omotossicologia

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OMOTOSSICOLOGIA
Padre dell’Omotossicologia è stato il medico tedesco Hans
Heinrich Reckeweg. Applicando le leggi dell’Omeopatia classica
alle conoscenze della medicina moderna intuì le notevoli possibilità
terapeutiche.
L'omotossicologia si basa sulla ricerca di quei fattori velenosi
(omotossine) che determinano le manifestazioni cliniche della
malattia e che l'organismo tenta di rendere innocue e poi di
espellere.
In definitiva ciò che noi chiamiamo malattia è la manifestazione
della lotta del nostro corpo nel tentativo di difendersi dalle
omotossine.
Possiamo classificare le omotossine nel seguente modo:
1.Tossine esogene
-Farmaci chimici
-Sostanze tossiche naturali (vegetali e minerali)
-Prodotti derivanti dall'inquinamento chimico ambientale
2.Tossine endogene
-Tossici prodotti nel corso del metabolismo intermedio della cellula non drenati all'esterno per
danni enzimatici
3.Tossine analogiche
-Batteri e virus trasmessi da altri esseri umani
-Tossici e microrganismi trasmessi da veicoli animali "consoni"
Ogni organismo vivente può essere rappresentato come un sistema di flusso, in esso la vita evolve
armonicamente legata ad una serie di equilibri ben prefissati: quello tra anabolismo e catabolismo,
tra assunzione ed escrezione, tra riposo ed attività, ecc... In sé ogni organismo é una macchina
perfetta e programmata a durare tutti gli anni che sono suo appannaggio genetico.
Ogni organismo ha una struttura biologica molto solida, eminentemente "egoistica ed aggressiva",
ovvero tende a trarre il più possibile dall'ambiente circostante per svilupparsi in maniera sempre
maggiore. La tendenza inesorabile d’ogni organismo é poi quella di diffondersi, di replicare sé stesso,
di creare attorno a sé un ambiente di "analoghi" che poi a sua volta limiterà nella crescita, chiudendo
il ciclo biologico.
Ogni organismo animale o vegetale é un tale microcosmo ed è sempre dotato di meccanismi
deputati a difenderlo dal non uguale. In questa ottica vanno viste le svariatissime sostanze
metaboliche prodotte da molte piante. Solo una parte della frutta e della verdura ha nell'assunzione
da parte di un altro essere un veicolo di riproduzione ed è naturalmente appetibile.
La carne, potenzialmente sempre tossica, lo è tanto più quanto più è vicina filogeneticamente
all'uomo perché essa può contenere ormoni, batteri, residui metabolici che, assunti e liberati in un
ambiente del tutto affine possono tornare patogeneticamente attivi. Sappiamo ad esempio
dall'anatomia comparata e dall'istologia come il maiale sia uno degli animali strutturalmente più affini
all'uomo e questo ne fa un formidabile possibile veicolo di tossine. Analogo discorso sembra valere
sostanzialmente per tutti i mammiferi mentre specie più lontane (uccelli) possono comportarsi in
questo modo solo in presenza di un abbassamento delle difese immulogiche di specie.
L'uomo in armonia dovrebbe avere un duplice meccanismo di difesa dall'assunzione delle tossine:
- il riconoscimento istintivo di odore e sapore, caratteristici di sostanze vegetali dannose
- il riconoscimento della similitudine di specie. Quanto più questa è marcata tanto maggiore dovrebbe
essere l'istintualità repulsiva a servirsene per l'alimentazione.
L'uomo moderno ha perso questa capacità, per l'evoluzione ed il successo che la sua specie ha
conosciuto rispetto alle altre. Tuttavia mi sembra utile tenere conto di questi imprintings primordiali
nel comportamento alimentare e nella strategia terapeutica. Una volta superata questa primitiva,
ormai labilissima barriera, la tossina penetra nell'organismo con tutta la sua capacità di distruzione e
di blocco sulle strutture organiche. A questo punto l'organismo mette in atto tutta una serie di
meccanismi difensivi interni e successivi, atti a difendere gli organi via via più importanti. La terapia
omotossicologica aiuta l'organismo nella sua lotta fisiologica, la cui manifestazione esteriore non é
altro che la malattia, per l'espulsione o l'inattivazione di tali tossine. Solo quando l'organismo si sarà
liberato di tali tossine, potrà dirsi guarito. La sola scomparsa dei sintomi della malattia, che si può
ottenere in vario modo, non ha significato. Può invece preconizzare l'approfondimento del fatto
morboso che si ripresenterà in seguito, magari a carico di qualche organo più profondo ed
importante.
Concetto della reattività organica in omotossicologia
L'organismo umano reagisce all'aggressione esterna, per mantenere l'omeostasi organica. Lo fa con
tutta una serie di meccanismi estremamente perfezionati e protetti (vista l'importanza di questa
funzione ai fini della sopravvivenza).
I meccanismi fisiologici di difesa sono sostanzialmente rappresentati da:
- Sistema Reticolo Endoteliale: deputato alla formazione degli anticorpi e sede dei macrofagi che
immagazzinano le tossine; sono la prima barriera difensiva antivirale.
- Asse Ipofisi-Surrene: coordina il processo dell'infiammazione determinando in particolare
l'imbibizione tissutale, l'attivazione degli elementi cellulari e del connettivo.
- Riflessi Neurali: le terminazioni nervose, per il tramite dei loro mediatori chimici, influenzano il
decorso e le caratteristiche dell'infiammazione a seconda della concentrazione, cui sono
specificatamente sensibili, delle tossine a livello tissutale.
- Funzione disintossicante del fegato: il fegato ha la funzione di coniugare le tossine endogene ed
esogene che sono poi espulse per via biliare.
- Detossicazione connettivale: a questo livello c'è l'inattivazione, il deposito delle tossine o
l'espulsione all'esterno delle tossine tramite il meccanismo fisiologico dell'infiammazione.
IL SISTEMA DELLA GRANDE DIFESA
L'approccio Omotossicologico è soprattutto di
tipo
organico.
Considera
l'alterazione
energetica la base eziologica della malattia
(che ha prodotto le alterazioni tessutali). Si
tratta di individuare, dall'analisi del paziente, la
fase di malattia che egli sta vivendo,
inquadrandola in tutta la sua storia patologica.
Questo inquadramento può essere effettuato
utilizzando la Tavola dell'Omotossicologia,
utilissimo grafico che schematizza in maniera
dinamica la situazione eziologica, clinica e
prognostica del paziente. Tiene conto della
derivazione embriologica dei vari tessuti
(spesso giustifica alcune evoluzioni morbose),
nonché delle varie fasi omotossicologiche
attraverso cui evolve la "malattia" (nelle sue
©2000 Dipartimento Scientifico Guna S.r.l.
multiformi manifestazioni).
Questa Tavola rappresenta lo schema chiave sul quale può essere rappresentata la Teoria
dell'Omotossicologia; evidenzia in maniera schematica il nesso tra i vari organi e la consequenzialità
delle varie forme patologiche, negando valore all'approccio settoriale allopatico e proponendo una
visione d'insieme dell'individuo e della malattia.
In realtà non solo ogni paziente, ma anche ogni farmaco ed ogni malattia, può essere inserito ed
inquadrato nella Tavola dell'Omotossicologia. Il farmaco, inquadrato nella Tavola con i suoi sintomi
omeopatici, dimostrerà il suo aspetto dinamico ed evolutivo e sarà più facilmente identificabile grazie
all'evidenziazione chiara del suo tropismo tissutale e della sua intrinseca capacità reattiva.
La malattia, inserita anch'essa nella Tavola, dimostra la fase patologica che essa rappresenta e può
essere chiaramente monitorata nella sua evoluzione prognostica.
La Tavola dell'Omotossicologia
La Tavola dell’Omotossicologia è suddivisa in 6 fasi, separate (tre da una parte e tre dall’altra) dalla
divisione biologica, intesa come limite di reversibilità fisiopatologica.
Le prime sono chiamate:
fase di escrezione, fase di infiammazione o di reazione e fase di deposito.
Le seconde sono chiamate:
fase di impregnazione, fase di degenerazione e fase di dedifferenziazione o di neoplasia.
FASE DI ESCREZIONE
E' la reazione fisiologica più consona ed efficace: l'organismo espelle senza particolari problemi le
tossine attraverso gli emuntori fisiologici. Le tossine non arrivano nemmeno in contatto con le cellule
epiteliali delle mucose ma vengono inglobate ed espulse con le secrezioni fisiologiche stesse.
Quando per qualche ragione la protezione delle mucose è alterata o la noxa tossica agisce
massivamente o per un periodo troppo prolungato, si passa alla Fase di reazione.
FASE DI INFIAMMAZIONE (o di reazione)
In questa fase l'organismo, grazie all'attivazione del processo dell'infiammazione, espelle le tossine
che sono entrate al suo interno. Questa fase mette in moto tutti i meccanismi di difesa ed è
solitamente molto efficace anche se l'attivazione così massiva dell'organismo non é priva di sintomi
spesso spiacevoli, tutti peraltro veri e propri segnali preziosi che l'organismo ci invia per accelerare la
guarigione. E' la fase più appariscente della malattia, quella più bersagliata dagli allopati, tutti
impegnati a sopprimerla indiscriminatamente mentre viceversa la corretta terapia omeopatica tende
a modularla nella sua fisiologica evoluzione.
E' la fase fisiologica fondamentale dalla cui alterazione possono innescarsi tutti i processi che
portano alle malattie croniche degenerative. L'uomo di un tempo aveva in questa fase il suo grande
baluardo verso l'esterno e il suo successo biologico ne testimonia l'efficacia. L'uomo di oggi con
l'alimentazione e le abitudini di vita errate ha inficiato l'efficienza della prima parte fisiologica di
espulsione, possibile solo se gli organi funzionano in maniera ottimale, ed ha farmacologicamente o
chirurgicamente (vedi tonsillectomia, etc.) soppresso la seconda fase. L'uomo moderno sempre più
spesso si difende dall'aggressione tossinica con una Fase di deposito.
FASE DI DEPOSITO
In questa fase le tossine non sono espulse ma inattivate ed accumulate a livello connettivale e di qui
per varie problematiche possono essere rimesse in circolo. Il ritornare ciclico, ad esempio nella fase
premestruale che è un tipico momento di indebolimento della donna od in un momento di défaillance
psicologica, di alcuni disturbi, vuol dire che la malattia, anche assai antica, non era guarita, ma
sopita, bloccata a livello del tessuto mesenchimale, pronta a riaccendersi non appena l'organismo
debba rivolgere le sue energie difensive in un'altra direzione. Spesso l'organismo, assalito dalle
tossine espande la sua fase di deposito: ecco comparire gli accumuli di grasso cellulitico, ecco gli
ateromi, le problematiche infiammatorie articolari, tutti eventi indicativi di un progressivo accumulo di
tossine nell'organismo. In questa fase si capisce quanto possa essere fondamentale una corretta
alimentazione ed eventuali periodi di digiuno, per limitare l'assorbimento di tossine, e l'attività fisica e
la terapia omotossicologica che permettono l'espulsione delle tossine stesse. Quando anche i
meccanismi di sequestrazione delle tossine vengono sovraccaricati o quando l'aggressione esterna
sia particolarmente violenta, le tossine stesse incominciano ad aggredire gli organi interni o,
comunque, anche a livello dei depositi si attivano causando danni tissutali.
Da questo momento l'organismo non possiede più una difesa biologicamente efficiente e si retrae su
se stesso per salvare gli organi vitali. Avremo una fase di impregnazione, superando quindi quel
limite che viene definito Divisione Biologica.
FASE DI IMPREGNAZIONE
In questa fase in un "locus minoris resistentiae" od in un tessuto biologicamente meno importante si
manifesta una vera e propria malattia infiammatoria anche grave che lascia quasi sempre dei
postumi lesionali. Le tossine sono state canalizzate a livello organico, vengono inglobate a questo
livello in parenchimi nobili che reagiscono alla loro presenza con l'univoco meccanismo
dell'infiammazione e le isolano in tralci di tessuto connettivo che danneggiano l'organo stesso. Se
l'accumulo di tossine continua (attraverso la somministrazione di farmaci allopatici, attraverso
un'alimentazione sbagliata, etc.) senza che venga avviata una fase di detossicazione, di sfogo, il
connettivo di reazione e di accumulo delle tossine cresce fino a sovvertire la struttura degli organi.
Questa è la vera ragione dell'evoluzione delle malattie croniche od evolutive: un persistere del
processo di accumulo delle tossine. La strategia allopatica, che in questi casi è spesso l'attesa
passiva o la somministrazione di cortisonici che attenuano la reazione alle tossine senza rimuoverle,
spostandole pertanto in altra sede, è senz'altro fallimentare ed illogica.
Questa ulteriore evoluzione porta quindi alla fase degenerativa.
FASE DEGENERATIVA
Caratterizzata dall'alterazione profonda e definitiva degli organi. Non è alterata solo la struttura
macroscopica dell'organo, ma anche le singole cellule, non più inserite nell'equilibrio globale
dell'organo stesso, le quali manifestano deficit enzimatici ed alterazioni delle loro peculiarità
specifiche correlate alla particolare differenziazione funzionale che diventa per gran parte inutile
nell'ambito del globale sovvertimento dell'organo. L'ulteriore persistere dell'accumulo di tossine a
livello tissutale determina una continua stimolazione sulle cellule, sollecitate alla sdifferenziazione per
prendere parte al meccanismo dell'infiammazione con cui l'organismo tenta pervicacemente di lottare
contro il continuo accumulo di tossine. La stimolazione infiammatoria cronica delle cellule determina
prima o poi un loro viraggio, una loro sdifferenziazione favorita anche dal contemporaneo
indebolimento-sovvertimento delle difese organiche tissutali generali. L'impregnazione tossinica a
livello talamico, l'esaurirsi della capacità immunomodulante del timo, ecc...fanno sì che cellule
attivate ed indifferenziate di origine parenchimatosa superino la barriera della reazione connettivale
che il meccanismo di difesa organica produce attorno ad ogni focus infiammatorio. Con l'esaurirsi
della capacità di difesa (leggi infiammatoria) si apre la strada alla proliferazione e diffusione di cellule
anomale di vari organi che non possiedono più le loro capacità specializzate ma hanno di converso
riacquistato la primitiva capacità riproduttiva.
Si entra quindi nella fase neoplastica.
FASE DI DEDIFFERENZIAZIONE (o neoplastica)
E' caratterizzata dall'alterazione del patrimonio genetico cellulare e dallo svincolo delle cellule dal
controllo centrale e periferico. Il comparire di questa fase, anche se può ovviamente essere favorito
da una predisposizione genetica delle cellule in questo senso, non è tuttavia mai casuale ma sempre
conseguenza finale di un processo ben definito che ha visto il progressivo fallimento dei tentativi di
lotta dell'organismo contro l'accumulo delle tossine esogene. La progressione più o meno rapida di
una neoplasia è generalmente correlata al buon funzionamento degli emuntori. La cura
omotossicologica degli stati pre-neoplastici si attua infatti prevalentemente con farmaci che attivino il
rene, l'intestino e in generale tutte le secrezioni che sono sempre veicolo di tossine. Anche in corso
di una fase neoplastica conclamata l'attivazione quanto più estesa possibile di tutti i processi
espulsivi dell'organismo è una tecnica ottima per contenere il decorso del male. Si deve
antagonizzare con ogni mezzo la tendenza centripeta del paziente tumorale. Spesso la fase
neoplastica è preceduta da un periodo di relativo benessere nel quale si attenuano le ansie,
scompaiono molti dolori e così via, ad indicare che l'organismo ha diminuito le sue capacità
percettive e reattive. La stimolazione psicologica o il tentativo di indurre una suppurazione cutanea,
quando sortiscono l'effetto, sono ulteriori vie per contrastare la fase neoplastica.
Contemporaneamente andranno somministrati farmaci per ridurre la capacità di replicazione cellulare
che agiranno in particolare sul tessuto tumorale ad altissimo turnover.
LA TAVOLA DELLE 6 FASI
Tavola semplificata
FARMACI OMOTOSSICOLOGICI
I farmaci omotossicologici sono preparati secondo i principi dell’omeopatia classica e sono:
1.rimedi omeopatici classici (di solito in diluizioni diverse presenti insieme (in scala decimale,
da D3 a D200, ma anche fino a D1000), in forma unitaria o composti;
2.nosodi in accordo di potenza (coxakie virus, difterite, herpes zoster, simplex, virus
influenzale, klebsiella pneumoniae, malaria, morbillo, pertosse, poliomielite, psoriasi, medorrhinum,
psorinum, rosolia, salmonella, scarlattina, stafilococco, streptococco, tetano, toxoplasma,
tuberculinum, varicella, calcoli renali, carcinoma bronchiale, intestinale, epatico, laringeo, mammario,
uterino, ecc.);
3.catalizzatori (acidi del ciclo dell'acido citrico, derivati dai chinoni, catalizzatori della catena
respiratoria).
4.organi di suino (organoterapici di derivazione suina per esempio aorta, cuore, cartilagine
cervello, pancreas, legamenti, fegato, midollo, muscoli, nervi, prostata, testicoli, ecc).
Nella cura delle malattie iatrogene si possono trovare:
5.allopatici omeopatizzati, in accordo di potenza (acido acetilsalicilico, amidopirina,
cloramfenicolo, cortisone, eritromicina, istamina, penicillina, streptomicina, vitamina A, B1, B12, C).
FARMACI UNITARI
Sono preparati secondo i principi dell’omeopatia classica utilizzando il metodo delle diluizioni
Decimali Hahnemanniane. Vi sono anche farmaci unitari a diluizione scalare formati da più diluizioni
presenti contemporaneamente. Le diverse potenze esplicano la loro azione indipendentemente; non
vi è, cioè, immediata sovrapposizione di effetti. L’azione ne risulta così amplificata e rafforzata,
l’intensità aumentata e rafforzata nel tempo, le possibilità di peggioramento omeopatico molto
limitate.
FARMACI COMPOSTI SEMPLICI
Sono farmaci composti da vari rimedi omeopatici a bassa diluizione con tropismo tissutale specifico.
Sono particolarmente indicati nelle patologie acute per rapidità, maneggevolezza e superficialità
d’azione. La presenza di sole basse diluizioni rende possibile una individualizzazione clinica legata
solo alla problematica organica. La loro indicazione è immediata, gli effetti di reazione o collaterali
sono assenti, la rapidità d’azione notevole. E’ una prescrizione di tipo allopatico-erboristico ma più
sicura e mirata dell’allopatia e più profonda dell’erboristeria. Tale tipo di rimedio ha ragione d’essere
solo nella fase acuta della malattia o quando si voglia dare un appoggio ad un tessuto specifico
compromesso nel corso di una malattia degenerativa. Nella malattia cronica ha valore solo se
somministrato con altri farmaci che agiscano su livelli più profondi della malattia in atto. Per ogni
organo troviamo indicati vari farmaci di questo tipo, i quali ad una prima e superficiale analisi
sembrano molto simili, tuttavia la visione dei loro vari componenti chiarisce le loro sottili differenze
che permettono di curare con grande precisione la specifica problematica del paziente.
FARMACI COMPOSTI A DILUIZIONE BILANCIATA
I farmaci composti con presenza di più diluizioni di uno stesso rimedio sono denominati in accordo di
potenza. Sono costituiti dall’associazione di una serie di rimedi con caratteristiche funzionali
analoghe (ad es.: tutti migliorati dal moto o peggiorati dall’emotività ecc.) ed un tropismo organico
affine ma non sovrapponibile. In tal modo la loro azione è più estesa di quella, solitamente assai
specifica anche dal punto di vista tissutale, del singolo farmaco omeopatico ed agiscono su organi e
tessuti tra loro vicini o correlati anatomicamente. Sono quindi anch’essi farmaci del sintomo. Tutti i
rimedi hanno varie diluizioni per poter agire a vari livelli funzionali: il farmaco alla diluizione più bassa
caratterizza più decisamente il tropismo organico, l’eventuale diluizione più alta ha caratteristica
funzionale. La loro introduzione è da considerarsi un’estensione, in senso orizzontale, delle
possibilità di cura del farmaco singolo a diluizione bilanciata.
In un certo senso sono da considerarsi farmaci specifici delle malattie psicosomatiche. Le alte
diluizioni presenti danno loro un tropismo particolare per il sistema nervoso.
NOSODI
I nosodi sono farmaci omeopatici ricavati da tessuti animali o vegetali malati, da secrezioni
patologiche umane e da colture microbiche rigorosamente sterilizzate prima di passare alle
diluizioni. Questi farmaci furono continuamente sviluppati nel corso dell’evoluzione dell’Omeopatia
anche sulla scorta delle nuove conoscenze di microbiologia e patologia. Negli ultimi anni, le nuove
tecniche diagnostiche hanno riscoperto tutto l’enorme orizzonte delle malattie virali e sono stati
elaborati moltissimi farmaci omeopatici che sembrano essere armi formidabili contro molte delle più
insidiose malattie del nostro tempo. Il farmaco nosodico può essere impiegato secondo due regole
fondamentali:
1. come un qualsiasi farmaco omeopatico, sulla scorta del quadro clinico globale o di un gruppo
minimo di sintomi di valore massimo che si ritrovano nel paziente, indipendentemente dalla sue
effettiva patologia;
2. sulla scorta di considerazioni eziologiche, tenendo conto della malattia che sembrerebbe essere,
in base ai dati clinici e laboratoristici alla base dei problemi del paziente. In realtà non sempre è
possibile risalire alla malattia origine dei problemi in maniera clinico-laboratoristica diretta e in
questo caso verranno considerati i sintomi del paziente, quali egli manifesta attualmente,
senz’altro correlati alla malattia di base scatenante e si somministrerà il nosodo corrispondente.
L’impiego del nosodo è particolarmente indicato nelle fasi cellulari delle malattie, nei blocchi
(mancata risposta al farmaco ben indicato), nelle malattie autoimmuni, nelle allergopatie.
CATALIZZATORI INTERMEDI
Sono un fondamentale apporto dell’Omotossicologia all’Omeopatia. Si è permesso, con
l’introduzione di questi farmaci, l’utilizzazione pratica in ambito clinico, da parte del medico
Omeopatico, di acquisizioni relativamente recenti nel campo della biochimica cellulare. Non
dimentichiamo che Reckeweg (fondatore dell’Omotossicologia) era a Berlino negli anni ’30 ed era
coetaneo di Krebs che proprio allora scopriva la presenza di quel ciclo di reazioni fondamentali del
metabolismo intermedio che prese il suo nome. Solo una conoscenza profonda e diretta di tali
problematiche biochimiche permise l’introduzione in terapia omeopatica dei vari catalizzatori del ciclo
dell’Acido citrico il cui eccellente funzionamento in terapia deve del resto essere considerato una
delle prove più eclatanti dell’efficacia della preparazione omeopatica dei farmaci.
Il ciclo di Krebs è la via finale comune attraverso cui vengono ossidati per produrre energia
biodisponibile carboidrati, lipidi ed aminoacidi. Un blocco di questo complesso meccanismo a catena
porta a gravi danni cellulari e determina la necessità, da parte della cellula stessa, di assumere
atteggiamenti anomali, quali ad esempio quello della Glicolisi Anaerobica, tipici della cellula
cancerosa o comunque defettiva, molto antieconomici dal punto di vista energetico. Dobbiamo
considerare che il ciclo di Krebs è una via metabolica molto evoluta e specializzata. Questa via
biochimica perfetta ed efficiente porta alla produzione di grandi quantità di energia sottoforma di ATP
ed alla formazione di pochissime scorie metaboliche.
Come tutte le macchine molto evolute e complesse anche il ciclo di Krebs tende facilmente ad
incepparsi ed a guastarsi per molteplici ragioni talora futili visto che l’organismo non protegge in
maniera particolare questa via ottima ma non unica di produzione di energia. Il blocco in qualsiasi
punto del ciclo di Krebs determina diverse patologie di varia gravità ed è inizialmente sempre una
anomalia a questo livello che innesca la patologia cronico-degenerativa.
Si conoscono oggi le implicazioni cliniche dei vari livelli di blocco del ciclo di Krebs e pertanto ogni
singolo catalizzatore ha le sue specifiche indicazioni cliniche. Pertanto la patologia degenerativa del
sistema nervoso trova indicata la somministrazione dell’acido -chetoglutarico omeopatizzato per
stimolare il metabolismo di tutti i derivati di questa sostanza, in primis le amine attive a livello nervoso
come istamina, serotonina, dopamina,
glutamina ecc.
Alcuni catalizzatori hanno un’azione di
stimolo metabolico molto spiccata e
pertanto vanno usati con cautela. Ad
esempio l’acido DL malico, importante nel
metabolismo
glucidico,
ma
anche
fondamentale fattore di stimolo reattivo in
pazienti defedati ed anergici, può
determinare in essi reazioni troppo
violente e mal tollerate. Di qui la regola di
utilizzare sempre i catalizzatori in coppia
in modo che l’azione sul ciclo di Krebs sia
più ampia e meno violenta. Pertanto
nell’esempio dell’acido Malico si associa
l’acido Fumarico, all’acido Citrico si
associa il cis-Aconito e così via.
ORGANI DI SUINO
I preparati di organi di suino sono prodotti secondo le regole omeopatiche ed esplicano la loro azione
attraverso meccanismi immunologici; più precisamente hanno la loro base scientifica nella legge
dell’effetto inverso di Arndt-Schulz e nel principio del “simile”.
L’organoterapia omeopatica ha come obiettivo la cura ed il riequilibrio dell’organo malato. Il tipo di
influsso che si vuole indurre nell’organo è regolato dalla scelta della diluizione. Tuttavia anche la
scelta dell’animale da cui derivare l’organo riveste una notevole importanza spesso misconosciuta
dall’Omeopatia classica. Studi recenti di anatomia comparata hanno dimostrato come il maiale sia,
dal punto di vista endocrino, biochimico e cellulare, l’animale più affine all’uomo. Questa affinità
rende possibili e facili, trasferimenti di virus patogeni tra una specie e l’altra e, in un certo modo,
giustifica il bando al consumo di tali carni imposto dalle antiche religioni semitiche. Carne ricca di
istamina e di grassi, irritante e specificamente tossica per l’uomo, è quindi quella che si presta
maggiormente a divenire farmaco omeopatico che attiva antigenicamente e specificamente l’organo
umano corrispondente.
Questi farmaci evocano una reattività difensiva tissutale spesso sopita, per soppressioni
farmacologiche, intossicazioni, ecc., che permette all’organo di arrestare una tendenza alla
degenerazione cronica in atto. Tali rimedi possono quindi essere impiegati con un duplice scopo:
1. influenzare la funzione d’organo (diluizioni alte -D200 rallentano, basse diluizioni -D8 la stimolano;
diluizioni intermedie la modulano);
2. influenzare la struttura dell’organo, inducendo una reazione di tipo anticorpale tramite il rimedio
omeopatico. La reazione che evocheremo sarà tanto più vivace quanto minori e più ponderali
sono le diluizioni impiegate. In questo caso è utile iniziare con le alte diluizioni per passare a
quelle basse solo successivamente.
Dal punto di vista pratico sarà utile procedere in due fasi:
1. fase preliminare  si impiega il preparato corrispondente all’organo danneggiato unitamente però
ad altri organi funzionalmente complementari per attivare anche questi organi e permettere che
canalizzino le eventuali tossine che l’organo più compromesso potrà espellere nell’ambito di una
benefica reazione difensiva.
2. fase di stimolo reattivo  si impiega il preparato corrispondente all’organo danneggiato, in
diluizione più bassa che nella prima fase, spesso unitamente a farmaci omeopatici ad azione
specifica sull’organo e che tengano conto dell’eziologia della lesione.
L’uso degli organi di suino induce generalmente sempre una attivazione delle funzioni organiche, un
risveglio generale della reattività che determina una assai maggior sensibilità e capacità di risposta
dell’organismo ai trattamenti omeopatici successivi; è pertanto da considerarsi, almeno nelle malattie
croniche, una tappa fondamentale della terapia omotossicologica.
ALLOPATICI OMEOPATIZZATI
Sono rimedi omeopatici preparati partendo da farmaci allopatici di uso corrente. Essi sono dei veri e
propri rimedi omeopatici da prescrivere secondo le regole della similitudine: il quadro in base al quale
essi saranno somministrati è quello prodotto dal farmaco in oggetto secondo le caratteristiche e le
modalità sintomatologiche, ematochimiche ed anatomiche che emergono dallo studio della
tossicologia classica allopatica. Quando viene individuato un certo quadro non è di nessuna
rilevanza, per l’omeopata, che esso sia originato da una situazione o dall’altra. L’indicazione sarà
sempre per il rimedio specifico che classicamente induce quel quadro (per influenzare in tal modo la
specifica espressività morbosa del paziente).
Applicazione pratica dell'omotossicologia
L'omotossicologia può essere applicata seguendo uno schema metodologico
comprensibile al medico preparato clinicamente. Si compiono le seguenti fasi:
facilmente
INDIVIDUALIZZAZIONE CLINICA
E’ sempre necessario un accurato inquadramento diagnostico e patobiografico del malato per vedere
la malattia attuale nel contesto della vita e della costituzione dell'individuo. E' necessario, con
qualsiasi mezzo (analisi, radiografie, iridoscopia, etc.), cogliere l'organo o il tessuto primitivamente
affetto. Tale precisazione diagnostica non è sempre facile perché spesso un gran corteo di sintomi
reattivi, psichici ed organici mascherano i sintomi primitivi, fondamentali ed espressione della lesione
di partenza. Per questo sarà spesso utile un inquadramento embriologico tissutale ed istopatologico
quale quello che si può effettuare usando la Tavola dell'Omotossicologia.
INDIVIDUALIZZAZIONE FARMACOLOGICA
Altrettanto accurata deve essere l’identificazione farmacologica che tenga conto delle peculiari
indicazioni e proprietà di quello specifico farmaco. Non dimentichiamo che qualsiasi farmaco
allopatico od omeopatico, erboristico od omotossicologico può sempre essere utile o dannoso. Il
farmaco allopatico, tossico il più delle volte, potrà dare una diretta lesione tessutale, il farmaco
omeopatico errato potrà sopprimere ed indirizzare l'energia vitale in una direzione sbagliata, il
farmaco omotossicologico mal indicato potrà indebolire la reattività organica.
Deve essere individuata la similitudine omotossicologica, il farmaco che con le sue caratteristiche
copre il maggior numero di problematiche attuali del paziente. Tanto più precisa è questa
similitudine, tanto più profonda sarà l'azione del farmaco. Ogni volta che il malato viene alla visita va
reinquadrato nella Tavola Omotossicologica in base ai sintomi che riferisce, agli esami di laboratorio,
ecc.; ogni volta verrà somministrato il rimedio omotossicologico simile, fino a portare il paziente ad
una buona
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