20 Teknoscienza Dental Tribune Italian Edition - Febbraio 2015 I derivati dei batteri parodontali potrebbero riattivare l’HIV latente Cleveland - USA: Alcuni ricercatori della Case Western Reserve University (USA) hanno scoperto che i derivati dei batteri coinvolti nella malattia parodontale sono in grado di riattivare l’HIV nelle cellule T dormienti, permettendo così al virus di replicarsi. La scoperta potrebbe spiegare perché i pazienti HIV con gravi problemi parodontali hanno alti livelli residuali di virus nella saliva e nel plasma, facendo pertanto intravvedere ai pazienti con HIV benefici significativi derivanti da un’adeguata terapia parodontale. La ricerca recentemente pubblicata sulla rivista Virology journal esamina gli acidi grassi a cate- na metabolica corta derivanti in particolare dagli agenti patogeni parodontali. È stato osservato che cinque sottoprodotti degli acidi grassi a catena corta originati da due batteri orali prevalenti, cioè Porphyromonas gingivalis e Fusobacterium nucleatum, sono coinvolti nell’attivazione di cellule T responsabili dell’HIV-1 latente. Secondo Fengchun Ye, professore assistente presso la School of Dental Medicine della Case Western Reserve University, tutti gli esseri umani hanno un serbatoio di cellule T dormienti che si attivano in risposta a infiammazioni per scongiurare l’infezione nel corpo. Tuttavia, a differenza delle persone sane, queste cellule possono trasportare il virus latente di HIV-1 in pazienti con HIV. I sottoprodotti batterici, poi, agiscono come un cavo jumper di collegamento a una batteria morta, spiega Fengchun Ye. I risultati contribuiscono a una miglior comprensione generale del microbioma poco studiato nell’HIV e sostengono quindi con maggior forza l’idea che il trattamento precoce delle infezioni batteriche sia molto importante nei pazienti odontoiatrici con HIV. Lo studio, intitolato “Short Chain Fatty Acids Potently Induce Latent HIV-1 in T-cells by Activating Le persone con HiV e malattia parodontale hanno livelli più elevati del virus nella loro saliva e nel plasma rispetto ai pazienti con HiV ma senza malattia parodontale (©Sherry Yates Young/Shutterstock). P-TEFb and Multiple Histone Modifications”, è stato pubblicato nel numero di gennaio sulla rivista Virology journal. La perdita dei denti potrebbe rallentare le funzioni del corpo e della mente Londra - UK: I ricordi e le capacità di deambulazione di adulti che hanno perso tutti i loro denti diminuiscono più rapidamente rispetto a coloro che posseggono ancora alcuni denti, dicono i ricercatori della London’s Global University (UCL). Gli studi hanno infatti dimostrato che gli edentuli hanno risultati peggiori del 10% nei test di memoria e di camminata veloce rispetto alle persone an- cora dotate di dentatura. Lo studio ha preso in considerazione 3.166 adulti, di età uguale o maggiore a 60 anni, partendo dall’indagine dell’English Longitudinal Study of Ageing (ELSA) e La perdita dei denti potrebbe essere utilizzata come indicatore precoce del declino fisico e mentale in età avanzata (©Kletr/Shutterstock). Tel. 045 6020924 - email: [email protected] web: www.deorematerials.com confrontando le loro prestazioni mnemoniche e di camminata veloce. L’associazione tra memoria ed edentulia è stata spiegata dopo aver correlato i risultati con una vasta gamma di fattori, tra cui: caratteristiche sociodemografiche, problemi di salute, benessere fisico, comportamenti salutistici o no (ad esempio, fumare e bere), depressione, biomarcatori rilevanti e particolari status socio-economici. Tuttavia, dopo aver calibrato i risultati in base a tutti i possibili fattori, le persone edentule hanno un passo leggermente più lento rispetto a coloro che sono ancora forniti di denti. Questo collegamento tra gli adulti più anziani inglesi in procinto di perdere i denti naturali e una diminuzione della memoria, oltre alla limitata funzione fisica, appare più evidente negli adulti di età compresa tra 60 e 74 anni rispetto a quelli di età superiore ai 75 anni. «La perdita dei denti potrebbe essere usata come un indicatore precoce del declino fisico e mentale in età più avanzata, soprattutto tra i 60 e i 74 anni», ha detto l’autore, Georgios Tsakos, del Dipartimento di Epidemiologia e Sanità pubblica presso l’UCL. «Abbiamo riscontrato che le cause più comuni di perdita dei denti e del declino fisico e mentale sono spesso legate allo status socio-economico, ed evidenziano l’importanza di alcuni aspetti sociali quali l’istruzione e ricchezza per il miglioramento della salute orale e generale dei membri più poveri della società, indipendentemente da cosa ci sia dietro il collegamento tra perdita dei denti e declino nelle funzioni. Constatando una perdita eccessiva del dente, si ha l’opportunità di identificare precocemente i soggetti adulti a maggior rischio di un più veloce declino fisico e mentale più avanti negli anni. Ci sono molti fattori capaci di incidere su questo declino, come lo stile di vita e fattori psicosociali apportatori di cambiamento», spiega Tsakos. La ricerca intitolata “Tooth loss associated with physical and cognitive decline in older adults”, è stata pubblicata online sul Journal of the American Geriatrics Society. Teknoscienza 21 Dental Tribune Italian Edition - Febbraio 2015 Isola di Pasqua: studi sulla placca dentale fanno scoprire l’utilizzo di una pianta fondamentale nella dieta preistorica Isola di Pasqua - Cile: Analizzando il tartaro dei denti delle antiche popolazioni, due ricercatori hanno contribuito a risolvere il mistero rispetto a quali alimenti vegetali gli abitanti dell’Isola di Pasqua consumassero prima del contatto con gli europei. Sono stati i primi a studiare il tartaro nell’area del Paciico dal punto di vista dell’antropologia biologica. Conosciuta dai suoi abitanti polinesiani come Rapa Nui, l’Isola di Pasqua – che si ritiene sia stata colonizzata intorno al XII secolo – è famosa per le sue misteriose e grandi statue di pietra o Moai. Monica Tromp, dottoranda in Anatomia presso l’Università di Otago (Nuova Zelanda) e John Dudgeon, professore assistente presso il Dipartimento di Antropologia dell’Università statale dell’Idaho, hanno avanzato l’ipotesi che la palma possa essere stata per secoli un alimento vegetale di base per la sua popolazione, anche se nessun’altra prova archeologica o etno-storica avvale tale ipotesi. In realtà, vi sono le prove che tale albero si sia estinto subito dopo la colonizzazione. I ricercatori hanno anche scoperto però che la stragrande maggioranza dei itoliti (microfossili vegetali) presenti nel tartaro provenivano dalla palma. I denti esaminati sono stati prelevati da sepolture scavate nei primi anni Ottanta in siti archeologici sparsi di tutta l’isola. Da ulteriori analisi si è arrivati all’identiicazione di granuli di amido nel tartaro rimosso dal campione di 30 denti. Dopo aver rimosso la placca e la decalciicazione da ogni dente, Tromp e Dudgeon hanno individuato i granuli di amido, coerenti con il contenuto delle moderne patate dolci. Nessuno dei grani recuperati ha mostrato eventuali somiglianze con altri cibi, quali banane, taro o igname, altre piante amidacee che si ipotizzano facessero parte della dieta locale. I ricercatori hanno esaminato anche le bucce delle moderne patate dolci coltivate in terreni simili a quelli di Rapa Nui, scoprendo che durante la crescita la buccia dei tuberi assimila i itoliti della palma dal suolo. Il che «rafforza l’ipotesi che la patata dolce sia stata un punto fermo e un’importante fonte di cibo vegetale per gli isolani sin dal momento in cui l’isola cominciò ad essere colonizzata», ha detto Tromp. «Si tratta di un passo in avanti nello studio della componente vegetale nelle diete antiche, dal momento che i microfossili diventano parte integrante del tartaro per tutta la vita di una persona. Ci si può fare un’idea degli alimenti vegetali che le persone mangiavano, risultato niente affatto scontato». La ricerca mostra anche che il cibo vegetale rintracciabile nel tartaro può provenire dall’ambiente in cui è cresciuto, non necessariamente dalla pianta stessa, una scoperta che può potenzialmente inluenzare lo studio del tartaro in tutto il mondo. Determinare il ruolo delle piante nelle antiche diete oceaniche rimane estremamente dificile a causa della scarsità di resti vege- tali, ma questa ricerca può costituire un ulteriore tassello all’interno del puzzle alimentare. Intitolato “Differenziare i microfossili alimentari e non alimentari estratti dal tartaro umano: l’importanza della patata dolce nell’antica dieta di Rapa Nui”, lo studio è stato pubblicato online, prima della sua comparsa sul Journal of Archaeological Science. Dental Tribune International