L’orto di Esaù
Ambiente, Storia e Turismo nel primo
“Giardino della Bibbia” italiano
Sono gli avanzi di cibo, i semi, gli strumenti per coltivare e preparare gli alimenti a
raccontarci la storia di una società scomparsa da secoli o millenni. Ogni scavo
archeologico porta alla luce questo genere di tracce, mute testimoni del nostro passato.
Nei primi testi oggi conosciuti, siano essi ebraici, egizi, mesopotamici, greci o romani
troviamo costantemente citazioni di piante. In tutte le culture e le religioni inoltre notiamo
che il giardino rappresenta una sorta di dimensione spirituale, quasi un ambiente divino
sulla terra. Tutti i profeti parlano di giardini come dei luoghi della pace, la meta finale della
vita ed anche nella Bibbia, in maniera ricorrente, la descrizione della creazione parla del
Paradiso come del Giardino di Dio e presenta il giardino dell’Eden come il paradiso in
terra.
Proprio nella Bibbia, l’unico libro da sempre conosciuto, quello che rappresenta la maggior
testimonianza del nostro passato remoto, si parla di piante a cominciare dalla prima
pagina del Vecchio Testamento fino all’ultima pagina del Nuovo Testamento, poiché la vita
quotidiana dell’uomo di allora era strettamente legata alla natura. Le piante vengono
quindi utilizzate come esempi, come metafore, come mezzo per far comprendere un
concetto e questo spiega la presenza delle piante in numerosissime citazioni. Le piante
venivano utilizzate come alimento, come condimento per i cibi, per ricavarne fibre tessili
con cui si realizzavano gli abiti, come materiali da costruzione, nei riti religiosi ed in
medicina. Servivano al nutrimento degli animali ed avevano anche valore commerciale,
tanto che, proprio come oggi, alcune venivano addirittura esportate o importate.
Avvicinandoci alle piante possiamo quindi comprendere più facilmente la vita dei nostri
predecessori.
Un “Giardino della Bibbia” rappresenta così un’opportunità per un nuovo modo di
avvicinarci alla storia in maniera originale e immediatamente comprensibile, oltre che
l’occasione per scoprire un mondo, quello delle piante, da cui sempre più ci stiamo
allontanando e che dovrebbe invece tornare ad essere parte integrante della nostra vita.
Cos’è un “Giardino della Bibbia?
Con la denominazione “Giardino della Bibbia” si vuol indicare un “parco a tema”
solitamente di non grandi dimensioni, creato spesso all’interno di strutture religiose come
orti di parrocchie, chiostri di conventi, aree verdi nei pressi di un edificio di culto,
comunque un luogo aperto in cui sono rappresentati oggetti di uso antico in Palestina
riprodotti fedelmente e/o, piante che esistevano ai tempi della Bibbia e che possono
servire come strumento per far conoscere la Bibbia o la Storia.
Un “Giardino della Bibbia” può essere visto quindi come una sorta di “museo all’aperto” ma
anche come luogo in cui impartire lezioni di storia o di botanica o di religione. Infatti, con
l’espressione “piante citate nella Bibbia” si intendono piante che crescono nel vicino
Oriente – ma in buona parte anche alle nostre latitudini – e che sono citate in uno o più
versetti della Bibbia. Di conseguenza si parla di piante molto antiche, testimoni della storia
del passato. In totale si sa che nel Libro sacro vengono citate circa 130 piante, che
possono venir raggruppate richiamando la topografia di Israele, di un territorio cioè che nel
passaggio da nord a sud offre zone umide, terreni coltivati ed aree sempre più asciutte e
desertiche.
L’”Orto di Esaù” di Miasino rappresenta la prima delle realizzazioni del progetto Interreg
“Biodiversità? Salviamola mangiandola!”. In effetti è stato creato per presentare le varietà
di ortaggi e frutti più antichi, quelli che da sempre erano coltivati nel “vecchio continente”.
Anziché scegliere però varietà commerciali, come accade solitamente nel caso degli altri
“Orti della Bibbia” nel mondo, l’impegno è stato quello di identificare antiche varietà non
più in commercio per far conoscere rarità che meritano di essere salvaguardate, come la
curiosa e gustosa “cipolla sospesa” o l’originale “spinacio rosso”.
In questo modo l’orto è divenuto un unicum che fonde salvaguardia dell’ambiente e
passato, agricoltura e religione, storia e botanica e, perché no, offre a chi volesse osare
una nuova avventura, la possibilità di attività quali la coltura di ortaggi e frutti rari, la loro
lavorazione, la specializzazione nella realizzazione di “orti biblici” o “a tema” per
parrocchie e scuole, o l’avvio della produzione di sementi rare, attività queste che in
Germania hanno già conquistato spazi di nicchia sul mercato e che vanno riscuotendo
sempre maggior interesse.