L`impiego della Guardia di finanza nella difesa costiera nel secondo

L’impiego della Guardia di finanza nella difesa
costiera nel secondo conflitto mondiale
Premessa.
La Guardia di finanza fu impegnata nella sua totalità nella 2^ guerra
mondiale.
Il Corpo disponeva allora di 51.133 uomini che agirono nel conflitto
suddivisi in quattro aliquote.
La prima, di 8668 unità, inquadrata in 18 battaglioni mobilitati e
numerosi reparti autonomi fu impiegata in combattimento su tutti i
fronti, in Francia, Albania, Jugoslavia, Grecia, Africa Settentrionale,
Somalia, Etiopia ed Eritrea.
Le vicende di questi reparti si concludevano con l’armistizio dell’ 8
settembre 1943, con la deportazione in Germania dei sopravvissuti,
non prima però che il loro sacrificio fosse riconosciuto con la
concessione della decorazione al Valor Militare: medaglia d’oro al
I battaglione mobilitato che prese parte alla difesa di Cefalonia e
Corfù contro i tedeschi, all’indomani dell’ 8 settembre 1943,
medaglia d’argento al III battaglione mobilitato per l’epica difesa del
fronte albanese contro preponderanti forze greche nel novembredicembre 1940, medaglia d’argento sia al gruppo mobilitato
dell’Eritrea sia al battaglione misto mobilitato dell’Amhara per
l’estrema difesa dell’A.O.I. nel 1941, medaglie di bronzo per il I
battaglione mobilitato, per il II battaglione mobilitato, per il VI
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battaglione mobilitato e per il Comando G. di F. di Korcia, in
Albania, per le prove di valore in combattimento in Balcania.
Una seconda aliquota, composta dai mezzi e dagli equipaggi del
Servizio Navale posti alle dipendenze della Marina Militare, si batté
con eroismo e tenacia perdendo gran parte delle unità e degli
uomini su di esse imbarcati, meritandosi la medaglia d’oro per il
Dragamine RD36 e la medaglia d’argento al Valor Militare per il
sacrificio delle restanti unità.
La terza aliquota, impegnata nel servizio d’istituto nell’interno del
territorio e soprattutto nella vigilanza sull’economia di guerra, si
rese benemerita anche per le virtù militari, contribuendo alla vittoria
della Resistenza con i reparti rimasti al nord ed inglobati nella
Repubblica Sociale Italiana meritando alla bandiera la medaglia
d’oro al Valor Militare per la liberazione di Milano il 25 aprile 1945.
Un’ultima, consistente aliquota del Corpo fu destinata alla difesa
costiera e svolse durante tutta la guerra, fino all’armistizio, ed a sud
anche oltre, una oscura e pesante, seppur preziosa, opera di
vigilanza che è rimasta dimenticata e che con queste note vogliamo
rievocare, anche in onore di coloro che hanno dato la vita per la
difesa della Patria.
Si trattava di oltre 15.000 uomini integrati nel dispositivo di difesa
che
dipendevano
per
le
esigenze
militari
dai
Comandanti
dell’Esercito e, nelle piazzeforti marittime dalla Marina Militare e che
fino allo sbarco anglo-americano in Sicilia, non furono impegnati da
azioni dirette avversarie.
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Questa attività impose, però, ai finanzieri notevoli disagi e diede
luogo spesso ad episodi di coraggio ed abnegazione; soccorso a
naufraghi, cattura di equipaggi nemici e di prigionieri di guerra
evasi, avvistamento di mine vaganti, contrasto a colpi di mano di
commandos, etc.1
L’organizzazione della difesa costiera.
La Guardia di finanza, dalla sua costituzione e fino a ben oltre la
conclusione della seconda guerra mondiale, impiegava la maggior
parte dei suoi uomini sul confine terrestre e lungo le coste della
penisola per il contrasto al contrabbando.
Si trattava di una difesa statica impostata su una dislocazione di
piccoli reparti (brigate e distaccamenti) a pochi chilometri un
dall’altro, che vigilavano con pattuglie appiedate lo sviluppo della
linea.
Era uno schieramento che, per le sue caratteristiche, veniva
denominato “a cordone”.
In caso di guerra, questi reparti erano i più avanzati delle truppe di
difesa e per la loro natura potevano assolvere egregiamente
compiti di primo contrasto a piccole infiltrazioni nemiche ed, in caso
di attacco in forze, funzioni di posti di osservazione ed allarme.
Perciò sia nella prima, sia nella seconda guerra mondiale, i piani di
mobilitazione dell’Esercito tenevano in buona evidenza queste unità
del Corpo.
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In particolare, i piani di difesa costiera redatti prima dei conflitti e poi
aggiornati in relazione allo sviluppo della guerra, inglobavano nei
reparti dell’Esercito destinati a queste funzioni, le brigate litoranee
della Guardia di finanza, particolarmente apprezzate per la perfetta
conoscenza dei luoghi, che mancava invece ai militari dell’Esercito,
affluiti da luoghi anche lontani2.
La difesa costiera, durante la seconda guerra mondiale era
demandata a divisioni costiere che presidiavano tratti del litorale di
lunghezza variabile, a seconda della reale minaccia nemica e da
forze mobili dislocate all’interno del territorio, in grado di intervenire
sul litorale entro 12/24 ore dall’allarme.
Ad esempio, nel giugno 1943, la 206^ divisione costiera, schierata
nella zona maggiormente esposta agli sbarchi del nemico, con
10500 militari presidiava 132 km di costa tra capo Murro di Porco, a
sud di Siracusa a Punita Secca, ad est di Gela.
Lo sbarco alleato in Sicilia.
L’operazione Husky, come fu chiamata in codice l’invasione della
Sicilia da parte degli alleati, scattò la notte sul 10 luglio 1943.
Due armate alleate, la 8^ inglese e la 7^ statunitense, per
complessive 7 divisioni di fanteria e corazzate e due divisioni
aerotrasportate sbarcarono sulla costa sud-est della Sicilia, tra Gela
e Siracusa, gli inglesi ad est e gli americani a sud.
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Difendevano la Sicilia sei divisioni costiere, di cui solo due nell’area
dello sbarco, quattro divisioni di fanteria italiane e due divisioni
tedesche di cui una corazzata.
La battaglia si sviluppò subito accanita, e gli italiani, nonostante la
netta inferiorità di forze tennero testa agli attaccanti infliggendo loro
severe perdite.
Nei giorni successivi gli angloamericani presero il sopravvento
grazie all’enorme sproporzione di mezzi a loro favore ed entro il 17
agosto acquisirono il completo controllo dell’isola.
L’operazione Husky fu la più grande operazione anfibia della 2^
guerra mondiale, superiore allo sbarco in Normandia per divisioni
impiegate.
Nonostante l’esiguità delle forze italo-tedesche contrapposte, gli
angloamericani avanzarono molto più lentamente rispetto a quanto
avvenne un anno dopo in Normandia.
L’azione dei reparti della Guardia di finanza.
I reparti litoranei che furono coinvolti nelle operazioni belliche del
luglio 1943 dipendevano dalla legione di Palermo (circolo di
Agrigento) e Messina (circolo di Siracusa).
Più in particolare, in quella zona operavano le brigate litoranee (da
ovest ad est) del circolo di Agrigento di Licata, Falconara e Gela e
quella del circolo a Siracusa di Scoglitti, distaccamento di Casa
Serra, brigate di Punta Bracetti, Punta Secca, Marina di Ragusa,
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Donnalucata, Sampieri, Pozzallo, Foce Vecchia, Portulisse, Marina
di Ragusa, distaccamento di Isola delle Correnti, brigate di Porto
Palo
di
Pachino,
Marzameni,
Vendicari,
distaccamento
di
Calabernardo di Noto, brigate di Avola, Fontane Bianche, Lognina,
Torreuzza, Mussoliveri e Maddalena.
Ciascuna brigata aveva una forza variabile tra 10 e 45 finanzieri ed
alcune di esse disponevano, oltre alle armi individuali ed a due fucili
mitragliatori per ciascun reparto, di poche mitragliatrici St. Etienne.
Complessivamente erano impiegati nella difesa costiera dell’area
dello sbarco 95 militari del circolo di Agrigento, con 10 mitragliatrici
e 325 del circolo di Siracusa con 8 mitragliatrici complessive.
Concorrevano alla difesa anche 200 finanzieri dei reparti interni dei
due circoli.
In totale erano disponibili 620 militari, ai quali si aggiungevano gli
ufficiali comandanti di tenenza, compagnia e circolo.
I finanzieri, in ottemperanza alle “Istruzioni per la difesa costiera”
del 1931, che nella sostanza recepivano le “Istruzioni per la difesa
delle coste” del 19133 dovevano pattugliare il terreno tra le prime
linee dei bunker, presidiati dai fanti costieri e la battigia, con il
compito di contrastare colpi di mano, individuare ed intercettare
informatori e sabotatori nemici, recuperare aviatori alleati e nemici
caduti in mare, e soccorrere naufraghi delle navi militari e civili
affondate nei pressi della costa.
Alle ore 19,30 del 9 luglio il Comando delle Forze Armate della
Sicilia diramò lo stato di allarme.
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Durante la notte iniziarono gli aviolanci a tergo delle difese costiere
ed alle prime luci dell’alba iniziarono gli sbarchi, dapprima di
“commandos” e poi di regolari unità di fanteria.
Le aree interessate erano due: tra Licata e Scoglitti prendeva terra
la 7^ armata statunitense e tra Portulisse e Siracusa l’8^ armata
britannica.
I battaglioni costieri si difesero quasi sempre con valore, ma furono
presto sommersi dalle preponderanza schiacciante degli avversari:
la durezza della lotta è attestata dai caduti anglo-americani che nei
primi giorni della battaglia furono più di 2500.
I combattimenti più accaniti si ebbero sulla spiaggia tra Gela e
Scoglitti, ove lo sbarco rischiò di fallire anche per il tempestivo
intervento della Divisione Livorno, sui lidi delle zone attorno a
Pachino ed a sud di Siracusa.
Queste furono anche le località ove i finanzieri delle brigate
litoranee si batterono con estremo valore a fianco dei soldati dei
reparti costieri.
Tra i molti episodi di eroismo delle Fiamme Gialle, meritano una
citazione il comportamento dei militari della brigata di Gela.
Una pattuglia al comando del brigadiere Santo Arena vigilava la
spiaggia nei pressi del pontile della città quando alle ore 2,40 del 10
percepì rumori provenienti dal mare.
Il sottufficiale inviò alla sede del reparto uno dei tre componenti
della pattuglia per dare l’allarme e con l’altro si appostò al margine
posteriore della spiaggia.
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Entrambi iniziarono a sparare con i moschetti verso la direzione del
mare: come prevedibile furono subito investiti da un micidiale fuoco
di ritorno che ferì gravemente l’Arena, che morì qualche giorno
dopo ed in maniera leggera il sottordine, che riuscì a disimpegnarsi.
Furono i primi militari italiani ad aprire il fuoco a Gela, onorando
l’impegno di difendere la Patria ad ogni costo, impegno che la
Guardia di finanza assicurò in maniera particolare in quei giorni.
Ciò nonostante che molti finanzieri appartenessero a classi anziane
e per questo erano stai assegnati a presidi di luoghi vicini a quelli di
origine, cosa che avrebbe consentito di adeguarsi a ciò che tanti
siciliani fecero: gettare la divisa per tornare a casa e sfuggire ai
combattimenti4.
Gli episodi più importanti riguardanti la Guardia di finanza sulle
coste della penisola di Pachino si ebbero a Porto Ulisse e
Marzameni.
Sulla spiaggia di Porto Ulisse doveva prendere terra la 1^ divisione
canadese.
Un settore della spiaggia era difeso da due postazioni costiere,
affidate alla locale brigata, la n. 56, situata a pochi metri dalla
caserma e la n. 57 a circa 350 metri sulla sinistra.
Nelle postazioni due finanzieri per ciascuna.
Una pattuglia di due finanzieri perlustrava il tratto intermedio.
Durante la notte sul 10 luglio, dopo l’allarme, il brigadiere Greco,
comandante della brigata, rinforzò con quattro finanzieri ciascuna le
due posizioni ed assunse personalmente il comando della n. 565.
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Alle
prime
luci
dell’alba
apparve
ai
finanzieri
sbalorditi
l’impressionante spettacolo di centinaia di navi che si apprestavano
a trasferire a terra migliaia di soldati potentemente armati.
Il brig. Greco, che avrebbe potuto, data l’assoluta sproporzione di
forze
e mezzi, disimpegnarsi su posizioni retrostanti, decise di
spronare i suoi uomini alla difesa, cosa che essi fecero contro i
primi mezzi da sbarco che entrarono nel raggio d’azione delle loro
armi.
Peraltro, i finanzieri si trovarono subito isolati, perché la difesa
costiera non era entrata in azione.
Nessun nemico riuscì a prendere terra, nonostante che le navi dal
largo concentrassero il fuoco sulle posizioni della Guardia di
finanza.
Lo sbarco poté aver luogo solo dopo qualche ora, quando dalle navi
fu richiesto l’intervento dei paracadutisti lanciati a terra alle spalle
degli eroici difensori, che vennero sopraffatti.
Caddero il brigadiere Greco ed i finanzieri Bianca, Giunta e
Nuvoletta, ai quali vennero conferite , rispettivamente, la medaglia
d’argento e le medaglie di bronzo al Valor Militare “alla memoria”.
Il brig. Greco, subito dopo la battaglia, fu sepolto a cura del nemico
assieme all’ultimo soldato canadese caduto per conquistare la
posizione.
Dall’altra parte della penisola di Pachino era stanziata la brigata di
Marzameni che, al comando del Maresciallo Capo Giuseppe
Magnani presidiava alcune postazioni costiere attorno a Porto Palo.
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Subito dopo mezzanotte tra Pachino e Siracusa la 1^ divisione
inglese d’aerosbarco prese terra alle spalle della linea di difesa
costiera, con l’obiettivo di neutralizzarla prima che avesse inizio
l’operazione anfibia da mare.
I finanzieri della brigata di Marzameni contrastarono l’avanzata dei
paracadutisti nell’abitato di Pachino e data la sproporzione di forze,
si ritirarono nella postazione di Punta Spinozza ove opposero una
fiera resistenza che si protrasse per oltre tre ore, fino al completo
esaurimento delle munizioni6.
Nell’azione caddero i finanzieri Scifo e Fidone e rimasero feriti sei
altri militari, tra cui il comandante, maresciallo Magnani.
I due finanzieri ed il sottufficiale furono insigniti della medaglia
d’argento al V.M.
Ad altri sei finanzieri veniva concessa la medaglia di bronzo al V.M.
ed a tre la croce di guerra al V.M.
Anche i militari delle altre brigate litoranee del Circolo di Siracusa,
fecero bravamente il loro dovere nelle postazioni loro assegnate,
ma dovettero ben presto soccombere alla preponderanza del
nemico.
Si distinguevano nella difesa il maresciallo capo Luigi Leopardi
comandante della brigata di Avola che veniva catturato in
combattimento, armi in pugno, assieme ai suoi sottoposti, i
componenti della brigata di Fontanebianche ove agiva anche un
plotone di fanti costieri.
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Qui, al termine delle operazioni, vennero contate le salme di 14
italiani e 105 soldati inglesi.
Anche i componenti della brigata di Lognina, Torreuzza, Massoliveri
e Maddalena a difesa di un tratto di costa che costituiva obiettivo di
due divisioni britanniche si difesero allo stremo.
L’appuntato Salvatore Ferro della brigata di Massoliveri che si
rifiutava di arrendersi venne ucciso nella sua postazione7.
Al termine della battaglia, i finanzieri catturati dagli alleati vennero
concentrati a Pachino e quindi imbarcati per essere trasferiti ai
campi di prigionia in Egitto.
Durante il tragitto il convoglio,composto da 14 navi, appena
doppiato Capo Passero, veniva attaccato da aerei italo-tedeschi e
molti finanzieri perirono nell’affondamento di una delle navi.
Fra essi, l’appuntato Bartolomeo Carbone che si era distinto nella
difesa di Porto Palo.
Conclusioni.
Il servizio di vigilanza costiera è uno dei compiti che da sempre la
Guardia di finanza si è onorata di assolvere. I finanzieri lo hanno
sempre svolto, in pace ed in guerra con tenacia e spirito di
sacrificio, con qualsiasi tempo, di giorno e soprattutto di notte. Era
un servizio defatigante, monotono e quasi sempre privo di
soddisfazioni, ma andava svolto a beneficio dell’erario in tempo di
pace e della difesa nazionale in guerra.
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Nel 1943 questa missione ha avuto la sua più alta sublimazione,
portando all’attenzione del Paese le virtù civiche e militari di molte
Fiamme Gialle, che sulle spiagge nella Sicilia sud-orientale
combatterono, anche a prezzo della vita per la difesa della Patria.
1
P.P. Meccariello, La Guardia di finanza nella 2^ guerra mondiale, I volume, Museo Storico della G. di
f.,Roma, 1992, pag. 111.
2
Archivio Storico del Museo della Guardia di finanza (d’ora in poi ASMGF), miscellanea, fascicolo nr. 642.
3
ASMGF,miscellanea, fascicolo nr. 642.
4
F. Carboni, Gela 1943, Mursia ed., 2011, Milano.
5
Per i particolari vedasi l’esauriente articolo del gen. Espedito Finizio in “Fiamme Gialle” n.1 del 2001, pag.
4-5.
6
Per i particolari vedasi il libro di Giuseppina Aleffi, Storia della brigata di Marzameni, Pachino, 2010.
7
ASMGF, diario storico della Legione di Messina, anno 1964 e precedenti.
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