Villa Valentinis, Collalto c/o via Udine 68 33017 Tarcento, UD tel. 0432.783974 c.fisc. 94017910301 1/2010 Il fagiolo nell’orto SOCIBOOM Grazie alle nuove iscrizioni superata quota 100! Pubblichiamo il contenuto della conferenza tenuta venerdì 16 aprile 2010 nell’ambito degli “Incontri di Primavera”. Si tratta dei pratici consigli di Luigi Candolini per la coltivazione familiare del fagiolo con metodi naturali. G rande successo di adesioni al nostro sodalizio; il 2010 inizia nel migliore dei modi per l’A.C.P.A.N.F. Sono anni non molto positivi per l’associazionismo in genere, a causa del sempre minor tempo a disposizione per questo tipo di attività, oppure dei mille problemi che la vita moderna ci pone, chissà… In ogni caso, durante il ciclo di incontri primaverili, che è andato piuttosto bene in quanto a partecipazione ed interesse suscitato, abbiamo registrato ben 30 nuovi soci! Tale esplosione demografica, che fa ben sperare per il prosieguo della nostra attività, non si registrava più da tempo. Speriamo che non sia un fatto eccezionale, ma rappresenti invece un segnale della qualità delle proposte che sappiamo offrire, cercando di accontentare il più possibile le richieste dei soci verso argomenti di interesse comune. L’invito a tutti è pertanto di portare idee e proposte per il futuro, in particolare per il ciclo di incontri autunnale e primaverile, ma non solo. Importante è proporre anche temi per uscite e attività all’aria aperta. In questo numero del notiziario proponiamo infatti una serie di iniziative che ci vedrà coinvolti a breve e lungo termine sul territorio friulano, in particolare nell’area pedemontana, che rappresenta il nostro habitat privilegiato. Siamo disponibili tuttavia ad iniziare a muoverci anche nei territori della Bassa, da dove peraltro provengono numerosi nuovi soci, senza trascurare, ovviamente, la parte montana, che ha rappresentato per l’A.C.P.A.N.F. fungaiola degli anni ’80 il settore di ricerca prediletto. L’invito pertanto, soprattutto per i nuovi iscritti, ma esteso ovviamente anche ai veterani, è di portare nuova linfa, collaborando per la buona riuscita delle serate, contribuendo alla realizzazione del notiziario, dando una mano insomma, affinché la nostra associazione continui quel trend positivo che ci ha portato a superare il numero dei 100 soci! Il fagiolo (Phaseolus vulgaris L., 1758) è una pianta della famiglia delle leguminose originaria dell'America Centrale. Fu importato, a seguito della scoperta delle Americhe, in Europa dove esistevano unicamente fagioli di specie appartenenti al genere Vigna, di origine subsahariana: i fagioli del genere Phaseolus si sono diffusi ovunque soppiantando il gruppo del mondo antico, in quanto si sono dimostrati più facili da coltivare e più redditizi (rispetto al Vigna la resa per ettaro è quasi doppia). La coltivazione del fagiolo è praticata in tutte le zone della terra che godono di un clima temperato. Si usa in cucina tutto l’anno, data la sua facile conservazione, sia essiccato che in salamoia. Appartiene alla numerosa famiglia delle leguminose, detta anche delle Papilionacee, visto chi i bei fiori assomigliano ad una farfalla. Habitat ideale sono luoghi temperati con basse percentuali di umidità nell’aria, che danneggerebbe il suo delicato apparato fogliare, facilmente attaccabile dalla ruggine e da altre malattie fungine quali la peronospera, ecc. Le sue foglie sono coperte sia nella pagina inferiore che superiore da una fitta peluria, grazie alla quale possono rimanere appiccicate nei vestiti. Essendo un vigoroso rampicante necessita di tutori, dove poter salire, avvitandosi ad essi. Teme i freddi intensi, come pure le calure eccessive: la pianta muore a temperature inferiori ai due gradi ed arresta la produzione di fiori e baccelli sopra i trenta gradi, a meno ché non si abbia l’accortezza di effettuare una pacciamatura (con erbe da sfalcio) accompagnata da irrigazioni serali del terreno, per permettere una adeguata idratazione alla fioritura. " 1 Per queste peculiarità vegetative, nelle nostre zone il clima migliore sarebbe quello della montagna, dove la radiazione solare, la percentuale di umidità e la piovosità estiva abbondante, sono a suo favore. Negli orti di famiglia, dato il suo portamento rampicante, lo si semina lontano dalle altre aiuole, andando a costituire, fra i molteplici colori degli adiacenti ortaggi, una stupenda quinta vegetale, di fiori e di penduli variegati baccelli, e rendendo un distensivo placido senso di bellezza gioiosa. Il terreno adatto è quello a medio impasto, che non sia eccessivamente drenante ma neppure argilloso perché il suo apparato radicale teme i ristagni di acqua. Per quanto riguarda la fertilità del terreno, il fagiolo predilige quella delle coltivazioni precedenti, soprattutto solanacee e crucifere, alle quali può essere avvicendato. Si può aggiungere una leggera concimazione di compost maturo e soprattutto di cenere, che contengono una buona percentuale di fosforo e potassio. Non richiede concimazioni azotate quali deiezioni di animali, in quanto ha la possibilità di assorbire dall’aria l’azoto in grandi quantità e accumularlo nel terreno. Questo importante meccanismo è dovuto ai microrganismi (batteri azotofissatori) che vivono in simbiosi nelle radici formando dei rigonfiamenti, comunemente chiamati tubercoli radicali. Le lavorazioni si effettuano a fasi alterne,iniziando dalla pulizia della superficie dai residui di vegetazione e dai rimasugli di ramaglie ed altro. Si continua distribuendo il compost assieme alla cenere; il successivo movimento e sminuzzamento del terreno con l’uso della forca a denti piatti oppure con il trascinamento del coltivatore a piede di porco a righe diagonali consentiranno la migliore distribuzione dei concime in profondità. La scelta del periodo di semina segue l’andamento climatico della zona, ed il coltivatore dovrà valutare sia le temperature del terreno e dell’aria, sia le fasi della Luna, che per i fagioli bassi sarà eseguita in luna calante, mentre per i fagioli rampicanti si dovranno seminare alcuni giorni prima della luna piena. La temperatura minima necessaria alla nascita del seme è di 15°C. Per le varietà basse si può eseguire sia una semina a righe come pure a postarelle, mantenendo una distanza fra le righe di 70 cm e fra le postarelle di 20 cm. Per la semina dei fagioli rampicanti, prima si infilino nel terreno i tutori di un’altezza minima di 2,50, alla distanza nella fila di cm 50 e di cm 100 tra fila e fila. Prima della semina lasciare i fagioli immersi in un recipiente con l’acqua per alcuni giorni fino alla comparsa della radichetta, onde agevolare la nascita e l’irrobustimento della pianta alla semina per avere più resistenza contro i parassiti. Dopo eseguita la semina si può cospargere sopra le righe ulteriore cenere ed alcuni giorni dopo si vedranno dei piccoli sollevamenti del terreno, con le due foglie cotiledoni comparire sopra il piccolo fusticino. Quando le piantine avranno raggiunto una altezza di 20 cm dal terreno si può eseguire con una zappa una picchettatura, pulendole dalle infestanti; si badi bene di non avvicinarsi troppo alle piantine per non interferire con le radici. Dopo 8 giorni dalla picchettatura rincalzare le piantine addossando del terreno, si formerà così una protezione contro la possibile disidratazione dovuta dalla siccità e dalla calura estiva. I fagiolini mangiatutto si dovranno raccogliere prematuramente, prima che al baccello si rinforzi il filamento laterale, mentre per la raccolta dei fagioli bassi da sgusciare si attenderà la maturazione del baccello; questa si farà notare assumendo la sua colorazione caratteristica ed il suo completo rigonfiamento, afflosciando il suo involucro. Se si desidera raccoglierli da seme, si deve attendere il loro essiccamento sulla pianta, mentre dopo la raccolta si dovranno ulteriormente essiccare al sole ed all’aria possibilmente su un terrazzo. Solamente dopo averli sgusciati, selezionati e nuovamente asciugati al sole si possono mettere dentro ad un vaso di vetro, da riporre in un luogo asciutto e riparato dalla luce. Dopo la raccolta dei baccelli, terminata la vita vegetativa della pianta, si raccomanda di non asportare le piante con le radici, ma di tagliarle sopra al terreno per lasciare i tubercoli radicali come residuo fertilizzante alle prossime vegetazioni di rotazione. L’uso in cucina offre le più varie soluzioni: accompagnato nelle minestre, farà dimenticare le fatiche al coltivatore, inducendolo a rivolgere un pensiero riconoscente verso la Madre Terra per i suoi doni. Il fagiolo ben cotto però contiene composti solforati e cromo che contribuiscono a contenere la glicemia e i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi e a prevenire l'aterosclerosi e le malattie cardiache. Ambienti naturali protetti da scoprire Con i suoi 746 ettari la Riserva Naturale Regionale della Val Rosandra rappresenta l’area tutelata più ampia del Carso triestino; è interamente compresa nel territorio comunale di San Dorligo della Valle, che ne gestisce la conservazione. Si tratta di un’inaspettata valle dai caratteri alpini, incuneata tra il mare e l’altopiano carsico. Le sue cime sono il Monte Carso 456 m, il Monte Stena 442 m, ed il Monte Cocusso 660 m, l’altura principale del Carso triestino. La Val Rosandra, in sloveno Dolina Glinščice, comprende svariati ambienti: la landa carsica, la boscaglia carsica, le pinete di pino nero, l’ambiente acquatico del Torrente Rosandra, i ghiaioni calcarei e gli ambienti rupestri. Rappresenta una via di discesa della bora verso la zona costiera e di conseguenza i due versanti della valle presentano situazioni climatiche del tutto diverse: il più caldo versante sud-ovest, soleggiato e sottovento, ospita piante tipiche dell’ambiente mediterraneo, mentre l’opposto versante, più ombreggiato e esposto al vento, offre ospitalità a specie di climi più freschi. Il Torrente Rosandra nasce in territorio sloveno a sei chilometri dal confine ed entra in territorio italiano nei pressi dell’abitato di Botazzo. In questa parte del suo corso il Rosandra ha un regime pressoché costante poiché scorre su sedimenti marnoso-arenacei impermeabili. Successivamente, dopo aver superato il paese, il torrente raggiunge una zona calcarea dove è stato eroso lo strato impermeabile e precipita con una cascata alta circa 30 metri. Il torrente scorre successivamente su superfici calcaree formando piccole cascate, laghetti e forre strette e profonde. In questa parte del suo corso, nei periodi di siccità, alcuni tratti del torrente vanno in 2 secca a causa delle perdite dovute alla permeabilità del letto su suolo calcareo. Nella Riserva sono presenti numerosi fenomeni di carsismo sotterraneo con una settantina di grotte, alcune delle quali molto interessanti e preziose dal punto di vista archeologico e paleontologico. I resti di frequentazione umana della Val Rosandra risalgono all’epoca preistorica. Sono stati rinvenuti dei reperti in varie grotte e sono ancora visibili i resti del muro di cinta del castelliere sul Monte Carso. Tra i resti dell’epoca romana si segnala l’acquedotto del I secolo. Al periodo medievale risalgono la chiesetta di S. Maria in Siaris, a metà valle, e i ruderi del castello di Moccò. La frequentazione della rete di sentieri, di vie di arrampicata e palestre di roccia costituisce una delle attrazioni più forti per cui la valle è costantemente, in ogni stagione, meta di numerosi visitatori. La vegetazione della Riserva è molto diversificata, condizionata dalle particolarità geomorfologiche e dai diversi suoli presenti (calcare e flysch). Singolare è la vegetazione delle rupi e dei ghiaioni, con una pianta unica per il territorio italiano: la Drypis spinosa ssp. jacquinana. Lungo il torrente invece si trovano salici, pioppi ed ontani, fatto eccezionale per il Carso. Interessanti e particolari sono le associazioni vegetali della landa carsica del Monte Stena, con ginestrelle, pulsatille, orchidee più uniche che rare. La vegetazione arborea è costituita prevalentemente da boscaglia carsica a carpino nero e roverella, ma sono presenti anche boschi d’alto fusto a rovere e cerro e rimboschimenti di pino nero ormai in fase di colonizzazione avanzata da parte delle latifoglie sopracitate che rappresentano la vegetazione autoctona. La Riserva rappresenta il punto d’incontro di tre tipi di flore: una di origine illirico-balcanica, nettamente prevalente, una seconda di origine alpina ed infine una di origine mediterranea. Queste piante si “mescolano” creando un mix vegetale unico al mondo! Nell’ambito della flora illirico-balcanica segnaliamo ad esempio la ginestra stellata Genista holopetala. Fra le specie alpine si rileva ad esempio Daphne alpina, profumatissima e bellissima. Tra le piante mediterranee c’è l’issopo Hyssopus officinalis, una pianta officinale dai piccoli fiori blu. Gli animali della Riserva sono altrettanto interessanti. Lungo tutto il corso del torrente Rosandra è possibile incontrare la salamandra pezzata, l’ululone dal ventre giallo e la rana agile. Sono presenti anche il rospo comune e il rospo smeraldino. Nel torrente vivono la sanguinerola e il gambero di fiume. Le rupi e la landa carsica sono ambienti adatti per i rettili. Sono qui segnalate specie di lucertole come il ramarro, la lucertola adriatica, la lucertola muraiola, la lucertola campestre, e tra i serpenti la vipera dal corno, il biacco, il saettone e la biscia d’acqua dal collare. Alcune specie di rettili qui presenti si trovano al limite nord-occidentale del loro areale di distribuzione, e sono l’algiroide magnifico, il serpente gatto e il colubro dei Balcani. Sui ghiaioni vive un roditore tipico della montagna, l’arvicola delle nevi, interessante per la bassa quota qui raggiunta. Nelle zone boscate della Riserva vive il gatto selvatico. Lo sciacallo e l’orso bruno vi fanno episodiche comparse. La variabilità degli ambienti all’interno della Riserva condiziona in modo positivo la diversità delle specie di uccelli. Lungo il torrente si possono osservare la ballerina bianca, la garzetta e l’airone cenerino; sulla landa carsica la tottavilla e il calandro. Lungo le pareti rocciose nidificano il gufo reale, il gheppio e il passero solitario. In autunno e inverno si possono osservare alcune specie di uccelli legate di norma a distretti montano-continentali quali il picchio muraiolo e il sordone sulle pareti, e nei boschi il picchio nero, la bigiarella e la cincia dal ciuffo. Prepariamo un fitocosmetico Venerdì 23 aprile presso la nostra sede c’è stato l’incontro pratico dedicato alla fitocosmesi. Grazie ai consigli delle relatrici Prof. Milva Pastorello e Nadia Nicoloso, dell’Istituto “Solari” di Tolmezzo, abbiamo scopeto quanto è interessante e semplice realizzare un efficace prodotto fitocosmetico con le nostre piante. Di seguito riportiamo la ricetta della Crema gel all’olivello spinoso, che i partecipanti hanno creato sotto l’attenta guida delle relatrici. CREMA GEL PER MANI CON OLIVELLO SPINOSO MATERIALE: Mortaio con pestello Beaker da 100 ml Bilancia di precisione Bacchettina di vetro Pipetta Pasteur Centrifuga e provette Piastra riscaldante Termometro Contenitori Bacche di olivello spinoso mature Glicerina Acqua distillata Euxil K 300 Imidazolidinurea EDTA bisodico Sepigel 305 PROCEDIMENTO: Estratto di olivello. In un mortaio pesare 3 grammi di olivello spinoso. Con un pestello pestare a lungo fino a rompere molto bene tutti i semi. Aggiungere 7g di glicerina e continuare a mescolare vigorosamente con il pestello. Trasferire il miscuglio in provetta da centrifuga, coprire con parafilm e lasciare riposare per 24 ore al buio. Utilizzare la fase superiore. Preparazione della crema-gel per mani. ¾ Acqua demineralizzata 95,4g ¾ Euxil K 300 0,3g ¾ Imidazolidinurea 0,2g ¾ EDTA bisodico 0,1g ¾ Sepigel 305 3,0g ¾ Estratto di olivello 1,0g Riscaldare l’acqua fino a 50 °C. Sciogliere l’Euxil, Imidazolidinurea e l’EDTA bisodico. Sciogliere tutto in maniera omogenea e proseguire nella dispersione del Sepigel; notare l’immediata gelificazione del miscuglio, che presenta un carattere opaco tipico del sepigel. Quando il gel è ben raffreddato aggiungere l’estratto di olivello. UVUVU PROGETTIAMO UN GIARDINO VUVUV L’A.C.P.A.F. sta organizzando un corso di progettazione giardini, rivolto a che vuole costruire, sistemare o migliorare il proprio spazio verde. Il corso, presumibilmente nel periodo agostosettembre, vedrà la partecipazione di vivaisti, architetti, storici dei giardini e progettisti. Chi fosse interessato a ricevere delucidazioni in merito può chiamare il 348.294.1996 (Alberto). Il punto più comodo per iniziare la visita della riserva è a Bagnoli della Rosandra. Presso Bagnoli Superiore si trova il Rifugio Premuda, da dove iniziano tutti i principali sentieri della Valle, molto ben segnalati, per tutti i gusti e gradi di difficoltà. Quello più frequentato è il sentiero che conduce a Botazzo, attraversando per intero la Valle ed incontrando strada facendo le principali attrazioni naturalistiche e soriche. Non ci sono particolari periodi indicati per la visita, che può essere effettuata tutto l’anno, anche se il mese di maggio per le fioriture degli iris o quello di ottobre per i sommacchi dai colori vivaci, sono i due momenti più indicati. 3 Adottiamo un panorama! LE ORCHIDEE DEL GENERE OPHRYS Ophrys L., 1753 è un genere di piante erbacee appartenente alla famiglia delle Orchidacee. Comprende più di un centinaio di specie di orchidee terricole, a distribuzione euromediterranea. Il nome deriva dal greco οφρύς = "ciglia" per via della pelosità del labello. Le Ophrys sono piante geofite bulbose, con apparato radicale costituito da due tuberi tondeggianti, peduncolati. Sono in genere piante esili, con fusto eretto, foglie basali riunite in rosetta, in genere di colore verde glauco, e foglie cauline bratteiformi. IL FIORE I fiori, riuniti in infiorescenze più o meno lasse, presentano un perigonio di tre sepali superiori e tre petali inferiori; uno di questi, detto labello, si differenzia dagli altri e presenta macchie glabre e lucide (specchio), rassomiglianti al torace di alcune specie d'insetto, in modo da attrarre gli stessi e favorire l'impollinazione; a volte sono presenti due protuberanze laterali (gibbe) e un'appendice terminale (apicolo). Ogni fiore possiede organi maschili (androceo) e femminili (gineceo), riuniti in un solo corpo colonnare detto ginostemio, talvolta prolungato in un rostello carnoso, con foggie variabili da specie a specie. Lo sperone è assente. Il polline è agglutinato in masse a forma di clava (pollinodi), che si attaccano mediante la base gelatinosa (retinacolo o viscidio) alla testa degli insetti pronubi. Le foglie cadono nel periodo invernale mentre i tuberi sotterranei resistono al freddo. L’IMPOLLINAZIONE Il meccanismo di richiamo degli insetti pronubi messo in atto dalle Ofridi è il risultato di una coevoluzione tra questi fiori, privi di nettare, ed alcune specie di imenotteri (prevalentemente apidi, sfecidi e vespidi). In virtù di tale meccanismo selettivo ogni specie di Ophrys ha un suo specifico insetto impollinatore. Gli insetti sono attratti sul fiore da un richiamo di tipo sessuale: ogni specie infatti, ha il labello conformato in modo tale da simulare l'addome della femmina di uno specifico insetto, e a ciò si associa la produzione di sostanze volatili simili ai ferormoni prodotti dalla femmina in fase di accoppiamento. Il maschio, così richiamato, nel tentativo di "accoppiarsi" con il fiore (pseudocopula), si carica di polline che successivamente depositerà su un altro fiore. DISTRIBUZIONE L'areale del genere Ophrys si estende dalle isole Canarie al mar Caspio e dalla Scandinavia al Nord Africa, con la più alta concentrazione nel bacino del Mediterraneo. Preferiscono posizioni molto luminose e terreno ben drenato in modo da evitare il marciume dei tuberi nel periodo invernale. I prati stabili della pianura e della collina friulana, soprattutto quelli aridi, sono uno degli ambienti prediletti da queste meravigliose orchidee, che nella nostra regione contano parecchie specie, come la rara ofride fior d’ape Ophrys apifera Huds. Ha fusti di 50 cm di altezza, con poche foglie lanceolate; i suoi sepali sono rosati o bianchi, i petali sono di dimensioni più piccole dei sepali e diritti, il labello vellutato è grande e convesso di colore brunato. (foto) L’A.C.P.A.N.F. vorrebbe accudire la cima dello Jauer Lo scorso dicembre abbiamo organizzato un incontro pratico dal titolo “Decoriamo il Natale con la Natura”, dove l’esperta Liliana Cristofolini ci ha insegnato come realizzare efficaci decorazioni natalizia utilizzando semplici materiali naturali. Durante l’escursione abbinata alla serata, ci siamo recati sul monte Jauer, circa 1000 metri di quota, sopra le Malghe Porzus, dove abbiamo notato che la panoramica cima si sta a poco a poco chiudendo, invasa dal naturale avanzare della vegetazione arborea sui vecchi prati-pascoli ormai abbandonati del monte. Lì sopra quel bel cocuzzolo erboso che rischia di essere inghiottito dal bosco abbiamo riflettuto sulla possibilità di “adottare” la cima del monte, per cercare di mantenerne il panorama, con operazioni di pulizia della sterpaglia e decespugliamento degli arbusti che la stanno invadendo. Sono stati presi i primi contatti con i vari enti locali al fine di individuare una possibile linea operativa. L’augurio è di poter ottenere una qualche concessione per poter svolgere tale azione, che consentirebbe il mantenimento di un tipico paesaggio montano in rapida scomparsa. Dalla cima dello Jauar la vista spazia dal mare alle catene prealpine e alpine della regione. Un patrimonio visivo da non perdere! Speriamo che con il prossimo notiziario possiamo dare qualche buona nuova in merito. E speriamo soprattutto che nel caso l’operazione vada in porto ci sia poi un gruppo di volontari che viene a decespugliare, o a preparare la pastasciutta a che decespuglia! 1 ESTATE 2010 PER GRANDI E PICCINI Scoprire Camminando organizza per l’estate in corso una serie di escursioni infrasettimanali facili, di mezza giornata o giornata intera, pensate soprattutto per famiglie e bambini, ma anche adulti e anziani, ovviamente! Le uscite prevedono inoltre un punto d’appoggio intermedio con zona ristoro (baita, malga, agriturismo) facoltativo per chi non si porta il pranzo al sacco. Ecco alcune delle uscite proposte. Ulteriori informazioni sul sito www.scoprirecamminando.it Mercoledì 7 luglio - giornaliera Broghi e frutti di bosco - Val Degano Venerdì 16 luglio - giornaliera Le marmotte del Crostis - Alpi Carniche Giovedì 22 luglio - antimeridiana La valle delle buone cose - Val Rauna Venerdì 30 luglio - giornaliera In barca nel lago cobalto - Laghi Fusine Mercoledì 4 agosto - giornaliera Da Heidi, latte e formaggio! - Forni di Sopra Martedì 10 agosto - serale Notte delle stelle cadenti - Prealpi Giulie Mercoledì 18 agosto - giornaliera Lamponi e Mirtilloni Val Pesarina Sabato 28 agosto - pomeridiana Camminata dell’aglio Val Resia 4