Capodimonte svela il futuro della Terra

13/09/2007 Chiudi Capodimonte svela il futuro della Terra LUISA RUSSO Un pianeta esterno al sistema solare è sopravvissuto all’esplosione della sua stella. La scoperta, che dà qualche speranza sul lontano futuro della Terra ­ pubblicata sull’ultimo numero della prestigiosa rivista scientifica inglese «Nature» ­ è tutta italiana, anzi, soprattutto napoletana. A scoprire il pianeta, chiamato «391 Pegasi b», dimostrando che anche la terra tra quattro miliardi e mezzo di anni potrebbe sopravvivere all’esplosione del Sole, è stato infatti un gruppo coordinato da Roberto Silvotti dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte (diretto da Luigi Colangeli). Dell’équipe fanno parte Stefano Bernabei ed Alfio Bonanno che lavorano nelle sedi di Bologna e di Catania dell’Istituto nazionale di Astrofisica. I tre ricercatori utilizzando 18 telescopi posti a diverse longitudini hanno controllato per sette anni il pianeta sopravvissuto all’esplosione della sua stella, diventata una gigante rossa, che ha improvvisamente liberato l’idrogeno racchiuso nel suo nucleo investendo i pianeti più vicini. «391 Pegasi b» ­ che dista 4500 anni luce dalla terra e ruotava intorno alla stella madre alla stessa distanza che separa la Terra dal Sole ­ è l’unico scampato all’esplosione dell’astro. «Ciò anticipa il destino della Terra», spiega Silvotti: «Il nostro pianeta è più fragile perchè più piccolo. Ma a questo punto si può anche supporre che solo Mercurio e Venere saranno inglobati nella gigante rossa che nascerà dal Sole». Una scoperta avvenuta per caso: Silvotti si dedicava ad altre fenomenologie. Ha avuto un’intuizione, e poi si è dedicato a raccogliere le prove. Già si sapeva che tra quattro miliardi e mezzo di anni il Sole esploderà ma, grazie alla scoperta, adesso per la Terra c’è qualche speranza. «Le stelle come il Sole sono oggetti che vivono perchè bruciano nel loro centro l’idrogeno trasformandolo in elio», spiega Massimo Capaccioli, docente di Astrofisica alla Federico II e già direttore dell’Osservatorio di Capodimonte. «A un certo punto, volendo fare un confronto con le auto, gli astri finiscono il carburante. In tal caso le auto si fermano. Ma una stella non si può fermare, e si innesca un processo che è come se le auto fossero in grado di bruciare i gas di scarico: per poter tentare di bruciare l’elio (nel quale si è trasformato l’idrogeno), che è la sua possibilità di avere un’altra vita, bisogna che la stella si contragga nella parte centrale e si espanda nella parte esterna, che diventa più luminosa, più estesa, più fredda (e più rossa perchè fredda)». Anche il Sole diventerà una gigante rosso e i pianeti fino all’orbita di Marte verranno inglobati nella stella che si espande. «Ma il fatto che Pegasi abbia resistito all’espansione della sua stella, ci dà una speranza», aggiunge Capaccioli: «È come una marea, che sommerge la spiaggia trascinando in mare anche le conchiglie. Ma la marea si può ritirare, e allora, se le conchiglie più deboli saranno perdute, ce ne può essere però una più robusta che ha resistito e quindi la ritroviamo».