Introduzione Esami virologici La scelta del materiale da indagare e del virus da ricercare deve tenere conto della sindrome clinica e della sede probabile di infezione. La scelta del materiale e della metodologia diagnostica ha implicazioni importanti per la qualità e la quantità di informazione contenuta nella risposta. A questo proposito è fondamentale: - il momento del prelievo, cioè‚ il tempo che intercorre tra l' inizio dell' infezione e l' esecuzione dei prelievi per la diagnosi di laboratorio. - il tempo che intercorre tra il prelievo e l' arrivo dello stesso in laboratorio; - la conservazione del prelievo stesso. Norme generali per la coltura di campioni biologici. 1 - Tipo di campione: il prelievo per la diagnosi di una sindrome clinica deve rappresentare la sede di infezione; quando questo non è possibile, occorre tenerne conto nell' interpretazione del risultato. 2 - Tempo di prelievo: il materiale deve essere raccolto al più presto dopo l' inizio dei sintomi; la vitalità del virus decade rapidamente per cui è ottimale un campione prelevato subito e la possibilità di isolamento scende con il passare delle ore; con qualche eccezione, si può considerare adeguato un prelievo effettuato entro 4 giorni. Dopo sette giorni il prelievo non è idoneo, anche qui con alcune eccezioni. 3 - Conservazione del campione: - tempo: la situazione ideale è che intercorra il più breve tempo possibile tra il prelievo e la procedura di isolamento in coltura; dal momento del prelievo la vitalità del virus tende a calare, talora in modo molto rapido (vedi VZV); il processo viene rallentato dalla conservazione a +4°C fino al momento della procedura di isolamento: per i virus che vengono comunemente isolati il campione non è idoneo se è conservato per più di 24 ore. Se non si possono rispettare questi tempi e non si può ripetere il campione si può minimizzare il calo di infettività conservando a -70-80°C. Non congelare mai a -20°C. - mezzo di trasporto: materiali sterili (CSF, sangue, ecc.) non necessitano di mezzo di trasporto, vanno solo mantenuti a +4°C; materiali liquidi potenzialmente contaminati (B.A.L., urina, ecc.) non necessitano di mezzi di trasporto, ma è tassativo minimizzare la possibile crescita batterica, mantenendo a +4°C e facendo pervenire il materiale al laboratorio entro una-due ore dopo il prelievo; i prelievi eseguiti mediante tampone vanno stemperati dentro un mezzo decontaminante di trasporto (VT), che viene mantenuto a +4°C fino all' arrivo in laboratorio (NB il tampone va rimosso, non mantenuto in provetta, dopo aver 'scaricato' il materiale nel liquido di trasporto). Esami sierologici Considerazioni generali. All' interno degli agenti indagati e rispettando le modalità di esecuzione (in particolare è importante le tempistica dell' indagine) la diagnosi sierologica è in grado di giungere sempre ad identificare la causa, almeno in modo retrospettivo, delle infezioni acute o croniche causate da batteri, miceti, protozoi, e virus nel soggetto immunocompetente. Nel paziente immunocompromesso la ricerca di anticorpi è molto meno utile perché‚ la cinetica di produzione spesso è alterata. Nelle infezioni croniche l' interpretazione dei dati sierologici risulta complessa e spesso non univoca. Modalità di esecuzione. Tutte le determinazioni di anticorpi si eseguono nel siero, la componente solubile che si ricava dopo centrifugazione del sangue periferico intero, dopo la formazione del coagulo. In alcune situazioni è possibile eseguire i test utilizzando il plasma, la parte solubile del sangue intero non coagulato, privato della componente cellulare: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Il sangue per la sierologia va prelevato a digiuno. Il sangue intero deve essere conservato per due ore a temperatura ambiente e dopo la formazione del coagulo può essere conservato a +4-8°C fino a un massimo di due giorni. Il siero separato, può essere conservato a +4-8°C per una settimana, a –20°C per diversi mesi (il ripetuto congelamento e scongelamento del siero va evitato, perchè accompagnato da una diminuzione del titolo di anticorpi rilevabile). Sieri prelevati non a digiuno possono dare interferenze nei risultati, per cui vengono utilizzati solo in caso di urgenza. E' tassativo utilizzare aghi monouso ed è utile raccogliere il sangue in una provetta sterile, per avere maggiori garanzie di conservazione. La scelta della metodologia diagnostica (ricerca di anticorpi in un siero oppure in doppio siero, determinazioni di sottoclassi, test funzionali, ecc.) è responsabilità del laboratorio, sentito il quesito diagnostico posto dal medico curante. Note. 1 - Quanto scritto si riferisce alle modalità di prelievo e conservazione del siero allo scopo di determinare la presenza e il titolo di anticorpi. Al di là degli anticorpi, nel siero possono essere ricercati direttamente antigeni microbici e virali o acidi nucleici di agenti infettivi. Per le modalità di preparazione e conservazione del siero per queste ricerche si rimanda agli specifici capitoli. 2 - In linea teorica le immunoglobuline possono essere ricercate in altri fluidi in cui siano presenti (essudati, urine, liquor), ma i relativi test sono privi di valenza diagnostica e possono essere eseguiti solo a scopo di ricerca. Esami per ricerca di acidi nucleici Norme generali La cute umana contiene DNasi e RNasi, enzimi che degradano rispettivamente il DNA e l’RNA ed è quindi necessario evitare qualunque contatto tra i campioni e la cute sia del paziente sia dell’operatore; per tale motivo la manipolazione di questi campioni richiede in ogni momento (dal prelievo al trasporto in laboratorio) l’uso di guanti puliti. Gli acidi nucleici sono molto sensibili alla degradazione ad opera delle DNasi e RNasi ematiche, perciò i campioni di sangue per le ricerche su siero devono essere sollecitamente centrifugati dopo il prelievo. Gli acidi nucleici sono estremamente labili a temperatura ambiente, per questo motivo tutti i campioni da utilizzare per i test basati sull’amplificazione degli acidi nucleici devono essere processati immediatamente dopo il prelievo; se questo non fosse possibile, i campioni possono essere refrigerati a +4°C per brevi periodi o congelati a –20°C o preferibilmente a –80°C. Poiché ogni ciclo di congelamento e scongelamento comporta una parziale degradazione degli acidi nucleici, è necessario effettuare il trasporto in appositi contenitori termici (borse termiche o scatole di polistirolo contenenti ghiaccio) per permettere che i campioni giungano in laboratorio ancora congelati.