Domenico Antonio Parrino, Napoli città nobilissima, antica e fedelissima, esposta agli occhi et alla mente de’ curiosi..., Napoli 1700 Dell’ottina di San Giuseppe. - § XI […] Dietro dello Spirito Santo èvvi la chiesa ed ospedale de’ Pellegrini64, eretto da gentil’huomini e populani nel Palagio del Duca di Monte Leone, che diceasi Bianco Mangiare. L’oratorio è dipinto e posto in oro; l’immagine in legno dell’altare maggiore della Santissima Trinità è di Giovanni Conti; vi sono diversi quadri di buon pennello, e, fra gli altri, il San Giuseppe moribondo di Francesco Fracansani; vi alloggiano tutti i pellegrini per tre sere, havendone comode abitazioni per huomini e donne, ed i confratelli vestono di cremesi, ricevendo anche i convalescenti della Santissima Annunciata; vi è dall’altra parte una chiesa, detta di Mater Domini, con una bell’imagine di essa sopra la porta; fu edificata dal detto duca di Monte Leone e v’è il sepolcro di Fabrizio Pignatelli, erettogli da Ettore suo nipote; era connesso all’ospedale, ora governato da’ preti. Verso Porta Medina, aperta dal viceré Duca di Medina, già detta il Pertugio, come si disse, v’è un monistero detto del Rosariello, reso ultimamente clausura, ed apertasi una chiesa alla moderna; fu già eretto da’ confrati del Rosario in San Domenico Maggiore, sotto la direzione del padre Salvi domenicano, benché altri dica de’ confrati dello Spirito Santo. Ritornando verso Toledo, nella Strada della Pigna Secca vi è un conservatorio di donne pentite, detto di Santa Maria del Presidio, e vi stiedero un tempo fa le figliuole di Visita Poveri; fu eretto dal sacerdote don Mattia Pironti nel suo palagio; v’osservano le regole di san Francesco. Col prospetto a Toledo sta la chiesa e casa de’ padri pii operarj, detta di San Nicolò, Nicolello per distinzione del Maggiore; fondato da’ padri con l’elemosine d’un accattante che gli lasciò alcune monete. Cominciata col disegno d’Onofrio Gisolfi, fu terminata dal cavalier Cosmo; le statue di stucco sono di Lorenzo Vaccari e Pietro Ghetti; la volta, con diversi quadri ad oglio, del Solimena; la statua dell’altar maggiore dovea esser di bronzo, ma, non riuscito il getto, si servirono della testa e mani con busto di stucco colorito a bronzo. Hanno un pezzetto di reliquia di san Nicolò di Bari, al certo unica; tengono diverse congregazioni di dottori, di figliuoli, chierici ed artigiani, vivendo questi religiosi con molta esemplarità e bontà di vita, uscendo a far varie missioni nel Regno; nell’ultima cappella è una tela del Santa Fede. Discendendo alla Piazza della Carità, si vede in essa quanto di abbondanza in frutti, fiori, che può desiderare il palato, si ritrova nel mondo, anche contra stagione; dalla prossima chiesa delle Vergini della Carità, che ha un collegio di monache, riceve il nome, ed era già parrocchia fatta dal cardinal Gesualdo, che, per non disturbar le suore, s’è nel vicoletto ridotta in una chiesa dedicata a San Liborio, intercessore per li nefritici, benché angusta, al solito delle parrocchie; nella chiesa della Carità v’è l’imagine della Santissima Vergine e San Giovanni Battista nell’altar maggiore, di Giulio Romano, e la tribuna dipinta da Pietro d’Arena. Vicina è la casa Della Porta, ove nacque il famoso Giovan Battista. […] la parrocchia di Santa Maria d’Ogni Grazia, che prima si chiamava di Santa Maria d’Ogni Bene, perché andava unita con il convento de’ padri serviti, i quali, insistendo appresso l’arcivescovo di Napoli per levar detta parrocchia dalla loro chiesa, fu dalla munificenza degli antecessori del conte Francesco Magnocavallo – soliti usar sempre atti della loro illustre nascita così pii – per publico beneficio conceduto da essi il suolo del loro giardino, sopra il quale si fabricò allora la detta nuova parrocchia, restandovi il medesimo nome di Santa Maria d’Ogni Bene, titolo della chiesa de’ mentovati padri serviti. Poi, dalla congregazione de’ Riti, con decreto in data delli 24 febrajo 1640, fu ordinato doversi chiamare di Santa Maria d’Ogni Grazia, siccome fu eseguito per ordine dell’arcivescovo sotto li 15 novembre 1642, e così si divise, e fu il luogo de’ medesimi padri detto Belvedere, da essi fondato, o rifatto da Giovanni Cola Cocco. Sovrasta il monistero della Santissima Trinità, il più bello, forse, di tutti i monasterj per grandezza, 6 4 Editio princeps: Pellegriui. per bellezza e per ricchezza. Suor Eufrosina di Silva, nobile di Capua, che sprezzò le nozze terrene per le divine, fondollo col disegno di don Francesco Grimaldi teatino; l’atrio con la vaga scalinata, del cavalier Cosmo; dipinto il detto atrio a fresco71 da Giovan Berardino Siciliano; il pavimento è di marmi tassellati; la chiesa designata alla greca, con croce equilatera, tutto opera del detto cavaliero; è il tutto dipinto a fresco del medesimo Giovan Berardino; l’altare di finissimi72 marmi, con la custodia tutta di gioje listate73 in rame dorato, con statue d’argento modellate da Rafaele Fiamengo, di valuta di 60000 scudi; la Santissima Trinità è del pennello del Santa Fede; il San Girolamo, del Ribera; l’altro, del Caracciolo, detto Battistello. Nel Cappellone dall’Evangelio il quadro della Vergine, San Giuseppe ed altri santi, dello Spagnoletto, cioè Ribera; i due laterali del sudetto Siciliano e Giovanni Battistello. Dalla parte dell’Epistola l’Eterno Padre col Crocifisso, di Giovan Berardino sudetto; i due degli altari laterali e del Santissimo Rosario, di Luigi Siciliano. Il pulpito è del detto Fanzago; gli organi sono stimati del Palma Vecchio. Gli apparati di questa chiesa sono preziosissimi, con ricami di perle e d’altre gemme, e due calici d’oro e di cristallo di rocca adornati di gioie; càmisi con merletti finissimi; una sfera del Venerabile Sagramento con raggi adornati di rubini e giro, dove si pone l’ostia sacrosanta, con incastri di diamanti e perle; adornata la sacristia di quadri rarissimi e di stima. Il chiostro è il più bello, il più grande, il più dilettevole, forse e senza forse, di tutta Europa, essendovi vedute, giardini, e peschiere, e dipinture superbissime. Verso la strada che divide Napoli per mezo, sotto del detto monistero, vi è il conservatorio di Santa Maria dello Splendore, fondato da Lucia Caracciola sotto la riforma di san Francesco e santa Chiara ad uso de’ cappuccini, e ridotto oggi in vero, formato monistero. […] Del gran borgo delle Vergini, che contiene quello della Montagnola, Sanità, Stella, fuori la Porta di Costantinopoli, Sant’Effrem, Cesarea, Limpiano, e fuori Porta Reale e Medina. - § XXI. […] Nel piano, discendendo verso la detta porta, che come si disse fu già detta Pertugio, aperta dal Duca di Medina las Torres, vi si vede dirimpetto all’uscire la chiesa di Santa Maria di Montesanto, fondata da padri siciliani, collocandovi un’imagine copia di quella che hanno in Sicilia; sono questi padri della riforma de’ carmelitani, dicendosi del primo istituto dal Monte Carmelo; vi vennero per fondare un convento alla Torella, chiamati da quel principe, e con questa occasione si fermorono a San Bartolomeo dietro il Teatro, con l’ospizio, là dove ora sono i riformati della Mercé, anche siciliani; poi mutorono sito, e venuti qua, ma più dietro, alla fine col modello di Pietro di Maria fecero la chiesa e conventino, e col disegno del Lazzari la cupola; vi sono due quadri del de Matteis, di Sant’Antonio ed Angelo Custode, una Santa Cecilia del Simonelli, discepolo del Giordano, e la detta imagine della Madonna all’altar maggiore. Attaccato alle mura della città, e sotto la Trinità delle Monache, v’è una picciola chiesa di Santa Maria delle Grazie, detta la Graziella, medesimamente famosa per le grazie, che si sta ingrandendo. 7 7 7 1 Come da errata corrige. Editio princeps: freco. 2 Editio princeps: finisissimi. 3 Editio princeps: lisate.