487 Recenti Prog Med 2016; 107: 487-491 Non dimentichiamo la sindrome di Lemierre STEFANO CAPPANERA1, BEATRICE TIRI1, LAVINIA M. SARACA1, DANIELA FRANCISCI1 Clinica di Malattie Infettive, AO “Santa Maria” , Terni. 1 Pervenuto il 1° marzo 2016. Accettato dopo revisione il 20 giugno 2016. Riassunto. La sindrome di Lemierre è caratterizzata inizialmente da un episodio di orofaringite acuta, che si complica con una trombosi della vena giugulare interna e una successiva possibile embolizzazione settica. I germi in causa sono gram-negativi anaerobi, in particolare Fusobacterium necrophorum. Prima dell’avvento della terapia antibiotica, la sindrome di Lemierre era frequente e spesso fatale. Con l’introduzione della penicillina negli anni ’40, è divenuta una malattia molto rara tanto da meritarsi l’appellativo di “sindrome dimenticata”. A partire dagli anni ’90 si è assistito a una notevole ripresa della sua incidenza. I clinici devono saper riconoscere questa sindrome poiché l’inizio tempestivo della terapia antibiotica mirata può salvare la vita del paziente. Let us not forget the Lemierre’s Syndrome. Parole chiave. Fusobatteri, orofaringite acuta, sindrome di Lemierre, tromboflebite settica. Key words. Fusobacteria, Lemierre’s syndrome, oropharingeal infection, septic thrombophlebitis. Introduzione La sindrome di Lemierre, nota anche come necrobacillosi, è una rara e potenzialmente fatale condizione clinica1. Inizia come una banale orofaringite acuta seguita però da una estensione del processo infettivo in sede cervicale, responsabile di una trombosi suppurativa della giugulare interna che a sua volta può essere fonte di emboli settici metastatici. I microrganismi coinvolti nella eziopatogenesi della sindrome sono in genere batteri gram-negativi anaerobi e in particolare il Fusobacterium necrophorum2. Nell’arco degli ultimi 10 anni si è osservato un trend in incremento delle segnalazioni di questa sindrome e non soltanto in pazienti pediatrici3,4. Non si sa se questo incremento sia legato a un effettivo aumento dell’incidenza, secondario a un ridotto utilizzo di antibiotici nelle orofaringiti acute e a un miglioramento delle tecniche di diagnosi dei batteri gramnegativi anaerobi oppure solo a un aumento delle segnalazioni nelle pubblicazioni scientifiche. Dal momento che gli adulti con sindrome di Lemierre vengono frequentemente ricoverati in reparti di medicina interna/malattie infettive, è importante che i medici sappiano riconoscere tempestivamente i segni e sintomi della malattia poiché un ritardo nel- Summary. Lemierre’s syndrome is a dangerous potential sequela of pharyngitis that results in septic thrombophlebitis of the internal jugular vein. A high index of suspicion is needed to consider this diagnosis in the workup of pharyngitis and should be aggressively treated once. Gram-negative anaerobic bacteria, mainly Fusobacterium necrophorum are implicated. Before the antibiotic era, Lemierre’s syndrome was common and often fatal. But with the introduction of penicillin in the 1940s, the incidence of the syndrome dropped, and it eventually became known as the “forgotten disease”. Since the 1990s, however, there has been a marked resurgence of Lemierre’s syndrome. Although uncommon, clinicians need to be aware of this condition because patients with Lemierre’s syndrome require prompt and appropriate antimicrobial therapy. la diagnosi e nell’inizio di un adeguato trattamento antibiotico è responsabile di un aggravamento della prognosi e di un conseguente incremento della mortalità5. Scopo di questo lavoro è la descrizione di due casi clinici di sindrome di Lemierre recentemente osservati presso la nostra Clinica, il primo complicato da ascesso del collo, il secondo associato a infezione odontogena, mastoidite/otite e complicato da emboli settici polmonari. Una revisione della letteratura sull’argomento completa la presentazione dei casi clinici. Caso clinico 1 Paziente maschio, italiano, di 18 anni giungeva in Pronto Soccorso a gennaio 2015 per una tumefazione dolente laterocervicale sinistra. In anamnesi presentava una recente tonsillite acuta febbrile in trattamento con claritromicina os 500 mg ogni 12 ore da 5 giorni. All’ingresso l’esame obiettivo mostrava tonsille iperemiche, ipertrofiche, criptiche, asimmetriche per prevalente interessamento della tonsilla sinistra, tumefazione dolente e dolorabile laterocervicale sinistra in assenza di febbre. Ricoverato presso la Clinica Otorinolaringoiatrica eseguiva una TC del collo che segnalava multiple stazioni linfonodali aumentate 488 Recenti Progressi in Medicina, 107 (9), settembre 2016 di volume e parzialmente colliquate lungo il decorso della giugulare sinistra. In sede medio-cervicale si apprezzava area ipodensa necrotico-colliquativa circondata da linfonodi intensamente impregnati dopo infusione di mdc ed edema dello sternocleidomastoideo, che appariva diffusamente infiltrato. La vena giugulare omolaterale presentava evidente compressione al terzo medio. Gli esami ematochimici all’ingresso mostravano leucocitosi (19,74x103/ mmc) neutrofila (83,9%), normali valori di piastrine ed emoglobina e normali valori relativi alla funzionalità epato-renale. Non erano disponibili all’ingresso i valori della VES e proteina C reattiva (PCR). Veniva iniziata una terapia antibiotica con piperacillina/tazobactam ev 2,250 gr ogni 8 ore e terapia steroidea con betametasone ev 4 mg ogni 24 ore. Dopo 4 giorni si osservava un notevole miglioramento delle condizioni cliniche locali, così la terapia antibiotica ev veniva sospesa e ripresa la terapia con claritromicina os 500 mg ogni 12 ore. Il ragazzo veniva dimesso con diagnosi di linfoadenomegalia cervicale sinistra e l’indicazione di proseguire a domicilio la terapia antibiotica e steroidea per 7 gg. Dopo 2 giorni il paziente veniva ricoverato presso la Clinica di Malattie Infettive per febbre elevata, voluminosa tumefazione laterocervicale sinistra dolente e dolorabile alla palpazione, con importante limitazione funzionale nei movimenti di lateralizzazione attiva e passiva del capo; iperemia, ipertrofia e angina tonsillare sinistra. Gli esami di laboratorio evidenziavano incremento della leucocitosi (30,87x103/mmc) neutrofila (86,9%), VES 17mm/h e PCR 3,72 mg/dL. Veniva impostata terapia empirica con ceftriaxone ev 2 gr ogni 12 ore, teicoplanina ev 400 mg ogni 12 ore e betametasone 4 mg ogni 12 ore. Una nuova ecografia del collo evidenziava un aumento delle dimensioni dell’ascesso e la vena giugulare sinistra compressa, non abitata nel tratto compresso e parzialmente trombosata nel tratto a monte. La TC del collo evidenziava una raccolta meglio Figura 1a. TC del collo con mdc: raccolta ascessuale latero-cervicale sinistra. organizzata con parete sottile e non più infiltrante il muscolo sternocleidomastoideo che appariva assottigliato. La vena giugulare mostrava nel suo tratto pretoracico difetti di riempimento per trombosi (figure 1a, 1b, 1c). La terapia antibiotica veniva modificata con introduzione di meropenem 1 g ogni 8 ore, teicoplanina 400 mg ogni 12 ore, metronidazolo 500 mg ogni 8 ore in sostituzione dello schema precedente. Veniva inoltre iniziata una terapia anticoagulante con eparina calcica 4000 UI ogni 12 ore mentre il dosaggio del betametasone veniva scalato rapidamente. Una TC torace e un’ecografia dell’addome risultavano negative per embolizzazioni settiche metastatiche. Dopo rivalutazione chirurgica, il paziente veniva sottoposto a intervento chirurgico di incisione e drenaggio della raccolta ascessuale con applicazione di tubo di drenaggio in aspirazione continua. L’esame colturale del materiale prelevato risultava negativo per batteri aerobi, anaerobi e miceti e l’esame istologico confermava la presenza di materiale necrotico purulento. Il decorso post-operatorio risultava nella norma. Il paziente veniva dimesso dopo 2 settimane dall’intervento chirurgico con indici di flogosi e leucociti nella norma. La durata della terapia antibiotica con meropenem + teicoplanina + metronidazolo era stata complessivamente di 16 giorni. Un ecodoppler venoso dei vasi del collo praticato a 20 giorni dall’intervento chirurgico evidenziava la persistente occlusione stabilizzata della vena giugulare interna; veniva pertanto sospesa la terapia anticoagulante con eparina calcica. Caso clinico 2 Paziente maschio, rumeno, di 36 anni veniva ricoverato a maggio 2015 presso la Clinica di Malattie Infettive per stato settico con dispnea e tosse produttiva. Figura 1b. TC del collo con mdc: raccolta ascessuale latero-cervicale sinistra. Figura 1c. TC del collo con mdc: difetti di riempimento della vena giugulare nel suo tratto pre-toracico per trombosi. S. Cappanera et al.: Non dimentichiamo la sindrome di Lemierre In anamnesi patologica remota risultava una storia di otiti ricorrenti. In anamnesi patologica prossima comparsa nei 10 giorni precedenti di febbre (39 °C) preceduta da brivido scuotente e otalgia trattata a domicilio con amoxicillina/ac. clavulanico os 2 gr/die con parziale beneficio. L’esame obiettivo all’ingresso mostrava linfoadenopatia laterocervicale destra dolente, ipertrofia tonsillare destra con iperemia del faringe, otite destra. Gli esami ematochimici mostravano leucocitosi (15,81x103/mmc) neutrofila (85%), piastrinopenia (56.000/mmc), incremento della procalcitonina (31,33 ng/dL) e degli indici di flogosi (VES 55 mm/h e PCR 20 mg/dL). Una TC del collo con mdc mostrava trombosi settica della vena giugulare destra (figure 2a, 2b). La TC del torace mostrava noduli escavati diffusi su tutto l’ambito polmonare, il maggiore nel segmento basale laterale del LID (36x24 mm) in prima ipotesi riferibili a emboli settici (figura 2c). Grossolane linfoadenomegalie in sede sottocarenale (asse corto 14 mm), ilare sn (asse corto 15 mm) e in sede paratracheale superiore e inferiore dx. La TC del massiccio facciale mostrava a livello della mastoide destra la presenza di un quadro di otite media cronica osteitica con abbondante materiale infiammatorio solido occupante la cassa del timpano e marcata demineralizzazione della catena ossiculare. Sclerosi post-infiammatoria delle cellule periantrali e mastoidee. Una Rx ortopanoramica mostrava la presenza di 4 granulomi apicali. L’emocolture risultavano essere positive per bacilli anaerobi gram-negativi tipizzati poi come Bacteroides fragilis. Il tampone faringeo risultava essere negativo per Streptococco beta emolitico; era inoltre presente una intensa candidosi del cavo orale. Veniva impostata terapia antibiotica con meropenem ev (1 g × 3/die), vancomicina ev (1 g × 2/die) e metronidazolo os (500 mg ×3/die); terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare (7,5 mg × 1/die); terapia antimicotica con fluconazolo (100 mg × 2/die). Figura 2a. TC del collo con mdc: trombosi della vena giugulare destra. Dopo 11 giorni si osservava un peggioramento del quadro clinico per cui veniva eseguita nuova TC torace che mostrava un aumento di volume dei noduli escavati descritti nella TC precedente con comparsa di PNX destro e versamento pleurico bilaterale, di grado maggiore a sinistra. Veniva posizionato drenaggio toracico e modificata la terapia antibiotica con inserimento di gentamicina (80 mg × 3/die), sostituzione della vancomicina con linezolid (600 mg × 2/die) e incremento del dosaggio del fluconazolo (400 mg × 1/die). Un miglioramento del quadro clinico con risoluzione della febbre veniva osservato a 48 ore. Dopo 7 giorni veniva rimosso il drenaggio toracico con polmone a parete. In considerazione dell’ulteriore miglioramento del quadro clinico e degli indici di flogosi, il paziente veniva dimesso dopo 24 giorni con l’indicazione di continuare la terapia a domicilio con amoxicillina/ac. clavulanico 1 g × 2/die, rifampicina 600 mg/die, levofloxacina 500 mg/die ed eparina a basso peso molecolare 7,5 mg/die. L’ecografia del collo di controllo dopo 3 settimane di terapia con eparina mostrava persistenza della trombosi della vena giugulare di destra. La TC torace di controllo a 5 settimane di terapia antibiotica evidenziava la riduzione di alcuni e regressione di altri noduli, in gran parte escavati. Assenza di versamento pleurico e di pneumotorace. Apparivano ridotte di dimensioni anche le linfoadenopatie mediastiniche. Discussione La sindrome di Lemierre è caratterizzata da un’infezione orofaringea primaria associata a invasione dello spazio perifaringeo, setticemia e trombosi della vena giugulare interna. L’intervallo di tempo che intercorre tra l’infezione primaria e la comparsa della tromboflebite giugulare va da 1 a 3 settimane6. Il focus primario è solitamente una faringite, ma altri rari foci primari sono stati descritti quali mastoiditi, sinusiti e parodontiti1. L’embolizzazione settica metastatica Figura 2b. TC del torace: noduli escavati presenti nel segmento basale laterale del LID. 489 490 Recenti Progressi in Medicina, 107 (9), settembre 2016 riguarda più frequentemente il polmone (con lesioni multiple cavitarie) anche se embolizzazioni settiche sono state descritte in letteratura a carico delle grandi articolazioni, del sistema nervoso centrale, dei tessuti molli e, molto più raramente, del fegato6. Nel primo caso clinico da noi descritto, la diagnosi di sindrome di Lemierre è stata successiva alla dimostrazione della trombosi della giugulare interna sinistra; nel secondo caso è stata suggerita dalla presenza di embolizzazioni settiche polmonari associate a dolore laterocervicale destro, tonsillite destra, otomastoidite destra. Entrambi i casi presentavano ipertrofia tonsillare monolaterale consensuale alla trombosi. Nel primo caso l’assenza di un isolato microbiologico può essere ragionevolmente correlata alla terapia antibiotica già in atto al momento del drenaggio dell’ascesso e del conseguente esame colturale. Dati della letteratura indicano che le colture risultano essere negative nel 12,8 % dei casi. Nel secondo caso è stato isolato dalle emocolture il Bacteroides fragilis, descritto in letteratura in meno del 10% della casistica, e normalmente associato a infezione mista15. Nel 1955 una rassegna della letteratura mondiale identificò 280 casi di necrobacillosi. Negli anni ’60 e ’70, con l’avvento dell’utilizzo della penicillina su larga scala per le faringotonsilliti, furono descritti rari casi e negli anni ’80 si parlò della sindrome di Lemierre come la “sindrome dimenticata”7. Tra il 1990 e il 1995, uno studio retrospettivo condotto in Danimarca identificò 49 nuovi casi con un significativo aumento nell’ultimo triennio analizzato (33/49) e con un’età mediana di 18 anni8. Tra il 1990 e il 2000, uno studio di sorveglianza condotto nel Regno Unito ha messo in evidenza un picco di nuovi casi nel 19999. Il batterio più frequentemente isolato (90% dei casi) è il F. necrophorum, bacillo gram-negativo anaerobio, asporigeno, normale commensale del cavo orale, del tratto urinario e del tratto digerente. Nel restante 10% dei casi sono stati isolati altri batteri gram-negativi e streptococchi anaerobi. Tuttavia, stanno aumentando i casi di sindrome di Lemierre con isolamento di Klebsiella pneumoniae soprattutto in pazienti con diabete mellito scompensato10. La causa della transizione del F. necrophorum da normale commensale a fenotipo virulento e la patogenesi non sono state ancora del tutto chiarite. In molti casi si è dimostrata un’infezione recente da virus Epstein-Barr che induce una transitoria diminuzione dell’immunità cellulare T-mediata, favorendo un’infezione batterica secondaria. Verosimilmente si potrebbe ipotizzare la patogenesi come il risultato di un’infezione virale o batterica che danneggia i meccanismi di difesa immunitaria loco-regionali permettendo l’invasione del batterio. Questa teoria è supportata dall’evidenza che in molti casi clinici descritti c’è stata una precedente infezione virale11,12. Il F. necrophorum produce una endotossina, il lipopolisaccaride, ma è stato osservato che la virulenza dipende largamente dalla produzione di un’esotossi- na in grado di indurre un’importante risposta infiammatoria e l’aumento del TNF-alfa responsabile della febbre alta. Inoltre, il batterio è in grado di determinare aggregazione piastrinica causando trombocitopenia, coagulazione intravascolare disseminata (CID) e deposizione di fibrina. Clinicamente si presenta con febbre (presente nel 92% dei casi), faringite o ascesso peritonsillare e massa dolente unilaterale del collo palpabile lungo il margine anteriore dello sternocleidomastoideo o all’angolo mandibolare con trisma. La dolorabilità del collo può essere accentuata ruotando il capo controlateralmente, come conseguenza dell’irritazione del muscolo sternocleidomastoideo. Altri sintomi descritti sono stati la perdita di peso, senso di affaticabilità, vomito e/o diarrea e dolorabilità in ipocondrio destro. La presenza di eventuali embolizzazioni settiche determina un aggravamento del quadro clinico in relazione al distretto interessato. A livello laboratoristico si riscontra una leucocitosi neutrofila, un aumento della VES e, nel 50% dei casi, un aumento degli indici di funzionalità epatica. La crescita dei batteri nell’emocoltura per anaerobi e colture da tutti i materiali drenati impiegano dalle 48 ore a 7 gg. Il sospetto clinico va posto in presenza di un’infezione orofaringea primaria, associata a setticemia e a tromboflebite della vena giugulare interna. La TC del collo risulta essere il miglior mezzo diagnostico per la tromboflebite della giugulare. Il trattamento della sindrome di Lemierre prevede un’antibioticoterapia specifica e, in molti casi, un drenaggio chirurgico con asportazione dei tessuti necrotici e aspirazione del materiale purulento. La risposta alla terapia antibiotica con defervescenza è lenta e avviene tra gli 8 e i 12 giorni. Questo è dovuto alla difficoltà, in alcuni casi, di un approccio chirurgico, alla penetrazione degli antibiotici nel trombo settico e alla sensibilità agli antibiotici dei germi responsabili. Il F. necrophorum è intrinsecamente resistente alla gentamicina e ai chinolonici. È sensibile alle penicilline che vanno sempre associate a un inibitore delle betalattamasi poiché sono stati isolati alcuni ceppi produttori di betalattamasi. Il metronidazolo sembra essere associato a una più rapida risposta, molto probabilmente dovuta alla migliore capacità di penetrazione nei tessuti. L’associazione tra metronidazolo (500 mg ev ogni 8 h) e ceftriaxone (2 gr ev ogni 24 h) ha dimostrato avere un potere battericida sul F. necrophorum e una buona copertura per gli streptococchi orali. L’utilizzo in monoterapia di un carbapenemico, dell’ampicillina-sulbactam, di una penicillina antipseudomonas o di clindamicina è risultato essere un’opzione terapeutica appropriata. La terapia antibiotica deve durare dalle 3 alle 6 settimane e, quando l’infezione risulta essere controllata, si può passare alla somministrazione orale della terapia13. L’utilizzo degli anticoagulanti è raccomandato soltanto nei pazienti che non rispondono a terapia antibiotica adeguata dopo 48/72 ore o che presenta- S. Cappanera et al.: Non dimentichiamo la sindrome di Lemierre no una progressione della trombosi fino al seno cavernoso. Il tempo di somministrazione della terapia anticoagulante non è chiaro. L’utilizzo degli anticoagulanti potrebbe prevenire le embolizzazioni settiche, ma rimane non chiaro se l’utilizzo diminuisca effettivamente l’incidenza di complicanze14. Conclusioni La sindrome di Lemierre divenne una malattia dimenticata dagli anni ’50 agli anni ’80, probabilmente a causa dell’uso estensivo delle penicilline nel trattamento delle infezioni orofaringee. L’apparente aumento dell’incidenza in queste ultime due decadi potrebbe essere spiegato in generale dall’uso più contenuto di antibiotici nel trattamento delle infezioni orofaringee e soprattutto da un più esteso utilizzo di macrolidi, antibiotici a cui il F. necrophorum è intrinsecamente resistente. A causa della mancanza di studi randomizzati, rimane non chiaro e aneddotico l’utilizzo della terapia anticoagulante. Non esistono evidenze rispetto alla riduzione delle complicanze e al miglioramento della prognosi. Inoltre, nei casi in cui è stata utilizzata, la durata della stessa variava tra le 4 settimane e i 6 mesi. In mancanza di linee-guida sembra appropriato un approccio comportamentale che preveda una pronta e adeguata terapia antibiotica seguita dal drenaggio chirurgico dove indicato. La terapia anticoagulante dovrebbe essere presa in considerazione in pazienti ad alto rischio con estesa trombosi della giugulare interna o con estensione della stessa malgrado la terapia impostata. Conflitto di interessi: gli autori dichiarano l’assenza di conflitto di interessi. Indirizzo per la corrispondenza: Prof.ssa Daniela Francisci Clinica di Malattie Infettive AO Santa Maria Viale Tristano di Joannuccio 1 05100 Terni E-mail: daniela.francisci©unipg.it Bibliografia 1. Sinave CP, Hardy GJ, Fardy PW. The Lemierre syndrome: suppurative thrombophlebitis of the internal jugular vein secondary to oropharyngeal infection. Medicine (Baltimore) 1989; 68: 85-94. 2. Brazier JS. 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