La Pavana La Pavana è una danza di corte in ritmo binario e di andamento lento e dignitoso. Si diffuse in Europa a partire dal 1500 e iniziò gradualmente a scomparire nel corso del Seicento. Forse era una danza originaria di Padova: a questo sembrerebbe infatti rimandare il nome (‘Pavana’ da ‘padovana’). Moltissimi compositori rinascimentali e barocchi hanno scritto Pavane. → Ascolto di una Pavana del compositore fiammingo Tielman Susato, nato nel 1515 e morto nel 1566 (quindi riconducibile alla musica tardo-rinascimentale). La pavana, che ebbe nell’epoca tardo-rinascianamentale il suo periodo d’oro, venne ripresa molti secoli dopo da alcuni compositori che cercavano ispirazione guardando alla musica del passato. Alla fine del Romanticismo e agli inizi del XX secolo alcuni musicisti (soprattutto francesi) miravano infatti ad elaborare una modalità di espressione musicale che si contrapponesse alle passioni estreme (ritenute sguaiate, di cattivo gusto) dell’opera lirica, nonché ai suoni fragorosi delle enormi orchestre sinfoniche, a loro giudizio incapaci di comunicare le sfumature dell’anima. E furono proprio questi compositori (tra cui Debussy, Fauré, Ravel) a rivolgersi alle forme della musica del passato (in particolare alle danze antiche: Pavana, Minuetto, Sarabanda ecc.) cercando modi espressivi più intimi, raffinati, caratterizzati da un’eleganza composta, sempre delicata. Gabriel Fauré (1845-1924), Pavane per orchestra, op. 50 Il compositore francese Gabriel Fauré compose la sua Pavane nel 1886. Due anni dopo, nel 1888, ne scrisse una seconda versione aggiungendo un coro all’orchestra. La Pavane di Fauré si caratterizza per una melodia estremamente elegante, limpida, malinconica, dal sapore antico e aristocratico, che rimanda a un passato indefinibile. L’accompagnamento in pizzicato degli archi esalta tale melodia, rendendola più lieve; tranne che nella sezione centrale, gli strumenti (in particolare legni, sfruttati nei loro registri più morbidi e caldi) suonano sempre con un’intensità delicata, mai forte. Gli archi suonano con la sordina. Organico orchestrale: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni e archi. Fauré rivolge una cura particolare alla strumentazione: i vari timbri degli strumenti vengono sfruttati come una tavolozza pittorica, cercando suoni particolari (il flauto utilizzato nel registro grave; il pizzicato degli archi come se l’orchestra fosse una grande arpa ecc.). Struttura Forma fondamentalmente tripartita: A A1 B A2 + Coda A: Idea tematica alla famiglia dei legni, in un gioco di alternanza di timbri particolari in cui si susseguono: • • • • • Flauto (usato al registro grave) Oboe + Clarinetto Flauto Clarinetto + Fagotto Flauto A1: Idea tematica agli archi, a cui rispondono i legni; B: Sezione contrastante, con una nuova idea tematica più aggressiva (si alternano corno e archi) + coda con frammento del tema A A2: Ripresa del tema A con nuova strumentazione Coda costruita su frammenti del tema A Maurice Ravel (1875-1937), Pavane pour une infante défunte Si tratta di un pezzo per pianoforte composto nel 1899 e dedicato alla Principessa di Polignac, che aveva un salotto (dove si incontravano artisti, musicisti e letterati) in cui Ravel era stato introdotto dal suo maestro Gabriel Fauré. Il brano era dunque destinato ad essere eseguito in una delle serate di ricevimento nel salotto della Principessa. Riguardo al titolo suggestivo (che tradotto significa ‘Pavana per una Infanta morta’) Ravel disse: «L’ho fatto solo per un gioco di parole, assonanze e allitterazioni». In realtà questa destinazione immaginaria (per la morte di un’infanta, ovvero di una ‘principessa spagnola’) tradisce un’ispirazione letteraria in cui la morte è evocata come cerimonia di corte, ripensando anche alla fastose corti spagnole barocche (rappresentate, ad esempio, in alcuni celebri dipinti di Velázquez). In questa composizione è evidente un forte legame con la Pavane di Gabriel Fauré: melodia folgorante sopra un accompagnamento in pizzicato. E, analogamente alla Pavane di Fauré, anche in quella di Ravel si ritrova il gioco raffinato dei timbri strumentali, mantenendo sempre un tono di eleganza raffinata, lievemente malinconica, e il rimando a un passato indefinibile. 2 Ravel ci teneva che le sue opere venissero eseguite scrupolosamente secondo le sue indicazioni. Anche per la Pavane non voleva delle interpretazioni troppo lente e sentimentali; era solito dire: «È una Pavana per una infanta defunta e non una ...Pavana defunta!». Struttura La struttura è: A B B1 A1 C C1 A2 Come appare dallo schema la struttura è molto simile a quella di un Rondò (le varianti A1 e A2 sono infatti solo di dettagli: in A2 l’accompagnamento ad esempio è con arpeggi di sedicesimi; ma il tema rimane sostanzialmente invariato). *** Nel 1910 (quindi undici anni dopo l’originaria versione pianistica) Ravel realizza una versione orchestrale della sua Pavane pour une infante défunte, utilizzando un’orchestra di ridotta dimensione, dall’organico quasi settecentesco (e assai simile a quello della Pavane di Fauré a cui egli si era chiaramente ispirato): 2 flauti, 1 oboe, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi e arpa. → L’unica concessione novecentesca è la presenza dell’arpa. In questa versione, che mette in luce la grande abilità di Ravel come strumentatore (ovvero nell’utilizzare gli strumenti musicali, alternandoli e mescolandoli in modo da valorizzarne le caratteristiche; cfr. il suo Boléro), l’orchestrazione è tutta basata sulle differenziazioni timbriche dei ritorni tematici: A: il tema principale A è affidato al primo corno solista (il secondo corno ha note tenute) accompagnato dal pizzicato degli archi con sordina. Il flauto, l’arpa e l’oboe intervengono solo con brevi frammenti per collegare i segmenti della frase solistica. B: il tema B è eseguito, insieme, dall’oboe e dal fagotto a distanza di un’ottava. B1: il tema B viene eseguito dagli archi. A1: torna il tema A, eseguito dai flauti e dai clarinetti. C e C1: tema eseguito dai legni che si rispondono solisticamente. A2: Tema eseguito dai violini e dai flauti (sugli arpeggi in sedicesimi eseguiti dall’arpa, come già accadeva nella sezione conclusiva della versione pianistica) a cui si aggiungono poi gli altri legni. 3