Capitolo 1 - Le azioni destabilizzanti

Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Capitolo 1:
Le azioni destabilizzanti
1.1 Fluidificazione delle coltri superficiali del suolo
Il fenomeno franoso per saturazione e fluidificazione dei terreni della copertura superficiale (“soil
slip”) rappresenta uno scivolamento traslativo7 il cui fenomeno innescante è caratterizzato dalla
saturazione e successiva fluidificazione, da parte delle acque di infiltrazione, dei terreni incoerenti
che costituiscono la copertura superficiale. Nei fenomeni più intensi viene coinvolta anche la
porzione alterata del substrato. Il movimento di partenza del materiale mobilizzato è
rappresentato da un scorrimento traslativo verso il basso lungo una superficie sub!planare, che
poi evolve in una calata rapida, configurandosi quindi come un “fenomeno complesso”, in cui
l’accumulo di frana assume spesso la caratteristica forma lobata dovuta all’evoluzione in
colamento, senza però talvolta una zona di accumulo finale vera e propria. Qualora si verifichi
l’incanalamento del materiale entro linee di drenaggio preesistenti, tale fenomeno può evolvere
in flusso detritico torrentizio, spiegato nel §1.5 relativamente ai fenomeni di dinamica torrentizia
e trasporto solido. La velocità di evoluzione del fenomeno è o molto o estremamente rapida8, per
cui il grado di pericolosità in cui essi vengono collocati risulta subito dopo i crolli in roccia,
affrontati nel §1.3.1. occorre però notare che la pericolosità è legata, oltre alla rapidità d’innesco
ed evoluzione, alla mancanza di indizi premonitori sul territorio in cui accadono e all’elevata
intensità di distribuzione dei fenomeni.
Le distanze raggiunte sono spesso notevoli e possono arrivare fino alla rete idrografica andando
ad alimentare il trasporto solido. Il fenomeno di soil slip risulta frequente su versanti
particolarmente predisposti a fenomeni gravitativi per la presenza di litotipi argillosi, di
coltivazioni erbacee di tipo estensivo e per l’assenza di un’adeguata regimazione delle acque di
deflusso superficiale. Spesso avvengono in zone prealpine o collinari a valle di zone meno acclivi
(terrazzi, pianori, campi, depressioni locali), nelle zone di inflessione del pendio, mentre la nicchia
7
Il fenomeno franoso dello scorrimento traslativo prevede lo scivolamento di parte del versante lungo una
superficie di discontinuità poco scabrosa e preesistente. Si veda §1.3.3
8
Si definisce molto rapido quando la velocità varia da 3 m/min a 5m/sec, mentre risulta estremamente
rapido qualora superi i 5m/sec. Nel primo caso i danni osservabili riguardano la perdita di vite umane, data
la velocità troppo elevata per permettere l’evacuazione. Nel secondo caso si assistono a danni ancora più
ingenti, alle persone e agli edifici, che vengono completamente distrutti per l’impatto con il materiale.
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Capitolo 1
di distacco è invece individuabile per versanti con pendenze medie tra 16° 45°, con particolare
riferimento a pendenze tra 25° 35°. Qualora invece sia presente un substrato roccioso molto
fratturato, esso svolge la funzione di alimentatore delle sovrapressioni interstiziali all’interfaccia
suolo!roccia, con particolare riferimento a suoli argillo!limosi, fino al generarsi del fenomeno di
instabilità.
Figura 21: Fenomeno del Soil slip nel bacino dell’Imera, Sicilia. Fonte: B. Gentili, M. Materazzi: “Appunti del corso: corso
di geomorfologia: l’azione della gravità”
Per quanto riguarda la penisola italiana, esso risulta frequente in regioni quali l’Emilia!Romagna,
la Lombardia, il Piemonte e la Sicilia. A titolo di esempio si sono verificati numerosi fenomeni di
fluidificazione delle coltri con evoluzione in colata durante gli eventi alluvionali che hanno
interessato il Piemonte nel 1994, 1996, 2000. Infatti questi fenomeni vedono come causa
predisponente, e successivamente anche innescante, il verificarsi di eventi piovosi di forte
intensità, che hanno favorito la concentrazione e la penetrazione nel terreno, di solito incoerente,
di forti quantità di acqua, generando una temporanea falda acquifera parallela al versante. Questi
fenomeni accadono quindi principalmente dopo lunghi periodi piovosi di media intensità ma
anche per precipitazioni brevi e intense o a seguito di un repentino scioglimento delle nevi. Tali
precipitazioni hanno caratteristiche localizzate, e la loro dinamica evolutiva risulta fortemente
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Capitolo 1
condizionata dall’orografia e dall’esposizione dei versanti, dalla quota, dal vento e dal gradiente
termico.9
In aggiunta alla componente climatica, i fattori che influenzano il fenomeno sono di tipo litologico,
morfologico, idrogeologico e climatico. In particolare i fattori litologico!strutturali comprendono
la composizione, lo strato di fatturazione, l’inclinazione del versante, le caratteristiche
geotecniche di resistenza meccanica ed infine la successione stratigrafica, con particolare
riferimento all’individuazione del substrato roccioso ricoperto da materiale destrutturato e coltri
detritiche e delle loro differenti caratteristiche di resistenza e permeabilità. Da un punto di vista
morfologico, invece, si è statisticamente verificato che i pendii maggiormente coinvolti
presentano esposizione verso Sud, e ciò è dovuto all’azione di disgregazione meccanica delle
rocce ad opera di cicli di gelo e disgelo ripetuti. Importante risulta anche la valutazione del suolo,
in quanto la copertura vegetale contribuisce spesso alla stabilità del versante. tra tutti questi
fenomeni si è spesso osservato come il fattore litologico sia risultato meno influente sull’innesco
del fenomeno rispetto ai fattori di inclinazione del versante e dal tipo di suolo.
1.2 Erosione superficiale di fronti detritici
Tale azione destabilizzante viene denominata dilavamento ed è dovuta essenzialmente all’azione
dell’acqua piovana, che oltre a produrre dissesti costituisce uno dei più importanti agenti
morfogenetici, provocando effetti geomorfologici legati sia all’azione diretta d’impatto della
pioggia sul terreno sia all’azione di scorrimento di questa in superficie, generante fenomeni
erosivi. L’acqua è anche in grado di penetrare all’interno del terreno o scorrere in superficie
provocando, se questa è inclinata, un flusso superficiale in direzione di massima pendenza con
asportazione del terreno e trasporto di particelle solide, suolo e roccia verso il piede del versante,
dove il materiale si accumula in depositi detti colluviali.
L’azione erosiva prodotta dalle acque piovane si suddivide in due fenomeni: da una parte il
distacco delle particelle dovuta agli urti di pioggia che colpiscono i suolo e i connessi processi
chimico!fisici di disgregazione; dall’altra il trasporto delle particelle distaccate con abrasione del
suolo e delle rocce, in particolare in terreni a grana fine, generando l’arretramento dei versanti,
9
Si riscontra spesso infatti che la distribuzione delle piogge assume caratteristiche differenziate anche in
bacini limitrofi, come versante destro e sinistro, zona di testata e fondovalle!conoide. Da studi condotti nel
1980 da Govi & Sorzana la precipitazione necessaria per l’innesco del fenomeno varia in un range ristretto,
funzione dell’intensità e della pioggia cumulata nel periodo precedente l’evento. In particolare, per climi
caratterizzati da escursioni termiche annue contenute ( !15°C 25°C) tali fenomeni si possono verificare in
presenza di un regime pluviometrico con precipitazioni variabili da 1000 mm e 2000 mm annui, con massimi
in primavera e autunno e minimi in estate e inverno, quindi, a titolo esemplificativo, con un regime
pluviometrico di tipo sub!litoraneo appenninico. I soil slip più frequenti avvengono infatti tra i mesi di
febbraio e maggio, dopo un periodo di frequenti piogge.
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Capitolo 1
l’abbassamento delle creste e la produzione di ingenti quantità di materiale detritico da
trasportare.
Le acque piovane, responsabili del fenomeno, prima possiedono un movimento disordinato e per
questo vengono definite di “dilavamento” o “selvagge”, successivamente si stabilizzano in un
reticolo idrografico, e vengono pertanto definite “incanalate”, responsabile dell’erosione lineare o
fluviale. Tale tipologia consiste nell’asportazione di materiale dal letto o dalle sponde del corso
d’acqua. Questo fenomeno erosivo spesso evolve in erosione verticale o di fondo
approfondendosi sempre di più nel fondo dell’alveo fino a provocare lo scalzamento. L’erosione
lineare si configura però come riguardante la dinamica fluviale e quindi risulta meno interessante
per quanto riguarda i versanti. Per questi ultimi risulta fondamentale l’erosione areale o
superficiale, che si genera nelle zone di interfluvio comprese tra due alvei, ovvero sui versanti.
In linea generale l’azione erosiva di dilavamento superficiale si può esplicare, come effetto
dell’azione areale di ruscellamento, in due sottocategorie: “erosione areale per ruscellamento
diffuso” e “erosione a rivoli e solchi per ruscellamento concentrato”.
Erosione areale per ruscellamento diffuso o erosione laminare: in questo caso le acque non
s’infiltrano nel terreno ma scorre come una rete di filetti d’acqua, producendo un’erosione
areale sul versante, caratterizzata da un’energia proporzionale all’acclività del pendio. Tale
azione destabilizzante risulta particolarmente diffusa su terreni privi di copertura vegetale,
spesso ormai saturi, in modo tale che l’acqua non possa penetrare nel terreno. Le particelle
trasportante sono poi abbandonate alla base del versante come depositi colluviali. Il materiale
solido a sua volta può alimentare anche il trasporto fluviale. I fenomeni di ruscellamento
laminare evolvono poi in una concentrazione in rivoli.
Erosione per ruscellamento concentrato: esso su verifica quando le acque dilavanti tendono a
organizzarsi incanalandosi in canali di scorrimento preferenziale in rivoli a regime
intermittente (rill erosion), il cui sviluppo è controllato dalla presenza di discontinuità
morfologiche ma soprattutto dal manto vegetale presente. All’approfondirsi dei rivoli
l’erosione lineare risulta accentuata (gully erosion), provocando non solo fenomeno erosivi ma
anche di dinamica fluviale. Infatti nell’erosione laminare per rivoli generalmente
viene
interessato il suolo, mentre nell’erosione per solchi si possono raggiungere spessori di parecchi
metri, coinvolgendo una maggiore quantità di materiale , e si sviluppa in prevalenza in litotipi
teneri e poco coerenti e poco permeabili, quindi facilmente erodibili.
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Capitolo 1
Figura 22: Scarpata stradale priva di copertura vegetale e fenomeno di rill erosion. Comune di trivento (CB)
Fonte: Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!
idraulico sui versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2006
Figura 23: Fenomeni di rill erosion nella parte alta, gully erosion nella parte bassa e alla base del versante
l’accumulo del terreno eroso (colluvium). Fonte: Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici
(APAT): “Atlante delle opere di sistemazione dei versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2002
i fenomeni erosivi, siano essi dovuti all’azione delle acque dilavanti che incanalate, sono
responsabili di fenomeni destabilizzanti, i cui danni sono valutabili non solo in situ ma anche
lontano dal luogo in cui si è verificata l’erosione.
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Capitolo 1
DANNI IN SITU
DANNI IN ZONE LONTANE DALL’EROSIONE
Asportazione degli orizzonti organici della
Alluvioni
superficie del suolo
Rimozione delle sostanze nutritive
Polluzione dell’acqua
Interrimento delle opere di sbarramento o
Distruzione della struttura e della
dighe, dei bacini di raccolta dell’acqua, di
compattazione della superficie del suolo
canali, dei corsi d’acqua
Modifiche dell’andamento o dell’assetto dei
Riduzione della produttività del suolo
corsi d’acqua
Sedimentazione di materiali sabbioso!argillosi
Riduzione dell’infiltrazione
sui campi
Diminuzione nella ricarica della falda freatica
Deterioramento dei luoghi di pesca
Erosione superficiale
Eutrofizzazioni dei corsi d’acqua
Asportazione di materiale fine e aumento di
elementi grossolani in superficie
Formazioni di incisione
Sradicamento di vegetali
Tabella 1: Conseguenze derivanti dai fenomeni erosivi nei luoghi dove si verifica il dilavamento e nelle zone lontane
dall’erosione
Fonte: APAT: “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”
L’erosione al suolo è quindi funzione di diversi fattori, come la capacità erosiva della pioggia
(dovuta alla sua energia cinetica d’impatto), le caratteristiche idrogeologiche dei suoli (come la
capacità di accettazione della pioggia), la morfometria (ovvero la posizione delle zone di
scorrimento, deposizione e l’alcclività), la copertura dello strato pedologico (la vegetazione
presente) e non da ultimo i sistemi di gestione agricola e regimazione delle acque. La quantità di
suolo rimosso da una certa area e trasportato altrove, ovvero l’erosione del suolo, è valutabile
attraverso l’Equazione universale dell’erosione dei suoli (USLE – Universal Soil Loss Equation !
F.A.O., 1965; Wischmeir & Smith, 1978; AA. VV., 1977):
! "#$%$&$'$($)
dove:
A = perdita annua media di suolo [tonnellate o ettaro/anno di suolo trasportato]
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Capitolo 1
R = erodibilità ad opera della pioggia , che dipende dal prodotto fra energia cinetica totale della
pioggia (E) e intensità massima della pioggia misurata nella mezzora di punta (I30); # "
*$+,./012
(di
solito si ricavano valori medi annui di R)
K = fattore di erodibilità del suolo, che esprime la suscettibilità di un suolo ad essere eroso
L = fattore di lunghezza del pendio
S = gradiente topografico del pendio
C = fattore di gestione delle colture, ovvero il rapporto fra l’erosione di un suolo con specifica
coltura e erosione di un suolo incolto
P = fattore che esprime gli interventi di controllo sull’erosione, ovvero rapporto fra perdita di un
suolo che si ara con una certa tecnica e perdita di un suolo arato a “rittochino” (lungo la
pendenza), ovvero tipo di aratura che favorisce la massima erosione (aratura lungo le curve di
livello: a “girapoggio”)
1.3 Fenomeni gravitativi
Per fenomeni gravitativi s’intende il movimento, lento o improvviso, di una certa massa di roccia o
terreno sotto l’azione della gravità, che si verifica quando le forze applicate ad un versante
superano la resistenza del materiale. Tale spostamento può verificarsi con modalità alquanto
variabili. Tra i fenomeni gravitativi si possono ascrivere i fenomeni franosi, le deformazioni
gravitative profonde, di cui si parlerà nel prossimo paragrafo e i movimenti lenti superficiali.
Tuttavia all’interno di questo paragrafo verranno trattati solamente i primi, in quanto i movimenti
lenti superficiali possono in genere essere considerati movimenti tali da cambiare l’aspetto
morfogenetico del versante senza però creare instabilità.
I fattori che favoriscono e determinano i fenomeni franosi possono essere distinti in fattori passivi
e attivi, che possono subire variazioni anche in tempi brevi. Tra i primi si riscontrano:
Fattori geologici: consiste nella valutazione dei caratteri strutturali quali faglie e fatturazioni,
della giacitura, della scistosità e dell’alternanza di litotipi presenti, che possono influire
nell’innescarsi dei fenomeni franosi. Infatti, a titolo esemplificativo, superfici di discontinuità a
franapoggio, con inclinazione minore del pendio, costituiscono una condizione favorevole
all’innescarsi di fenomeni quali scivolamenti planari. Tra i fattori geologici si possono
considerare anche le sollecitazioni prodotte da eventi sismici e vulcanici.
Fattori morfologici: legati ai precedenti per la stretta correlazione tra aspetti litologici e
morfologici nell’evoluzione di un versante. Risulta per esempio prioritario per l’innesco e lo
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Capitolo 1
sviluppo dei fenomeni franosi l’inclinazione topografica del versante, che aumenta la
sollecitazione a taglio applicata.
Fattori idrogeologici: la circolazione idrica superficiale e sotterranea è strettamente connessa
con le caratteristiche di permeabilità delle formazioni rocciose e dei terreni. A titolo
esemplificativo i terreni calcarei, a causa dell’intensa fatturazione e per fenomeni carsici, sono
interessati da una rete superficiale scarsa a differenza della rete idrica sotterranea, a
differenza di versanti caratterizzati da fliscioidi10, poco permeabili, per cui la fitta rete idrica
superficiale provoca nelle fasi di piena lo scalzamento del versante. inoltre alla circolazione
idrica sotterranea è collegata l’entità e la distribuzione delle pressioni neutre, oltre alla
capacità di solubilizzare le sostanze cementanti, comportando un indebolimento dei legami
intergranulari. Infine precipitazioni di lunga durata e di media intensità, portando alla
saturazione il terreno, possono far giungere la stabilità del versante al limite dell’equilibrio.
Fattori climatici e vegetazionali: i fattori climatici risultano determinanti nell’innesco dei
fenomeni franosi; questo si riscontra particolarmente nei climi dove si alternano lunghe
stagioni secche e periodi di intensa e/o prolungata piovosità. Come accennato all’interno dei
fattori idrogeologici, questo in genere comporta sia variazione di portata della rete drenante,
con conseguente incremento delle azioni erosive, sia innalzamento delle superfici libere delle
falde acquifere sotterranee, con effetti negativi, in particolare quando le falde sono prossime
alle superfici topografiche. Anche la vegetazione può incidere significativamente, in quanto
una copertura boschiva può essere considerata un ostacolo agli agenti atmosferici. I
disboscamenti hanno infatti contribuito notevolmente all’incremento dell’innesco di fenomeni
erosionali e franosi. Tuttavia non sempre la vegetazione si configura come una protezione del
versante. Grenway nel 1987 ha valutato gli effetti della vegetazione sulla stabilità dei pendii,
suddividendo in effetti idrologici e effetti meccanici, positivi e negativi.
EFFETTI IDROGEOLOGICI
INFLUENZA
il fogliame intercetta la pioggia riducendo
Positiva
l’infiltrazione e aumentando l’evaporazione
Le radici aumentano la scabrezza del terreno
Negativa
aumentando la capacità di assorbimento
Le radici diminuiscono l’umidità nel terreno,
Positiva
facendo diminuire le sottospinte idrauliche
10
Il flysch è dovuto a correnti di torbidità. I depositi di flysch hanno generalmente forte spessore, talora anche di
migliaia di metri, e rappresentano il prodotto di una rapida erosione seguita da una altrettanto rapida sedimentazione
che si alternano con condizioni di deposizione normale.
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Capitolo 1
EFFETTI IDROGEOLOGICI
INFLUENZA
Il disboscamento aumenta la tendenza del
terreno a fessurarsi con aumento di
Negativa
permeabilità
EFFETTI MECCANICI
Le radici rinforzano il suolo con aumento della
Positiva
resistenza a taglio
Le radici possono andarsi ad ancorare in
Positiva
substrati più resistenti con “effetto palo”
Il peso degli alberi aumenta le componenti
normali e parallele ad un eventuale piano di
Negativa/Positiva
scivolamento
La vegetazione esposta al vento trasmette
Negativa
sollecitazioni dinamiche
Le radici legano il suolo diminuendo l’erosione
Positiva
Tabella 2: Effetto della vegetazione sulla stabilità dei pendii (Grenway, 1978). Fonte: A.M. Ferrero, C. Deangeli: Appunti
del corso di Stabilità dei Pendii
Fattori antropici: le azioni antropiche possono essere attive, come scavi, appesantimenti del
versante, disboscamenti, o passive, come l’abbandono delle terre. Quest’ultime svolgono un
ruolo di accelerazione dei processi morfogenetici , con una rapida alterazione degli equilibri
naturali.
Tutte le azioni che turbano gli equilibri naturali di un versante, provocando lo spostamento di
ammassi rocciosi sotto l’azione della gravità, costituiscono le cause dei fenomeni franosi.
L’instabilità di un versante si verifica quando lo stato tensionale agente presenta sforzi taglianti
superiori a quelli resistenti. Pertanto le azioni che modificano le condizioni di stabilità di un
versante possono essere suddivise in due categorie, ovvero quelle che provocano un incremento
degli sforzi di taglio agenti e quelle che riducono la resistenza a taglio del materiale.
In particolare infatti Terzaghi nel 1950 ha classificato i cambiamenti delle condizioni di stabilità
suddividendoli in quelli dovuti a cause esterne ed interne.
Cause esterne: tra i cambiamenti dovuti a cause esterne si annoverano:
! Cambiamenti della geometria: per la realizzazione di scavi,che generano alterazioni in tempi
brevi, processi erosionali al piede, che provocano fenomeni erosionali generalmente rapide,
variazioni di altezza etc.
! Scarichi: dovuti a scavi, erosioni etc.
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Capitolo 1
! Carichi statici: rilevati, innalzamenti, costruzioni di manufatti etc.
! Carichi dinamici: eventi sismici, esplosioni, carichi ciclici etc. l’azione del sisma può
manifestarsi sia mediante dislocazioni tettoniche del substrato roccioso sia attraverso
repentini effetti di compattazione dei terreni di copertura, con variazione altimetrica della
superficie e spostamenti differenziali tali da alterare l’equilibrio naturale. I fenomeni sismici
possono provocare la liquefazione di sedimenti per progressivo e repentino innalzamento delle
pressioni interstiziali in condizioni di drenaggio impedito , che può portare anche
all’annullamento della resistenza quando la pressione idraulica dei pori uguaglia il carico
esterno. Interessanti per le alterazione dell’equilibrio risultano anche i fenomeni di
costipamento delle sequenze sciolte più superficiali.
! Variazioni del livello di falda: stagionali o antropiche, dovute per esempio a pompaggi,
svuotamenti di invasi etc.
! Variazioni delle pressioni interstiziali: precipitazioni, sovrappressioni idrauliche, ma anche
eventi sismici etc.
! Fenomeni di subsidenza
! Variazione della vegetazione: disboscamenti etc.
Cause interne:
!Variazione delle caratteristiche di resistenza del materiale, rottura progressiva: caduta della
resistenza da quella di picco a residua, materiali a comportamento fragile e rammollente etc.
! Alterazione del materiale: riduzione della coesione, perdita di cementazione, essicazione,
propagazione di fratture etc.
! Variazione della struttura interna del materiale per filtrazione: dilavamento, soluzione etc.
Si osserva infine come particolarmente
critici per l’innesco e l’evoluzione dei fenomeni di
instabilità siano i fattori metereologici e climatici, con particolare riferimento alle precipitazioni11,
e gli elementi di origine flessionale, quali faglie, scorrimenti flessionali tra gli strati per
piegamento.
Le azioni destabilizzanti che provocano una frana possono essere anche distinte in:
Strutturali o predisponenti: connesse ai fattori geologici, morfologici, idrogeologici, quali la
forma e la dimensione dei corpi geologici e il rapporto con quelli adiacenti, i tipi litologici, le
giaciture degli strati, lo strato di fatturazione, l’alterazione delle rocce, la permeabilità, la
pendenza del versante etc.
1111
È infatti importante monitorare le condizioni di piovosità, con particolare riferimento
all’intensità oraria o giornaliera, alla durata, alla pioggia cumulata in un certo intervallo di tempo e
il tempo di ritorno dell’evento piovoso.
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Occasionali o determinanti: quelle che determinano in quel particolare momento l’alterazione
degli equilibri naturali, con l’eventuale combinazione di più fattori sfavorevoli.
Vengono ora presentati i movimenti franosi secondo la classificazione per tipo di movimento
attualmente più utilizzata, ovvero quella proposta da Varnes nel 1948 e ripresa nel 1978. Varnes
specifica inoltre che il fenomeno franoso rappresenta un movimento controllato dalla gravità,
superficiale o profondo, lento o rapido12, in roccia, terra o detrito. Vengono quindi distinte cinque
classi fondamentali di fenomeni.
1.3.1
Crolli
Tale cinematismo prevede lo spostamento dei materiali in caduta libera e il conseguente
movimento di salti e rimbalzi dei frammenti di roccia, con frantumazione del materiale stesso. Il
fenomeno può svilupparsi in roccia, detriti e terra che si distaccano improvvisamente dal
versante. Generalmente il distacco avviene in corrispondenza di superfici di discontinuità molto
inclinate e preesistenti quali giunti, piani di faglia, fatturazione tettonica, piani di scistosità
superfici di contatto tra materiali con caratteristiche geomeccaniche differenti; tuttavia si possono
verificare crolli anche in superfici di neoformazione. Essendo fenomeni improvvisi, la velocità di
distacco risulta elevata, senza la presenza di segni premonitori.
La componente principale di tale movimento è quella verticale e pertanto sono necessarie
particolari condizioni morfologiche, quali l’acclività dei versanti o rotture di pendenza elevate. Il
materiale accumulato alla base, se le condizioni morfologiche lo consentono, può poi essere
coinvolto in ulteriori fenomeni gravitativi. Tale cumulo di frana generalmente non partecipa ai
processi morfoevolutivi, tuttavia qualora il versante sia limitato al piede da un corso d’acqua,
funge da protezione all’erosione.
Generalmente la causa d’innesco è collegata ad un incremento degli sforzi di taglio e tali
movimenti franosi si verificano prevalentemente nelle rocce lapidee massicce fratturate,
stratificate e/o carsificate, quali calcari, calcari!dolomitici, arenarie, conglomerati, brecce, in rocce
magmatiche e metamorfiche se non alterate.
12
Relativamente alla velocità dei movimenti franosi Varnes nel 1978 distingue le seguenti categorie:
! Estremamente lenti: <0.06 m/anno
! Molto lenti: tra 0.06 m/anno e 1.5 m/anno
! Lenti: tra 1.5 m/anno e 1.5 m/mese
! Moderati: tra 1.5 m/mese e 1.5 m/giorno
! Rapidi: tra 1.5 m/giorno e 0.3 m/min
! Molto rapidi: tra 0.3 m/min e 3 m/sec
! Estremamente rapidi: >0.3 m/sec
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Figura 24: Frane da crollo in rocce lapidee, fratturate e fessurate. Fonte: Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i
servizi Tecnici (APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2006
Tale cinematismo, tuttavia, può verificarsi anche in rocce poco coerenti o profondamente
alterate, dove la massa si disgrega raggiungendo il suolo: si possono quindi verificare in sequenze
sabbioso!conglomeratiche, ammassi detritici, in sequenze sedimentarie tettonizzate o
magmatiche e metamorfiche alterate. In questi casi però il piano di distacco è di neoformazione,
all’atto dell’innesco del fenomeno e la superficie di rottura può assumere forma cicloidale.
Figura 25: Frane da crollo in depositi detritici stratificati, con grado variabile di coesione. Fonte: Agenzia per la
Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali
e Linee Guida, Roma, 2006
Tra le cause si annoverano: escursioni termiche, cicli di gelo e disgelo, azioni erosive dell’acqua
alla base dei versante, sollecitazioni sismiche e l’azione destabilizzante dell’apparato radicale.
1.3.2
Ribaltamenti
Questo cinematismo consiste nel ribaltamento frontale del materiale che ruota attorno ad un
punto posto al di sotto del baricentro di massa; tale fenomeno avviene in presenza di alcune
famiglie di discontinuità, necessariamente sia sub verticali che sub orizzontali, e può evolvere in
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
crollo o scorrimento ma non necessariamente implica il collasso del materiale coinvolto. La massa
isolata può derivare da fratture preesistenti o, più raramente, da superfici di neoformazione.
Tali fenomeni risultano maggiormente diffusi in corrispondenza di ammassi rocciosi con elevata
acclività del versante, in particolare dove si sono verificati intensi fenomeni erosivi con
asportazione delle coperture e intensificazione della pendenza del versante. Nonostante quindi
tale cinematismo si trovi con particolare frequenza in quegli ammassi rocciosi interessati da un
andamento verticale delle fatturazioni o dei giunti di stratificazione, esso può verificarsi anche
quando una roccia lapidea è sovrapposta ad un substrato plastico, deformabile ed erodibile.
Raramente si verificano in ghiaie più o meno argillose e conglomerati fluviali.
Il ribaltamento può essere:
Flessionale: si verifica quando un ammasso presenta discontinuità a reggipoggio, ovvero
paralleli al fronte, e il suo schema statico risulta quindi quello di una mensola incastrata alla
base. Si verifica in rocce sedimentarie e metamorfiche con evidenza del piano di fogliazione, o
in argille sovra consolidate. Il fronte del pendio si presenta quasi verticale. Il fenomeno
prevede l’inflessione della lastra con rotazione al piede (flexural toppling).
Figura 26: Flexural toppling in Canada. Fonte: B. Gentili, M. Materazzi: “Appunti del corso: corso di
geomorfologia: l’azione della gravità”
Di blocchi: si verifica quando esistono due sistemi di discontinuità tra loro perpendicolari, uno
a reggipoggio (che genera elementi colonnari), e uno a franapoggio (che genera la superficie di
ribaltamento), tali per cui il pendio sia costituito da blocchi. Il ribaltamento avviene per il peso
dei blocchi soprastanti e sul giunto si possono avere sia ribaltamento che scivolamento,
tenendo conto dei movimenti di taglio sull’interfaccia.
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Flessurale e di blocchi: risulta un fenomeno intermedio tra i primi due, in cui durante
l’inflessione si può avere rottura per trazione.
Figura 27: Frane da ribaltamento in rocce lapidee. Fonte: Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici
(APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2006
Le cause predisponenti sono in generale di tipo strutturale, mentre quelle innescanti sono similari
alle sopracitate per il fenomeno di crollo, ad eccezione del caso in cui il fenomeno avvenga in
versanti ghiaiosi, in cui la causa determinante è caratterizzata dallo scalzamento al piede dei
versanti provocato dalla corrente del fiume, quindi a fenomeni erosivi alla base.
Anche nel caso dei ribaltamento, il cumulo di frana detritico ai piedi del versante può sia
innescare nuovi fenomeni gravitativi, quali colate rapide di detrito, sia fungere da protezione
all’erosione del versante.
1.3.3
Scorrimenti
Tali movimenti di massa si verificano per superamento della resistenza al taglio in materiali
rocciosi lungo una o più superfici sia di neoformazione che preesistenti o in corrispondenza di un
livello meno competente. Il cinematismo ha rapido avvio, i cui spostamenti evidenti possono
portare al collasso del pendio.
Gli scorrimenti possono essere ulteriormente suddivisi in rotazionali e traslativi.
Gli scorrimenti rotazionali avvengono con un movimento rotazionale intorno ad un punto o un
asse esterno e posto al di sopra del baricentro della massa spostata. La superficie di rottura è
caratterizzata da una forma arcuata, con concavità rivolta verso l’alto. Il fenomeno avviene con le
stesse modalità sia in roccia che in terra in quanto la regolarità della superficie di scorrimento
tende ad aumentare in funzione dell’omogeneità granulometrica. Si osserva inoltre come negli
51
Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
ammassi rocciosi più competenti il cumulo di frana, dopo la rotazione e la traslazione, tende a
mantenere la sua configurazione, dando origine a svettamenti nella porzione anteriore esterna;
nelle rocce più plastiche invece il corpo di frana tende a deformarsi e a scomporsi in vari blocchi
delimitati da superfici di scorrimento secondari. Se lo spostamento orizzontale della porzione
centrale del corpo frana è maggiore di quanto avviene nell’area di testata, si ha la formazione di
trincee. La massa dislocata si muove quindi oltre la superficie di rottura, sovrapponendosi alla
sottostante superficie di terreno originaria, generando il piede della frana, dove possono
verificarsi rigonfiamenti ed avvallamenti disposti trasversalmente, dovuti allo sviluppo di sforzi
compressivi che possono comportare anche l’espulsione di acqua con alterazione delle
caratteristiche geotecniche del materiale in movimento e, qualora siano coinvolti litotipi argillosi,
anche un lento colamento.
Questo tipo di movimento è frequente nelle sequenze sedimentarie a comportamento
prevalentemente plastico, come sedimenti marnoso!calcarei o marnoso!argilloso!arenacei, argille
o anche in alcune rocce ignee e metamorfiche come graniti o complessi scistoso!cristallini. Nei
materiali a grana fine l’aumento della coesione fa prevalere gli scorrimenti rotazionali su quelli
traslativi, con profondità di superficie di rottura proporzionale alla coesione stessa.
Tra le cause determinanti sono ascrivibili le acque di infiltrazione provenienti da eventi meteorici,
i fenomeni sismici, l’incremento delle pressioni interstiziali, ma anche azioni antropiche quali
sbancamenti, scavi, appesantimenti di versante etc.
Figura 28: Frane da scorrimento rotazionale multiplo. Fonte: Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi
Tecnici (APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2006
Gli scorrimenti traslativi sono interessati da uno scivolamento lungo una superficie di
discontinuità poco scabrosa e preesistente, come un giunto di stratificazione, un piano di faglia o
di scistosità o una superficie di contatto tra roccia integra e porzione alterata o anche tra roccia e
copertura detritica; può infine verificarsi anche in terra. La principale condizione predisponente è
che tali superfici di discontinuità siano orientate nello stesso senso del versante, ossia a
franapoggio, e che abbiamo un’inclinazione minore o uguale a quella del pendio. La causa
innescante è dovuta ad una riduzione della resistenza d’attrito lungo la superficie di discontinuità.
52
Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Il movimento avviene con velocità variabile e nella direzione di massima pendenza, e può
verificarsi sia che la massa completamente destrutturata o disarticolata sia che la massa rimanga
integra. Questo cinematismo si verifica nelle sequenze lapidee che presentano alternanze di
materiale a comportamento plastico o in corrispondenza delle superfici di contatto tra ammassi
rocciosi lapidei poggianti su un substrato a comportamento plastico, o anche come scivolamento
planare di coperture detritiche su un substrato roccioso, o infine in corrispondenza di una
superficie di contatto tra analoghi terreni di tipo tettonico. Le cause sono da ricercarsi in quelle,
naturali o artificiali, responsabili di un decremento della resistenza d’attrito lungo le superfici di
discontinuità, o in quelle che possono provocare improvvisi incrementi di sforzi di taglio, come
sismi, tali da imprimere un primo movimento alle rocce in precario equilibrio, avviandone lo
scorrimento. Tale fenomeno gravitativo può anche avere luogo in corrispondenza di limi o
conglomerati a matrice sabbiosa, detriti di falda, alteriti; in questo caso tra le cause determinanti
si annoverano l’aumento del contenuto d’acqua nei terreni, lo scalzamento al piede, la distruzione
della copertura vegetale e sovraccarichi. Si individua una netta scarpata a monte, un corpo di
frana frammentato e fenomeni di affossamento del materiale in movimento, localizzati nella
porzione prossima all’area di distacco.
Figura 29: Modelli schematici evolutivi di movimenti franosi traslativi in depositi lapidei stratificati. Fonte: Agenzia per la
Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali
e Linee Guida, Roma, 2006
Qualora gli scorrimenti traslativi interessino grandi volumi di roccia in movimento si può però
parlare di “Deformazioni gravitative profonde do versante” (D.G.P.V.), in seguito descritte.
Taluni Autori classificano in questo ambito anche i fenomeni di “soil slip”, trattati al §1.1 della
presente.
53
Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
1.3.4
Espansioni laterali
Questi movimenti franosi si verificano quando una massa rocciosa lapidea fratturata è
sovrapposta a terreni a comportamento plastico. Si verifica quindi la mobilitazione de blocchi
rigidi sovrastanti che seguono e nel contempo provocano le deformazioni delle sottostanti
porzioni plastiche. Infatti tali fenomeni s’innescano quando la pressione esercitata dall’ammasso
roccioso induce una deformazione sui terreni sottostanti, che si mobilitano in maniera
differenziale per fenomeni di fluimento ed estrusione, richiamando le masse rocciose sovrastanti.
Queste ultime si suddividono in blocchi, lungo fratture sia preesistenti che di nuova formazione,
che si abbassano in maniera differenziale nei terreni plastici e si spostano lateralmente verso
valle.
Il movimento, generalmente lento, avviene anche con modeste acclività, con componente
prevalente orizzontale.
Il materiale in movimento si presenta disuniforme, con superfici nette di separazione fra le varie
parti. I blocchi, traslando verso valle, costituiscono un corteo di ammassi rocciosi che man mano
che si spostano risultano più scompaginati. Tale cinematismo può poi evolvere in crolli,
ribaltamenti, colamenti lenti. Le tipiche evidenze morfologiche si configurano come trincee e
solchi nelle rocce di copertura e rigonfiamenti nei materiali plastici sottostanti.
Tra i fattori predisponenti s’individuano la sovrapposizione di rocce a comportamento rigido su
rocce a comportamento plastico, la fatturazione dell’ammasso roccioso, l’elevata energia di rilievo
e la decompressione conseguente al ritiro di spesse coltri di ghiaccio. Tra le cause determinanti si
riscontrano gli incrementi delle pressioni interstiziali nello strato plastico o l’aumento di carico
piezometrico nelle soprastanti rocce rigide, specialmente in quelle caratterizzate da elevata
permeabilità, eventi sismici, il ritiro dei ghiacciai e l’erosione fluviale.
Tale fenomeno, generalmente molto profondo, si riscontra a titolo di esempio, in arenarie
massive, calcari o depositi vulcanici poggianti su litotipi argillosi. Tuttavia in letteratura si riscontra
anche la presenza di un’espansione laterale che si verifica in rocce omogenee e fratturate in area
di cresta che comporta l’abbassamento della zona centrale del versante e lo spostamento laterale
e verso il basso dei fianchi. In tale fenomeno non si individua né una superficie basale di
scorrimento né una zona di deformazione plastica definita.
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Figura 30: Modelli schematici evolutivi di movimenti franosi di espansione laterale. Fonte: Agenzia per la Protezione
dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali e Linee
Guida, Roma, 2006
1.3.5
Colamenti
Si presentano come movimenti molto complessi che presentano velocità variabili in relazione ai
terreni coinvolti, che possono essere rocciosi, detritici o terre. Tali cinematismo si configurano
come deformazioni che implicano all’interno del corpo di frana un’intensa deformazione plastica
differenziale.
I colamenti di rocce lapidee avvengono con spostamenti lenti, in cui la velocità varia in relazione
al contenuto d’acqua. Generalmente sono presenti numerose superfici di discontinuità che
portano al frazionamento della massa rocciosa, con rigonfiamenti e piegamenti del materiale.
Sono interessate da questo fenomeno le sequenze stratificate in giacitura verticale o molto
inclinata e versanti con pendenze medio!alte. La causa innescante prioritaria è costituita
dall’acqua.
55
Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
I colamenti in terreni sciolti sono caratterizzati da movimenti plastici con velocità variabile da
posto a posto nell’area di frana, i cui limiti possono essere netti o sfumati nell’ambito di una fascia
non definibile dall’esterno, nella quale i movimenti differenziali tendono a diminuire
gradualmente con la profondità e la massa in movimento si configura come un fluido viscoso. La
velocità è variabile in relazione anche ad aspetti geologici e morfologici del versante, alla
pendenza e al contenuto d’acqua della massa in movimento. Si osservano colate di detrito (debris
flow), valaghe di detrito, colata o flusso di blocchi, colamenti lenti superficiali (soil creep13 o
soliflussi14), colata di sabbia o limo saturi, colata di terra, colata di sabbia asciutta, colata di
loess15. I terreni interessati da questa tipologia di frana sono quindi le zone alterate degli ammassi
rocciosi, le coperture eluviali, i sedimenti a prevalente componente arenacea, sabbiosa, argillosa, i
cumuli di precedenti frane.
I colamenti interessano aree molto estese; nelle zone di alimentazione sono evidenti depressioni
a conca, con frequenti fessure trasversali da collasso, mentre nella porzione medio!inferiore
s’individua una zona di accumulo più elevata del pendio, dove la resistenza d’attrito supera la
componente attiva gravitativa, e in cui si riscontrano rigonfiamenti, fessure trasversali da trazione
e, talvolta, da taglio. Nella porzione inferiore il cumulo di frana si espande, diminuisce la velocità e
i rigonfiamenti trasversali scompaiono, ma sono frequenti le fessure radiali. Si osserva che, dove si
riduce la velocità di movimento, siano evidenti venute d’acqua dal cumulo di frana che espelle le
acque di cui è saturo o prossimo alla saturazione. Il movimento avviene lungo differenti e
discontinue superfici di rottura, senza raggiungere un’effettiva separazione tra la massa in
movimento e la regione sottostante in quiete; non si può pertanto parlare di una superficie ma di
una banda di scorrimento.
I colamenti assumono caratteri diversi a seconda del contenuto d’acqua della massa rocciosa,
passando da colate di materiale saturo a asciutto, con marcate differenze tra materiali grossolani
e fini.
13
O reptazione: fenomeno che coinvolge il suolo e la porzione alterata del substrato, ed è il risultato dello
spostamento complessivo delle singole particelle, derivante da piccoli movimenti parziali per ciclica azione
di cause diverse che si sommano alla gravità, quali circolazione di acqua nel terreno, dilatazioni e
contrazioni termiche, cicli di gelo e disgelo, bioturbazioni, umidificazione ed essicazione. Si verifica quindi
una alternanza di mocroespansione e micro contrazione del suolo, che determina lo spostamento delle
particelle. Tale fenomeno è trattato anche nel paragrafo 2.1 della presente.
14
Colamento lento della massa fluida molto viscosa che coinvolge le porzioni più superficiali dei materiali
sedimentari, rese fluide e molto viscose dal contenuto d’acqua. È infatti tipico di terreni poco permeabili,
quali argilla e limo, capaci di imbibirsi d’acqua. In ambiente periglaciale, dove l’acqua deriva dal disgelo di
neve e ghiaccio, si parla di geliflusso. Tale fenomeno è trattato anche nel paragrafo 2.1 della presente.
15
Roccia sedimentaria costituita da granuli finissimi di quarzo, calcite, idrossidi di ferro e minerali argillosi.
56
Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
1.3.6
Fenomeni complessi
Occorre precisare che i cinque cinematismi della classificazione proposta da Varnes non sempre
trovano pieno riscontro, ma esistono fenomeni, detti appunto complessi, che risultano dalla
combinazione di due o più tipi di frane, con caratteristiche d’innesco ed evoluzione riconducibili a
più categorie sopra descritte.
Tra le combinazioni più frequenti si osservano: crollo di roccia!colata di detrito, estremamente
rapido; scorrimento rotazionale!colata di terra, da rapido a molto rapido; scorrimento
rotazionale!ribaltamento, rapido; scorrimento traslativo!crollo di roccia, rapido; inarcamento e
rigonfiamento vallivo; colamento profondo con conseguenti movimenti superficiali.
1.4 Movimenti gravitativi profondi
Le deformazioni gravitative profonde di versante (D.G.P.V.) sono fenomeni che coinvolgono
l’intero sistema crinale!versante!fondovalle e implicano spostamenti e deformazioni plastiche,
differenziali e spazialmente continue, con spostamenti estremamente lenti, anche dell’ordine di
millimetri annui, lungo superfici di discontinuità, variamente orientate, non sempre estese e non
necessariamente ben definita o facilmente individuabile. L’ammasso roccioso viene così
frazionato in diverse unità che, conservando carattere di integrità, subiscono processi di
rigonfiamento e piegamento. Si può verificare solamente in materiali lapidei. Le D.G.P.V. si
collocano in una posizione intermedia tra movimenti franosi e fenomeni di tettonica gravitativa.
Tale fenomeno si distingue essenzialmente per la portata delle masse coinvolte, che è dell’ordine
di centinaia di migliaia fino a parecchie decine di milioni di metri cubi, con profondità variabile da
alcune decine a centinaia di metri ed estensioni chilometriche. Per tale fattore di scala tale le
D.G.P.V. svolgono un’importante ruolo nel modellamento ai margini delle morfostrutture,
soprattutto in aree di recente sollevamento, riconoscibile per gli effetti superficiali prodotti, quali
il profilo concavo nella parte alta dei versanti per ribassamento della massa rocciosa, piegamenti,
sdoppiamenti di cresta, trincee, scarpate rivolte verso valle, contropendenze; mentre nella parte
bassa si verificano inarcamenti con profilo convesso e piani di taglio a basso angolo. Tale
cinematismo può portare anche al collasso dell’intero versante.
Le D.G.P.V. sono caratterizzate da situazioni variabili, ma con caratteristiche comuni:
Volume elevato di materiale coinvolto, sia per estensione laterale che per profondità
Distribuzione della massa coinvolta dal fenomeno lungo una fascia e non su una superficie di
rottura continua
57
Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Fase iniziale e intermedia caratterizzata da deformazioni di taglio in evoluzione molto lenta,
con velocità, da qualche millimetro a qualche centimetro l’anno, controllata da un
comportamento meccanico più o meno plastico della roccia, denominato “creep
gravitazionale”. L’entità della deformazione è direttamente proporzionale all’entità del
materiale coinvolto, all’attività e al contenuto d’acqua e infine è funzione delle condizioni
geologiche e geomorfologiche
Stadio finale con incremento di velocità fino ad alcuni cm al giorno. Il fenomeno progredisce
trasformandosi da gravitativo ad un fenomeno di rottura progressiva all’interno dell’ammasso
roccioso, fino al collasso intero o parziale del materiale coinvolto. Può verificarsi, per eventi
climatici eccezionali, eventi sismici o morfologici di rapida evoluzione, un’improvvisa
accelerazione del fenomeno.
Facendo riferimento alla classificazione di Varnes del 1978 si possono individuare quattro
tipologie principali di D.G.P.V.
Scorrimenti in blocco di roccia (Rock block slide): il movimento dell’ammasso roccioso avviene
lungo una superficie ben individuata, sia preesistente che di neoformazione. Il collasso è
preceduto da fenomeni di creeping che generano aperture di fratture da tensione nella parte
alta del versante. Nel caso di versanti intersecati da discontinuità con bassa resistenza ad
azioni taglianti, il movimento non avviene se l’ammasso roccioso non è ci nematicamente
libero e se l’inclinazione della discontinuità non eccede la resistenza al taglio disponibile.
Possono avvenire fenomeni gravitativi come scorrimenti traslativi e ribaltamenti, preceduti e
accompagnati da fenomeni viscosi (creep rupture). La resistenza al taglio, specialmente in
rocce cristalline, può essere influenzata dall’alterazione. Il ruolo dell’acqua non è
predominante in tale tipologia di D.G.P.V.
Espansioni laterali (lateral spread): l’espandimento laterale di ammassi rocciosi si può
verificare senza la chiara evidenza di una superficie basale netta con sforzi di taglio o una zona
con deformazione plastica. Qualora si tratti di rocce coerenti sovrapposte a successioni
plastiche, per fenomeni di liquefazione o deformazioni di tipo viscoso!plastico, si osserva una
frammentazione dell’ammasso roccioso rigido, cui segue una traslazione prevalentemente
orizzontale. L’ammasso roccioso si configura alla fine come un banco di rocce coerenti,
inframmezzate da materiale plastico o detrito. La velocità del movimento è molto basso e nelle
zone marginali può evolvere in scorrimenti in blocchi di roccia.
Insaccamenti o “sackung” (Rock flows): si tratta di colamenti in roccia con deformazioni
distribuite lungo fratture di varia dimensione, senza un’unica superficie di taglio. Il movimento
è molto lento e continuo lungo una serie di micro!piani di discontinuità a è caratterizzato da
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
lente deformazioni plastiche della massa rocciosa. Il creep in roccia avviene mediante
deformazioni plastiche e spostamenti differenziali lenti e continui, tali da frazionare la massa
rocciosa in diverse unità, generando rigonfiamenti e piegamenti del materiale che modificano
l’aspetto morfologico del versante, come anche avvallamenti e raddoppiamento di creste alla
sommità del versante.
Fenomeni complessi: quando comprendono più tipi tra quelli fondamentali descritti, sia dal
punto di vista spaziale!areale che temporale. Si osservano frequentemente associazioni
scorrimento!colata, espandimenti laterali!scorrimenti. Spesso al fenomeno principale seguono
fenomeni collaterali che interessano sia le superfici di distacco che le zone di accumulo. Si
osservano inoltre fenomeni quali creeping, rottura progressiva, vaporizzazione di acqua con la
conseguente formazione di un cuscino di vapore e spostamenti veloci, fusione di porzioni
rocciose lungo la banda di scorrimento, riduzione del coefficiente di attrito, anche a causa di
eventi sismici.
Figura 31: Vista di una dorsale interessate da D.G.P.V. evidenziate da elementi geomorfologici caratteristici,
quali: la scarpata situata nella parte alta del versante rivolta verso valle, corrispondente ad un piano
estensionale ad alto angolo (linea tratteggiata), le numerose trincee (frecce) e i vari fenomeni franosi posti
nella parte bassa del versante. Località Costa del Bosco del Conte, alta Valtellina, Bormio (SO). Fonte: Agenzia
per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui
versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2006
1.5 Dinamica torrentizia e trasporto di massa solida
All’interno di tale categoria si possono ascrivere tutte le azioni che provocano colate rapide di
detrito o di fango (debris flows e mud flows). Alcuni autori, data la complessità di tali fenomeni, li
collocano all’interno della categoria dei dissesti dovuti alla gravità, asserendo che l’acqua svolga
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
solamente funzione fluidificante e i fenomeni di trasporto idrico siano regolati dalle correnti
idriche. Gli stessi autori definiscono invece “flussi detritici torrentizi” quelle colate che si
verificano negli alvei dei torrenti e che hanno caratteristiche affini alle colate rapide sopra citate
ma che avvengono con dinamiche idrauliche. In questa sede, data la rilevanza del ruolo giocato
dall’acqua, vengono inseriti tutti e tre i fenomeni.
Le colate rapide di detrito e fango si verificano su pendii montani molto acclivi, e comportano la
mobilitazione di grandi ammassi granulari in seguito all’apporto di grandi quantità di acqua,
spesso in seguito a eventi climatici come piogge intense o scioglimento dei ghiacciai e nevai con
rottura di bacini idrici oppure per innalzamento della falda a livello dello strato superficiale per
incrementi della pressione neutra dovuti a forze differenze tra la permeabilità della coltre
detritica e il substrato. Il movimento che si sviluppa acquista spesso notevole velocità,
raggiungendo anche i 70 km/h e si arresta in aree di conoide o in corrispondenza di rilevanti
riduzioni di pendenza. In genere il materiale coinvolto è costituito da depositi detritici o di fango,
sedimenti alluvionali o coltri di alterazione e infine materiale detritico di natura erosionale o
antropica. Tali sedimenti di varia granulometria, variabile da blocchi plurimetrici alle argille, si
miscelano all’acqua e all’aria, generando una massa semi solida paragonabile ad un fluido viscoso
con caratteristiche cinematiche intermedie tra una corrente liquida con trasporto di carico solido
e una frana propriamente detta. Per questo risulta molto importante la valutazione sia delle
condizioni idrodinamiche che di quelle statiche. Le colate rapide di detrito e di fango si
distinguono tra loro sulla base della granulometria del materiale interessato; si definisce colata
rapida detritica qualora il materiale interessato presenti la percentuale maggiore dei 2 mm
compresa tra il 20 e l’80%, oppure colata rapida di fango quando la percentuale inferiore a 2 mm
è maggiore dell’80%. Le colate rapide vengono a loro volta suddivise in “ non canalizzate”, qualora
il materiale coinvolto sia in grado di aprirsi un canale di scorrimento su una superficie di
neoformazione permanendo sul versante senza eccessivi spostamenti, o “canalizzate” quando
questo s’incanala in impluvi preesistenti, percorrendo anche distanze notevoli.
Risulta frequentemente che la causa innescante tali fenomeni sia costituita da piccole frane
superficiali di tipo traslativo o crolli. Affinchè avvenga una colata rapida, in particolare di tipo
detritico, occorre che sia presente materiale detritico sul versante o sull’alveo di un torrente, e
che vi sia un apporto rapido di grandi quantità d’acqua nella zona di affioramento del detrito. Nel
dettaglio, descrivendo il movimento dal suo innescarsi, la maggior parte dei distacchi avviene a
quote elevate, nei versanti montani molto acclivi, poi viene coinvolta la coltre detritica. La rottura
determina poi una dilatazione del materiale, tale da richiamare a sua volta l’acqua con velocità
proporzionale alla permeabilità dei materiali coinvolti. Successivamente la massa solida accelera,
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
proporzionalmente alla pendenza, incorporando altro materiale detritico e vegetale.
Generalmente infatti tale movimento non è unico ma suddiviso in diverse ondate di materiale che
si possono sovrapporre a seconda dell’energia del flusso e all’interno della colata in movimento i
sedimenti di maggiori dimensioni si concentrano nel fronte di avanzamento, mentre nella coda
prevalgono le frazioni più fini, aumentando la forza d’impatto della colata su eventuali ostacoli o
su manufatti. Man mano che si assiste alla riduzione di acclività del versante ha inizio la fase di
deposizione, con la creazione di una zona di accumulo spesso a forma di ventaglio. Si possono
ricondurre le modalità di formazione delle colate rapide in quattro categorie:
Colata rapida originata per la mobilitazione dei sedimenti depositati a fondo dell’alveo di un
torrente per opera di una corrente superficiale di origine pluviale o dovuta a fenomeni di
disgelo
Colata rapida originata dall’evolversi di un fenomeno franoso
Colata rapida generata dalla rottura di una diga naturale per occlusione di un torrente
Colata rapida di detrito per fluidificazione del materiale costitutivo di una frana precedente per
corrente idrica superficiale o per innalzamento del livello di falda.
Il potere distruttivo di tali fenomeni è enorme, sia per la velocità di movimento, sia per la quantità
di materiale coinvolto. La capacità e il potenziale erosivo durante l’evoluzione del fenomeno è
particolarmente significativo. Come già specificato nel § 1.3 il ruolo della vegetazione non è
sempre positivo; infatti in tali fenomeni la vegetazione costituisce un appesantimento del
versante e le radici risultano essere un veicolo per i processi d’infiltrazione delle acque in
profondità, con incremento delle pressioni interstiziali e innesco di fenomeni di colata di grande
portata.
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Figura 32: Colata detritica verificatasi durante l’alluvione dell’ottobre 2000. L’innesco è dovuto allo scivolamento
del materiale di risulta accumulato nel piazzale antistante una cava di serpentino e nell’impluvio sottostante. Nella
foto è visibile il canale centrale e gli argini laterali di materiale detritico abbandonati al passaggio della colata,
costituiti da materiale etero metrico, variabile da argilla a blocchi, questi ultimi generalmente poste alla sommità
degli argini. Comune di Vieille (AO). Fonte: Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT):
“Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2006
Altrettanto disastrosi risultano essere i flussi detritici torrentizi propriamente detti. Essi si
configurano come improvvise e violente pulsazioni di piena in corsi d’acqua acclivi, in
concomitanza spesso di intensi eventi meteorici o dal repentino scioglimento delle nevi.
Vengono così generate rilevanti trasformazioni delle aste torrentizie e delle aree di conoide
allo sbocco delle valli. L’evoluzione di tali fenomeni, come per le colate di fango e detrito, è
molto elevata. La portata erosiva di tali flussi detritici è tale da poter determinare la
regressione e l’abbassamento del profilo longitudinale degli impluvi o lo scalzamento della
base dei versanti, con completa asportazione dei materiali sciolti presenti e affioramento del
substrato roccioso e pertanto il la portata solido può amplificarsi notevolmente durante
l’evolversi del flusso. La violenza della massa solida trasportata è dovuta alla notevole energia
cinetica acquistata durante il movimento, che può anche raggiungere notevoli distanze.
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Verifica della stabilità di opere in legname
Capitolo 1
Figura 33: Flusso detritico torrentizio verificatosi durante l’alluvione dell’Ottobre del 2000 in Valle d’Aosta. In molti
torrenti si sono verificate infatti violente pulsazioni di piena, che hanno mobilitato grandi quantità di materiale
solido, modificando profondamente la morfologia degli alvei. Nella foto è visibile l’ingente deposito alluvionale
accumulato nell’alveo di un torrente tributario del T.S. Barthelemy (Comune di Nus). Si nota inoltre la presenza di
cospicue quantità di materiale vegetale. Fonte: Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici
(APAT): “Fenomeni di dissesto geologico!idraulico sui versanti”, Manuali e Linee Guida, Roma, 2006
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