Presentazione Paolino Mattei è nato nel 1920 ed ha condotto la maggior parte della Sua vita lavorativa come Dirigente Pubblico da “Servitore fedele dello Stato”. Trovo particolarmente adatte le due parole che hanno caratterizzato la Sua vita professionale e vorrei indicarle come nobile traguardo per tutti noi. Il concetto di servizio esprime il vero ruolo del funzionario pubblico, preposto ad aiutare i cittadini ed assisterli nella vita quotidiana di relazione con le Istituzioni e la parola fedele, forse oggi in disuso, indica la netta prevalenza operativa per il Bene della Cosa Pubblica rispetto al vantaggio personale. Non vorrei apparire retorico, ma personalmente ritengo che anche i vostri genitori, cari colleghi, potranno confermarvi che una volta – non molti anni fa – i dipendenti ed i funzionari erano quasi tutti “Servitori dello Stato”. Per non disperdere i preziosi ricordi e le grandi esperienze di vita lavorativa vissuta, ho chiesto a Paolino Mattei di trasmetterci le Sue emozioni di tanti anni d’appassionato lavoro attraverso il racconto di tratti della Sua vita che potessero essere per tutti noi nitide fotografie da conservare. Nel 1986, lasciata la Pubblica Amministrazione, il Dr. Mattei ha offerto la Sua esperienza alla giovane neonata NTA guidandola nei suoi primi anni di vita. A te, Paolino, il nostro più sincero: Grazie. Carlo Tiberi INTRODUZIONE A volte i giovani chiedono agli anziani come me, di raccontare alcune esperienze di vita; un pò per curiosità e molto per affetto. A noi anziani viene spontaneo, felici di essere al centro dell’attenzione, trasformare il tutto in “paternali” ricche di: “…ai miei tempi… non come adesso… a noi non era permesso…” con il matematico e conseguente risultato che tutti si annoiano e spesso si pentono di aver sollevato il coperchio del pentolone dei ricordi sperando che il tutto duri pochi minuti e che non debbano far ricorso alle più banali scuse per eclissarsi. Sollecitato da qualche imprudente amico a raccontare le emozioni vissute durante il verificarsi dei più significativi accadimenti dell’ultimo secolo (scarso), ho ritenuto di accettare l’invito attraverso la descrizione di fatti, o meglio di “fatterelli”, che sono rimasti impressi nella mia memoria, evitando di “correggerli” con il senno di poi ma tentando di rivivere quei momenti con gli occhi ed il cuore di allora e qualunque sia il risultato vi esprimo gratitudine per avermi offerto la gioia ed il piacere di una nuova emozionante motivazione di vita. Il mondo degli adolescenti nel periodo 1920 – 35. L’adolescenza è quell’età durante la quale poco si capisce del mondo che ci circonda ma che risulta ricca di percezioni e fatti che poi nel tempo, costituiranno i “migliori ricordi della nostra vita”; viverla in quegli anni è stata senza dubbio un’esperienza da non sottovalutare per i rivolgimenti che caratterizzavano tutto il mondo e l’Italia in particolare. Non è facile incanalare i ricordi secondo un ordine cronologico dal momento che riaffiorano alla mente senza un ordine preciso, starà al lettore giudicare se questo tipo di esposizione risulta positiva o meno…fatto sta che verranno esposti in questo modo! “Negli anni ’20 ero circondato da una serie di eventi molto importanti che hanno segnato la storia del nostro Paese, oltre la mia esistenza e quella di coloro che, come me, vi hanno vissuto; molti di questi eventi sono riuscito a comprenderli appieno solo dopo alcuni decenni, perché un conto sarebbe stato vivere quegli anni da adulti e un altro è a stato viverli da ragazzo quale io ero.” Si deve comunque tenere presente che, in modo particolare per i giovani, una cosa è la cronaca di tutti i giorni ed una completamente diversa è la storia. Uscivamo dalla Prima Guerra Mondiale, la Spagnola imperversava facendo migliaia di morti e l’Italia cercava di ricostruirsi; questo è stato soprattutto il decennio in cui è nato un fenomeno che, nei venti anni successivi, avrebbe influenzato l’Italia e le nostre vite: il Fascismo. Cosa significava il Fascismo in quegli anni? E soprattutto, cosa significava per i giovani? Per molti di noi questo movimento significava sport, grandi eventi, vita all’aria aperta, passione per i grandi italiani e voglia di eroismo. Come tutti sanno la realtà successiva fu ben diversa e articolata! Ricordate il pugile Primo Carnera, il gigante buono di Sequals? Nel 1934 divenne campione del mondo dei pesi massimi e tornò in Italia per alcuni incontri, tenuti a scopo di esibizione; per assistere al suo incontro a Piazza di Siena, a Villa Borghese occorsero 14 lire e la piazza era gremita! A proposito: durante il fascimo Villa Borghese prese il nome di Villa Umberto I (il re ucciso da un anarchico a Brescia) affermando la prevalenza di un fatto contingente su secoli di storia (la villa risale all’epoca napoleonica). Nell’ottobre 1935 l’Italia dichiarò guerra all’Abissinia e tutti noi, giovani spinti dal sentimento di eroismo, volevamo partire volontari per dare il nostro contributo alla Patria. Comunque anche allora ai giovani piaceva divertirsi e lo facevano riunendosi nei locali vari dove giocavano a carte, suonavano strumenti che andavano per la maggiore (chitarra e mandolino), cantavano canzoni allegre e sentimentali (Addio mia bella signora, Il Barcarolo, Casetta di Trastevere ed altre…). Peraltro, specie nei quartieri popolari (Trastevre, Testaccio, San Lorenzo) riecheggiavano narrazioni di fatti accaduti anni addietro, riportati da giornali di cronache (Er Foio) che suscitavano atteggiamenti di moderno “bullismo”. Tali racconti venivano anche drammaticamente rappresentati in alcuni teatri romani (Teatro Iovinelli) da un popolare dicitore (Bambi) con conseguente riscontro emotivo. Se ne riporta integralmente il più diffuso: “Er fattaccio der Vicolo del Moro” Sor delegato mio nun so un boiaccia! Fateme scioje ... v’aricconto tutto!... Quann’ho finito, poi, m’arilegate: ma adesso, pè piacere!... nun me date ‘st’umijazione dopo tanto strazio!... V’aringrazio!!! Qello ch’ha pubblicato er “Messaggero” sur “fattaccio der vicolo der Moro”, sor delegato mio ... è tutto vero!!! No’ p’avantamme, voi ce lo sapete, so’ stato sempre amante der lavoro; è giusto , che, pè questo, me chiedete, come la mano mia ch’è sempre avvezza, a maneggià la lima còr martello, co’ tanto sangue freddo e sicurezza, abbia spaccato er core a mi’ fratello Quanno morì mi’ padre ero fanello... annavo ancora a scòla e m’aricordo, che, benchè morto lui, nder canestrello, la pizza, la ricotta, er pizzutello nun ce mancava mai! Che, quella santa.. se faceva pe quattro, e lavorava... e la marinarella, le scarpette, a dì la verità, non ce mancava! Ho capito! Me dite d’annà ar fatto; un momento... che adesso l’aricconto: Abbitavamo ar vicolo der Moro, io,co’ mi’ madre e mi’ fratello Giggi. La sera, noi tornamio dar lavoro; e la trovamio accanto alla loggetta, bona, tranquilla, co’ quer viso bianco, che cantava, e faceva la carzetta! E ce baciava in fronte, e sorrideva e ce baciava ancora e poi cantava... “ Fior de gaggia “io so’ felice co’ vojantri dua. “ Ar monno nun ce stà chi v’assomija”. E mentre sull’incudine, er martello, sbatteva tutto allegro, e rimbarzava, pur’io ndell’officina ripetevo: “Fiorin Fiorello la vita tutta quanta, manco a dillo, l’ho da passà co’ mamma e mi’ fratello”. Poi, Giggi se cambiò!!! se fece amico, co’ li più peggio bulli der rione, lasciò er lavoro... bazzicò Panico, poi fu proposto pe’ l’ammonizione. De più, me fu avvisato da la gente, che quanno io nun c’ero, mi’ fratello annava a casa pe’ fa er prepotente!!! P’er “ garachè”... l’amichi... l’osteria... votava li cassetti der comò; e quer poco, che c’era lì in famija, spariva a mano a mano!!! Lei però nun rifiutava... nun diceva gnente... ma nun rideva più... più nun cantava mi’ madre bella, accanto alla loggetta! La ruta... li garofoli... l’erbetta ch’infioraveno tutto er barconcino, tutto quanto sfioriva, e se seccava, insieme a mamma che se consumava!!! Un giorno feci : - A ma’: che ve sentite? State male... perchè nun me lo dite? Nu’ rispose: ma fece un gran sospiro, e l’occhi je s’empireno de pianto!!! Nèr vedella soffri, pur’io soffrivo! ma ch’aveva da fa? ... chiamai er dottore. Disse che er male suo era qui : “ner core” e che ‘nse fusse presa dispiacere, se ‘n voleva morì de’ crepacore!!! La stessa sera vorsi parlà co’ Giggi, lo trovai, je feci : - A Gi ‘, mamma sta male assai... nun me la fa morì, de dispiacere... je voio troppo bene... e tu lo sai, che si morisse, embè... che t’ho da dì? sarebbe come er core se spezzasse!!!... Mentre lei guarirebbe si tornasse er tempo de ‘na vorta!!!... de quann’ eri bono... lavoratore... t’ aricordi? Giggi me fece ‘na risata in faccia: arzò le spalle, e poi me disse :- Senti: senza che me stai a fà tanti lamenti, faccio come me pare! E poi de’ resto, se n’te va be’, nun me guardà più in faccia! E me lassò accussì, li sur cantone, cor còre sfranto!!! Ritornai da mamma, e la trovai davanti alla Madonna che pregava, e piagneva! Poverella quanto me fece pena!!! in quer momento, per vicoletto scuro e solitario, ‘ntesi Giggi cantà, cò n’aria bulla: “ Fiorin d’argento “Accoro mamma e nun m’emborta tanto “ Pè l’occhi tui ci ho perso er sentimento”... Allora feci :- A ma’... se mi’ fratello ritorna a casa pè fa’ er prepotente, ve giuro che succede ‘no sfragello!!! - :No... pè l’amor de Dio, fijetto bello!.., Giggi ‘nun è più lui... no, è ‘na passione... so’ ‘amichi che l’hanno trasportato!!! Me dette un bacio... la benedizione e poi, cor viso bianco come cera, pe’ nun piagne, me disse: - bona sera! Ier’ammatina chè successo er fatto, sarà stato... che so... verso le sette: me parve de sentì come ‘na lotta!... Mamma diceva: - A Gi’... ‘nte compromette co’ tu’ fratello... damme qui er brillocco... è l’urtimo ricordo de tu’ padre!!!... e nun t’hai da scordà... che so’ tu’ madre! -: E che m’emporta a me, de mi’ fratello!? Si vo’ assaggià la punta der cortello venga puro de quà! -’Mbè... fu un momento: sartai dar letto... spalancai la porta... e me messi de faccia a mi’ fratello, co’ le braccia incrociate sopra ar petto! In quer momento me parve de sentì ‘na cosa calla, ‘na cosa calla che saliva in faccia. Poi m’intesi gelà! Fece :- Che vòi?... -Vojo che te ne vai... senza che fai più tanto er prepotente, senza che me stai a fa’ tanto er bojaccia! Mi’ madre prevedenno la quistione se mise in mezzo pe’ portà la pace: Ma Giggi la scanzò co’ ‘no spintone, e poi me fece :- A voi sor santarello ve ce vorà ‘na piccola lezione! E’ appena detto questo, uprì er cortello e me s’avventò addosso!!!... Mamma se mise immezzo infrattanto che Giggi dà la botta... io la scanzo... ma... mamma dà ‘no strillo e casca longa longa... Ah!!!... diedi un urlo de berva e je strillai : Ah bojaccia!!! Infamone!!!... Scellerato!!!... tu m’hai ammazzato Mamma!!! Come ‘na jena me je buttai addosso e jagguantai la mano... e je strappai er cortello... Poi vidi tutto rosso... e menai... e menai!!!... Sarà... mamma che passa!! Mamma! Mamma Mia! Mannateme ar Coeli! …segue…al prossimo racconto…