Teatro (architettura)
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Un teatro è un luogo, spesso un edificio, il cui uso specifico è ospitare rappresentazioni
teatrali di prosa, o di altri generi di spettacolo in ogni sua forma artistica, come
l'esecuzione di concerti ed eventi musicali, allestimenti di opere liriche, letture di poesie,
spettacoli di danza.
Quello dell'edificazione di un teatro è considerato uno dei maggiori esiti
dell'architettura, tanto nell'antica quanto nella moderna e nell'attuale civiltà.
Indice
1 Storia
1.1 Le origini
1.2 Il teatro nella Grecia antica
1.3 Il teatro nella Roma antica
1.4 I luoghi teatrali nel Medioevo
1.5 Il teatro nell'epoca moderna
1.6 La scena cinquecentesca
1.6.1 La Loggia Cornaro
1.6.2 Il Teatro Olimpico e il teatro di Sabbioneta
1.7 Il teatro dell'epoca elisabettiana
1.8 Il "Teatro all'italiana" tra Seicento e Ottocento
1.9 Il teatro nell'architettura contemporanea
2 Teatri antichi
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni
Il teatro dell'Opera di Sydney di Jørn Utzon, una celebre
architettura contemporanea
Storia
Le origini
L'inizio dell'architettura teatrale non coincide con le prime manifestazioni teatrali di cui si abbia
conoscenza. Già alcuni testi sacri dell'antico Egitto, ad esempio quello che racconta della morte
e della risurrezione del dio Osiride, sono scritti in forma dialogica e probabilmente pensati per la
rappresentazione. Questa eventuale rappresentazione sarebbe tuttavia avvenuta nell'ambito
dell'edificio religioso, e non in un luogo progettato appositamente per la messinscena. Lo stesso si
può dire delle parate militari o dei discorsi di uomini illustri: pur essendo situazioni la cui grande
spettacolarità suscitava un entusiastico interesse nella collettività, non avevano un proprio luogo
specifico e si svolgevano negli spazi pubblici come le piazze e le vie delle città.
Prima della civiltà greca sono pochi gli edifici teatrali progettati in quanto tali: potrebbero
rientrare in questa categoria alcuni spazi dei palazzi della civiltà minoica, come il cortile delle
feste del palazzo di Festo a Creta. Si trattava di uno spiazzo circondato per tre lati da gradinate
che potevano ospitare fino a cinquecento persone venute ad assistere alle danze, alle cerimonie
o alle tauromachie che vi si svolgevano.
Teatro alla Pergola a Firenze
Il teatro nella Grecia antica
Il teatro nella Grecia antica si evolve da semplice spiazzo per il pubblico, a spazio delimitato (circolare o a trapezio) con panche di legno, infine
ad opera architettonica vera e propria (V secolo - IV secolo a.C.).
Il teatro greco rimane sempre una costruzione a cielo aperto. Già nei più antichi teatri si ritrovano le tre parti essenziali:
la cavea (koilon), a pianta di settore circolare o ellittico (spesso eccedente la metà) nella quale sono disposte le gradinate, suddivise in
settori, con i sedili di legno; in genere la cavea è addossata ad una collina per sfruttarne il pendio naturale;
la scena (skené), costruzione a pianta allungata, disposta perpendicolarmente all'asse della cavea, inizialmente semplice e in legno,
era situata ad un livello più alto dell'orchestra con la quale comunicava mediante scale; la sua funzione originaria era soltanto pratica,
cioè forniva agli attori un luogo appartato per prepararsi senza essere visti (in greco !"#$%, skené, significa anche "tenda"), ma ben
presto ci si rese conto che offriva molte possibilità se utilizzata come sfondo scenico. Divenne quindi sempre più complessa e abbellita
da colonne, nicchie e frontoni. Dal 425 a.C. fu costruita in pietra e con maggiori ornamenti;
l'orchestra (orkhestra, viene dal verbo !"#$%&'(, orkeomai, che significa ballare, infatti indicava il luogo del teatro antico dove si
danzava), circolare, collocata tra il piano inferiore della cavea e la scena, è lo spazio centrale del teatro greco, quello riservato al
coro. Al centro di essa era situato l'altare di Dioniso (thymele).
Più complessa appare la genesi e la distribuzione degli spazi nell'architettura teatrale greca. Fabrizio Cruciani (1992) ha chiarito come lo spazio
deputato alle danze e al canto del coro, l'orchestra (da orcheomai, danzare) determina i due spazi cardine del teatro: lo spazio degli spettatori
(théatron, da théaomai, spettare, osservare) e lo spazio degli attori, la scena (skené, tenda). Per meglio dire, se la prima forma è il théatron, sola
gradinata formata da panche di legno posta davanti al piano dell'orchestra e utilizzata per assistere anche a spettacoli non drammatici, la
seconda è da intendere come uno schermo o fondale di tela o pelle dipinta (piuttosto che come una baracchetta o una tenda campestre)
posta alle spalle dell'attore o, meglio, hipockrités (ossia colui che finge, colui che risponde, che instaura un dialogo con il coro) con la funzione
di costituire soprattutto un riparo necessario a cambiare maschera e costume e permettere all'attore (ve ne era solo uno all'epoca di Tespi, nel
VI secolo a.C.) di interpretare un altro personaggio.
In seguito, già nel V secolo e in via definitiva nel IV secolo, l'orchestra lascia spazio alla scena che diviene centro generatore di spazi aggregati
autonomamente che si qualificano come veri e propri ambienti.
Sicuramente nella prima metà del V secolo la scena, in legno, è infatti un
ambiente quadrangolare lungo quanto lo è l'auditorio e piuttosto stretto,
praticabile dagli attori che vi accedono da aperture poste sul fronte della
scena stessa (tyromata). La funzione non è più solo quella di servire da
spogliatoio per cambiarsi in corso di spettacolo, ma anche quella di offrire
uno schermo fonoriflettente e uno spazio chiuso o cassa armonica,
necessario a diffondere parole e suoni; inoltre la fronte scenica (che diverrà
poi scaene frons e verrà mantenuta fino al teatro del '500) serve anche
come sfondo scenico del dramma (genericamente, la facciata di un
palazzo reale, forse con una sola grande porta centrale; mentre le altre
aperture laterali potevano essere chiuse da pannelli decorativi dipinti o
pìnakes).
L'orchestra è, in origine, uno spazio di terra battuta rettangolare, già
presente nell'agorà di Atene dal VII secolo[1], in cui venivano cantati cori
bacchici, effettuate danze dionisiache, recitati metri ditirambici nel corso
delle feste in onore di Dioniso, dette dionisie cittadine o grandi dionisie. Di
fronte a questo spazio era posto il théatron, costituito da una compatta ed
alta gradinata formata da panche di legno (ikrìa), sul tipo di quella che
vediamo raffigurata nel vaso a figure rosse di Sophilos del museo
archeologico nazionale di Atene[2]. Questo spazio teatrale originario era
rettangolare o poligonale, con le gradinate ad L, doppia L, o a trapezio,
Rappresentazione schematica di un teatro greco ( V secolo - IV
davanti ad un'orchestra della stessa forma, come farebbero pensare alcune
secolo a.C. )
forme teatrali arcaiche in pietra, come il teatro di Torikos, che è della fine del
[3]
V secolo . Sulle gradinate sedeva un pubblico piuttosto agitato che
partecipava agli agoni drammatici in modo piuttosto indisciplinato alzandosi in piedi per applaudire, gridare, protestare o battendo
rumorosamente i calcagni contro le tavole per esprimere il proprio disappunto nei confronti di un attore [4].
Non può dunque meravigliare che queste costruzioni, già di per sé non particolarmente sicure, potessero crollare come informa la Suda, anche
se è un po' inverosimile che per tale motivo le autorità ateniesi decidessero di costruire, nella VII Olimpiade (500-497 a.C.), un teatro, sempre di
legno, sul crinale della collina dell'acropoli, scavando la roccia e sistemando così la gradinata in uno spazio racchiudente che la rendesse più
compatta (il koilon), che in seguito avrebbe poi ospitato la gradinata in pietra. In realtà possiamo immaginare più spazi teatrali, forse di forma
rettangolare o poligonale, ma diversi, situati presso recinti sacri, quali il Leneo o quello di Dioniso Eleuterio e presso la stessa agorà di Atene.
Questi spazi dovettero ospitare le opere dei grandi tragici e del commediografo Aristofane nel corso del V secolo.
Forse durante la reggenza di Pericle, che nel 473-472 a.C. si occupò di far allestire i Persiani di Eschilo e che fece costruire un odeon (Odeo di
Pericle) e ristrutturare in forma teatrale i luoghi di riunione come il bouleuterion, si iniziò a pensare alla realizzazione di un teatro di Dioniso
permanente in pietra; sogno che poté avverarsi solo con Licurgo fra il 336 e 323 a.C.[5]. Il teatro era ormai un organismo architettonico
completo che si definiva attraverso una gradinata scavata nella roccia (koilon) formata da file di gradini di pietra alti 35cm e larghi 78; il primo
gradino in basso segnava la circonferenza dell'orchestra (pòdion) e conteneva seggi di riguardo (trònoi) con schienali e bracciali (nel teatro di
Dioniso ve ne erano 77, riservati alle autorità pubbliche e religiose, i pochi rimasti sono di età romana). L'insieme della gradinata raccoglieva il
resto degli spettatori, poco meno di 17.000 nel grande teatro di Dyoniso, ed era attraversata da un gradino più largo degli altri detto diàzoma, il
quale aveva la funzione di dividere il koilon in due sezioni, una nella parte superiore, una in quella inferiore. Per favorire ingresso, uscita e
sistemazione ai posti, erano state ricavate delle scalette (klimakes) che dividevano il koilon in più spicchi o settori verticali detti kerkidès. Quanto
all'orchestra essa era di forma circolare (così è rimasta nel teatro di Epidauro), il diametro era piuttosto ampio (24 m nel teatro di Dioniso), il
pavimento era inizialmente di terra battuta; in seguito, in età ellenistico-romana venne pavimentato in marmo, e al centro era posto l'altare del
dio.
Fra koilon e skené vi erano degli
spazi a corridoio larghi circa 5 metri
(pàrodoi), attraverso i quali faceva
ingresso il pubblico per recarsi ai
sedili dell'auditorio, ma anche il
coro per sistemarsi nell'orchestra.
Nel III secolo i due ingressi furono
chiusi da due porte monumentali
(pylones); una è rimasta ad
Epidauro che, sembra, aveva
inaugurato l'uso dovuto a motivi
puramente sacrali: servivano, infatti
Il teatro di Epidauro in Grecia
ad impedire agli animali di entrare
nello spazio sacro del teatro[6]. Per
quanto riguarda l'ambiente scenico, è possibile pensare che esso si componesse, anche durante il periodo in pietra dei teatri, di non pochi
elementi lignei, anche se questi dovevano avere solo valore decorativo (pìnakes), formati da pannelli di varia grandezza dipinti, come
dimostrano le iscrizioni del teatro di Oropos[7], collocati nei tyromatao negli intercolumni del porticato del proscenio. Gli attori recitavano su di
una piattaforma di legno inquadrata da due avancorpi laterali o parasceni (paraskenia), che potevano essere del tipo più semplice o
massiccio (come nel teatro di Dyoniso ad Atene o ad Iatas in Sicilia, dove ne restano importanti resti in pietra) o del tipo colonnato, testimoniato
su un frammento di vaso del 360 a.C.-390 a.C., detto del Gruppo di Konnakis, con una rappresentazione tragica (forse Ifigenia in Tauride) a
figure rosse.
L'attore si muoveva su di una piattaforma (logeion) larga poco più di 3 metri. Essi, inoltre, apparivano anche in alto, sul tetto della scena, per
recitare la parte di un dio, in questo caso di parla di theologeion[8] e nel piano dell'orchestra, attraverso un corridoio sotterraneo o scala di
Caronte (come nel teatro di Priene o di Siracusa), per apparizione dell'oltretomba.
Tra i teatri greci di cui rimangono notevoli testimonianze vi sono il teatro di Dioniso ad Atene, di Segesta, di Siracusa, di Delfi, di Epidauro, di
Taormina, di Tindari.
Il teatro nella Roma antica
Per approfondire, vedi la voce L'edificio scenico nel teatro antico.
Gli antichi Romani utilizzano il modello del teatro greco, apportandovi alcune modifiche
essenziali. Il primo teatro ad essere costruito interamente in muratura nella città di Roma è
quello di Pompeo, del 55 a.C. Le gradinate semicircolari della cavea poggiano ora su archi e
volte in muratura, e sono collegate alla scena con loggiati laterali. Questo permette
all'edificio del teatro, finalmente autonomo, una collocazione più flessibile e di dotarsi di una
facciata esterna ornata e monumentale. La facciata della scena viene innalzata a numerosi
piani e decorata, fino a diventare frons scenae, proscenio. L'uso della scena diventa più
complesso per l'uso di macchinari teatrali. Compare il sipario, che durante la
rappresentazione si abbassa in un apposito incavo, mentre il velario, di derivazione navale,
viene utilizzato per riparare gli spettatori dal sole.
Tra i teatri romani di cui sopravvivono resti notevoli vanno ricordati quello di Pompei (di forme
ancora molto vicine a quelle greche), quello di Marcello a Roma, i teatri di Lecce, di Ostia, di
Napoli, di Ercolano, di Pozzuoli, di Teramo, di Fiesole, di Spoleto, di Trieste, di Verona, di Helvia
Recina a Macerata di Carsulae, di Arles, di Vienne e di Orange in Francia, di Merida e
Sagunto in Spagna, di Sabratha e Leptis Magna in Libia, di Bosra in Siria, di Efeso e di
Hierapolis in Asia Minore, di Volterra.
I luoghi teatrali nel Medioevo
Per approfondire, vedi Teatro medievale.
A partire dal V secolo la disapprovazione cristiana per gli spettacoli pagani (talvolta
licenziosi) produce leggi contro ogni forma di spettacolo e provoca la sistematica dismissione
degli spazi teatrali, con trasformazioni architettoniche e cambiamenti di destinazione spesso
irreversibili.
Il teatro antico di Taormina
Il Medioevo è dunque caratterizzato dalla mancanza di edifici teatrali appositamente
costruiti, ma non dalla cessazione di ogni attività spettacolare. Nonostante l'opposizione della
Chiesa, infatti, sopravvive la tradizione di giullari, giocolieri e menestrelli. Essi si esibiscono su un
semplice banchetto (da qui il nome saltimbanco) che trova spazio nelle taverne, nelle piazze
e nelle strade delle città. I più fortunati vengono assunti nelle corti, o permanentemente o in
occasione di feste e banchetti.
Parallelamente al teatro profano, a partire dal X secolo è la Chiesa stessa a dare vita,
attraverso la spettacolarizzazione dei testi biblici, ad una nuova forma di teatro. Inizialmente si
tratta solo di un adattamento delle scritture, con l'ampliamento della parte dialogica ai fini di
una breve rappresentazione, che ha luogo davanti all'altare della chiesa. È il caso, ad
esempio, del Quem Quaeritis, dialogo drammatizzato cantato e rappresentato da tre
diaconi che fingono le tre marie al sepolcro e da un quarto che finge l'angelo che le
accoglie, le interroga sulla loro ricerca e rivela la resurrezione di Cristo. Questo dialogo si
svolgeva dapprima presso lo spazio occidentale della chiesa carolingia, poi presso l'altare o
Il teatro grande di Pompei
accanto ad un simulacro di sepolcro nella chiesa romanica. Ulteriori ampliamenti portano
alla realizzazione delle sacre rappresentazioni, i cui episodi vengono rappresentati in diversi
luoghi all'interno delle cattedrali: ogni cappella laterale, ogni spazio tra due colonne, ogni angolo della chiesa può diventare uno dei luoghi
deputati (da cui l'espressione odierna) alla messinscena. Lo spazio scenico della rappresentazione, in Italia, è più propriamente quello del
presbiterio, usando come entrate ed uscite le porte della recinzione frontale di essa e, specie a Firenze nelle chiese d'oltrarno, il "ponte" che
sovrasta questa recinzione, usato per apparizioni, epifanie, ascensioni o discese di personaggi sacri. Le sacre rappresentazioni diventano
sempre più vaste e sfarzose, tanto che la chiesa non riesce più ad ospitarle. Si passa così al sagrato antistante l'edificio di culto e poi alle piazze
e alle strade della città, che dal XIV secolo vedono tutta la cittadinanza partecipare all'allestimento degli imponenti drammi ciclici, per i quali le
varie gilde cittadine costruiscono luoghi deputati sempre più maestosi e carri allegorici. Grandi allestimenti sono le passioni nei centri mercantili
del nord Europa, ad esempio a Lucerna, a Mons, a Valenciennes.
Il teatro nell'epoca moderna
Nel XVI secolo assistiamo al passaggio da un luogo provvisoriamente adibito a sede di spettacoli (chiesa, piazza, giardino, cortile, sala)
all'edificio teatrale stabile. Tra la fine del Medioevo e il primo Rinascimento si registra un aumentato interesse per il teatro, dovuto inizialmente al
successo delle rappresentazioni religiose.
La scena cinquecentesca
Durante il Rinascimento cinquecentesco, mancando ancora una sede apposita, le rappresentazioni teatrali, di impianto classico, erano
generalmente tenute all'aperto, spesso nei cortili dei palazzi nobiliari i cui proprietari erano proprio i principali fruitori (nonché spesso attori e
sceneggiatori) di questi spettacoli. Ad esempio, a Roma, palazzo Riario, dove gli attori recitavano nello spazio della loggia colonnata che, nella
cultura del circolo umanistico di Pomponio Leto, voleva essere una rievocazione della scena classica.
La scena era dunque temporanea, adattata nel loggiato dei cortili, dove venivano usate prevalentemente tendaggi che venivano aperti e
chiusi durante le entrate e le uscite degli attori. Dopo la diffusione dello spazio prospettico e la creazione di un ambiente unitario, su apposito
palco, collocato in una sala per feste durante cerimonie dinastiche o nell'ambito del carnevale, venne a determinarsi, nel primo decennio del
Cinquecento, una scena prospettica di città resa illusionisticamente dalla giustapposizione di piani figurati in una prospettiva centralizzata
(quinte e fondale), il cui punto di fuga era posto ad una altezza determinata che coincideva con la visione perfetta del principe seduto al
centro della sala. Gli spettatori potevano essere disposti in due modalità: o con una gradinata di fronte al palco o con tribune laterali per le
donne e panche centrali per gli uomini con un palco sopraelevato per la principale autorità della festa. Questa sistemazione era naturalmente
provvisoria e veniva smontata alla fine della festa, ma aveva un'importanza considerevole dal punto di vista strutturale, in quanto, sia pure in
modo effimero, determinava la disposizione teatrale di un interno.
Uno dei primi teatri interamente costruito fu fatto a Roma nel 1513 per il possesso pontificio di
Leone X, realizzato in legno, con gradinate interne laterali appoggiate alle pareti e
palcoscenico all'antica con porte coperte da tendaggi per la rappresentazione del Poenulus
di Plauto. Era realizzato sulla piazza del Campidoglio dalla fabbrica dei Sangallo e aveva
decorazioni interne ed esterne di Baldassarre Peruzzi ed altri pittori: il nome con il quale lo si
ricorda è teatro sul Campidoglio.
La definizione della prassi della scena prospettica di città trova il suo fertile terreno nell'attività
romana di Peruzzi e fiorentina di Aristotele da Sangallo. Peruzzi fra 1525 e 1536, in una serie di
allestimenti per committenze papali o signorili determina una tipologia a piazza più via, in cui
si giustappongono due piani scenici, uno nel senso della larghezza, che dispone edifici
costruiti in legno praticabili dagli attori nella zona di proscenio, ed uno nel senso della
lunghezza che organizza edifici figurati sulle quinte e sul fondale. Aristotele da Sangallo
realizza a Firenze, fra il 1520 e il 1540, una scena che si sviluppa nel senso della larghezza e
contrappone al simbolismo romano di quella peruzziana, un realismo fiorentino, attento alla
realtà urbana.
Queste esperienze vengono accolte e sintetizzate da Giorgio Vasari fra 1542 e 1565,
dall'esperienza veneziana della Talanta, per una committenza privata a quella fiorentina per
la committenza principesca di palazzo Vecchio. La scenografia si definisce nel senso della
profondità, "una strada lunga fiancheggiata da edifici", in quello del realismo antiquario e
urbanistico, dell'illusionismo ottico-luministico, nell'inquadramento della veduta tramite un
prospetto scenico.
Sul finire del secolo la scenografia trova, sul piano teorico, una codificazione nelle canoniche
tre scene prospettiche (comica, tragica, satirica) che riprendono in senso moderno la
concezione scenica di Vitruvio nel Trattato sopra le scene del II libro dell'Architettura
pubblicato nel 1545 da Sebastiano Serlio; mentre sul piano della pratica costruttiva trovano la
grande realizzazione monumentale permanente in legno della scena del Teatro Olimpico di
Vicenza (1585) abbozzata da Andrea Palladio, autore della cavea del teatro, e realizzata da
Vincenzo Scamozzi dopo la morte del maestro, unendo alla tradizione della scena
monumentale romana (l'inquadramento del proscenio ad arcate) l'esperienza della scena
prospettica di città, con un'accentuazione di piani lunghi sfuggenti a tre fuochi per tre
distinte vie inaquadrate dagli archi.
Teatro Olimpico di Vicenza: le scene lignee
originali di Vincenzo Scamozzi sono visibili oltre la
porta regia del proscenio disegnato da Andrea
Palladio
A Firenze, infine, il culmine della scena manierista e già pre-barocca lo raggiunge un allievo
del Vasari, Bernardo Buontalenti che negli anni novanta progetta grandi scenografie
illusionistiche per il teatro stabile degli Uffizi. La scenografia moderna è nata: dallo
sperimentalismo dei primi decenni del secolo si giunge ad una scena di virtuosismo
prospettico sul piano della profondità, completamente inquadrata in un prospetto con
funzione di cornice e in grado di mostrare visioni sceniche multiple ad ottica variabile,
all'insegna non più della staticità, ma del dinamismo scenico.
La Loggia Cornaro
Tra le espressioni della cultura rinascimentale del teatro è la Loggia Cornaro a Padova,
edificata per volere di Alvise Cornaro ed utilizzata per rappresentazioni teatrali (vi si svolsero le
prime rappresentazioni di alcune opere del commediografo Ruzante). Realizzata
probabilmente in due tempi diversi dal 1524, era annessa all'Odeo Cornaro, che il colto
mecenate aveva voluto come sede di incontri letterari e musicali.
Il progetto è del pittore e architetto Giovanni Maria Falconetto, che si ispirò ad esempi
classici, in particolare a Vitruvio. La Loggia con le sue decorazioni costituisce una novità: è il
primo tentativo di realizzare quel teatro all'antica vagheggiato da Cornaro e teorizzato poi
da Palladio e Scamozzi.
Progetto del teatro di Sabbioneta di Vincenzo
Scamozzi
Il Teatro Olimpico e il teatro di Sabbioneta
Il primo teatro stabile coperto dell'epoca moderna è generalmente considerato il Teatro Olimpico di Vicenza di Andrea Palladio (1508-1580),
l'unico a conservare intatte le scene originali. Il celebre architetto veneto riportò in questa sua ultima opera gli esiti dei propri lunghi studi sulla
struttura del teatro classico, basati sull'interpretazione filologica del trattato De architectura di Vitruvio e sull'indagine diretta dei ruderi dei teatri
romani ancora visibili all'epoca, concentrandosi in particolare nella problematica operazione di ricostruire l'imponente scenafronte del teatro
romano (di cui non erano rimaste testimonianze visibili).
Ingegnosamente ricavato all'interno di preesistenze medievali, il Teatro Olimpico dopo la morte di Palladio fu completato nel 1585 da Vincenzo
Scamozzi (1548-1616), il quale realizzò le notevoli scene lignee a prospettiva accelerata, pensate inizialmente per un'unica rappresentazione
(l'Edipo tiranno sofocleo) ma poi rimaste in loco e giunte miracolosamente intatte ai giorni nostri. Il teatro è tuttora utilizzato per rappresentazioni
classiche e concerti.
Forte di questa esperienza, Vincenzo Scamozzi realizzò pochi anni dopo, tra il 1588 e il 1590, il primo edificio teatrale dell'epoca moderna
appositamente costruito per ospitare un teatro (stabile, coperto e urbanisticamente autonomo, provvisto cioè di un suo esterno): il teatro
all'italiana commissionato dal duca Vespasiano Gonzaga per la piccola città ideale di questi, Sabbioneta in provincia di Mantova. Ad oggi il
teatro di Sabbioneta è perfettamente restaurato ed utilizzato ancora come luogo di spettacolo, nonostante interventi di restauro
novecenteschi poco rispettosi dell'architettura originaria.
Il teatro dell'epoca elisabettiana
Quando nel Cinquecento a Londra sorsero i primi teatri fuori dalla City, essi conservarono molto dell'antica semplicità. Ricavato in origine dai
circhi dell'epoca per le lotte tra orsi o tra cani oppure dagli "inn", locande economiche di provincia, l'edificio teatrale consisteva in una
semplice costruzione in legno strutturale o in pietra, spesso circolare e dotata di un'ampia corte interna chiusa tutt’intorno ma senza tetto. Tale
corte diventò la platea del teatro, mentre i loggioni derivano dalle balconate interne della locanda. Quando la locanda o il circo divennero
teatro, poco o nulla mutò dell'antica costruzione: le rappresentazioni si svolgevano nella corte, alla luce del sole. L'attore elisabettiano recitava
in mezzo, non davanti alla gente: infatti il palcoscenico si "addentrava" in una platea che lo
circondava da tre lati (solo la parte posteriore era riservata agli attori, restando a ridosso
dell'edificio). Come nel Medioevo, il pubblico non era semplice spettatore, ma partecipe del
dramma. Un esempio di teatro dell'epoca elisabettiana è costituito dalla ricostruzione del
Globe Theatre utilizzato dalla compagnia di Shakespeare.
Il "Teatro all'italiana" tra Seicento e Ottocento
Per approfondire, vedi Teatro all'italiana.
Durante il Seicento e il Settecento nascono
i teatri gestiti da privati, cioè il teatro esce
dai Palazzi nobiliari e dalle corti per
diventare il luogo dove si può entrare
mediante il pagamento di bollettini, questa
novità apre la fruizione dello spettacolo ad
un pubblico più vasto spesso, come nel
caso della Commedia dell'Arte, ad un
pubblico popolare.
Il Teatro San Carlo di Napoli, il più antico teatro
d'opera europeo, fra quelli oggi esistenti
Palcoscenico del Globe Theatre di Shakespeare
(ricostruzione)
I teatri pubblici sconvolgeranno anche i percorsi spettacolari delle città al tempo del
barocco, in particolare Venezia dove le famiglie nobiliari si offriranno di gestire questi spazi
nuovi e redditizi, in particolare le famiglie Grimani e Vendramin costituirono una rete di spazi
spettacolari concentrati nell'ansa del Canal Grande che va da Piazza San Marco al Ponte di
Rialto, dove si trovano poco distanti l'uno dall'altro come il Teatro Sant'Angelo, il Teatro San
Giovanni Grisostomo, il San Samuele e il Teatro San Benedetto.
Anche altre città sia italiane che straniere
furono influenzate dalla nascita di questa nuova industria, ad esempio le Confraternite
fiorentine, poi diventate nel corso del XVII secolo Accademie gestivano i nuovi spazi come il
Teatro della Pergola dell'Accademia degli Immobili o il Teatro del Cocomero (oggi Teatro
Niccolini) dell'Accademia degli Infuocati o quello detto di via dell'Acqua gestito
dall'Accademia del Vangelista.
Parigi, nonostante la situazione ancora legata alla concentrazione degli eventi spettacolari
presso la corte, con l'arrivo dei comici italiani adibì degli spazi come l'Hotel de Bourgogne e
quello del Teatro della Pallacorda per queste nuova tipologia di spettatori, non più cortigiani
ma anche borghesi e popolari, anche se il vero centro delle rappresentazioni amate dal
popolo rimanevano i teatri della Foire.
In questo nuovo frangente il teatro continua a modificarsi rendendosi più complesso: le
Il Teatro Massimo di Palermo.
gradinate sono abolite, la sala prende una forma oblunga, con il pavimento a piano
inclinato (platea) e le pareti verticali sulle quali si aprono più ordini di palchi, gli spazi di
servizio aperti (per le varie macchine sceniche) si moltiplicano così come le scenografie si avvicinano al gusto barocco imperante con artisti del
calibro di Ferdinando Galli Bibiena, il figlio Antonio o Giovan Battista Piranesi.
Con il teatro Apollo e Argentina di Roma si afferma il tipo nuovo del teatro italiano, con la
pianta della sala a forma di ellisse troncata perpendicolarmente all'asse maggiore. Sulle
pareti si sviluppano numerosi ordini di palchi che le coprono dal suolo al soffitto piano, per
sfruttare meglio lo spazio ma anche come segno di differenziazione tra le classi sociali.
Tra i più famosi esempi di teatro all'italiana figurano il San Carlo di Napoli (il primo teatro lirico
in Europa, fondato nel 1737[9], patrimonio UNESCO), il Teatro Massimo di Palermo (il più
grande d'Italia e il terzo d'Europa), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro della Pergola di
Firenze (il primo a introdurre la struttura a palchi sovrapposti), il Teatro Regio (1740; distrutto da
un incendio nel 1934) e il Carignano di Torino, il Carlo Felice di Genova (1828; parzialmente
distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e riaperto nel 1991), il La Fenice
di Venezia (1792, bruciato nel 1836 e 1996 e inaugurato "com'era e dov'era" nel novembre
del 2004); ve ne sono numerosissimi altri esempi in tutte le città d'Italia.
Alla fine del Settecento in Francia venne modificato lo schema italiano accorciando la sala,
cambiandone l'altimetria, con l'aggiunta di gallerie in ritiro e della copertura a volta, e dando
uno sviluppo considerevole agli ambienti di rappresentanza, come vestiboli, scale, saloni,
ecc. Tipico esempio è l'Opéra di Parigi (1861), ricostruito in stile neobarocco nel 1875.
Il teatro nell'architettura contemporanea
Gli architetti che nel XX secolo progettano edifici teatrali, cercano di dare una risposta alle
nuove esigenze espresse dai professionisti che vi lavorano. Nasce la consapevolezza che il
teatro non deve essere costruito in
omaggio alle richieste del pubblico, ma in
funzione della sola rappresentazione. Lo
sfarzo della sala all'italiana si riduce in
favore di una visione più razionale e
pragmatica dello spazio teatrale.
Il Teatro alla Scala di Milano.
In molti teatri del Novecento si ha un ritorno alla struttura classica ed elisabettiana con l'abolizione dell'arco scenico, che separa nettamente lo
spazio dell'attore da quello dello spettatore. La medesima tendenza all'unificazione si può riscontrare nel rifiuto di suddividere il pubblico in classi
sociali, come avveniva nella sala all'italiana attraverso l'uso dei palchi e dei diversi ordini di gallerie.
Un altro problema affrontato in questo periodo è la corrispondenza tra i generi teatrali ed il luogo in cui essi vengono rappresentati: in una sala
di prosa non c'è abbastanza spazio per
mettere in scena un melodramma, così
come un dramma in prosa che si svolge in
una sola stanza, può risultare grottesco se
rappresentato nell'enormità di un teatro
lirico. Le crescenti possibilità della
tecnologia hanno permesso di attuare
soluzioni innovative. Già nel 1907
l'architetto Max Littmann realizza al
Grossherzogliches Hoftheater di Weimar il
primo proscenio variabile, grazie al quale
lo spazio della rappresentazione può
essere ingrandito o rimpicciolito a seconda
Il teatro dell'Opera progettato da Alvar Aalto a
delle esigenze drammaturgiche. Nel 1927
Essen
Walter Gropius elabora il progetto per il
La Copenaghen Opera House
mai costruito Totaltheater, un edificio dove
sia la platea sia lo spazio scenico erano
montati su piani mobili per ottenere nello stesso edificio tre disposizioni differenti: arena, sala con arco scenico, e teatro greco. Il concetto della
variabilità della sala è stato ripreso nel 1944 allo Stadteater di Malmö, dove l'ampiezza della sala può essere modificata con delle pareti mobili,
e nel 1963 al teatro di Limoges.
La seconda metà del secolo vede la progettazione, più che di edifici prettamente teatrali, di grandi poli culturali, dove accanto a due sale
teatrali di diversa grandezza, troviamo sale cinematografiche, musei, biblioteche, sale conferenze e ristoranti. È questo il caso dell'Opera House
di Sydney, della Casa della Cultura di Grenoble e del Barbican Arts Centre di Londra.
Teatri antichi
Teatro di Dioniso ad Atene
Odéion di Erode Attico, costruito da Erode Attico sull'Acropoli di Atene nel 161 d.C.
Odéon antique di Lione, costruito sulla collina di Fourvière
Odeon di Domiziano, edificato a Roma da Apollodoro di Damasco nel 106 d.C.
Odéon antique di Vienne
Odeon di Catania
Odeon di Pompei, costruito negli anni 80-75 a.C.
Odeon di Nicopoli d'Epiro, in Grecia
Odeon di Baalbek, in Libano
Teatro romano di Aosta
Note
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8.
9.
^ Polacco, 1990
^ Illustrato in Albini, 1999
Odéion di Erode Attico, Atene
^ Anti, 1947 e Isler, 2001
^ Polluce, ed. Marotti, 1978
^ Polacco, 1990
^ Albini, 1999
^ Isler, 1992
^ Polluce, 1970
^ Lanza S., De Crescenzo G. (2011) Mala unità, Napoli, Spazio Creativo Ed., p. 157, ISBN 978-88-97375-00-5
Bibliografia
Sul teatro greco si vedano:
G. Polluce, Onomasticon, in F. Marotti, Storia documentaria del teatro italiano, Milano, Feltrinelli, 1974.
U. Albini, Nel nome di Dioniso, Milano, Garzanti, 1999.
H.C. Baldry, I Greci a teatro, Bari, Laterza, 1972.
Fabrizio Cruciani, Lo spazio del teatro, Bari, Laterza, 1992
Stefano Mazzoni, Maschera: storie di un oggetto teatrale, in «Dioniso», n.s., 2005, 4, pp. 158-183.
A. PICKARD-CAMBRIDGE, Le feste drammatiche di Atene, seconda ediz. riveduta da J. GOULD e D.M. LEWIS, trad. di A. BLASINA,
aggiunta bibliografica a cura di A. BLASINA e N. NARSI, Scandicci (Firenze), La nuova Italia, 1996.
Luigi Polacco, Il teatro greco come arte della visione, in AA.VV., Il teatro greco nell'età di Pericle, a c. di C. Molinari, Bologna, Il Mulino,
1985, p.136 e sgg.
L. Polacco, Il teatro antico di Siracusa, 1990 e Il teatro di Dyoniso Eleuterio in Atene, Scuola italiana di Atene, Roma 1990
The Pronomos Vase and its Context, a cura di O. TAPLIN e R. WYLES, New York, Oxford University Press, 2010.
In generale su altri aspetti dell'architettura teatrale occidentale:
Fabrizio Cruciani, Lo spazio del teatro, Roma-Bari, Laterza, 1992
Fabio Mariano, Il teatro nelle Marche. Architettura, scenografia e spettacolo, Nardini Editore, Fiesole 1997.
Stefano Mazzoni, Atlante iconografico. Spazi e forme dello spettacolo in occidente dal mondo antico a Wagner, Corazzano (Pisa),
Titivillus, 2003 (quarta ed. 2008).
Allardyce Nicoll, Lo spazio scenico, Roma, Bulzoni, Roma 1971.
Silvana Sinisi, Isabella Innamorati. Storia del teatro. Lo spazio scenico dai greci alle avanguardie, Milano, Mondadori, 2003.
Sull'architettura teatrale del Rinascimento:
AA.VV. La scena del principe, a. c. di Elvira Garbero Zorzi, Firenze, Edizioni medicee, 1980.
Fabrizio Cruciani, Schede iconografiche, in AA. VV., Il teatro del Rinascimento, a c. di Fabrizio Cruciani e Daniele Seragnoli, Bologna, Il
Mulino, 1987.
Stefano Mazzoni, L'Olimpico di Vicenza: un teatro e la sua perpetua memoria, Firenze, Le Lettere, 1998 (seconda ed. 2010).
Stefano Mazzoni-Ovidio Guaita, Il teatro di Sabbioneta, Firenze, Olschki, 1985.
Elena Povoledo, Li due Orfei, Torino, Einaudi, 1981 (1969).
Giangiacomo Scocchera, Il programma e l'apparato in «Teatro e Storia», (1995) (in particolare su Giorgio Vasari e la rappresentazione
della Talanta).
Ludovico Zorzi, Il teatro e la città, Torino, Einaudi, 1977.
Sul teatro italiano del Novecento:
Alessandro Martini, Teatri e teatri d’opera in Italia tra le due guerre mondiali. Modelli, protagonisti, progetti, in L. Mozzoni, S. Santini (a
cura di), Architettura dell’Eclettismo. Il teatro dell’Ottocento e del primo Novecento. Architettura, tecniche teatrali e pubblico, Liguori,
Napoli 2010, pp. 321-379 ISBN 978-88-207-4984-2
Voci correlate
Teatro greco
Teatro elisabettiano
Teatri d'opera
Altri progetti
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Collegamenti esterni
Lo spazio teatrale: dagli allestimenti provvisori agli edifici permanenti. I Teatri Olimpici di Vicenza e Sabbioneta
(http://www.italica.rai.it/rinascimento/saggi/commedia_cinquecento/capitoli/lezion30.html)
La Loggia Cornaro (http://www.ruzante.it/schede.php?node=03/11/29/9174218)
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Categorie: Teatri Tipi di architettura
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