glossario elementare di termini economici

GLOSSARIO ELEMENTARE DI TERMINI ECONOMICI
A LIVELLO INTRODUTTIVO PER GLI STUDENTI DI ECONOMIA APPLICATA
ALL'INGEGNERIA
Parte 2 C
Parte 1
A-B
Parte 3
D–L
Parte 4
M–R
Parte 5
S -Z
Parte 6
Alcuni articoli del Codice civile
e principi contabili
….SUGGERIMENTI PER LA CONSULTAZIONE …..
….CORRELAZIONE TRA GLOSSARIO E PROGRAMMA DEL CORSO …..
….INDICE DEI NOMI …..
C
CALL (OPZIONE DI ACQUISTO)
Diritto di opzione per l’acquisto di un pacchetto di azioni entro1 una certa data ad un prezzo
definito. E’ un vantaggio per chi lo detiene perché è un diritto e non un obbligo e pertanto tale
diritto va in qualche modo pagato. Evidentemente l’esistenza del diritto di una parte comporta un
obbligo per la sua controparte. Clausola frequente nei contratti di collaborazione o più
comunemente di scambio di partecipazioni incrociato: obiettivo della clausola è spesso quello di
consentire che attraverso il diritto di acquisire il pacchetto di controllo di una società, si configuri
in prospettiva chi ne sarà l’azionista di riferimento. Nel gioco di borsa la logica di acquisire una
“call option” corrisponde alla scommessa che entro la data di scadenza il pacchetto in questione
aumenterà il suo valore oltre il prezzo convenuto. E’ un caso particolare del concetto di
OPZIONE e concetto simmetrico a quello di PUT.
CAMBIALE
1
Per la precisione, nel call americano il diritto può essere esercitato in qualunque momento entro
la data prefissata, mentre nel call europeo l’opzione può essere esercitata solo alla data
prefissata.
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1
Titolo di credito all’ordine consistente nell’ordine incondizionato impartito dal sottoscrittore di
pagare una certa somma, a una data scadenza in un dato luogo, a un dato soggetto beneficiario2.
Se l’obbligato dall’ordine è un terzo il titolo si chiama cambiale tratta3 o semplicemente tratta;
assume il nome di pagherò (o nel linguaggio comune semplicemente cambiale se il sottoscrittore
impartisce l’ordine a sé stesso (si tratta cioè di una promessa incondizionata).
CAMPIONAMENTO
(Vedi CONTROLLO DI UN SISTEMA)
CAPACITA’ PRODUTTIVA
La capacità produttiva il volume massimo di produzione teoricamente possibile per un’azienda
(o per un impianto) il volume di produzione) effettivamente realizzato è in genere minore della
capacità produttiva. Con la dizione capacità produttiva effettiva si tiene conto di limitazioni
(disorganizzazione, temporanea indisponibilità o insufficienza di alcuni fattori produttivi e
simili) che riducono la capacità reale rispetto a quella teoricamente possibile
Al concetto di capacità produttiva di un impianto è legato quello di taglia di un impianto: taglia è
utilizzato generalmente come sinonimo; a volte si usa il termine taglia per indicare una fascia di
valori della capacità produttiva piuttosto che un singolo valore puntuale di capacità produttiva.
V. anche PRODUTTIVITA’ RENDIMENTO DI SCALA.
CAPITAL GAIN
La produzione di profitto - con conseguente ripartizione fra i soci in tutto o in parte (dividendo) non è l’unico modo attraverso il quale un’impresa può soddisfare le aspettative dell’azionista.
Un vantaggio economico può derivare all’azionista dalla vendita delle azioni ad un prezzo
superiore a quello da lui sborsato all’atto dell’acquisto; questo può avvenire perché è aumentato
nel frattempo il valore dell’impresa, cioè dalla data dell’acquisto è aumentato il prezzo delle
azioni. Si realizza in tal modo un guadagno sul capitale (capital gain).
Gran parte della “new economy” nell’attuale fase della borsa si basa su aspettative di guadagno
di capitale, piuttosto che su aspettative di lucrosi dividendi che anzi sono spesso piuttosto rari
nella new economy.
CAPITALE CIRCOLANTE
La definizione di capitale circolante è espressamente fornita dal codice civile: il capitale
circolante è composto da:
I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti:
2
Il titolo è trasferibile quindi il beneficiario può indicare un altro beneficiario in sua vece.
3
La tratta assume piena validità giuridica solo con l’accettazione da parte della persona che deve
effettuare detto pagamento
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2
Totale.
II - Crediti, con separata indicazione per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio
successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
5) verso altri.
Totale.
III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo;
6) altri titoli.
Totale.
IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
Totale.
Totale attivo circolante (C).
Capitale circolante netto
CAPITALE DI DEBITO (o CAPITALE DI TERZI)
Il capitale di debito è costituto dalle risorse provenienti da prestiti ricevuti da terzi sotto varia
forma4. La definizione è in contrapposizione con quella di capitale di rischio che è messo a
disposizione da parte dei soci e sostanzia l’impresa, seguendone i destini..
Chi presta il denaro non diventa in alcun modo partecipe dei destini dell’azienda e comunque
vada l’azienda stessa riceve, alla scadenza, quanto convenuto. Per completezza va citato il caso
limite di un’azienda che vada talmente male da fallire: in questo caso il creditore rischia di non
riavere il proprio denaro indietro o di averne solo una parte; ma questo è lo stesso destino che in
caso di fallimento hanno tutti i creditori (fornitori non pagati, dipendenti non integralmente
remunerati ecc.)
La somma del capitale di debito e del capitale di rischio costituisce le risorse di cui dispone
l’impresa.
CAPITALE DI RISCHIO
Capitale di rischio è una denominazione alternativa del capitale proprio e pertanto è costituto
dalle somme messe a disposizione da parte dei soci sotto varia forma (capitale sociale, riserve,
utili indivisi) che sostanziano l’impresa e ne seguono i destini. La definizione è in
contrapposizione con quella di capitale di debito costituto dalle risorse provenienti da prestiti
4
I prestiti ricevuti fanno parte dei debiti della società e si distinguono in prestiti a breve termine e prestiti a breve lungo
termine.
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ricevuti da terzi. Il capitale di rischio si chiama così perché, se l’impresa perde, il capitale di
rischio viene corrispondentemente a ridursi per compensare le perdite. Se il capitale di rischio
scende al disotto di un certo livello l’impresa deve chiudere le proprie attività.
Dal punto di vista bilancistico il capitale di rischio coincide con il patrimonio netto.
La somma del capitale di debito e del capitale di rischio costituisce le risorse di cui dispone
l’impresa.
CAPITALE FISSO
Insieme dei beni d’investimento detenuti da un’azienda: comprende gli impianti le attrezzature e
i fabbricati. E’ sostanzialmente sinonimo di immobilizzazioni tecniche.
La crescita del capitale fisso in un dato periodo è l’effetto degli investimenti effettuati in quel
periodo.
CAPITALE INVESTITO
Il capitale investito indica le risorse proprie e di terzi investite nell’azienda, più precisamente
investite nella gestione caratteristica; il suo valore è prossimo, ma non coincidente con quello del
totale dello stato patrimoniale che indica tutte le risorse disponibili nell’azienda: la differenza è
data dalle risorse dedicate alla gestione extra caratteristica, principalmente le immobilizzazioni
finanziarie
Il capitale investito interviene nel calcolo del ROI..
CAPITALE PROPRIO
Il capitale proprio indica le risorse proprie di cui dispone l’azienda ovvero le somme messe a
disposizione da parte dei soci sotto varia forma (capitale sociale, riserve, utili indivisi) che
sostanziano l’impresa e ne seguono i destini; si tratta .quindi delle risorse totali sottratte le risorse
di terzi (dette anche messi di terzi). Pertanto il concetto di capitale proprio coincide con quello di
patrimonio netto. Il capitale proprio fa parte delle cosiddette passività fisse, in contrapposizione
alle passività correnti.
Il capitale proprio è denominato anche capitale di rischio per sottolineare la circostanza che se
l’impresa perde, il capitale di rischio viene corrispondentemente a ridursi per compensare le
perdite.
Il valore del capitale proprio interviene nel calcolo del ROE.
CAPITALE UMANO
E’ sinonimo di risorse umane.
CAPITALE SOCIALE
E’ una voce della sezione denominata patrimonio netto dello Stato patrimoniale nella colonna
delle passività (fonti); sta ad indicare il capitale sottoscritto dai soci o dal singolo imprenditore in
sede di costituzione dell’impresa o di aumento di capitale.
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Fa parte per definizione del capitale di rischio di cui è l’elemento fondante e quindi se la società
va male i soci lo perdono perché è utilizzato per compensare le perdite.
Non va confuso con il patrimonio netto dell’azienda poiché ne costituisce solo un elemento
parziale…..
COMPLETARE
CAPITALISMO
Sistema economico caratterizzato da:
- prevalenza della proprietà privata dei mezzi di produzione (fattori produttivi)
- sovranità del consumatore (che può quindi scegliere tra i prodotti offerti dai produttori)
- decisioni economiche decentrate, in altre parole rapporti economici definiti tra singoli
soggetti in libere contrattazioni
- forte presenza del lavoro dipendente
- forte presenza del settore industriale o comunque di imprese che operano con investimenti
rilevanti in impianti per la produzione
- profitto come motivazione dell’attività economica e individuazione dell’imprenditorialità e
della valorizzazione delle risorse (capitale finanziario, ma anche capitale tecnico) come
strumenti per conseguirlo.
Spesso si usa come sinonimo del termine capitalismo l’espressione economia di mercato che
più puntualmente si riferisce all’iniziativa privata e in particolare alla libertà dei consumatori di
esprimere le loro domande sul mercato e alla libertà dei produttori di soddisfarle (quindi ai
primi tre punti della lista precedente)
In contrapposizione a economia di mercato si pone l’economia di stato basata su:
- proprietà collettiva dei mezzi di produzione;
- programmazione centralizzata della dinamica della produzione in coerenza con previsioni
centralizzate (o addirittura con scelte di natura politica) della dinamica dei consumi;
- forte presenza del lavoro dipendente, ma con prevalenza del rapporto di dipendenza
pubblica;
- delegittimazione se non addirittura deprecazione del profitto come motore dell’attività
economica.
Storicamente si sono verificati anche casi di economie cosiddette miste e comunque anche nel
sistema capitalistico (escluse le situazioni denominate di capitalismo selvaggio) sono molto
importanti gli interventi dello stato nell’economia5.
CAPITALIZZAZIONE
Questo termine ha una pluralità di significati che sono riconducibili a tre concetti base:
Valore di titoli azionari emessi da una società quotata in borsa
Capitalizzazione di borsa
Valore che si ottiene sommando la capitalizzazione di tutti i titoli quotati.
5
Intervento dello stato o più in generale intervento pubblico (v. DECENTRAMENTO).
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5
Capitalizzazione di un titolo quotato
Valore che si ottiene moltiplicando il prezzo di mercato di un titolo per il numero di titoli emessi.
Capitalizzazione ordinaria
Valore che si ottiene sommando la capitalizzazione di tutte le azioni ordinarie quotate.
Capitalizzazione nel bilancio
Registrazione di una spesa come investimento che dà luogo quindi ad immobilizzazione tecnica
ed è soggetta ad ammortamento.
Se una data spesa si registra come semplice costo di produzione, l’intero ammontare va tra le
perdite del conto economico di quell’esercizio e nulla si manifesta nel patrimonio. Se invece la
stessa spesa è registrata come investimento, figura tra i costi dell’esercizio solo un valore ben più
basso corrispondente all’ammortamento relativo (tipicamente valore della spesa / il numero di
anni durante i quali si pensa di poter sfruttare l’investimento) con conseguente aumento
dell’utile; non solo, si ha anche il beneficio di un incremento del patrimonio.
La ratio della capitalizzazione è che l’investimento deve protrarre i suoi effetti per un lasso di
tempo pluriennale; questa circostanza concettualmente semplice va verificata con cautela caso
per caso: nel caso di potenziali immobilizzazioni tecniche materiali quali un fabbricato le
incertezze sono esigue, ma un’apparecchiatura informatica potrebbe invece essere soggetta a
rapida obsolescenza tecnica e non essere più proficuamente utilizzabile dopo in pur breve lasso
di tempo; per potenziali immobilizzazioni tecniche immateriali, quali la ricerca o la pubblicità la
stima della prevedibile durata neo tempo degli effetti benefici attesi è soggetta a notevole
aleatorieta. Conseguentemente la legge regolamenta con chiarezza le condizioni da verificare
perché una spesa possa essere considerata un investimento da registrare come immobilizzazione
a patrimonio (cioè patrimonializzata e quindi posta tra le risorse reali ossia ricompresa nel
capitale reale, donde il termine capitalizzazione).
Capitalizzazione in matematica finanziaria
CARTELLO
Accordo sui prezzi e sulle quantità vendute fra più imprese operanti sullo stesso mercato,
tendente a controllare l’incontro domanda offerta in modo favorevole all’offerta utilizzando alo
scopo la legge della domanda e dell’offerta; in sostanza è una violazione della libera
concorrenza: le legislazioni di molti paesi tendono a combattere questo tipo di comportamento
proibendolo e affidando ad autorità cosiddette antitrust il controllo e la sanzione in merito..
Il cartello rientra nella configurazione di mercato denominata oligopolio.
Tipico esempio l’OPEC. (Oil Producing and Exporting Countries): i paesi produttori,
concordando il totale della produzione (e soprattutto la ripartizione in quote fra i paesi aderenti)
riescono a determinare sul mercato situazioni di scarsità del petrolio che fanno lievitare i prezzi.
CASSA
Principio contabile contrapposto al principio di competenza. Le entrate e le uscite sono riferite
alla data nella quale avvengono effettivamente.
CAVALIERE BIANCO
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Espressione usata in gergo borsistico per indicare il soggetto che viene in soccorso di un’azienda
oggetto di un tentativo di acquisizione aggressiva.
CEO Chief Executive Officer
Nell’organizzazione di vertice di un’azienda il CEO è il vertice operativo di una società: a
seconda dei casi corrisponde al nostro Direttore Generale o al nostro Amministratore Delegato.
CESSIONE DI AZIENDA O DI RAMO D’AZIENDA
In alcuni casi l’imprenditore invece di vendere l’intera azienda preferisce venderne solo una
parte. A questo scopo deve prima procedere ad un’operazione di scorporo.
OPV
Operazione inversa alla cessione di un ramo d’azienda è l’acquisizione di un’intera azienda o di
una sua parte.
COMPLETARE
CIRCOLAZIONE MONETARIA
La banca centrale emette la moneta in forma di biglietti concedendo crediti al Tesoro e alle
banche ordinarie. I biglietti entrano in circolazione per esempio quando il Tesoro effettua
pagamenti; una parte di detti biglietti viene depositata presso le banche. A loro volta le banche,
concedendo credito e acquistando titoli, immettono di nuovo in circolazione una parte dei
biglietti ricevuti che possono ritornare in parte presso le banche che se ne avvalgono per nuovi
prestiti. Si stabilisce in tal modo la circolazione monetaria.
Ogni unità monetaria può servire, nel corso di un anno, più volte; la moneta ha quindi una
velocità di circolazione superiore a uno e conseguentemente il suo ammontare è inferiore al
valore complessivo degli scambi.
COBB DOUGLAS (funzione di)
E’ una particolare espressione (tipo potenza) della funzione di produzione
L = x α1 . x α2 . . . . x αn
1
2
n
dove L è il livello di produzione e x1 , x2 ,…, xn sono le quantità utilizzate dei diversi fattori
produttivi.
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7
z
L’asimmetria della superficie deriva dalla differenza fra i valori dei due esponenti.
cobb.wp3
CLICCARE sull’icona per modificare la funzione
Perché il prodotto marginale dei fattori δ L / δ xi = αi . x1α1 - 1 . x2α2 . xnαn diminuisca con
la loro utilizzazione deve essere negativa la sua derivata che è proporzionale ad αi – 1;
conseguentemente deve essere αi < 1. Notare che
α1 + α2 + . . . + αn < 1 implica
rendimenti di scala decrescenti, mentre α1 + α2 + . . . + αn 1 > 1 implica rendimenti di scala
crescenti.
Nel caso di due soli fattori la funzione di Cobb Douglas assume la forma L = x α1 . y α2 .
I corrispondenti isoquanti sono: y = L 1 / α2 . x −α1 / α2 . Se α1 = α2 l’isoquanto è una
semplice iperbole equilatera.
La determinazione del punto di ottimo della produzione è semplice nel caso di funzione di
produzione del tipo Cobb-Douglas. Le tre equazioni sono (indicando con R la disponibilità per
6
l’acquisto dei fattori e con α = px / py il rapporto tra i prezzi dei due fattori) )
:
y = L 1 / α2 . x −α1 / α2
y = R / py − α . x
(1)
(2)
6
Non confondere α = px / py (rapporto trai prezzi dei due fattori) con α1 e α2 che sono gli
esponenti della funzione di Cobb-Douglas.
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8
-α1 / α2 . L 1 / α2 . x − α1 / α2 − 1 = - α ovvero α1 / α2 . y / x = - α
dalla
(3)
(3) si ricava:
x = (α α2 / α1) −α2 / (α1 + α2 ) L1 / (α1 + α2 ) (4)
inserendo la (3) nella (1) si ottiene:
y = (α α / α ) α1 / (α1 + α2 ) L1 / (α1 + α2 )
2
1
(5)
sostituendo la (4) e la (5) nella (2) risulta:
R = py (α (α α2 / α1) −α2 / (α1 + α2 ) + α α2 / α1 ) α1 / (α1 + α2 ) ) L 1 / (α1 + α2 ) (6)
Anche la individuazione dell’eutopica risulta particolarmente agevole nel caso di funzione di
produzione del tipo Cobb-Douglas, in quanto basta confrontare la (4) con la (5) per ricavare
y = (α2 px ) / (α1 py ) x .
Allo stesso risultato si arriva partendo dall’equazione
∂ L / ∂ x : px = ∂ L / ∂ y : py che ha per soluzione una retta; infatti
α . x α1 − 1 y α2 : p = α . y α2 − 1 x α1 : p ovvero
1
x
2
α1 / x . L : px = α2 / y . L : py
y
da cui y = (α2 px ) / (α1 py ) x
L’eutopica come sopra espressa è nel piano x , y , mentre la R = R (L) è data dalla equazione (6)
di cui sopra. La circostanza che x e y vadano entrambi come L1 / (α1 + α2 ) spiega l’andamento
lineare dell’eutopica nel piano x , y .
COEFFICIENTI TECNICI DI PRODUZIONE
I coefficienti tecnici di produzione ucd indicano la quantità del fattore d necessaria per produrre
un’unità del bene c . Tali fattori sono ovviamente un’indicazione della tecnologia del sistema
economico e sono legati alla funzione di produzione7 che se è ipotizzata dipendere linearmente
dalle quantità di ciascuno dei fattori stessi dà luogo a coefficienti di produzione costanti. Il
valore dei coefficienti tecnici di produzione è l’inverso del prodotto marginale dei fattori 8 che
invece esprime la quantità del bene c prodotta impiegando un’unità del fattore d.
Altre grandezze che esprimono il rendimento di scala sono il fattore di scala e l’effetto scala
COMMESSA
Nell’ambito dell’organizzazione della produzione 9 si definisce commessa un ordine di fornitura
impartito da un cliente che non intenda approvvigionarsi di un prodotto a catalogo, ma preferisca
dare proprie specifiche ed avvalersi di una produzione ad hoc. Corrispondentemente si dice che
l’impresa lavora per commessa, in contrapposizione con una produzione per il magazzino (si
intende per i prodotti standard inseriti nel catalogo).
7
E quindi dagli isoquanti che si ottengono dalla funzione di produzione.
8
Assumendo costante in un dato intervallo il valore dei prodotti marginali dei fattori si può,
ovviamente, esprimere il livello di produzione come funzione lineare della quantità di fattore
impiegato.
9
Come si vede dalla figura, in realtà il concetto di lavorazione per commessa coinvolge non solo
la produzione, ma anche il rapporto con il mercato e più specificamente il marketing.
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9
Si usa anche l’espressione customerizzazione (adattamento al cliente, cioè al customer) per
indicare che il prodotto è “personalizzato” per le esigenze di un singolo cliente.
E’ evidente che nel caso limite di un catalogo “ideale” con variabilità infinita (con gamma
infinita) cade una delle distinzioni concettuali fra lavorazione per magazzino e lavorazione per
commessa nel senso che il prodotto commissionato non è realizzato apposta quanto a specifiche
(quella tipologia speciale è inserita nel catalogo “ideale”), ma rimane la differenza che la
produzione scatta solo quando c’è il cliente definito e l’ordine firmato.
Nelle produzioni per commessa l’acquisizione di un nuovo ordine deve essere valutata
verificando la possibilità effettuare le consegne nei tempi richiesti dai clienti, tenuto conto del
carico di lavoro dei reparti impegnati nella realizzazione delle commesse già in realizzazione.
In tali produzioni le specifiche tecniche e di fabbricazione (disegni esecutivi, cicli di lavorazione
ecc.) sono definite da parte del committente, al momento della richiesta d’offerta. Lo schema
risultante è quello illustrato nella figura seguente dove sono evidenziate in un quadro di rapporti
iterativi con il cliente, sia la fase di verifica della fattibilità (in termini di risorse disponibili e
tempi della commessa), sia la fase di acquisizione e programmazione operativa della commessa.
Nel caso di produzione per commessa, ai fini delle valutazioni su costi e ricavi è utile introdurre i
concetti di margine di contribuzione e di mark up.
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Cliente
1
8
richiesta
di offerta
offerta
ordine
7
2
9
Reparto vendite
6
3
10
richiesta di offerta
4
conferma d’ordine
11
Ufficio tecnico
progettazione
Programmazione
12
5
verifica disponibilità
e carichi di lavoro
Servizio
Acquisti
commesse di
lavorazione
Servizio
Fabbricazione
L’ufficio tecnico progettazione pur non avendo la responsabilità delle specifiche appare nello
schema perché inevitabilmente deve intervenire come “consulente” per una serie di verifiche la
cui responsabilità è del Servizio fabbricazione.
COMMODITY
Merce che ha caratteristiche standardizzate per cui un fornitore vale l’altro ed è sempre
disponibile (salvo condizioni particolari). Esempio di commodity sono le derrate alimentari, o il
cemento, o il petrolio (è evidente che possono evidenziarsi classi di qualità per esempio nel caso
del petrolio in base alla sua leggerezza e alla presenza o meno di metalli pesanti ecc.). I
componenti elettronici (resistenze, transistor, ma anche memorie e processori di uso
generalizzato sono da ritenere commodity). Ma si possono anche realizzare esemplari o piccole
serie con caratteristiche personalizzate ad un singolo cliente (o ad una singola classe di
applicazione); allora si parla di customerizzazione del prodotto e viene a cadere il concetto di
commodity.
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COMPETENZA
Principio contabile contrapposto al principio di cassa. In base al principio di competenza, che
deve essere applicato nella redazione del bilancio di esercizio, le entrate e le uscite (costi e
ricavi) vengono iscritti quando la transazione economica corrispondente è eseguita (si realizza il
contenuto del contratto) e non quando i pagamenti relativi sono avvenuti. In sostanza: i ricavi si
registrano quando si consegna il bene (o si conclude la prestazione) oggetto del contratto e non
quando viene saldata la fattura attiva emessa dall’impresa; i costi si registrano quando si riceve la
fattura da saldare, cioè emessa a carico dell’impresa. Per tener conto nella registrazione contabile
della differenza di tempo tra completamento della prestazione ed effettuazione del pagamento
(differenza che si usa denominare disallineamento cassa competenza) si introducono due
concetti: ratei e risconti; ciascuno di questi può essere attivo o passivo.
Il termine competenza ha altri due significati di rilievo nel sistema gestionale d’impresa:
- competenza come sinonimo di conoscenza, di sapere, di know-how, per esempio
nell’espressione “le competenze di un gruppo di ricerca”;
- competenza come sinonimo di funzione, di attribuzione, di compito in un’organizzazione ,
per esempio nell’espressione “le competenze dell’ufficio acquisti”.
COMPETITIVITA’
Capacità (o possibilità) per un’impresa di stare sul mercato con successo, vale a dire generando
profitto e più in generale valore per gli azionisti e, eventualmente, sviluppandosi.
I fattori di competitività:
- fattori interni all’azienda (qualità del prodotto e/o del servizio, tecnologia organizzazione
delle varie fasi della produzione e della distribuzione, comprensione del mercati e della loro
evoluzione, innovatività ….)
- fattori esterni(funzionalità del sistema autorizzativo e più in generale amministrativo,
qualità e ricchezza dei servizi – trasporti e telecomunicazioni, ambientali, bancari e
creditizi, formazione, ricerca scientifica, prestazioni ad alta tecnologia, disponibilità di
personale qualificato …), ma anche tassi di cambio della valuta locale rispetto alle monete
di acquisto delle materie prime e alle monete dei mercati di vendita dei prodotti.
Il peso dei fattori esterni diventa così rilevante che si deve parlare non più di competitività di
singole aziende, ma di competitività di distretti industriali o di un certo sistema industriale o
addirittura del sistema paese.
In Italia il peso dei fattori esterni è elevato anche perché è prevalente la dimensione di piccola e
media impresa: la piccola e media impresa non può essere autosufficiente per molte delle
funzioni che invece le grandi imprese riescono a realizzare al proprio interno (scegliendo
l’alternativa make del make or buy).
COMPONENTE DI UN SISTEMA
Parte di un sistema dato. In una gerarchia di sistemi, se il componente ha una qualche
struttura/complessità, lo si può interpretare anche come un sottosistema del sistema dato (la
pompa è un componente del sistema di refrigerazione del nocciolo della centrale nucleare).
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COMUNISMO
v. SOCIALISMO
CONCORRENZA
Presenza sul mercato di più produttori che si confrontano per perseguire il loro obiettivo di
massimizzare il rispettivo profitto.
In termini generici concorrenza è sinonimo di competizione tra produttori che vendono lo stesso
prodotto o prodotti simili e può essere relativa al prezzo oppure riguardare elementi qualitativi del
prodotto ovvero aspetti accessori quali: tempi di pagamento, tempi e modalità di consegna,
condizioni di assistenza ecc. . Nell’uso comune si chiama concorrenza non solo la situazione, ma
anche le imprese con le quali ci si confronta.
Sul mercato si distinguono, con riferimento al rapporto tra produttori, ma anche tra produttori e
consumatori, varie configurazioni nelle quali la concorrenza è più o meno pronunciata (dalla libera
concorrenza10, configurazione nella quale la concorrenza è massima, al monopolio, configurazione
nella quale la concorrenza non esiste affatto).
CONCORRENZA PERFETTA O LIBERA CONCORRENZA
V. MERCLATO CONCORRENZA PERFETTA
CONCORRENZA IMPERFETTA
V. OLIGOPOLIO MONOPOLIO
CONSUMATORE
Operatore economico che acquista beni di consumo. (Si sottolinea l’acquisto per indicare che il
consumo effettivo può anche essere posticipato o addirittura, in caso di rivendita, non aver
luogo; quello che interessa per il mercato è che il bene cambia di proprietario e per questo è
corretto definire consumatore chi acquista). Al consumatore sono rivolti studi di marketing per
comprenderne le motivazioni e/o azioni pubblicitarie indirizzate influenzarne le scelte.
Si vanno affermando associazioni di consumatori con l’obiettivo di tutelate la categoria (diritti
dei consumatori) nei confronti dei produttori, soprattutto per quanto riguarda la qualità dei
prodotti e le condizioni di vendita – in primo luogo il prezzo, ma non solo.
Per un’analisi del comportamento del consumatore vedi CONSUMATORE RAZIONALE.
V. DOMANDA DEL CONSUMATORE SURPLUS DEL CONSUMATORE
CONSUMATORE RAZIONALE
Dati i gusti (le preferenze) del consumatore, si assume che il consumatore sia razionale nel senso
che tenta sempre di massimizzare la propria utilità. Per un consumatore non sempre è facile
raggiungere questo obiettivo per limiti oggettivi, quali la mancanza di informazioni o errori di
valutazione.
Per raggiungere il suo scopo di massimizzare l’utilità il consumatore deve tenere conto di due
elementi diversi dai suoi gusti: il reddito monetario di cui dispone e il prezzo di ciascun bene per
10
Detta anche concorrenza perfetta.
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lui rilevante. Tanto più alto è un prezzo, tanto minore è la quantità di un bene che è possibile
acquistare a parità di reddito monetario disponibile.
Si definisce comportamento di equilibrio del consumatore le azioni che il consumatore adotterà
stabilmente nel tempo se non si verificano cambiamenti nei gusti, nel reddito e nel prezzo dei
beni: il comportamento effettivo se il consumatore tende a massimizzare la propria utilità è da
attendersi che sia simile a quello di equilibrio. Il comportamento all’equilibrio corrisponde a un
mix di beni (paniere) denominato paniere d’equilibrio del mercato.
CONSUMO
CONSUMO INDIVIDUALE
Attività economica consistente nell’acquisto di beni di consumo cioè destinati al consumo finale,
sia esso immediato o differito, e in tal senso beni finali. (Si sottolinea l’acquisto anziché per
indicare che il consumo effettivo può anche essere posticipato o addirittura, in caso di rivendita,
non aver luogo; quello che interessa per il mercato è che il bene cambia di proprietario e per
questo è corretto definire consumatore chi acquista).
V. CONSUMATORE CONSUMATORE RAZIONALE CURVA REDDITO CONSUMO
DOMANDA DEL CONSUMATORE SURPLUS DEL CONSUMATORE
CURVA DI ENGEL
CONSUMO TOTALE
Il consumo totale di un sistema economico è la somma dei consumi individuali dei soggetti
economici che lo compongono.
DIPENDENZA DEL CONSUMO DAL REDDITO
La curva di Engel ricavata dalle curve di indifferenza attraverso la curva reddito consumo ci
consente di esprime il legame tra reddito e consumo, assumendo il consumo come variabile
indipendente. Consideriamo qui la funzione inversa che, assumendo il reddito come variabile
indipendente, esprime il livello di consumo massimo compatibile con l’entità di reddito
monetario disponibile al consumatore.
Esprimendo il consumo non più in quantità, ma in valore monetario (cioè moltiplicando per il
prezzo la quantità dei beni consumati) vale la relazione: I = S + C
(1)
cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I .
Si indica con propensione marginale al consumo la derivata del consumo rispetto al reddito
dx / dI mentre la propensione media al consumo è semplicemente il rapporto x/I tra il valore del
consumo e il valore del reddito.
Dalla (1) si deduce che:
- la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è
uguale all’unità;
- la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al
consumo è uguale all’unità.
Cominciamo con l’osservare che scambiando gli assi la curvatura diventa opposta: nel nuovo
piano la curva A ha derivata seconda positiva (è concava), mentre la curva B ha ora derivata
seconda negativa (è convessa). In altri termini la curva A ha un tasso di crescita crescente,
mentre la curva B ha un tasso di crescita decrescente.
16/05/2008
14
consumo
Consumo vs reddito
200
curva A
150
curva B
100
50
reddito monetario
0
0
50
100
150
200
250
300
350
400
Per il bene il cui andamento è rappresentato dalla curva B a successivi uguali aumenti del reddito
corrispondono aumenti via via decrescenti del consumo.
Un andamento di crescita rapida corrisponde a beni il cui consumo non è molto sensibile a
variazioni di reddito. Per esempio nel primo tratto della curva B si potrebbe rappresentare il caso
del cibo per una persona che ha reddito insufficiente. Nel secondo tratto della curva A si
potrebbe rappresentare il caso del vestiario, bisogno che si sviluppa se è già soddisfatto quello
primario del cibo.
Un andamento di crescita lenta corrisponde a beni il cui consumo non è molto sensibile a
variazioni di reddito. Per esempio nel secondo tratto della curva B ormai il bisogno di cibo è
soddisfatto e incrementi di reddito non aumentano il consumo. Analogamente nel primo tratto
della curva A, soddisfatto il bisogno minimale di vestiti, se si ha una qualche disponibilità
aggiuntiva non la si destina al vestiario, almeno che non si superi una certa soglia, al di là della
quale un incremento nella disponibilità di vestiario diventa interessante.
Oltre al livello di reddito influenzano il consumo le seguenti variabili:
- il tasso d’interesse: i consumi aumentano quanto più basso è il tasso di interesse perché
sono favoriti i prestiti delle banche e le vendite a rate (si ricordi la definizione di reddito
monetario del consumatore); un basso tasso d’interesse rende anche relativamente meno
appetibile il risparmio che è l’alternativa al consumo;
- le caratteristiche socio-economiche delle famiglie (composizione demografica, stato
psicofisico dei componenti, livello culturale, …);
-
le aspettative del consumatore: cioè che il consumatore desidera (i suoi gusti), ma anche la
loro proiezione nel futuro e più in generale le previsioni sul futuro.
Consumo vs reddito
i = i3
200
i = i2
i = i1
consumo .
150
100
50
reddito monetario
0
0
16/05/2008
50
100
150
200
250
300
350
400
15
Possiamo assumere i1 <i2 < i3
Le considerazioni fin qui esposte sono applicabili sia ai singoli consumatori (microeconomia) sia
al consumo totale (macroeconomia)
CONTABILITA’
Si definisce contabilità un processo integrato di rilevazione (e registrazione) quantitativa e
sistematica dei fatti aziendali in base a determinati principi contabili (criteri e logiche) e
procedure contabili (chi fa cosa come dove e quando).
Si usa distinguere tra la contabilità generale, che dà il quadro complessivo dei rapporti tra
azienda e ambiente esterno, e la contabilità analitica, che descrive ogni singola operazione.
Si noti che non è la contabilità a fornire il valore dell’azienda: la contabilità registra quello che
succede.
Un concetto più generale (e più moderno) che non quello legato al termine contabilità è quello di
informazioni contabili.
CONTABILITA’ ANALITICA
Descrizione di ogni singola operazione di contabilità relative a fenomeni specifici: contabilità
degli acquisti, delle vendite, del personale ecc. Una generalizzazione del concetto di contabilità
analitica è quello di informazioni operative (v. INFORMAZIONI CONTABILI). Si noti che è la
contabilità analitica ad alimentare la contabilità generale.
CONTABILITA’ GENERALE
Descrizione e analisi dei rapporti di scambio tra azienda e ambiente esterno, formalizzati nelle
strutture contabili; la contabilità generale ha come scopo la determinazione del reddito di breve
periodo e del capitale di funzionamento di un’azienda. Entro questi limiti la contabilità è
connessa al bilancio (in altre parole la contabilità non necessariamente riflette il patrimonio nel
suo complesso)
CONTO ECONOMICO
3.3
Premessa
Schema, facente parte dei documenti di bilancio, nel quale sono rappresentati i costi sostenuti
(passività) e i ricavi ottenuti (attività) dall’impresa in un determinato arco temporale. Si dice
pertanto che, a differenza dello stato patrimoniale, il bilancio dà una rappresentazione di periodo.
Per differenza tra ricavi e costi risultano i profitti (se positivi) o le perdite (se negative).
La formulazione tradizionale del conto economico è articolata in due colonne delle quali la prima
elenca le perdite (costi sostenuti o passività) e la seconda i profitti (ricavi ottenuti, attività).
Tra le principali voci di costo:
− materiali (materie prime e semilavorati da utilizzare per la produzione, quindi incluse le
giacenze in ingresso; prodotti finiti realizzati nell’esercizio precedente e non venduti,
quindi comprese le giacenze in uscita)
− disponibilità iniziali
− acquisti
− lavoro e servizi acquistati
− retribuzioni immediate (salari e stipendi)
16/05/2008
16
−
−
−
−
−
− accantonamenti al personale (retribuzioni differite, per esempio il TFR, trattamento di
fine rapporto)
− lavorazioni esterne e servizi in genere (non è detto che tutte le attività necessarie
all’azienda debbano essere svolte da dipendenti dell’azienda stessa: tipico esempio le
pulizie e la vigilanza);la tendenza è a favorire lo svolgimento di attività all’esterno
dell’azienda attraverso contratti di servizio (outsourcing)
imposte (oneri fiscali)
− acconti (durante l’anno si debbono versare anticipi delle imposte dovute)
− saldi
oneri finanziari (importi dovuti a chi presta il danaro all’azienda)
ammortamenti (importi convenzionali per tenere conto del degrado del valore delle
attrezzature utilizzate)
accantonamenti per rischi (serve a compensare l’incertezza su voci la cui consistenza
potrebbe essere inferiore a quella nominale inserita tra le attività)
− svalutazione magazzino (non è detto che i beni immagazzinati mantengano nel tempo
il loro valore originario)
− svalutazione crediti (non è detto che sia possibile riscuotere effettivamente tutti i
crediti)
manutenzioni
Tra le principali voci di entrata:
− ricavi da vendite (la più significativa voce di un’azienda sana)
− proventi finanziari (rendimento ottenuto dalle somme di proprietà dell’azienda, investite
durante i periodi di non immediata necessità di impiego; è voce simmetrica degli oneri
finanziari)
− affitti attivi (cioè beni che l’azienda dà in affitto percependo un canone)
− rimanenze finali (rientra nel concetto di giacenze; è voce simmetrica delle rimanenze
iniziali; la ritroveremo nella colonna passività dell’esercizio successivo)
Un esempio dettagliato, tratto dal Bellandi, è espresso nel seguente foglio di lavoro EXCEL (se
ne trova copia nella sezione TOOLS) che può essere modificata per esercitazioni.
16/05/2008
17
Schema tradizionale perdite profitti
Conto economico relativo al periodo 1.1.199X - 31.12.199X
Perdite
ESISTENZE INIZIALI
- Materie prime e sussidiarie
- Semilavorati e prodotti finiti
Profitti
1.730
720
1.010
ACQUISTI
RICAVI DI VENDITE
- Vendite prodotti
- Vendite complementari
- Vendite servizi
12.050
11.170
500
380
3.250
PROVENTI FINANZIARI
PRESTAZIONI DI LAVORO
- Salari
- Stipendi
4.200
3.040
1.160
PRESTAZIONI DI SERVIZI
- Lavorazioni esterne
- Provvigioni e trasporti
- Altre
ALTRE SPESE OPERATIVE
- Altre industriali
- Generali
AFFITTI ATTIVI
1.670
960
590
120
ONERI FINANZIARI
370
ACCANTONAMENTI AL PERSONALE
- TFR salariati
100
- TFR impiegati e drigenti
60
160
ACCANTONAMENTI A RISCHI
- Svalutazione magazzino
- Svalutazione crediti
760
1.180
320
60
25
35
ACCANTONAMENTO SALDO IMPOSTE
AMMORTAMENTI
- Quote ammortamenti tecnici
- Quote ammortamenti general
ABBUONI PASSIVI
MANUTENZIONI IMMOBILI (affittati)
16/05/2008
2.260
310
1.150
270
UTILE NETTO DI ESERCIZIO
RIMANENZE FINALI
- Materie prime e sussidiarie
- Semilavorati e prodotti finiti
- Costruzioni interne
150
1.460
ACCONTI D'IMPOSTA
TOTALE PERDITE
40
90
670
580
90
120
30
14.080
TOTALE PROFITTI
14.500
420
18
Anche sul conto economico, come sullo stato patrimoniale agisce l’operazione di
riclassificazione.
Il conto economico riclassificato perde la forma delle due colonne contrapposte, donde il nome
di forma scalare.
Il risultato è esposto nella tabella seguente (stessa fonte).
16/05/2008
19
Conto economico riclassificato in forma scalare
Conto economico relativo al periodo 1.1.199X - 31.12.199X (riclassificato in forma scalare)
RICAVI LORDI
- Vendite prodotti
- Vendite complementari
- Vendite servizi
12.050
11.170
500
380
ABBUONI (*)
-120
RICAVI NETTI
11.930
COSTO VARIABILE DI PRODUZIONE E VENDITA
- Provvigioni e trasporti
- Consumo materiali
7.760
590
3.210
- Altre
- Acquisti
- Rimanenze finali materie prime (*)
720
3.250
-760
- Salari manodopera diretta
- Quota TFR salariati
2.810
90
- Costo del lavoro
2.900
- Lavorazioni esterne
- Altri costi industriali variabili
960
100
RETTIFICHE
- Variazioni scorte semilavorati e prodotti
- Costruzoni interne
170
320
-490
COSTO VARIABILE DEL VENDUTO
7.270
MARGINE DI CONTRIBUZIONE LORDO
4.660
COSTI FISSI
- Ammortamenti
3670
670
- Quote ammortamenti tecnici
- Quote ammortamenti general
580
90
- Salari indiretti e quota TFR
- Stipendi e quote TFR
- Affitti
- Diversi industriali fissi
- Spese generali
- Quote svalutazioni
- Svalutazione magazzino
- Svalutazione crediti
240
1.220
120
210
1.150
60
25
35
REDDITO OPERATIVO GESTIONE CARATTERISTICA
990
SALDO GESTIONI NON CARATTERISTICHE
- Saldo gestione finanziaria
- Proventi finanziari correnti
- Oneri finanziari
-210
-350
20
370
- Saldo gestione extracaratteristica
- Proventi extra
- Oneri extra
REDDITO PRIMA DELLE TASSE
Tasse
REDDITO NETTO DI ESERCIZIO
16/05/2008
140
170
30
780
360
420
20
Schema di conto economico prescritto dal codice civile
In applicazione dell’art. 2425 del Codice Civile, il conto economico deve essere redatto in
conformità al seguente schema:
A) Valore della produzione:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e
finiti;
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale.
B) Costi della produzione:
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale;
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni;
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle
disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale.
Differenza tra valore e costi della produzione (A-B).
C) Proventi e oneri finanziari:
15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese
controllate e collegate;
16) altri proventi finanziari;
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da
16/05/2008
21
b)
c)
d)
e)
imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti;
da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
da titoli iscritti nell' attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese
controllate e collegate e di quelli da controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese
controllate e collegate e verso controllanti.
Totale (15 – 16 - 17).
D) Rettifiche di valore di attività finanziarie:
18) rivalutazioni;
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
19) svalutazioni;
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell' attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.
Totale delle rettifiche (18-19).
E) Proventi e oneri straordinari:
20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi
non sono iscrivibili al n. 5);
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti
contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi
precedenti.
Totale delle partite straordinarie (20-21).
Risultato prima delle imposte (A – B ± C ± D ± E);
22) imposte sul reddito dell'esercizio;
23) 24) 25) [ABROGATI]
26) utile (perdita) dell'esercizio.
Per la struttura semplificata di ricavi, costi e utili vedi
SCHEMA SEMPLIFICATO DEI RICAVI, DEI COSTI E DEGLI UTILI
CONTRATTUALISTICA NELL’ACQUISTO DI BENI E SERVIZI)
Premettiamo che per contratto si intende (Art. 1321) l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.
16/05/2008
22
Un contratto è definito quando sono determinati alcuni elementi irrinunciabili, quali:
1) l'accordo delle parti (1326 e seguenti, 1427);
2) la causa (1343 e seguenti);
3) l'oggetto (1346 e seguenti);
4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità (1350 e seguenti).
Si sottolinea l’importanza che sia ben definito l’oggetto del contratto (per esempio la prestazione di una parte a favore
dell’altra e il corrispettivo che la prima riceve) anche nei termini temporali entro i quali la prestazione deve essere
fornita.
TIPOLOGIA PIU’ FREQUENTE
VENDITA
La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un
altro diritto (1376 e seguenti, 1476) verso il corrispettivo di un prezzo (1448, 1473 e seguente, 1498).
Somministrazione
La somministrazione è il contratto (1321) con il quale una parte si obbliga, verso
corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni periodiche o
continuative di cose.
Locazione
La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa
mobile o immobile per un dato tempo (1572 e seguenti), verso un determinato
corrispettivo (att. 180).
APPALTO
L'appalto (2222 e seguenti) è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e
con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Nella realizzazione di opere (dalla semplice villetta all’impianto industriale complesso) si
impiegano alcune formule contrattuali di uso comune a livello internazionale:
A forfait
In questo tipo di contratto acquirente e fornitore si accordano per un prezzo chiuso predefinito:
per l’opera da realizzare ci si comporta come se fosse l’acquisto di un bene prodotto
industrialmente a catalogo. Naturalmente si pone la questione di come gestire le varianti in corso
d’opera, se come spesso accade non si riesce ad evitarle.
Cost plus
Il committente s’impegna a versare al committente tutti costi da questo documentati come
necessari alla realizzazione dell’opera ed inoltre a riconoscere una percentuale a compenso dei
suoi servigi (e spesso anche a titolo di rimborso delle spese generali). Nel linguaggio
internazionale la percentuale è denominata fee donde l’espressione “cost plus fee”. Questo tipo di
contratto è anche informalmente denominato a piè di lista nel senso che basta documentare una
spesa per vedersela rimborsata..
In questo tipo di contratto sono molto importanti i concetti di pertinenza, vale a dire la verifica
che la spesa documentata si riferisca veramente all’opera in esame e di congruità, vale a dire la
verifica che l’ammontare richiesto non sia solo documentato, ma sia proporzionato al valore
dell’oggetto del contratto
16/05/2008
23
A misura e a corpo
Lavori in economia
Le varianti in corso d’opera
I livelli di progettazione
Le figure classiche nella contrattualistica internazionale
TRASPORTO
Col contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo (2761, 2951), a
trasferire persone o cose (1683 e seguenti) da un luogo a un altro (1378).
MANDATO
Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra.
CONTRATTO DI LAVORO
Prestazioni professionali
Locatio operis
Locatio operarum
DA COMPLETARE
16/05/2008
24
CONTROLLO DI UN SISTEMA
Secondo l’ingegneria dei sistemi si definisce controllo 11 del sistema ( vedi alla voce GESTIONE
DELL’IMPRESA per la terminologia ) l’insieme di programmazione verifica e intervento:
−
programmazione: definire gli obiettivi, cioè definire i valori desiderati dell’uscita O;
approccio euristico (per prove ed errori o adattivo), utile per problemi nuovi o mal
definiti
approccio storico (tiene conto dell’esperienza), si basa sul concetto meccanicistico cioè
stesse cause stessi effetti, utile in condizioni stabili o quasi stabili è pericoloso in
condizioni dinamiche e imprevedibili
approccio per osservazione (aereo–missile cane–lepre) perdente se non si “modella” la
variabile da raggiungere; quando si disponga di un modello e si cerchi di conseguire il
massimo o il minimo di una grandezza di interesse si parla di controllo agli estremi
−
verifica: misurare le uscite effettive O’ per confrontarle con O (misurare anche le entrate I);
la misura avviene mediante sensori e ci si deve chiedere
se la misura venga eseguita senza ritardo
se il sensore debba essere controllato durante il funzionamento
se il sensore alteri le uscite o gli ingressi del sistema
con quale frequenza debba essere effettuata la misura (frequenza di campionamento) 12
−
intervento (o regolazione): modifica dell’ingresso I per far tendere le uscite effettive O’ agli
obiettivi O; un processo di regolazione può essere svolto in tre modi:
eliminazione di disturbi; si cerca di evitare che i disturbi arrivino al sistema;
compensazione dei disturbi; (open loop control) se sono noti gli input, i disturbi e le
funzioni di trasferimento si agisce direttamente sugli input in misura tale da compensare
i disturbi;
livellamento delle deviazioni; (closed loop control) attraverso un circuito di retroazione
(feedback) si riporta l’uscita all’ingresso e si usa la deviazione dell’uscita reale dal
valore desiderato, come un ingresso aggiuntivo.
Le considerazioni che seguono si riferiscono al caso del closed loop control, detto anche
controllo a retroazione o a feedback. Riprendiamo lo schema di carattere generale introdotto alla
voce ingegneria dei sistemi:
11
Notare la differenza di significato della parola inglese control (che vuol dire la somma di
verifica e di comando) rispetto al termine italiano controllo che nell’uso proprio sta ad indicare la
sola verifica; nel linguaggio tecnico italiano spesso si usa il termine italiano controllo come se
fosse la traduzione di control (per esempi si traduce control room con sala di controllo, mentre si
dovrebbe tradurre con sala di comando). Analogamente si parla di teoria del controllo
(traducendo control theory) per la guida o il comando dei sistemi.
12
Il teorema del campionamento assicura che un qualunque segnale continuo può essere
rappresentato con una serie di campioni della sua ampiezza purché l’intervallo (costante) tra i
campioni sia minore o uguale al semiperiodo della più alta frequenza presente nel segnale.
16/05/2008
25
D
F
I
F’
O‘
O
R
Unificando il blocco F e il blocco F ‘ si può schematizzare come segue:
y
x
T
Ry
R
Nel caso dei sistemi lineari avremo in assenza di reazione y = T . x , mentre in presenza di
reazione si avrà y = T . ( x + R . y) = T . x + T . R . y . Ne deriva :
y = [ T / ( 1 – T . R ) ] . x dove T e R sono operatori lineari di trasformazione.
Un sistema è detto dinamico quando sia l’input che l’output sono funzioni del tempo:
x = x (t) y = y(t)
In molte circostanze si può immaginare d y /dt = F [x(t), y(t)]
Si parla di stabilità del sistema in relazione alla sua risposta ad una perturbazione (variazione
impulsiva dell’ingresso):
−
equilibrio asintoticamente stabile se la perturbazione tende ad essere riassorbita;
−
equilibrio neutralmente stabile se il sistema oscilla intono alla posizione di equilibrio
−
equilibrio instabile se il sistema spostato dalla condizione di equilibrio tende ad allontanarsi
sempre più.
Abbiamo visto un’applicazione al caso particolare dell’equilibrio domanda offerta.
Va osservato che l’analisi di stabilità in prossimità della situazione di equilibrio può essere
effettuata con modelli lineari essendo la perturbazione piccola a piacere.
Un caso particolare di feedback è l’omeostasi quando un sistema si autoregola per sopravvivere a
variazioni delle condizioni ambientali attraverso circuiti interni di feedback
Vedi DINAMICA DI UN SISTEMA
Vedi MODELLO DI UN SISTEMA
16/05/2008
26
COSTI E LORO NATURA
Un costo è ciò cui un soggetto economico rinuncia per poter utilizzare un bene. Il costo di
produzione è la somma dei costi relativi ai diversi fattori di produzione.
Normalmente ciò cui l’impresa rinuncia è la somma di denaro spesa per acquistare i servizi del
fattore produttivo, ma in alcune circostanze, ad esempio nel caso di un’impresa individuale cui il
titolare dedica la propria attività lavorativa all’utilizzo di quel particolare fattore produttivo non
corrisponde un vero e proprio esborso.
COSTI FISSI E COSTI VARIABILI
La variabilità o meno dei costi è da considerare in due accezioni distinte anche se connesse.
Con riferimento alla dipendenza o meno dal volume di produzione (quantità prodotta), il costo
fisso si ottiene in corrispondenza di un volume di produzione pari a zero mentre i costi variabili
hanno una dipendenza dalla quantità prodotta. Per gli andamenti si veda COSTO TOTALE,
COSTO MARGINALE)
Con riferimento alla dimensione tempo: si definiscono costi fissi quelli associati ai macchinari e
ad altri fattori della produzione che non possono essere modificati nell’arco temporale
considerato (denominato pertanto breve periodo).
Si usa distinguere i costi fissi in:
-
costi fissi industriali (per esempio i macchinari)
costi fissi commerciali (per esempio la rete di distribuzione)
costi fissi operativi (per esempio il personale della direzione)
Contribuiscono tipicamente ai costi variabili:
13
-
materie prime e altri beni acquistati in dipendenza dal volume di produzione
-
manutenzione (in realtà una parte dei costi di manutenzione sono da considerare fissi
per quella parte di manutenzione che va comunque assicurata anche se l’impianto resta
fermo)13;
-
servizi
(per esempio lavorazioni) commissionati all’esterno (outsourcing) in
dipendenza dal volume di produzione;
-
utenze varie – in inglese utilities - (acqua potabile e industriale energia elettrica, vapore,
aria compressa) se messe a disposizione su base tariffaria da soggetto esterno 14; per
l’esattezza, si può definire costo fisso una componente di tariffa che sia fissa (quale in
certe tariffe elettriche il corrispettivo per la potenza impegnata) in quanto non dipende
dal consumo effettivo di energia elettrica che è a sua volta legato al volume di
produzione. Se l’azienda si avvale non di forniture esterne a tariffa, ma di
autoproduzione, si tratta di una voce di costo che ha componenti di costo fisso
(ammortamento impianti) e componenti di costo variabile per esempio il combustibile.
personale (nella misura in cui l’arco temporale di riferimento e la normativa vigente
consentano di procedere al licenziamento di personale in esubero, in caso di riduzione
dei volumi di produzione o all’assunzione di personale con contratto a termine in caso
di incremento, eventualmente temporaneo, dei livelli di produzione);
In questo caso si può parlare di attività di conservazione in efficienza.
14
Alcune utilities (per esempio la raccolta e il trattamento dei rifiuti) potrebbero anche rientrare
tra i servizi tecnici commissionati all’esterno.
16/05/2008
27
COSTI PRIVATI E COSTI SOCIALI
A volte, alcuni costi per l’uso di beni necessari all’attività di un’azienda non sono da questa
sostenuti. Tipico il caso delle infrastrutture necessarie all’attività produttiva o i costi di eventuale
uso di risorse ambientali non addebitati. Il concetto è generalizzato alla voce esternalità.
COSTI ESPLICITI E COSTI IMPLICITI
Non tutte le voci di costo sono manifeste nei conti economici delle imprese in particolare quelle
a conduzione familiare. Mentre sono sempre esplicitati i costi evidenti, quali le retribuzioni dei
dipendenti o gli acquisti delle materie prime, sono a volte non menzionati costi come il tempo
dell’imprenditore o l’uso per l’impresa di beni personali o di famiglia di cui l’imprenditore
dispone. L’attenzione ai costi espliciti si impone in generale per una corretta e completa
rappresentazione dei costi, ma anche specificamente per due aspetti importanti. A volte la risorsa
scarsa che limita la produttività dell’azienda è legata proprio a voci di costo implicito: tipico caso
il tempo dell’imprenditore, l’unico abilitato, di fatto in molte imprese a prendere decisioni. La
conoscenza dei costi impliciti è fondamentale per definire correttamente il costo opportunità
COSTI RICORRENTI E COSTI NON RICORRENTI
E’ una distinzione, nella tipologia dei costi, complementare e alternativa a quella tra costi fissi e
costi variabili. Fa riferimento alla loro ripetitività nel tempo, o meno. Per esempio, i costi di
impianto sono non ricorrenti per la costruzione, ma ricorrenti per la manutenzione e l’esercizio,
come ricorrenti sono i costi per le materie prime. I costi del personale sono ricorrenti, anche per
la quota del personale di amministrazione che viene di solito incluso tra i costi fissi.
COSTI AFFONDATI
E’ un principio generale secondo il quale, di fronte a una decisione da assumere, interessa
soltanto quanto è ancora correggibile o comunque influenzabile dalle decisioni da assumere. Ad
esempio, se procedere in un investimento richiede nuove risorse che non renderebbero comunque
quanto ci si aspetta dal loro impiego non ha senso spenderle lo stesso solo perché si sono già
sostenuti in passato importanti esborsi per quel progetto di investimento. Appunto, i costi passati
sono affondati e non sono “richiamabili”, cioè non verranno resi comunque.
COSTI E BENEFICI
Vedi ANALISI COSTI BENEFICI
COSTI INCAGLIATI (STRANDED COSTS)
Il termine costi incagliati è introdotto nei sistemi tariffari per i servizi pubblici con riferimento,
tra i cosiddetti oneri di sistema, ai costi per la transizione dal monopolio alla concorrenza; essi
comprendono i rimborsi per gli investimenti operati e gli impegni assunti dall'impresa già
monopolista e dalle altre imprese produttrici-distributrici, e che il mercato concorrenziale può
non consentire di ammortizzare o onorare. Per questo sono denominati: "costi non recuperabili"
o "costi incagliati" (stranded costs nell'esperienza delle liberalizzazioni americane). Rientrano tra
questi costi quelli “voluti” dal sistema pubblico per scelte di politica energetica, ambientale o
sociale che non erano direttamente compatibili con le logiche del mercato liberalizzato.
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28
COSTO OPPORTUNITA’
L’espressione costo opportunità fa riferimento a una lettura dei costi legata al confronto con usi
alternativi che si potrebbero fare delle risorse disponibili (o più specificamente, nel caso di
un’azienda, destinate a una certa produzione.
Adottando l’approccio tradizionale15 il costo di produzione di un bene é quello sostenuto per
realizzarlo cioè il costo storico dei fattori produttivi impiegati per realizzarlo.
Adottando l’approccio del costo opportunità, che parte dal principio base secondo il quale ogni
decisione economica è sempre la scelta fra due o più alternative:
− con riferimento al consumatore, il costo di un bene è il valore dei beni a cui si rinuncia a
causa della scelta in discussione; tale circostanza non è avvertita dal consumatore quando
deve decidere su di un bene che corrisponde a una frazione modesta del suo reddito, ma si
rende evidente quando l’operazione su cui decidere impegna una frazione elevata del reddito
disponibile: in questo caso appare evidente il rapporto fra scelta e rinuncia a qualcos’altro;
− con riferimento all’impresa, il costo di un bene è ancora il costo dei fattori produttivi
impiegati per realizzarlo, ma il costo di questi ultimi non è ritenuto quello storico (quanto si
è sborsato per disporre di detti fattori), ma il loro valore negli usi alternativi meglio
remunerati (il massimo valore che potevo trarne in azienda); lungo questa linea di
ragionamento il costo opportunità è il valore dei beni a cui si rinuncia a causa della scelta in
discussione;
− con riferimento sempre all’azienda, e nel contesto della valutazione di un progetto di
investimento, il costo opportunità è il valore dell’esborso necessario per l’investimento
incrementato del ritorno atteso da investimenti alternativi; quindi il costo opportunità risulta
uguale a I0 (1+ iA) n dove n è la durata in anni del progetto e iA è il tasso di attualizzazione
che è appunto definito come il rendimento annuo atteso da investimenti alternativi16 a quello
in esame e che abbiano caratteristiche confrontabili;
− con riferimento al sistema economico nel suo complesso il costo di produzione di un bene è
il valore degli altri beni che quel sistema economico avrebbe potuto produrre utilizzando al
meglio quelle risorse; in questo senso si può dire che il costo opportunità di un bene è
uguale al valore della rinuncia per il sistema economico conseguente alla scelta di realizzare
quel bene.
Nel valutare le alternative è necessario fare riferimento al principio dei costi affondati secondo il
quale di fronte a una decisione da assumere, interessa soltanto quanto è ancora correggibile o
comunque influenzabile dalle decisioni da assumere.
Il concetto di costo opportunità interviene nella definizione di rendita.
15
Secondo la teoria marxista è addirittura il valore del bene che deve coincidere con il costo
sostenuto per realizzarlo cioè con il costo storico dei fattori produttivi impiegati per realizzarlo.
16
Va osservato che la definizione di usi alternativi deve essere riferita ad un dato periodo; più è
lungo il periodo e più aumentano, in genere, le opportunità accessibili e quindi il valore del
fattore considerato.
16/05/2008
29
COSTO TOTALE, COSTO MARGINALE, COSTO MEDIO TOTALE
PERIODO)
(NEL BREVE
Il costo totale CT è la somma dei costi fissi CV e dei costi variabili CF. Per breve periodo si
intende un arco di tempo tale da non consentire di cambiare i sistemi di produzione
(conseguentemente possiamo ritenere che non cambiano costi fissi).
L’andamento tipico è monotono crescente, con una zona intermedia lineare, preceduta da una
zona con concavità verso il basso (crescita meno che lineare) e seguita da una zona con concavità
verso l’alto (crescita più che lineare).
L’andamento descritto comporta la presenza di un flesso nella funzione di costo totale come
rappresentato in figura; se vogliamo rappresentarla attraverso un polinomio, questo dovrà essere
almeno di terzo grado.
Costi totali
350
300
Costi marginali
crescenti
PL
250
200
flesso
*
Costi marginali
decrescenti
150
100
50
quantità prodotta
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
I corrispondenti andamenti dei costi marginali Cm ( ricordando che per definizione Cm è la
Costi marginali
Costi
100
80
costi marginali
crescenti
60
costi marginali
decrescenti
40
20
costi marginali costanti
0
1
16/05/2008
2
3
4
5
6
quantità prodotta
7
8
9
30
derivata del costo totale e quindi Cm = d CT / dq ) sono rappresentati in figura.
La zona con concavità verso l’alto rappresenta una situazione di costi marginali crescenti per
effetto della legge dei rendimenti marginali decrescenti (effetto scala negativo): i volumi di
produzione in esame sono troppo elevati per l’assetto produttivo disponibile.
La zona con concavità verso il basso rappresenta una situazione di costi marginali decrescenti
(fattore di scala positivo): a causa dell’inadeguata utilizzazione17 del sistema produttivo i costi
marginali in questa zona decrescono con l’aumentare dei volumi di produzione.
Oltre al costo totale CT e al costo marginale Cm è utile introdurre il costo medio18 Cav, definito
dalla Cav = CT / q . Cav è chiamato anche costo unitario ed indicato con Cu
Costi marginali e costi medi
Costi
100
80
costi medi
60
40
20
costi marginali
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
quantità prodotta
Graficamente e con riferimento alla curva dei costi totali, il costo marginale è la derivata in ogni
punto della curva del costo totale 19 cioè la pendenza della tangente, mentre il costo medio è,
sempre in ogni punto, il rapporto tra ordinata e ascissa, quindi la pendenza della retta che passa
per l’origine e per il punto in questione.
Non è fortuita la circostanza che la curva dei costi totali e la curva dei costi medi si incrocino in
corrispondenza della quantità per la quale il costo medio è minimo. Infatti: il minimo dei costi
medi si ha quando d (CT / q) / d q = 0 da cui si ha 1/q dCT / dq - CT / q2 = 0; quindi nel punto
di minimo del costo medio, costo marginale e costo medio sono uguali dCT / dq = CT / q .
Prima dell’incrocio i costi medi sono maggiori dei costi marginali; dopo l’incrocio diventano
maggiori i costi marginali.
Volendo esprimere analiticamente i diversi andamenti si può assumere per il costo marginale, in
base alle considerazioni appena esposte, un andamento del tipo Cm = a q 2 + b q + c (con a
positivo, b negativo e c positivo); ne risulterà per il costo totale l’espressione CT = a / 3
q 3 + b / 2 q 2 + c q + k , essendo k una costante di integrazione (positiva) che rappresenta il
17
Possiamo dire che il sistema produttivo è troppo grande per essere efficiente a questi livelli di
produzione
18
E’ evidente che come qui definito si tratta del costo totale medio. Può essere utile introdurre
anche il costo variabile medio come CV, av = CV / q .
19
Si noti che per definizione di costo fisso la derivata del costo totale e la derivata del costo
variabile coincidono.
16/05/2008
31
costo fisso; da questa espressione si ottiene per il costo medio un’espressione del tipo: Cav
= a/3 q2 + b/2 q + c + k/q .
COSTO MARGINALE NEL LUNGO PERIODO
Siamo nell’ipotesi che si possano realizzare nuovi investimenti per disporre di nuovi impianti.
Prendiamo come variabile indipendente la quantità che vari in un intervallo abbastanza ampio.
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
0
2
4
6
8
10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34
Per ogni taglia di impianto possiamo definire una curva di costi marginali secondo lo schema
noto. Introducendo il concetto di curva inviluppo (luogo dei punti di tangenza) si costruisce un
andamento che indica per qualunque taglia il corrispondente costo minimo. A sinistra del
minimo la tangenza ha luogo per valori inferiori a quella del minimo locale; a destra del minimo
la tangenza ha invece luogo in ciascuna curva in corrispondenza a punti alla destra del minimo
locale.
COSTRUZIONI INTERNE
Nel Bilancio la voce costruzioni interne, che rappresenta il valore di oggetti in lavorazione
destinati all’uso interno dell’azienda, costituisce un addendo delle rimanenze finali e appare
quindi20:
- nello Stato Patrimoniale nella colonna attività;
- nel Conto Economico nella colonna attività
Non va confusa la voce costruzioni interne con la voce semilavorati: mentre la voce semilavorati
si riferisce ad oggetti che una volta terminati saranno venduti (e quindi contribuiranno alla voce
Ricavi da vendite del Conto Economico) la voce costruzioni interne darà luogo - terminati i
20
Si ricordi che le consistenze finali appaiono sia nel conto economico sia nello stato
patrimoniale
16/05/2008
32
lavori – a un incremento del valore delle immobilizzazioni tecniche (colonna Attività dello Stato
Patrimoniale).
COURNOT (PUNTO DI)
Vedi PUNTO DI COURNOT
CREDIBILITA’ DEL SISTEMA FINANZIARIO INTERNAZIONALE
A metà 2002 è vivace la polemica sulla credibilità del sistema finanziario internazionale in
particolare di quello degli USA. L’occasione è data da ripetuti casi di scorretta rappresentazione
nei bilanci dei dati relativi all’andamento di importanti società quotate in borsa. Trai casi più
clamorosi si possono ricordare:
ENRON
WorldCom
Gli elementi più incisivi di discussione direttamente pertinenti alla situazione sono:
efficacia delle regole contabili
efficacia dei controlli
entità delle pene conseguenti alle violazioni
ruolo dei diversi soggetti coinvolti ( Presidente e Amministratore Delegato, Assemblea dei Soci, Società di revisione
contabile) in particolare con riferimento al conflitto di interessi fra ruolo di Amministratore e convenienze personali
come azionista con rischi di comportamento da “insider trading”.
Ma la polemica si esercita anche su considerazioni più ampie che riguardano il significato di
mercato e del capitalismo in genere nell’era della globalizzazione.
CREDITI
Somme che il soggetto economico deve ricevere da terzi, a vario titolo. Il concetto simmetrico è
quello di debito: per ogni credito del soggetto A nei confronti del soggetto B esiste un pari debito
del soggetto B nei confronti del soggetto A.
Nel bilancio i crediti sono iscritti nello stato patrimoniale tra gli impieghi e più precisamente nel
capitale circolante. Il codice civile stabilisce la composizione dei crediti nell’attivo dello stato
patrimoniale:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
5) verso altri.
Si distinguono crediti a breve termine e crediti a medio lungo termine.
Il problema dell’accesso al credito, cioè della possibilità di contrarre debiti: la questione dei tassi
di interesse e delle garanzie. I limiti nell’esposizione finanziaria
CRISI PETROLIFERA
Vedi OIL SHOCK
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33
CURVA DELLA DOMANDA
1.2.1
Legame espresso analiticamente (o in forma grafica) che dà il prezzo di un bene in funzione della
quantità domandata: p = p (qd) . Notare che la variabile indipendente è la quantità domandata
qd e che la curva è decrescente: il consumatore è interessato a comprare quantità maggiori di un
bene solo se il suo prezzo scende.21 Questo comportamento del consumatore si spiega
osservando che la propensione all’acquisto di un bene, e quindi il prezzo che si è disponibile a
pagarlo, scende se aumenta la quantità di quel bene già disponibile. Si dice in tal caso che la sua
utilità marginale decresce con la quantità. E’ evidente che la prima unità di un bene che al
consumatore non era precedentemente accessibile gli è più cara che non l’n-esima unità resasi
disponibile quando già del bene in esame è abbondantemente provvisto
L’elasticità della domanda (definita come il modulo del rapporto fra variazione percentuale della
domanda e variazione percentuale del prezzo ηd = - d qd / d p . p / qd ) fa riferimento alla
funzione inversa qd = qd (p)
Curva della domanda
14
domanda
originaria
12
domanda
modificata
prezzo
10
8
6
A
4
B
2
0
1
3
5
7
9
11
13
15
17
quantità domandata
CURVA DI DOMANDA DEL CONSUMATORE
La curva di domanda dipende, oltre che dalla natura del bene e dai gusti del consumatore, dal
livello di reddito disponibile per gli acquisti e dai prezzi degli altri beni.
In formule x = f (px, py, I, G*) dove x è la quantità domandata del bene x, px, è il suo prezzo, py
è il prezzo degli altri beni, I è il livello di reddito del consumatore22, G* è un vettore23 che
rappresenta i gusti del consumatore (vedi CURVA DI DOMANDA DALLE CURVE DI
INDIFFRENZA).
21
In realtà esistono casi particolari nei quali la domanda di un bene sale se sale il suo prezzo:
questo vale per alcuni beni di lusso ricercati dal consumatore proprio perché in quanto costosi
sono uno status symbol (effetto Veblen)
22
In inglese Income.
23
Vettore per indicare che numerose sono le sue componenti.
16/05/2008
34
Nel seguito si considerano le sole variabili quantità e prezzo del bene in esame e quindi ci si
riconduce al caso qx = f(px) considerando fissi i valori delle altre variabili. Rappresentazioni
alternative sono px = g(qx) ovvero F (qx. , px) = 0
Al variare della quantità consumata si percorre una data curva della domanda, come nel passare
dal punto A al punto B: se il prezzo scende il consumatore è disponibile ad acquistare una
quantità maggiore.
Dalla curva di domanda si ricava l’esborso del consumatore (o spesa totale del consumatore) che
è definito come il costo sostenuto dal consumatore per un acquisto e quindi è pari al prodotto
della quantità acquistata per il prezzo corrisposto.
Il percorso lungo la curva di domanda non va confuso con lo spostamento della curva di
domanda, che significa trasferirsi da una data curva ad una curva diversa. In figura è
rappresentata la curva spostata per effetto di un aumento24 del gusto del consumatore per il bene
in esame: a parità di quantità il consumatore è disponibile a pagare un prezzo più elevato.
Analogamente agisce l’aumento del reddito del consumatore (vedi curva reddito – consumo).
Si possono ipotizzare diversi andamenti della curva di domanda:
domanda di tipo potenza e quindi elasticità costante
q = p −α
con α positivo
η = − d q / d p p / q = α p α−1
p /pα = α
nel caso particolare α = 1 (cioè un’iperbole equilatera) risulterà η = 1 cioè elasticità unitaria
lungo tutta la curva.
domanda lineare
q = k - h p con k e h entrambi positivi si può scrivere anche p = k / h – q / h
η = − dq / dp p / q = h p / q = h p / ( k - h p ) = 1 / [ k / ( h p ) – 1 ]
ne deriva
η = 0 quando p = 0 ; η = ∞ quando q = 0 ; η = 1 quando p = 1/2 k / h (punto di
Cournot). In corrispondenza del punto di Cournot il ricavo dell’azienda (o incasso del
produttore) R = p q = ( k - h p ) p è al suo massimo valore 25.
domanda esponenziale e quindi elasticità proporzionale al prezzo
con α positivo
q = ke−αp
η = − dq / dp p / q = α p
si ha :
η = 0 quando p = 0 (non è realistico); η = ∞ quando p tende a ∞; η = 1 (il punto di Cournot
che corrisponde appunto a elasticità unitaria) quando p = 1 / k
quantità indipendente dal prezzo e quindi elasticità nulla
q = q0
η = − dq / dp p / q = 0 (un’enorme variazione di prezzo dà luogo a minimi spostamenti
della quantità e simmetricamente minime variazioni della quantità danno luogo ad enormi
24
L’aumento del gusto del consumatore potrebbe essere il risultato di un investimento in
pubblicità per aumentare la propensione allo acquisto del bene in esame.
25
Notare che il massimo del ricavo non corrisponde al massimo del profitto che è dato dalla
differenza fra ricavi e costi.
16/05/2008
35
variazioni di prezzo); alla stessa conclusione si perviene dal modello lineare q = k - h p nel
caso particolare h = 0 k = q0 ; poiché una dipendenza lineare dà luogo a
η = 1 / [ k / ( h p ) – 1 ] nel nostro caso particolare η = 1 / [ q0 / 0 ) – 1 ] η = 0 cioè
elasticità nulla ovvero rigidità 26 infinita.
prezzo indipendente dalla quantità e quindi elasticità infinita
p = p0
η = − dq / dp p / q = − 1 / ( dp / dq ) ovvero η = ∞ 27 (un’enorme variazione di quantità
dà luogo a minime variazioni di prezzo e simmetricamente, minime variazioni di prezzo danno
luogo ad enormi variazioni di quantità); alla stessa conclusione si perviene partendo dal modello
k/h = p0 ; poiché una dipendenza
lineare p = k / h – q / h nel caso particolare h = ∞
lineare dà luogo a η = 1 / [ k / ( h p ) – 1 ] nel nostro caso particolare η = 1 / [ p0 / p0 ) – 1 ]
η = ∞ cioè elasticità infinita e rigidità 8 nulla.
I parametri più significativi che determinano l’elasticità della domanda rispetto al prezzo sono:
− il numero dei beni sostituti disponibili e il loro grado di sostituibilità nei confronti del bene
in esame; se un bene ha molti sostituti “equivalenti” è probabile che abbia elevata
elasticità al prezzo; se poi ha dei sostituti perfetti l’elasticità al prezzo è infinita;
− l’incidenza che la spesa per quel bene ha sul bilancio totale del consumatore: se
l’incidenza è modesta la domanda tenderà ad essere anelastica (poco sensibile al prezzo);
l’elasticità sarà più forte se l’incidenza è elevata 28 ;
− l’arco temporale in esame: nell’immediato la risposta del consumatore è più rigida
(anelastica), i suoi comportamenti possono essere più facilmente modificati col tempo e
sempre col tempo è più facile trovare beni sostituti 29.
Ha interesse anche l’elasticità della domanda (qd ) rispetto al reddito ( I ) :
η = dq /dI . I/q
I
d
d
che fa riferimento alla curva reddito consumo o curva di Engel.
La rigidità ρ è l’inverso della elasticità: ρ = 1 / η.
Il segno finale positivo deriva dalla circostanza che dp/dq tende a zero da valori negativi,
quindi il suo inverso tende a − ∞.
26
27
28
Questa considerazione di buon senso non sempre trova riscontro nella realtà: per motivi
psicologici di particolare sensibilità, il consumatore può modificare i propri comportamenti a
causa di un aumento di prezzo anche in condizioni di modesto impatto sul reddito globale;
29
Anche questa considerazione ha le sue eccezioni: è noto per esempio che un aumento del
prezzo della benzina comprime i consumi nell’immediato (una o due settimane durante le quali
l’automobilista so sforza di ridurre l’uso dell’auto); trascorso tale periodo le vecchie abitudini
tendono a riaffermarsi e la quantità domandata si ricolloca ai livelli precedenti l’aumento dei
prezzi.
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36
CURVA DI DOMANDA AGGREGATA (O DEL MERCATO)
Le considerazioni precedentemente esposte valgono sia per un singolo consumatore (domanda
individuale) di un bene) sia per un insieme di consumatori; nel secondo caso si descrive la
domanda del mercato30 per il bene in questione (quella espressa da tutti i consumatori sul
mercato). La domanda del mercato si ottiene sommando “in orizzontale” le domande individuali
di quel bene (cioè sommando le diverse quantità richieste da ciascun consumatore). La curva di
domanda del mercato mostra la quantità che viene acquistata nell’unità di tempo dai consumatori
presenti sul mercato ad ogni possibile prezzo, nell’ipotesi che il livello del reddito monetario dei
consumatori e i prezzi degli altri beni restino costanti.
CURVA DI DOMANDA DELL’AZIENDA
Ha interesse anche un altro tipo di domanda aggregata, quella dell’impresa in un mercato. Essa
coincide con quella del mercato solo nel caso che in esso operi un solo produttore (monopolio).
La curva di domanda dell’impresa sarà in generale più elastica al prezzo di quella relativa al
settore nel suo complesso, poiché i prodotti delle altre imprese sono stretti sostituti di quelli di
ciascuna impresa.
In un sistema di concorrenza perfetta se un’impresa qualsiasi dovesse espandere la propria
produzione, la produzione totale del settore aumenterebbe in misura molto limitata, comunque
tale da non avere alcun effetto sul prezzo del bene. Ogni impresa può singolarmente operare
come se variazioni nella quantità da essa prodotta non avessero alcun effetto sul prezzo di
mercato: l’impresa si trova pertanto di fronte a una curva di domanda infinitamente elastica.
Curva della domanda vista da una singola azienda in concorrenza perfetta: elasticità infinita
prezzo
Curva di domanda dell’impresa η = ∞
Curva di domanda del settore
quantità
Notare che in conseguenza della situazione illustrata, una variazione anche limitata di prezzo può
avere effetti disastrosi sulla quantità di beni venduta da quell’azienda.
30
La domanda del mercato è denominata anche domanda collettiva o domanda aggregata.
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37
In queste condizioni di prezzo costante il ricavo marginale è uguale al prezzo.
Nel caso in cui la concorrenza nel settore non sia perfetta la curva di domanda relativa alla
singola impresa non sarà orizzontale, ma è probabile che sia più elastica della curva di domanda
del settore.
Curva della domanda vista da una singola azienda in concorrenza imperfetta: elasticità elevata
prezzo
Curva di domanda dell’impresa η elevata
Curva di domanda del settore
quantità
STIMA DELLA CURVA DI DOMANDA
E’ evidente l’importanza che la stima della curva di domanda riveste per le imprese nella oro
azione di marketing e di programmazione delle attività. Le tecniche di più frequente impiego
sono:
esperimento diretto sul mercato
in tempi abbastanza ravvicinati si varia il prezzo dello stesso prodotto e si registra l’andamento
dei consumi; occorre non modificare altre condizioni di mercato (o tener conto di eventuali
cambiamenti). Non va sottovalutato il rischio di perturbare il mercato.
intervista dei consumatori
spesso le risposte sono affettate e poco realistiche; meglio domande indirette e verifiche
incrociate che quesiti diretti
analisi statistica di dati storici
confronto di vari punti nel tempo o di vari settori del mercato; l’ipotesi più delicata è che la
curva di domanda sia rimasta costante nel periodo, ma opportune tecniche consentono
ragionevoli approssimazioni.
Il modello matematico comunemente utilizzato per interpretare i dati sperimentali è quello di
un’elasticità costante. Ricordiamo che elasticità costante vuol dire andamento della curva di
con α positivo.
domanda di tipo potenza q = p − α
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38
CURVA DELLA DOMANDA RICAVATA DALLE CURVE DI INDIFFERENZA 1. 4. 2
Curva domanda prezzo
quantità del bene y
120
100
80
u = u1
u = u2
u = u3
u =u4
retta bil
60
curva prezzo-
40
*
20
*
*
*
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
E’ possibile ricavare la curva di domanda individuale dall’esame delle curve di indifferenza e
della retta di bilancio che ha equazione I = px.x + py y essendo I il reddito del consumatore.
Ripetendo l’esercizio della determinazione del paniere del consumatore variando solo il prezzo
di un bene e tenendo fermo tutte le altre grandezze (struttura delle curve di indifferenza, reddito e
prezzo dell’altro bene) l’unico parametro che viene a cambiare è la pendenza della linea di
bilancio. Più esattamente all’aumentare di px , prezzo del bene x, viene ad aumentare la
pendenza della linea di bilancio, ferma rimanendo la sua intercetta sull’asse delle y.
Corrispondentemente scende il valore di x * , cioè del punto di tangenza (punto di ottimo).
E’ dunque possibile costruire nel piano ( x, y ) il luogo dei punti di ottimo del paniere, al variare
del prezzo del bene x . Leggendo sul grafico i valori di x e di px si costruisce nel piano (x, px) la
nota curva della domanda.31
Quanto all’elasticità della domanda, ηd = - d qd / qd : d p / p ovvero ηd = - d qd / d p . p
/ qd (essendo nel nostro caso p = px e qd = x ) si parla di:
-
domanda ad elasticità unitaria se l’elasticità è uguale a 1 (una variazione di prezzo dà
pari effetto sulla quantità domandata); variazioni di prezzo non hanno effetto sulla spesa
totale;
domanda elastica se l’elasticità è superiore a 1 (piccola variazione di prezzo dà grande
effetto sulla quantità domandata); una caduta nel prezzo determina un incremento nella
somma che il consumatore spende; viceversa se il prezzo sale, la spesa si riduce;
domanda anelastica (ovvero domanda rigida) se l’elasticità è minore di 1 (grande
variazione di prezzo dà piccolo effetto sulla quantità domandata); una caduta nel prezzo
determina una riduzione nella somma che il consumatore spende; viceversa se il prezzo
sale, la spesa aumenta.
31
Si chiama curva prezzo consumo una particolare modalità di rappresentazione della curva
della domanda ricavata nel piano delle curve di indifferenza con l’accortezza di usare per l’asse y
non la quantità del bene y, ma la quantità di moneta spesa (l’esborso per acquistare il bene y.
16/05/2008
39
Per esprimere graficamente quanto sopra utilizziamo una rappresentazione delle curve di
indifferenza nella quale il bene y sia espresso in termini della quantità di moneta necessaria per
acquistare tutti i beni diversi dal bene x.
Nel caso di elasticità unitaria, al cadere del prezzo del bene x (cioè nel percorre il fascio di rette
di bilancio verso sinistra, vale a dire verso rette di pendenza inferiore) la quantità di reddito che
il consumatore spende in beni diversi da x (cioè la quantità del nostro particolare bene y) rimane
costante. Di conseguenza (visto che il totale della spesa è fisso) rimane costante anche la quantità
spesa per il bene x.
Elasticità unitaria
moneta spesa per bene y
120
100
80
60
40
curva prezzo consumo
*
20
*
*
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
Nel caso di domanda elastica (elasticità > 1) al cadere del prezzo del bene x (cioè nel percorre il
fascio di rette di bilancio verso sinistra, vale a dire verso rette di pendenza inferiore) si registra
una riduzione della quantità di reddito che il consumatore spende in beni diversi da x (cioè la
quantità del nostro particolare bene y) e quindi (visto che il totale della spesa è fisso) un
incremento nella quantità di reddito destinata al bene x.
Domanda elastica
moneta spesa er bene y
120
100
80
60
40
*
curva prezzo consumo
*
*
20
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
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40
Nel caso di domanda anelastica (elasticità < 1) al cadere del prezzo del bene x (cioè nel
percorrere il fascio di rette di bilancio verso sinistra, vale a dire verso rette di pendenza inferiore)
si registra un incremento della quantità di reddito che il consumatore spende in beni diversi da x
(cioè la quantità del nostro particolare bene y) e quindi (visto che il totale della spesa è fisso) una
riduzione nella quantità di reddito destinata al bene x.
Domanda anelastica
moneta spesa per bene y
120
100
80
60
40
*
*
20
curva prezzo consumo
*
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
La variazione del prezzo di un bene influenza il consumatore su due fronti; per esempio la
riduzione del prezzo di un bene:
-
modifica il reddito reale del consumatore in quanto gli consente, a parità di reddito
monetario, di comprare più beni (effetto di reddito);
-
lo induce a sostituire i beni più convenienti al posto di quelli più costosi (effetto di
sostituzione).
Effetti di sostituzione ed effetti di reddito
moneta spesa per bene y
120
100
80
t
R
60
*
s
40
P
*
a
Q *
20
r
b
0
0
2
x3 x2
4
6
x1
8
10
12
quantità del bene x
16/05/2008
41
L’aumento del prezzo di x causa una riduzione nel livello di soddisfazione del consumatore che
deve passare dalla curva di indifferenza a alla curva di indifferenza b. L’effetto totale è
rappresentato dal passaggio da x1 a x3 . Se supponiamo di aumentare, al crescere del prezzo, il
livello monetario a disposizione del consumatore in modo da mantenerlo sulla vecchia curva di
indifferenza si viene a configurare una linea di bilancio ipotetica indicata in figura con t, con la
stessa pendenza di s, ma tangente alla curva di indifferenza a. L’effetto di sostituzione è misurato
dal passaggio dalla quantità x1 alla quantità x2 , mentre l’effetto di reddito è misurato dal
passaggio da x2 a x3. Occorre fare attenzione ai segni: poiché la diminuzione di prezzo dà
luogo a un incremento di reddito reale, l’effetto totale è dato dall’effetto di sostituzione meno
l’effetto di reddito.
A causa della pendenza negativa delle curve di indifferenza, l’effetto di sostituzione è sempre
negativo: fissato il reddito reale, un aumento nel prezzo del bene x dà sempre luogo ad una
diminuzione della quantità di x consumata; analogamente una diminuzione del prezzo del bene x
dà sempre luogo ad un aumento della quantità di x consumata.
Il segno dell’effetto di reddito dipende dalla forma delle curve di indifferenza e non è prevedibile
a priori. Nella maggioranza dei casi (beni normali) l’effetto di reddito è positivo: un aumento del
reddito causa un aumento del consumo di quel bene. Per alcuni beni (detti beni inferiori) l’effetto
di reddito è negativo: un aumento del reddito dà luogo ad una diminuzione del consumo di quel
bene.
La figura mostra come un incremento di reddito che causi il passaggio dalla curva di indifferenza
a alla curva di indifferenza b (corrispondente ad un maggiore livello di utilità) possa in casi
particolari, dar luogo ad una riduzione del consumo del bene.
Incremento di reddito e riduzione del consumo (beni inferiori)
moneta spesa per bene y
120
100
80
Q
*
60
a
s
40
*
20
P
r
b
0
0
2
x3 x2
4
6
x1
8
10
12
quantità del bene x
L’effetto di sostituzione (negativo) è in genere prevalente anche per la maggioranza dei beni
inferiori e quindi, al diminuire del prezzo sale la quantità domandata. Questo significa che, in
genere, pur in presenza di un effetto reddito negativo (ricordiamo che l’effetto reddito va
sottratto) l’effetto totale risulta negativo.
Per alcuni beni inferiori l’effetto reddito è talmente negativo, da prevalere sull’effetto di
sostituzione: in questa situazione (paradosso di Giffen) all’aumentare del prezzo, il consumo
del bene sale, cioè la curva di domanda ha una zona in cui si inverte il normale andamento.
16/05/2008
42
Se l’utilità marginale del bene in esame (per esempio lo zucchero) è costante allora risultano
parallele le curve di indifferenza per la coppia zucchero, quantità di denaro per gli altri beni. In
queste ipotesi l’effetto reddito della variazione di prezzo dello zucchero sarà nullo.
Vedi anche surplus del consumatore
Dalle curve di indifferenza e dalla retta di bilancio è possibile ricavare anche l’elasticità
incrociata della domanda
In questo caso rimarrà fisso px mentre varierà py ; corrispondentemente sarà fissa l’intercetta
Elasticità incrociata della domanda
quantità del bene y
120
100
curva incrociata
della domanda
80
u
u
u
u
*
*
*
60
40
= u1
= u2
= u3
=u4
*
20
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
sull’asse delle x il cui valore è I / px , mentre varierà l’intercetta sull’asse delle y il cui valore è
I / py (essendo I il reddito del consumatore). La curva incrociata della domanda rappresenta la
variazione della quantità domandata del bene x al variare del prezzo del bene y .
CURVA DELL’OFFERTA
1.2.3
Legame espresso analiticamente (o in forma grafica) che dà il prezzo di un bene in funzione della
quantità offerta: p = p (qo) . Notare che la variabile indipendente è la quantità domandata qo
e che l’elasticità dell’offerta fa riferimento alla funzione inversa qo = qo (p)
Curva dell'offerta
12
10
prezzo
8
6
4
2
0
1
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2
3
4
5
6
7
8
9
quantità offerta
43
La funzione ha un andamento crescente perché all’aumentare del prezzo i produttori sono
disponibili a mettere a disposizione ulteriori quantità di prodotto. Per la maggior parte dei beni si
può affermare che tendendo a quantità sempre maggiori (q → ∞)la curva tende verso un asintoto
verticale perché le quantità che sarà possibile per il produttore mettere a disposizione saranno,
alla fine, fisicamente limitate dalla capacità del suo sistema di produzione (per esempio
dall’impianto) per quanto il prezzo possa essere elevato; questa situazione corrisponde a
concavità verso l’alto, cioè curva concava, derivata seconda positiva.
Vedi anche PREZZO DI EQUILIBRIO DOMANDA OFFERTA
CURVA DI OFFERTA DEL MERCATO
Le considerazioni precedentemente esposte valgono sia per un singolo produttore (offerta
individuale) di un bene) sia per un insieme di consumatori; nel secondo caso si descrive la
offerta del mercato32 per il bene in questione (quella espressa da tutti i produttori sul mercato).
L’offerta del mercato si ottiene sommando “in orizzontale” le offerte individuali di quel bene
(cioè sommando le diverse quantità offerte da ciascun produttore).
La curva di offerta del mercato mostra la quantità che viene offerta per l’unità di tempo dai
produttori presenti sul mercato ad ogni possibile prezzo, nell’ipotesi che il livello delle risorse
dei produttori e i prezzi dei fattori produttivi restino costanti.
CURVA DELL’OFFERTA RICAVATA DALLA CURVA DEI COSTI DI PRODUZIONE
E’ ragionevole assumere che la logica con la quale un produttore decide la propria disponibilità
ad offrire dipenda essenzialmente:
-
dalla situazione dei costi che egli deve sostenere;
-
dalla sua stima della possibile entità del profitto ricavabile stima che deve tener conto anche
delle barriere all’entrata che caratterizzano il mercato nel quale opera.
Poiché R = Ct + P (dove ovviamente R indica i ricavi, Ct i costi totali e P i profitti), se
assumiamo un profitto atteso proporzionale ai ricavi attraverso una percentuale ε si avrà R =
Ct + ε R ovvero R (1- ε) = Ct . Si tenga presente che parliamo di ricavi potenziali previsti dal
produttore perché nulla ancora sappiamo di come si comporterà il consumatore. Allora R =
p(q) . q dove p(q) è proprio la curva di offerta (quel prezzo che il produttore vorrebbe, per
raggiungere il profitto sperato e tenendo conto della sua struttura dei costi). In definitiva p(q) .
q = Ct / (1- ε) ovvero p(q) = Ct / [q (1- ε)] ; ricordando che Ct / q è il costo unitario Cu , si
ottiene che p(q) . q = C / (1- ε).
u
Sappiamo che il tipico andamento del costo unitario è quello in figura
Costi marginali e costi medi
Costi 100
80
costi medi
60
40
costi marginali
20
quantità prodotta
32
0
La domanda
del mercato è denominata anche domanda collettiva o domanda aggregata.
1
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2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
44
Sappiamo che il tratto di curva dell’offerta di effettivo interesse33 non è certo quella parte che
corrisponde a piccole quantità di produzione. Questo spiega perché ci si trovi di fronte ad una
curva dell’offerta che, seguendo i costi medi nella parte corrispondente a quantità elevate, ha un
andamento che cresce con la quantità.
V. MARK UP
CURVA DI ENGEL
1. 4. 1. b
Esprime l’entità (minima) di reddito monetario del consumatore necessaria perché possa
permettersi un dato livello di consumo. E’ una modalità alternativa di rappresentare la curva
reddito consumo.
Mentre quest’ultima è disegnata nel piano x, y , (quantità dei due beni
disponibili) come luogo dei punti di paniere ottimale, al variare di I (reddito del consumatore)
che figura come un parametro, la curva di Engel è rappresentata direttamente nel piano x, I . E’
Curva di Engel
dI / dx = 1
dI / dx < 1
dI / dx > 1
dI / dx < 0
500
reddito monetario
400
300
200
100
0
1
2
3
4
5
quantità del bene x
evidente che noti I e x si può ricavare anche y dall’equazione della retta di bilancio.
Per la maggioranza dei beni (non a caso detti beni normali) il consumo aumenta all’aumentare
del reddito (dI /dx > 0; la curvatura (cioè la derivata seconda) della funzione che lega il reddito
al consumo dipende dalla natura del bene. Per altri beni (detti beni inferiori) la derivata prima è
negativa: se aumenta il redito se ne consumano di meno.
E’ interessante esaminare anche la funzione inversa, che assumendo il reddito come variabile
indipendente, esprime il livello di consumo massimo compatibile con l’entità di reddito
monetario disponibile al consumatore.
CURVA DI INDIFFERENZA
1. 3. 3
In un sistema composto da un consumatore e due beni (le cui quantità sono rappresentate da x e
da y rispettivamente) la curva di indifferenza rappresenta nel piano x, y il luogo dei punti che
individuano un livello predefinito di utilità (soddisfazione) del consumatore. La funzione y =
33
Occorre ricordare il concetto di punto di pareggio.
16/05/2008
45
y(x) è una curva di livello, nel senso che è fissato il livello di utilità e risulta indifferente per il
consumatore (non cambia la sua utilità) spostarsi da un punto all’altro di detta curva. Al variare
del livello di utilità u si descrive una famiglia di curve nel piano x, y indicate con y = yu (x). Le
curve di indifferenza descrivono nel loro complesso la mappa dei gusti del consumatore. Dal
punto di vista analitico esse rappresentano le sezioni della superficie dell’utilità con un piano u =
k (parallelo al piano x, y) al variare del valore della costante k .
Per avere un senso economico, le curve di indifferenza debbono essere:
Curve di indifferenza
quantità del bene y
120
100
80
u
u
u
u
60
=
=
=
=
u1
u2
u3
u4
40
20
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
- decrescenti perché in condizioni normali l’aumento della disponibilità di un bene è
compensata da una diminuzione della quantità desiderata dell’altro bene;
- con concavità verso l’alto perché l’asintoto deve essere orizzontale per grossi valori di x
(situazione di sovrabbondanza di x che quindi si cede volentieri anche per piccole quantità di y
che invece è scarso); per considerazioni analoghe scambiando x con y si vede che l’asintoto deve
essere verticale per grosse quantità di y (ora è y che è sovrabbondante e lo si cede volentieri
anche per piccole quantità di x che è scarso); è una conseguenza della legge dell’utilità marginale
decrescente;
- non intersecare gli assi perché altrimenti si individuerebbero come accettabili anche punti in
cui è zero la disponibilità di uno dei due beni pur in presenza di una quantità solo finita dell’altro
(questa considerazione è legata a quella sull’asintoto)
La derivata dyu / dx è denominata tasso (o saggio) marginale di sostituzione, in quanto
rappresenta il rapporto tra variazioni infinitesime delle quantità dei due beni calcolato lungo la
curva di indifferenza; tali variazioni hanno pertanto effetto nullo sull’utilità; da ciò deriva la
scelta del termine “sostituzione”. Il tasso marginale di sostituzione, che è ovviamente negativo,
ci dice di quante unità deve aumentare la disponibilità di un bene a fronte della rinuncia di
un’unità dell’altro bene per lasciare inalterato il livello di soddisfazione del consumatore.
Vedi anche RETTA DI BILANCIO e PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE
CURVA DI PHILLIPS
Per descrivere il legame fra livello dei salari ed occupazione, nell’ipotesi di poter trattare il
salario come una variabile endogena Phillips, a seguito di complessi studi statistici, è arrivato
alla conclusione espressa dalla curva di Philips secondo la quale il ritmo di crescita dei salari è
basso se la disoccupazione è elevata. Notare che - essendo forte, per un intervallo di tempo
16/05/2008
46
abbastanza lungo la correlazione fra tasso di crescita dei salari monetari34 e tasso di inflazione gli studi di Phillips possono anche essere interpretati come un’analisi della correlazione fra
livello di disoccupazione e inflazione.
Curva di Philips
tasso di variazione dei salari .
40
35
30
25
20
15
10
5
0
-5
0
1
2
3
4
5
6
7
8
-10
livello di disoccupazione %
C’è un livello di disoccupazione in corrispondenza al quale i prezzi sono stabili. A più alti livelli
di disoccupazione i prezzi scendono, mentre a più bassi livelli di disoccupazione i prezzi
salgono.
E’ interessante esaminare quali possono essere le cause che determinano uno spostamento della
curva di Phillips. La “nuova” curva rappresentata in figura è meno favorevole della precedente:
lo stesso livello di disoccupazione corrisponde a un più elevato tasso di variazione dei salari.
Immaginiamo che questo sia il risultato di politiche …………LIVESEY
COMPLETARE
CURVA DI OPPORTUNITA’ D’INVESTIMENTO
Se aumenta il volume globale degli investimenti, il tasso d’interesse possibile (che si riesce a
conseguire) diminuisce. La funzione che descrive questa situazione è detta curva di opportunità
di investimento.
CURVA DI TRASFORMAZIONE DEL PRODOTTO
La curva di trasformazione del prodotto si ricava dalla scatola di Edgeworth della produzione.
utilizzando la curva di contratto e riportando nel piano (x1, x2) le coppie di livelli di produzione
dei due beni quali si leggono sugli isoquanti.
x2
Saggio marginale di trasformazione del prodotto: dx2/dx1
è ovviamente sempre negativo
R
S
x1
Notare che sugli assi sono
rappresentati i livelli di
produzione corrispondenti
34
Vale a dire espressi in moneta e non in termini reali quindi senza correggere per il valore del
livello generale dei prezzi.
16/05/2008
47
ai beni consumati (e non
le quantità usate dei fattori).
Il saggio marginale di trasformazione del prodotto rappresenta le prestazioni del sistema
economico: di quanto si deve ridurre la produzione del bene x2 se si vuole aumentare di un’unità
la produzione del bene x1 .
Un punto interno alla curva di trasformazione del prodotto è un punto possibile per il sistema
economico in esame, ma non è ottimale: si può fare di meglio. Un punto esterno alla curva di
trasformazione del prodotto non è realizzabile nel sistema economico dato. Se si vuol arrivare a
quel livello di produzione occorre o espandere la quantità disponibile di uno o più fattori
produttivi (espandere le dimensioni della scatola della produzione) e/o migliorare la tecnologia
(migliorare la forma degli isoquanti in modo da aumentare l’efficienza del sistema.
Nella curva di trasformazione del prodotto si colloca la scatola di Edgeworth del consumo allo
scopo di determinare il punto di ottimo del sistema economico nel suo complesso produzione e
consumo.
CURVA IS (INVESTMENT SAVINGS)
Rappresenta il mercato delle merci. L’equilibrio nel mercato delle merci si ottiene quando quello
che si produce (l’output o reddito - GDP - prodotto indicato con Y) è uguale a quello che è
consumato o domanda: se non è così, le scorte o salgono o scendono e quindi le imprese si
apprestano a produrre di meno o di più.
Curva IS (Investment Savings)
40
tasso d'interesse .
35
30
25
20
15
reddito prodotto
10
5
0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
Le componenti della domanda sono il consumo C, l’investimento I, le spese governative G, e le
esportazioni nette (NX = esportazioni - importazioni) ne consegue che l’equilibrio nel mercato
delle merci si esprime come: Y = C + I(i) + G + NX
Notare che l’investimento dipende dal tasso d’interesse, i. Se il tasso d’interesse sale
l’investimento cade e cadrà anche il reddito prodotto. La presenza di un equazione con due
incognite i and Y consente di ricavare il legame espresso dalla curva in figura, per esempio
esplicitando i = i (Y) . La curva così ottenuta rappresenta il luogo dei punti tali che tutte le
combinazioni possibili sulla curva di i e Y mantengono in equilibrio il mercato delle merci.
La curva IS pone una condizione di equilibrio e pertanto non descrive comportamenti, né
rappresenta ciò che accade, come è invece il caso della curva di domanda e della curva
dell’offerta.
Ogni fattore che modifica il mercato delle merci sposta la curva IS. Per esempio se aumentano
le spese pubbliche il reddito è più alto per ogni tasso d’interesse, il che sposta la curva IS verso
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48
destra. Il risultato di un aumento delle spese pubbliche è un più elevato tasso d’interesse e un più
elevato reddito.
Spostamenti della curva IS
40
tasso d'interesse
35
30
25
reddito prodotto
20
15
10
5
0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
Combinando la curva LM con la curva IS si ottiene una rappresentazione dell’equilibrio generale
del sistema economico nel senso che si determinano i valori di i e Y che assicurano l’equilibrio
del sistema..
CURVA LM (LIQUIDITY MONEY)
Rappresenta il mercato della moneta. Il tasso d’interesse di equilibrio è determinato nel mercato
della moneta nel senso che se l’interesse pagato dai titoli detenuti dall’investitore sale questi
chiedono meno moneta. In tal modo la domanda di denaro L, è inversamente correlata al tasso di
interesse. Oltre che del tasso d’interesse la domanda di moneta è funzione del livello di reddito.
Si può scrivere una funzione generale della domanda di moneta del tipo L = L(i,Y).
L’equilibrio del mercato della moneta richiede che il tasso di interesse si modifichi in modo che
la quantità di moneta reale domandata L = L(i,Y) sia uguale alla quantità di moneta reale fornita
M/P. Con M si indica l’offerta nominale di moneta e P è il livello di prezzi per cui M/P dà il
livello reale di offerta monetaria. In tal modo la condizione di equilibrio del mercato monetario è
L(i,Y) = M/P. Tenendo conto di tutti i parametri si hanno un’equazione e due incognite i e Y. IL
legame risultante fra le due incognite è la curva LM.
curva LM
40
tasso d'interesse
35
30
25
20
15
10
5
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
reddito prodotto
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49
La curva così ottenuta rappresenta il luogo dei punti tali che tutte le combinazioni possibili sulla
curva di i e Y mantengono in equilibrio il mercato della moneta.
La curva LM pone una condizione di equilibrio e pertanto non descrive comportamenti, né
rappresenta ciò che accade, come è invece il caso della curva di domanda e della curva
dell’offerta.
Ogni fattore che modifica il mercato della moneta sposta la curva LM. Per esempio se l’offerta di
moneta reale(M/P) aumenta, ne segue una riduzione del tasso d’interesse per ogni livello di
reddito il che sposta, la curva LM a destra. Il risultato di un aumento nell’offerta di moneta è
uno spostamento a destra della curva LM, un abbassamento del tasso d’interesse e un più alto
livello di reddito.
Spostamenti della curva LM
40
35
tasso d'interesse
30
25
20
15
10
5
reddito prodotto
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Combinando la curva LM con la curva IS si ottiene una rappresentazione dell’equilibrio generale
del sistema economico nel senso che si determinano i valori di i e Y che assicurano l’equilibrio
del sistema..
CURVA PREZZO CONSUMO
1. 4. 1. a
Si chiama curva prezzo consumo una particolare modalità di rappresentazione della curva della
domanda ricavata nel piano delle curva di indifferenza con l’accortezza di usare per l’asse y non
la quantità del bene y, ma la quantità di moneta spesa (l’esborso per acquistare il bene y.
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50
Curva domanda prezzo
moneta destinata al bene y
1000
800
600
400
u = u1
u = u2
u = u3
u =u4
retta bil
curva prezzo-
*
200
*
*
*
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
CURVA REDDITO CONSUMO
1. 4. 1. a
La curva reddito consumo si legge nel piano x, y delle curve di indifferenza. Più specificamente,
con riferimento alla determinazione del paniere ottimale del consumatore, si individuano più
panieri ottimali (uno per ogni valore dell’entrata del consumatore I, fermi restando la struttura
delle curve di indifferenza e i valori px e py dei prezzi dei due beni): la curva reddito consumo è
quella che congiunge i diversi punti di ottimo così ottenuti.
Curva reddito consumo
120
u= u1
u = u2
u = u3
u = u4
I = I1
I = I2
I = I3
I = I4
quantità del bene y
100
80
60
curva reddito consumo
40
20
*
*
* *
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
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51
Le caratteristiche della relazione consumo reddito sono commentate alle voci curva di Engel
curva della domanda ricavata dalle curve di indifferenza e dipendenza del consumo dal reddito .
CUSTOMERIZZAZIONE
Si usa l’espressione customerizzazione (adattamento al cliente) per indicare che il prodotto è
“personalizzato” per le esigenze di un singolo cliente. E’ una particolare lavorazione per
commessa .
L’espressione è particolarmente in voga per i chips della microelettronica. Un concetto opposto è
quello di commodity, merce che ha caratteristiche standardizzate per cui un fornitore vale l’altro
ed è (salvo condizioni particolari) sempre disponibile.
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52
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53