Protezione dai contatti diretti. Sistemi a bassissima tensione

Elettrotecnica, Impianti e Rischio Elettrico
A.A. 2013-2014
Università dell’Insubria - Varese
Protezione dai contatti diretti.
Sistemi a bassissima tensione
dott. ing. Lucia FROSINI
Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Università di Pavia
E-mail: [email protected]
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L. Frosini
Protezione dai contatti diretti
Ricordiamo che la CEI 64-8 richiede che le persone debbano essere protette contro i
pericoli che possono derivare dal contatto con parti attive dell’impianto (contatti
diretti), in uno dei seguenti modi:
impedendo che la corrente passi attraverso il corpo;
limitando la corrente che può attraversare il corpo ad un valore inferiore a quello
patofisiologicamente pericoloso.
I metodi che possono essere adottati sono:
Isolamento delle parti attive (protezione totale);
Involucri e barriere (protezione totale);
Ostacoli e distanziamento (protezione parziale);
Interruttore differenziale (protezione non completa);
Sistemi a bassissima tensione (protezione anche dai contatti indiretti).
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L. Frosini
Isolamento delle parti attive
Le parti che sono normalmente in tensione (parti attive) devono essere completamente
ricoperte con un isolamento non rimovibile, se non per distruzione dello stesso,
rispondente ai requisiti richiesti dalle norme di fabbricazione del relativo componente.
L’isolamento deve resistere agli stress meccanici, chimici, elettrici e termici ai quali
può essere soggetto durante il suo esercizio.
Ad es., un cavo elettrico dovrà essere protetto
da calpestii, strappi o altre sollecitazioni,
anche mediante appropriate modalità di posa.
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L. Frosini
Involucri e barriere
Alcune parti attive, come i morsetti dei quadri o delle macchine elettriche, devono
essere accessibili e non possono essere completamente isolate. In questi casi la
protezione può essere effettuata tramite:
Involucro: parte che assicura la protezione di un componente elettrico contro
determinati agenti esterni e, in ogni direzione, contro i contatti diretti;
Barriera: parte che assicura la protezione contro i contatti diretti nelle direzioni
abituali di accesso.
La CEI 64-8 specifica che.
 Gli involucri o le barriere devono assicurare almeno il grado di protezione IPXXB
(protezione contro l’accesso con un dito);
 Le superfici superiori orizzontali di involucri o barriere che sono a portata di mano
devono avere un grado di protezione non inferiore a IPXXD (protezione contro
l’accesso con un filo di diametro o spessore superiore a 1 mm).
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L. Frosini
Involucri e barriere
Si possono avere aperture più grandi quando sia necessaria la sostituzione di parti,
come nel caso dei portalampade o di alcuni tipi di fusibili.
Le barriere e gli involucri devono essere fissati saldamente e avere sufficiente stabilità
e durata nel tempo, in relazione alle condizioni di servizio e ambientali.
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L. Frosini
Grado di protezione IP
Per grado di protezione si intende il livello di protezione di un involucro contro
l’accesso a parti pericolose, contro la penetrazione di corpi estranei solidi e contro
l’ingresso di acqua (CEI 70-1) e lo si codifica col codice IP, costituito da:
1° cifra: protezione dell’apparecchiatura contro la penetrazione di corpi solidi
estranei e protezione delle persone contro l’accesso a parti pericolose;
2° cifra: protezione dell’apparecchiatura contro la penetrazione di acqua con effetti
dannosi;
Lettera addizionale (opzionale): contro l’accesso a parti pericolose.
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Grado di protezione IP
La 1° cifra va da 0 (non protetto) a 6 (totalmente protetto contro la polvere e contro
l’accesso a parti pericolose con un filo).
La 2° cifra va da 0 (non protetto) a 8 (protetto contro la penetrazione di acqua in
immersione continua).
Quando non sia richiesta una 1° e/o una 2° cifra caratteristica, questa deve essere
sostituita da una X.
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L. Frosini
Grado di protezione IP
La lettera addizionale è usata solo:
 se la protezione effettiva contro l’accesso a parti pericolose è superiore a quella
indicata dalla prima cifra;
 oppure se è indicata solo la protezione contro l’accesso a parti pericolose e la prima
cifra viene quindi sostituita da una X.
Questa protezione superiore potrebbe essere fornita, per es., da barriere, da aperture di
forma adeguata o da distanze interne all’involucro.
Es.: IPXXB, IPXXD
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L. Frosini
Grado di protezione IP
La lettera addizionale ha i seguenti significati:
Un esempio di codice IP è IP55: protetto contro le polveri, contro l’accesso con un
filo, contro i getti d’acqua.
Per apparecchiature all’aperto, senza altra protezione (es. tettoia), è prescritto un IP
minimo IPX3 (la 2° cifra “3” indica la protezione dalla pioggia).
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L. Frosini
Protezione mediante ostacoli o distanziamento
Le misure di protezione mediante ostacoli o distanziamento forniscono una
protezione parziale contro i contatti diretti: hanno il compito di impedire solo il
contatto accidentale, ma non il contatto intenzionale, dovuto all’aggiramento
deliberato dell’ostacolo. Queste protezioni sono usate in pratica solo nelle “officine
elettriche” (centrali, stazioni e cabine elettriche), accessibili solo a personale
addestrato, e hanno il compito di impedire:
l’avvicinamento accidentale del corpo a parti attive;
il contatto accidentale con parti attive durante lavori sotto tensione;
il fatto che siano “a portata di mano” parti simultaneamente accessibili a tensione
diversa.
Gli ostacoli possono essere rimossi senza l’uso di chiavi o attrezzi, ma devono essere
fissati in modo da impedirne la rimozione accidentale.
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L. Frosini
Protezione mediante interruttore differenziale
Vediamo ora come l’interruttore differenziale è in grado (o meno) di proteggere dai
contatti diretti. Consideriamo quindi la seguente situazione, in cui non si è in presenza
di guasto, in quanto il contatto diretto si intende con parti che sono normalmente in
tensione. Nel caso di contatto diretto con una sola parte in tensione, si verifica la
situazione schematizzata in figura.
Attraverso il corpo fluisce la corrente
differenziale che, trascurando l’impedenza dei
cavi, è data da:
Id 
con:
E0
R B  R EB  R EN
RB = resistenza del corpo,
REB = resistenza verso terra della persona.
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L. Frosini
Protezione mediante interruttore differenziale
Si osserva che, non essendoci un guasto verso terra, l’eventuale resistenza di messa a
terra delle masse non ha alcuna influenza sulla corrente Id.
L’interruttore differenziale interverrà per Id  Idn in un tempo dipendente dalla
caratteristica di intervento del dispositivo, durante il quale la corrente fluisce lungo il
corpo: l’interruttore differenziale, infatti, non limita il valore della corrente, ma
soltanto il tempo di durata del contatto.
La protezione risulta efficace se il tempo di intervento del dispositivo risulta minore o
uguale al tempo massimo convenzionale di sopportabilità di quel valore della corrente
elettrica.
In pratica, occorre che la caratteristica di intervento del dispositivo si trovi
completamente sotto la curva b del grafico di pericolosità convenzionale.
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L. Frosini
Protezione mediante interruttore differenziale
In figura sono confrontate le caratteristiche di
intervento di due differenziali di uso generale,
tipo AC, con le
convenzionale b e c1.
curve
di
pericolosità
Il differenziale con Idn = 10 mA ha tempi di
intervento inferiori a quelli della curva b fino a
una corrente di circa 100 mA, mentre i tempi del
differenziale da 30 mA sono sempre maggiori.
Entrambi gli interruttori hanno tempi di
intervento inferiori a quelli della curva c1 fino a
una corrente di circa 500 mA.
Questi due valori soglia (100 mA e 500 mA) possono rappresentare situazioni
pericolose. Vediamo perché.
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L. Frosini
Protezione mediante interruttore differenziale
Si deduce che, specialmente con differenziali Idn=30 mA, la protezione non è
completa, in quanto in questo caso la caratteristica di intervento è sempre superiore
alla curva b e quindi si può creare una situazione di non rilascio del contatto, con
corrente circolante nella persona superiore alla soglia di sicurezza di 10 mA.
Molto pericolose risulterebbero le correnti superiori a 500 mA, che possono portare a
fibrillazione ventricolare prima che il differenziale intervenga: con tensione 230 V,
valori del genere si hanno quando la resistenza totale del percorso è inferiore a 460 :
questa circostanza difficilmente si realizza, dato che la sola resistenza del corpo
umano è superiore a tale limite.
Una corrente di guasto superiore a 100 mA, oltre la quale non si ha la completa
protezione anche con il differenziale con Idn=10 mA, si ha invece con una resistenza
totale inferiore a 2,3 k: questa circostanza è possibile in particolari condizioni
ambientali, come per es. nei locali contenenti bagni o docce.
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L. Frosini
Protezione mediante interruttore differenziale
Dispositivi differenziali con Idn > 30 mA (a bassa sensibilità) non sono efficaci per la
protezione dai contatti diretti, poiché le loro caratteristiche di intervento non sono
inferiori alla curva di pericolosità convenzionale.
Nel caso di contatto bipolare, ossia che interessi due punti a tensione diversa, si ha la
seguente situazione, nel caso di contatto mano-mano:
R1 = resistenza degli arti superiori
R2 = resistenza della parte del corpo in cui fluisce Id
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L. Frosini
Protezione mediante interruttore differenziale
La situazione di contatto simultaneo con due parti attive che si trovino a potenziali
differenti, sebbene molto rara, è più pericolosa rispetto al caso precedente.
Infatti, l’intervento dell’interruttore differenziale è condizionato dal valore di Id: la
condizione più grave si ha quando la persona è isolata da terra oppure presenta un
elevato valore di R2+REB. In questo caso si può ritenere Id  0 e il differenziale non
interviene.
In questa condizione, I1  I2 e quindi tra gli arti superiori fluirà una corrente pari a
E0/2R1, sicuramente pericolosa, a meno di avere i guanti isolanti.
Per tutti i motivi spiegati, la CEI 64-8 riconosce l’uso dell’interruttore differenziale
con Idn  30 mA, solo come protezione addizionale contro i contatti diretti, in caso di
insuccesso delle altre misure di protezione.
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L. Frosini
Protezione mediante interruttore differenziale
Quindi, fermo restando la necessità di provvedere alla protezione contro i contatti
diretti con le misure precedentemente indicate, la CEI 64-8 richiede la protezione
addizionale mediante dispositivi differenziali con Idn  30 mA nei seguenti casi:
locali a uso abitativo per circuiti che alimentano prese a spina con In  20 A;
circuiti che alimentano prese a spina con In  32 A, destinate ad alimentare
apparecchi utilizzatori mobili usati all’esterno.
Si ricorda che l’uso di questi interruttori differenziali (ad alta sensibilità) garantisce la
protezione contro i contatti indiretti anche per valori della resistenza di terra molto
elevati.
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L. Frosini
Protezione combinata contro contatti diretti e
indiretti mediante bassissima tensione
Si definiscono sistemi elettrici a bassissima tensione ( 50 V in c.a.,  120 V in c.c.):
SELV: bassissima tensione di sicurezza (Safety Extra-Low Voltage);
PELV: bassissima tensione di protezione (Protection Extra-Low Voltage);
FELV: bassissima tensione funzionale (Functional Extra-Low Voltage).
In particolare, i sistemi SELV e PELV assicurano la protezione combinata contro i
contatti diretti e indiretti se:
l’alimentazione proviene da una sorgente di sicurezza (come più avanti definita);
sono soddisfatte determinate condizioni di installazione e di separazione dei circuiti
indicate dalla CEI 64-8.
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L. Frosini
Sorgenti di sicurezza per SELV e PELV
Per evitare che, a seguito di guasti interni alla sorgente di alimentazione, si possa
avere una tensione pericolosa sul circuito a bassissima tensione (ad es. per un guasto
all’isolamento tra due avvolgimenti di un trasformatore), si richiede per i sistemi
SELV e PELV che le sorgenti di sicurezza siano:
trasformatori di sicurezza conformi alle norme CEI, per i quali siano prese
precauzioni per evitare guasti dell’isolamento, e sorgenti con un grado di sicurezza
equivalente (es. motore+generatore con avvolgimenti isolati in modo equivalente);
sorgenti elettrochimiche (batterie) indipendenti dai circuiti a tensione più elevata e
dai circuiti FELV;
gruppi elettrogeni indipendenti dai circuiti a tensione più elevata e dai circuiti
FELV;
alimentatori elettronici idonei, che assicurino tensione in uscita  50 V in c.a. anche
nel caso di guasto interno.
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L. Frosini
Condizioni di installazione per SELV e PELV
Le parti attive dei circuiti SELV e PELV devono essere separate tra loro, dai circuiti
FELV e da circuiti a tensione più elevata, mediante separazione di protezione.
Questa separazione di protezione si può ottenere, ad es., posizionando i conduttori dei
circuiti SELV e PELV in canaline separate o dotando gli stessi conduttori di una
guaina isolante supplementare.
Le prese a spina dei sistemi SELV e PELV devono soddisfare i seguenti requisiti:
le spine non devono poter entrare nelle prese di altri sistemi
elettrici;
le prese non devono permettere l’introduzione di spine di
altri sistemi elettrici.
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L. Frosini
Condizioni di installazione per SELV e PELV
Inoltre, solo per i circuiti SELV:
le parti attive non devono essere collegate a terra, né a parti attive o a conduttori di
protezione che facciano parte di altri circuiti;
le masse non devono essere intenzionalmente collegate a terra, né a conduttori di
protezione, a masse di altri circuiti o a masse estranee;
le prese e le spine non devono avere un contatto per il collegamento del conduttore
di protezione.
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L. Frosini
Condizioni di installazione per SELV e PELV
Sistema SELV
230 V
Sistema PELV
230 V
Nota: le prese e le spine dei circuiti PELV
POSSONO avere un contatto per il collegamento
del conduttore di protezione.
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L. Frosini
Protezione dai contatti indiretti per SELV e PELV
Supponendo che vi sia un guasto dell’isolamento nell’apparecchio alimentato a
bassissima tensione e un contatto con la massa, si ha:
nel sistema SELV il circuito di guasto a terra non si stabilisce, se non tramite le
capacità di accoppiamento, limitando la corrente a valori ridottissimi;
nel sistema PELV il circuito di guasto a terra si chiude attraverso il collegamento a
terra del secondario: la non pericolosità deriva dalla ridotta tensione di alimentazione.
Si deduce che la protezione contro i contatti indiretti per i sistemi SELV e
PELV è sempre assicurata e non occorre porre in atto altri sistemi di protezione.
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L. Frosini
Protezione dai contatti diretti per SELV e PELV
Per i sistemi SELV, la protezione contro i contatti diretti è assicurata senza altre misure
protettive quando:
la tensione nominale è  25 V in c.a. (o  60 V in c.c.).
Per i sistemi PELV, la protezione contro i contatti diretti è assicurata senza altre misure
protettive quando:
la tensione nominale è  12 V in c.a. (o  30 V in c.c.);
la tensione nominale è  25 V in c.a. (o  60 V in c.c.) se nell’edificio è stato
effettuato il collegamento equipotenziale principale.
In caso contrario, sia per i sistemi SELV che PELV; è necessario predisporre :
involucri o barriere con IP non inferiore a IPXXB;
o un isolamento in grado di sopportare una tensione di prova di 500 V per 1 minuto.
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Protezione dai contatti diretti per SELV e PELV
Dalla Guida CEI 64‐14:
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L. Frosini
Sistemi FELV
I sistemi a bassissima tensione che non possono essere classificati come SELV o
PELV, in quanto non soddisfano tutte le prescrizioni viste in precedenza, sono definiti
FELV e per essi occorre soddisfare delle prescrizioni supplementari al fine di garantire
la protezione dai contatti indiretti e diretti.
Un caso tipico si ha quando il sistema a bassissima tensione è alimentato da un
trasformatore normale e non di sicurezza, come nel caso dei circuiti di alimentazione
delle suonerie (campanelli).
In questo caso, un guasto all’isolamento interno del trasformatore può portare sulle
parti attive del circuito FELV la tensione del primario (230 V): per questo motivo
occorre predisporre altre misure di protezione contro i contatti diretti.
Un successivo guasto dell’isolamento interno dell’apparecchio alimentato dal circuito
FELV fa assumere alla massa un potenziale di 230 V verso terra: per questo motivo
occorre predisporre altre misure di protezione contro i contatti indiretti.
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Sistemi FELV
Per i sistemi FELV, la protezione delle parti attive contro i
contatti diretti deve essere fornita da:
Isolamento principale pari a quello necessario per la tensione
nominale primaria;
Doppio guasto di isolamento in sistema FELV
 230 V
o barriere e involucri, così come richieste per la protezione
totale dai contatti diretti.
La protezione contro i contatti indiretti deve essere fornita da:
se il circuito primario è protetto mediante interruzione automatica della
alimentazione, le masse delle apparecchiature alimentate dal sistema FELV devono
essere collegate al conduttore di protezione del circuito primario.
se il circuito primario è protetto mediante separazione elettrica, le masse delle
apparecchiature alimentate dal sistema FELV devono essere collegate al conduttore
equipotenziale isolato non connesso a terra.
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L. Frosini
Sistemi FELV
In figura si osserva il percorso della corrente che si può avere in caso di doppio guasto
(1° guasto dell’isolamento del trasformatore e 2° guasto dell’isolamento della
apparecchiatura alimentata dal sistema FELV): per far intervenire il differenziale,
occorre che le masse alimentate dal circuito FELV siano collegate a terra.
Questo è il caso con circuito
primario protetto mediante
230 V
interruzione automatica della
alimentazione.
Nota: le prese a spina per i circuiti FELV DEVONO avere un contatto di terra collegato al conduttore di
protezione.
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Sintesi sistemi SELV, PELV, FELV
Dalla Guida CEI 64‐14:
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L. Frosini
Locali a uso medico
La sezione 710 della CEI 64-8 è dedicata ai locali a uso medico, così definiti: locali
destinati a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici, di sorveglianza o di riabilitazione
dei pazienti (inclusi i trattamenti estetici).
In questi locali i pazienti (persone o animali) possono venire in contatto con un
apparecchio elettromedicale: apparecchio elettrico, munito di non più di una
connessione a una particolare rete di alimentazione, destinato alla diagnosi, al
trattamento o alla sorveglianza del paziente, sotto la supervisione di un medico, e che
entra in contatto fisico o elettrico col paziente e/o trasferisce energia verso o dal
paziente e/o rivela un determinato trasferimento di energia verso o dal paziente.
Si definisce parte applicata quella parte dell’apparecchio elettromedicale che:
viene necessariamente in contatto fisico con il paziente per svolgere la sua funzione;
o può essere portata a contatto col paziente;
o necessita di essere toccata dal paziente.
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L. Frosini
Locali a uso medico
Esempi di apparecchi elettromedicali sono i trapani elettrici dei dentisti, gli apparecchi
per ecografie, elettrocardiogrammi, ecc.
Il contatto tra paziente e apparecchio, nei casi in cui si verifica, avviene tramite la
“parte applicata”.
In base all’utilizzo degli apparecchi elettromedicali, i locali a uso medico vengono
distinti in:
Gruppo 0: nel quale non si utilizzano apparecchi elettromedicali con parti applicate;
ad es. sale per massaggi e ambulatori medici in cui non vengano usati apparecchi
elettromedicali con parti applicate.
Gruppo 1: nel quale le parti applicate sono destinate ad essere utilizzate esternamente
o invasivamente entro qualsiasi parte del corpo, ad eccezione della zona cardiaca; ad
es. camere di degenza, sale parto, laboratori radiologici, sale per fisioterapia.
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L. Frosini
Locali a uso medico
Gruppo 2: nel quale le parti applicate sono destinate ad essere utilizzate in
applicazioni quali interventi intracardiaci, operazioni chirurgiche, o il paziente è
sottoposto a trattamenti vitali dove la mancanza dell’alimentazione può comportare
pericolo per la vita; ad es. sale per anestesia, chirurgia, applicazione di cateteri
cardiaci.
La CEI 64-8 ammette tutti i sistemi di collegamento a terra, ad esclusione del sistema
TN-C nei locali di gruppo 1 e 2 e negli edifici a uso medico (es. ospedali).
In particolare, per i locali medici di Gruppo 2 è richiesto un sistema elettrico di tipo
IT-M ossia un sistema alimentato per mezzo di un trasformatore di isolamento ad uso
medicale e dotato di un dispositivo di controllo permanente dell’isolamento, in grado
di segnalare il verificarsi di un primo guasto dell’isolamento.
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L. Frosini
Locali a uso medico
I locali medici di Gruppo 1 e 2 devono essere dotati di alimentazione dei servizi di
sicurezza, ossia UPS (“uninterruptible power supply”, gruppi di continuità) dotati di
batterie con autonomia di una/due ore, collegati tramite alimentazione preferenziale al
gruppo elettrogeno di emergenza (motore a combustione alimentato a gasolio,
accoppiato a un generatore elettrico), al fine di ottenere la necessaria alimentazione di
sicurezza automatica per gli apparecchi elettromedicali.
Per i locali medici di Gruppo 1 e 2 deve essere installato un nodo equipotenziale a cui
siano collegate le seguenti parti situate nella zona paziente: masse, masse estranee,
eventuale schermo metallico del trasformatore di isolamento, eventuali griglie
conduttrici nel pavimento.
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L. Frosini
Leggi per gli impianti e la sicurezza elettrica
Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 547/55: prime norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro; è stato abrogato dal DL 81/08.
Legge n. 186/68: legge di due articoli in cui si segnala l’obbligo di costruire gli
impianti elettrici a “regola d’arte” e che le norme CEI si considerano a regola d’arte.
Legge 46/90: emanata per regolamentare la sicurezza degli impianti elettrici e
attualmente abrogata e sostituita dal DM 37/08.
Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 462/01: autorizza il controllo degli
impianti di terra e dei dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche a enti
abilitati, oltre che alle ASL o ARPA.
Decreto ministeriale (DM) 37/08: abroga e sostituisce la Legge 46/90, in merito
all’installazione degli impianti all’interno degli edifici.
Decreto legislativo (DLgs) 81/08: testo unico in materia di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro.
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