La via cinese alle riforme neoliberiste

Wan Zhe
La via cinese alle
riforme neoliberiste
Aspenia
73
2016
50
La Cina sta aggiornando il proprio modello di sviluppo con
l’adattamento delle teorie economiche neoliberiste – la supply
side economics di reaganiana memoria. Nel linguaggio delle
autorità di Pechino, si sta perseguendo una peculiare “riforma
strutturale dell’offerta”.
La Cina sta oggi affrontando molti dilemmi. Anzitutto, dopo trent’anni di ra‑
pido sviluppo, l’effetto marginale della crescita economica continua a dimi‑
nuire. In secondo luogo, l’efficienza del sistema attuale non ha tenuto il passo
con la crescita. Infine, lo sviluppo dell’economia e della società rende meno
tollerabile il divario tra ricchi e poveri, come pure il più intenso conflitto tra
ambiente e progresso economico. Questo è il riflesso della discordanza fra
domanda e offerta sociale, cioè la discrepanza fra aspettative e risultati, che
può avere ripercussioni sulla stabilità della società cinese. Le riforme sono
una priorità per il governo di Pechino: è in gioco non solo il consenso poli‑
tico interno al Partito, ma anche quello della società civile, del mondo eco‑
nomico e della comunità
Wan Zhe è capo economista della China National
accademico­‑intellettuale.
Gold Corporation.
050-056 Wan Zhe-ita_73.indd 50
20/05/16 10.50
In questo contesto, la cosiddetta “riforma dell’offerta” è diventata una prio‑
rità politica nazionale, emersa per la prima volta nel corso di una riunione
del Gruppo centrale di Guida per gli Affari economici e finanziari presiedu‑
to dal presidente Xi Jinping, che si è svolta il 10 novembre 2015. In seguito,
Xi ha parlato più volte di questa riforma, sia durante il vertice del G20 che
nel discorso pronunciato in occasione dell’incontro dell’apec (Asian Pacific
Economic Coperation).
DA REAGAN A XI JINPING. Ma cosa significa in sostanza questa riforma?
“Offerta” e “riforma” sono parole molto comuni, che in passato sono state
utilizzate in molti rapporti ufficiali. L’espressione “economia dell’offerta”
(supply side economics) sarebbe stata coniata dal giornalista Jude Wanniski
51
nel 1975, ma secondo Robert D. Atkinson (l’autore di Supply Side Follies, il
noto volume critico uscito nel 2006), venne usata per la prima volta da Her‑
bert Stein, un ex consigliere economico del presidente Nixon. Il tecnicismo
del concetto, come pure la sua cattiva traduzione in Cina, hanno creato
qualche confusione man mano che questo si diffondeva nel paese.
Eppure ciò non ha fatto che aumentare la curiosità del pubblico. Il modo in
cui espressioni straniere, specialmente in campo politico, vengono tradotte
letteralmente in Cina, è molto significativo, anche quando ci sono piccole
differenze. A volte le distinzioni del numero di parole o la loro disposizione
possono implicare significati completamente diversi o importanti segnali di
cambiamento. Ciò ha subito spinto funzionari, ricercatori, uomini d’affari ad
analizzare immediatamente il nuovo concetto, in modo da non fraintendere
la vera finalità principale della nuova strategia del governo.
Ancor più degno di nota è tuttavia un altro dibattito, suscitato dal crescente
interesse per questo concetto neoliberista in relazione alla situazione attua‑
le della Cina. L’economia dell’offerta è una teoria macroeconomica secondo
050-056 Wan Zhe-ita_73.indd 51
20/05/16 10.50
la quale la crescita può essere stimolata maggiormente dagli investimenti di
capitale e dalla riduzione delle barriere alla produzione di beni e servizi.
Fin qui tutto bene. Ma Ronald Reagan ha fatto dell’economia dell’offerta un
suo cavallo di battaglia, tanto che negli Stati Uniti i commentatori spesso la
considerano sinonimo di Reaganomics, ovvero della dottrina neoliberista
che mira all’indebolimento del potere del governo. Da cui la famosa frase
dell’ex presidente americano: “Il governo non è la soluzione del nostro pro‑
blema, il governo è il problema”.
Il neoliberismo, in effetti, è notoriamente associato con le politiche econo‑
miche introdotte non solo da Ronald Reagan negli Stati Uniti, ma anche da
Margaret Thatcher in Gran Bretagna, i cui sostenitori sono favorevoli a nor‑
52
me generali di liberalizzazione economica (come le privatizzazioni, le dere‑
golamentazioni e il libero scambio) allo scopo di rafforzare il ruolo del set‑
tore privato nell’economia.
I fautori del neoliberismo in Cina avevano pensato che questa fosse un’otti‑
ma occasione per giustificare la sua applicazione alle particolari condizioni
del paese e per potenziarne gli effetti sul mercato interno. Così, si erano
schierati decisamente a favore delle privatizzazioni e delle deregolamenta‑
zioni. Avevano criticato le imprese statali, i mercati finanziari nazionali e gli
interventi amministrativi, pretendendo che il mercato funzionasse secondo
le proprie leggi e il potere della burocrazia venisse ridotto. E avevano cre‑
duto che l’adozione di politiche neoliberiste fosse l’unico modo per garanti‑
re lo sviluppo sostenibile del paese.
I suoi critici, ovviamente, la pensavano in modo del tutto diverso. Secondo
loro, l’idea che tutti i sistemi esistenti dovessero essere sovvertiti non era
soltanto assurda, ma anche pericolosa. Assurda, perché la Cina si era svilup‑
pata rapidamente in un trentennio grazie a modelli e metodi propri, e questo
aveva già dimostrato che il neoliberismo non era l’unica “regola aurea” dello
050-056 Wan Zhe-ita_73.indd 52
20/05/16 10.50
sviluppo. Inoltre, molti paesi occidentali avevano sofferto crisi economiche e
finanziarie, provocate proprio dagli effetti del neoliberismo. I critici temeva‑
no che la cosiddetta “economia dell’offerta” fosse soltanto un artificio propo‑
sto con motivazioni sospette, il cui vero scopo era quello di ingannare le alte
sfere; tale ragionamento arrivava addirittura a ipotizzare che questa dottrina
servisse ad alimentare una cospirazione per rovesciare il governo.
53
IL CONCETTO MUTEVOLE DI “OFFERTA”. Il 14 dicembre del 2015, il
Comitato permanente del politburo del Partito comunista cinese convocò una
riunione per analizzare e discutere la situazione economica nel 2016. Questa
fu la sua ultima riunione prima della Conferenza annuale sull’economia, e in
quell’occasione vennero anticipate le linee programmatiche per il 2016 che
la Conferenza avrebbe poi adottato. Tutti prestarono molta attenzione a quel‑
la riunione, nel cui comunicato finale si parlava spesso di “offerta” (supply)
come pure di “riforma” e di “riforma dell’offerta”, mai però di supply side.
050-056 Wan Zhe-ita_73.indd 53
20/05/16 10.50
Letteralmente, in cinese, il senso era quasi lo stesso. L’aggiunta o meno del
termine “side” non avrebbe dovuto determinare una vera differenza d’inter‑
pretazione. Se si tiene conto, tuttavia, della sottile filosofia e semantica della
lingua cinese, qualsiasi politica o concetto formulati dagli alti dirigenti del
paese viene controllato e analizzato più volte, con molta precisione; per que‑
sto qualsiasi nuovo concetto o nuovo termine o parola mancante, specialmen‑
te nel caso di una parola chiave, fa in effetti una certa differenza.
Secondo le convenzioni degli annunci programmatici in Cina, ciò potrebbe
indicare che il concetto di supply side non era pienamente appropriato e
andava adattato. Ma, ovviamente, un nuovo concetto appena proposto non
poteva scomparire in un tempo così breve, altrimenti l’autorità di chi lo
54
aveva formulato sarebbe stata probabilmente indebolita. Qualche nuova for‑
mulazione, ancora in una fase preliminare di discussione, stava probabil‑
mente per emergere.
In seguito, i massimi esponenti del governo tirarono le somme delle quattro
giornate di lavori della Conferenza economica annuale conclusa il 21 di‑
cembre del 2015: un evento molto importante perché avrebbe rivelato quale
valutazione della situazione economica attuale del paese veniva data dai
dirigenti cinesi e quale strategia e politica macroeconomica sarebbero state
formulate e adottate l’anno successivo. Ci si aspettava, insomma, che fosse
stabilito un obiettivo di crescita per il 2016. Prima della Conferenza, l’at‑
tenzione delle autorità si era concentrata sulle questioni economiche di por‑
tata nazionale. Durante i lavori, fu preso l’impegno di introdurre misure a
sostegno delle riforme e dell’innovazione per garantire una crescita econo‑
mica stabile nel 2016; dopo la Conferenza furono annunciate nuove strate‑
gie, nuove politiche e nuove formule.
Quando il messaggio della Conferenza fu trasmesso al pubblico, si scoprì
che l’espressione preferita era ora “riforma strutturale dell’offerta” come
050-056 Wan Zhe-ita_73.indd 54
20/05/16 10.50
innovazione decisiva per guidare e accompagnare lo sviluppo economico:
una scelta dinamica per rafforzare la competitività su scala nazionale dopo
la crisi finanziaria globale del 2008 e il presupposto indispensabile per
adattarsi alla “nuova normalità” dei processi di crescita. La Conferenza
aveva preannunciato una rapida riforma nel campo delle procedure buro‑
cratiche, degli investimenti, dei prezzi, dei monopoli, dei contratti di con‑
cessione (franchising), dell’acquisto di servizi da parte del governo e degli
investimenti all’estero. Il processo di riforma sarebbe comunque rimasto
sotto il controllo dello Stato, in modo da assicurare la continuità e la stabi‑
lità delle politiche macroeconomiche.
In effetti, la riforma dell’offerta può essere una riforma strutturale, e una
riforma strutturale può essere una riforma dell’offerta. Ma in realtà molte
55
persone, fra cui alcuni ricercatori universitari, come pure molti funzionari,
non sanno che cosa sia l’economia dell’offerta, né la riforma dell’offerta,
strutturale o meno che sia.
IL SOTTILE EQUILIBRIO FRA PRATICA E IDEOLOGIA. La politica
non è mai semplice, né lo sono le persone e le cose a essa collegate. L’ag‑
giunta dell’aggettivo “strutturale” indica una netta distinzione fra la politica
cinese e l’originaria supply side economics, chiaramente vicina al neoliberi‑
smo. Questo è il primo passo fondamentale per rimuovere polemiche e so‑
spetti sul piano ideologico. La “riforma strutturale dell’offerta” è in qualche
modo un concetto nuovo in campo economico.
Il governo cinese ha sempre mirato al “progresso nella stabilità”. Qualsiasi
politica dovrebbe pertanto contemperare questi due obiettivi poiché quando
l’uno è incompatibile con l’altro, è destinata a fallire. Se tuttavia il significa‑
to di “progresso” è chiaro, quello di “stabilità” è piuttosto indistinto. Mentre
il “progresso” può essere infatti misurato in base a indicatori quali il pil o
050-056 Wan Zhe-ita_73.indd 55
20/05/16 10.50
l’indice dei prezzi al consumo, la stabilità può riferirsi all’ambito economi‑
co, a quello politico e sociale o anche a quello ideologico, il che aumenta le
difficoltà di elaborare politiche adeguate.
Dopo un trentennio di rapida crescita, Pechino intende sempre aggiornare la
sua peculiare teoria dello sviluppo con caratteristiche cinesi. E a questo sco‑
po cerca di assimilare le teorie economiche “occidentali”, senza però copiar‑
le. Anche qui siamo di fronte a un dilemma, perché le teorie economiche di
successo hanno per lo più superato verifiche empiriche, ma possono anche
evolvere e adattarsi alla situazione, che è sempre in mutamento. L’economia,
insomma, dev’essere pratica mentre l’ideologia è per definizione più ideali‑
stica. Il mondo reale si trova sempre ad affrontare il problema di combinare
56
l’aspetto pratico con quello idealistico, e questo è un dilemma particolar‑
mente grave per un paese come la Cina di oggi.
La vera riforma “strutturale”, tuttavia, dovrebbe iniziare da una modifica
della mentalità. Le riforme oggi riguardano innanzitutto il modo di osservare
e di pensare: il predominio dell’ideologia, infatti, potrà anche accrescere i
consumi, ma rischia di diminuire l’efficienza delle riforme e dello sviluppo.
050-056 Wan Zhe-ita_73.indd 56
20/05/16 10.50