Diabete 2: nuovi farmaci a rimborsabilità limitata (e a volte

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Diabete 2: nuovi farmaci a rimborsabilità limitata (e a
volte pretestuosa)
10/11/2015 in News
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Diabete. Cambia l’identikit dei pazienti: gestiscono la malattia
cronica anche andando a caccia di notizie. E così navigano
sempre più spesso in internet per essere più informati e
consapevoli ma spesso finiscono per confondersi, si disorientano
e restano perplessi rispetto alla loro terapia. Mai come in questo
momento – mentre la malattia dilaga assumendo proporzioni
epidemiche e il panorama terapeutico si fa sempre più articolato –
è importante, quindi, fare chiarezza. Basta poco, basta fare
riferimento alle informazioni che vengono dagli studi scientifici e
dalla pratica clinica. Basta ascoltare ciò che il paziente chiede alla
terapia: efficacia, sicurezza e semplicità d’uso. Così – alla vigilia della Giornata Mondiale del
Diabete (14 novembre) e in occasione dei 20 anni dai primi studi di MSD sugli inibitori
dell’enzima DPP-4 – due esperti di diabete si sono messi al servizio dei pazienti per cercare di
fare il punto della situazione e dare risposte alle tante domande.
Due esperti – Agostino Consoli, Ordinario di Endocrinologia all’Università di Chieti-Pescara e
Andrea Giaccari, Professore Associato di Endocrinologia all’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Roma, quattro domande e e una classe di farmaci di cui il primo è stato, sitagliptin,
un’innovazione che ha cambiato l’approccio alla terapia del diabete di tipo 2 confermandosi
negli anni, grazie alle tante evidenze scientifiche,
come farmaco di riferimento
nell’armamentario terapeutico a disposizione del medico .
Dalle parole degli esperti questa la ricetta per aiutare il paziente ad uscire dalla giungla della
sua confusione.
I pazienti leggono, si informano, inseguono le novità, ma al tempo stesso sono diffidenti
verso di esse. Cosa può e cosa deve fare il medico davanti ad un paziente spesso
più informato ma a volte più confuso?
«Tanta informazione non può, purtroppo, essere sempre corretta e può finire col
diventare “troppa” informazione – dice Agostino Consoli, Ordinario di Endocrinologia
all’Università di Chieti-Pescara – Ben venga un paziente più consapevole ma solo se questo è
utile a rendere più solido e vivace il suo apporto al team terapeutico. Nel caso di patologie
croniche non guaribili, come il diabete mellito, la mera “prescrizione” di un farmaco o, peggio
ancora, la mera “prescrizione” di regimi dietetici o di attività fisica non è sufficiente a garantire la
compliance del paziente al trattamento. Non si deve parlare di pazienti ‘diligenti’ (e cioè che
“ubbidiscono”) e di pazienti “indisciplinati” che fanno “quello che vogliono”. Nella maggioranza
dei casi la “colpa” di una scarsa compliance è in gran parte del medico, che ha fallito il compito
di rendere il paziente consapevole e quindi collaborativo. E’ evidente poi che a volte la “colpa” di
una scarsa compliance va ricercata nel farmaco stesso. Un farmaco che dia effetti collaterali,
che possa portare il paziente a fare la brutta esperienza di un episodio di ipoglicemia, o un
farmaco che possa indurre aumento di peso, o che debba essere titolato, o che ti faccia spesso
correre in bagno, o che dia disturbi di stomaco o di pancia, o che faccia una o più delle cose
precedenti insieme sarà difficilmente un farmaco verso il quale il paziente avrà una buona
compliance. Al contrario, più semplici e più tollerabili sono le terapie e più sarà facile per il
paziente incastrarle nella propria vita senza doverne subire troppo il peso. Quindi, un farmaco a
somministrazione orale, una sola volta al giorno, con un buon profilo di sicurezza e tollerabilità
rende la vita più facile al paziente, ed anche al medico che deve guadagnare l’aderenza del
paziente ad un progetto terapeutico».
Pazienti più consapevoli, strumenti farmacologici nuovi ed una malattia che sta
conoscendo proporzioni epidemiche. Qual è il quadro finale?
«La terapia del diabete di tipo 2 ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni” dice ancora
Consoli. “Sono arrivate sul mercato molecole con efficacia pari o superiore a quella dei farmaci
tradizionali (e quindi in grado di garantire in molti pazienti un accettabile controllo glicemico) ma
diminuendo il rischio di ipoglicemia (abbassamento eccessivo dei livelli di glucosio nel sangue)
e di aumento ponderale. Tra queste molecole sitagliptin ha recentemente ulteriormente
dimostrato, in un ampio trial di intervento, un favorevole profilo di tollerabilità. Tutto questo
affiancato ad una importante efficacia sul controllo glicemico, dimostrata in pazienti in tutte le
fasi della malattia, quando altre terapie non forniscono un controllo adeguato della glicemia, e
dimostrata sia in pazienti non complicati che in pazienti già affetti da complicanze croniche. Il
buon profilo di efficacia e di sicurezza del farmaco è stato infatti mostrato anche in pazienti con
insufficienza renale, o addirittura in dialisi o in pazienti che facevano uso di insulina, in aggiunta
ad essa. I farmaci innovativi hanno, senza dubbio, rivoluzionato la terapia del diabete di tipo 2
anche se, purtroppo, non sono ancora usati così largamente come probabilmente sarebbe
giusto. Il panorama terapeutico in questi anni si è arricchito di un significativo numero di principi
attivi. Infatti, parliamo non più di ‘farmaco’ ma di ‘combinazione di farmaci’, e quindi di “strategia
terapeutica”. E qui ci si può scontrare con la realtà dei conti in rosso della Sanità. Perché, in
un mondo perfetto, anche una combinazione di farmaci innovativi che si sia dimostrata più
sicura ed efficiente di altre combinazioni dovrebbe poter essere prescritta in regime di
rimborsabilità». Cosa che attualmente non avviene e per molti motivi. una sorta di Farmaco a
rimborsabilità limitata, solo per alcuni casi, e comunque dopo stesura di Piano terapeutico da
parte dello specialista secondo una procedura abbastanza burocratica e, a detta degli esperti, a
volte un po’ pretestuosa.
Sono trascorsi 20 anni dai primi studi MSD sugli inibitori dell’ezima DPP-4 (facenti parte
della cosidetta classe delle incretine), una classe di farmaci orali innovativi che ha
cambiato l’approccio alla terapia nel diabete di tipo 2. Da allora è stato un susseguirsi di
studi sull’efficacia e sulla sicurezza che hanno dato importanti conferme. Eppure il
paziente spesso è confuso e disorientato davanti ad allarmi non sempre giustificati e non
si sente confortato da studi che, invece, sono di straordinaria importanza.
«La terapia del diabete è cambiata molto – dice Andrea Giaccari, Professore Associato di
Endocrinologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Da cocktail di farmaci quasi
sciamanico, con effetti collaterali spesso sottovalutati, si è passati a nuove classi di cui
sappiamo praticamente tutto. Fra queste, forse, il farmaco principe è proprio quello di cui stiamo
parlando. Efficace e maneggevole. Ogni paziente cerca una terapia efficace, duratura e sicura.
Soprattutto, cerca qualcosa che sia in grado di permettergli di mantenere o migliorare il proprio
benessere, senza effetti collaterali. Nel caso del diabete, senza ipoglicemie. Molte persone con
diabete sanno cosa sia l’ipoglicemia; spesso l’hanno provata. Ed hanno paura del “calo di
zuccheri” che invece questo farmaco non può, per il suo meccanismo di azione, mai
determinare. Un paziente confuso o impaurito può e deve trovare conforto dagli studi scientifici
anche se, mi rendo conto, sono difficili da capire per non addetti ai lavori. Ma i numeri degli studi
sono, al contrario, immediatamente chiari a tutti: sitagliptin può contare su 10 studi registrativi
con più di 10.000 pazienti inclusi; il profilo di efficacia e sicurezza è stato studiato in oltre 70 trial
già terminati o tuttora in corso; si stima che abbiano partecipato a studi clinici circa 12.000
pazienti, dei quali circa 7.400 trattati con sitagliptin. In tali studi clinici, circa 2.300 pazienti sono
stati trattati con sitagliptin per più di un anno e di questi circa 500 sono stati trattati per almeno
due anni. Nel mondo sitagliptin è stato approvato in 93 Paesi con un totale di circa 127 milioni di
prescrizioni. Basterebbero questi numeri per far capire al paziente che dietro a quella
compressa ci sono studi che ne hanno definito il profilo di sicurezza e tollerabilità, e sulla base
dei quali il medico decide di trattare in modo appropriato i pazienti che ne possono beneficiare.
Gli studi clinici sono indispensabili, sono l’unica vera prova scientifica e la Medicina si basa sulla
Scienza».
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