 lo concesse al Conte Guglielmo Peralta, Signore di Caltabellotta, figlio di Guglielmo I e nipote di Raimondo Peralta, potente e ricchissimo feudatario. In seguito, passò ad un nobile di Sciacca„ Artale Luna, che aveva sposato Margherita Peralta, erede della Contea di Caltabellotta. L'investitura del castello passò poi, al figlio di questi, Antonio Luna in data 10 novembre 1453, in virtù del regio privilegio concessogli da Alfonso il Magnanimo. I beni dei Luna furono successivamente confiscati ed acquisiti dalla Corona, in seguito ai fatti luttuosi del "Secondo caso di Sciacca". Nel 1565 infine, il maniero divenne di proprietà della famiglia Moncada e nel 1578, a causa di alcune forti scosse di terremoto, che hanno interessato tutto il territorio agrigentino, ha subito gravissimi danni, che oggi più che mai, necessitano di indifferibili opere di consolidamento, se non si vuole presto vedere crollare la torre, che alta e fiera, a ricordo di un passato che non può essere cancellato, campeggia sullo stemma ufficiale ed è l'emblema della nostra Ribera. (da "Tradizioni Popolari Ribera ieri.... Ribera oggi" pubblicazione realizzata da Giuseppe Nicola Ciliberto patrocinata dall' Amministrazione Comunale di Ribera- Anno 2000). PROLOCO VEZZANO LIGURE Vezzano Ligure si trova nella Bassa Val di Magra, arroccato su un colle a dominio della confluenza tra i fiumi Vara e Magra. Citato per la prima volta nel 963 in un diploma di Ottone I, dall’XI secolo passò sotto i signori di Vezzano, che mantennero il potere fino all’arrivo dei genovesi. La caratteristica di Vezzano è la divisione in due insediamenti, entrambi di origine medievale, posti sulle sommità di due colline, Vezzano Alto e Vezzano Basso. Sono collegati da un altro abitato, Mitiliano. Vezzano Basso presenta una struttura tipicamente concentrica percorse da strette vie e archi voltati, con la torre pentagonale del XIII secolo, alta circa quindici metri, i resti della cinta muraria con torri rotonde, inglobati nel Palazzo Giustiniani, la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta e San Sebastiano, in stile barocco e l’oratorio sconsacrato di San Michele con abside e portale gotici. Vezzano Alto è strutturato intorno alla piazza, composta da una pavimentazione policroma a ciottoli, circondata da edifici del XVII e XVIII secolo e dalla chiesa di Nostra Signora del Soccorso. Nel paese si trovano anche i ruderi del castello. Nei dintorni si trova Valeriano, borgo medievale posto su un suggestivo colle da cui domina parte della Val di Vara ed il Golfo dei Poeti, con strette stradine concentriche e la chiesa di Sant'Apollinare del XVIII secolo. A Prati si trova il santuario del Molinello, dedicato ad un'apparizione mariana durante la peste del 1523. Da vedere anche Fornola, Bottagna e Corongiola, con ecco l’antica pieve di San Prospero. PER MAGGIORI INFORMAZIONI: http://www.terredilunigiana.com/vezzanoligure.php PROLOCO DI UTA ll territorio Il paese di Uta si trova nel Campidano a sud-ovest del capoluogo sardo, dal quale dista una ventina di km; ricopre un territorio di 134,33 kmq ed è confinante a nord con il comune di Villaspeciosa e in senso orario con Decimomannu, Assemini, Capoterra e Siliqua. Uta è disteso su una fertile pianura attraversata da due corsi d’acqua (Rio Cixerri e Rio Mannu)che confluiscono verso lo stagno di Santa Gilla, è posto a 6 m. sopra il livello del mare, ma nel suo comprensorio è presente anche un’ampia area montagnosa, costituita dai Monti Arcosu (948 m)e Lattias (1086 m.) e in parte dalle cime di Guttureddu e Gutturu Mannu. La parte sud occidentale del territorio a partire dal fiume Cixerri comprende una serie di collinette dell’altezza di media di circa cento metri dove sono situati: i resti di due antiche chiese cristiane (Santa Maria Magramixi e San Nicola), un tempio romano, tutti rivolti verso il Cixerri, una tomba di giganti con trenta Menir distrutta con mezzi meccanici dall’ignoranza degli uomini. Recente frontiera, in direzione di Siliqua, è il lago artificiale ricavato dalla diga sul Cixerri che, unitamente alla strada ferrata e alla statale 130, chiude il paese a Nord/Nord-Ovest. Il clima del paese è tipicamente mediterraneo: gli influssi del mare e degli altri corsi d’acqua rendono miti le basse temperature determinate dal vento di maestrale, proveniente dal Nord-Ovest nel periodo autunnale, e placano l’afa causata dai venti caldi e asciutti provenienti dall’Africa all’inizio della primavera. Il centro abitato è situato nella parte nord del suo territorio e la popolazione raggiunge i 7000 abitanti. A causa delle passate inondazioni e alluvioni la parte più antica del paese è stata distrutta e anche la struttura urbanistica del centro abitato è stata sottoposta a diversi rifacimenti sia per l’utilizzo dei materiali che per le rinnovate tipologie abitative. Le sue origini Il paese di Uta appariva in antichità suddiviso in due borgate: Uta Susu e Uta Jossu. Alla prima apparteneva la chiesa di Santa Maria e poche abitazioni situate nella zona circostante, mentre a poco più di un chilometro si trovava Uta Jossu (dove era ubicata la chiesa di San Cromazio), ovvero l’attuale Uta, sorta per naturale spostamento della popolazione verso una posizione più sana e meno battuta dalle consuete inondazioni del Rio Mannu e Cixerri; questi, infatti, insieme ai loro affluenti, si riunivano nella parte finale del loro corso, a sud del paese, creando una palude e, a causa della mancanza di adeguati argini, straripando frequentemente così da provocare non pochi danni alle campagne e alle abitazioni e la morte di bestiame e talvolta di persone. Il nome Uta sembrerebbe, per tali ragioni, derivare dal latino UDUS che significa paludoso, umido. Da altre fonti, in particolare da una ricerca eseguita visualizzando alcune Carte Tolemaiche del testo “Sardegna Antiqua”, risulta che il nome Uta abbia avuto diverse varianti a seconda del visitatore che vi giungeva o della lingua che questo parlava: 1. 2. 3. 4. Yra e Ity: greco antico Villanova: riferendosi a villaggio nuovo Villanueva Itta – Utta – Ura ed infine Uta, per poi ripresentarsi in Utasusu e Utajusu Un’ulteriore alternativa sull’origine del nome Uta proviene da “Il Sistema Linguistico della civiltà Nuragica” del prof. Raffaele Sardella, in cui si scrive: 1. Dal sumero Uta-She: per, verso il Dio sole Utu, nel Dio Utu ( quindi Uta = Utu = Dio del sole Utu) 2. Dal sumero Uta-She: la sede del Dio sole 3. Dal sumero Uta-She: la sede, il fondamento del cielo Breve percorso storico Il nostro paese è un centro di antiche origini, come testimoniano i ritrovamenti di varie epoche rinvenuti sul nostro territorio e i documenti relativi a Uta. Periodo nuragico La zona era già abitata in periodo nuragico, sono, infatti, presenti nella falda di monte Arcosu i resti di numerosi nuraghi, tra cui il più grande denominato “Su niu de su Pilloni” comprendente anche i resti di un villaggio nuragico e una fornace; tutti risultano poco visibili a causa del degrado, dell’usura del tempo e molti probabilmente tuttora sotto i cumuli di terra. Periodo romano Anche il periodo romano ha lasciato il suo segno, poiché l’antica strada romana che portava da Caralis a Nora attraversava tutto il suo territorio. Vari ritrovamenti (una statua semi colossale di una sacerdotessa romana, resti di colonne di granito, un lastrone di marmo dedicato a tre cristiani seppelliti nel paese, resti di ville suburbane romane e il presunto ponte sul Rio Cixerri detto “ponte de is aramigus”) confermano la presenza di popolazione romana. Periodo giudicale Il questo periodo la Sardegna era suddivisa in giudicati, tra cui il giudicato di Cagliari. A sua volta ogni giudicato era diviso in una sorta di distretti, chiamati curatorie; tra le curatorie del giudicato di Cagliari vi era quella di Decimomannu che faceva capo ad una serie di insediamenti più piccoli chiamati “Ville”. Questi erano Siliqua, Villaspeciosa, Uta, San Sperate ecc. In questo periodo, i giudici concedevano ai monaci le terre e gli donavano le chiese, in modo che gli abitanti beneficiassero della loro presenza. Fu proprio in questo periodo che arrivarono in territorio di Uta i monaci Benedettini di San Vittore. Uno degli eventi più importanti di questo periodo, se non il più importante fu la concessione che, nel 1089, il giudice Torchitorio di Cagliari, fece loro, di due chiese una delle quali nel territorio di Uta. Importantissima fu, infatti, l’opera di questi monaci che contribuirono alla bonifica delle aree palustri del paese (antica zona di Uta Susu), e che qui eressero il Santuario di Santa Maria. Periodo pisano Intorno al 1258, Uta divenne un possedimento signorile dei Pisani Gherardesca Gherardini. Periodo aragonese Successivamente, nel 1324, diventò un paese del Regno Catalano Aragonese di Sardegna e fu oggetto di contese tra i Gherardesca e gli Acen, essendo concesso, unitamente a Uta Jossu, a Pietro Acen. Nel 1328 i due villaggi furono occupati con la forza da Berengario Carroz e inclusi nella Baronia di San Michele, nonostante gli inviti del Re di Sardegna affinché fossero restituiti al legittimo proprietario. Dal 1365 al 1409, a seguito della guerra fra il regno di Arborea e il Regno di Sardegna il paese riprese fisionomia arborense. Periodo piemontese Tornato a far parte del Regno di Sardegna, il villaggio fu nuovamente in possesso dei Carroz nella baronia di San Michele. A questo periodo risale probabilmente l’inizio della costruzione della chiesa Parrocchiale di Santa Giusta; lo stemma dei Carroz è scolpito nell’arco del presbiterio, una data è scolpita nella Cappella di sinistra di fronte all’altare maggiore. Nel 1511, morta l’ultima erede dei Carroz, Violante, passò ai Centelles. Nel 1674 venne in mano ai Borgia duchi di Gandia. Nel 1726, dopo una lite giudiziaria, andò ai Catadà. Infine, nel 1805 andò agli Osorio de la Cueva, dai quali fu riscattato il 1 dicembre 1839. Ritrovamenti Nel 1849 furono ritrovati otto bronzetti: degli idoletti sacri in bronzo raffiguranti otto scene e individui differenti ritratti in varie età della loro vita, attualmente custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Attività economiche Le attività economiche svolte nel paese riguardano il settore primario, è fondamentalmente un paese agricolo: diffuse sono le serre orticole, le colture di carciofi e grano, i frutteti e gli oliveti; è largamente presente anche l’attività pastorizia. Fino a qualche tempo fa, altra attività complementare e proficua risorsa economica del paese era la pesca; veniva praticata nei rii Mannu e Cixerri, ricchi di trote e anguille. Attualmente è un’attività del tutto marginale praticata per lo più nel tempo libero. Relativamente al settore secondario e terziario nella parte orientale del paese, in zona macchiareddu, sono situati gli stabilimenti industriali e il centro servizi del CASIC. Ben avviate risultano anche le attività commerciali. Le festività Le principali festività religiose, oltre a quelle comunemente celebrate nel resto d’Italia, che si festeggiano a Uta sono: o o o o Sant’Antonio Abate nel mese di gennaio; Santa Giusta e Sant’Isidoro nel mese di maggio; Santa Lucia nel mese di Agosto; Santa Maria nel mese di Settembre. Via Nuova n° 1 -09010 Uta (CA) Sardegna Italia - Fax +39 1786023161 www.prolocouta.it PROLOCO DI CAMPO LIGURE Associazione Pro Loco di Campo Ligure Via della Giustizia, 5 16013 Campo Ligure (GE) Tel./Fax: 010.92.10.55 Cell: 320.67.65.132 [email protected] Campo Ligure, situato a m. 342 in un punto dove la valle Stura è ampia e ben coltivata, è uno dei borghi più caratteristici di questa vallata. L’attuale toponimo del Comune risale al 1884, esattamente al 6 aprile di tale anno, quando un decreto reale di Umberto I° fu autorizzata la modifica della denominazione da Campofreddo a quella di Campo Ligure. Si legge nella Deliberazione del Consiglio comunale dell’epoca con cui si richiedeva il cambiamento di denominazione che “l'aggiuntivo di “Freddo” non fu che una risultanza della corruzione del vocabolo “Fei” – in italiano libero – ereditato dall’occupazione Austriaca nell’anno 1745, epoca in cui questo Comune era Feudo Imperiale, e per conseguenza libero”. È una località frequentata per la villeggiatura estiva, si trova adagiata in una conca naturale circondata da boschi di castagni, querce, acacie e cedui che invitano, nel periodo della calura estiva, a passeggiate per goderne l’invitante frescura. Va aggiunto che la cittadina ha saputo mantenere le sue antiche caratteristiche senza farsi contaminare da un incontrollato sviluppo e ciò, unitamente al clima salubre, non fa che aumentare la sua accogliente attrattiva. Il suo tessuto economico costituito da tutta una serie di piccole e medie industrie nei settori della lavorazione del legno, stampaggio in plastica ed officine meccaniche, ne fanno il centro propulsore dell’intera vallata. Le sue antiche industrie, legate alla lavorazione del ferro ed alla tessitura, sono state però soppiantate nel corso degli ultimi cento anni da quelle più raffinate della Filigrana d’Oro e d’Argento che ha finito per essere la più importante dal punto di vista dell’occupazione. I primi laboratori di questo tipo vennero aperti da due artigiani campesi che avevano imparato l’arte di questa lavorazione a Genova. I loro nomi, giustamente famosi, vanno ricordati, sono: Antonio Oliveri e Michele Bottaro. La maggior parte dei campesi, in precedenza occupati nelle fucine per la produzione di chiodi e nelle tessiture, finirono per abbracciare le prospettive offerte dalla nuova industria facendo sorgere numerosi nuovi laboratori in questo campo. Attualmente questo artigianato artistico è in pieno sviluppo ed è affiancato dall’annuale Mostra Nazionale del Gioiello in Filigrana d’Oro e d’Argento e dal “Centro di documentazione della Filigrana” primo museo del genere esistente. Di notevole interesse, oltre al Museo legato all’attività che ha reso famoso nel mondo Campoligure, possiamo citare l’oratorio dei SS. Sebastiano e Rocco in stile barocco, al cui interno è stato collocato un frammento di affresco raffigurante una Deposizione, proveniente dal vecchio ospedale, del XV secolo e la Parrocchiale, rifatta nel 1765 al cui interno si trovano un’Addolorata di Gaudenzio Ferrari ed il Martirio di Santa Lucia di Bernardo Strozzi.