intervento di bypass - Ospedali Riuniti di Ancona

L’intervento di bypass aorto-coronarico
Michele D. Pierri
L’intervento di bypass aorto-coronarico è uno delle procedure chirurgiche più frequentemente eseguite al
mondo.
E’ necessario per trattare la patologia molto frequente: l’ostruzione delle arterie coronare.
Il cuore, infatti, come tutti gli altri organi del nostro corpo, per poter svolgere la sua funzione, ha bisogno di
sangue ricco di ossigeno che gli arriva dalle due arterie coronarie che originano dall’aorta.
L’arteria coronaria di destra fornisce sangue soprattutto alla parte destra del cuore; quella di sinistra
all’altra parte. La coronaria sinistra si divide in due rami: il ramo discendente anteriore ed il ramo
circonflesso.
L’ostruzione delle arterie coronarie viene causata da placche formate da vari componenti come tessuto
fibroso, grasso, calcio.
Il restringimento delle arterie coronarie può determinare una riduzione dell’apporto di sangue al cuore che
si manifesta tipicamente con dolore toracico da sforzo (“angina”).
Si può verificare anche che una placca in una arteria coronaria si rompa e che su di essa si formi un coagulo
che determina l’ostruzione acuta della coronaria stessa determinando un evento acuto (infarto miocardico,
attacco cardiaco).
In pratica l’intervento di bypass aorto-coronarico consiste nell’interporre un segmento di arteria o di vena
tra l’aorta e l’arteria coronaria ostruita, in modo da creare una strada alternativa attraverso la quale il
sangue ossigenato possa raggiungere il muscolo cardiaco.
Esistono anche altre opzioni per trattare le ostruzioni delle coronarie: la terapia medica e il cambio di stile
di vita possono aiutare; le ostruzioni possono anche essere trattate mediante una dilatazione con
palloncino inserito fin nella coronaria attraverso una arteria dell’inguine o del braccio (“angioplastica”).
All’angioplastica segue spesso il posizionamento di una rete a manicotto per mantenere la forma della
coronaria (“stent”).
In genere la necessità di un intervento di bypass aorto-coronarico viene concordata da un team multidisciplinare composta da cardiochirurgi (quelli che eseguono l’intervento), cardiologi ed emodinamisti.
Per prendere la decisione possono essere necessari esami diagnostici ed esami di laboratorio.
Indispensabile è l’esecuzione di una coronarografia: un esame che, attraverso l’iniezione di mezzo di
contrasto nelle coronarie, ne consente la visualizzazione e quindi la visione e la valutazione delle ostruzioni
dovute alle placche.
Normalmente l’intervento viene consigliato quando gli altri tipi di trattamento sono falliti o non possono
essere proposti per motivi clinici o anatomici (comprese la localizzazione delle ostruzioni e la funzione del
cuore).
L’intervento di bypass aorto-coronarico può essere eseguito in diversi modi. Il più diffuso prevede l’accesso
al cuore mediante la sternotomia mediana longitudinale: una incisione longitudinale del petto estesa dal
giugulo alla fine del torace; attraverso questa incisione viene esposto l’osso (lo sterno) che viene aperto
anch’esso longitudinalmente; il cuore, che si trova subito sotto, è così accessibile per l’intervento.
Se l’intervento è eseguito in circolazione extracorporea è necessario posizionare dei tubi per consentire la
circolazione del sangue anche dopo che il cuore sia stato fermato con la somministrazione di un farmaco
(cardioplegia). Nel periodo di “blocco” dell’attività contrattile cardiaca la circolazione del sangue è
mantenuta da una macchina detta “cuore-polmoni”.
In alcuni casi, in base alla localizzazione delle lesioni sulle coronarie e alla preferenza del chirurgo,
l’intervento viene eseguito senza fermare il cuore: in questo caso si parla di intervento “a cuore battente” o
“off-pump”; Il segmento di coronaria su cui si lavora viene tenuto fermo da un sistema detto
“stabilizzatore”.
Come è stato già detto, l’intervento consiste nell’aggiungere un condotto (“graft”) che connetta l’aorta o un
suo ramo alla coronaria situato a valle dell’ostruzione causata dalla placca.
I condotti possono essere arteriosi o venosi: quelli arteriosi hanno meno probabilità di andare incontro ad
ostruzioni nel tempo.
Il condotto arterioso più utilizzato è l’arteria mammaria. Le arterie mammarie (sono due, destra e sinistra)
si trovano all’interno del torace ed entrambe possono essere utilizzate. Altri condotti arteriosi sono le
arterie radiali che si trovano nel braccio.
Come condotto venoso si usa quasi sempre la vena safena che è situata nell’arto inferiore e si estende dalla
gamba alla coscia.
In genere un intervento di rivascolarizzazione miocardica chirurgica richiede un ricovero postoperatorio
complessivo di circa 7 giorni. Il primo periodo (1-2) giorni sarà passato nel reparto di rianimazione
postoperatoria, dove avviene un monitoraggio continuo delle principali funzioni vitali. Successivamente il
decorso continua nel reparto di degenza ordinaria, dove verranno eseguiti esami di controllo per valutare la
ripresa dopo l’intervento e l’assenza di complicazioni.
L’intervento di bypass aortocoronarico può essere associato a diverse complicazioni come sanguinamento,
infezioni, danno neurologico, scompenso cardiaco, infarto peri-procedurale fino al decesso.
Altre complicanze meno gravi consistono in infiammazioni e versamenti delle pleure, fibrillazione atriale,
dolore, scarso appetito, febbricola.
Fortunatamente l’incidenza di complicazioni è relativamente bassa: la mortalità cumulativa per questo tipo
di intervento oscilla tra il 2 ed il 3%. In genere le complicanze sono maggiori nel caso si arrivi all’intervento
in condizioni di urgenza (ad esempio durante un infarto) o con una funzione cardiaca deteriorata.
Le complicazioni possono essere più frequenti in caso di patologie associate come diabete, insufficienza
renale o bronchite cronica.