l`impero romano e il mondo germanico prof . marcello pacifico

“L’IMPERO ROMANO E IL MONDO
GERMANICO”
PROF. MARCELLO PACIFICO
L’impero romano e
il mondo germanico
Università Telematica Pegaso
Indice
1
LE INVASIONI DEI POPOLI GERMANICI ---------------------------------------------------------------------------- 3
2
LA CRISI DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE -------------------------------------------------------------- 6
3
IL REGNO DI TEODORICO E DEI FRANCHI ----------------------------------------------------------------------- 10
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Le invasioni dei popoli germanici
Tacito nella sua opera Germania (De origine es situ Germanorum) definiva il popolo dei
Germani come “una razza pura senza mescolanze, che non assomiglia che a se stessa”. Studi recenti
hanno però dimostrato che una comunità germanica originaria e omogenea culturalmente e
linguisticamente non è mai esistita poiché i popoli germanici sono il risultato di numerosi
rimescolamenti tra popolazioni indigene di origine indoeuropea.
All’interno delle popolazioni germaniche si possono individuare tre gruppi: settentrionale in
Scandinavia e Dalmazia, orientale tra l’Oder e la Vistola, occidentale nell’attuale Germania e est del
Reno.
I primi contatti con i Romani avvennero quando i Cimbri e i Teutoni dalla Danimarca
tentarono di occupare territori in Spagna, Gallia e Italia dove però furono sconfitti da Mario.
Cesare, conquistando la Gallia, rese definitivi i contatti tra le tribù germaniche e i Romani
che si fronteggiavano sul versante del fiume Reno; si deve precisare che le tribù germaniche non
vivevano nella barbarie e non mancarono tra le due popolazioni scambi commerciali ma anche
culturali e sociali.
Proprio per chiarire meglio l’identità di queste popolazioni è utile un’analisi del De bello
gallico scritto da Cesare nel 51 a.C.: si possono delineare le caratteristiche etnologiche di questo
popolo che, ad esempio, aveva un rapporto assai mobile con l’ambiente, che credeva al primato
delle virtù guerresche e che si procurava il sostentamento soprattutto con la caccia e l’allevamento.
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L’agricoltura occupava infatti un ruolo marginale e venivano applicate pratiche primitive di
coltivazione come la pratica del debbio che consisteva nel ripulire il suolo con il fuoco, metodo che
senza pratiche di concimazione rendeva presto improduttivo il terreno e costringeva le tribù a
continui spostamenti.
Le tribù germaniche erano organizzate in clan: non esistevano proprietà private e l’unica
gerarchia esistente era quella dei duces, capi militari appartenenti a stirpi detentrici di poteri
magico-sacrali.
Si credeva che il valore militare di trasmettesse in maniera ereditaria perciò gli appartenenti
a questi clan avevano molti poteri (anche se sempre sottoposti al controllo degli anziani) sia durante
i periodi di guerra sia durante i periodi pacifici ma ciò però non li rendeva superiori agli alti uomini
liberi.
Dopo i primi contatti con i Romani che in un certo senso trasmisero il loro modello sociale
fondato su rigide gerarchie sociali furono evidenti i primi cambiamenti: fu così che nacquero le
prime elitè di guerrieri e monarchie tribali a carattere militare.
A partire dal I secolo i Germani divennero un elemento essenziale per l’impero romano: si
reclutavano intere legioni da utilizzare nelle operazioni difensive dei territori periferici resi sempre
meno sicuri a causa delle continue incursioni barbariche.
Dopo appena due secoli, nel III secolo, la presenza dei Germani era prevalente nelle schiere
dell’esercito e alcuni membri erano riusciti pure ad avere importanti funzioni ai vertici dell’esercito.
L’impero romano riuscì a superare il momento critico dello spopolamento ammettendo nei
proprio territori le tribù dei Franchi, degli Alamanni e dei Burgundi: solo in seguito queste
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popolazioni si sarebbero convertite al Cristianesimo, conversione che avrebbe equilibrato i due
mondi tanto diversi fra loro.
Tale equilibrio fu però messo in crisi dall’arrivo di una nuova minaccia: l’arrivo degli Unni
dalle steppe orientali.
Gli Unni erano dei cavalieri nomadi non organizzati però in un vero e proprio esercito;
questi travolsero Alani, Ostrogoti e Visigoti che ottennero dai Romani il permesso di stanziarsi in
Tracia (l’attuale Romania).
Lo stanziamento dei Visigoti in Tracia però generò molti problemi: essi praticavano razzie
nelle città per procurarsi viveri.
Fu così che iniziò una guerra che si concluse nel 378 con la clamorosa sconfitta romana ad
Adrianopoli dove morì lo stesso imperatore Valente.
Gli studiosi affermano che questo momento è “l’inizio della fine dell’impero”.
Le fratture all’interno dell’impero, soprattutto tra la parte occidentale e la parte orientale,
divennero sempre più marcate; l’imperatore Teodosio tra il 392 e il 395 riuscì a ripristinare una
labile forma di unità che però si concluse definitivamente alla sua morte quando l’impero venne
diviso tra i due suoi giovani figli Onorio e Arcadio.
A Onorio, posto sotto la guida del generale vandalo Stilicone, spettò la parte occidentale con
capitale Milano mentre ad Arcadio, posto sotto la guida del goto Rufino, fu assegnata la parte
orientale con capitale Costantinopoli.
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2 La crisi dell’Impero Romano d’Occidente
Teodosio scelse due tutori germanici perché voleva dare un preciso segno di apertura verso
tali popolazioni e di accoglimento all’interno delle strutture politiche e militari di membri
germanici.
In Occidente questa politica, inizialmente osteggiata dalle famiglie aristocratiche, col tempo
portò dei frutti individuabili nella convergenza tra le famiglie senatorie e le gerarchie militari grazie
alla politica conciliante di Stilicone.
Stilicone era contrario a una politica basata sulla forza ma il suo ruolo era molto delicato e lo
divenne ancor di più quando negli ambienti di corte riprese una certa ostilità verso i barbari.
Una situazione molto delicata si creò anche in Oriente a causa della ripresa da parte degli
Unni delle incursioni a danno dei Visigoti e di altri popolazione germaniche che erano stanziati
nelle zone periferiche dell’impero e diventavano sempre più inquieti e pericolosi.
Costantinopoli incoraggiò gli Unni nel tentativo di liberarsi una volta per tutte della
minaccia dei Germani; alla fine del 406 avvenne un altro episodio chiave per la storia di Roma: il
superamento del confine del Reno da parte di Alani e Svevi che si diressero verso la Gallia e la
Spagna.
Stilicone perse molti consensi e fu ucciso da un gruppo di nazionalisti romani.
Dopo la sua morte i Visigoti, guidati da Alarico, riuscirono a penetrare in Italia e il 24
agosto 410 arrivarono a Roma e la saccheggiarono per tre giorni.
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Il saccheggio di Roma ebbe profondi effetti psicologici sulla popolazione perché Roma era
stata da sempre considerata una città inviolabile e sacra e il suo saccheggio segnava quasi la fine
dell’impero che per i pagani era stata causata dall’avvento del Cristianesimo e dall’apertura verso i
barbari.
Sicuramente il superamento del Reno e il sacco di Roma costituiscono due momenti
fondamentali che diedero inizio a un percorso tutto in discesa per l’Occidente che perse autorità e
territori.
Nel 411 Alarico morì e i Visigoti risalirono la penisola stanziandosi come federati in
Aquitania; anche gli altri popoli germanici come Vandali, Alani e Svevi, ebbero riconosciuto il titoli
di federati e si stanziarono in territori imperiali.
I proprietari romani dovettero applicare l’istituto dell’hospitalitas che prevedeva l’obbligo
per i proprietari di cedere ai federati un terzo dei loro possedimenti; questi erano ormai autonomi,
avevano delle leggi proprie e sottostavano solo all’autorità del loro re.
I popoli germanici erano ormai liberi e senza controllo tanto che i Vandali guidati dal re
Genserico si spostarono prima i Africa, poi cominciarono a razziare le isole del mediterraneo
arrivando a saccheggiare Roma nel 455.
Verso la metà del V secolo dal fronte della Britannia entrarono nei territori imperiali anche
gli Angli, i Sassoni e gli Juti costringendo le popolazioni del luogo a spostarsi in altri territori.
Col passare degli anni l’autorità della parte occidentale dell’impero aveva perso sempre più
importanza riuscendo a controllare solo le province ad esso confinanti (Provenza, Rezia, Norico e
Dalmazia).
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Nel 425 Costantinopoli favorì l’ascesa del giovane Valentiniano III che, sotto la guida della
madre Galla Placida (sorella di Onorio), avrebbe svolto una funzione di protettorato della penisola.
Durante questo periodo i Romani capirono che era stato un errore osteggiare il progetto di
collaborazione e integrazione tra i barbari e i Romani pensato da Stilicone poiché queste
popolazioni erano ormai indispensabili per la sopravvivenza dell’impero. Fu per questi motivi che,
grazie anche all’aiuto del generale Ezio (di origine romana ma cresciuto tra gli Unni), si decise di
intraprendere una nuova politica di convergenza tra Romani e barbari.
I Germani furono ben presto molto utili per contrastare proprio l’avanzata degli Unni guidati
da Attila verso la Gallia; fu proprio Ezio che nel 451 riuscì a fermarli sui Campi Catalaunici, presso
Troyes capeggiando un esercito di barbari.
Nel 452 Attila riuscì comunque a invadere l’Italia entrando dal Friuli, distrusse la città di
Aquileia e fortunatamente si arrestò sul Mincio forse perché gli andò incontrò il papa Leone I ma
anche perché Attila capì che andando avanti avrebbe potuto causare un intervento di Costantinopoli
che avrebbe potuto danneggiarlo invadendo altri suoi domini.
Nel 454 Ezio venne ucciso da Valentiniano in quale a sua volta fu assassinato l’anno
successivo dai seguaci di Ezio; questa situazione creò un vuoto ai vertici dello Stato e una gran
confusione visto che si successero in maniera rapida e poco incisiva.
Tra questi imperatori si distinse lo sciro Odoacre, fu lui ad aver deposto nel 476 il giovane
imperatore Romolo Augustolo, a rimandare a Costantinopoli le insegne imperiali dichiarando che il
suo progetto era quello di governare i territori dell’impero d’Occidente non come imperatore ma
come patrizio dell’imperatore d’Oriente.
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In questo periodo l’aristocrazia senatoria romana capì che appoggiare Odoacre era la cosa
migliore perché vedevano in lui il personaggio giusto per garantire l’inserimento non traumatico dei
Germani nella struttura sociale romana unendo così le loro doti militari al loro potere politicosociale.
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3 Il Regno di Teodorico e dei Franchi
Nel 489 l’imperatore d’Oriente Zenone, preoccupato per il progetti espansionistici di
Odoacre, inviò in Italia il re ostrogoto Teodorico il quale era stato educato alla corte bizantina
insieme a tutto il suo popolo formato per la maggior parte da guerrieri.
L’aristocrazia e i membri della classe episcopale voltarono subito le spalle a Odoacre perché
in Teodorico oltre che l’inviati imperiale videro un uomo forte capace di stabilire ordine ed
equilibrio.
Un intero popolo si stanziò in Italia e anche questa volta i proprietari romani dovettero
cedere parte dei loro territori ma questa volta la pratica dell’hospitalitas non fu avvertita come
qualcosa di traumatico visto che negli anni precedenti un forte calo demografico aveva determinato
la disponibilità di terre.
Teodorico volle istaurare rapporti pacifici sia con i Romani che con la Chiesa: la sua non fu
una vera e propria dominazione, infatti egli progettò una coesistenza tra le due comunità che
avevano distinti ordinamenti giuridici.
I due popoli convivono. I Goti portano le armi, governati da comites (conti), governatori
militari dei distretti.
Teodorico era re per la sua gente e prefetto d’Italia per i Romani, il che comportava che
fosse al vertice delle strutture politiche e amministrative; i Romani furono esclusi dall’esercito e
potevano vivere seguendo le norme del diritto romano mentre i Goti potevano portare le armi e
governavano i distretti in cui era stato diviso il territorio.
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Teodorico oltre a mantenere gli ordinamenti giuridici distinti, rimise in vigore una legge
romana che vietava i matrimoni tra Romani e barbari e sostenne la religione Ariana professata dal
suo popolo.
Dal punto di vista politico il Senato rimase un presidio della romanità mentre gli aristocratici
Goti entrarono a far parte del consiglio del re; gli Ostrogoti vissero soprattutto nella Pianura Padana
in abitazioni rurali mantenendo le loro tradizioni e la loro cultura bellicosa.
Teodorico non fece nulla per agevolare un processo di integrazione tra il suo popolo e i
Romani perché era consapevole che tra i due popoli esistevano troppe differenze perciò si sarebbe
dovuto aspettare che i Goti si elevassero al livello dei Romani e che i Romani si aprissero di più alla
cultura dei Goti; naturalmente operò sempre in modo che la cultura germanica non venisse mai
soffocata di fronte a quella latina.
Il sogno di Teodorico fu quello di essere «custode della libertà e propagatore del nome
romano» ma alla fine si verificarono eventi che non ne permisero la piena realizzazione.
Teodorico infatti aveva stretto alleanze matrimoniali con molti popoli germanici come
Vandali, Franchi e Visigoti ma ben presto dovette fare i conti con il re dei Franchi Clodoveo che
portò avanti una politica estera molto aggressiva.
Contemporaneamente il papato strinse nuovi rapporti con l’impero d’Oriente, questa nuova
alleanza fece sì che l’aristocrazia guardò con rinnovata fiducia all’imperatore e con diffidenza
Teodorico che non aveva mai rinunciato a professare la religione ariana.
Teodorico divenne molto diffidente e arrivò al punto di far incarcerare lo stesso pontefice
Giovanni I; questo re morì nel 526 e con la sua morte iniziò la parabola discendente della storia
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degli Ostrogoti in Italia che toccherà il suo punto massimo nel 535 con l’arrivo in Italia di
Giustiniano.
Prima di giungere in Italia Giustiniano (tra il 533 e il 534) sconfisse definitivamente i
Vandali.
Questo popolo si era stanziato in Africa ma i rapporti con gli indigeni non erano mai stati
buoni sia perché le confische erano state brutali e senza rispettare i principi dell’hospitalitas, sia
perchè avevano effettuato persecuzioni ai danni dei cristiani ed effettuato pesanti sconfitte ai danni
della Chiesa.
La spinta delle tribù berbere resero questo popolo (già privato della figura del suo re
Genserico) più debole e fu così che Giustiniano li sconfisse facilmente.
Dal disfacimento dell’impero romano d’Occidente nacquero due solidi organismi politici: il
regno dei Visigoti e quello dei Franchi che furono guidati da sovrani capaci di creare una
convergenza di interessi sia con l’aristocrazia romana che con la Chiesa.
I Visigoti dopo aver saccheggiato Roma, si stanziarono in Aquitania e cercarono di
espandersi in Provenza e nella penisola iberica; il loro progetto espansionistico fu però fermato dai
Franchi i quali li sconfissero a Vouillè nel 507.
I Visigoti furono respinti definitivamente nel territorio iberico e tutti i loro territori
passarono in mano dei Franchi. In Spagna i Visigoti usufruirono dell’hospitalitas nella misura di
due terzi e non di un terzo ma nonostante ciò l’aristocrazia non gli fu ostile ma anzi si creò un
solido connubio tra le due parti.
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Grazie a tale unione si attuò anche un unico ordinamento giuridico (caso unico
nell’Occidente di quel tempo) e fondare una monarchia sul modello di quella romana anche se i
Goti preferivano sempre una successione elettiva e non dinastica cosa che a volte provocò problemi
e contrasti tra le due popolazioni.
La storia dei Visigoti in Spagna segnò un periodo di collaborazione e integrazione ma tale
periodo di stabilità fu interrotto nel 711 con l’invasione degli Arabi.
In origine il popolo dei Franchi non era unito e coeso ma esistevano tanti piccoli aggregati
lungo il bacino del Reno che furono inglobati a partire dal 482 da Clodoveo, iniziatore della dinastia
dei Merovingi.
Clodoveo pian piano allontanò i Romani dalla Gallia, tolse l’Aquitania ai Visigoti, riuscì a
espandersi a danno di altri popoli germanici e di piccoli gruppi etnici; solo Teodorico riuscì in parte
a contrastarlo ma dopo la sua morte anche la Provenza e i territori oltre il fiume Reno furono
conquistati dai Franchi.
I punti di forza dei Franchi erano il dinamismo militare, la collaborazione con l’aristocrazia
gallo-romana, la coesione con la Chiesa.
Clodoveo capì subito quanto poteva essere importante l’appoggio della Chiesa così favorì
una veloce conversione dal politeismo al Cattolicesimo; questa scelta eliminò ogni diffidenza verso
Clodoveo e il suo popolo e accelerò sia il processo di formazione di uno Stato basato sul modello
romano sia l’integrazione fra aristocrazia romana e gota e poi fra i due popoli.
I capi dei clan franchi impararono a gestire i grandi possedimenti fondiari e li utilizzarono
non solo per scopi rurali ma anche per costruire monasteri e chiese mentre gli appartenenti
all’aristocrazia gallo-romana pian piano assimilò gli elementi culturali e gli stili di vita dei Franchi.
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Anche i vescovi, scelti dal re tra i laici, mutarono il loro modo di pensare ma non mancarono
esempi di alta spiritualità come fu Gregorio di Tours.
Lo stato dei Franchi si sviluppò forte e coeso e l’ordinamento pubblico fu organizzato in
distretti governati dai conti.
Alla morte di Clodoveo il regno fu diviso tra i suoi 4 figli, si crearono così: la Neustria tra la
Loira e la Senna, l’Austrasia dal bacino della Mosa fino al cuore della Germania, l’Aquitania dalle
tradizioni gallo-romane, la Borgogna antico regno dei Burgundi che conservava la sua identità
politico-culturale.
Queste quattro regioni oltre ad avere caratteristiche geografiche diverse presentarono ben
presto molte differenze anche dal punto di vista politico, etnico e storico.
Questa spartizione territoriale provocò lotte per la successione, frenò il dinamismo
espansivo del regno e creò molta instabilità.
Solo nell’VIII secolo con Pipino il Breve il popolo Franco riacquistò un ruolo strategico.
Il mondo romano-germanico alla fine delle invasioni del IV-V secolo presenta degli
elementi comuni.
La società gerarchizzata dei Romani si affermò maggiormente e si diffuse anche tra
l’aristocrazia militare germanica mentre tra i ceti bassi, soprattutto tra i contadini, e nelle zone poco
romanizzate si affermò il tipo di società egualitario dei Germani.
L’adesione alle strutture sociali dei Romani fa ben capire come i popoli barbari non avessero
lo scopo di portare nuovi modelli organizzativi e di imporre la loro cultura e non esitarono a
mettersi a servizio dei Romani per sedare altri popoli barbari.
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Un altro elemento che accomuna i vari regni nati durante le invasioni germaniche è il ruolo
di primo piano che svolsero i vescovi sia come protettori della popolazione latina ma anche come
forza di conservazione della cultura ellenistico-romana. I vescovi esercitarono il loro potere in seno
alle città che però si erano molto impoverite a causa della crisi demografica e sociale del III secolo.
Le città che riuscirono a sopravvivere furono quelle che avevano la funzione di sede
vescovile essendo punto di riferimento per la popolazione latina che necessitava di elementi comuni
per convivere con le popolazioni germaniche.
È un fatto riscontrabile che dove si stabilì un rapporto pacifico di collaborazione tra i due
popoli e la conversione al Cattolicesimo dei Germani si realizzò la formazione di regni stabili
mentre dove questo non si verificò, la differenza di fede (cattolica e ariana) causò fratture tali da
rendere instabili anche le strutture politiche.
Furono proprio i vescovi le figure chiave a cui le monarchie germaniche fecero riferimento
per attingere agli strumenti culturali indispensabili per poter creare dei nuovi assetti politici stabili.
Col passare degli anni la fusione tra i due popoli fu automatica e molti elementi sociali dei
popoli Germanici andarono persi a favore del modello gerarchico della società romana che riuscì a
resistere e a mantenere il suo potere.
Le monarchie germaniche riuscirono comunque a rafforzare il proprio poter ed ebbero
particolare attenzione nel far mettere per iscritto le loro consuetudini che prima venivano trasmesse
solo oralmente per dare valenza al diritto del proprio popolo.
Espressione del rafforzamento dell’autorità regia fu anche l’attività legislativa dei sovrani
barbarici: le più antiche compilazioni furono il Codice di Eurico per i Visigoti (470-480), la legge
Salica di Clodoveo (507-511), la legge dei Burgundi (501-515) specie sulla giustizia. Questa infatti
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prevedeva pene corporali per i trasgressori mentre la giustizia germanica originariamente basata
sulla faida condannava il colpevole a pagare un ammenda, proporzionale alla condizione sociale
della vittima: a fissare l’ammontare dell’ammenda provvedeva il mallus, assemblea di uomini liberi
presieduta dal conte o da un suo delegato.
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