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Ad indagare, fornendo una sorta di anteprim a del destino del nostro pianeta, ci pensano gli astrofisici dell'I stituto N azionale di Astrofisica ( I naf) dell'Osservatorio Astronom ico di Capodim onte. A rivelarne la possibile sorte una ricerca incentrata sul com portam ento di un pianeta, il V 391 P egasi B, esterno al nostro sistem a solare, scoperto di recente le cui conoscenze in m erito si stanno progressivam ente am pliando grazie all'utilizzo di sofisticati telescopi di piccole dim ensioni che consentono un'osservazione indiretta del fenom eno. I l giornalista nuovo La lezione di Orazio Mazzoni a dieci anni dalla m orte TA NI A SA BA TI NO Cosa succederà alla terra tra alcuni miliardi di anni, precisamente tra cinque? Per capirlo e studiare la nascita e l'evoluzione del sistema solare non c'è niente di meglio che procedere al confronto con il comportamento dei cosiddetti "esopianeti", pianeti esterni al sistema solare stesso, finora circa duecentosettanta, e serbatoio del materiale originario che forma l'universo. A farlo ci pensa il team interdisciplinare di astronomi, biologi, chimici ed evoluzionisti dell'Inaf di Capodimonte, diretto da Luigi Colangeli. "Il metodo adottato solitamente per studiare i pianeti extrasolari ­ spiega Colangeli ­ è quello di osservare le perturbazioni, ottiche o dinamiche, prodotte sulla stella madre, perturbazioni che si concretizzano in variazioni di luce tali da far intuire indirettamente la presenza di tali pianeti. Infatti questi corpi sono piccoli come puntini ed è quindi impossibile osservarli direttamente". Proprio applicando, in maniera innovativa, i metodi e le tecnologie di osservazione indiretta, il team di astrofisici dell'Osservatorio di Capodimonte, coordinati da Roberto Silvotti, è riuscito a scoprire un nuovo pianeta esosolare, il più antico tra quelli finora conosciuti, avente, nella fase di "sequenza principale", una distanza dalla propria stella simile a quella della Terra dal Sole. Questo pianeta è riuscito a sopravvivere all'espansione della stella intorno a cui ruota. Un'espansione "abnorme" e potenzialmente "fagocitante" nella fase di gigante rossa. "La fase di gigante rossa ­ sottolinea Salvotti ­ è quella in cui la stella ha esaurito la riserva di idrogeno presente nel proprio nucleo, una fase definita appunto di sequenza principale, e si è espansa al massimo aumentando il proprio volume di circa un milione di volte" In una fase simile il Sole si espanderebbe inglobando l'orbita di Mercurio e Venere e avvicinandosi temibilmente all'orbita terrestre. Ed allora cosa potrebbe succedere? La Terra ce la potrebbe fare a "spuntarla". E' quello che è successo infatti, come racconta il coordinatore della ricerca, a V 391 Pegasi B, un pianeta esosolare che ruota proprio intorno ad una stella evoluta. La sua stella di riferimento, infatti, si è espansa al massimo per poi contrarsi e ricominciare il proprio ciclo, bruciando elio questa volta. La prima fase, quella principale, è durata circa dieci miliardi di anni. Questa, attualmente in atto, ne durerà altri cento milioni. Ma nel frattempo, lui, V 391 Pegasi B, un pianeta gassoso gigante la cui massa è almeno 3.2 volte quella di Giove e oltre mille volte quella della Terra, è ancora lì. E' sopravvissuto a tutti gli sconvolgimenti subiti dalla sua stella, alla fase di espansione dell' "inviluppo", alle frizioni ed alle altissime temperature che lo hanno irradiato e tuttora lo irradiano. "In questa fase ­ evidenzia ancora Salvotti ­ siamo in presenza di una stella molto calda, con una temperatura superficiale di 30mila gradi che determina una temperatura sul pianeta di circa duecento gradi centigradi". E questo, sottolineano gli esperti, nonostante V 391 Pegasi B si trovi ad una distanza di 1.7 unità astronomiche (un'unità astronomica corrisponde alla distanza media della Terra dal Sole, pari a centocinquanta milioni di chilometri). Ma c'è un'analogia significativa tra V 391 Pegasi B e la Terra. Infatti, nella sua sequenza principale, cioè nella sua fase originaria, questo pianeta extrasolare aveva presumibilmente una distanza dalla sua stella simile a quella della Terra dal Sole, pari a un'unità astronomica. Proprio quest'analogia fa ipotizzare che i destini dei due pianeti possano essere analoghi. Ma come si è giunti ad individuare questo nuovo pianeta? Il merito è di diciotto telescopi di piccole­medie dimensioni, i cui specchi principali hanno un diametro compreso tra i sessanta centimetri ed i 3.5 metri, che, a partire dal 2000, hanno lavorato incessantemente per osservare la stella da varie longitudini e per ottenere curve di luce in grado di coprire il gap di ventiquattrore dovuto all'alternarsi del giorno e della notte, cioè una "fotografia" della stella in vari momenti della giornata. Tre quelli italiani all'opera: tra questi spiccano il Galileo e quello della stazione di Loiano a cui si deve il quaranta per cento delle osservazioni. Diversi i Paesi coinvolti oltre l'Italia: Germania, Lituania, Norvegia, Belgio, Inghilterra, Francia, Polonia, Ungheria, Stati Uniti, Israele e Taiwan Poi, come spesso capita, la scoperta è giunta "per caso", o per meglio dire non costituiva l'obiettivo primario del progetto di ricerca. "La stella in questione ­ continua il primo ricercatore ­ è una variabile pulsante. Il nostro obiettivo primario era quello di misurare la variazione secolare del periodo di pulsazione, cioè quanto varia nel tempo il periodo di pulsazione stesso E' stato utilizzato un metodo innovativo, quello utilizzato, dato che questo procedimento, detto "del timing", non si era mai applicato a questo tipo di stelle, bensì solo alle pulsar, stelle di neutroni rapidamente rotanti con un campo magnetico molto elevato che emettono un fascio collimato di onde radio. Ma i ricercatori non si fermeranno qui. Infatti la ricerca proseguirà anche nel 2008 e nel 2009 per cercare di calcolare l'esatto grado di eccentricità dell'orbita del pianeta. "Attualmente abbiamo una chiara indicazione ­ commenta Silvotti ­ che l'orbita sia quasi circolare ma con nuovi dati possiamo riuscire a misurare una eventuale debole eccentricità". Tornando alle questioni più generali sugli esopianeti, di particolare fascino risulta poi l'aspetto correlato all'esobiologia, cioè all'indagine sulla presenza di eventuali forme di vita che ci siano state nel passato o che ci potrebbero essere nel futuro, a partire dal livello più embrionale. Questo è di gran lunga l'aspetto più complesso perchè richiede una definizione di un "modello di vita". Ovviamente l'unico "modello" a nostra disposizione è quello della vita sviluppatasi sulla Terra. "La Terra presenta condizioni tali ­ dice Colangeli ­ da consentirne l'abitabilità. In futuro, quindi noi aspiriamo a vedere e conoscere sempre più pianeti, ed in particolare ad individuare i cosiddetti pianeti gemelli della Terra, che possiedano la giusta distanza dalla loro stella di riferimento ed abbiano un'opportuna composizione geofisica, tali da consentire alla vita di formarsi e di evolvere". La vita e gli articoli in due volumi presentati dagli autori Goffredo Locatelli e Alfonso Ruffo. 17 dicembre l'evento è disponibile sulla WebTv del Denaro Città: Check in: 10 Gen Check out: 11 Gen Prezzo: Qualsiasi Spiegazione categorie (Clicca qui) Qualsiasi 2 stelle 3 stelle 4 stelle 5 stelle del 29­12­2007 n um. 243 torna i ndietro | gruppo il denaro | il fondatore | siti partner | disclaimer | pubblicità | contatti | dove siamo