Principi di trattamento delle malattie allergiche

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806 ■ Parte XV Allergopatie
In alcuni pazienti, tuttavia, nel corso della successive 6-12 ore si
sviluppa un’area eritematosa nella sede del test cutaneo. Questa
reazione, detta reazione di fase tardiva, solitamente si risolve entro
24 ore. La biopsia della sede della reazione di fase tardiva rivela
la presenza di un infiltrato infiammatorio formato da cellule T,
neutrofili ed eosinofili. Si ritiene che queste reazioni siano simili
alle reazioni di fase tardiva osservate in altri organi, quali naso e
polmoni, dopo i test di provocazione.
Generalmente, il test cutaneo nei bambini viene eseguito la prima
volta utilizzando la tecnica detta prick test. Con questa tecnica si
applica una goccia di allergene sulla cute, poi se ne introduce una
piccola quantità nell’epidermide pungendo leggermente la cute con
un piccolo ago. Quando il prick test dà esito negativo ma l’anamnesi
è indicativa di allergia, si può eseguire un test cutaneo selettivo
utilizzando la tecnica intradermica. Questa tecnica comporta l’impiego di un ago da 26 gauge per l’iniezione di 0,01-0,02 mL di un
estratto allergenico nel derma del braccio. In questo tipo di esame,
che è più sensibile rispetto al prick test, la concentrazione degli
estratti allergenici utilizzati è da 1.000 a 100 volte inferiore a quella
utilizzata nel prick test. I test intradermici non sono consigliati per
gli allergeni alimentari, a causa del rischio di reazione anafilattica.
Con i test intradermici si possono manifestare reazioni più irritative
che allergiche qualora si impieghino concentrazioni superiori di
estratti (ad es. 1 : 100 peso : volume). I prick test positivi, sebbene
meno sensibili dei test intradermici, tendono a correlarsi meglio con
sintomi da esposizione naturale agli allergeni.
Spesso si impiegano gruppi di test cutanei che includono gli
allergeni specifici di una data area geografica, oltre a quelli comunemente presenti negli ambienti confinati. Il numero di tali
test deve essere personalizzato, considerando i possibili allergeni
indicati nell’anamnesi. Per ciascun gruppo di test cutanei si esegue
una prova cutanea di controllo di positività e di negatività, utilizzando rispettivamente istamina e soluzione fisiologica. È necessario
eseguire quest’ultimo controllo per escludere un eventuale dermografismo e non interpretare come allergiche delle reazioni causate,
semplicemente, dalla pressione su una cute estremamente reattiva.
È necessario, altresì, eseguire un controllo di positività per stabilire
se vi sia effettivamente la risposta cutanea all’istamina. Farmaci
con proprietà antistaminiche, infatti, somministrati in aggiunta
ad agenti adrenergici quali efedrina e adrenalina, sono in grado
di sopprimere le risposte ai test cutanei; la loro somministrazione,
quindi, deve essere sospesa per un periodo di tempo adeguato
(≈3-10 giorni) prima di eseguire il test. La somministrazione prolungata di corticosteroidi per via sistemica potrebbe deprimere la
reattività cutanea riducendo il numero dei mastociti tissutali e la
loro capacità di liberare mediatori.
In alcune circostanze, viene eseguito un test di provocazione
per verificare l’associazione tra esposizione agli allergeni e manifestazione dei sintomi. Questi test, che comportano l’esposizione ad
allergeni di cute, congiuntiva, mucosa nasale, mucosa orale, tratto
gastrointestinale o polmoni, sono eseguiti in diversi ambiti clinici e
di ricerca. I test di provocazione bronchiale sono realizzati facendo
inalare ai pazienti delle soluzioni progressivamente concentrate
di estratti allergenici nebulizzati, controllando clinicamente le
vie aeree, per rilevare eventuali ostruzioni ed eseguendo prove di
funzionalità polmonare. I risultati dei test di provocazione bronchiale sono ben correlati con altri dati clinici e con i test cutanei o
in vitro. I test di provocazione bronchiale sono stati eseguiti in un
notevole numero di casi, ma la possibilità di reazioni gravi, il tempo
richiesto, i costi e la necessità di operatori esperti per l’esecuzione
di queste indagini ne limitano l’esecuzione agli ambiti di ricerca.
Il test di provocazione bronchiale eseguito più spesso è quello
alla metacolina, che causa forte broncocostrizione nei pazienti
asmatici ma non in quelli con vie respiratorie normali. Il test di
provocazione con metacolina è eseguito, nel sospetto diagnostico
di asma, per documentare la presenza di iperreattività bronchiale
e la sua entità. Dopo avere ottenuto il risultato della spirometria
basale, vengono fatte inalare concentrazioni crescenti di metacolina
nebulizzata, fino a quando si verifichi un determinato calo della
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funzionalità polmonare, ad esempio una diminuzione del 20% del
volume espiratorio massimo nel primo secondo (Forced Expiratory
Volume in 1 second, FEV1), oppure fino a quando il paziente sia in
grado di tollerare l’inalazione di una concentrazione di metacolina
pari a 25 mg/mL senza presentare una diminuzione significativa
della funzione polmonare.
I test alimentari di provocazione vengono eseguiti per chiarire
se uno specifico alimento causi dei sintomi oppure se un alimento sospetto possa essere aggiunto al regime alimentare. Vengono
eseguiti test di provocazione per alimenti sospetti in base al dato
anamnestico e ai risultati dei test cutanei e/o in vitro. Questi test, che
possono essere eseguiti “in aperto”, in singolo cieco, in doppio cieco
oppure in doppio cieco controllato con placebo, comportano l’ingestione di quantitativi crescenti dell’alimento sospetto a determinati
intervalli di tempo, fino a quando il paziente non manifesti una
reazione oppure non mostri di tollerare perfettamente una porzione
normale di quell’alimento. A causa della possibilità di insorgenza
di reazioni allergiche gravi, questi test di provocazione devono
essere eseguiti solo in strutture adeguatamente attrezzate e dotate di
personale esperto nella gestione dei test alimentari e nel trattamento
dell’anafilassi, compresa la rianimazione cardiopolmonare.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 136
Principi di trattamento
delle malattie allergiche
Dan Atkins e Donald Y.M. Leung
I principi basilari del trattamento delle malattie allergiche consistono sia nell’evitare l’esposizione ad allergeni e irritanti che
scatenano i sintomi, sia nel trattare farmacologicamente i sintomi
causati dall’inevitabile esposizione, acuta o cronica, agli allergeni.
In determinati pazienti in cui tali misure non abbiano sortito effetti
soddisfacenti, è opportuno prendere in considerazione l’immunoterapia allergenica.
MISURE DI CONTROLLO AMBIENTALE
I bambini trascorrono la maggior parte del loro tempo in ambienti
confinati, come la casa in cui vivono. Per risparmiare energia, la
costruzione degli edifici privilegia, attualmente, l’isolamento dall’esterno; a ciò si accompagna la riduzione sia delle dimensioni degli appartamenti, sia delle possibilità di ricambio dell’aria. Queste
caratteristiche comportano l’aumento dell’umidità interna e della
concentrazione di allergeni e irritanti negli ambienti domestici. Le
indagini negli ambienti confinati evidenziano, quali fattori scatenanti di reazioni allergiche, gli acari della polvere e gli allergeni di
gatti e scarafaggi. Altri problemi possono derivare da allergeni di
altri animali, infestanti, miceti oppure da vari irritanti respiratori,
come il fumo di sigaretta.
Sono state identificate oltre 30.000 specie di acari, ma il termine acari della polvere solitamente si riferisce alla famiglia dei
Piroglifidi, che comprende Dermatophagoides pteronyssinus,
Dermatophagoides farinae e Euroglyphus maynei; questi acari
costituiscono la principale fonte domestica di allergeni. Gli acari,
a causa della respirazione e dello scambio di vapore acqueo che
avvengono attraverso la loro pelle, sono particolarmente sensibili
alla riduzione di umidità o alle temperature estreme. L’impiego
regolare di umidificatori e di condizionatori ne favorisce la sopravvivenza: gli acari, infatti, non sopravvivono in condizioni
di umidità relativa <50%. Essi, nutrendosi prevalentemente dei
residui di desquamazione prodotti dal normale ricambio della pelle
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Capitolo 136 Principi di trattamento delle malattie allergiche ■ 807
dell’uomo e di vari animali, tendono ad accumularsi su materassi
e lenzuola, tappeti e imbottiture dei mobili. Gli acari si trovano
anche nella farina e nei preparati da forno: sono stati segnalati
casi di anafilassi in seguito all’ingestione di dolci fatti in casa,
preparati con un impasto infestato da acari. Una delle principali
cause di allergia è costituita dalle feci degli acari, che consistono
in una miscela di cibo parzialmente digerito e di enzimi digestivi,
contenuta in una membrana permeabile che la protegge. Queste
pallottole fecali presentano dimensioni analoghe ai granelli di
polline (10-40 ␮m), un contenuto di allergeni simile e identica
capacità di liberare rapidamente gli allergeni a contatto con membrane mucose umide. Gli acari possono sopravvivere nel mobilio
per almeno 2 anni, ed è stato dimostrato che gli allergeni possono
rimanere stabili nel microclima dell’ambiente domestico per periodi
superiori a 4 anni. Durante le pulizie domestiche quotidiane, gli
allergeni degli acari sono trasportati attraverso l’aria (ad esempio
quando si utilizza l’aspirapolvere senza sacchetto o quando si
scuotono le lenzuola del letto). Grazie alle loro dimensioni e al
peso ridotto, le particelle allergeniche rimangono in sospensione
nell’aria in tempi relativamente rapidi. L’esposizione agli allergeni
può verificarsi anche durante il sonno, se il cuscino e il materasso
sono infestati o se la concentrazione di acari nell’abitazione è molto
elevata. Concentrazioni di allergeni degli acari della polvere pari
a 2 ␮g/g possono causare sensibilizzazione; se il valore supera i
10 ␮g/g si avranno manifestazioni sintomatiche.
Adeguate misure di controllo ambientale consentono di ridurre
significativamente l’esposizione agli allergeni degli acari della polvere (Tab. 136.1). È importante, in particolare, intervenire riducendo
l’esposizione agli allergeni degli acari nella camera da letto, dove il
bambino trascorre la maggior parte del proprio tempo. Si consiglia
Tabella 136.1 CONTROLLO AMBIENTALE DELL’ESPOSIZIONE
AGLI ALLERGENI
ALLERGENI
MISURE DI CONTROLLO
Acari della polvere
Utilizzare federe, coprimaterassi e copripiumini
impermeabili agli acari
Lavare settimanalmente le lenzuola a una temperatura
>60 °C
Rimuovere tappeti e moquette
Sostituire le tende con tapparelle avvolgibili
Rimuovere i mobili imbottiti
Ridurre l’umidità negli ambienti chiusi
Evitare animali domestici con pelo
Impedire l’accesso dell’animale in camera da letto
Tenere sotto controllo le fonti disponibili di cibo e di acqua
Mantenere asciutte e libere da acqua stagnante le superfici
del bagno e della cucina
Chiudere le crepe nei muri
Ricorrere alla disinfestazione professionale; nelle esche
occorre utilizzare pesticidi non nocivi per l’uomo
Pulire le zone soggette a proliferazione micotica
Mantenere basso il livello di umidità nella camera da letto
del paziente
Utilizzare sistemi di filtrazione dell’aria ad alta efficienza (HEPA)
nelle aree in cui si trascorre la maggior parte del tempo
Riparare le perdite nelle tubature
Sostituire le moquette con pavimenti in legno
Verificare regolarmente la presenza di acqua stagnante
e di muffe in seminterrati, cantine e soffitte
Tenere ben chiuse le finestre di casa e i finestrini
dell’automobile
Limitare la permanenza all’esterno
Evitare il campeggio, le escursioni in campagna e le attività
di giardinaggio
Utilizzare il condizionatore in auto
Utilizzare l’aria condizionata in casa
Installare filtri HEPA portatili
Detriti epidermici
di animali
Scarafaggi
Muffe
Pollini
Modificata da Leung DYM, Sampson HA, Geha RS, et al: Pediatric emergency medicine, St Louis,
2003, Mosby, p 294.
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quindi l’impiego di federe, coprimaterassi e copripiumini impermeabili agli allergeni degli acari della polvere. Il letto deve essere
accuratamente pulito, con aspirapolvere, una volta alla settimana.
Lenzuola e coprimaterassi devono essere lavati settimanalmente in
acqua calda, a una temperatura di almeno 60 °C. Si raccomanda,
inoltre, di ridurre al minimo, nella stanza, la quantità di oggetti in
grado di costituire ricettacoli di polvere, come libri, pupazzi di peluche, tendaggi e decorazioni. Gli altri principali serbatoi di acari sono
i tappeti, la moquette e le imbottiture dei mobili, che devono essere
puliti, una volta alla settimana, con un potente aspirapolvere dotato
di sacchetto a tenuta. L’applicazione di acaricidi e agenti denaturanti
è talvolta consigliata, ma la loro reale efficacia resta da dimostrare
e spesso i vantaggi non sembrano compensare i costi. La scelta
migliore, se attuabile, resta l’eliminazione di tappeti e moquette
dalla camera da letto. Altre misure di controllo consistono nel
mantenimento dell’umidità interna a valori <50% e nella riduzione
al minimo della potenza dei condizionatori nei mesi estivi.
In molti Paesi, più del 50% delle famiglie possiede un animale
domestico, solitamente un cane o un gatto. Le principali fonti di
allergeni derivanti da gatti, cani, cavalli e bestiame sono il pelo, i
detriti epidermici (forfora) e la saliva. Nel caso dei roditori, invece,
la fonte principale di allergeni è l’urina. Studi recenti hanno dimostrato la presenza di una quantità rilevante di allergeni del gatto su
piccole particelle che si comportano, aerodinamicamente, come sfere
di diametro <7 ␮m. Una quota degli allergeni del gatto (che può
raggiungere il 30%) è trasportata nell’aria da particelle di diametro
<5 ␮m. È possibile che particelle così piccole non vengano filtrate
in modo adeguato dal naso, finendo per depositarsi nelle basse vie
respiratorie. Grazie alle loro ridotte dimensioni, queste particelle
restano in sospensione nell’aria più a lungo, trasportate dalle correnti
prodotte dai sistemi di riscaldamento e di ventilazione. Ogni volta
che camminiamo sui tappeti o ci sediamo su una poltrona imbottita,
solleviamo una gran quantità di queste particelle. Fel d 1, il principale
allergene del gatto, è una proteina a carica elettrostatica elevata, che
aderisce molto facilmente a molti tipi di superfici, fra cui le pareti,
i tappeti e le imbottiture dei mobili. Gli allergeni di questo tipo si
legano agli abiti di chi possiede un gatto e sono trasportati, in questo
modo, negli edifici pubblici (quali, ad esempio, le scuole, dove ne è
stata dimostrata la presenza in quantità relativamente elevate). In
seguito, gli allergeni possono essere facilmente trasportati anche nelle
case prive di gatti. L’analisi della polvere proveniente da ambienti
domestici in cui si trovino dei gatti rivela concentrazioni di Fel d 1
comprese tra 8 ␮g e 1,5 mg/g. Nelle case in cui non vi sono gatti, la
percentuale varia tra 0,2 e 80 ␮g/g. La sensibilizzazione agli allergeni
del gatto è stata associata a concentrazioni comprese tra 1 e 8 ␮g/g.
Tappeti, moquette, imbottiture, lenzuola e materassi fungono da
riserve di allergeni, responsabili della persistenza di quantità significative anche nei mesi successivi all’allontanamento del gatto. Evitare
completamente questo tipo di allergeni è praticamente impossibile,
ma l’esposizione può essere drasticamente ridotta.
Il provvedimento più efficace è, ovviamente, l’allontanamento
dell’animale dall’ambiente domestico; è stato dimostrato, tuttavia,
che, in assenza di interventi come la pulizia delle pareti e l’eliminazione di tappeti e imbottiture, sono necessari almeno 6 mesi affinché
il livello di allergeni scenda a livelli analoghi a quelli riscontrati negli
ambienti senza gatti. Di conseguenza, chi decide di liberarsi del
gatto deve essere informato dell’impossibilità di ottenere risultati
immediati. Purtroppo, il consiglio di disfarsi dell’animale o di non
permettergli di entrare in casa è spesso ignorato. A differenza degli
allergeni degli acari, quelli del gatto sono molto leggeri e rimangono
in sospensione nell’aria per periodi più lunghi. Di conseguenza, l’uso
di climatizzatori e aspirapolvere dotati di sistemi di filtrazione ad
alta efficienza (High-Efficiency Particulate Air, HEPA) contribuisce
a limitare la quantità di allergeni del gatto nell’aria. Altri metodi
consigliati consistono nel lavare regolarmente il gatto e nell’impedirgli l’accesso alla camera da letto, mantenendola il più possibile
libera da allergeni, grazie all’uso di rivestimenti e filtri specifici. È
opportuno, inoltre, che il gatto non sia presente nelle stanze in cui
il bambino allergico trascorre la maggior parte del tempo, come
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808 ■ Parte XV Allergopatie
il soggiorno e la stanza dei giochi (si veda Tab. 136.1). Le pulizie
andrebbero effettuate utilizzando, con regolarità, un aspirapolvere
con filtro HEPA e con sacchetto spesso. Misure analoghe sono
consigliate anche per limitare l’esposizione agli allergeni di altri
animali. Resta, tuttavia, ancora da dimostrare, mediante studi controllati, l’efficacia di questi accorgimenti nel ridurre l’esposizione a
livelli tali da consentire un miglioramento clinico dimostrabile sia in
base all’attenuazione dei sintomi, sia in base alle misure del picco di
flusso espiratorio e del decremento dell’iperattività bronchiale.
L’infestazione da parte di insetti e altri animali, come topi e ratti,
è un’altra potenziale fonte di esposizione ad allergeni negli ambienti
confinati, come le abitazioni. Recenti studi hanno dimostrato che
gli allergeni degli scarafaggi costituiscono uno dei principali fattori
di rischio per lo sviluppo dell’asma nei bambini che vivono in
città. Questi bambini, una volta sensibilizzati e se continuamente
esposti a elevate concentrazioni dell’allergene, presente nelle loro
camere, risultano maggiormente soggetti al rischio di ricovero
ospedaliero d’urgenza, rispetto ai bambini asmatici non allergici
verso gli allergeni degli scarafaggi. Metodi consigliati per ridurre
l’esposizione agli allergeni sono l’eliminazione di eventuali crepe
nei muri e nei pavimenti, la riparazione di perdite delle tubature,
una particolare attenzione all’igiene della casa e l’eliminazione di
qualsiasi fonte di cibo (si veda Tab. 136.1). È consigliabile anche
la regolare disinfestazione, mediante esche o prodotti chimici.
La qualità dell’aria negli ambienti confinati può essere migliorata anche perseguendo la riduzione dell’esposizione a irritanti
respiratori. L’esposizione passiva al fumo di sigaretta aggrava
l’asma e i sintomi nasali nei pazienti allergici. Oltre a indurre
attivamente i fumatori a smettere, è indispensabile far rispettare
l’assoluto divieto di fumare negli ambienti interni. Anche l’uso di
forni a legna, camini e stufe a cherosene andrebbe scoraggiato.
Benché l’esposizione a pollini e miceti avvenga prevalentemente
all’aperto, nei mesi estivi questi allergeni sono individuabili anche
all’interno degli ambienti abitativi, in cui le concentrazioni degli
allergeni riflettono la prevalenza degli stessi all’esterno. Durante
l’inverno, quando le concentrazioni all’esterno sono basse, i miceti
maggiormente riscontrati negli ambienti confinati sono Aspergillus
e Penicillium. I miceti, spesso presenti in seminterrati umidi, prosperano nell’umidità, come avviene nel caso di perdite dalle tubature
e allagamenti, oppure in seguito all’uso eccessivo di umidificatori o
condizionatori. L’esposizione agli allergeni negli ambienti confinati
può essere ridotta mantenendo l’umidità relativa a valori <50%,
rimuovendo la moquette e i tappeti contaminati, pulendo con soluzioni contenenti il 5% di candeggina le superfici lavabili soggette a
proliferazione micotica, come la piattaforma e le tende della doccia,
i lavandini, gli scolapiatti e le pattumiere (si veda Tab. 136.1). È
consigliabile collocare dei deumidificatori nei seminterrati umidi,
eliminando qualsiasi ristagno di acqua nell’abitazione e intervenendo
sulle sue cause. Si raccomanda, inoltre, di rimuovere gli oggetti a
particolare rischio di contaminazione. Tenere chiuse porte e finestre
e utilizzare condizionatori dotati di filtri può contribuire, durante
i mesi estivi, a mantenere al minimo, negli ambienti abitativi, la
concentrazione di pollini e di miceti, mentre la loro concentrazione
all’esterno raggiunge i suoi massimi valori stagionali. L’uso di ventole
e ventilatori andrebbe, invece, evitato. È preferibile, inoltre, asciugare i panni con un’asciugatrice, anziché stenderli. Altre misure per
evitare le spore micotiche e i pollini, quando ci si trovi all’aperto,
sono l’uso dell’aria condizionata nell’automobile (tenendo i finestrini
chiusi) e il ricorso a una mascherina nelle situazioni a rischio. Si
consiglia, inoltre, di evitare le zone con vegetazione umida e muschi.
Più in generale, durante i mesi di maggiore concentrazione esterna
di allergeni, le attività all’aperto devono essere ridotte al minimo. I
pazienti sensibilizzati devono lasciare ad altri membri della famiglia
il compito di tagliare l’erba del prato o raccogliere le foglie secche nel
giardino. È opportuno lavarsi accuratamente le mani dopo qualsiasi
attività all’esterno, per evitare di trasferire i pollini agli occhi e al
naso. Doccia e shampoo, prima di andare a dormire, contribuiscono
a impedire la contaminazione del letto con gli allergeni. Durante il
giorno, il letto deve restare accuratamente coperto.
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TERAPIA FARMACOLOGICA
Agenti adrenergici
Gli agenti adrenergici esercitano i loro effetti in molti tessuti bersaglio, attraverso la stimolazione dei recettori di membrana ␣- e
␤-adrenergici, che appartengono alla superfamiglia dei recettori
accoppiati alla proteina G. In generale, la stimolazione dei recettori
␣-adrenergici determina una risposta eccitatoria, come la vasocostrizione, mentre la stimolazione dei recettori ␤-adrenergici causa
una risposta inibitoria, come la broncodilatazione. I recettori
␣-adrenergici sono classificati in due sottogruppi, definiti ␣1 e
␣2. Ulteriori studi su questi recettori nell’uomo hanno portato
all’individuazione di 3 sottotipi di recettori ␣1-adrenergici e di
3 sottotipi di recettori ␣2-adrenergici. I recettori ␤-adrenergici sono
a loro volta suddivisi in 3 sottotipi: ␤1, ␤2 e ␤3. Ciascuno di questi
tipi di recettore mostra una caratteristica distribuzione tissutale.
In un particolare tessuto, la risposta fisiologica conseguente alla
somministrazione di un agente adrenergico dipende dalle specifiche
capacità di legame tra il recettore e il farmaco, nonché dal numero
e dalla distribuzione dei vari tipi di recettori adrenergici nel tessuto.
L’adrenalina è il farmaco di elezione per il trattamento dell’anafilassi, grazie ai suoi effetti combinati ␣- e ␤-adrenergici.
Gli agenti ␣-adrenergici sono efficaci nel trattamento della rinite
allergica per i loro effetti decongestionanti (si vedano Tabelle 137.2
e 137.4). Nel naso, la stimolazione dei recettori ␣1-adrenergici delle venule postcapillari e dei recettori ␣2-adrenergici delle arteriole
precapillari provoca vasocostrizione, con conseguente riduzione
della congestione nasale. I decongestionanti per somministrazione
orale attualmente in uso nella pratica clinica sono la pseudoefedrina
e la fenilefrina. Tali farmaci sono disponibili singolarmente o in
associazione con antistaminici, in forma liquida o in pastiglie (comprese le preparazioni a rilascio protratto). La fenilpropanolamina e
tutti i prodotti di associazione contenenti questa amina simpaticomimetica, la cui struttura è simile a quella della pseudoefedrina, sono
stati ritirati dal mercato statunitense dalla Food and Drug Administration (FDA) a causa del sospetto rischio di ictus emorragico e
dell’impossibilità di predire i soggetti a rischio. La pseudoefedrina è
assorbita rapidamente, mentre la fenilefrina (il meno efficace dei due
farmaci) è assorbita in maniera incompleta, e di conseguenza ha una
biodisponibilità notevolmente inferiore, pari a ≈38%. Il picco della
concentrazione plasmatica è raggiunto in un periodo compreso fra
30 minuti e 2 ore dopo la somministrazione, ma l’effetto decongestionante non è direttamente collegato alle concentrazioni plasmatiche.
La pseudoefedrina è escreta dai reni, sostanzialmente immodificata.
L’uso di decongestionanti per via orale deve essere evitato in pazienti
con ipertensione, coronaropatie, glaucoma o disturbi metabolici come
il diabete e l’ipertiroidismo. Tra gli effetti avversi segnalati figurano:
eccitabilità, cefalea, nervosismo, palpitazioni, tachicardia, aritmie,
ipertensione, nausea, vomito e ritenzione urinaria. I seguenti decongestionanti sono disponibili in forma di spray nasale per uso topico:
fenilefrina, ossimetazolina, naftazolina, tetraidrozolina e xilometazolina. Per la loro efficacia e rapidità di azione, questi farmaci sono
particolarmente soggetti al rischio di abuso, con conseguente effetto
rebound della congestione nasale. In tal caso, è necessario sospendere
la somministrazione di questi prodotti per 2-3 giorni.
I farmaci che stimolano i recettori ␤-adrenergici vengono utilizzati da anni nel trattamento dell’asma, in virtù dei loro potenti effetti
broncodilatatori (si veda Tab. 138.11). La classificazione dei recettori ␤-adrenergici in sottogruppi ␤1 e ␤2 ha consentito la produzione
di farmaci selettivi per il tipo ␤2, come l’albuterolo, che presentano
il vantaggio di garantire una broncodilatazione efficace associata
a una minore stimolazione cardiaca. Gli agonisti ␤2-adrenergici
per somministrazione inalatoria a lunga durata d’azione (LongActing Beta-adrenergic Agonists, LABA) salmeterolo e formoterolo
hanno una durata d’azione di 12 ore e il loro uso è approvato
nei bambini di età ≥4 anni. I LABA non sono raccomandati per
il trattamento delle esacerbazioni acute di asma a causa della
loro azione a insorgenza relativamente lenta. Essendovi preoccupazioni circa un rischio apparentemente aumentato di eventi
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Capitolo 136 Principi di trattamento delle malattie allergiche ■ 809
avversi correlati all’asma, i LABA non sono raccomandati come
monoterapia per il controllo a lungo termine dell’asma persistente;
il loro uso è indicato piuttosto in associazione con uno steroide inalatorio. I preparati in polvere da somministrare per inalazione e con
inalatore-dosatore, in cui un LABA è associato a un corticosteroide
assorbibile per inalazione, hanno contribuito a modificare in maniera significativa il trattamento dei bambini con asma persistente
di grado moderato. In aggiunta al loro effetto broncodilatatore,
gli agonisti ␤2-adrenergici migliorano la clearance mucociliare,
riducono la permeabilità microvascolare, inibiscono la trasmissione
nervosa colinergica e limitano la liberazione del mediatore nei
mastociti, nei basofili e negli eosinofili. I farmaci ␤-adrenergici
possono essere somministrati per via orale, per inalazione o per
iniezione endovenosa. L’inalazione è la forma preferibile, per i
suoi minori effetti avversi e per la rapidità dell’azione. Tra gli
effetti avversi dei farmaci ␤-adrenergici si annoverano tremori,
palpitazioni, tachicardia, aritmie, stimolazione del sistema nervoso
centrale, iperglicemia, ipokaliemia, ipomagnesemia e un aumento
transitorio dell’ipossia, attribuito all’incremento della perfusione in
aree del polmone asmatico non adeguatamente ventilate. Secondo
alcuni studi, il levalbuterolo (un isomero singolo dell’albuterolo,
sviluppato per ridurre gli effetti avversi dei ␤-agonisti a effetto
breve) produce effetti broncodilatatori clinicamente paragonabili
a quelli dell’albuterolo racemico, a dosi più basse e con un miglior
profilo di sicurezza. Il levalbuterolo è disponibile in forma somministrabile per nebulizzazione e con dosatore per inalazione.
Agenti anticolinergici
I farmaci anticolinergici inibiscono i riflessi mediati dal nervo vago, antagonizzando l’azione dell’acetilcolina a livello dei recettori
muscarinici. Tra gli agenti anticolinergici disponibili, l’ipratropio
bromuro è quello più comunemente utilizzato. Esso consiste in
un’ammina quaternaria, scarsamente assorbita attraverso le superfici mucose e non in grado di oltrepassare rapidamente la barriera
ematoencefalica. Questo farmaco non è efficace negli interventi
di urgenza, perché richiede tempi lunghi per raggiungere l’effetto
massimo e perché la sua azione di broncodilatazione ha un esordio
ancora più lento di quella dei ␤2-agonisti. L’ipratropio è disponibile,
dietro presentazione di ricetta medica, in inalatori che rilasciano
17 ␮g per ogni spruzzo, oppure in soluzione nebulizzata allo 0,02%
(500 ␮g/2,5 mL). Gli anticolinergici da somministrare per inalazione
presentano scarsi effetti avversi ma, talvolta, inducono tosse.
L’ipratropio somministrato in forma di spray nasale (allo
0,03-0,06%) si è dimostrato efficace nella riduzione della rinorrea
conseguente a rinite cronica non allergica, a raffreddore comune e
a fattori scatenanti quali l’esposizione a irritanti o ad aria fredda.
Il suo impiego è limitato nei casi di rinite allergica da moderata a
grave, perché il farmaco non agisce sugli altri comuni sintomi nasali,
come gli starnuti, la congestione nasale e il prurito. L’uso di spray
nasali può, occasionalmente, causare secchezza nasale ed epistassi.
Antistaminici
La liberazione di istamina e i suoi effetti sui tessuti circostanti svolgono un ruolo primario nell’insorgenza dei sintomi classicamente
associati alla risposta allergica. Di conseguenza, gli antistaminici
sono spesso usati per il trattamento delle malattie allergiche. L’istamina esercita i propri effetti attraverso il legame con uno dei suoi
quattro recettori, denominati H1, H2, H3 e H4. I principali sintomi
allergici scatenati dal legame con il recettore H1 sono: dolore, prurito, vasodilatazione, aumento della permeabilità vascolare, contrazione della muscolatura liscia, produzione di muco, stimolazione
delle terminazioni e dei riflessi parasimpatici. Il gene umano del
recettore H1 è stato individuato nella parte distale del braccio corto
del cromosoma 3. L’effetto antimuscarinico di alcuni dei primi tipi
di antistaminici di tipo H1 può essere spiegato sulla base del 45%
di omologia tra recettore H1 e recettore umano per la muscarina.
Gli antistaminici H1 prevengono gli effetti dell’attivazione del
recettore H1 legandosi a tale recettore e inibendo così, in modo
competitivo e reversibile, l’azione dell’istamina. Perciò gli anti-
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Tabella 136.2 CLASSIFICAZIONE DEGLI ANTISTAMINICI (ANTAGONISTI H1)
CLASSE
ETILENEDIAMINE
Prima generazione
ETANOLAMINE - TIPO II
Prima generazione
ALCHILAMINE - TIPO III
Prima generazione
Seconda generazione
PIPERAZINE - TIPO IV
Prima generazione
Seconda generazione
PIPERIDINE - TIPO V
Prima generazione
Seconda generazione
FENOTIAZINE - TIPO VI
Prima generazione
ESEMPI
Antazolina, pirilamina, tripelennamina
Carbinoxamina, clemastina, difenidramina
Bromfeniramina, clorfeniramina, triprolidina
Acrivastina
Ciclizina, idroxizina, meclizina
Cetirizina
Azatadina, ciproeptadina
Fexofenadina, loratadina
Metidilazina, prometazina
staminici funzionano al meglio nel prevenire l’azione dell’istamina,
anziché nel contrastarla, e risultano più efficaci se somministrati
a dosi e intervalli che consentono la persistente saturazione dei
recettori del tessuto bersaglio.
Gli antistaminici H1 sono tradizionalmente suddivisi in sei classi,
sulla base delle differenze nella loro struttura chimica (Tab. 136.2;
si veda Tab. 137.2). Si distinguono, inoltre, due sottocategorie: da
una parte gli antistaminici di prima generazione, che attraversano la
barriera ematoencencefalica (grazie alla loro lipofilia) esercitando i
loro effetti sul sistema nervoso centrale; dall’altra gli antistaminici di
seconda generazione, che provocano effetti minimi o nulli sul sistema
nervoso, perché le dimensioni, la carica e la lipofobia delle molecole
impediscono a queste di attraversare la barriera ematoencencefalica.
Gli effetti sedativi e di alterazione cognitiva associati all’uso degli antistaminici di prima generazione sono ben documentati. Da quanto detto sopra, si evince che uno dei principali vantaggi degli antistaminici
di seconda generazione consiste nello scarso o assente effetto sedativo.
Entrambi i tipi di antistaminici sono disponibili in preparazioni orali.
Diversi antistaminici di prima generazione sono vendibili senza ricetta
medica, mentre la loratadina e la ceterizina sono attualmente gli antistaminici di seconda generazione in vendita come prodotto da banco.
Altri antistaminici di prima e di seconda generazione necessitano di
prescrizione medica. L’azelastina e l’olopatadina (che è anche uno stabilizzatore dei mastociti) sono gli unici farmaci disponibili in forma di
spray nasale. Il beneficio di questa forma di somministrazione consiste
nella rapidità di azione (l’effetto compare entro 15-30 minuti). L’azelastina è assorbita a livello sistemico; essendo in grado di attraversare
la barriera ematoencencefalica, essa può avere, in alcuni pazienti,
effetti sul sistema nervoso centrale. La sua somministrazione non è
attualmente consentita nei bambini di età <12 anni.
Gli antistaminici somministrati oralmente sono facilmente assorbiti e raggiungono il picco della concentrazione sierica entro
∼2 ore. È generalmente possibile ottenere elevate concentrazioni
tissutali, come è dimostrato dal perdurare della soppressione della
reazione di anafilassi cutanea, malgrado la rilevante diminuzione
delle concentrazioni sieriche. La maggior parte degli antistaminici
è metabolizzata dal sistema enzimatico del citocromo epatico
P450. L’eliminazione del farmaco può essere scarsa in pazienti con
insufficienza epatica o in seguito alla contemporanea assunzione di
inibitori di tale via metabolica, come l’eritromicina e altri antibiotici macrolidi, la ciprofloxacina, il ketoconazolo, l’itraconazolo e
alcuni antidepressivi come il nefazodone e la fluvoxamina. Alcuni
antistaminici, come l’idrossizina e la loratadina, sono convertiti
in metaboliti clinicamente attivi. Nei pazienti con insufficienza
renale, la clearance della fexofenadina e della cetirizina è ridotta.
Anche i pazienti con disfunzione epatica rischiano una riduzione
della clearance della cetirizina.
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810 ■ Parte XV Allergopatie
L’efficacia degli antistaminici nel trattamento delle rinocongiuntiviti allergiche stagionali o perenni è ben documentata (Cap.
137). Questi farmaci, rispetto al cromoglicato sodico, sono più
efficaci nell’alleviare i sintomi nasali allergici, ma risultano significativamente meno efficaci dei corticosteroidi somministrati
per via nasale. È stato segnalato un miglioramento sintomatico
nei pazienti con rinite allergica a seguito della somministrazione
combinata di un antistaminico e di un decongestionante o un corticosteroide per via nasale. Sono state, dunque, immesse sul mercato
diverse formulazioni, basate sulla combinazione di questi due
tipi di farmaci. Gli antistaminici hanno dimostrato il loro effetto
benefico anche nel trattamento dell’orticaria e dell’angioedema
(acuti o cronici). Riguardo all’asma, per le dosi convenzionali è
difficile documentare l’efficacia clinica di un antistaminico (oltre al
semplice miglioramento del quadro della rinite allergica).
Gli antistaminici di seconda generazione costituiscono i farmaci
di elezione nel trattamento delle malattie allergiche nei bambini, in
virtù della loro efficacia e dei trascurabili effetti sedativi e anticolinergici rispetto a quelli di prima generazione. La modalità di assunzione
della maggior parte di questi farmaci, in un’unica dose quotidiana,
favorisce l’aderenza al trattamento. Malgrado ciò, gli antistaminici
di prima generazione sono ancor oggi utilizzati, per la loro ampia
diffusione e per il loro basso costo. Tra gli effetti avversi riscontrati
più di frequente figurano l’alterazione delle capacità cognitive e gli
effetti anticolinergici associati all’uso degli antistaminici di prima generazione. Gli effetti avversi anticolinergici riscontrati possono comprendere xerostomia, scarsa lacrimazione, ritenzione urinaria, stipsi,
eccitazione, nervosismo, palpitazioni e tachicardia. In associazione
all’uso di due antistaminici di seconda generazione, poi eliminati dal
commercio, sono stati segnalati allungamento dell’intervallo QT e
tachicardia ventricolare (torsioni di punta). I farmaci attualmente
in uso non danno luogo a effetti cardiaci preoccupanti.
Cromoni
Il cromoglicato sodico, ovvero il sale disodico del 1,3-bis (2carbossicromon-5-ilossi)-2-idrossipropano e il nedocromil sodico
(acido piranochinolina dicarbossilico) sono i due cromoni utilizzati
nel trattamento dei disturbi allergici. Nessuno dei due farmaci è
efficace a seguito di somministrazione orale: viene assorbito, infatti,
soltanto l’1% della dose assunta oralmente. Questa percentuale
non è metabolizzata, ma è rapidamente eliminata in misura approssimativamente uguale da reni e fegato. È dunque preferibile
l’applicazione topica sulla superficie mucosa dell’organo bersaglio
interessato. Entrambi i farmaci inibiscono la degranulazione dei
mastociti e la liberazione del mediatore, sopprimendo l’attivazione
di una grande varietà di cellule, come gli eosinofili, i neutrofili, i
macrofagi e le cellule epiteliali. Questi agenti, inoltre, deprimono
l’attività delle fibre nervose afferenti di tipo C del sistema nervoso
non adrenergico non colinergico. Oltre a inibire l’aumento intracellulare di calcio libero, a seguito dell’attivazione dei mastociti,
i cromoni fosforilano una proteina analoga alla moesina, ritenuta
implicata nel rilascio del mediatore finale. Malgrado questi riscontri, il meccanismo di azione molecolare di questi farmaci non
è stato ancora definito con precisione.
Se somministrati prima dell’esposizione allergenica, il cromoglicato e il nedocromil prevengono le risposte allergiche precoci
e tardive. Essi bloccano l’iperreattività bronchiale indotta dall’allergene, nonché quella stagionale non specifica. A seguito di
somministrazione protratta, entrambi i farmaci sono in grado
di ridurre l’iperreattività bronchiale. Pur non avendo proprietà
broncodilatatrici, essi possono inibire gli effetti broncocostrittori
di molti stimoli, quali allergeni, attività fisica, iperventilazione
indotta da aria fredda, acqua distillata nebulizzata con apparecchio
a ultrasuoni ed esposizione a inquinanti atmosferici e industriali.
Cromoglicato e nedocromil sono usati come terapia alternativa,
ma non di elezione, per il trattamento dell’asma persistente lieve.
A causa dell’assenza di proprietà broncodilatatrici, non sono utili
nei casi acuti, ma possono contribuire al trattamento preventivo
prima dello svolgimento di un’intensa attività fisica o prima di
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un’inevitabile esposizione ad allergeni. Il nedocromil è il farmaco
più potente tra i due. Il cromoglicato è disponibile, con prescrizione medica, per il trattamento dell’asma in soluzione nebulizzata all’1% (20 mg/2 mL) o in dosatore per inalazione (800 ␮g/
erogazione). La dose consigliata per il trattamento dell’asma è di
20 mg nebulizzati, da 2 a 4 volte/die, oppure di 1,6 mg spray da 2
a 4 volte/die. Diversi studi hanno confermato l’utilità del cromoglicato nel trattamento della rinite e della congiuntivite allergiche.
I preparati per la somministrazione nasale e oculare sono vendibili
senza ricetta medica. La dose consigliata per la rinite allergica è
una erogazione spray (5,2 mg) per ciascuna narice 3-4 volte/die
(si veda Tab. 137.4). Per la congiuntivite allergica, la dose consigliata è una goccia per occhio di soluzione oftalmica al 4% da 4 a
6 volte/die. Il nedocromil non è disponibile in forma nebulizzata,
ma soltanto con inalatore. La dose raccomandata per il trattamento
dell’asma è di 3,5 mg (1,75 mg/puff) 2-4 volte/die. È in commercio
una soluzione di nedocromil al 2% (vendibile dietro presentazione
di ricetta medica) per il trattamento della congiuntivite allergica;
la dose suggerita è di 1-2 gocce per occhio 2 volte/die.
La sicurezza di questi farmaci, anche in caso di uso prolungato,
è ben documentata. Gli effetti avversi del cromoglicato segnalati
più frequentemente sono gola secca e broncocostrizione transitoria. Solo in rari casi si verifica una sensibilizzazione al farmaco. I
pazienti che utilizzano il nedocromil lamentano, talvolta, il suo cattivo sapore. Gli effetti avversi del nedocromil, segnalati raramente,
consistono in tosse, mal di gola, rinite, mal di testa e nausea.
Glucocorticoidi
Per le loro potenti proprietà antinfiammatorie, i glucocorticoidi
sono ampiamente utilizzati nel trattamento dei disturbi allergici. La
loro azione è mediata dal recettore per i glucocorticoidi, presente
in tutte le cellule effettrici infiammatorie, e dall’inibizione diretta
delle citochine e dei mediatori. I glucocorticoidi sono disponibili in
preparati oftalmici per uso topico, spray nasali, creme e pomate,
inalatori e soluzioni per nebulizzazione. La somministrazione
sistemica avviene per via orale o parenterale. Il corretto utilizzo e
l’efficacia dei glucocorticoidi nel trattamento dei sintomi allergici,
nonché i loro effetti avversi, sono approfonditi nei capitoli dedicati
alle diverse malattie allergiche (Capp. 137-152).
Antagonisti recettoriali dei leucotrieni
I farmaci che modificano la via dei leucotrieni esercitano i loro
effetti clinici inibendo la produzione di queste molecole, oppure
bloccandone il legame con il recettore specifico. Tali agenti hanno
effetti broncodilatatori e deboli proprietà antinfiammatorie. Oltre
a inibire la fase precoce e tardiva della risposta allergica, riducono
la broncocostrizione indotta dall’attività fisica o dall’esposizione
ad allergeni, acido acetilsalicilico o aria fredda. Questi agenti sono
utilizzati, talvolta, nel trattamento dell’asma (Cap. 138) e si sono
rivelati moderatamente efficaci nella terapia della rinite allergica
(Cap. 137).
Teofillina
Grazie ai suoi effetti broncodilatatori, la teofillina (1,3-dimetilxantina)
viene utilizzata da anni nel trattamento delle forme asmatiche acute e
croniche. L’inibizione non specifica di isoenzimi della fosfodiesterasi
e l’antagonismo a livello dei recettori per l’adenosina si verificano
quando la concentrazione sierica del farmaco raggiunge un livello
sufficiente. L’effetto dilatatorio è causato, probabilmente, dall’inibizione della fosfodiesterasi, mentre l’antagonismo a livello dei recettori
per l’adenosina può svolgere un ruolo importante nell’attenuazione
della fatica diaframmatica e nella riduzione della liberazione del
mediatore dei mastociti, indotta dall’adenosina. La teofillina inibisce
la fase immediata e tardiva della risposta polmonare all’allergene e
mostra un moderato effetto protettivo. Sono stati documentati anche
effetti antinfiammatori e immunomodulatori specifici. La teofillina
(vendibile dietro presentazione di ricetta medica) è disponibile in due
formulazioni: ad assorbimento rapido o a rilascio lento. Se utilizzata
per il trattamento di crisi asmatiche gravi, è spesso somministrata
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Capitolo 136 Principi di trattamento delle malattie allergiche ■ 811
per via endovenosa. Gli effetti tossici e terapeutici della teofillina
dipendono dalla concentrazione sierica: quando questa si avvicina o
supera 20 ␮g/mL, l’incidenza degli effetti tossici aumenta significativamente. Molte condizioni morbose e molti farmaci sono in grado di
favorire o rallentare il metabolismo della teofillina, i cui effetti tossici
possono manifestarsi con lieve nausea, insonnia, irritabilità, tremori,
cefalea, fino ad aritmie cardiache, convulsioni e morte. La gravità di
questi effetti richiede un attento monitoraggio delle concentrazioni
sieriche del farmaco. A causa della necessità di monitoraggio e della
potenziale tossicità, l’impiego della teofillina si è notevolmente ridotto
dopo l’introduzione di efficaci terapie alternative per il trattamento
delle forme acute e croniche di asma (Cap. 138).
Lodoxamide trometamolo
Il lodoxamide trometamolo, uno stabilizzante dei mastociti, è più
efficace del cromoglicato sodico per applicazione topica nell’alleviare i segni e i sintomi allergici oculari (Cap. 141). Il farmaco
è utilizzato nei bambini di età >2 anni con cheratocongiuntivite,
congiuntivite e cheratite primaverile. Un effetto avverso riportato
occasionalmente consiste in una transitoria sensazione di bruciore
dopo l’instillazione.
Olopatadina cloridrato
L’olopatadina cloridrato è, allo stesso tempo, uno stabilizzante dei
mastociti e un antagonista del recettore H1, efficace nell’alleviare
i segni e i sintomi della congiuntivite allergica dopo instillazione
topica. Non può essere utilizzato nei bambini di età inferiore ai
3 anni. Il 7% dei pazienti trattati lamenta mal di testa, mentre una
sensazione di bruciore è segnalata in <5% dei casi.
Anticorpi anti-immunoglobuline E
Gli anticorpi monoclonali anti-immunoglobuline E (anti-IgE) si
legano alle IgE circolanti, a livello del sito di legame di queste
ultime sui mastociti, impedendone l’adesione. La somministrazione
parenterale di anticorpi anti-IgE riduce la concentrazione sierica
di IgE, inibisce la risposta al test cutaneo nei pazienti allergici,
sopprime la fase precoce e tardiva della risposta agli allergeni e
riduce l’eosinofilia nell’escreato dei soggetti asmatici. Gli anticorpi
anti-IgE hanno effetti benefici sui pazienti con rinite allergica e
con asma. Un preparato anti-IgE (omalizumab) è disponibile per
il trattamento di bambini di età ≥12 anni con diagnosi di asma
allergico che non risponde al trattamento con corticosteroidi per
inalazione. Sebbene questo agente sia in genere ben tollerato,
sono state segnalate reazioni locali in corrispondenza dei siti di
iniezione e rari casi di anafilassi. Gli anticorpi anti-IgE sono utili
anche nel trattamento di altri disturbi allergici, come l’anafilassi
o le intolleranze alimentari. L’impiego di un preparato a base di
anticorpi monoclonali anti-IgE in pazienti adulti con allergia alle
arachidi ha consentito di elevare significativamente la soglia di
tolleranza di questi pazienti. Gli elevati costi di questa terapia
richiedono un’accurata selezione iniziale dei pazienti: saranno da
prediligere i soggetti con sintomi persistenti malgrado una terapia
farmacologica aggressiva, quelli con più di un disturbo allergico e
quelli in cui la terapia in atto produca effetti collaterali gravi.
Nuove terapie
Sono in corso di sperimentazione diverse strategie per inibire
l’azione delle citochine proinfiammatorie. Uno degli approcci
studiati consiste nell’uso di recettori solubili ricombinanti, che si
legano a una specifica citochina, inibendone la capacità di legame
ai recettori della membrana cellulare. Strategie alternative sono
lo sviluppo di specifici antagonisti recettoriali delle citochine e la
somministrazione di anticorpi monoclonali umanizzati anticitochine. Gli antagonisti solubili ricombinanti recettoriali dell’interleuchina-4 (IL-4) esercitano i loro effetti legandosi all’IL-4 e
inattivandola prima che possa legarsi, a sua volta, ai recettori della
membrana cellulare. Studi iniziali, svolti su pazienti con asma di
grado moderato che assumevano corticosteroidi per inalazione,
avevano dato risultati i quali deponevano per un effetto benefico;
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tuttavia, ricerche successive, pur confermando la sicurezza di queste terapie, non hanno confermato tali incoraggianti risultati.
Studi clinici sull’impiego degli anticorpi monoclonali umanizzati
anti-IL-5, somministrati per iniezione in pazienti asmatici, hanno
mostrato che la terapia permette di conseguire una diminuzione
degli eosinofili circolanti e dell’eosinofilia dell’escreato, ma con una
riduzione di minore entità nella sottomucosa bronchiale. Inoltre,
gli effetti positivi segnalati non sono associati a una riduzione della
reattività alla metacolina né a una soppressione della fase precoce
e tardiva della risposta agli allergeni.
L’uso di citochine con effetti antinfiammatori nel trattamento
dei disturbi allergici è in fase di studio. Purtroppo, ricerche iniziali
non sono riuscite a dimostrare gli effetti benefici dell’IL-10 o degli interferoni nel trattamento dell’asma. La somministrazione
di IL-12 mostra di associarsi a una riduzione dell’accumulo di
eosinofili in risposta all’esposizione agli allergeni, ma non è stata
osservata alcuna inibizione delle fasi iniziale e tardiva della risposta
all’antigene, né si è rilevato alcun decremento dell’iperreattività
bronchiale. Inoltre, l’elevata incidenza di effetti avversi significativi
contribuisce a limitare il potenziale terapeutico dell’IL-12.
IMMUNOTERAPIA ALLERGENICA
L’immunoterapia allergenica prevede la somministrazione graduale
di dosi crescenti di allergeni, allo scopo di eliminare o ridurre le
reazioni cliniche indesiderate in risposta alla successiva naturale
esposizione del paziente a tali allergeni. Se attuata con competenza
in soggetti accuratamente selezionati, questa terapia si è dimostrata
sicura ed efficace, in grado non soltanto di prevenire i sintomi,
ma anche di modificare la naturale progressione della malattia,
riducendone al minimo la durata. L’immunoterapia allergenica
convenzionale viene somministrata per via sottocutanea, sotto la
supervisione di un allergologo esperto.
Indicazioni e controindicazioni
L’immunoterapia allergenica è riservata a pazienti con una malattia allergica che risponde a questa forma di terapia, come la
rinocongiuntivite allergica stagionale o perenne, l’asma scatenato
dall’esposizione ad allergeni e la sensibilità al veleno di insetti.
Questa terapia non è consigliata nel trattamento delle allergie
alimentari, della dermatite atopica, dell’orticaria acuta o cronica
e dell’allergia al lattice, perché la sua efficacia in questi casi non
è ancora stata dimostrata. Prima di prendere in considerazione
questa opzione terapeutica, è opportuno valutare, mediante un
test cutaneo o un test in vitro, la sensibilità del paziente agli allergeni che gli verranno somministrati, allo scopo di misurare
l’incremento nella concentrazione sierica di IgE specifiche per
quel particolare allergene. La rilevanza clinica di tali allergeni
andrebbe confermata da un’accurata raccolta dei dati anamnestici
riguardanti la comparsa dei sintomi in rapporto a un’esposizione
certa a determinati allergeni, oppure riguardanti una cronologia
dei sintomi che consenta di correlare la loro comparsa con una
sospetta esposizione a uno specifico allergene (ad esempio, quando
i disturbi nasali e oculari si manifestano verso la fine dell’estate e
all’inizio dell’autunno, in un bambino con test cutaneo positivo per
i pollini). La durata e la gravità dei sintomi del paziente giustificano
il ricorso a una terapia costosa, impegnativa e associata a un certo
numero di rischi. Prima di prendere una decisione, è opportuno
documentare la presenza di sintomi invalidanti malgrado gli sforzi
per evitare l’esposizione all’allergene e il pregresso tentativo con la
terapia farmacologica standard più adatta quanto a scelta dei farmaci e loro posologia. Nel caso dei pazienti sensibili agli allergeni
stagionali, l’immunoterapia viene intrapresa se la sintomatologia è
comparsa per almeno due stagioni consecutive, salvo che i sintomi
non siano particolarmente gravi o gli effetti collaterali dei farmaci
precedentemente assunti si rivelino intollerabili. L’unica ovvia
eccezione a questa regola è il bambino con anafilassi da puntura
di insetto, che deve essere sottoposto a immunoterapia non appena
la diagnosi sia stata correttamente formulata (Cap. 140).
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812 ■ Parte XV Allergopatie
Altri fattori che possono incidere sulla scelta dell’immunoterapia sono legati alla qualità della vita del paziente e includono la
considerazione dei giorni di scuola da perdere, l’età del paziente,
i fattori logistici e quelli economici. A eccezione dell’immunoterapia nei casi di ipersensibilità a veleni, sono disponibili scarsi
dati sull’efficacia di questa terapia nei bambini di età <5 anni.
L’immunoterapia allergenica non è consigliata nei bambini di età
<5 anni, a causa dei maggiori rischi di reazioni sistemiche, della
difficoltà del trattamento dell’anafilassi, della possibile incapacità
del bambino di comunicare chiaramente con il medico in caso di
reazione allergica e del rischio di stress emotivo legato alle frequenti iniezioni. Altri importanti fattori logistici sono la disponibilità
del paziente a sottoporsi a un ciclo di frequenti iniezioni nel corso
di diversi anni, la considerazione dei costi e la disponibilità di un
ambiente appropriato per la somministrazione della terapia.
L’immunoterapia allergenica è controindicata nei bambini che
assumono ␤-bloccanti o che presentano disturbi immunologici
o malattie autoimmuni, aspergillosi broncopolmonare allergica,
polmonite da ipersensibilità, gravi condizioni morbose psichiatriche o malattie tali da compromettere la sopravvivenza in caso di
reazione allergica. La gravidanza costituisce una controindicazione
per l’avvio della terapia o per l’aumento delle dosi; nondimeno,
le adolescenti incinte possono continuare ad assumere la dose di
mantenimento consueta. I pazienti con asma instabile non devono
iniziare la terapia, a causa dell’eccessivo rischio di anafilassi fatale.
L’immunoterapia allergenica non ha dimostrato alcun effetto benefico nel trattamento dell’aspergillosi broncopolmonare allergica e
della polmonite da ipersensibilità. I ␤-bloccanti devono essere sostituiti con altri farmaci, prima di poter prendere in considerazione
l’immunoterapia, a causa dell’aumento dell’intensità delle reazioni
allergiche e della scarsa risposta della terapia convenzionale a
queste reazioni con i ␤-bloccanti. L’immunoterapia allergenica è
solitamente da evitarsi anche nei pazienti con disturbi autoimmuni,
a causa del rischio non prevedibile di stimolazione del sistema
immunitario, che potrebbe comportare l’attivazione della malattia
autoimmune.
Estratti di allergeni
La potenza degli estratti acquosi utilizzati nell’immunoterapia
allergenica è influenzata da diversi fattori. Gli allergeni del polline
di graminacee e di erbe sono più facili da estrarre in forma liquida e
risultano, dunque, più efficaci di quelli ottenuti da altre fonti, come
muffe, pollini di alberi e acari. A causa della loro complessità, gli
estratti di allergeni fungini sono meno stabili rispetto a quelli di
pollini. La refrigerazione e la corretta manipolazione degli estratti
utilizzati nell’immunoterapia sono fattori indispensabili per evitare
la degradazione che si può verificare alle alte temperature a danno
degli estratti di pollini di alberi, erbe e infestanti e degli acari della
polvere. La diluizione degli estratti può causare una perdita di
potenza, in seguito all’adesione dell’allergene alle fiale di vetro.
Per contrastare questo effetto, si ricorre, talvolta, all’aggiunta di
albumina umana. Alcuni estratti, come quelli degli allergeni di scarafaggi, acari e funghi, contengono proteasi in grado di degradare
altri allergeni presenti nell’estratto. Di conseguenza, spesso si raccomanda di non miscelare tali estratti con quelli derivati da alberi,
erbe e graminacee. Anche i veleni di insetti non devono essere mai
miscelati con altri allergeni. Qualora ve ne sia la disponibilità, è
preferibile l’uso di estratti standardizzati di allergeni, per garantire
un dosaggio costante ed evitare la variabilità del contenuto in
allergeni, tipica delle preparazioni non standardizzate.
Somministrazione degli estratti di allergeni
L’obiettivo dell’immunoterapia allergenica consiste nell’aumento
graduale della dose di estratto somministrata, fino all’iniezione di
una dose “ottimale” di mantenimento, contenente 4-12 ␮g di ciascun allergene principale. La miscela di estratti somministrata nel
corso dell’immunoterapia è formulata individualmente, per ciascun
paziente, sulla base della sua specifica sensibilità. Pur con una certa
variabilità degli schemi posologici, le prime iniezioni sono, per lo
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più, effettuate a intervalli di 5-10 giorni, durante l’arco dell’anno.
Le modalità della terapia sono stabilite in base alla sensibilità del
paziente verso gli allergeni presenti nell’estratto. I pazienti più
sensibili richiedono un processo più graduale di aggiustamenti,
prima di poter raggiungere la dose di mantenimento. L’aumento
della dose, benché predeterminato, deve essere stabilito tenendo
conto della reazione del paziente a ciascuna iniezione. La reazione
sistemica verso una data dose comporta una significativa riduzione
del dosaggio nell’iniezione successiva, mentre la riduzione della
dose basata soltanto sulla reazione locale non aiuta a tenere sotto
controllo il rischio di reazione sistemica. Per raggiungere la dose
di mantenimento sono solitamente necessarie iniezioni settimanali
per un periodo di 5-6 mesi; nei pazienti sensibili, tuttavia, i tempi
possono essere maggiori. La somministrazione del veleno di insetti
segue un protocollo differente rispetto a quello degli altri allergeni
(Cap. 140). Una volta raggiunta e ben tollerata la dose di mantenimento, l’intervallo di tempo tra le iniezioni viene progressivamente
aumentato, fino ad alcune settimane o un mese. Poiché gli estratti
di allergeni perdono gradualmente la loro potenza, la prima dose
prelevata da una nuova fiala è ridotta del 25-75% e poi aumentata
progressivamente, con incrementi settimanali, fino a raggiungere
la dose di mantenimento abituale. La durata raccomandata di un
ciclo di immunoterapia allergenica è di 3-5 anni. L’immunoterapia
per i veleni di insetti può essere proseguita più a lungo nei pazienti
a rischio di anafilassi fatali. Nei soggetti che, dopo avere ricevuto
per almeno 1 anno la dose di mantenimento dell’allergene appropriato, non mostrano alcun miglioramento, si deve sospendere la
terapia. Nella maggior parte dei casi la terapia sortisce gli effetti
desiderati, ma un certo numero di pazienti va incontro a una graduale ricomparsa dei sintomi dopo la sospensione della somministrazione. In caso di recidiva, il paziente può trarre beneficio da
un secondo ciclo di terapia.
L’immunoterapia rush consiste nella somministrazione di iniezioni multiple nel corso di un’unica giornata o di più giorni, allo
scopo di raggiungere più rapidamente la dose di mantenimento. Il
rischio di reazioni avverse, anche sistemiche, è più elevato rispetto
all’immunoterapia tradizionale. I pazienti che si sottopongono a
immunoterapia rush sono solitamente pretrattati con antistaminici
e corticosteroidi. Poiché, nei bambini, il rischio di reazioni sistemiche è particolarmente elevato, prima di effettuare questo tipo di
trattamento in età pediatrica è necessario considerarne accuratamente i rischi e i benefici. La presomministrazione di omalizumab
ha dimostrato di ridurre l’incidenza di reazioni sistemiche associate
al ricorso a questa forma di immunoterapia.
L’immunoterapia allergenica è considerata una tecnica sicura,
ma sussiste sempre il rischio di reazione anafilattica, quando si
inietta un estratto contenente allergeni in un paziente sensibile.
La terapia deve essere somministrata in ambiente medico, da uno
specialista che abbia accesso alle apparecchiature di emergenza e
ai farmaci necessari per il trattamento dell’anafilassi (Cap. 143).
Le iniezioni non devono mai essere effettuate a casa o da personale non medico. È opportuno, inoltre, che il paziente rimanga in
ambulatorio per almeno 30 minuti dopo l’iniezione, dal momento
che la maggior parte delle reazioni all’immunoterapia allergenica
insorgono entro questo periodo di tempo. Si stima che l’incidenza dei rari casi fatali di anafilassi scatenata dall’immunoterapia
allergenica sia pari a 1 caso ogni 2 milioni di iniezioni. Il rischio
di reazioni avverse è maggiore in caso di errori di dosaggio e
di scelta della modalità rush. È necessaria una particolare cautela
nel corso delle prime iniezioni con preparato prelevato da una nuova
fiala. Un maggiore rischio di reazioni avverse all’immunoterapia
allergenica sussiste, inoltre, nei pazienti con particolare sensibilità
o con asma instabile e in quelli con esacerbazioni della rinite allergica o dell’asma. Tra le precauzioni da adottare per ridurre le
reazioni avverse figurano l’uso di estratti standardizzati, la somministrazione delle iniezioni esclusivamente da parte di personale
specializzato, un attento monitoraggio delle reazioni del paziente
durante l’iniezione, la verifica della stabilità delle sue condizioni
mediche prima di procedere, la disponibilità di apparecchiature
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Capitolo 137 Rinite allergica ■ 813
mediche e di farmaci per eventuali emergenze, la permanenza del
paziente in ambulatorio per i 30 minuti successivi all’iniezione. In
alcuni soggetti asmatici è consigliabile procedere, prima di ogni
iniezione, a un controllo spirometrico e alla verifica del picco di
flusso.
Al fine di ridurre la probabilità di una reazione allergica indotta
dagli allergeni liquidi, si è giunti allo sviluppo di estratti nei quali
le proteine sono precipitate con idrossido di alluminio ed estratti,
precipitati con allume e trattati con piridina. A causa della scarsa
disponibilità di questi estratti, il loro uso è attualmente limitato.
Un altro metodo sviluppato per ridurre l’allergenicità, mantenendo
invariata l’immunogenicità, è la polimerizzazione degli estratti con
glutaraldeide. L’impiego di tali estratti consente di raggiungere la
dose di mantenimento entro 2 mesi, con una marcata riduzione
dell’incidenza di reazioni sistemiche. Tuttavia, la somministrazione
di questi preparati non è ancora stata approvata negli Stati Uniti.
Approcci alternativi ancora in fase di sperimentazione sono la
manipolazione chimica o genetica dell’allergene, oppure il legame
della principale frazione allergenica a un adiuvante estremamente
attivo, come una sequenza immunostimolatrice che imita i modelli
del DNA batterico.
L’immunoterapia nasale locale è somministrata spruzzando la
soluzione allergenica nelle narici a intervalli regolari. Malgrado il
miglioramento dei sintomi, la mancanza di una significativa risposta immunologica sistemica ha determinato un calo di interesse per
questa forma di terapia. L’immunoterapia sublinguale (SubLingual
ImmunoTherapy, SLIT) comporta la somministrazione sublinguale
di dosi elevate di allergene, che vengono poi ingerite. Questo tipo
di terapia è probabilmente destinato a una maggiore diffusione nel
prossimo futuro, grazie al suo profilo di sicurezza favorevole e alla
facilità di somministrazione.
Efficacia
L’effetto positivo dell’immunoterapia allergenica sulle riniti o rinocongiuntiviti allergiche stagionali o perenni è ben documentato.
Nel caso della rinite allergica, questa terapia si è dimostrata efficace
con gli allergeni di betulla, cedro, erbe, ambrosia e Cladosporium.
L’immunoterapia con gli altri allergeni comunemente usati nel
trattamento della rinite allergica non ha dimostrato un’efficacia
certa. Come nel caso della rinite allergica, gli studi controllati, volti
a valutare gli effetti dell’immunoterapia allergenica sulle forme
asmatiche allergiche stagionali o perenni, hanno prodotto dati
incoraggianti nella maggior parte dei casi. Una metanalisi condotta
su 20 di questi studi ha rivelato una significativa riduzione dei
sintomi, un miglioramento delle funzioni respiratorie, una minore
necessità di ricorrere ai farmaci e una riduzione dell’iperreattività
bronchiale. I dati più convincenti per il trattamento dell’asma
allergico con immunoterapia si riferiscono ai seguenti allergeni:
betulla, cedro, erbe, ambrosia e acari della polvere. I dati relativi
a Cladosporium, Alternaria e allergeni del gatto sono suggestivi,
ma meno certi. Studi che esaminano gli effetti dell’immunoterapia
allergenica nel trattamento di pazienti con forme allergiche di
rinite e di asma documentano un aumento della circolazione di
IgG allergene-specifiche e una riduzione di IgE allergene-specifiche
dopo il trattamento. La riduzione della sensibilità agli allergeni
somministrati è stata dimostrata nelle patologie nasali e bronchiali. Questi studi hanno spesso segnalato un’eliminazione o una
significativa riduzione della fase tardiva della risposta allergenica.
I vantaggi e la sicurezza dell’immunoterapia allergenica in pazienti con sensibilità al veleno di Hymenoptera sono stati anch’essi
confermati da diversi ampi studi. L’efficacia dell’immunoterapia
allergenica per il trattamento di dermatite atopica, orticaria e
allergia al lattice non è dimostrata. Studi compiuti utilizzando
l’immunoterapia orale (Oral ImmunoTherapy, OIT), mediante la
somministrazione per via orale di dosi gradualmente crescenti di
un allergene alimentare sotto stretto monitoraggio medico seguita
da una fase di mantenimento prolungata con somministrazione a
domicilio di dosi fisse quotidiane dell’allergene, hanno dimostrato
la sicurezza di questo approccio, lasciando presagire la fattibilità
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di questa forma di trattamento. Sebbene siano ancora in fase di
studio, la OIT e forse anche la SLIT potrebbero rappresentare un
approccio molto promettente al trattamento delle allergie alimentari per il futuro.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 137
Rinite allergica
Henry Milgrom e Donald Y.M. Leung
La rinite allergica (Allergic Rhinitis, AR) è un’alterazione infiammatoria della mucosa nasale caratterizzata da congestione nasale,
rinorrea e prurito, spesso accompagnata da starnuti e irritazione
congiuntivale. Per via della sua elevata prevalenza, degli effetti
deleteri sulla qualità della vita e sulle prestazioni scolastiche e delle
comorbilità viene inquadrata come una malattia cronica infantile
grave. I bambini affetti da AR presentano spesso sinusite, congiuntivite, otite media, otite sierosa, tonsille e adenoidi ipertrofiche ed
eczema correlati. La rinite allergica infantile è associata a un rischio
due volte maggiore di asma con il progredire dell’età. Negli ultimi
quarant’anni l’AR ha subito un’impennata in tutto il mondo, risparmiando le zone rurali e sottosviluppate. Nelle società avanzate
soffre di AR il 20-40% dei bambini. I sintomi possono comparire
durante l’infanzia e la diagnosi viene generalmente posta entro il
raggiungimento del sesto anno di età. La prevalenza raggiunge il
picco nella tarda infanzia. I fattori di rischio includono l’anamnesi
familiare di atopia e un valore sierico di immunoglobuline (Ig) E
maggiore di 100 UI/mL prima dei 6 anni di età. Il rischio aumenta
nei bambini svezzati o passati al latte in polvere molto presto, nei
figli di madri forti fumatrici, specialmente prima che il bambino
compia un anno di età e in quelli molto esposti ad allergeni da
ambienti interni. Durante la prima infanzia sembra esistere un
periodo critico, in cui il soggetto geneticamente sensibile è a rischio
più elevato di sensibilizzazione. L’allattamento al seno di bambini
ad alto rischio e l’esposizione a cani, gatti ed endotossine nella
prima infanzia sono protettivi contro l’atopia e il respiro ansimante
precoce. Il parto cesareo è associato a rinite allergica e atopia tra
i bambini con un’anamnesi genitoriale di asma o allergie. Tale associazione può essere spiegata tramite la mancanza di esposizione
alla flora vaginale/fecale durante il parto. I bambini tra i 2 e i
3 anni che presentano elevate IgE anti-scarafaggio e anti-topo sono
a rischio maggiore di respiro ansimante, rinite e dermatite atopica.
Il verificarsi di 3 o più episodi di rinorrea durante il primo anno
di vita è associato a rinite allergica all’età di 7 anni. Esposizioni
precoci nel corso della vita o la loro assenza influenzano in maniera
importante lo sviluppo del fenotipo allergico.
EZIOLOGIA
Due fattori necessari per il manifestarsi dell’AR sono la sensibilità
a un allergene e la sua presenza nell’ambiente. Attualmente l’AR
viene classificata in stagionale (Seasonal Allergic Rhinitis, SAR) o
perenne (Perennial Allergic Rhinitis, PAR), sebbene tali termini
possano essere sostituiti a breve da rinite allergica intermittente
(Intermittent Allergic Rhinitis, IAR) e rinite persistente (Persistent Rhinitis, PER). Questi due insiemi di termini si basano su
premesse diverse; tuttavia, a prescindere dalla terminologia, la
causa principale di tutte le forme di rinite è costituita dagli allergeni inalanti. La SAR segue un corso di esacerbazione ciclica ben
definito, mentre la PAR produce sintomi in tutto l’arco dell’anno.
Circa il 20% dei casi è strettamente stagionale, il 40% perenne
e il 40% misto (perenne con esacerbazioni stagionali). Nei climi
temperati i pollini trasportati dall’aria responsabili della SAR si
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814 ■ Parte XV Allergopatie
presentano in fasi distinte: gli alberi si impollinano in primavera,
le graminacee all’inizio dell’estate e le erbe infestanti alla fine. In
questi climi le spore delle muffe persistono all’aperto soltanto
in estate, mentre nei climi caldi permangono per tutto l’anno. I
sintomi delle allergie stagionali cessano con l’arrivo del gelo. Per
identificare la causa della SAR è indispensabile conoscere le manifestazioni dei sintomi stagionali, i pattern regionali di impollinazione
e della sporulazione delle muffe e le IgE specifiche del paziente.
La PAR è più frequentemente associata agli allergeni da ambienti
interni: acari della polvere di casa, detriti epidermici di animali,
topi e scarafaggi. Negli Stati Uniti sono molto frequenti le allergie
ai gatti e ai cani. Gli allergeni provenienti dalla saliva e dalle secrezioni sebacee possono rimanere nell’aria per periodi prolungati.
Il principale allergene ubiquitario dei gatti, il Fel d 1, può essere
trasportato dagli abiti dei proprietari dei gatti in luoghi da cui la
presenza di questi animali è bandita, come scuole e ospedali.
congestione nasale è spesso più accentuata e costringe a respirare
con la bocca e a russare, disturbi che interferiscono con il sonno
e provocano irritabilità.
I segni riscontrabili all’esame obiettivo includono anomalie dello sviluppo facciale, malocclusione dentale, continua respirazione
a bocca aperta, labbra screpolate, occhi pesti allergici (occhiaie
marcate) e piega nasale trasversale. Altri reperti frequenti sono
edema congiuntivale, prurito, lacrimazione e iperemia. Un esame
del naso effettuato con l’ausilio di una fonte di luce e uno speculum
può rivelare la presenza di secrezioni nasali chiare; mucose edematose, viscose e bluastre senza eritema o con eritema lieve; turbinati
gonfi che possono bloccare le vie nasali. Per effettuare un esame
adeguato può essere necessario ricorrere a un decongestionante
topico. Secrezioni nasali dense e purulente sono indicative della
presenza di un’infezione.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
PATOGENESI
L’esposizione di un ospite atopico a un allergene porta alla produzione di IgE specifiche. Le reazioni cliniche alla riesposizione
all’allergene sono state classificate in risposte allergiche precoci
(Early-Phase Responses, EPR) e tardive (Late-Phase Responses,
LPR). Il legame a ponte (“bridging”) delle molecole di IgE sulla superficie dei mastociti da parte dell’allergene attiva le EPR,
caratterizzate dalla degranulazione dei mastociti e dal rilascio di
mediatori infiammatori preformati e di nuova formazione, tra cui
l’istamina, la prostaglandina 2, e i cisteinil-leucotrieni. Le LPR si
manifestano dopo 4-8 ore dall’esposizione all’allergene. Le cellule
infiammatorie, tra cui basofili, eosinofili, neutrofili, mastociti e
cellule mononucleate infiltrano la mucosa nasale. Gli eosinofili
rilasciano mediatori proinfiammatori tra cui i cisteinil-leucotrieni,
le proteine cationiche, la perossidasi eosinofila e la proteina basica
maggiore, e sono fonte di interleuchina 3 (IL-3), IL-5, fattore stimolante le colonie macrofagiche-granulocitarie (GM-CSF) e IL-13.
La ripetuta introduzione endonasale di allergeni causa il priming,
una risposta esagerata a una provocazione ridotta. Nel corso di
una stagione allergica si verifica un consistente aumento dei mastociti epiteliali e sottomucosi. Un tempo si riteneva che i mastociti
intervenissero soltanto nelle EPR, oggi, tuttavia, sembrano svolgere
un’importante funzione nel sostenere le allergopatie croniche. Gli
allergeni, gli autoantigeni e le componenti degli agenti infettivi
sovrapposti attivano il sistema immunitario. La regolazione immunitaria negli organi linfatici e nei tessuti influenza in maniera
importante il controllo e la soppressione dell’allergopatia in tutte
le fasi del processo infiammatorio, come la migrazione delle cellule
infiammatorie ai tessuti, la distruzione dei tessuti mediata dalle
cellule infiammatorie e l’interazione delle cellule infiammatorie con
le cellule residenti dei tessuti per potenziare l’infiammazione.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
I sintomi dell’AR sono spesso ignorati oppure erroneamente attribuiti a un’infezione respiratoria. I bambini più grandi sono in
grado di soffiarsi il naso, ma i più piccoli tendono a tirare su e a
sbuffare. Il prurito nasale porta i piccoli a fare smorfie, ad avere
contrazioni muscolari e a mettersi le dita nel naso, cosa che può
provocare epistassi. I bambini affetti da AR fanno spesso il saluto
allergico, cioè si grattano il naso spingendolo verso l’alto con il
palmo della mano aperto oppure con l’indice. Questo gesto allevia
il prurito e sblocca temporaneamente la via aerea, dando inoltre
origine alla piega nasale, una piega orizzontale nella cute sopra il
ponte del naso. La diagnosi di AR si basa sui sintomi in assenza di
infezione del tratto respiratorio superiore e di anomalie strutturali.
Tra i disturbi tipici si annoverano congestione nasale intermittente,
prurito, starnuti, rinorrea chiara e irritazione congiuntivale. I
sintomi si intensificano con una maggiore esposizione all’allergene
responsabile. I pazienti possono perdere l’olfatto e il gusto. Alcuni
possono manifestare cefalea, respiro ansimante e tosse. Di notte la
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La valutazione dell’AR richiede un’anamnesi accurata che indichi
tutti i particolari dell’ambiente e della dieta del paziente; l’anamnesi
familiare di condizioni allergiche come AR, eczema e asma; l’esame
obiettivo e gli esami di laboratorio. L’anamnesi e i dati di laboratorio forniscono indicazioni sull’identità dei fattori scatenanti. I
sintomi che includono starnuti, rinorrea, prurito nasale e congestione e i reperti di laboratorio di IgE elevate, anticorpi IgE specifici
e risultati positivi dei test cutanei allergologici caratterizzano l’AR.
La SAR differisce dalla PAR per l’anamnesi e per i risultati dei
test cutanei. Le riniti non allergiche provocano sintomi sporadici
e possono essere confuse con la PAR. Le cause di tali affezioni
sono spesso sconosciute. La rinite infiammatoria non allergica
in presenza di eosinofili (Nonallergic Inflammatory Rhinitis with
Eosinophils, NARES) imita l’AR per quanto riguarda le manifestazioni e la risposta al trattamento, ma senza livelli elevati di
anticorpi IgE. La rinite vasomotoria è caratterizzata da un’eccessiva
responsività della mucosa nasale agli stimoli fisici. Altre condizioni
non allergiche che possono simulare l’AR comprendono rinite
infettiva, anomalie strutturali come la presenza di polipi nasali e
la deviazione del setto, rinite medicamentosa (determinata da un
uso eccessivo di vasocostrittori topici), rinite ormonale associata
a gravidanza o a ipotiroidismo, neoplasie, vasculiti e patologie
granulomatose (Tab. 137.1).
COMPLICANZE
L’AR è frequentemente associata a complicanze e a condizioni di
comorbilità. I bambini con AR provano frustrazione per il proprio aspetto fisico. La sinusite cronica è una complicanza comune
dell’AR, spesso associata a infezione purulenta, ma nella maggior
parte dei pazienti si sviluppa notevole ispessimento della mucosa,
opacizzazione del seno e poliposi nasale con infiammazione ma
con risultati colturali negativi. Il processo infiammatorio è caratterizzato da marcata eosinofilia. Gli agenti scatenanti possono
essere gli allergeni, forse fungini. Spesso la sinusite nella triade
asmatica (asma, sinusite con poliposi nasale e sensibilità all’acido
acetilsalicilico) ha una scarsa responsività alla terapia. Nei pazienti
che subiscono ripetuti interventi endoscopici il beneficio diminuisce
a ogni procedura.
La rinite che coesiste con l’asma può essere presa troppo alla
leggera o completamente trascurata. Fino al 78% degli asmatici
presenta AR e il 38% dei pazienti affetti da AR ha l’asma. L’aggravamento dell’AR coincide con l’esacerbazione dell’asma e il
trattamento dell’infiammazione nasale riduce il broncospasmo, le
visite al pronto soccorso per asma e i ricoveri ospedalieri. Il gocciolamento postnasale associato ad AR provoca solitamente tosse
persistente o ricorrente. L’ostruzione della tromba di Eustachio
e il versamento nell’orecchio medio sono complicanze frequenti.
L’infiammazione allergica cronica causa ipertrofia delle adenoidi
e delle tonsille che può essere associata a ostruzione della tromba
di Eustachio, versamento sieroso, otite media e apnea ostruttiva
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Capitolo 137 Rinite allergica ■ 815
Tabella 137.1 CAUSE DELLA RINITE
Rinite allergica
Stagionale
Perenne
Perenne con esacerbazione stagionale
Rinite non allergica
Fattori meccanici/strutturali:
Deviazione del setto/anomalie della parete del setto
Turbinati ipertrofici
Ipertrofia adenoidea
Corpi estranei
Tumori nasali:
Benigni
Maligni
Atresia coanale
Infettiva:
Acuta
Cronica
Infiammatoria/immunologica:
Granulomatosi di Wegener
Sarcoidosi
Granuloma della linea mediana
Lupus eritematoso sistemico
Sindrome di Sjögren
Poliposi nasale
Fisiologica:
Sindrome della discinesia ciliare
Rinite atrofica
Indotta dagli ormoni:
Ipotiroidismo
Gravidanza
Contraccettivi orali
Ciclo mestruale
Sforzo
Atrofica
Indotta da farmaci:
Rinite medicamentosa
Contraccettivi orali
Terapia antipertensiva
Acido acetilsalicilico
Farmaci antinfiammatori non steroidei
Indotta da riflesso:
Rinite gustatoria
Indotta da sostanze chimiche o irritanti
Riflessi da postura
Ciclo nasale
Fattori ambientali:
Odori
Temperatura
Clima/pressione barometrica
Professionale
Rinite non allergica con sindrome eosinofila
Rinite non allergica perenne (rinite vasomotoria)
Fattori emotivi
Da Leung DYM, Sampson HA, Geha RS, et al: Pediatric allergy principles and practice, St Louis,
2003, Mosby, p 290.
notturna. Nei bambini l’AR è fortemente associata al russamento.
L’associazione tra la rinite e le anomalie del sonno e la conseguente
astenia diurna è ben documentata, ma il meccanismo di base non
è stato del tutto chiarito.
Per valutare gli effetti della patologia e degli interventi terapeutici sono stati sviluppati degli indici relativi alla qualità della
vita. Il questionario Pediatric Rhinoconjunctivitis Quality of Life
Questionnaire (PRQLQ) è adatto a bambini dai 6 ai 12 anni di età
e il questionario Adolescent RQLQ è rivolto ai pazienti di età compresa tra i 12 e i 17 anni. Gli studi condotti impiegando il PRQLQ
nei bambini affetti da rinite hanno documentato ansia e malessere
fisico, sociale ed emotivo che compromettono l’apprendimento e la
capacità di integrarsi con i compagni. Il disturbo concorre al manifestarsi di cefalea e astenia, limita le attività quotidiane e interferisce
con il sonno. Si rileva evidenza di compromissione della funzione
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Intermittente
• ⬍4 giorni/settimana
• O ⬍4 settimane
Leggera
Sonno normale e
• Nessuna compromissione
delle attività quotidiane,
sportive, ricreative
• Attività scolastica
e lavorativa normale
• Nessun sintomo
problematico
Persistente
• 4 giorni/settimana
• E ⬎4 settimane
Moderata/grave
Una o più delle seguenti
• Sonno alterato
• Compromissione
delle attività quotidiane,
sportive, ricreative
• Attività scolastica
e lavorativa alterata
• Sintomi problematici
Figura 137.1 Classificazione ARIA (Allergic Rhinitis and Its Impact on Asthma ) della rinite
allergica. (Da Adkinson NF Jr, Bochner BS, Busse WW, et al, editors: Middleton’s allergy
principles and practice, ed 7, Philadelphia, 2009, Mosby/Saunders, p 977.)
cognitiva e dell’apprendimento che può essere ulteriormente indebolita dagli eventi avversi dei sedativi. La rinite rappresenta una
causa importante di assenteismo scolastico che ogni anno provoca
negli Stati Uniti più di 2 milioni di giorni di assenza. La Figura 137.1
mostra una classificazione basata sulla gravità.
REPERTI DI LABORATORIO
I test epicutanei forniscono il metodo migliore per individuare le
IgE allergene-specifiche (valore predittivo positivo del 48,7% per
la diagnosi epidemiologica della rinite allergica). Si tratta di test
economici e sensibili con rischi e disagi minimi. È raro che una
risposta agli allergeni respiratori stagionali si manifesti prima di
due stagioni di esposizione e i bambini con età inferiore a un anno
mostrano raramente test cutanei positivi ai suddetti allergeni.
Per evitare falsi negativi si deve sospendere il montelukast per
1 giorno, i preparati antistaminici più sedativi per 3-4 giorni e
gli antistaminici non sedativi per 5-7 giorni. Le immunoanalisi
sieriche per le IgE allergene-specifiche assicurano un’adeguata
alternativa (valore predittivo positivo del 43,5%) per i pazienti
affetti da dermatografismo o dermatite estesa o per i pazienti
trattati con farmaci che intervengono nella degranulazione mastocitaria, per i soggetti a forte rischio di anafilassi o per chi non è
in grado di collaborare all’esecuzione della procedura. La presenza
di eosinofili nello striscio nasale conferma la diagnosi di AR, quella
dei neutrofili conferma la diagnosi di rinite infettiva. L’eosinofilia
e le misurazioni delle concentrazioni di IgE nel siero totale hanno
una sensibilità relativamente bassa. Per valutare gli effetti del
trattamento e per indirizzare gli sviluppi futuri è ancora necessario
un miglioramento dei metodi per una valutazione oggettiva.
TRATTAMENTO
Il trattamento punta a prevenire o migliorare i sintomi in maniera
sicura ed efficace. Misure specifiche volte a ridurre l’esposizione
agli allergeni da ambienti interni possono diminuire il rischio di
sensibilizzazione e i sintomi dell’allergopatia respiratoria, sebbene
gli studi esistenti riportino risultati contrastanti. Isolare il materasso, i cuscini e le coperte del paziente in un involucro a prova
di allergene riduce l’esposizione all’allergene degli acari. Lenzuola
e coperte dovrebbero essere lavate ogni settimana in acqua calda
(>55 °C). L’unica misura efficace per evitare gli allergeni degli
animali in casa consiste nell’allontanamento dell’animale domestico. I pollini e le muffe esterne si possono evitare rimanendo in un
ambiente controllato. L’aria condizionata permette di tenere chiuse
porte e finestre per ridurre l’esposizione al polline. I filtri HEPA
riducono la conta delle spore delle muffe trasportate dal vento.
I costi diretti della rinite allergica sono aumentati in maniera
importante dall’introduzione degli antistaminici di seconda generazione e dei corticosteroidi endonasali (Tabelle 137.2-137.4). Gli
antistaminici orali somministrati secondo necessità costituiscono una
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816 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 137.2 ANTISTAMINICI E PSEUDOEFEDRINA
FARMACO E NOME/I
COMMERCIALE/I*
Difenidramina (da banco):
Benadryl
Clorfenamina (da banco):
Trimeton
Bromfeniramina (da banco):
Dimetapp
Loratadina (da banco):
Clarityn, Alavert, Dimetapp
Children’s ND
Desloratadina
(su prescrizione):
Clarinex
Cetirizina (su prescrizione
e da banco):
Zirtec
Levocetirizina
(su prescrizione):
Xyzal
Fexofenadina
(su prescrizione):
Allegra
INDICAZIONI (I), MECCANISMO DI AZIONE (M) E DOSAGGIO*
I: rinite allergica, dermatite atopica, orticaria, sedazione
notturna.
M: antagonista del recettore H1 per l’istamina.
2-6 anni: 6,25 mg ogni 4-6 ore; max 37,5 mg/die
6-12 anni: 12,5-25 mg ogni 4-6 ore; max 150 mg/die
>12 anni: 25-50 mg ogni 4-6 ore; max 300 mg/die
I: rinite allergica, dermatite atopica, orticaria, sedazione
notturna.
M: antagonista del recettore H1 per l’istamina.
2-6 anni: 1 mg ogni 4-6 ore; max 6 mg/die
6-12 anni: 2 mg ogni 4-6 ore; max 12 mg/die
>12 anni: 4 mg ogni 4-6 ore; max 24 mg/die
Preparazioni a rilascio rapido:
6-12 anni: 8 mg prima di addormentarsi
>12 anni: 8-12 mg ogni 8-12 ore
I: rinite allergica.
M: antagonista del recettore H1 per l’istamina.
<6 anni: 0,125 mg/kg/dose ogni 6 ore; max 1 mg/die
6-12 anni: 2-4 mg/dose ogni 6-8 ore; max 12 mg/die
>12 anni: 4-8 mg/dose ogni 4-6 ore; max 24 mg/die
I: rinite allergica, orticaria.
M: antistaminico triciclico ad azione prolungata
con proprietà antagoniste selettive del recettore
H1 periferico per l’istamina.
2-5 anni: 5 mg/die
>6 anni: 10 mg/die
I: rinite allergica, orticaria.
M: la desloratadina, un importante metabolita della
loratadina, è un antistaminico triciclico ad azione
prolungata con proprietà antagoniste selettive
del recettore H1 per l’istamina.
6-12 mesi: 1 mg/die
1-5 anni: 1,25 mg/die
6-12 anni: 2,5 mg/die
>12 anni: 5 mg/die
I: rinite allergica, orticaria.
M: antagonista del recettore H1 per l’istamina.
6-24 mesi: 2,5 mg/die (nei bambini di 12-24 mesi, la dose
può essere aumentata fino a 2,5 mg due volte al dì)
2-6 anni: 2,5-5 mg/die
>6 anni: 5-10 mg/die
I: rinite allergica, orticaria.
M: la levocetirizina è l’enantiomero (R) della cetirizina;
è un antagonista del recettore H1per l’istamina.
6-12 anni; 2,5 mg/die la sera
>12 anni: 5 mg/die la sera
I: rinite allergica, orticaria.
M: la fexofenadina è un metabolita attivo della terfenadina;
è un antagonista del recettore H1 per l’istamina.
Per l’orticaria cronica idiopatica:
6 mesi-<2 anni: 15 mg due volte al dì
2-11 anni: 30 mg due volte al dì
≥12 anni: si faccia riferimento al dosaggio
dell’adulto.
Per la rinite allergica:
2-11 anni: 30 mg due volte al dì
≥12 anni: si faccia riferimento al dosaggio dell’adulto.
COMMENTI, AVVERTENZE ED EVENTI AVVERSI
La difenidramina possiede marcate proprietà anticolinergiche e sedative.
Le compresse masticabili contengono fenilalanina.
La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà
la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”.
Eventi avversi: ipotensione, tachicardia, sonnolenza, eccitazione parossistica,
secchezza delle fauci.
La clorfenamina è disponibile in molti preparati indicati per la tosse e il raffreddore.
L’uso per il trattamento delle infezioni dell’apparato respiratorio superiore
è ingiustificato.
La clorfenamina possiede proprietà anticolinergiche e sedative.
La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà
la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”.
Eventi avversi: sonnolenza da lieve a moderata, cefalea, eccitabilità, astenia,
nervosismo, vertigini.
La bromfeniramina è impiegata principalmente in associazione ad altre
preparazioni, più frequentemente pseudoefedrina, ed è raccomandata per la
tosse e il raffreddore. Per i preparati in combinazione con pseudoefedrina,
basare la dose su quest’ultima.
L’uso della bromfeniramina nel trattamento delle infezioni dell’apparato
respiratorio superiore è ingiustificato.
La bromfeniramina possiede proprietà anticolinergiche e sedative.
La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà
la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”.
Eventi avversi attribuibili alla bromfeniramina: sonnolenza da lieve a moderata,
cefalea, eccitabilità, astenia, nervosismo, vertigini.
Non superare la dose raccomandata.
Nota: Dimetapp Children’s ND contiene loratadina.
La nuova etichettatura del prodotto per gli antistaminici da banco riporterà
la dicitura “Non usare nei bambini al di sotto dei quattro anni”.
Eventi avversi: nervosismo, astenia, malessere, ipercinesia, rash, dolore
addominale.
Le compresse orodispersibili contengono fenilalanina.
Eventi avversi: cefalea, astenia, sonnolenza, vertigini.
Dosi > 10 mg/die possono provocare sonnolenza significativa.
Eventi avversi: cefalea, sonnolenza, insonnia, dolore addominale.
Usare con cautela nei pazienti con disfunzione renale da lieve a moderata
e aggiustare la dose.
Profilo di sicurezza buono.
Eventi avversi: cefalea, febbre, sonnolenza, astenia, vertigini.
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Capitolo 137 Rinite allergica ■ 817
Tabella 137.2 ANTISTAMINICI E PSEUDOEFEDRINA – seguito
FARMACO E NOME/I
COMMERCIALE/I*
Pseudoefedrina (da banco):
Sudafed
INDICAZIONI (I), MECCANISMO DI AZIONE (M) E DOSAGGIO*
I: miglioramento sintomatico temporaneo della
congestione nasale causata da raffreddore comune,
rinite allergica e sinusite.
M: ␣-agonista, decongestionante.
<2 anni: 4 mg/kg/dose ogni 6 ore
2-5 anni: 15 mg ogni 6 ore; max 60 mg/die
6-12 anni: 30 mg ogni 6 ore; max 120 mg/die
<12 anni: 60 mg ogni 6 ore
≥12 anni: 120 mg ogni 12 ore o 240 mg/die;
max 240 mg/die
COMMENTI, AVVERTENZE ED EVENTI AVVERSI
Errori nel dosaggio e ingestioni accidentali costituiscono una causa importante
di eventi avversi rari nei bambini.
Usare con cautela nei pazienti con ipertiroidismo, ipertensione, diabete, aritmie
o cardiopatia.
Le compresse masticabili contengono fenilalanina.
Gli antistaminici da banco e su prescrizione possono essere formulati in
combinazione con la pseudoefedrina. Per i preparati in combinazione contenenti
pseudoefedrina e un antistaminico, basare la dose sulla pseudoefedrina.
La pseudoefedrina serve da ingrediente base nella produzione illegale
di metamfetamina.
Eventi avversi: tachicardia, palpitazioni, aritmie, nervosismo, eccitabilità,
vertigini, insonnia, sonnolenza, cefalea, convulsioni, allucinazioni, nausea,
vomito, tremori, astenia e diaforesi.
*Tutti i farmaci sono somministrati per via orale; Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti.
Da banco, disponibile come farmaco da banco (senza prescrizione); su prescrizione, necessaria la ricetta.
Tabella 137.3 CORTICOSTEROIDI INALATI PER VIA NASALE
FARMACO, NOME/I
COMMERCIALE/I E FORMULAZIONI*
Beclometasone:
Beconase AQ (42 ␮g/
erogazione)
Flunisolide
Nasarel (25 ␮g/erogazione)
Triamcinolone:
Nasacort HFA (55 ␮g/
erogazione), Nasacort AQ
(55 ␮g/erogazione)
Fluticasone:
Fluticasone propionato
(disponibile come generico):
Flixonase (50 ␮g/erogazione)
Fluticasone furoato:
Avamys (27,5 ␮g/
erogazione)
INDICAZIONI (I), MECCANISMO/I DI AZIONE (M) E DOSAGGIO*
I: rinite allergica.
M: antinfiammatorio, immunomodulatore.
6-12 anni: 1 erogazione per narice due volte al dì
>12 anni: 1 o 2 erogazioni per narice due volte al dì
6-14 anni: 1 erogazione per narice 3 volte al dì o 2
erogazioni per narice due volte al dì; non superare
le 4 erogazioni/die per narice
≥15 anni: 2 erogazioni per narice due volte al dì
(mattina e sera); la dose può essere aumentata a 2
erogazioni 3 volte al dì, dose massima: 8 erogazioni/
die per narice (400 ␮g/die)
≥6 anni: dose iniziale 1 erogazione tre volte al dì o 2
erogazioni per narice due volte al dì; ridurre fino
alla dose minima efficace
I: rinite allergica.
M: antinfiammatorio, immunomodulatore.
2-6 anni; 1 erogazione per narice al dì
6-12 anni: 1-2 erogazioni per narice al dì
≥12 anni: 2 erogazioni per narice al dì
I: rinite allergica.
M: antinfiammatorio, immunomodulatore.
COMMENTI, AVVERTENZE, EVENTI AVVERSI E MONITORAGGIO
Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice
e somministrare la dose nell’altra narice.
Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi.
Incremento del monitoraggio.
Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice
e somministrare la dose nell’altra narice.
Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi.
Incremento del monitoraggio.
Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice
e somministrare la dose nell’altra narice.
Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi.
Incremento del monitoraggio.
Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice
e somministrare la dose nell’altra narice.
Il ritonavir aumenta le concentrazioni sieriche del fluticasone in maniera
significativa e può provocare effetti corticosteroidei sistemici.
Usare il fluticasone con cautela nei pazienti che assumono ketoconazolo o altri
potenti inibitori dell’isoenzima 3A4 del citocromo P450.
Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi.
Incremento del monitoraggio.
≥4 anni: 1-2 erogazioni per narice al dì
2-12 anni:
Dose iniziale: 1 erogazione (27,5 ␮g/erogazione)
per narice una volta al dì (55 ␮g/die).
I pazienti che non rispondano adeguatamente
possono impiegare 2 erogazioni per narice
una volta al dì (110 ␮g/die).
Una volta raggiunto il controllo dei sintomi, il dosaggio
può essere ridotto a 55 ␮g una volta al dì.
Il dosaggio giornaliero totale non deve superare
2 erogazioni per narice (110 ␮g)/die.
≥12 anni e adolescenti:
Dose iniziale: 2 erogazioni (27,5 ␮g/erogazione)
per narice una volta al dì (110 ␮g/die).
Una volta raggiunto il controllo dei sintomi, il dosaggio
può essere ridotto a 1 erogazione per narice
una volta al dì (55 ␮g/die).
Il dosaggio giornaliero totale non deve superare
2 erogazioni per narice (110 ␮g)/die.
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818 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 137.3 CORTICOSTEROIDI INALATI PER VIA NASALE – seguito
FARMACO, NOME/I
COMMERCIALE/I E FORMULAZIONI*
Mometasone:
Nasonex (50 ␮g/erogazione)
Budesonide:
Rhinocort AQ (32 ␮g/
erogazione)
Ciclesonide:
Omnaris (50 ␮g/erogazione)
INDICAZIONI (I), MECCANISMO/I DI AZIONE (M) E DOSAGGIO*
I: rinite allergica.
M: antinfiammatorio, immunomodulatore.
2-12 anni: 1 erogazione per narice una volta al dì
>12 anni: 2 erogazioni per narice una volta al dì
I: rinite allergica.
M: antinfiammatorio, immunomodulatore.
>6 anni: 1 erogazione per narice una volta al dì
6-12 anni: 2 erogazioni per narice una volta al dì
>12 anni: fino a 4 erogazioni per narice una volta al dì
(dose massima)
I: rinite allergica.
M: antinfiammatorio, immunomodulatore.
>6 anni: 2 erogazioni per narice al dì
COMMENTI, AVVERTENZE, EVENTI AVVERSI E MONITORAGGIO
Il mometasone e i suoi metaboliti principali non sono rintracciabili nel plasma
a seguito di somministrazione nasale delle dosi raccomandate.
Il trattamento profilattico della rinite allergica stagionale deve cominciare
nelle 2-4 settimane precedenti la stagione pollinica.
Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice
e somministrare la dose nell’altra narice.
Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi.
Incremento del monitoraggio.
Agitare il flacone prima dell’uso; soffiarsi il naso; occludere una narice
e somministrare la dose nell’altra narice.
Eventi avversi: ustione e irritazione della mucosa nasale, epistassi.
Incremento del monitoraggio.
Prima dell’uso agitare delicatamente, quindi eseguire il priming dello
spaziatore con otto erogazioni a vuoto.
Se il prodotto non viene utilizzato per 4 giorni consecutivi, agitare
delicatamente quindi rieseguire il priming con un’erogazione a vuoto
o finché non compare la sostanza nebulizzata.
*Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti.
Tabella 137.4 SPRAY NASALI VARI
FARMACO, NOME/I
COMMERCIALE/I E FORMULAZIONI*
Ipratropio bromuro:
Atrovent spray nasale
(0,06%)
Azelastina:
Allergodil
Sodio cromoglicato:
Nasalcrom
Oximetazolina:
Afrin, No-strilla
Fenilefrina:
Neo-Synephrine
INDICAZIONI (I), MECCANISMO/I DI AZIONE (M) E DOSAGGIO*
COMMENTI, AVVERTENZE, EVENTI AVVERSI E MONITORAGGIO
I: miglioramento sintomatico della rinorrea.
M: anticolinergico.
Raffreddori (miglioramento sintomatico della rinorrea):
5-12 anni: 2 erogazioni per narice 3 volte/die
≥12 anni e adulti: 2 erogazioni per narice 3-4 volte/die
I: trattamento della rinorrea, degli starnuti e del prurito
nasale.
M: antagonista del recettore H1 per l’istamina.
6-12 anni: 1 erogazione due volte al dì
>12 anni: 1-2 erogazioni due volte al dì
I: rinite allergica.
M: inibitore della degranulazione dei mastociti.
>2 anni: 1 erogazione 3-4 volte al dì; max 6 volte/die
I: miglioramento sintomatico della congestione
della mucosa nasale.
M: agonista adrenergico, agente vasocostrittore.
Soluzione 0,05%: instillare 2-3 erogazioni per narice
due volte al dì, la terapia non deve superare 3 giorni
L’Atrovent aerosol per inalazione è controindicato in pazienti con ipersensibilità
alla lecitina di soia.
Nei pazienti con raffreddore comune non sono state stabilite l’efficacia
e la sicurezza dell’impiego per più di 4 giorni.
Eventi avversi: epistassi, secchezza nasale, nausea.
I: miglioramento sintomatico della congestione
della mucosa nasale.
M: farmaco adrenergico, vasocostrittore.
2-6 anni: 1 goccia di soluzione 0,125% ogni 2-4 ore
secondo necessità. Nota: la terapia non deve
superare 3 giorni consecutivi.
6-12 anni: 1-2 erogazioni o 1-2 gocce di soluzione
0,25% ogni 4 ore secondo necessità. Nota: la terapia
non deve superare 3 giorni consecutivi.
>12 anni: 1-2 erogazioni o 1-2 gocce di soluzione
da 0,25% a 0,5% ogni 4 ore secondo necessità;
la soluzione all’1% può essere usata negli adulti
con congestione nasale grave. Nota: la terapia
non deve superare 3 giorni consecutivi.
Può provocare sonnolenza.
Eventi avversi: cefalea, sonnolenza, senso di amaro in bocca.
Non efficace immediatamente; richiede somministrazioni frequenti.
Il sovradosaggio può causare depressione profonda del SNC.
L’uso prolungato per più di 3 giorni può provocare grave congestione nasale
di rebound.
Non ripetere il trattamento per più di una volta al mese.
Usare con cautela nei pazienti con ipertiroidismo, cardiopatia, ipertensione
e diabete.
Eventi avversi: ipertensione, palpitazioni, bradicardia riflessa, nervosismo,
vertigini, insonnia, cefalea, depressione del SNC, convulsioni, allucinazioni,
nausea, vomito, midriasi, pressione intraoculare elevata, offuscamento
della vista.
L’uso prolungato per più di 3 giorni può provocare grave congestione nasale
di rebound.
Non ripetere il trattamento per più di una volta al mese.
Le soluzioni 0,16% e 0,125% non sono disponibili in commercio.
Eventi avversi: bradicardia riflessa, eccitabilità, cefalea, ansia e vertigini.
Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti.
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 819
terapia farmacologica accettabile per i sintomi lievi e intermittenti;
tuttavia, gli antistaminici da banco di prima e seconda generazione
possono essere associati a eventi avversi sulla funzione cognitiva
e sull’apprendimento come risultato delle loro proprietà sedative.
Gli antistaminici alleviano starnuti e rinorrea. Gli antistaminici
di seconda generazione sono preferibili per via della minore sedazione. Sono attualmente disponibili cinque preparazioni orali di
seconda generazione:
Cetirizina: 6-12 mesi: 2,5 mg/die; 1-2 anni: 2,5 mg/die, il dosaggio può
essere aumentato a 2,5 mg due volte al dì; 2-5 anni: 2,5 mg/die, il
dosaggio può essere aumentato fino a un massimo di 5 mg/die
somministrato sia come monodose sia suddiviso in 2 somministrazioni; >6 anni: 5-10 mg/die come monodose o suddivisi in
2 somministrazioni.
Levocetirizina: 6-11 anni: 2,5 mg per os una volta al dì; >12 anni:
5 mg per os una volta al dì.
Loratadina (disponibile da banco): 2-5 anni: 5 mg/die; >6 anni:
10 mg/die.
Fexofenadina: 6-11 anni: 30 mg per os due volte al dì; >12 anni:
60 mg due volte al dì o 180 mg/die per os.
Desloratadina: 6-11 mesi: 1 mg/die; 1-5 anni: 1,25 mg/die; 6-11 anni:
2,5 mg/die; >12 anni: 5 mg/die.
L’azelastina è un antistaminico attivo a livello topico disponibile
come spray nasale (5-12 anni: 1 erogazione per narice due volte
al dì; >12 anni: 2 erogazioni/narice due volte al dì) e come gocce
oculari (>3 anni: 1 goccia per occhio interessato due volte al
dì). La pseudoefedrina (disponibile da banco, generalmente in
associazione ad antistaminici da banco) è un vasocostrittore orale
noto per provocare irritabilità e insonnia e per essere associato
a mortalità infantile. Lo spray nasale anticolinergico ipratropio
bromuro (2 erogazioni/narice due o tre volte al dì; uso 0,03%
del preparato) è efficace per il trattamento della rinorrea sierosa.
I decongestionanti endonasali devono essere usati per un periodo
inferiore ai 5 giorni e non si devono ripetere per più di un ciclo
al mese. Il sodio cromoglicato (disponibile da banco) è efficace
ma richiede somministrazioni frequenti, ogni 4 ore. I farmaci che
modificano i leucotrieni hanno un effetto modesto sulla rinorrea
e sulla congestione nasale. L’irrigazione nasale con soluzione salina costituisce una buona opzione supplementare a tutti gli altri
trattamenti della rinite allergica.
I pazienti affetti da sintomi più gravi e persistenti richiedono il
trattamento con corticosteroidi endonasali, la terapia più efficace
contro l’AR. Questi farmaci riducono tutti i sintomi dell’AR con
infiammazione eosinofila ma non quelli della rinite associata ai
neutrofili o in assenza di infiammazione. I farmaci meno recenti
come il beclometasone, il triamcinolone e il flunisolide vengono assorbiti sia dal tratto gastrointestinale sia dall’apparato respiratorio.
Sono state sviluppate delle nuove preparazioni corticosteroidi
(budesonide, fluticasone propionato, mometasone furoato e ciclesonide) che offrono una maggiore attività topica con una minore
esposizione sistemica. Il fluticasone (>4 anni: 1-2 erogazioni/narice
una volta al dì), il mometasone (2-11 anni: 1 erogazione/narice
una volta al dì; >12 anni: 2 erogazioni/narice una volta al dì), il
budesonide (>6 anni: 1 erogazione/narice una volta al dì, la dose
può essere aumentata se necessario; dose massima per i bambini <12 anni: 2 erogazioni/narice una volta al dì, per i bambini
>12 anni: 4 erogazioni/narice una volta al dì) e la ciclesonide
(>6 anni con SAR e >12 anni con PAR: 2 erogazioni/narice una
volta al dì) hanno una bassa biodisponibilità sistemica e migliori
profili di sicurezza. I pazienti colpiti in maniera più grave possono
beneficiare di un trattamento combinato di antistaminici e corticosteroidi endonasali.
L’immunoterapia allergene-specifica somministrata per iniezione sottocutanea deve essere considerata per i bambini in cui i
sintomi allergici mediati dalle IgE non possono essere controllati
in maniera adeguata mediante i farmaci o evitando l’esposizione,
specialmente in presenza di condizioni di comorbilità. L’immunoterapia allergenica interferisce con la produzione di IgE e con i
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sintomi allergici. Ne è stata riscontrata l’efficacia nel trattamento
della rinite allergica. L’immunoterapia applicata a livello locale, che
può essere per via orale, sublinguale o nasale, è stata impiegata con
successo in Europa e in America Meridionale. L’immunoterapia per
via sublinguale è efficace per il trattamento della rinite allergica, ma
negli Stati Uniti viene attualmente considerata sperimentale finché
non saranno disponibili formulazioni approvate dalla Food and
Drug Administration statunitense. Gli studi hanno oggi dimostrato
che le anti-IgE riducono le risposte allergiche del naso. Le strategie
terapeutiche che impiegano sia le anti-IgE sia l’immunoterapia
saranno efficaci in futuro.
PROGNOSI
Il trattamento con antistaminici non sedativi e corticosteroidi endonasali migliora in maniera importante la valutazione della qualità
della vita relativa alla salute nei pazienti di tutte le età con AR, a
condizione che i pazienti continuino ad assumere i farmaci. I tassi
di remissione dall’AR riportati nei bambini sono compresi tra il 10
e il 23%. La prognosi per il futuro è comunque molto più positiva e
include misure apprezzabili per prevenire l’atopia, indurre tolleranza
immunitaria e ostacolare l’espressione del fenotipo allergico. La
farmacoterapia punterà alle cellule e alle citochine coinvolte nell’infiammazione e tratterà l’allergia come un processo sistemico.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 138
Asma infantile
Andrew H. Liu, Ronina A. Covar, Joseph D. Spahn
e Donald Y.M. Leung
L’asma è una patologia infiammatoria cronica delle vie respiratorie
polmonari, in grado di provocare un’ostruzione episodica delle
vie aeree. Questa infiammazione cronica aumenta i movimenti spasmodici delle vie aeree in caso di esposizione scatenante,
provocando la cosiddetta iperreattività delle vie aeree (Airways
HyperResponsiveness, AHR). Il trattamento dell’asma è volto a ridurre l’infiammazione riducendo al minimo l’esposizione ad agenti
ambientali proinfiammatori mediante il ricorso su base quotidiana
a farmaci antinfiammatori “controller” e tenendo sotto controllo
le comorbidà che potrebbero aggravarne la gravità. Tipicamente,
un numero inferiore di episodi infiammatori porta a un controllo
migliore dell’asma, con un numero più ridotto di esacerbazioni e
un ricorso limitato ai farmaci antiasmatici “a sollievo rapido”.
Ciononostante, è sempre possibile che si manifestino esacerbazioni
della malattia, la cui gravità può essere fortemente contenuta
mediante un intervento precoce con corticosteroidi sistemici. I progressi compiuti nel trattamento, specialmente nella farmacoterapia,
consentono una vita normale a tutti, tranne che ai bambini affetti
da asma grave, che però costituiscono casi piuttosto rari.
EZIOLOGIA
Sebbene la causa dell’asma infantile non sia stata ancora definita, attualmente la ricerca si concentra su una combinazione di esposizioni
ambientali e di vulnerabilità genetiche e biologiche a essa correlate
(Fig. 138.1). L’esposizione respiratoria all’ambiente comprende
allergeni inalati e infezioni respiratorie virali, oltre che inquinanti
biologici e chimici dell’aria, tra cui il fumo di tabacco. In un ospite
predisposto le immunorisposte all’esposizione ai suddetti agenti,
molto comuni, possono scatenare un’infiammazione patogena prolungata e una riparazione aberrante dei tessuti lesi delle vie aeree.
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820 ■ Parte XV Allergopatie
Ambiente
• Allergeni
• Infezioni
• Microbi
• Inquinanti
• Stress
Rischio biologico
e genetico
Età
• Immunitario
• Polmonare
• Riparazione
Sviluppo immunitario innato e adattivo
(atopia)
Lesione
basse
vie
Riparazione
aberrante
• Infezioni virali
respiratorie
• Aeroallergeni
• ETS
• Inquinanti/intossicanti
• Infiammazione persistente
• AHR
• Rimodellamento
• Crescita e differenziazione
vie aeree
ASMA
Figura 138.1 Eziologia e patogenesi dell’asma. Lo sviluppo del sistema immunitario e la
sua risposta alle esposizioni ambientali ubiquitarie dipendono da una combinazione di fattori
genetici e ambientali nella prima infanzia. Patogeni respiratori, allergeni inalati e tossine in
grado di ledere le basse vie aeree portano il processo patologico fino ai polmoni. Le risposte
riparatorie e immunitarie aberranti alla lesione delle vie aeree sono alla base di una malattia
persistente. AHR, iperreattività delle vie aeree; ETS, fumo di tabacco nell’ambiente.
Ne consegue una disfunzione polmonare, come ad esempio AHR e
flusso d’aria ridotto. Nella prima infanzia, in un polmone in formazione questi processi patogeni hanno un effetto avverso sulla crescita
e sulla differenziazione delle vie aeree e, di conseguenza, causano
alterazioni delle vie respiratorie anche in età matura. Una volta che
l’asma si è sviluppato, un’ulteriore esposizione agli agenti scatenanti
sembra peggiorare la patologia, determinando la persistenza della
malattia e un maggiore rischio di recrudescenze gravi.
Genetica
Sono stati correlati all’asma più di 100 loci genetici. Sebbene i
legami genetici talvolta abbiano mostrato differenze tra coorti,
l’asma è stato coerentemente collegato ai loci che contengono geni
proinfiammatori proallergici (il cluster genico dell’interleuchina
[IL]-4 sul cromosoma 5). La variazione genetica nei recettori per
farmaci antiasmatici diversi è associata a cambiamenti della risposta
biologica a questi farmaci (polimorfismi del recettore ␤2-adrenergico). Altri geni candidati comprendono l’ADAM-33 (membro della
famiglia delle metalloproteinasi), il gene del recettore prostanoide
DP e i geni situati sul cromosoma 5q31 (eventualmente IL-12).
Ambiente
Ai virus respiratori comuni, tra cui il virus respiratorio sinciziale, il
rinovirus, il virus dell’influenza, l’adenovirus, il virus della parainfluenza e il metapneumovirus umano, sono associati episodi ricorrenti
di sibili nella prima infanzia. Questa associazione implica che le
caratteristiche dell’ospite che influenzano le sue difese immunitarie e
influiscono sull’infiammazione e sull’estensione delle lesioni delle vie
aeree causate da patogeni virali ubiquitari siano anche gli elementi
responsabili del manifestarsi di questa sintomatologia nella prima
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infanzia. Inoltre, altri fattori di rischio per l’asma persistente durante
l’infanzia sono rappresentati dalle infezioni virali lesive delle vie aeree
che si manifestano sotto forma di polmonite o bronchiolite e che richiedono il ricovero ospedaliero. Anche altri tipi di esposizione delle
vie aeree sono in grado di esacerbare un’infiammazione già in corso e
di aumentare la gravità di una patologia, portando ad asma persistente. L’esposizione ad allergeni interni e ad allergeni domestici in soggetti
già sensibili può dare origine a un’infiammazione o a un’ipersensibilità
ad altri agenti irritanti delle vie aeree ed è quindi fortemente connessa
alla gravità e alla persistenza della malattia. Anche altri tipi di esposizione delle vie aeree sono in grado di esacerbare un’infiammazione
già in corso e di aumentare la gravità di una patologia, portando ad
asma persistente. Il fumo di tabacco e gli agenti inquinanti (ozono,
anidride solforosa) nell’ambiente aggravano l’infiammazione delle vie
respiratorie e aumentano la gravità dell’asma. L’aria fredda e secca
e gli odori forti possono scatenare una broncocostrizione quando
è già presente irritazione nelle vie aeree; tuttavia, non peggiorano
l’infiammazione o l’iperreattività a carico delle stesse.
EPIDEMIOLOGIA
L’asma è una malattia cronica comune che causa notevole morbilità.
Nel 2007, 9,6 milioni di bambini (il 13,1%) hanno ricevuto una diagnosi di asma nel corso della vita. In questo gruppo, il 70% presentava segni indicativi della malattia in corso e 3,8 milioni di bambini
(il 5,2%), quasi il 60% di quelli che presentava asma in corso, aveva
avuto almeno un attacco di asma nei 12 mesi precedenti. I maschi
(14% rispetto al 10% delle femmine) e i bambini di entrambi i sessi
appartenenti a famiglie povere (16% contro il 10% tra i non poveri)
hanno una maggiore probabilità di contrarre l’asma.
Negli Stati Uniti l’asma infantile è la causa più comune delle
visite d’urgenza al pronto soccorso e della perdita di giorni scolastici, con 12,8 milioni di giorni scolastici persi, 750.000 visite
al pronto soccorso, 198.000 ricoveri e 186 bambini deceduti
nel 2004. Una disparità negli esiti dell’asma collega alti tassi di
ospedalizzazione o decesso con la povertà, le minoranze etniche
e la vita in un ambiente urbano. Negli ultimi due decenni, un
confronto tra afroamericani e bambini bianchi ha evidenziato
che i primi hanno avuto un numero di visite al pronto soccorso,
di ricoveri ospedalieri e di decessi da 2 a 4 volte maggiori. Per i
pazienti asmatici di minoranze etniche che vivono in comunità
a basso reddito nei centri urbani statunitensi, si ritiene che una
combinazione di fattori di rischio di natura biologica, ambientale,
economica e psicosociale aumenti la probabilità che si verifichino
gravi esacerbazioni dell’asma. Sebbene la prevalenza sia più alta nei
bambini afroamericani piuttosto che nei bianchi (nel 2003-2005,
il 12,8% contro il 7,9% per i bianchi e il 7,8% per i latinoamericani), queste differenze non possono spiegare completamente tale
disparità per quanto concerne gli esiti dell’asma.
A livello mondiale, la prevalenza dell’asma infantile sembra
aumentare, nonostante il notevole miglioramento dei trattamenti e,
in particolare, della farmacopea. Numerosi studi condotti in Paesi
diversi hanno evidenziato un aumento della prevalenza dell’asma
pari a circa il 50% per decennio. A livello globale, la prevalenza
dell’asma infantile varia notevolmente in rapporto all’ambiente.
Una vasta ricerca a livello internazionale relativa alla prevalenza
dell’asma in 97 Paesi (International Study of Asthma and Allergies in Childhood) ha riscontrato una grande varietà, dallo 0,8 al
37,6%. Inoltre, la prevalenza dell’asma si correlava bene con i dati
riferiti per quella della rinocongiuntivite allergica e dell’eczema
atopico. L’asma infantile sembra particolarmente frequente negli
ambienti metropolitani moderni e nei Paesi maggiormente sviluppati, oltre a essere fortemente correlato ad altre patologie allergiche. Al contrario, i bambini che vivono nelle aree rurali dei Paesi
in via di sviluppo e nelle comunità agricole hanno una probabilità
minore di contrarre asma e allergie, sebbene in questi stessi Paesi
l’asma infantile si manifesti con gradi di severità più elevati.
Circa l’80% dei pazienti asmatici riferisce che la malattia si è
manifestata prima dei 6 anni di età. Tuttavia, fra i bambini molto
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 821
Tabella 138.1 FATTORI DI RISCHIO DELL’ASMA PERSISTENTE
Tabella 138.2 MODELLI DI TOSSE/SIBILI RICORRENTI NELL’INFANZIA,
NELLA PRIMA INFANZIA
BASATI SULLA STORIA NATURALE
Asma parentale
Allergia:
Dermatite atopica (eczema)
Rinite allergica
Allergia alimentare
Sensibilizzazione ad allergeni inalanti
Sensibilizzazione ad allergeni alimentari
Infezione grave del tratto respiratorio inferiore:
Polmonite
Bronchiolite che necessita di ospedalizzazione
Sibili indipendenti da raffreddore
Sesso maschile
Basso peso alla nascita
Esposizione a fumo di tabacco nell’ambiente
Possibile uso di paracetamolo
Esposizione a piscine contenenti cloro:
Ridotta funzionalità polmonare alla nascita
SIBILI PRECOCI TRANSITORI
Comuni nei primi anni prescolari
Tosse/sibili ricorrenti, scatenati principalmente dalle comuni infezioni virali
delle vie aeree
Tendono a risolversi negli anni prescolari, senza un maggiore rischio di ricorrenza
dell’asma negli anni successivi
Il flusso d’aria ridotto alla nascita, che suggerisce delle vie aeree relativamente
strette, migliora entro l’età scolare
ASMA PERSISTENTE ASSOCIATO AD ATOPIA
Inizia nei primi anni prescolari
Negli anni prescolari, associato ad atopia:
Clinica (ad es. dermatite atopica nell’infanzia, rinite allergica, allergia alimentare)
Biologica (ad es. sensibilizzazione precoce agli allergeni inalanti, aumento
delle immunoglobuline E sieriche, aumento degli eosinofili nel sangue)
Più elevato rischio di persistenza nella seconda infanzia e nell’età adulta
Anomalie della funzionalità polmonare:
I soggetti in cui la malattia insorge prima del terzo anno di vita mostrano
un flusso d’aria ridotto entro l’età scolare
I soggetti con insorgenza tardiva dei sintomi o con insorgenza tardiva
della sensibilizzazione agli allergeni hanno meno probabilità di riscontrare
una limitazione del flusso d’aria in età pediatrica
SIBILI NON ATOPICI
I sibili e la tosse iniziano in un’età precoce, spesso con infezione virale sinciziale
respiratoria; si risolvono nella seconda infanzia senza aumentare il rischio
di asma persistente
Associati a iperreattività bronchiale nel periodo vicino alla nascita
ASMA CHE PEGGIORA LA FUNZIONALITÀ POLMONARE
Bambini affetti da asma con aumento progressivo della limitazione del flusso
d’aria
Associato a iperinsufflazione nell’infanzia, sesso maschile
ASMA A INSORGENZA TARDIVA NELLE FEMMINE, ASSOCIATO
A OBESITÀ E PUBERTÀ PRECOCE
Insorgenza tra gli 8 e i 13 anni di età
Associato a obesità e pubertà precoce; specifico delle femmine
ASMA DI TIPO OCCUPAZIONALE NEI BAMBINI
Bambini con asma associato a esposizioni di tipo occupazionale note per il fatto
di scatenare l’asma negli adulti negli ambienti di lavoro (ad es. esposizione
a endotossine nei bambini cresciuti in fattoria)
piccoli che presentano sibili ricorrenti, soltanto una minoranza
continuerà ad avere asma persistente nella seconda infanzia. I fattori
di rischio di asma persistente nella prima infanzia sono stati chiaramente identificati (Tab. 138.1). L’indice predittivo dell’asma include
fattori di rischio primari (asma nei genitori, eczema, sensibilizzazione
ad allergeni inalanti) e secondari (rinite allergica, sibili indipendenti
da raffreddore, ≥4% di eosinofili, sensibilizzazione ad allergeni
alimentari). Nei bambini piccoli l’allergia è emersa come importante
fattore di rischio per la persistenza dell’asma infantile.
Tipi di asma infantile
L’asma è considerato una manifestazione clinica comune con sibili
e/o tosse intermittenti e ricorrenti, derivante da processi patologici
differenti nell’apparato respiratorio, che a loro volta sono la base
di tipi di asma diversi. Ne esistono due tipi principali per quello
infantile: (1) con sibili ricorrenti nella prima infanzia, per lo più
scatenati dalle comuni infezioni virali dell’apparato respiratorio,
e (2) asma cronico associato ad allergia che persiste nella seconda
infanzia e spesso in età adulta. Un terzo tipo di asma infantile
tipicamente emerge nelle femmine che sviluppano obesità e hanno
una pubertà precoce (entro l’undicesimo anno di età). Alcuni bambini possono essere ipersensibili ai più comuni inquinanti dell’aria
(fumo di tabacco nell’ambiente, ozono, endotossine), a tal punto
che l’esposizione a questi agenti potrebbe non soltanto peggiorare
un asma già esistente, ma avere anche un effetto determinante nei
soggetti predisposti. La forma persistente più diffusa di asma infantile è quella associata ad allergie e alla sensibilità alle esacerbazioni
indotte dai comuni virus respiratori (Tab. 138.2).
Da Taussig LM, Landau LI, et al, editors: Pediatric respiratory medicine, ed 2, Philadelphia, 2008,
Mosby/Elsevier, p 822.
(Tab. 138.3) possono condurre a infiammazione delle vie aeree,
AHR, edema, ispessimento della membrana basale, precipitazione
del collagene sottoepiteliale, ipertrofia della muscolatura liscia e
delle ghiandole mucose e ipersecrezione di muco, tutti processi che
contribuiscono all’ostruzione del flusso respiratorio (Cap. 134).
PATOGENESI
MANIFESTAZIONI CLINICHE E DIAGNOSI
L’ostruzione del flusso d’aria in presenza di asma è la conseguenza
di numerosi processi patologici. Nelle piccole vie aeree il flusso
d’aria è regolato dalla muscolatura liscia che racchiude il lume; la
broncocostrizione di questi fasci muscolari nei bronchioli riduce
o blocca il flusso d’aria. Un infiltrato infiammatorio cellulare ed
essudati caratterizzati dalla presenza di eosinofili ma comprendenti
anche altri tipi di cellule infiammatorie (neutrofili, monociti, linfociti, mastociti, basofili) possono riempire e ostruire le vie aeree
e indurre un danno epiteliale e una desquamazione nel loro lume.
Questi processi infiammatori sono mediati dai linfociti T helper e da
altre cellule immunitarie che producono citochine proinfiammatorie
proallergiche (IL-4, IL-5, IL-13) e chemochine (eotassine). Le risposte immunitarie patogene e l’infiammazione possono dipendere
anche dal venir meno dei normali immunoprocessi regolatori (come
i linfociti T regolatori che producono IL-10 e fattore di crescita trasformante [TGF]-␤) che attenuano la componente effettrice e l’infiammazione quando non sono più necessarie. L’ipersensibilità o la
suscettibilità legate all’esposizione a una varietà di agenti scatenanti
Una tosse secca intermittente e la presenza di sibili espiratori sono
i sintomi cronici più comuni dell’asma. In associazione a questi,
i bambini più grandi e gli adulti riferiscono anche respiro corto e
tensione toracica; è più probabile, invece, che i bambini più piccoli
manifestino un dolore intermittente non focale al torace. I sintomi
respiratori possono esacerbarsi di notte, specialmente nel corso
di recrudescenze prolungate scatenate da infezioni respiratorie
o da allergeni inalanti, ma i sintomi più frequenti nell’infanzia,
spesso collegati ad attività fisiche o al gioco, sono quelli diurni.
Nei bambini l’asma si può presentare con altri sintomi subdoli e
aspecifici, tra cui una limitazione autoimposta delle attività fisiche,
affaticamento generale (eventualmente dovuto a disturbi del sonno)
e difficoltà a essere all’altezza dei propri coetanei nell’esercizio
fisico. Le informazioni relative a esperienze precedenti con i farmaci
contro l’asma (broncodilatatori) possono fornire un’anamnesi di
miglioramento sintomatico che può supportare la diagnosi di asma.
L’assenza di miglioramento dopo l’assunzione di broncodilatatori e
corticosteroidi non è tuttavia compatibile con una diagnosi di asma
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822 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 138.3 AGENTI SCATENANTI DELL’ASMA
Infezioni virali comuni del tratto respiratorio
Aeroallergeni in pazienti asmatici sensibilizzati:
Detriti epidermici degli animali
Allergeni interni
Acari della polvere
Scarafaggi
Muffe
Aeroallergeni stagionali:
Pollini (alberi, erbe, erbe selvatiche)
Muffe stagionali
Fumo di tabacco nell’ambiente
Inquinanti dell’aria:
Ozono
Anidride solforosa
Materia particellare
Fumo di fuoco di legna o di carbone
Endotossina, micotossina
Polvere
Odori o esalazioni forti o nocivi:
Profumi, lacche
Detergenti
Esposizioni occupazionali:
Esposizioni in fattorie e stalle
Formaldeidi, cedro, esalazioni di vernici
Aria fredda, aria secca
Esercizio fisico
Pianto, riso, iperventilazione
Patologie comorbose:
Rinite
Sinusite
Reflusso gastroesofageo
sottostante e dovrebbe indurre a considerare con più attenzione
altre patologie che lo mascherano.
I sintomi dell’asma possono essere scatenati da numerosi eventi
o esposizioni comuni: esercizio fisico e iperventilazione (riso),
aria fredda o secca e sostanze irritanti delle vie aeree (si veda
Tab. 138.3). Anche le esposizioni che inducono un’infiammazione delle vie aeree, come infezioni (rinovirus, virus sinciziale
respiratorio, metapneumovirus, terquetenovirus, virus della parainfluenza, virus dell’influenza, adenovirus, Mycoplasma pneumonia,
Chlamydia pneumoniae), e gli allergeni inalati aumentano l’AHR
a esposizioni irritanti. La conoscenza dell’anamnesi ambientale è
essenziale per un trattamento ottimale dell’asma (Cap. 135).
La presenza di fattori di rischio, come un’anamnesi di altre
patologie allergiche (rinite allergica, congiuntivite allergica, dermatite atopica, allergie alimentari), un asma parentale e/o sintomi
dissociati dal raffreddore, va a sostegno della diagnosi di asma.
Durante le visite di routine, i bambini affetti da asma solitamente
non presentano segnali anomali, a sottolineare l’importanza dell’anamnesi ai fini della diagnosi di asma. Alcuni bambini possono
presentare una tosse secca persistente; l’esame del torace risulta
spesso nella norma, tuttavia l’esecuzione di respiri più profondi
può scatenare difficoltà di respirazione altrimenti non diagnosticabili. In clinica, una rapida risoluzione (entro 10 min) oppure
un convincente miglioramento di segni e sintomi dell’asma in
seguito all’inalazione di un ␤-agonista ad azione rapida (SABA; ad
es. albuterolo) sono indicativi di una diagnosi di asma.
In caso di esacerbazioni dell’asma, solitamente è possibile auscultare sibili espiratori e una fase espiratoria prolungata. Suoni
respiratori ridotti in alcuni campi polmonari, normalmente il lobo
posteroinferiore destro, sono compatibili con un’ipoventilazione polmonare dovuta a ostruzione delle vie aeree. Talvolta si possono sentire crepitii (scricchiolii) e rantoli, dovuti a un’eccessiva produzione di
muco e di essudato infiammatorio nelle vie aeree. La combinazione
di crepitii segmentali e di scarsi suoni respiratori può essere indicativa
di atelectasia segmentale polmonare, che è difficile da distinguere
dalla polmonite bronchiale e che può complicare il trattamento
dell’asma acuto. Nelle esacerbazioni gravi, l’aumentata ostruzione
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delle vie aeree provoca respiro affannoso e distress respiratorio, con
presenza di sibili inspiratori ed espiratori, aumentato prolungamento
dell’espirazione, scarsa immissione di aria, retrazione soprasternale
e intercostale, arrossamento del naso e ricorso ai muscoli respiratori
accessori. In extremis, il flusso dell’aria può essere così limitato che
il respiro affaticato è impercettibile (Tabella 138.4).
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Molte patologie respiratorie pediatriche possono presentare segni e
sintomi simili all’asma (Tabella 138.5). Oltre all’asma, altre cause
frequenti della tosse cronica intermittente comprendono il reflusso
gastroesofageo (GastroEsophageal Reflux, GER) e la rinosinusite.
Sia il GER sia la sinusite cronica possono essere difficili da diagnosticare in età pediatrica. Spesso il GER è clinicamente silente
nell’infanzia e i bambini affetti da sinusite cronica non riferiscono
sintomi specifici di questa patologia, come pressione o dolore
localizzati in corrispondenza dei seni nasali. Inoltre, sia il GER sia
la rinosinusite si manifestano spesso in concomitanza con l’asma
infantile e, se non vengono trattati in maniera specifica, rendono
difficile anche il trattamento dell’asma.
Nella prima infanzia, la tosse cronica e i sibili possono essere
indicativi di aspirazione ricorrente, tracheobroncomalacia, un’anomalia anatomica ricorrente delle vie aeree, aspirazione di un corpo
estraneo, fibrosi cistica o displasia broncopolmonare.
Nei bambini più grandi e negli adolescenti, una disfunzione delle
corde vocali (Vocal Cord Dysfunction, VCD) può manifestarsi con
sibili diurni intermittenti. In questa patologia, le corde vocali si chiudono in modo involontario e improprio durante l’inspirazione e a
volte anche durante l’espirazione, dando luogo a respiro corto, tosse,
tensione alla gola e spesso a sibili laringei e/o stridori auscultabili.
Nella maggior parte dei casi di VCD, il test spirometrico della funzionalità polmonare evidenzierà dei loop volume/flusso inspiratori ed
espiratori “troncati” e incoerenti, un quadro diverso dal pattern riproducibile di limitazione del flusso d’aria nell’asma, il quale migliora
con l’assunzione di broncodilatatori. La VCD può coesistere all’asma.
La rinolaringoscopia flessibile nel paziente con VCD sintomatica può
rivelare movimenti paradossi delle corde vocali, pur essendo queste
ultime nella norma dal punto di vista anatomico. Questa patologia
può essere trattata con buoni risultati grazie alla terapia specializzata
della parola che insegna al paziente i metodi di rilassamento e controllo del movimento delle corde vocali. Inoltre, il trattamento delle
cause soggiacenti all’irritabilità delle corde vocali (ad es. forte reflusso
gastroesofageo/aspirazione, rinite allergica, rinosinusite, asma) può
migliorare la VCD. Durante le esacerbazioni della VCD, le tecniche
respiratorie di rilassamento unite all’inalazione di heliox (una miscela
con il 70% di elio e il 30% di ossigeno) possono dare sollievo dagli
spasmi delle corde vocali e dai sintomi della VCD.
In alcuni ambienti la polmonite da ipersensibilità (comunità agricole, abitazioni di proprietari di uccelli), le infestazioni di parassiti
polmonari (aree rurali dei Paesi in via di sviluppo) o la tubercolosi
possono essere cause comuni di tosse cronica e/o sibili. Patologie
rare che possono mascherare l’asma nell’infanzia includono la bronchiolite obliterante, le pneumopatie interstiziali, le discinesie ciliari
primitive, le immunodeficienze umorali, le micosi broncopolmonari
allergiche, l’insufficienza cardiaca congestizia, le lesioni massive della
laringe, della trachea o dei bronchi oppure lesioni che comprimono
questi organi, e tosse e/o sibili che costituiscono degli effetti avversi
del trattamento. Le pneumopatie croniche spesso producono ippocratismo digitale, un esito molto insolito nell’asma infantile.
REPERTI DI LABORATORIO
I test della funzionalità polmonare possono contribuire a confermare la diagnosi di asma e a determinare la gravità della malattia.
Test della funzionalità polmonare
La misurazione del flusso d’aria durante un’espirazione forzata
può essere di aiuto nella diagnosi e nel monitoraggio dell’asma e
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 823
Tabella 138.4 VALUTAZIONE FORMALE DELLA GRAVITÀ DELLE ESACERBAZIONI DELL’ASMA NEL TRATTAMENTO D’EMERGENZA*
LIEVE
SINTOMI
Affanno
Parla con
Stato di agitazione
SEGNI
Frequenza respiratoria†
Uso dei muscoli accessori;
retrazioni soprasternali
Sibili
Frequenza cardiaca (battiti/min)‡
Polso paradosso
VALUTAZIONE FUNZIONALE
Flusso di picco espiratorio (valore
previsto o migliore personale)
Po2 (aria respirata)
e/o
Pco2
Sao2 (aria respirata) al livello
del mare
Durante la
deambulazione
MODERATO
GRAVE
A riposo (lattante, pianto più
corto e lieve, difficoltà
nella nutrizione)
Preferisce stare seduto
Frasi brevi
Solitamente in stato di agitazione
A riposo (lattante, interruzione
della nutrizione)
Aumento
Generalmente no
Aumento
Comuni
Spesso >30 atti respiratori/min
Frequenti
Moderati; spesso solo
di fine espirazione
<100
Assente
<10 mmHg
Forti; per tutta la durata
dell’espirazione
100-120
Può essere presente
10-25 mmHg
Solitamente forti; per tutta la durata
dell’inspirazione e dell’espirazione
>120
Spesso presente
>25 mmHg (nell’adulto)
20-40 mmHg (nel bambino)
≥70%
Circa 40-69% oppure la risposta
dura <2 ore
≥60 mmHg (test solitamente
non necessario)
<40%
Non riesce a stendersi
Frasi complete
Può essere in stato
di agitazione
Resta in posizione eretta
Parole
Solitamente in stato di agitazione
SOTTOGRUPPO: IMMINENTE
ARRESTO RESPIRATORIO
Mostra sonnolenza o stato
confusionale
Movimenti toracoaddominali
paradossi
Assenza di sibili
Bradicardia
L’assenza suggerisce astenia
dei muscoli respiratori
<25%§
Normale (test
<60 mmHg; possibile cianosi
solitamente
non necessario)
<42 mmHg (test
<42 mmHg (test solitamente
≥42 mmHg; possibile insufficienza
solitamente
non necessario)
respiratoria
non necessario)
>95% (test
90-95% (test solitamente
<90%
solitamente
non necessario)
non necessario)
L’ipercapnia (ipoventilazione) si sviluppa più facilmente nei bambini piccoli rispetto a quanto avviene negli adulti e negli adolescenti
*Note:
• La presenza di numerosi parametri, sebbene non necessariamente tutti, indica la classificazione generale dell’esacerbazione.
• Molti di questi parametri non sono stati studiati sistematicamente, specialmente per il fatto che sono correlati tra loro. Pertanto, essi fungono esclusivamente da linee guida generali.
• L’impatto emotivo dei sintomi dell’asma sul paziente e sulla famiglia è variabile. Tuttavia, questo deve essere identificato e guidato e, di conseguenza, può influire sugli approcci al trattamento e sul follow-up.
†
Normali frequenze respiratorie in bambini svegli per fascia di età: <2 mesi, <60 atti respiratori/min; 2-12 mesi, <50 atti respiratori/min; 1-5 anni, <40 atti respiratori/min; 6-8 anni, <30 atti
respiratori/min.
‡
Normali frequenze cardiache nei bambini per fascia di età: 2-12 mesi, <160 battiti/min; 1-2 anni, <120 battiti/min; 2-8 anni, <110 battiti/min.
§
Il test dei flussi di picco espiratori potrebbe non essere necessario in attacchi di elevata gravità.
Modificata da EPR—3. Expert panel report 3: guidelines for the diagnosis and management of asthma, NIH Publication No. 07-4051, Bethesda, MA, 2007, U.S. Department of Health and Human
Services; National Institutes of Health, National Heart, Lung, and Blood Institute; National Asthma Education and Prevention Program. www.nhlbi.nih.gov/guidelines/asthma/asthgdln.htm.
per valutare l’efficacia della terapia. Questo test è particolarmente
utile nei bambini asmatici con scarsa percezione dell’ostruzione del
flusso d’aria o nel caso in cui i segni fisici dell’asma non si manifestino finché l’ostruzione non si aggrava.
Molte linee guida suggeriscono di effettuare le misurazioni spirometriche del flusso d’aria e la valutazione del volume polmonare
durante manovre espiratorie forzate come esami di routine. La
spirometria è utile come misurazione obiettiva della limitazione del
flusso d’aria (Fig. 138.2). Per effettuare e interpretare i test spirometrici è necessario ricorrere a personale esperto. La validità di queste
misurazioni dipende anche dalla capacità del paziente di eseguire
correttamente una manovra espiratoria piena, potente e prolungata,
il che normalmente è possibile con i bambini di >6 anni di età (con
qualche eccezione tra i bambini più piccoli). Gli sforzi spirometrici
riproducibili sono un indicatore della validità del test; se, su tre
tentativi, il FEV1 (Forced Expiratory Volume; volume espiratorio
forzato in 1 secondo) rimane entro il 5%, allora si considera valido
il più alto FEV1 dei tre. Questo utilizzo standard del più alto dei tre
sforzi riproducibili è indicativo del fatto che, per essere affidabili, i
test spirometrici devono essere sforzo-dipendenti.
Nell’asma, il blocco delle vie aeree porta a un flusso di aria
ridotto con espirazione forzata e volumi polmonari più piccoli
nell’espirazione parziale (si veda Fig. 138.2). Dal momento che i
polmoni degli asmatici sono tipicamente iperinsufflati, il FEV1 si
può semplicemente adattare in modo da ottenere tutto il volume
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espiratorio, ossia la capacità vitale forzata (Forced Vital Capacity,
FVC) con un rapporto FEV1/FVC. Generalmente, un rapporto
FEV1/FVC <0,80 indica una significativa ostruzione del flusso
d’aria (Tab. 138.6). I valori normativi del FEV1 per i bambini
sono stati stabiliti in base all’altezza, al sesso e all’etnia. Un FEV1
eccessivamente basso espresso in percentuale rispetto ai valori
previsti rappresenta uno dei sei criteri utilizzati per determinare
la gravità dell’asma secondo le linee guida promosse dai National
Institutes of Health (NIH).
Tali misurazioni del solo flusso di aria non sono sufficienti a confermare la diagnosi di asma, poiché diverse altre patologie possono
provocare un’analoga riduzione del flusso stesso. La risposta broncodilatatoria a un ␤-agonista somministrato per inalazione (ad es.
albuterolo) è maggiore nei pazienti asmatici rispetto ai soggetti non
affetti; un miglioramento del FEV1 ≥12% o con un valore >200 mL
è compatibile con l’asma. I test di broncoprovocazione possono essere utili per diagnosticare l’asma e ottimizzarne il trattamento. Le vie
aeree asmatiche sono iperreattive e quindi più sensibili all’inalazione
di metacolina, istamina o anche aria fredda o secca. Il grado di AHR
all’esposizione a questi agenti è in qualche modo legato alla gravità
dell’asma e dell’infiammazione delle vie respiratorie. Sebbene i test
di broncoprovocazione siano accuratamente dosati e monitorati nei
laboratori di analisi, il ricorso a essi in medicina generale è piuttosto
raro. I test da sforzo (esercizio aerobico o “corsa” per 6-8 min)
possono essere utili a identificare i bambini affetti da broncospasmo
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824 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 138.5 DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELL’ASMA INFANTILE
PATOLOGIE DEL TRATTO RESPIRATORIO SUPERIORE
Rinite allergica*
Rinite cronica*
Sinusite*
Ipertrofia tonsillare o adenoidea
Corpo estraneo nel naso
PATOLOGIE DEL TRATTO RESPIRATORIO MEDIO
Laringotracheobroncomalacia*
Laringotracheobronchite (ad es. pertosse)*
Rete, cisti o stenosi laringea
Disfunzione delle corde vocali*
Paralisi delle corde vocali
Fistola tracheoesofagea
Anello vascolare, fascia al collo o massa esterna che comprime le vie aeree
(ad es. tumore)
Aspirazione di corpo estraneo*
Bronchite cronica da esposizione a fumo di tabacco nell’ambiente*
Inalazioni tossiche
PATOLOGIE DEL TRATTO RESPIRATORIO INFERIORE
Displasia broncopolmonare (pneumopatia cronica in neonati prematuri)
Bronchiolite virale*
Reflusso gastroesofageo*
Cause della bronchiectasia:
Fibrosi cistica
Immunodeficienza
Micosi broncopolmonari allergiche (ad es. aspergillosi)
Aspirazione cronica
Sindrome delle ciglia immobili, discinesia ciliare primaria
Bronchiolite obliterante
Pneumopatie interstiziali
Polmonite da ipersensibilità
Eosinofilia polmonare, vasculite di Churg-Strauss
Emosiderosi polmonare
Tubercolosi
Polmonite
Edema polmonare (ad es. insufficienza cardiaca congestizia)
Farmaci associati alla tosse cronica:
Inibitori dell’acetilcolinesterasi
Antagonisti ␤-adrenergici
Inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina
*Le più comuni malattie che mascherano l’asma.
Tabella 138.6 ANOMALIE DELLA FUNZIONALITÀ POLMONARE NELL’ASMA
Spirometria (in clinica):
Limitazione del flusso d’aria:
FEV1 basso (percentuale rispetto ai valori normali previsti)
Rapporto FEV1/FVC <0,80
Risposta broncodilatatoria (a un ␤-agonista inalato):
Miglioramento del FEV1 ≥12% e ≥200 mL*
Test da sforzo:
Peggioramento del FEV1 ≥15%*
Monitoraggio del flusso di picco giornaliero o del FEV1: variazione da un giorno
all’altro e/o AM-PM ≥20%*
*Principali criteri compatibili con l’asma.
FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata.
indotto da sforzo. Sebbene la risposta al flusso d’aria dei non asmatici
durante l’esercizio fisico sia costituita da un incremento del volume
funzionale dei polmoni e da un leggero miglioramento del FEV1
(5-10%), negli asmatici trattati in maniera inadeguata l’attività fisica
provoca spesso un’ostruzione del flusso d’aria. Di conseguenza, nei
pazienti asmatici, il FEV1 diminuisce solitamente durante o dopo
l’esercizio fisico di >15% (si veda Tabella 138.6). L’insorgenza del
broncospasmo indotto dall’attività fisica si verifica solitamente entro
15 min dopo un intenso test da sforzo e può risolversi spontaneamente entro 30-60 min. Le indagini effettuate con test da sforzo nei
bambini in età scolare identificano tipicamente un ulteriore 5-10%
affetto da broncospasmo indotto da sforzo e asma precedentemente
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non riconosciuto. Tuttavia, questi test da sforzo presentano due punti
a sfavore: in primo luogo, i test sul tapis roulant in clinica non sono
completamente affidabili e possono non identificare l’asma da sforzo,
che può essere invece individuato sul campo da gioco; in secondo
luogo, i test sul tapis roulant possono indurre gravi esacerbazioni
nei pazienti a rischio. Per questo motivo, è necessario effettuare
un’attenta selezione dei pazienti per i test da sforzo e occorre essere
preparati per eventuali gravi esacerbazioni dell’asma.
La misurazione dell’ossido di azoto esalato (FENO), un marker
dell’infiammazione delle vie aeree nell’asma associato ad allergie,
può contribuire a titolare i medicinali e a confermare la diagnosi.
I dispositivi per il monitoraggio del picco del flusso espiratorio
(Peak Expiratory Flow, PEF) forniscono uno strumento semplice
ed economico utilizzabile a domicilio per misurare il flusso d’aria e
possono rivelarsi utili in diverse circostanze (Fig. 138.3). I pazienti
con una ridotta percezione dell’ostruzione del flusso d’aria causata
da asma, i cosiddetti poor perceiver, possono trarre vantaggio dal
monitoraggio quotidiano dei PEF; questo infatti permette di ottenere
una valutazione oggettiva del flusso d’aria, che può costituire un
indicatore del livello di controllo dell’asma o dei problemi correlati
a esso più sensibile della percezione dei sintomi da parte dei pazienti stessi. I dispositivi per PEF variano con riguardo alla capacità
di individuare l’ostruzione del flusso d’aria: essi sono generalmente
meno sensibili all’ostruzione del flusso d’aria rispetto alla spirometria e, pertanto, in alcuni pazienti i valori di PEF si abbassano solo
quando l’ostruzione è grave. Pertanto, il monitoraggio dovrebbe
iniziare misurando i PEF del mattino e della sera (il migliore di tre
tentativi) per diverse settimane, in modo tale che i pazienti si impratichiscano nella tecnica e siano in grado di determinare il “dato personale migliore” e quindi di correlare i valori dei PEF con i sintomi
(e idealmente con la spirometria). Una variazione dei PEF >20% è
compatibile con l’asma (si vedano Fig. 138.3 e Tab. 138.6).
Radiologia
Nei bambini affetti da asma, le radiografie del torace (viste posteroanteriore e laterale) risultano spesso normali, a parte alcuni esiti di
iperinsufflazione lievi e aspecifici (appiattimento del diaframma) e
alcuni di ispessimento peribronchiale (Fig. 138.4). Le radiografie
del torace sono d’aiuto anche nell’individuazione delle anomalie
caratteristiche delle malattie che mascherano l’asma (polmonite da
aspirazione, campi polmonari iperlucenti nella bronchiolite obliterante) e delle complicanze in corso di esacerbazione (atelectasia,
pneumomediastino, pneumotorace). Alcune anomalie polmonari si
possono apprezzare meglio grazie alle TC del torace a sezione sottile
e ad alta risoluzione. La bronchiectasia è talvolta difficile da rilevare
con le radiografie del torace, ma è chiaramente visibile con la TC e
implica la presenza di una malattia che maschera l’asma, come la
fibrosi cistica, le micosi broncopolmonari allergiche (aspergillosi),
le discinesie ciliari o determinati deficit immunitari.
Altri test, come quelli allergici per misurare la sensibilizzazione
agli allergeni inalanti, sono d’aiuto per il trattamento e la prognosi
dell’asma. In un esauriente studio condotto negli Stati Uniti su
bambini asmatici dai 5 ai 12 anni (Childhood Asma Management
Program, CAMP), l’88% al Prick test mostrava una sensibilizzazione agli allergeni inalanti.
TRATTAMENTO
Le linee guida del National Asthma Education and Prevention
Program’s Expert Panel Report 3 (EPR3): Guidelines for the
Diagnosis and Management of Asthma 2007 sono disponibili
online (www.nhlbi.nih.gov/guidelines/asthma/asthgdln.htm) e
sono, inoltre, stati pubblicati i punti principali relativi a modifiche
sostanziali rispetto alla versione precedente delle linee guida. Gli
elementi chiave di un trattamento ottimale dell’asma sono ben noti
(Fig. 138.5). Il trattamento dell’asma dovrebbe comprendere le
seguenti componenti: (1) valutazione e monitoraggio del decorso
della malattia; (2) educazione del paziente e della famiglia per fornire loro informazioni e competenze ai fini della gestione autonoma
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 825
Flusso di picco
6
FVC
Soggetto 1
4
A
B
C
2
Loop
flusso-volume
espiratorio
D
E
0
4
Volume (L)
Flusso (L/s)
FEV1
3
Soggetto 2
2
1
100
50
0
1
⫺2
⫺4
Loop
flusso-volume
inspiratorio
3
4
Tempo (s)
5
6
7
Soggetto 1: bambino non asmatico
FEV1 = 3,4 (100% del previsto)
FVC = 3,8 (100% del previsto)
FEV1/FVC = 0,86
Capacità vitale (%)
⫺6
A
2
B
Soggetto 2: bambino asmatico
FEV1 = 2,1 (62% del previsto)
FVC = 3,7 (97% del previsto)
FEV1/FVC = 0,57
Figura 138.2 Spirometria. A. Loop spirometrici flusso-volume. A è un loop flusso-volume espiratorio di un soggetto non asmatico, senza limitazioni del flusso d’aria. B-E: loop
flusso-volume espiratori in pazienti asmatici affetti da gradi crescenti di limitazione del flusso d’aria (B = lieve; E = grave). Si nota l’aspetto “a cucchiaio” o concavo nei loop flusso-volume
espiratori degli asmatici; la concavità aumenta con l’ostruzione. B. Curve volume-tempo in spirometria. Il soggetto 1 è non asmatico; il soggetto 2 è asmatico. Da notare come siano stati
ottenuti i volumi polmonari FEV1 e FVC. FEV1 è il volume d’aria esalato nel primo secondo di uno sforzo di espirazione forzata. FVC è il volume totale di aria esalata durante uno sforzo
di espirazione forzata. Il FEV1 e il rapporto FEV1/FVC del soggetto 2 sono inferiori rispetto a quelli del soggetto 1, che dimostra la limitazione del flusso d’aria. Inoltre, l’FVC del soggetto 2
è molto simile a quello che si poteva prevedere. FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata.
della malattia; (3) identificazione e gestione dei fattori di peggioramento e delle malattie comorbose che possono esacerbare l’asma; e
(4) selezione appropriata dei farmaci in base alle esigenze del
paziente. L’obiettivo a lungo termine del trattamento dell’asma è
ottenere un controllo ottimale della malattia.
Componente 1: valutazione e monitoraggio a intervalli regolari
La valutazione e il monitoraggio a intervalli regolari si basano sui
concetti di gravità dell’asma, controllo dell’asma e risposta alla
terapia. La gravità dell’asma è l’intensità intrinseca della malattia e
la valutazione è generalmente più accurata nei pazienti che non ricevono terapia con farmaci controller. Pertanto, la valutazione della
gravità dell’asma costituisce una linea guida per il livello iniziale di
terapia. L’asma può essere suddiviso in due categorie generali: l’asma
intermittente e l’asma persistente; quest’ultimo si suddivide ulteriormente in lieve, moderato e grave. Il livello di gravità dell’asma si
valuta una sola volta, durante la valutazione iniziale del paziente, e
solo per i pazienti che non ricevono ancora un agente controller su
base quotidiana. Al contrario, il controllo dell’asma si riferisce al
grado con cui i sintomi, le alterazioni funzionali in corso e il rischio
di eventi avversi vengono minimizzati e allo stesso tempo vengono
raggiunti gli obiettivi della terapia. Nei bambini che ricevono terapia
con farmaci controller, è necessario valutare il controllo dell’asma.
Questa valutazione è importante per personalizzare la terapia e
può essere categorizzata in tre livelli: controllo buono, controllo
insufficiente e controllo estremamente scarso. La risposta alla terapia
rappresenta il grado di facilità con cui si ottiene il controllo dell’asma
mediante un determinato trattamento. Può anche includere il monitoraggio di effetti avversi correlati all’uso di farmaci.
La classificazione della gravità e del controllo dell’asma si basa
sui domini di disfunzione e rischio. Questi domini possono non
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essere correlati tra loro e rispondere in maniera differente al trattamento. Le linee guida dei NIH prevedono criteri per tre gruppi
di età, da 0 a 4 anni, da 5 a 11 anni e ≥12 anni, per la valutazione
sia della gravità (Tab. 138.7) sia del controllo (Tab. 138.8). Il
livello di gravità o di controllo dell’asma si basa sulla massima
categoria di disfunzione o di rischio. Nella valutazione della gravità
dell’asma, il livello di disfunzione è rappresentato da una valutazione della frequenza dei sintomi recenti in un paziente (di giorno
e di notte con leggere differenze negli intervalli numerici tra i tre
gruppi di età), della necessità di ␤2-agonisti ad azione rapida per
un immediato sollievo, della capacità di svolgere attività normali
o desiderate e della compromissione del flusso d’aria, che viene
valutato mediante spirometria nei bambini dai 5 anni di età in poi.
Il livello di rischio si riferisce a una valutazione della probabilità
che il singolo paziente sviluppi esacerbazioni dell’asma. In assenza
di sintomi frequenti, occorre considerare l’asma persistente e,
pertanto, iniziare la terapia con farmaci controller a lungo termine
per i lattanti o i bambini che presentano fattori di rischio per l’asma
(si veda sopra) e quattro o più episodi di sibili nell’ultimo anno
con una durata maggiore di un giorno e che hanno influenzato
il sonno, oppure due o più esacerbazioni negli ultimi 6 mesi che
hanno richiesto la terapia con corticosteroidi sistemici.
Il trattamento dell’asma può essere ottimizzato mediante regolari
visite cliniche ogni 2-6 settimane fino a quando non si ottiene un buon
controllo dell’asma. Per i bambini già sottoposti a terapia con farmaci
controller, il trattamento viene personalizzato per ciascun soggetto in
base al livello di controllo. Le linee guida dei NIH forniscono tabelle
per la valutazione del livello di controllo dell’asma per i tre gruppi di
età (si veda Tab. 138.8). Nella valutazione del controllo dell’asma,
come nella valutazione della gravità, il livello di disfunzione prevede anche un’analisi della frequenza dei sintomi (diurni e notturni)
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826 ■ Parte XV Allergopatie
Zona verde (>80%)
250
PEF (L/min)
200
150
Zona gialla (50-80%)
100
AM PEF
50
PM PEF
Zona rossa (⬍50%)
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
26
28
30
Giorni
A
AM PEF
Zona verde (⬎80%)
250
PM PEF
PEF (L/min)
200
150
Zona gialla (50-80%)
100
1 ⫽ Prednisone iniziato
2 ⫽ Prednisone sospeso
Zona rossa (⬍50%)
50
1
2
0
2
B
A
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4
6
8
10
12
14
16
18
20
22
24
Giorni
B
26
28
30
31
Figura 138.3 Esempio del ruolo del monitoraggio del flusso
di picco nell’asma infantile. A. Flussi di picco espiratori (PEF)
eseguiti e registrati due volte al giorno, la mattina (AM) e la sera
(PM), per un mese in un bambino asmatico. Il PEF “migliore
personale” di questo bambino è di 220 L/min; pertanto, la zona
verde (>80-100% del valore migliore) è di 175-220 L/min;
la zona gialla (50-80%) è di 110-175 L/min; e la zona rossa
(<50%) è <110 L/min. I PEF pomeridiani (PM) di questo
bambino cadono quasi sempre nella zona verde, mentre quelli
del mattino (AM) si trovano spesso nella zona gialla o rossa.
Questo modello illustra la tipica variazione diurna AM-PM di un
asma non controllato in modo adeguato. B. PEF eseguiti due
volte al giorno, la mattina (AM) e la sera (PM), per un mese in un
bambino asmatico che ha sviluppato un’esacerbazione a causa
di un’infezione virale del tratto respiratorio. I PEF inizialmente
cadevano nella zona verde, pertanto, un’infezione virale del
tratto respiratorio ha provocato il peggioramento dell’asma, con
un abbassamento del PEF fino alla zona gialla e via via fino alla
rossa. A quel punto è stato somministrato un ciclo di prednisone
per 4 giorni, cui ha fatto seguito un miglioramento del PEF, che è
tornato nella zona verde.
Figura 138.4 Un bambino di 4 anni affetto
da asma. Le radiografie frontale (A) e laterale
(B) mostrano un’iperinsufflazione polmonare
e un ispessimento peribronchiale minimo.
Non vi sono evidenze di complicanze asmatiche.
10/1/12 11:51:10 AM
Capitolo 138 Asma infantile ■ 827
Tosse cronica ricorrente, sibili, dispnea
• Sintomi
• Esacerbazioni
• Fattori di rischio (Tabelle 138.1 e 138.2)
• Fattori scatenanti (Tab. 138.3)
Diagnosi
• Funzionalità polmonare (Figg. 138.2
e 138.3; Tab. 138.6)
• Dx differenziale (Tab. 138.5)
Asma
Trattamento
• Valutazione
e monitoraggio
• Valutare gravità (Tab. 138.7))
• Controller a lungo termine (Tab. 138.8)
• Effetti avversi farmaci (Tab. 138.14)
• Educazione
• Elementi chiave (Tab. 138.9)
• Controllo dei fattori ambientali
e delle comorbilità
• Controlli ambientali (Tab. 138.10)
• Comorbilità (Tab. 138.10)
• Farmaci
• Controller a lungo termine
(Tabelle 138.11-138.13)
• Rapido sollievo (Tab. 138.11)
• Esacerbazioni
• Trattamento (Tab. 138.15)
• Caratteristiche alto rischio (Tab. 138.16)
• Piano d’azione domiciliare
Obiettivi ottimali
Prevenire sintomi cronici
Prevenire disturbi del sonno
Non frequente necessità di SABA
Mantenere funzionalità polmonare (quasi) normale
Mantenere l’attività normale
• Ridurre le disfunzioni
•
•
•
•
•
• Ridurre il rischio
• Evitare esacerbazioni
• Ridurre al minimo ricoveri in pronto
soccorso/reospedalizzazione
• Prevenire l'accrescimento ridotto dei polmoni
• Pochi o nessun effetto avverso dalla terapia
Figura 138.5 Gli elementi più importanti per la gestione ottimale dell’asma.
SABA, ␤-agonista ad azione rapida.
a carico del paziente, della necessità di ␤2-agonisti ad azione rapida
per un sollievo immediato, della capacità di svolgere attività normali
o desiderate e, per i bambini più grandi, delle misurazioni del flusso
d’aria. Inoltre, è inclusa la determinazione della qualità della vita per i
bambini più grandi. Inoltre, per quanto riguarda la valutazione del rischio, oltre a considerare la gravità e la frequenza delle esacerbazioni
che richiedono il ricorso a corticosteroidi sistemici, occorre garantire,
nei bambini più grandi, un monitoraggio dell’accrescimento polmonare e degli effetti non desiderati delle terapie farmacologiche. Come
menzionato in precedenza, i gradi di disfunzione e di rischio sono
utilizzati per determinare il livello di controllo dell’asma da parte
del paziente come buono, insufficiente o estremamente scarso. I
bambini con un buon controllo dell’asma presentano: sintomi diurni
≤2 giorni/settimana e necessitano un supporto con broncodilatatore
≤2 giorni/settimana; un FEV1 di >80% del previsto (e rapporto
FEV1/FVC >80% per i bambini nella fascia dei 5-11 anni); nessuna
interferenza con le normali attività; e <2 esacerbazioni nell’ultimo
anno. I criteri di disfunzione variano leggermente in base al gruppo
di età: vi sono soglie differenti della frequenza di risvegli notturni;
aggiunta di criteri per il rapporto FEV1/FVC per i bambini tra 5 e 11
anni di età e aggiunta di questionari accreditati mirati alla valutazione della qualità della vita nei bambini più grandi. Per i bambini il cui
stato non soddisfa tutti i criteri che definiscono un buon controllo
dell’asma, si determina l’identificazione di un controllo dell’asma
insufficiente o estremamente scarso, stabilito mediante il singolo
criterio con il punteggio più basso.
Per l’asma, si consigliano da due a quattro visite di controllo l’anno per ripetere la valutazione e mantenere un buon controllo della
malattia. Nel corso di queste visite, per valutare il controllo dell’asma
occorre stabilire: (1) la frequenza dei sintomi dell’asma durante il
giorno, la notte e nel caso di attività fisica; (2) la frequenza dell’uso
e delle somministrazioni ripetute di farmaci SABA “di soccorso”;
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(3) la qualità della vita per i bambini più grandi con uno strumento
di valutazione; (4) le misurazioni della funzionalità polmonare per i
bambini più grandi e i ragazzi; (5) il numero e la gravità delle esacerbazioni dell’asma; e (6) la presenza di effetti avversi dei medicinali a
partire dall’ultima visita (si veda Fig. 138.5). Si consiglia di eseguire
un test della funzionalità polmonare (spirometria) almeno una volta
l’anno e più spesso in caso di controllo inadeguato dell’asma o
di funzionalità polmonare eccessivamente bassa. Il monitoraggio
domiciliare del PEF può essere d’aiuto nella valutazione dei bambini
asmatici con scarsa percezione dei sintomi, in presenza di altre cause
di tosse cronica oltre all’asma, di asma moderato o grave oppure di
un’anamnesi di esacerbazioni gravi dell’asma. Il monitoraggio dei
PEF è possibile nei bambini di età non inferiore ai 4 anni che abbiano
imparato correttamente la tecnica. È possibile ottimizzarne l’efficacia
e l’interesse grazie al ricorso allo stoplight zone system, adattato ai
“migliori PEF personali” di ciascun bambino (si veda Fig 138.3): la
zona verde (80-100% del miglior risultato personale) indica un controllo buono; la zona gialla (50-80%) indica un controllo meno che
ottimale e richiede un aumento dell’attenzione e un’intensificazione
della terapia; la zona rossa (<50%) indica un controllo scarso e
una maggiore probabilità di esacerbazioni comportando il rischio
di intervento immediato. Nella pratica, questi intervalli sono approssimativi e potrebbe essere necessario adattarli a seconda dei
soggetti, innalzando le soglie che indicano un controllo inadeguato
(nella zona gialla, 70-90%). Le linee guida dei NIH raccomandano
di effettuare un monitoraggio del PEF almeno una volta al giorno,
quando i flussi dei picchi sono tipicamente più bassi.
Componente 2: educazione del paziente
Si ritiene che un’educazione specifica in ambiente medico per i bambini affetti da asma sia importante per il trattamento domiciliare
e per l’aderenza delle famiglie a un piano di assistenza ottimale
che possono avere un impatto sugli esiti del paziente (Tab. 138.9).
Ciascuna visita rappresenta un’importante opportunità per educare
il bambino e i suoi familiari, per consentire loro di divenire esperti
alleati nel trattamento dell’asma, poiché un trattamento ottimale
dipende dalle loro valutazioni quotidiane e dalla messa in atto di
un piano di assistenza corretto. Una comunicazione efficace tiene
conto di fattori socioculturali ed etnici per i bambini e le loro famiglie, mira a chiarire dubbi relativi all’asma e al suo trattamento e
coinvolge pazienti e familiari come partecipanti attivi nello sviluppo degli obiettivi del trattamento e nella selezione dei medicinali.
Le capacità di una gestione e un monitoraggio autonomi della
malattia devono essere potenziate regolarmente.
Nel corso delle visite iniziali con il paziente, può essere utile
impartire ai bambini asmatici e ai loro genitori informazioni di
base sulla patogenesi dell’asma (infiammazione cronica e AHR
sottostante a una manifestazione clinica intermittente), in modo da
consentire loro di capire l’importanza delle raccomandazioni volte
a ridurre l’infiammazione delle vie aeree. Si dovrebbe specificare
che cosa ci si possa aspettare, in termini di buon controllo dell’asma, da una gestione ottimale della malattia (si veda Fig. 138.5).
Una spiegazione dell’importanza delle misure da intraprendere per
ridurre l’infiammazione delle vie aeree per ottenere un buon controllo dell’asma e un chiarimento delle preoccupazioni relative ai
potenziali effetti avversi dei farmaci antiasmatici e in particolare dei
rischi in rapporto ai benefici apportati sono essenziali per ottenere
un’aderenza a lungo termine alla farmacoterapia dell’asma e alle
misure di controllo ambientale.
Per i bambini affetti da asma e per le loro famiglie, e in particolare per i pazienti con forme persistenti da moderate a gravi di
asma o per coloro i quali hanno un controllo scarso della malattia
e, ancora, quelli che hanno avuto esacerbazioni di elevata intensità,
è utile stilare un piano di trattamento dell’asma per iscritto. Questo piano deve prevedere due componenti principali: (1) un piano
di trattamento quotidiano di routine che descriva l’uso regolare
dei medicinali antiasmatici e le altre misure necessarie per mantenere un buon controllo dell’asma; (2) un piano di azione per le
esacerbazioni, in cui siano descritti gli indicatori di un imminente
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828 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 138.7 VALUTAZIONE DELLA GRAVITÀ DELL’ASMA E INIZIO DEL TRATTAMENTO PER I PAZIENTI PER I QUALI NON È IN CORSO
LA SOMMINISTRAZIONE DI FARMACI DI CONTROLLO A LUNGO TERMINE*
CLASSIFICAZIONE DELLA GRAVITÀ DELL’ASMA
Intermittente
COMPONENTI DELLA GRAVITÀ
Disfunzione
Sintomi diurni
Risvegli notturni:
Età 0-4 anni
Età ≥5 anni
Ricorso ai ␤2-agonisti per i sintomi
(non per la prevenzione del
broncospasmo indotto da sforzo)
Interferenza con le normali attività
Funzionalità polmonare:
FEV1 % previsto, età ≥5 anni
Rapporto FEV1/FVC†:
Età 5-11 anni
Età ≥12 anni
Rischio
Esacerbazioni che richiedono
corticosteroidi sistemici:
Età 0-4 anni
Età≥ 5 anni
Lieve
Persistente
Moderato
≤2 giorni/settimana
>2 giorni/settimana, ma
non su base giornaliera
Su base giornaliera
Per tutto il giorno
0
≤2×/mese
≤2 giorni/settimana
1-2×/mese
3-4×/mese
>2 giorni/settimana, ma
non su base quotidiana, e
non più di 1× al giorno
Limitazione ridotta
3-4×/mese
>1×/settimana, ma non di notte
Su base giornaliera
>1×/settimana
Spesso 7×/settimana
Diverse volte al giorno
Limitazione moderata
Limitazione estrema
FEV1 normale tra le esacerbazioni
>80% previsto
≥80% previsto
60-80% previsto
<60% previsto
>85%
Normale
>80%
Normale
75-80%
Ridotto 5%
<75%
Ridotto >5%
Nessuna
0-1/anno (si vedano le note)
≥ 2 esacerbazioni in 6 mesi che richiedono corticosteroidi sistemici o
≥ 4 episodi/anno di sibili che durano >1 giorno e fattori di rischio per l’asma persistente
0-1/anno (si vedano le note)
≥2/anno (si vedano le note) ≥2/anno (si vedano le note)
Tenere in considerazione la gravità e il periodo di tempo dall’ultima esacerbazione.
La frequenza e la gravità possono variare nel tempo per i pazienti appartenenti a qualsiasi categoria di gravità.
Il rischio relativo annuale di esacerbazioni può essere correlato al FEV1.
FASE RACCOMANDATA PER L’INIZIO DELLA TERAPIA
Tutte le età
Fase 1
Fase 2
Età 0-4 anni
Fase 3
Età 5-11 anni
Fase 3, opzione ICS a dosaggio
medio
Età ≥12 anni
Grave
≥2/anno (si vedano le note)
Fase 3
Fase 3, opzione ICS a
dosaggio medio
oppure
Fase 4
Prendere in considerazione un
Prendere in considerazione
ciclo breve con corticosteroidi
un ciclo breve con
sistemici
corticosteroidi sistemici
In 2-6 settimane, valutare il livello di controllo dell’asma ottenuto e modificare, di conseguenza, la terapia. Se non si ottengono
miglioramenti evidenti entro 4-6 settimane, valutare la possibilità di modificare la terapia o diagnosi differenziali.
*Note:
• L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti.
• Il livello di gravità è determinato in base alle disfunzioni e al rischio. La valutazione della disfunzione si effettua in base ai resoconti del paziente/medico nelle precedenti 2-4 settimane. La valutazione
dei sintomi per periodi più lunghi deve rientrare in una valutazione globale, che prevede ad esempio un resoconto da parte del paziente di un miglioramento o peggioramento dell’asma dall’ultima
visita. Assegnare il livello di gravità alla categoria più grave in cui si riscontra un qualsiasi elemento.
• Attualmente, i dati relativi alla frequenza delle esacerbazioni associata ai differenti livelli di gravità dell’asma sono inadeguati. Ai fini del trattamento, i pazienti che hanno avuto ≥ 2 esacerbazioni
che hanno richiesto la somministrazione orale di corticosteroidi sistemici negli ultimi 6 mesi oppure ≥ 4 episodi di sibili nell’ultimo anno e che sono esposti a fattori di rischio per l’asma persistente
possono essere considerati allo stesso modo dei pazienti affetti da asma persistente, anche in assenza dei livelli di disfunzione compatibili con l’asma persistente.
†
FEV1/FVC normale: 8-19 anni, 85%; 20-39 anni, 80%.
FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata; ICS, corticosteroidi inalati.
Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol
120(Suppl):S94-S138, 2007.
peggioramento dell’asma unitamente alle indicazioni relative ai
farmaci da assumere e ai casi in cui occorre rivolgersi al medico di
base oppure ricorrere alla terapia d’urgenza o d’emergenza.
Visite di follow-up regolari possono contribuire a mantenere
un controllo ottimale dell’asma. Oltre a determinare il livello di
controllo della malattia e a riesaminare, di conseguenza, il piano di
trattamento quotidiano e il piano di azione per eventuali esacerbazioni dell’asma, le visite di follow-up rappresentano un’importante
opportunità formativa per incoraggiare una comunicazione aperta
volta a chiarire i dubbi in merito alle indicazioni per il trattamento
(ad es. somministrazione quotidiana di farmaci controller). La
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rivalutazione del ruolo di farmaci diversi nel trattamento e nel controllo dell’asma e della tecnica utilizzata per i medicinali somministrati per inalazione può essere utile per i pazienti e i loro familiari
allo scopo di aumentare la comprensione delle informazioni fornite
e migliorare l’aderenza a un piano di trattamento che in precedenza
non sia stato seguito in modo adeguato o corretto. L’approccio
mirato alla gestione autonoma del trattamento deve essere adattato
alle esigenze, ai livelli di istruzione e alle convenzioni o alle pratiche
etnoculturali dei pazienti e delle loro famiglie.
L’educazione relativa all’asma deve, inoltre, coinvolgere tutti i
membri dell’équipe sanitaria, dai medici e dagli infermieri fino ai
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 829
Tabella 138.8 VALUTAZIONE DEL CONTROLLO DELL’ASMA E MODIFICA DELLA TERAPIA NEI BAMBINI*
Controllo buono
COMPONENTI DEL CONTROLLO
Disfunzione
Sintomi
≤2 giorni/settimana, ma non
più di una volta al giorno
CLASSIFICAZIONE DEL LIVELLO DI CONTROLLO DELL’ASMA
Controllo insufficiente
Controllo estremamente scarso
>2 giorni/settimana oppure più volte
per ≤2 giorni/settimana
Per tutto il giorno
Risvegli notturni:
Età 0-4 anni
≤1×/mese
>1×/mese
>1×/settimana
Età 5-11 anni
≤1×/mese
≥2×/mese
≥2×/settimana
Età ≥12 anni
≤2×/mese
1-3×/settimana
≥4×/settimana
Ricorso ai ␤2-agonisti per i sintomi
≤2 giorni/settimana
>2 giorni/settimana
Diverse volte al giorno
(non per il pretrattamento del
broncospasmo da sforzo)
Interferenza con le normali attività
Nessuna
Limitazione moderata
Limitazione estrema
Funzionalità polmonare:
Età 5-11 anni:
FEV1 (% previsto o flusso
>80% valore previsto o
60-80% valore previsto o migliore
<60% valore previsto o migliore personale
di picco)
migliore personale
personale
>80%
75-80%
<75%
FEV1/FVC
Età ≥12 anni:
FEV1 (% previsto o flusso
>80% valore previsto o
60-80% valore previsto o migliore
<60% valore previsto o migliore personale
di picco)
migliore personale
personale
Questionari accreditati†:
Età ≥12 anni:
ATAQ
0
1-2
3-4
ACQ
≤0,75
≤1,5
N/A
ACT
≥220
16-19
≤15
Rischio
Esacerbazioni che richiedono
corticosteroidi sistemici:
Età 0-4 anni
0-1/anno
2-3/anno
>3/anno
Età ≥5 anni
0-1/anno
≥2/anno (si vedano le note)
Tenere in considerazione la gravità e il periodo di tempo dall’ultima esacerbazione.
Effetti avversi correlati
Gli effetti collaterali dei farmaci possono variare in intensità da un livello nullo a un livello estremamente pericoloso e preoccupante. Il
al trattamento
grado di intensità non è correlato a livelli specifici di controllo; tuttavia, deve essere considerato
nella valutazione complessiva del rischio.
Riduzione dell’accrescimento
La valutazione richiede un’assistenza di follow-up a lungo termine.
polmonare oppure perdita
progressiva di funzionalità
polmonare
AZIONE RACCOMANDATA PER IL TRATTAMENTO
Mantenere la fase corrente.
Passaggio a fase successiva‡ (salire
Prendere in considerazione un ciclo breve
Follow-up di routine ogni
di 1 fase) ed effettuare nuova
di corticosteroidi orali.
1-6 mesi per mantenere
valutazione dopo 2-6 settimane.
Passaggio a fase successiva§ (salire di 1-2 fasi)
il controllo.
Se non si ottengono miglioramenti
ed effettuare nuova valutazione dopo 2 settimane.
Considerare la possibilità
evidenti entro 4-6 settimane, valutare Se non si ottengono miglioramenti evidenti entro
di scendere di una fase se
diagnosi differenziali o la possibilità
4-6 settimane, valutare diagnosi differenziali
il buon livello di controllo
di modificare la terapia.
o la possibilità di modificare la terapia.
viene mantenuto per almeno
Per gli effetti collaterali, considerare
Per gli effetti collaterali, considerare opzioni
3 mesi.
opzioni alternative di trattamento.
alternative di trattamento.
*Note:
• L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti.
• Il livello di controllo dell’asma si basa sulla massima categoria di disfunzione o di rischio. La valutazione della disfunzione si effettua in base ai resoconti del medico nelle precedenti 2-4 settimane.
La valutazione dei sintomi per periodi più lunghi deve rientrare in una valutazione globale, che prevede ad esempio un resoconto da parte del paziente di un miglioramento o peggioramento
dell’asma dall’ultima visita.
• Attualmente, i dati relativi alla frequenza delle esacerbazioni associata ai differenti livelli di controllo dell’asma sono inadeguati. In generale, esacerbazioni più frequenti e intense (ad es. che
richiedono assistenza non prevista, urgente, ospedalizzazione o ricovero in terapia intensiva) indicano un più scarso controllo della patologia. Ai fini del trattamento, i pazienti che hanno avuto ≥2
esacerbazioni che hanno richiesto la somministrazione per via orale di corticosteroidi sistemici nell’ultimo anno possono essere considerati allo stesso modo dei pazienti che hanno un controllo
insufficiente dell’asma, anche in assenza dei livelli di disfunzione compatibili con il controllo insufficiente dell’asma.
†
Questionari accreditati per il grado di disfunzione (non valutano la funzionalità polmonare o il rischio) e definizione della minima differenza importante (minimal important difference, MID) per ciascuno:
• ATAQ, questionario di valutazione della terapia dell’asma (Asthma Therapy Assessment Questionnaire); MID = 1,0
• ACQ, questionario relativo al controllo dell’asma (Asthma Control Questionnaire); MID = 0,5
• ACT, test di controllo dell’asma (Asthma Control Test ); MID non determinata
‡
I valori dell’ACQ pari a 0,76-1,40 sono indeterminati in relazione a un buon controllo dell’asma.
§
Prima di salire di fase nella terapia: (1) analizzare l’aderenza alla terapia farmacologica, la tecnica di inalazione e il controllo ambientale; (2) se è stata utilizzata un’opzione alternativa di trattamento in
una fase, interromperla e utilizzare il trattamento di elezione per quella fase.
FEV1, volume espiratorio forzato in 1 s; FVC, capacità vitale forzata.
Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol
120(Suppl):S94-S138, 2007.
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830 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 138.9 ELEMENTI PRINCIPALI PER CONDURRE VISITE CLINICHE
PRODUTTIVE NEL TRATTAMENTO DELL’ASMA
Tabella 138.10 CONTROLLO DEI FATTORI CHE CONTRIBUISCONO
ALLA GRAVITÀ DELL’ASMA
Specificare gli obiettivi del trattamento dell’asma
Esporre questioni basilari relative all’asma:
Contrasto tra vie aeree normali rispetto a quelle asmatiche
Correlare l’infiammazione delle vie aree con gli spasmi e la broncocostrizione
Controllo a lungo termine e farmaci ad azione rapida
Chiarire i dubbi relativi a potenziali effetti avversi della terapia farmacologica
dell’asma
Insegnare e dimostrare, anche con esercitazioni, al paziente la tecnica corretta per:
Uso di farmaci per inalazione (uso del distanziatore con un inalatore predosato)
Misurazione dei flussi di picco
Studiare e gestire i fattori che contribuiscono a una maggiore gravità dell’asma:
Esposizioni ambientali
Patologie comorbose
Piano bipartito di gestione dell’asma per iscritto:
Trattamento quotidiano
Piano di azione per le esacerbazioni dell’asma
Visite di routine per il follow-up:
Due volte l’anno (più spesso in caso di controllo insufficiente dell’asma)
Monitoraggio annuale della funzionalità polmonare
Eliminare o ridurre le esposizioni ambientali problematiche:
Eliminazione o riduzione del fumo di tabacco nell’ambiente:
In casa e in auto
Eliminazione o riduzione dell’esposizione agli allergeni negli asmatici
sensibilizzati:
Detriti epidermici degli animali:
Animali domestici (gatti, cani, roditori, uccelli)
Animali infestanti (topi, ratti)
Acari della polvere
Scarafaggi
Muffe
Altri irritanti delle vie aeree:
Fumo da fuoco di legna o di carbone
Forti profumi oppure odori di sostanze chimiche (ad es. detergenti
per la casa)
Polveri
Trattare le patologie comorbose:
Rinite
Sinusite
Reflusso gastroesofageo
Vaccinazione annuale contro l’influenza (esclusi i pazienti allergici all’uovo)
farmacisti, ai terapisti della respirazione e agli educatori specialisti
dell’asma. Oltre allo scenario clinico, l’educazione per la gestione
dell’asma può essere impartita presso i domicili dei pazienti, nelle
farmacie, nei pronti soccorsi e negli ospedali, nelle scuole e nelle
comunità.
ADERENZA L’asma è una patologia cronica, spesso ben gestita
grazie a un farmaco di controllo quotidiano. L’aderenza a un regime giornaliero è di frequente subottimale; i corticosteroidi inalati
(Inhaled CorticoSteroids, ICS) sono sottoutilizzati nel 60% dei casi.
In uno studio, solo nel 15% dei casi i bambini affetti da asma che
hanno avuto bisogno di un corticosteroide per via orale a causa di
un’esacerbazione della malattia hanno usato quotidianamente un
ICS di controllo. L’aderenza è tanto più scarsa quanto maggiore è
la frequenza di somministrazione richiesta (3-4 volte/die). Le formulazioni dei farmaci che prevedono una o due somministrazioni
al giorno possono migliorare la compliance dei pazienti. La scarsa
aderenza è spesso dovuta a convinzioni erronee in merito alla sicurezza e all’efficacia dei farmaci controller, pertanto delle informazioni
mirate nel corso delle visite possono contribuire a eliminare questi
fraintendimenti. Inoltre, la selezione di un trattamento personalizzato in base agli esiti previsti e alle preferenze di un paziente o della
sua famiglia costituirà un incentivo per una maggiore aderenza al
piano di azione.
Componente 3: controllo dei fattori che contribuiscono
alla gravità dell’asma
I fattori controllabili che possono aggravare significativamente
l’asma si possono genericamente raggruppare come (1) esposizioni
ambientali e (2) patologie comorbose (Tab. 138.10).
ELIMINAZIONE E RIDUZIONE DELLE ESPOSIZIONI AMBIENTALI PROBLEMATICHE Nella maggior parte dei bambini asmatici la malattia
presenta una componente allergica; negli asmatici sensibilizzati
si dovrebbero prendere misure adeguate per analizzare e ridurre
al minimo l’esposizione agli allergeni. Per questi asmatici, infatti,
una ridotta esposizione agli allergeni domestici perenni diminuisce
i sintomi dell’asma, il ricorso ai farmaci, l’AHR e le esacerbazioni
della malattia. Gli agenti domestici importanti collegati a un aggravamento dell’asma sono diversi da un ambiente all’altro e persino
da una casa all’altra. L’esposizione più comune si ha agli allergeni
perenni, quali gli animali con pelo o piume come quelli domestici
(gatti, cani, furetti, uccelli) o quelli infestanti (topi, ratti), nonché
agli allergeni domestici occulti, come gli acari della polvere, gli
scarafaggi e le muffe. Sebbene alcuni bambini sensibilizzati riferiscano un aumento dei sintomi dell’asma in caso di esposizione alla
fonte allergenica, anche in assenza di contatto con quest’ultima,
potrebbe non essere evidente un miglioramento se il periodo di
mancata esposizione non dura almeno diversi giorni o addirittura
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settimane. Il fumo di tabacco, legno o carbone, le polveri, gli odori
forti e le esalazioni nocive possono aggravare l’asma. Questi fattori
irritanti delle vie aeree andrebbero eliminati o le loro emissioni
dovrebbero essere ridotte nelle abitazioni o nelle auto usate dai
bambini asmatici. L’asma può peggiorare a causa di esposizioni
ambientali anche nelle aule di scuole e asili. Eliminare o ridurre
al minimo queste esposizioni (ad es. la presenza di animali con
peli o piume nelle aule scolastiche in cui ci siano bambini asmatici
sensibilizzati) può portare alla riduzione dei sintomi e della gravità
dell’asma, nonché della quantità di farmaci necessari per ottenere
un buon controllo della malattia. Si continua inoltre a raccomandare la vaccinazione annuale contro l’influenza per i bambini asmatici
(a esclusione di quelli allergici all’uovo), sebbene l’influenza non
sia responsabile della maggior parte delle esacerbazioni indotta da
virus che colpisce i bambini.
TRATTAMENTO DELLE COMORBILITÀ La rinite, la sinusite e il reflusso
gastroesofageo accompagnano l’asma e spesso ne mimano i sintomi e
ne aumentano la gravità. In effetti, queste patologie, insieme all’asma,
sono le tre cause più comuni della tosse cronica. Un efficace trattamento di queste patologie comorbose può spesso alleviare i sintomi
e la gravità dell’asma, così da rendere necessaria una quantità di
farmaci minore per ottenere un buon controllo di quest’ultimo.
Il reflusso gastroesofageo (GastroEsophageal Reflux, GER) è
più comune, con un’incidenza fino al 64% di sintomi asmatici
correlati. Il GER può peggiorare l’asma attraverso due supposti
meccanismi: (1) aspirazione del contenuto gastrico refluito (micro- o
macroaspirazione); e (2) broncospasmo indotto da sforzo riflesso
vagomediato. Negli individui affetti da un asma di difficile controllo
si dovrebbe sospettare il GER, specialmente in quelli con sintomi
asmatici prevalenti durante i pasti o il sonno (in posizione orizzontale) oppure che a letto devono stare sollevati per poter ridurre i
sintomi notturni. Il GER si può dimostrare grazie al reflusso di bario
nell’esofago in seguito a esami che prevedano la somministrazione
di questo elemento o tramite il monitoraggio del pH esofageo. Dal
momento che gli esami radiografici non hanno sufficiente sensibilità e specificità, il metodo di elezione per diagnosticare il GER
è il monitoraggio prolungato del pH esofageo. Se si riscontra un
GER significativo, si dovranno stabilire delle precauzioni contro il
reflusso (non assumere alimenti 2 ore prima di andare a dormire,
sollevare la testata del letto di 15 cm, evitare alimenti e bevande
contenenti caffeina) e somministrare medicinali quali inibitori di
pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo) oppure gli antagonisti
degli H2-recettori (cimetidina, ranitidina) per 8-12 settimane. In uno
studio sugli adulti affetti da asma e GER, l’inibizione della pompa
protonica non migliora il controllo dell’asma.
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 831
Anche la rinite è di solito comorbosa dell’asma ed è presente
nel ≈90% dei bambini asmatici. La rinite può essere stagionale e/o
perenne con componenti di natura allergica o non allergica. Essa
complica e aggrava l’asma attraverso diversi meccanismi diretti
e indiretti. La respirazione nasale può ridurre il broncospasmo
indotto da sforzo e diminuire la disfunzione delle vie aeree rendendo
umida e tiepida l’aria inspirata; può inoltre filtrare gli allergeni e le
sostanze irritanti che possono scatenare l’asma e aumentare l’AHR.
La riduzione della congestione nasale e dell’ostruzione può agevolare
le operazioni di umidificazione, riscaldamento e filtraggio da parte
del naso. Negli asmatici il miglioramento della rinite è associato a
quello dell’AHR e a una diminuzione dell’infiammazione delle vie
aeree, dei sintomi dell’asma e dell’uso di medicinali che combattono
questa malattia. Il trattamento ottimale della rinite nell’età pediatrica
è simile a quello dell’asma per quanto riguarda l’importanza degli
interventi per ridurre l’infiammazione nasale (Cap. 137).
Nei pazienti affetti da asma sono frequenti le evidenze radiografiche di malattia sinusale. In quelli, per contro, a cui sia stata diagnosticata e curata una malattia sinusale, si registra un significativo
miglioramento del controllo dell’asma. Una TC coronale “limitata”
o “di screening” dei seni è il test gold standard per la malattia sinusale; si dimostra spesso utile nel sospetto di una sinusite ricorrente
che era stata trattata in assenza di questa evidenza. Se il paziente
affetto da asma ha un’evidenza clinica e radiografica di sinusite,
si dovrebbe istituire una terapia topica che comprenda irrigazioni
saline nasali ed eventualmente corticosteroidi endonasali. Inoltre
si dovrebbero somministrare antibiotici per 2-3 settimane.
Componente 4: principi di farmacoterapia dell’asma
La versione attuale delle linee guida sull’asma dei NIH (2007)
propone un più ampio approccio in fasi al trattamento per dare
supporto alle decisioni prese in ambito clinico, senza per questo
sostituirsi a queste, al fine di andare incontro alle esigenze dei
singoli pazienti. Le raccomandazioni variano in base ai gruppi di
età e si definiscono secondo le evidenze attuali (Tab. 138.11). Gli
obiettivi della terapia prevedono la riduzione delle componenti
della disfunzione delle vie aeree (ad es. la prevenzione di sintomi
cronici e invalidanti, il raro ricorso di farmaci ad azione rapida, il
mantenimento della “normale” funzionalità polmonare, il mantenimento dei normali livelli di attività, compreso l’esercizio fisico e
la frequenza a scuola, la garanzia di un’assistenza medica in grado
di soddisfare le richieste e le aspettative delle famiglie) e del rischio
(ad es. la prevenzione delle esacerbazioni ricorrenti, del ridotto
accrescimento dei polmoni e degli effetti avversi dei farmaci). La
scelta della terapia iniziale si basa sulla valutazione della gravità
dell’asma e, per i pazienti che sono già sottoposti a trattamento con
farmaci controller, la modificazione del trattamento si basa sulla
valutazione del controllo dell’asma e della risposta alla terapia.
Uno degli obiettivi primari di questo approccio è quello di identificare e trattare tutti i casi di asma persistente e non controllato
con farmaci controller antinfiammatori. La terapia quotidiana
con farmaci controller non è consigliata per i bambini affetti da
asma intermittente. Il trattamento dell’asma intermittente prevede
semplicemente la somministrazione per inalazione di ␤-agonisti
ad azione rapida, secondo le necessità dettate dai sintomi e dal
pretrattamento nei pazienti che manifestano broncospasmo indotto
da sforzo (fase 1 della terapia; si veda Tab. 138.11).
Il trattamento preferito per tutti i pazienti con asma persistente
prevede la terapia quotidiana con ICS, come monoterapia o in associazione a terapia adiuvante. Le tipologie e i dosaggi da utilizzare
per i farmaci controller da somministrare quotidianamente devono
essere determinati in base alla gravità dell’asma e al grado di controllo della malattia. Farmaci alternativi per la fase 2 della terapia
includono un antagonista dei leucotrieni (montelukast), agenti
antinfiammatori non steroidei (cromolina e nedocromile) e teofillina
(per i ragazzi). Per i bambini più piccoli (≤4 anni di età) con asma
persistente da moderato a grave, si raccomanda la monoterapia con
dosaggi medi di ICS (fase 3); la terapia in associazione è consigliata
solo come fase 4 del trattamento dell’asma non controllato.
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Oltre alla terapia con dosaggi medi di ICS, la terapia in associazione con ICS e una qualsiasi delle seguenti terapie adiuvanti (a
seconda del gruppo d’età) è consigliata come fase 4 del trattamento
per l’asma persistente moderato o come terapia per migliorare
l’asma persistente non controllato: ␤2-agonisti inalati ad azione
prolungata (LABA), agenti modificanti la via dei leucotrieni, cromoni e teofillina. I bambini con asma persistente grave (fasi 5 e 6
del trattamento) devono ricevere un elevato dosaggio di ICS, un
LABA e la somministrazione a lungo termine di corticosteroidi
orali, se necessario. Inoltre, è possibile utilizzare omalizumab nei
bambini più grandi (≥12 anni) con asma allergico grave. In qualsiasi fase del trattamento, potrebbe essere necessario una somministrazione di soccorso di corticosteroidi sistemici. Per i bambini dai
5 anni in su affetti da asma allergico e che richiedono la terapia di
fase 2-4, può essere valutata l’immunoterapia allergenica.
APPROCCIO “STEP-UP, STEP-DOWN” Le linee guida dei NIH sottolineano l’importanza di cominciare con una terapia con farmaci
controller di livello più alto, in modo da ottenere un controllo
immediato, per poi applicare una riduzione a scalare quando si
ottiene un buon controllo dell’asma. Inizialmente, la limitazione
del flusso d’aria e la patologia asmatica possono ridurre l’apporto
e l’efficacia dell’ICS a un punto tale da rendere necessario il ricorso
graduale a dosi superiori e/o a una terapia di associazione. Inoltre,
per ottenere un’efficacia ottimale, l’ICS deve essere somministrato
quotidianamente per settimane o mesi. La farmacoterapia di associazione consente di ottenere un miglioramento quasi immediato
quando è in corso la somministrazione di ICS su base quotidiana
per migliorare il controllo a lungo termine.
Quando si raggiungono l’efficacia ottimale dell’ICS e, pertanto,
un buon controllo della malattia, si può ridurre gradualmente la
terapia individuando il numero minimo di somministrazioni o la
dose minima giornaliera di farmaci in grado di garantire tale controllo, diminuendo così il rischio di potenziali effetti avversi. Se
un bambino ha mostrato un buon controllo dell’asma per almeno
3 mesi, le linee guida suggeriscono di ridurre la dose o il numero di
farmaci controller per stabilire qual è la quantità minima di farmaci
necessari per mantenere il buon controllo della malattia. Viene
nuovamente sottolineata l’importanza di un follow-up regolare
poiché la variabilità del decorso dell’asma è ben nota. Al contrario,
se un bambino non ha un buon controllo dell’asma, il livello di
terapia deve essere aumentato di 1 fase unitamente a un monitoraggio serrato della malattia. Per un bambino il cui controllo
dell’asma è estremamente scarso, le raccomandazioni suggeriscono
un innalzamento di due fasi della terapia e/o la somministrazione
per un breve periodo di tempo di corticosteroidi orali, con una
nuova valutazione entro 2 settimane. Poiché la terapia di step-up
può essere considerata in qualsiasi momento, è importante monitorare la tecnica di inalazione e l’aderenza alla terapia, mettere in
atto misure di controllo ambientale, nonché identificare e trattare
le patologie comorbose.
CONSULTO CON LO SPECIALISTA DELL’ASMA Il consulto di uno specialista dell’asma per una consulenza o per il co-trattamento è consigliato in caso di difficoltà nel raggiungimento o nel mantenimento
del controllo. Per i bambini di età inferiore ai 4 anni, si consiglia il
consulto dello specialista in caso di asma persistente moderato o se
il paziente richiede di essere trattato almeno con la terapia di fase 3,
mentre nel caso di pazienti curati con terapia di fase 2 deve essere
preso in considerazione. Per i bambini di 5 anni in su, il consulto
con uno specialista è consigliato se il paziente richiede una terapia
di fase 4 o superiore e deve essere preso in considerazione in caso
di fase 3. È inoltre raccomandato se sono in corso di valutazione
l’immunoterapia allergenica o la terapia con anti-IgE.
Farmaci controller a lungo termine
Tutti i livelli di asma persistente dovrebbero essere trattati con
una farmacoterapia giornaliera volta a migliorare il controllo a
lungo termine (si veda Tab. 138.11). Tali farmaci comprendono
gli ICS, i LABA, i modificatori della via dei leucotrieni, gli agenti
antinfiammatori non steroidei e la teofillina a rilascio sostenuto.
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832 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 138.11 APPROCCIO IN FASI PER IL TRATTAMENTO DELL’ASMA NEI BAMBINI*
ETÀ
TERAPIA†
ASMA
INTERMITTENTE
ASMA PERSISTENTE: SOMMINISTRAZIONE QUOTIDIANA DI FARMACI
STEP DOWN se possibile (e se l’asma
è ben controllato da almeno 3 mesi)
0-4 anni
Preferita
Fase 1
SABA secondo
necessità
Fase 2
ICS a basso
dosaggio
SABA secondo
necessità
Cromolina
o montelukast
ICS a basso
dosaggio
Alternativa
5-11 anni
Preferita
Alternativa
≥12 anni
Preferita
VALUTAZIONE
CONTROLLO
Fase 3
ICS a medio dosaggio
Fase 4
ICS a medio disaggio +
LABA
oppure
LTRA
Fase 5
ICS ad alto dosaggio +
LABA
oppure LTRA
Fase 6
ICS ad alto dosaggio +
LABA
oppure
LTRA
e
corticosteroide orale
ICS a basso dosaggio
± LABA, LTRA
oppure teofillina
o
ICS a medio dosaggio
ICS a medio dosaggio
+ LABA
ICS ad alto dosaggio
+ LABA
ICS ad alto dosaggio
+ LABA
e corticosteroide orale
ICS a medio dosaggio +
LTRA
oppure teofillina
ICS ad alto dosaggio +
LTRA
oppure teofillina
ICS a medio dosaggio
+ LABA
ICS ad alto dosaggio
+ LABA
e
valutare la
somministrazione
di omalizumab
a pazienti allergici
ICS ad alto dosaggio +
LTRA
oppure teofillina e
corticosteroide orale
ICS ad alto dosaggio
+ LABA +
corticosteroide
orale
e
valutare la
somministrazione
di omalizumab
a pazienti allergici
Cromolina, LTRA,
nedocromile o
teofillina
SABA secondo
necessità
ICS a basso
dosaggio
STEP UP se necessario (controllare per prima
cosa la tecnica di inalazione, l’aderenza,
il controllo ambientale e le comorbilità)
ICS a basso dosaggio
+ LABA
oppure
ICS a medio dosaggio
Alternativa
Cromolina, LTRA,
ICS a basso dosaggio ICS a medio dosaggio
nedocromile
+ LTRA, teofillina
+ LTRA, teofillina
o teofillina
o zileuton
o zileuton
Ciascuna fase: educazione del paziente, controllo ambientale e gestione delle patologie comorbose.
Età ≥5 anni: Fasi 2-4: considerare l’immunoterapia allergenica sottocutanea per i pazienti affetti da asma allergico.
FARMACI AD AZIONE RAPIDA PER TUTTI I PAZIENTI
SABA secondo necessità, in base ai sintomi. L’intensità del trattamento dipende dalla gravità dei sintomi: fino a 3 trattamenti a intervalli
di 20 minuti secondo necessità. Potrebbe essere necessario un ciclo breve di corticosteroidi sistemici orali.
Attenzione: l’uso di SABA >2 giorni/settimana per alleviare i sintomi (non per prevenire il broncospasmo indotto da sforzo) generalmente indica
un controllo inadeguato e la necessità di passare a una fase successiva (step up) del trattamento.
Per bambini con 0-4 anni di età: con infezione respiratoria virale: SABA ogni 4-6 ore fino a 24 ore (consulto con il medico per prolungare la somministrazione).
Valutare un breve ciclo di corticosteroidi sistemici se l’esacerbazione è grave o se il paziente ha un’anamnesi di esacerbazioni gravi.
*Note:
• L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze dei singoli pazienti.
• Se si ricorre a un trattamento alternativo e la risposta è inadeguata, interromperlo e utilizzare il trattamento di elezione prima di ricorrere a una fase successiva del trattamento.
• Se non si ottengono miglioramenti entro 4-6 settimane e la tecnica di somministrazione o l’aderenza del paziente/della famiglia sono soddisfacenti, considerare una modifica della terapia
o una diagnosi differenziale.
• Gli studi sui bambini nella fascia tra 0 e 4 anni sono limitati. L’approccio suddiviso in fasi è inteso ad agevolare, e non a sostituire, le decisioni cliniche necessarie per andare incontro alle esigenze
dei singoli pazienti.
• I medici che somministrano immunoterapia oppure omalizumab dovrebbero essere preparati per identificare e trattare l’eventuale anafilassi.
• La teofillina è un’alternativa meno desiderabile a causa della necessità di monitorare i livelli di concentrazione sierica.
• Lo zileuton è un’alternativa meno desiderabile poiché gli studi come terapia adiuvante sono limitati e poiché è necessario monitorare i livelli di funzionalità epatica.
†
Si usa l’ordine alfabetico quando tra le terapie preferite o alternative è elencata più di un’opzione di trattamento.
ICS, corticosteroide inalato; LABA, ␤2-agonista inalato ad azione prolungata; LTRA, antagonista dei recettori dei leucotrieni; SABA, ␤2-agonista inalato ad azione rapida.
Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol
120(Suppl):S94-S138, 2007.
Un preparato anti-IgE, l’omalizumab, è stato approvato dall’FDA
come terapia aggiuntiva per i bambini ≥12 anni affetti da asma
allergico da moderato a grave con un controllo difficoltoso della
malattia. I corticosteroidi sono in ogni caso i farmaci più potenti ed
efficaci per il trattamento delle manifestazioni asmatiche sia acute
(somministrazione sistemica) sia croniche (somministrazione per
inalazione). Sono disponibili in forme inalate, orali e parenterali
(Tabelle 138.12 e 138.13).
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CORTICOSTEROIDI INALATI Le linee guida dei NIH raccomandano
una terapia giornaliera con ICS come trattamento di elezione per
tutti i pazienti affetti da asma persistente (si veda Tab. 138.11).
È stato provato che la terapia con ICS riduce i sintomi, migliora
la funzionalità polmonare, riduce l’AHR, rende minore il bisogno
della terapia di soccorso e, fattore più importante, diminuisce di
circa il 50% le visite alla terapia d’urgenza, i ricoveri e l’uso di prednisone per le esacerbazioni. Anche il rischio di morte per asma può
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 833
Tabella 138.12 DOSAGGI NORMALI DEI FARMACI DI CONTROLLO A LUNGO TERMINE
FARMACO
CORTICOSTEROIDI INALATI (Si veda anche Tabella 138.13)
Metilprednisolone:
• 0,25-2 mg/kg al giorno in
Compresse da 2, 4, 8, 16, 32 mg
singole dosi AM o a giorni
Prednisolone:
alterni secondo necessità
Compresse da 5 mg; 5 mg/5 mL, 15 mg/5 mL
per il controllo
Prednisone:
• Terapia d’urto, ciclo breve:
Compresse da 1, 2,5, 5, 10, 20, 50 mg;
1-2 mg/kg/die; massimo
5 mg/mL, 5 mg/5 mL
30 mg/die per 3-10 giorni
Salmeterolo:
N/A
DPI 50 mg/blister
Formoterolo:
N/A
DPI 12 mg/capsula monouso
Fluticasone/salmeterolo:
N/A
DPI: 100, 250 o 500 mg/50 mg
HFA: 45 ␮g/21 ␮g, 115 ␮g/21 ␮g,
230 ␮g/21 ␮g
Budesonide/formoterolo:
HFA: 80 ␮g/4,5 ␮g, 160 ␮g/4,5 ␮g
Cromolina:
MDI 0,8 mg/erogazione
Nebulizzatore 20 mg/fiala
Nedocromile:
MDI 1,75 mg/erogazione
Antagonisti dei recettori dei leucotrieni:
Montelukast:
Compressa masticabile da 4 o 5 mg
Bustine in granuli da 4 mg
Compressa da 10 mg
Zafirlukast:
Compressa da 10 o 20 mg
Inibitore della 5-lipossigenasi:
Zileuton: Compressa da 600 mg
Teofillina:
liquidi, compresse rilascio sostenuto, capsule
Immunomodulatori:
Omalizumab (anti-IgE):
Iniezione sottocutanea 150 mg/1,2 mL dopo
ricostituzione con 1,4 mL di acqua sterile
per l’iniezione
ETÀ
5-11 anni
0-4 anni
1 blister ogni 12 ore
• 7,5-60 mg al giorno in singole
dosi AM o a giorni alterni secondo
necessità per il controllo
• Breve ciclo di terapia d’urto per
ottenere il controllo: 40-60 mg/die
come dose singola o 2 dosi
per 3-10 giorni
1 blister ogni 12 ore
1 capsula ogni 12 ore
1 capsula ogni 12 ore
1 inalazione 2 volte/die; la dose dipende
dal livello di gravità o di controllo
2 inalazioni 2 volte/die; la dose dipende
dal livello di gravità o di controllo
2 inalazioni 2 volte/die; la dose dipende
dal livello di gravità o di controllo
2 erogazioni 4 volte/die
1 inalazione 2 volte/die; la dose dipende
dal livello di gravità o di controllo
2 inalazioni 2 volte/die la dose dipende
dal livello di gravità o di controllo
2 inalazioni 2 volte/die la dose dipende
dal livello di gravità o di controllo
2 erogazioni 4 volte/die
1 fiala 4 volte/die; ND <2 anni
di età
ND <6 anni di età
1 fiala 4 volte al giorno
1 fiala 4 volte al giorno
2 erogazioni 4 volte/die
2 erogazioni 4 volte/die
4 mg ogni notte (1-5 anni di età)
5 mg ogni notte (6-14 anni)
10 mg ogni notte
N/A
10 mg 2 volte/die (7-11 anni)
N/A
N/A
Dose iniziale 10 mg/kg/die;
solitamente max:
• <1 anno di età: 0,2 (età in
settimane) + 5 = mg/kg/die
• >1 anno di età: 16 mg/kg/die
Dose iniziale 10 mg/kg/die;
solitamente max: 16 mg/kg/die
40 mg al giorno (compressa
da 20 mg 2 volte/die)
2.400 mg/die (somministrare
compresse 4 volte/die)
Dose iniziale 10 mg/kg/die fino
a 10 mg massimo; solitamente max
300 mg/die
N/A
N/A
N/A
N/A
• 0,25-2 mg/kg al giorno in singole
dosi AM o a giorni alterni secondo
necessità per il controllo
• Terapia d’urto, ciclo breve: 1-2 mg/
kg/die; massimo 60 mg/die
per 3-10 giorni
≥12 anni
150-375 mg sc ogni 2-4 settimane,
a seconda del peso corporeo
e del livello di IgE sierica
pretrattamento
DPI, inalatore a polvere secca; HFA, idrofluoroalcano; Ig, immunoglobulina; MDI, inalatore predosato; sc, sottocutanea. Formulazioni e dosi indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti.
risultare ridotto grazie alla terapia con ICS. Questa terapia può, in
sostanza, raggiungere tutti gli obiettivi del trattamento dell’asma;
pertanto, è considerata di prima linea per l’asma persistente.
Attualmente, sono sei gli ICS approvati dall’FDA per l’uso nei
bambini e le linee guida dei NIH forniscono una classificazione
d’equivalenza (si veda Tab. 138.13), sebbene manchino confronti
diretti dei risultati di efficacia e sicurezza nei bambini. Gli ICS sono
disponibili in inalatori predosati (MDI), inalatori a polvere secca
(DPI) o in sospensione per nebulizzazione. Il fluticasone propionato, il mometasone furoato, la ciclesonide e, in misura minore,
la budesonide sono considerati ICS di seconda generazione, in
quanto presentano un’aumentata efficacia antinfiammatoria e
una ridotta biodisponibilità sistemica per potenziali effetti avversi,
avendo un metabolismo di first-pass epatico ampio. La scelta della
dose iniziale di ICS si basa sulla gravità della malattia. Spesso, per
mantenere un controllo buono, una volta che è stato raggiunto, è
sufficiente una frazione della dose di ICS iniziale.
Sebbene la terapia con ICS sia stata ampiamente utilizzata negli
adulti affetti da asma persistente, essa trova scarsa applicazione in
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pediatria a causa dei potenziali effetti avversi dovuti all’uso a lungo
termine. In generale, significativi effetti dal punto di vista clinico
non si sono riscontrati in seguito a un trattamento sistemico cronico
con corticosteroidi e per di più, nei bambini trattati con ICS alle dosi
raccomandate, questi effetti sono risultati rari. Il rischio di effetti
avversi nella terapia con ICS è legato alla dose e alla frequenza
di somministrazione (Tab. 138.14). È più probabile che questi
effetti, sia locali sia sistemici, siano provocati da dosaggi elevati
(≥1.000 ␮g/die nei bambini) e da un utilizzo frequente (4 volte/die).
Inoltre, è probabile che i bambini mantenuti a dosaggi di ICS più alti
necessitino di cicli di corticosteroidi sistemici per le esacerbazioni
dell’asma, il che aumenta il rischio dei loro effetti avversi.
I più frequenti effetti avversi da ICS si riscontrano a livello locale: candidosi orale (mughetto) e disfonia (voce rauca). Il mughetto
deriva da un’irritazione della mucosa indotta dal propellente e da
immunosoppressione locale, mentre la disfonia da una miopatia
delle corde vocali. Questi effetti sono dose-dipendenti e sono più
comuni nei soggetti sottoposti ad alti dosaggi di ICS e/o terapia
con corticosteroidi orali. L’incidenza di questi effetti locali si può
10/1/12 11:51:20 AM
834 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 138.13 DOSAGGI COMPARATIVI STIMATI PER I CORTICOSTEROIDI INALATI
FARMACO
Beclometasone HFA, 40 o
80 ␮g/erogazione
Budesonide DPI 90, 180 o
200 mcg/inalazione
Sospensione di budesonide
inalata per nebulizzazione,
dose da 0,25, 0,5 e 1,0 mg
Flunisolide, 250 mcg/
erogazione
Flunisolide HFA, 80 ␮g/
erogazione
Fluticasone HFA/MDI: 44, 110
o 220 ␮g/erogazione
Fluticasone DPI, 50, 100 o
250 ␮g /inalazione
Mometasone DPI, 220 ␮g/
inalazione
Triamcinolone acetonide,
75 ␮g/erogazione
DOSAGGIO GIORNALIERO BASSO PER ETÀ
0-4 anni
5-11 anni
≥12 anni
DOSAGGIO GIORNALIERO MEDIO PER ETÀ
0-4 anni
5-11 anni
≥ 12 anni
DOSAGGIO GIORNALIERO ALTO PER ETÀ
0-4 anni
5-11 anni
≥ 12 anni
N/A
80-160 ␮g
80-240 ␮g
N/A
>160-320 ␮g
>240-480 ␮g
N/A
>320 ␮g
>480 ␮g
N/A
180-400 ␮g
180-600 ␮g
N/A
>400-800 ␮g
>600-1.200 ␮g
N/A
>800 ␮g
>1.200 ␮g
0,25-0,5 mg
0,5 mg
N/A
>0,5-1,0 mg
1,0 mg
N/A
>1,0 mg
2,0 mg
N/A
N/A
500-750 ␮g
500-1.000 ␮g
N/A
1.000-1.250 ␮g
>1.000-2.000 ␮g
N/A
>1.250 ␮g
>2.000 ␮g
N/A
160 ␮g
320 ␮g
N/A
320 ␮g
>320-640 ␮g
N/A
≥640 ␮g
>640 ␮g
176 ␮g
88-176 ␮g
88-264 ␮g
>176-352 ␮g
>176-352 ␮g
>264-440 ␮g
>352 ␮g
>352 ␮g
>440 ␮g
N/A
100-200 ␮g
100-300 ␮g
N/A
>200-400 ␮g
>300-500 ␮g
N/A
>400 ␮g
>500 ␮g
N/A
N/A
220 ␮g
N/A
N/A
440 ␮g
N/A
N/A
>440 ␮g
N/A
300-600 ␮g
300-750 ␮g
N/A
>600-900 ␮g
>750-1.500 ␮g
N/A
>900 ␮g
>1.500 ␮g
DPI, inalatore a polvere secca; HFA, idrofluoroalcano; MDI, inalatore predosato; N/A non approvato e nessun dato a disposizione per questo gruppo di età.
Adattata da National Asthma Education and Prevention Program: Expert Panel Report 3 (EPR 3): Guidelines for the diagnosis and management of asthma—summary report 2007, J Allergy Clin Immunol
120(Suppl):S94–S138, 2007.
Tabella 138.14 VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI EFFETTI AVVERSI DEI CORTICOSTEROIDI
PATOLOGIE
Basso rischio
(≤1 fattore di rischio*)
Dosaggio da basso a medio di ICS
(si veda Tabella 138.11)
Rischio medio
(in caso di >1 fattore di rischio,* considerare
di valutarlo come alto rischio)
ICS ad alto dosaggio (si veda Tabella 138.11)
Almeno 4 cicli di corticosteroidi orali/anno
Rischio elevato
Corticosteroidi sistemici cronici (>7,5 mg/die
o equivalente per >1 mese)
≥7 dosi di carico/anno di corticosteroidi orali
ICS a dosaggio estremamente elevato
(ad es. fluticasone propionato ≥800 ␮g/die)
RACCOMANDAZIONI
• Monitorare pressione sanguigna e peso a ogni visita
• Misurare annualmente l’altezza (stadiometria); monitorare periodicamente per eventuale calo
dell’accrescimento e ritardo dello sviluppo puberale
• Incoraggiare un esercizio fisico regolare
• Assicurare un adeguato apporto di calcio e vitamina D nell’alimentazione con aggiunta giornaliera
di integratori di calcio, se necessario
• Evitare fumo e alcol
• Controllare il TSH se il paziente ha un’anamnesi di anomalia tiroidea
Come sopra, più:
• Valutazioni oftalmologiche annue per monitorare cataratte o glaucomi
• Densitometria ossea baseline (DEXA)
• Considerare un aumentato rischio di insufficienza surrenale, in particolare se presenti agenti
fisiologici stressanti (ad es. interventi, incidenti, malattie significative)
Come sopra, più:
• DEXA: Se il valore DEXA Z è ≤1,0, si raccomanda un monitoraggio stretto (ogni 12 mesi)
• Considerare il rinvio a un ortopedico o un endocrinologo
• Valutazione dell’età ossea
• Conta ematica completa
• Calcio, fosforo, fosfatasi alcalina sierici
• Misurazione del calcio e della creatinina nelle urine
• Misurazione di testosterone nei maschi, estradiolo nelle donne amenorroiche premenopausa,
vitamina D (25-OH e 1,25-OH vitamina D), ormone paratiroideo, osteocalcina
• Telopeptidi nelle urine per pazienti sotto trattamento con corticosteroidi sistemici oppure orali frequenti
• Presumere una insufficienza surrenale per agenti stressanti fisiologici (ad es. interventi, incidenti,
malattie significative)
DEXA, assorbimetria a raggi X a doppia energia; ICS, corticosteroide inalato; TSH, ormone stimolante la tiroide.
*Fattori di rischio per l’osteoporosi: presenza di altre malattie croniche, farmaci (corticosteroidi, anticonvulsivi, eparina, diuretici), basso peso corporeo, anamnesi familiare di osteoporosi, anamnesi
di fratture significative sproporzionate al trauma, cadute ricorrenti, abbassamento della vista, basso apporto di calcio e vitamina D nell’alimentazione e fattori legati allo stile di vita, come attività fisica
ridotta, fumo e assunzione di alcol.
abbassare notevolmente usando un distanziatore con un ICS MDI,
in quanto i distanziatori riducono la deposizione orofaringea del
farmaco e del propellente. Dopo la somministrazione di ICS è utile
sciacquarsi la bocca con la tecnica swish and spit.
Un’altra fonte di preoccupazione è costituita dal potenziale di
soppressione della crescita e di osteoporosi associato alla terapia
con ICS a lungo termine. Nel lungo termine, nello studio prospettico CAMP promosso dai NIH, dopo una media di ≈4,3 anni
di terapia con ICS e 5 anni dopo il trial, vi è stata una riduzione
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significativa di 1,7 cm dell’altezza delle femmine, ma non dei maschi. Vi è inoltre stato un lieve effetto dose-dipendente della terapia
con ICS sull’accrescimento minerale osseo nei maschi, ma non nelle
femmine. Un maggiore effetto sull’accrescimento minerale osseo è
stato osservato con un numero maggiore di cicli di terapia d’urto
con corticosteroidi orali per l’asma, insieme a un aumento del rischio di osteopenia, anch’esso limitato per i maschi. Sebbene questo
studio non possa prevedere un effetto significativo in età pediatrica
della terapia con ICS sull’osteoporosi nell’età adulta, un controllo
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 835
migliorato dell’asma con la terapia con ICS può comportare, nel
tempo, la necessità di un numero inferiore di cicli di terapia d’urto
con corticosteroidi orali. Questi reperti sono relativi all’uso di
budesonide con dosaggi di circa 400 ␮g/die; dosi più elevate di ICS,
in particolare di agenti con potenza aumentata, hanno un maggiore
potenziale per gli effetti avversi. Pertanto, sono consigliate misure
di prevenzione dell’osteoporosi e di screening per gli effetti avversi
dei corticosteroidi per i pazienti che ricevono dosi più elevate di
ICS, poiché è probabile che questi richiedano cicli sistemici per le
esacerbazioni (si veda Tab. 138.14).
CORTICOSTEROIDI SISTEMICI La terapia con ICS ha consentito alla
maggior parte dei bambini affetti da asma di conservare un buon
controllo della malattia senza ricorrere a corticosteroidi orali di
mantenimento. La terapia con corticosteroidi orali si applica principalmente per trattare le esacerbazioni dell’asma e, raramente, nei
pazienti con patologia grave che rimangono sintomatici nonostante
un uso ottimale di altri farmaci antiasmatici. In questi asmatici
gravi si dovrebbe tentare in ogni modo di escludere qualunque
patologia comorbosa e di mantenere una dose di corticosteroidi
orali di ≤20 mg a giorni alterni. Le dosi eccedenti questa quantità
sono associate a vari effetti avversi (Cap. 571). Per determinare
la necessità di continuare una terapia con corticosteroidi orali, si
dovrebbe considerare una diminuzione a scalare della dose (da
alcune settimane a svariati mesi) con stretto monitoraggio dei
sintomi e della funzionalità polmonare del paziente.
Quando vengono somministrati per via orale, il prednisone, il
prednisolone e il metilprednisolone vengono assorbiti rapidamente
e quasi completamente e i picchi della concentrazione plasmatica si
raggiungono entro 1-2 ore. Il prednisone è un profarmaco inattivo
che richiede una biotrasformazione in prednisolone, la sua forma
attiva, tramite un metabolismo di first pass epatico. Nel fegato i
corticosteroidi sono metabolizzati in composti inattivi e il tasso
di metabolismo è influenzato dalle interazioni del farmaco e dallo
stato della malattia. Gli anticonvulsivanti (fenitoina, fenobarbital,
carbamazepina) accelerano il metabolismo del prednisolone, del
desametasone e del metilprednisolone; quest’ultimo è il farmaco più
significativamente influenzato. Anche la rifampicina aumenta la clearance dei corticosteroidi e può comportare una riduzione dell’effetto
terapeutico; altri farmaci (ketoconazolo, contraccettivi orali) possono ritardare significativamente il metabolismo dei corticosteroidi. Gli
antibiotici macrolidi (eritromicina, claritromicina, troleandomicina)
ritardano soltanto la clearance del metilprednisolone.
Con il passare del tempo, i bambini che necessitano di una
somministrazione cronica di corticosteroidi orali sono a rischio di
sviluppare effetti avversi. Essenzialmente tutti i principali sistemi
di organi possono andare incontro a effetti avversi a seguito della
terapia a lungo termine con corticosteroidi orali (Cap. 571). Alcuni
di questi effetti si manifestano immediatamente (effetti metabolici),
altri si possono sviluppare in modo insidioso nel corso di diversi mesi o anche anni (soppressione della crescita, osteoporosi, cataratte).
La maggior parte si verifica comunque in maniera dipendente dalla
durata e dalla dose cumulativa. I bambini che necessitano di brevi
cicli frequenti e routinari con corticosteroidi orali, specialmente in
concomitanza con forti dosi di ICS, dovrebbero essere sottoposti
a screening per gli effetti avversi dei corticosteroidi (si veda Tab.
138.14) e a misure preventive contro l’osteoporosi (Cap. 698).
␤-AGONISTI INALATI AD AZIONE PROLUNGATA (LABA) I LABA (salmeterolo, formoterolo) sono considerati farmaci controller per
uso quotidiano e non di soccorso per i sintomi acuti o per le esacerbazioni dell’asma, né come ionoterapia dell’asma persistente.
Le formulazioni controller che combinano un ICS a un LABA
(fluticasone/salmeterolo, budesonide/formoterolo) sono disponibili
e consigliate in sostituzione di appositi dispositivi di rilascio per
inalazione. Il salmeterolo ha un inizio di azione prolungato, con la
broncodilatazione massima circa 1 ora dopo la somministrazione,
mentre il formoterolo comincia la sua azione entro 5-10 minuti.
Entrambi i farmaci hanno una durata dell’effetto prolungata per
almeno 12 ore. Per questo motivo, sono particolarmente adatti ai
pazienti affetti da asma notturno e per i soggetti che necessitano di
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un uso frequente di SABA durante il giorno per prevenire il broncospasmo indotto da sforzo. Sono inoltre utilizzati principalmente
come agenti aggiuntivi nei pazienti che sotto esclusivo trattamento
con ICS avrebbero un controllo subottimale dell’asma. Per questi
pazienti, vari studi hanno riscontrato che aggiungendo un LABA
agli ICS si otteneva un effetto superiore al raddoppiamento della
dose di ICS, specialmente con riguardo ai sintomi diurni e notturni.
Occorre notare che l’FDA ha stabilito che tutti i farmaci contenenti
LABA debbano riportare in etichetta un’avvertenza relativa a un
aumento degli episodi di asma grave associato a questi agenti.
Alcuni studi hanno evidenziato un numero più elevato di decessi
correlati all’asma tra i pazienti che hanno ricevuto terapia con LABA in aggiunta alla terapia di routine per l’asma rispetto ai pazienti
ai quali non sono stati somministrati LABA. Queste informazioni
sottolineano l’importanza di un uso appropriato dei LABA nel
trattamento dell’asma. In particolare, i prodotti contenenti LABA
non devono essere somministrati come terapia di prima linea o
come ionoterapia senza l’uso in concomitanza di un ICS, utilizzati in
caso di peggioramento dei sibili o utilizzati per il controllo acuto del
broncospasmo. La somministrazione di LABA deve essere interrotta
quando si ottiene un buon controllo dell’asma e il mantenimento
della malattia deve essere raggiunto mediante un agente controller
dell’asma (ICS). Le preparazioni a dosaggi fissi (con un ICS) sono
consigliate per garantire l’aderenza a queste linee guida.
AGENTI MODIFICANTI LA VIA DEI LEUCOTRIENI I leucotrieni sono
potenti mediatori proinfiammatori in grado di indurre broncospasmo, secrezione di muco ed edema delle vie aeree. Sono state
sviluppate due classi di modificatori dei leucotrieni: gli inibitori
della loro sintesi e gli antagonisti dei loro recettori (Leukotriene
Receptor Antagonists, LTRA). Lo zileuton, l’unico inibitore della
sintesi dei leucotrieni, non è approvato per uso pediatrico per età
<12 anni. Dato che deve essere somministrato 4 volte/die, può
comportare un eccesso di enzimi della funzionalità epatica nel
2-4% dei pazienti e può interagire con i farmaci metabolizzati
tramite il sistema del citocromo P450; di conseguenza, è prescritto
molto di rado ai bambini asmatici.
Gli LTRA presentano proprietà broncodilatatorie e antinfiammatorie mirate e riducono la broncocostrizione indotta da sforzo,
acido acetilsalicilico e allergeni. Sono raccomandati come terapia
alternativa dell’asma lieve persistente e come farmaco aggiuntivo
agli ICS in caso di asma moderato persistente. Due sono gli LTRA
approvati per uso pediatrico: il montelukast e lo zafirlukast. Entrambi migliorano i sintomi dell’asma, riducono la necessità di
␤-agonisti di soccorso e migliorano la funzionalità polmonare. Il
montelukast, approvato dall’FDA per l’uso pediatrico nei bambini
≥1 anno d’età, si somministra una volta al giorno. Lo zafirlukast
è, invece, approvato dall’FDA per l’uso pediatrico nei bambini
≥5 anni d’età e viene somministrato due volte al giorno. Sebbene
gli studi sugli LTRA in bambini affetti da asma siano incompleti,
questi farmaci sembrano meno efficaci degli ICS nei pazienti con
asma moderato persistente. In generale, gli ICS migliorano la funzionalità polmonare del 5-15%, mentre gli LTRA del 2-7,5%. Non
risulta che gli LTRA abbiano significativi effetti avversi, sebbene le
casistiche riferiscano una vasculite simile alla sindrome di ChurgStrauss (infiltrati polmonari, eosinofilia, cardiomiopatia) in adulti
con un asma corticosteroide-dipendente trattato con LTRA. Rimane
da definire se questi pazienti presentassero una vasculite eosinofila
primitiva mascherata da asma che veniva “scoperta” man mano che
si riduceva il dosaggio di corticosteroidi orali, oppure se la malattia
fosse un effetto avverso molto raro degli LTRA.
FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI La cromolina e il nedocromile sono agenti antinfiammatori non steroidei in grado di
inibire le risposte asmatiche causate da allergeni e di ridurre il
broncospasmo indotto da sforzo. Secondo le linee guida dei NIH,
entrambi i farmaci sono considerati antinfiammatori alternativi per
bambini affetti da asma lieve persistente. Sebbene largamente privi
di effetti avversi, questi medicinali devono essere somministrati di
frequente (2-4 volte/die) e come farmaci di controllo non hanno
la stessa efficacia di quelli di controllo d’uso quotidiano come gli
10/1/12 11:51:29 AM
836 ■ Parte XV Allergopatie
ICS e gli agenti modificanti la via dei leucotrieni. Dal momento
che sono in grado di inibire il broncospasmo indotto da sforzo, si
possono usare al posto dei SABA, specialmente nei bambini che
sviluppano effetti avversi indesiderati se sottoposti a terapia con
␤-agonisti (tremore e frequenza cardiaca elevata). La cromolina
e il nedocromile possono anche essere utilizzati in aggiunta a un
SABA in un pretrattamento in associazione per il broncospasmo
indotto da sforzo nei pazienti in cui la sintomatologia continua in
caso di pretrattamento con i soli SABA.
TEOFILLINA Oltre ad avere effetti broncodilatatori, la teofillina ha
proprietà antinfiammatorie come inibitore della fosfodiesterasi,
sebbene la rilevanza clinica di queste caratteristiche non sia stata
ancora del tutto chiarita. La teofillina, se usata cronicamente, può
ridurre i sintomi dell’asma e la necessità di ricorrere a SABA in
formulazioni di soccorso. Sebbene sia considerata una monoterapia
di controllo alternativa nei bambini più grandi e negli adulti con
asma lieve persistente, non è più ritenuta un agente di prima linea
per i bambini piccoli, che presentano una variabilità significativa
nell’assorbimento e nel metabolismo di preparati di teofillina diversi, che richiedono frequenti monitoraggi e adeguamenti della dose
(livelli ematici). Dal momento che la teofillina può avere effetti di
risparmio sull’uso dei corticosteroidi in individui affetti da asma
corticosteroide-dipendente, a volte si utilizza ancora in questo
gruppo di pazienti. La teofillina ha una finestra terapeutica limitata;
quindi, in caso di utilizzo, i suoi livelli sierici dovranno essere monitorati di routine, specialmente se il paziente ha una malattia virale
associata a febbre o se deve assumere un farmaco che notoriamente
ritarda la clearance della teofillina, come gli antibiotici macrolidi,
la cimetidina, gli agenti antifungini orali, un contraccettivo orale,
gli inibitori della sintesi dei leucotrieni o la ciprofloxacina. Il sovradosaggio o elevati livelli di teofillina sono stati associati a cefalee,
vomito, aritmie cardiache, convulsioni e morte.
ANTI-IMMUNOGLOBULINA E (OMALIZUMAB) L’omalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato che si lega con l’IgE impedendole
così di legarsi a sua volta al recettore IgE ad alta affinità e bloccando
l’infiammazione e le risposte allergiche IgE-mediate. Poiché non è in
grado di legarsi all’IgE quando essa è già legata ai recettori IgE ad
alta affinità, si evita il rischio di anafilassi dovuta a un cross-linking
diretto con l’IgE da parte del farmaco. È approvato dall’FDA per
pazienti >12 anni con asma da moderato a grave, con una documentata ipersensibilità a un aeroallergene perenne e sottoposti a un
controllo inadeguato della malattia tramite corticosteroidi inalati
oppure orali. L’omalizumab viene somministrato ogni 2-4 settimane per via sottocutanea con dosi basate sul peso corporeo e sui
livelli sierici di IgE. La sua efficacia clinica come terapia aggiuntiva
per i pazienti affetti da asma allergico da moderato a grave è stata
dimostrata in ampi trial clinici, in cui si somministrava a pazienti
asmatici che, anche in seguito alla riduzione del dosaggio di ICS
e/o di corticosteroidi orali, manifestavano un numero inferiore di
esacerbazioni dell’asma e dei sintomi. È generalmente ben tollerato,
sebbene nel sito dell’iniezione possano manifestarsi reazioni locali.
Raramente sono stati associati all’uso di omalizumab reazioni da
ipersensibilità (tra cui l’anafilassi) e tumori maligni. L’FDA ha
stabilito che sulle confezioni di omalizumab deve essere riportato
un riquadro nero con l’avvertenza riguardante le reazioni anafilattiche potenzialmente gravi e letali che possono scatenarsi a seguito
del trattamento con questo farmaco. Sulla base dei resoconti di
circa 39.500 pazienti, l’anafilassi a seguito del trattamento con
omalizumab si è verificata in almeno lo 0,1% dei soggetti. Sebbene
la maggior parte delle reazioni fosse stata registrata entro 2 ore
dall’iniezione dell’omalizumab, sono stati riportati casi di reazioni
gravi ritardate a 2-24 ore e anche oltre dall’iniezione. L’anafilassi
si è verificata dopo qualsiasi dose del farmaco (compresa la prima
somministrazione). I pazienti trattati con omalizumab devono
restare in osservazione nella struttura sanitaria per un periodo
prolungato dopo la somministrazione e il personale medico che
effettua l’iniezione deve essere preparato a gestire eventuali reazioni
anafilattiche potenzialmente letali. I pazienti che ricevono questo
farmaco devono essere messi al corrente dei segni e dei sintomi
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dell’anafilassi, le loro probabilità di sviluppo di un’anafilassi ritardata a seguito di ciascuna iniezione e le modalità di trattamento,
compreso l’uso di adrenalina autoiniettabile.
È stato dimostrato che il mepolizumab, un anticorpo antiinterleuchina 5, migliora il controllo dell’asma, contribuisce a
diminuire le dosi di prednisone e ad abbassare gli eventi eosinofili
nell’espettorato e nel sangue negli adulti con asma prednisone-dipendente che hanno presentato anche eosinofili nell’espettorato.
Farmaci di rapido sollievo
I farmaci di rapido sollievo o di soccorso (SABA, anticolinergici
inalati e corticosteroidi sistemici a ciclo breve) sono utilizzati nel
trattamento dei sintomi acuti dell’asma (Tab. 138.15).
␤-AGONISTI INALATI A EFFETTO RAPIDO Dati il rapido inizio di
azione, l’efficacia e la durata da 4 a 6 ore, i SABA (albuterolo,
levalbuterolo, terbutalina, pirbuterolo) sono i primi farmaci di
elezione per i sintomi asmatici acuti (farmaci di soccorso) e per
prevenire il broncospasmo indotto da sforzo. I ␤-agonisti dilatano i bronchi inducendo un rilassamento della muscolatura liscia
delle vie aeree, diminuendo la permeabilità vascolare, riducendo
l’edema delle vie aeree e migliorando la clearance mucociliare. Il
levalbuterolo, ovvero l’r-isomero dell’albuterolo, provoca meno
tachicardia e meno tremori, effetti che possono essere problematici
in alcuni asmatici. L’eccessivo uso di ␤-agonisti è tuttavia associato
a un aumentato rischio di morte o premorte a causa dell’asma. Per
questo costituisce una grande preoccupazione per alcuni pazienti
che fanno uso frequente di SABA come rimedio rapido dell’asma,
piuttosto che ricorrere preventivamente ai farmaci di controllo. È
utile monitorare la frequenza dell’impiego dei SABA, perché l’uso
di almeno 1 MDI/mese o 3 MDI/anno (200 inalazioni/MDI) indica
un controllo inadeguato dell’asma e richiede un miglioramento di
altri aspetti della terapia e della gestione di questa patologia.
AGENTI ANTICOLINERGICI Come broncodilatatori, gli agenti anticolinergici (ipratropio bromuro) sono molto meno potenti dei
␤-agonisti. L’ipratropio inalato si usa principalmente nel trattamento dell’asma grave acuto. Se assunto in associazione con
albuterolo, può migliorare la funzionalità polmonare e ridurre il
tasso di ospedalizzazione nei bambini che si presentano al pronto
soccorso per asma acuto. L’ipratropio è la formulazione anticolinergica elettiva in età pediatrica, perché ha scarsi effetti avversi sul
sistema nervoso centrale ed è disponibile sia come MDI sia come
nebulizzatore. Sebbene risulti di vasto impiego nei bambini di tutte
le età affetti da esacerbazioni dell’asma, è approvato dall’FDA solo
per quelli >12 anni di età.
Dispositivi di rilascio e tecnica di inalazione
I farmaci per inalazione si somministrano sotto forma di aerosol
in un inalatore predosato, come formulazione in polvere secca per
inalatore o in una sospensione o soluzione rilasciata mediante un
nebulizzatore. In passato, gli MDI hanno dominato il mercato.
Tuttavia, essi richiedono coordinazione e uso di un distanziatore.
Gli MDI attualmente prevedono il ricorso a propellente idrofluoroalcano per le sue proprietà rispettose dell’ozono, contrariamente
ai clorofluorocarburi. I distanziatori, raccomandati per la somministrazione di tutti i farmaci inalati con MDI, sono dispositivi semplici e poco costosi che: (1) riducono la coordinazione necessaria
per usare gli MDI, specialmente nei bambini piccoli; (2) migliorano
l’erogazione del medicinale inalato fino alle basse vie aeree; e (3) riducono al minimo il rischio di effetti avversi mediati da propellenti
(mughetto). La tecnica ottimale per ciascuna erogazione effettuata
mediante MDI è costituita da una lenta inalazione (5 s) seguita da
un trattenimento del respiro per 5-10 s. Non sono necessari tempi
di attesa tra un’erogazione e l’altra. Dal momento che i bambini
in età prescolare non sono in grado di eseguire questa tecnica,
i farmaci per MDI possono altrimenti essere somministrati con
l’ausilio di un distanziatore e di una maschera utilizzando una
tecnica diversa: ciascuna erogazione sarà somministrata per 30 s
oppure per 5-10 atti respiratori, con l’occorrenza di una chiusura
ermetica e prestando attenzione perché l’atto di parlare, tossire o
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 837
Tabella 138.15 TRATTAMENTO DELL’ESACERBAZIONE DELL’ASMA (STATO DI MALE ASMATICO)
VALUTAZIONE DEL RISCHIO ALL’INGRESSO
Anamnesi focalizzata
Valutazione clinica
Fattori di rischio di morbilità e morte per asma
TRATTAMENTO
FARMACO
• Inizio esacerbazione corrente
• Frequenza e gravità dei sintomi diurni e notturni
e limitazione dell’attività
• Frequenza d’uso dei broncodilatatori di soccorso
• Farmaci e allergie correnti
• Potenziali fattori scatenanti
• Anamnesi di cicli di steroidi sistemici, visite al pronto
soccorso, ricoveri, intubazione o episodi rischiosi
per la vita
• Reperti della valutazione fisica: segni vitali, respiro
affannoso, movimenti dell’aria, uso dei muscoli
accessori, retrazioni, livello di ansia, alterazioni
dello stato mentale
• Ossimetria di polso
• Funzionalità polmonare (rinviare in pazienti affetti
da distress da moderato a grave o con anamnesi
di labilità)
Si veda Tab. 138.16
MECCANISMI DI AZIONE E DOSAGGIO
Ossigeno (maschera o cannula nasale)
Tratta l’ipossia
␤-agonisti inalati ad azione rapida:
Broncodilatatore
Albuterolo in soluzione per nebulizzatore
(concentrato 5 mg/mL; 2,5 mg/3 mL, 1,25 mg/3
mL, 0,63 mg/3 mL)
Albuterolo MDI (90 ␮g/erogazione)
Levalbuterolo (Xopenex) in soluzione per
nebulizzatore (1,25 mg/0,5 mL concentrato;
0,31 mg/3 mL, 0,63 mg/3 mL, 1,25 mg/3 mL)
Corticosteroidi sistemici:
Prednisone: Compresse da 1, 2,5, 5, 10, 20, 50 mg
Metilprednisolone (Medrol ): Compresse da 2, 4, 8, 16,
24, 32 mg
Prednisolone: Compresse da 5 mg; 5 mg/5 mL
e 15 mg/5 mL in soluzione
Depo-Medrol (im); Solu-Medrol (ev)
Anticolinergici:
Ipratropio:
Atrovent (soluzione per nebulizzatore 0,5 mg/2,5 mL;
MDI 18 ␮g/inalazione)
Ipratropio con albuterolo:
Soluzione per nebulizzatore DuoNeb (0,5 mg di
ipratropio + 2,5 mg di albuterolo/3 mL in fiala)
Nebulizzatore: 0,15 mg/kg (minimo: 2,5 mg) fino
a un’erogazione ogni 20 min per 3 dosi secondo
necessità, quindi 0,15-0,3 mg/kg fino a 10 mg ogni
1-4 ore secondo necessità, oppure fino a 0,5 mg/kg/
ora mediante nebulizzazione continua
2-8 erogazioni fino a un’erogazione ogni 20 min
per 3 dosi secondo necessità, poi ogni 1-4 ore
secondo necessità
0,075 mg/kg (minimo: 1,25 mg) fino a un’erogazione
ogni 20 min per 3 dosi, quindi 0,075-0,15 mg/kg
fino a 5 mg ogni 1-4 ore secondo necessità, oppure
0,25 mg/kg/ora mediante nebulizzazione continua
Antinfiammatori
PRECAUZIONI ED EFFETTI AVVERSI
• Monitorare ossimetria di polso per mantenere
la saturazione dell’O2 >92%
• Monitoraggio cardiorespiratorio
• Durante le esacerbazioni, dosi continue o frequenti
possono provocare vasodilatazione polmonare, alterato
rapporto ventilazione/perfusione (V/Q) e ipossiemia
• Effetti avversi: palpitazioni, tachicardia, aritmie,
tremore, ipossiemia
• Nebulizzatore: per somministrare in forme
concentrate, diluire con soluzione salina fino a 3 mL
totali di volume nebulizzato
• Per MDI: utilizzare distanziatore/camera di tenuta
• Levalbuterolo 0,63 mg equivalente a 1,25 mg
di albuterolo standard sia per efficacia sia
per effetti collaterali
• Se il paziente è stato esposto a varicella o morbillo,
considerare profilassi con immunoglobulina passiva;
inoltre, rischio di complicanze di herpes simplex e
tubercolosi
• Per dosaggi giornalieri, la somministrazione 8 AM
riduce al minimo la soppressione surrenale
• I bambini possono trarre vantaggio da una riduzione
del dosaggio se il ciclo supera i 7 giorni
• Monitoraggio degli effetti avversi: frequenti terapie
d’urto comportano il rischio di numerosi effetti
avversi per i corticosteroidi (Cap. 571); si veda
Tabella 138.14 per le raccomandazioni di screening
degli effetti avversi
0,5-1 mg/kg ogni 6-12 ore per 48 ore, poi
1-2 mg/kg/die 2 volte al giorno (massimo: 60 mg/die)
Breve ciclo dose di carico per esacerbazione:
1-2 mg/kg/die 1 o 2 volte al giorno per 3-7 giorni
Mucolitico/broncodilatatore
• Non utilizzare come terapia di prima linea;
addizionati a terapia con ␤2-agonisti
Nebulizzatore: 0,5 mg ogni 6-8 ore (3-4 volte al giorno)
secondo necessità
MDI: 2 erogazioni 4 volte al giorno
1 fiala per nebulizzatore 4 volte al giorno
• Nebulizzatore: possibilità di miscelare ipratropio
con albuterolo
(segue)
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838 ■ Parte XV Allergopatie
Tabella 138.15 TRATTAMENTO DELL’ESACERBAZIONE DELL’ASMA (STATO DI MALE ASMATICO) – seguito
FARMACO
MECCANISMI DI AZIONE E DOSAGGIO
Adrenalina simpatomimetica iniettabile:
Broncodilatatore
Adrenalina 1 mg/mL (1: 1.000)
Dispositivo per autoiniezione (0,3 mg; Jr 0,15 mg)
Terbutalina:
sc o im: 0,01 mg/kg (dose massima 0,5 mg);
possibilità di ripetere dopo 15-30 min
Bretina 1 mg/mL
VALUTAZIONE DEL RISCHIO ALLA DIMISSIONE
Stabilità medica
Supervisione domiciliare
Educazione all’asma
PRECAUZIONI ED EFFETTI AVVERSI
• Per circostanze estreme (ad es. insufficienza
respiratoria incombente nonostante dosaggi elevati
di SABA inalati, insufficienza respiratoria)
• La terbutalina è ␤-agonista-selettiva rispetto
all’adrenalina
• Monitoraggio con infusione continua: monitor
cardiorespiratorio, ossimetria di polso, pressione
sanguigna, potassio sierico
• Effetti avversi: tremore, tachicardia, palpitazioni,
aritmia, ipertensione, cefalee, nervosismo, nausea,
vomito, ipossiemia
Infusione ev continua (solo terbutalina): 2-10 ␮g/kg
di dose di carico, seguita da 0,1-0,4 ␮g/kg/min
La titolazione in 0,1-0,2 ␮g/kg/min aumenta ogni
30 min, a seconda della risposta clinica
Dimissioni dopo almeno 3 ore da un miglioramento
sostenuto dei sintomi e dei trattamenti con il
broncodilatatore, con reperti fisici nella norma, PEF
>70% del valore previsto o migliore personale
e saturazione dell’ossigeno >92% con respirazione
di aria ambiente
Capacità di somministrare un intervento e di osservare
e rispondere in modo appropriato al deterioramento
clinico
Si veda Tab. 138.9
ev, endovenosa; im, intramuscolare; MDI, inalatore predosato; PEF, flusso di picco espiratorio; SABA, ␤-agonisti ad azione rapida; sc, sottocutanea; V˙ /Q˙ , ventilazione-perfusione. Formulazioni e dosi
indicate sono quelle autorizzate e in uso negli Stati Uniti.
piangere porterebbe all’erogazione del farmaco al di fuori del distanziatore. Con questa tecnica verrà erogata una quantità inferiore
a quella ottimale somministrata con gli MDI e che è utilizzata dai
bambini più grandi e dagli adulti.
I dispositivi DPI (ad es. Diskus, Flexhaler Autohaler, Twisthaler,
Aerolizer) sono molto popolari per la loro semplicità d’uso, sebbene sia necessario un flusso inspiratorio adeguato. Sono attivati dal
respiro (il medicinale esce solo durante l’inspirazione) e non sono
necessari distanziatori. Si raccomanda di sciacquarsi la bocca dopo
l’uso di ICS ed eliminare i residui di ICS depositati sulla mucosa
orale al fine di ridurre la quantità di ICS ingerita ed evitare il rischio
di formazione di mughetto.
I nebulizzatori sono sempre stati il punto di forza della terapia
con aerosol nei neonati e nei bambini piccoli. Un vantaggio dei nebulizzatori è rappresentato dal fatto che richiedono semplicemente
una respirazione rilassata. La preferenza per la respirazione nasale,
le vie aeree piccole, il basso volume tidalico e l’alta frequenza
respiratoria nei lattanti aumentano fortemente la difficoltà di
trasferire il medicinale inalato alle vie respiratorie polmonari.
Gli svantaggi dei nebulizzatori includono invece la necessità del
ricorso a una presa di corrente, la scomodità derivante dal fatto che
questi trattamenti durano circa 5 minuti, la spesa e la possibilità
di contaminazione batterica.
Esacerbazioni dell’asma e loro trattamento
Le esacerbazioni dell’asma sono episodi acuti o subacuti di un
peggioramento progressivo dei sintomi e dell’ostruzione del flusso
d’aria. L’ostruzione del flusso d’aria durante le esacerbazioni può
diventare estensiva fino a raggiungere un’insufficienza respiratoria
pericolosa per la vita del paziente. Spesso le esacerbazioni peggiorano durante il sonno (tra mezzanotte e le 8 del mattino), quando
l’infiammazione delle vie aeree e l’iperreattività sono all’apice.
Un dato importante è che i SABA, che costituiscono la terapia
di elezione per i sintomi e le esacerbazioni, con l’aumentare del
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dosaggio e della frequenza di somministrazione accrescono il
flusso ematico polmonare nelle aree ostruite e non ossigenate dei
polmoni. Se l’ostruzione delle vie aeree non si risolve con il ricorso
ai SABA, l’ineguaglianza del rapporto ventilazione-perfusione può
provocare ipossiemia significativa, che a sua volta può perpetuare
la broncocostrizione e peggiorare ulteriormente la patologia. Le
esacerbazioni gravi e progressive devono essere trattate in ambiente
medico, con l’utilizzo di una quantità supplementare di ossigeno
come terapia di elezione e con uno stretto monitoraggio di un
eventuale peggioramento. Le possibili complicanze nel corso di
esacerbazioni gravi comprendono atelectasia e infiltrazioni d’aria
nel torace (pneumomediastino, pneumotorace).
Una grave esacerbazione dell’asma che non si risolve con la
terapia standard si definisce stato di male asmatico. Il trattamento
immediato di un’esacerbazione dell’asma comprende una rapida
valutazione della gravità dell’ostruzione e una stima del rischio
di ulteriore deterioramento clinico (si vedano Tabelle 138.14 e
138.15). Per la maggior parte dei pazienti le esacerbazioni si risolveranno mediante un trattamento frequente con broncodilatatori
e un ciclo di corticosteroidi sistemici (per via orale o endovenosa).
La gestione ottimale di un bambino, tuttavia, dovrebbe includere
un esame più esaustivo degli eventi che portano all’esacerbazione
e a una valutazione della gravità della patologia sottostante. In
effetti, la frequenza e la gravità delle esacerbazioni contribuisce
alla definizione della gravità dell’asma in un determinato paziente.
Mentre la maggior parte dei bambini che soffre di episodi asmatici pericolosi per la vita in base ad altri criteri presenta asma da
moderato a grave, alcuni bambini affetti da asma sembrano avere
una forma lieve con esacerbazioni gravi, addirittura quasi fatali.
I fattori di rischio biologici, ambientali, economici e psicosociali
associati a morbilità asmatica e morte possono essere un’ulteriore
guida per la suddetta valutazione (Tab. 138.16).
Le esacerbazioni dell’asma, sebbene caratteristicamente differenti tra individui, nello stesso paziente tendono a risultare simili.
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Capitolo 138 Asma infantile ■ 839
Tabella 138.16 FATTORI DI RISCHIO DI MORBILITÀ
E MORTALITÀ DELL’ASMA
BIOLOGICI
Precedente esacerbazione grave dell’asma (ricovero in terapia intensiva,
intubazione per asma)
Episodi asfittici improvvisi (insufficienza/arresto respiratori)
Due o più ricoveri per asma nell’ultimo anno
Tre o più visite per asma al pronto soccorso nell’ultimo anno
Variazione ampia e fluttuazioni dei flussi di picco diurni
Uso di >2 confezioni di ␤-agonisti al mese
Scarsa risposta alla terapia con corticosteroidi sistemici
Sesso maschile
Basso peso alla nascita
Etnia non bianca (specialmente nera)
Sensibilità ad Alternaria
AMBIENTALI
Esposizione ad allergeni
Esposizione a fumo di tabacco nell’ambiente
Esposizione ad aria inquinata
Ambiente urbano
ECONOMICI E PSICOSOCIALI
Povertà
Affollamento
Madre <20 anni di età
Madre con istruzione inferiore alla scuola superiore
Cure mediche inadeguate:
Inaccessibili
Spesa non sostenibile
Nessuna terapia medica regolare (solo per emergenze)
Nessun piano di azione per l’asma per iscritto
Nessun ricorso a cure per sintomi asmatici cronici
Ritardo nella terapia delle esacerbazioni dell’asma
Cure ospedaliere inadeguate per l’esacerbazione dell’asma
Psicopatologia nei genitori o nel bambino
Scarsa percezione dei sintomi o della gravità dell’asma
Abuso di alcol o sostanze stupefacenti
Quelle gravi, che comportano distress respiratorio, ipossia, ricovero e/o insufficienza respiratoria, costituiscono i migliori predittori
di future esacerbazioni pericolose per la vita o di un episodio di
asma fatale. Queste esacerbazioni sono distintive dei bambini
ad alto rischio, ma in alcuni esse si ripetono per vari giorni, con
ostruzione del flusso d’aria dovuta a progressiva infiammazione,
distacco epiteliale e occlusione delle piccole vie aeree. In presenza
di esacerbazioni estreme, a causa dell’affaticamento può insorgere
un’insufficienza respiratoria con necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica per vari giorni. Al contrario, alcuni bambini
manifestano esacerbazioni improvvise che possono dipendere da
un’AHR e da una suscettibilità fisiologica alla chiusura delle vie
aeree estreme. Tali esacerbazioni, quando si manifestano in modo
estremo, sono di natura asfittica, si verificano spesso al di fuori
di un ambiente medico, sono inizialmente associate a livelli di
Pco2 arteriosa molto alti e tendono a necessitare di ventilazione
di sostegno soltanto per brevi periodi. È importante riconoscere
le differenze caratteristiche dei diversi tipi di esacerbazione, per
ottimizzare un trattamento precoce.
Trattamento domiciliare delle esacerbazioni dell’asma
Le famiglie dei bambini asmatici dovrebbero essere sempre provviste di un piano di azione scritto che serva da guida per il riconoscimento e il trattamento delle esacerbazioni, insieme con l’indicazione
dei farmaci e dei dispositivi necessari per trattarle. Il riconoscimento
precoce delle esacerbazioni dell’asma allo scopo di intensificarne
il trattamento precoce permette spesso di prevenire un ulteriore
peggioramento e impedire l’aggravamento delle esacerbazioni. Un
piano di azione scritto da utilizzare a domicilio può ridurre del 70%
il rischio di morte per asma. Le linee guida dei NIH raccomandano
un trattamento immediato con farmaci “di soccorso” (SABA inalati,
fino a 3 trattamenti in 1 ora). Una buona risposta è caratterizzata
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dalla risoluzione dei sintomi entro 1 ora, dalla loro scomparsa nelle
4 ore successive e dal miglioramento del PEF fino al raggiungimento
di almeno l’80% del valore personale migliore. Si dovrebbe poi
contattare il pediatra del paziente per il follow-up, specialmente se
nel corso delle successive 24-48 ore è necessario il ricorso ripetuto
a broncodilatatori. Se il bambino ha una risposta incompleta al
trattamento iniziale con il farmaco di soccorso (sintomi persistenti e/o PEF <80% del valore personale migliore), si dovrebbe
istituire un breve ciclo di corticosteroidi orali (prednisone 1-2 mg/
kg/die [non superare i 60 mg/die] per 4 giorni) in aggiunta a una
terapia con ␤-agonisti inalati. Sarebbe indicato rivolgersi al medico
anche per ricevere istruzioni più dettagliate. L’immediato ricorso
al medico è invece necessario in caso di esacerbazioni gravi, segni
persistenti di sofferenza respiratoria, assenza della risposta prevista
o del miglioramento atteso dopo il trattamento iniziale, ulteriore
aggravamento o fattori ad alto rischio per la morbilità o la mortalità
da asma (anamnesi precedente di esacerbazioni gravi). Per i pazienti
affetti da asma grave e/o con un’anamnesi di episodi rischiosi per la
vita, specialmente se di natura improvvisa, può essere utile somministrare in casa una formulazione autoiniettante di adrenalina ed
eventualmente ricorrere a una forma portatile di ossigeno. Il ricorso
a una di queste due misure estreme di trattamento domiciliare giustificherebbe una chiamata ai servizi di emergenza (118).
Trattamento delle esacerbazioni
dell’asma nel reparto di pronto soccorso
Nel reparto di pronto soccorso, gli obiettivi primari del trattamento
dell’asma includono la correzione dell’ipossiemia, il rapido miglioramento dell’ostruzione del flusso d’aria e la prevenzione del
peggioramento e della ricomparsa dei sintomi. Gli interventi sono
basati sulla gravità clinica all’ingresso, sulla risposta alla terapia
iniziale e sulla presenza di fattori di rischio associati alla morbilità
e alla mortalità da asma (si veda Tab. 138.16). Le indicazioni di
un’esacerbazione grave includono affanno, dispnea, retrazioni,
uso dei muscoli accessori, tachipnea o respiro difficoltoso, cianosi,
mutamenti dello stato mentale, torace silente con scambio d’aria
scarso e grave limitazione del flusso d’aria (PEF o FEV1 <50%
dei valori personali migliori o dei valori previsti). Il trattamento
iniziale include l’erogazione di ossigeno supplementare, la somministrazione di ␤-agonisti inalati ogni 20 minuti per 1 ora e, se
necessario, il ricorso a corticosteroidi per via orale o endovenosa (si
veda Tab. 138.15). In assenza di risposta significativa nel corso del
primo trattamento con ␤-agonista inalato, a questa terapia si può
aggiungere ipratropio inalato. In casi gravi si può praticare anche
un’iniezione intramuscolare di adrenalina o di un altro ␤-agonista.
La somministrazione di ossigeno dovrebbe essere protratta per almeno 20 minuti dopo l’ultima iniezione, per compensare eventuali
anomalie di ventilazione-perfusione causate dai SABA.
Lo stretto monitoraggio delle condizioni cliniche, dell’idratazione
e dell’ossigenazione è un fattore critico del trattamento immediato.
Una bassa risposta a un trattamento intensivo nella prima ora
fa ipotizzare che l’esacerbazione non si risolverà rapidamente. Il
paziente potrà essere dimesso in presenza di un miglioramento
sostenuto dei sintomi, di valori fisici normali, di un PEF >70%
rispetto al valore personale migliore o previsto, di una saturazione
dell’ossigeno >92% per 4 ore di esposizione all’aria ambiente. La
farmacoterapia alla dimissione comprende l’utilizzo di ␤-agonisti
inalati al massimo ogni 3-4 ore più un ciclo di 3-7 giorni con un
corticosteroide orale. Si consiglia inoltre di ottimizzare la terapia
di controllo prima della dimissione. L’aggiunta di ICS a un ciclo di
corticosteroidi orali nel reparto di pronto soccorso riduce il rischio
di ricomparsa delle esacerbazioni nel mese successivo.
Trattamento ospedaliero delle esacerbazioni dell’asma
Per quanto riguarda i pazienti affetti da esacerbazioni da moderate
a gravi che non si risolvono entro 1-2 ore di trattamento intensivo,
è probabile che sia necessario tenerli in osservazione durante la
notte e/o ricoverarli. Altre indicazioni per un ricovero ospedaliero
includono caratteristiche d’alto rischio di morbilità e mortalità
10/1/12 11:51:33 AM
840 ■ Parte XV Allergopatie
da asma (si veda Tab. 138.16). Il ricovero in un’unità di terapia
intensiva è indicato per i pazienti affetti da sofferenza respiratoria
grave, scarsa risposta alla terapia e timore di potenziale insufficienza e arresto respiratori.
L’erogazione supplementare di ossigeno, la somministrazione
frequente o continua di un broncodilatatore inalato e una terapia con corticosteroidi sistemici sono gli interventi tradizionali
per i bambini ricoverati per stato di male asmatico (si veda Tab.
138.15). Si somministra ossigeno supplementare perché molti
bambini ospedalizzati per asma acuto avranno o svilupperanno
ipossiemia, specialmente di notte e nel caso si aumenti l’utilizzo
di SABA. I SABA possono essere impiegati frequentemente (ogni
20 min-1 ora) o di continuo (5-15 mg/ora). In quest’ultimo caso
si ha un significativo assorbimento sistemico del ␤-agonista e, di
conseguenza, la nebulizzazione continua può ovviare alla necessità di terapia endovenosa con ␤-agonisti. Gli effetti avversi della
somministrazione frequente di un ␤-agonista includono tremori,
irritabilità, tachicardia e ipokaliemia. I pazienti che necessitano di
una terapia frequente o continua con un ␤-agonista nebulizzato
dovrebbero essere sottoposti a monitoraggio cardiaco continuo.
Inoltre, è indicata l’ossimetria, poiché con una frequente terapia
con un ␤-agonista si può generare una ineguaglianza del rapporto ventilazione-perfusione e l’ipossiemia può precipitare. Se
i pazienti non mostrano un marcato miglioramento, è pratica
comune aggiungere ipratropio bromuro inalato all’albuterolo
ogni 6 ore, sebbene ci siano scarse evidenze a sostegno del suo
utilizzo nei bambini ospedalizzati sotto terapia con un ␤-agonista
inalato aggressivo e corticosteroidi sistemici. Oltre alla possibilità
di fornire un effetto sinergico con quello del ␤-agonista nel sollievo
dei broncospasmi gravi, esso può essere d’aiuto nei pazienti affetti
da ipersecrezione mucosa o sotto ␤-bloccanti.
La terapia a breve termine con corticosteroidi sistemici è consigliata nelle esacerbazioni dell’asma da moderate a gravi per
accelerare il ristabilimento e impedire la ricomparsa dei sintomi.
I corticosteroidi sono efficaci in singole dosi somministrate al
pronto soccorso, in brevi cicli di quelli orali in ambiente clinico e
in formulazioni sia orali sia endovenose in bambini ospedalizzati.
Gli studi sui bambini ricoverati per asma acuto hanno dimostrato
che i corticosteroidi orali sono efficaci quanto quelli somministrati per via endovenosa. Pertanto, è spesso possibile ricorrervi,
sebbene i bambini con sofferenza respiratoria sostenuta e incapaci
di tollerare i preparati orali o liquidi siano i candidati ideali per la
terapia con corticosteroidi per via endovenosa.
I pazienti affetti da dispnea grave persistente e che necessitano
di un elevato flusso di ossigeno richiedono ulteriori esami, come
l’emogasalinasi arteriosa, la conta completa delle cellule del sangue,
gli elettroliti sierici e una radiografia del torace per monitorare
l’insufficienza respiratoria, le comorbilità, l’infezione e/o la disidratazione. Il monitoraggio delle condizioni di idratazione è particolarmente importante nei lattanti e nei bambini piccoli a rischio
di disidratazione per l’aumentata frequenza respiratoria (perdite
insensibili) e la riduzione dell’assunzione orale. Questa situazione
è ulteriormente complicata dall’associazione dell’incremento nella
secrezione dell’ormone antidiuretico (ADH) con lo stato di male
asmatico. Si consiglia la somministrazione di liquidi ai livelli di
mantenimento o appena inferiori. La terapia fisica del torace, la
spirometria incentivante e i mucolitici non sono consigliati durante
il periodo acuto precoce delle esacerbazioni dell’asma, in quanto
possono scatenare broncocostrizione grave.
Nonostante la terapia intensiva, alcuni bambini asmatici rimarranno criticamente malati e a rischio di insufficienza respiratoria,
intubazione e ventilazione meccanica. Le complicanze (sindrome
da air leak) connesse con le esacerbazioni dell’asma aumentano
con l’intubazione e la ventilazione assistita; si dovrebbe fare tutto
il possibile per dare sollievo al broncospasmo indotto da sforzo e
prevenire l’insufficienza respiratoria. Diverse terapie, tra cui l’adrenalina per via parenterale, i ␤-agonisti, le metilxantine, il magnesio
solfato (25-75 mg/kg, dose massima 2,5 g, per via endovenosa in
20 min) e l’heliox inalato, hanno mostrato qualche beneficio come
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terapie aggiuntive in pazienti con stato di male asmatico grave. La
somministrazione di metilxantina o di magnesio solfato richiede un
monitoraggio dei livelli sierici e dello stato cardiovascolare. L’adrenalina o la terbutalina-solfato per via parenterale (sottocutanea,
intramuscolare o endovenosa) possono essere efficaci nei pazienti
affetti da ostruzione con rischio per la vita che non rispondono ad
alte dosi di ␤-agonisti inalati, in quanto in tali pazienti i farmaci
inalati non raggiungono le basse vie aeree.
Raramente, un’esacerbazione grave dell’asma porta a un’insufficienza respiratoria nei bambini e al ricorso all’intubazione e alla
ventilazione meccanica. Nelle esacerbazioni gravi la ventilazione
meccanica richiede un bilanciamento accurato tra l’erogazione
di pressione, che deve essere sufficiente a superare l’ostruzione
delle vie aeree, e la necessità di ridurre un’insufflazione esagerata,
l’intrappolamento dell’aria e la probabilità di un barotrauma
(pneumotorace, pneumomediastino) ( Cap. 65.1 ). Per ridurre
al minimo la probabilità che si verifichino queste complicanze,
si dovrebbe prevedere la possibilità di praticare la ventilazione
meccanica e i bambini asmatici a rischio di sviluppare un’insufficienza respiratoria dovrebbero essere seguiti in un’unità di terapia
intensiva pediatrica. L’intubazione tracheale elettiva con ricorso a
sedativi a induzione rapida e ad agenti paralizzanti è più sicura
dell’intubazione di emergenza. La ventilazione meccanica ha lo
scopo di raggiungere un’ossigenazione adeguata, con tolleranza
per un’ipercapnia da lieve a moderata (Pco2 50-70 mmHg) per
ridurre al minimo il barotrauma. I ventilatori a volume predeterminato consentono parametri di ventilazione meccanica in
grado di raggiungere obiettivi specifici, che prevedono tempi di
inspirazione brevi e tempi di espirazione lunghi, volume tidalico
di 10-15 mL/kg, 8-15 atti respiratori/min, picchi pressori < 60 cm
H2O e non prevedono una pressione telerespiratoria positiva. Non
sono invece consigliati come misure per eliminare i tappi mucosi le
percussioni del torace e il lavaggio delle vie aeree, perché possono
provocare un ulteriore broncospasmo. Se consideriamo la natura
delle esacerbazioni dell’asma in grado di provocare insufficienza
respiratoria, quelle a insorgenza rapida o improvvisa tendono a
risolversi rapidamente (da qualche ora a 2 giorni); al contrario,
quelle che progrediscono gradualmente fino all’insufficienza respiratoria possono necessitare di ventilazione meccanica per giorni
o settimane. Questi casi prolungati sono ulteriormente complicati
dall’atrofia muscolare e, se combinati con miopatia indotta da
corticosteroidi, possono portare a una debolezza muscolare che
richiederebbe una riabilitazione prolungata. Questa miopatia
non deve essere confusa con la rara insorgenza di paralisi flaccida
associata all’asma (sindrome di Hopkins), la cui eziologia non è
nota ma protrae la degenza nell’unità di terapia intensiva.
Nei bambini, la gestione delle esacerbazioni gravi in ambienti
medici è spesso coronata da successo, anche nel caso in cui siano
necessarie misure estreme. Di conseguenza, è raro che in ambiente ospedaliero si verifichino morti per asma in età pediatrica; la
maggior parte dei decessi avviene in casa o in comunità prima
che si riescano a somministrare terapie salvavita. Questo mette in
evidenza l’importanza del trattamento domiciliare o in comunità
delle esacerbazioni, delle misure di rapido intervento per prevenire
il loro aggravamento e di quelle per ridurre la gravità dell’asma. Si
dovrebbe prevedere un appuntamento di follow-up dopo 1-2 settimane dalla dimissione, allo scopo di monitorare il miglioramento
clinico e rafforzare gli elementi educativi di base, tra cui i piani di
azione e i farmaci di controllo.
CIRCOSTANZE DI TRATTAMENTO PARTICOLARI
Trattamento dei lattanti e dei bambini piccoli Gli episodi di sibili
ricorrenti sono molto comuni nei bambini in età prescolare, interessando addirittura 1/3 di loro. Tra questi, la maggior parte supererà
il problema e diverrà persino asintomatico negli anni prepuberali,
mentre altri rimarranno affetti da asma persistente per tutta la vita.
Tutti necessitano comunque del trattamento per sibili ricorrenti (si
vedano Tabelle 138.5, 138.6 e 138.11). Le linee guida aggiornate
dei NIH raccomandano una valutazione del rischio per identificare
i bambini in età prescolare che probabilmente svilupperanno asma
10/1/12 11:51:34 AM
Capitolo 139 Dermatite atopica (eczema atopico) ■ 841
persistente. Un’implicazione di questa raccomandazione consiste
nel fatto che questi bambini possano essere candidati al trattamento
tradizionale dell’asma, compresa la terapia quotidiana con farmaci
controller e l’intervento precoce in caso di esacerbazioni (si vedano
Tabelle 138.7, 138.8 e 138.11). La budesonide e il montelukast
per nebulizzazione sembrano essere più efficaci della cromolina.
La budesonide per nebulizzazione è approvata dall’FDA per i
bambini piccoli con un’anamnesi di esacerbazioni da moderate a
gravi e il suo uso come medicinale di controllo potrebbe prevenire
esacerbazioni successive.
L’aerosolterapia presenta particolari problemi nei neonati e nei
bambini piccoli. I metodi per somministrare i farmaci inalati in
questi pazienti sono due: il nebulizzatore e l’MDI con distanziatore/
camera di tenuta e maschera facciale. Molti studi hanno dimostrato
l’efficacia sia dell’albuterolo nebulizzato in episodi acuti sia della
budesonide nebulizzata nel trattamento dei sibili ricorrenti. Nei
bambini piccoli i farmaci inalati tramite MDI con distanziatore e
maschera facciale possono essere accettabili, anche se non risultano
preferibili a causa dell’attuale scarsità di pubblicazioni e perché
manca ancora l’approvazione dell’FDA per l’uso pediatrico nei
bambini <4 anni di età.
Trattamento dell’asma durante la gravidanza Il trattamento dell’asma
in gravidanza segue essenzialmente le linee guida pratiche dei NIH.
Gli obiettivi di tale trattamento dovrebbero includere la prevenzione
delle esacerbazioni e il controllo dei sintomi cronici grazie all’utilizzo di farmaci che garantiscano un rischio minimo alla madre
e al feto, perché la maggior parte di questi farmaci attraversa la
placenta. Si considera più sicuro trattare le donne asmatiche in
stato di gravidanza con farmaci di controllo piuttosto che correre il
rischio di sintomi incontrollati ed esacerbazioni gravi. L’albuterolo è
il SABA di elezione durante la gravidanza. Sull’efficacia e sulla sicurezza esistono dati rassicuranti che provengono da studi prospettici
su coorti e che sono a favore dell’uso di ICS nelle donne gravide
affette da asma. Attualmente la budesonide è l’ICS di elezione per
le donne incinte, essendo stato inserito dall’FDA nella Classe B
per la Categoria Gravidanza in quanto i dati sulla sicurezza sono
sostanzialmente confortanti. Per migliorare il controllo dell’asma
si incoraggia anche il ricorso ad approcci non farmacologici. Si
consiglia, inoltre, un approccio multidisciplinare con valutazioni
mensili (tra cui i test di funzionalità polmonare quando non sia
controindicato) e la consultazione continua con l’ostetrico e lo
specialista in malattie respiratorie. Un controllo frequente sia della
madre sia del feto è particolarmente importante in caso di ragazze
adolescenti con controllo subottimale dell’asma, di quelle affette da
asma da moderato a grave e di quelle con esacerbazioni recenti.
Trattamento dell’asma durante un intervento chirurgico I pazienti affetti
da asma sono a rischio di complicanze associate alla malattia in caso
di intervento chirurgico, come broncocostrizione ed esacerbazioni,
atelectasia, tosse inefficace, infezione respiratoria ed esposizione
al lattice in pazienti affetti da allergia a questo materiale. Tutti i
soggetti con asma dovrebbero essere sottoposti a esami prima di un
intervento chirurgico e, qualora il controllo dell’asma risulti insufficiente, prima di effettuare l’intervento dovrebbero essere sottoposti,
se possibile, a un trattamento intensificato per un tempo sufficiente a
migliorare la stabilità dell’asma. Un ciclo di corticosteroidi sistemici
può essere indicato per i pazienti sintomatici e/o con FEV1 o PEF
<80% del miglior valore personale. Inoltre, i pazienti sottoposti
alla terapia con corticosteroidi sistemici per >2 settimane e/o a dosi
da moderate ad alte di ICS possono essere a rischio di insufficienza
surrenale intraoperatoria. Per questi pazienti, si dovrebbe allertare
l’anestesista perché somministri dosi di corticosteroidi sistemici
“stress-sostitutive” per tutta la durata dell’intervento chirurgico ed
eventualmente anche per il periodo postoperatorio.
spontaneamente negli anni prepuberali. La gravità dell’asma dai
7 ai 10 anni d’età è predittiva della sua persistenza in età adulta.
I bambini affetti da asma da moderato a grave e con funzionalità
polmonare ridotta sono probabili candidati a soffrire di asma
persistente in età adulta, mentre risulta probabile che i bambini con
asma più lieve e funzionalità polmonare nella norma migliorino
con il tempo, anche se alcuni di loro soffriranno di asma periodico
(assenza di malattia per un periodo da pochi mesi a più anni);
tuttavia, una remissione completa per 5 anni nel corso dell’infanzia
è piuttosto insolita.
PREVENZIONE
Sebbene l’infiammazione cronica delle vie aeree possa comportare
un rimodellamento patologico delle vie respiratorie polmonari, gli
interventi con antinfiammatori tradizionali (tuttora la terapia di
elezione per il controllo dell’asma) nei bambini non aiutano questi
pazienti a estirpare l’asma. Sebbene i farmaci controller riducano
la morbilità dell’asma, la maggior parte dei bambini con asma da
moderato a grave continuano a presentare sintomi nelle prime fasi
dell’età adulta. Alcune analisi dei fattori ambientali e dello stile di
vita, che comportano una minore prevalenza dell’asma infantile
nelle aree rurali e nelle comunità agricole, fanno ipotizzare che
un immunointervento modulatorio precoce possa prevenire lo
sviluppo dell’asma. Un’“ipotesi igienica” sostiene che esposizioni
microbiche naturali in età pediatrica possano portare allo sviluppo
di un’immunità precoce rispetto alla sensibilizzazione agli allergeni,
all’infiammazione persistente delle vie aeree e al rimodellamento. Se
queste esposizioni microbiche naturali avessero davvero un effetto
protettivo sull’asma, in assenza di effetti avversi significativi per
la salute, allora questi risultati potrebbero favorire lo sviluppo di
nuove strategie per la prevenzione.
Diverse misure non farmacologiche con svariate caratteristiche
positive per la salute potrebbero ridurre la probabilità di sviluppare
l’asma, come ad esempio l’evitare il fumo di tabacco nell’ambiente
(iniziando prima del parto), un prolungato allattamento al seno
(>4 mesi), uno stile di vita attivo e un’alimentazione sana. Attualmente si ritiene che la probabilità di sviluppare l’asma non
sia aumentata da nessun tipo di vaccinazione; pertanto, si raccomandano anche per i bambini affetti da asma tutte le vaccinazioni
standard dell’infanzia, inclusi i vaccini della varicella e dell’influenza annuale.
BIBLIOGRAFIA
Per la bibliografia completa, consultare il sito internet www.expertconsult.com.
Capitolo 139
Dermatite atopica (eczema atopico)
Donald Y.M. Leung
La dermatite atopica (Atopic Dermatitis, AD), o eczema è la patologia cutanea cronica recidivante più comune in età neonatale
e infantile. Colpisce il 10-30% dei bambini a livello globale e si
manifesta spesso nelle famiglie affette da altre patologie atopiche,
quali asma, rinite allergica e allergia alimentare. I neonati affetti
da AD sono predisposti a sviluppare rinite allergica e/o asma nel
corso dell’infanzia, un processo chiamato “marcia atopica”.
EZIOLOGIA
PROGNOSI
Nel 35% dei bambini in età prescolare si verificano tosse e sibili
ricorrenti. Un terzo di questi pazienti continua a manifestare asma
persistente anche nell’infanzia più avanzata, mentre i 2/3 migliorano
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L’AD è una patologia genetica complessa, che provoca una barriera
cutanea difettosa, una riduzione delle risposte immunitarie cutanee
innate e un’eccessiva risposta dei linfociti T agli allergeni e ai microbi ambientali, con conseguente infiammazione cutanea cronica.
10/1/12 11:51:34 AM
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